Villa Gabriella presso Ascona, nella Svizzera italiana. Qui, grazie all’entusiasmo per ogni forma di mistica in specie
Il mistero di Eranos tra passato e presente
Franco Livorsi
a cura di Wilma Scategni e Franco Livorsi
ερανος
Wilma Scategni
Il mistero di Eranos tra passato e presente
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copertina eranos greco corretto:Layout 1 10/10/11 13.23 Pagina 1
Civiltà e spiritualità tra Oriente e Occidente
orientale oltre che per la psicologia del profondo, e al mecenatismo della proprietaria della villa stessa, Olga Fröbe, Jung e i suoi amici psicologi analitici poterono confrontarsi ogni anno, per un’epoca intera, con i massimi studiosi di religioni orientali o classiche o dello stesso cristianesimo, approfondendo e verificando per tal via le loro teorizzazioni su archetipi e miti dell’inconscio collettivo visti come via al risanamento, e soprattutto alla rinascita, dell’anima. Nei nostri anni un’operosa e prestigiosa Fondazione Eranos ha promosso continue iniziative culturali nello stesso spirito. Altre sono state da essa patrocinate o fraternamente ospitate. Tra queste, da tre anni, vi sono quelle promosse con entusiasmo e dedizione da Wilma Scategni e dalla Groups Analythical Association for Research on
a cura di
Jungian Analythical Psychology and Psychodrama (GAJAP). Questo volume propone soprattutto relazioni e testimoduttivo della stessa Scategni nonché di contributi di Giovanni Sorge e di Rossana Dedola. Sulla stessa linea si collocano le riflessioni di Ferdinando Testa sul Libro rosso di Jung recentemente svelato. Coerenti con ciò risultano sia taluni momenti di ricordo di colleghi scomparsi, come quello di Marina Conti, e sia la riflessione sullo svelamento dell’identità in analisi da parte di Paola Terrile. Pienamente in tale spirito sta la riflessione psicologica sul Tao-TeKing compiuta da uno dei massimi studiosi internazionali del tema, Shantena Augusto Sabbadini. L’antico legame tra psicologia analitica e spirito dell’Oriente emerge pure dalla relazione di Stefano Cavallitto su Guénon. Il tutto si può ben connettere con l’apporto di Mariolina Graziosi su Ombra e società o con quello sull’istanza di individuazione nella storia, specie contemporanea, di Franco Livorsi. Classicamente junghiano e hilmanniano è poi il saggio
ε
di Dennis Patrick Slattery sull’amore “d’anima” per Beatrice in Dante, dalla Vita nova alla Commedia. Ma sono
ben coerenti con la ricerca della spontaneità vitale e dell’armonia perduta le considerazioni di Rosa Maria Govoni
sulla “Danzaterapia”. Pure innovativi risultano i contributi di Giorgio Girard sul senso psicologico, e per lo psicologo,
dello scrivere romanzi, nonché sul ruolo del transfert in analisi, e sull’esperienza di transfert vissuta, per così dire in presa diretta, negli incontri in oggetto di Eranos della GAJAP, di Silvana Ceresa, da connettere pure con le note su prove di sogno a Eranos di Patrizia Gioia. Con ciò la vitalità dello junghismo”secundum” Eranos risulta confermata
“ad abundantiam”, con spunti d’interesse analitico e dottrinario indubbi. Questa è almeno la conclusione alla quale giungono con forte convinzione i due pazienti curatori di questa “raccolta”, Wilma Scategni e Franco Livorsi.
www.falsopiano.com/eranos.htm
ISBN: 978-8889782750
IIl mistero di Eranos tra passato e presente
nianze del convegno del 2009, tutte segnate dallo spirito di Eranos e di Jung, del resto al centro del saggio intro-
dal punto di vista della Psicologia Analitica (e dintorni)
Wilma Scategni e Franco Livorsi
€ 20.00
€ 20.00
EDIZIONI FALSOPIANO
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EDIZIONI
FALSOPIANO
Il mistero di Eranos tra passato e presente CiviltĂ e spiritualitĂ tra Oriente e Occidente dal punto di vista della Psicologia Analitica (e dintorni)
a cura di Wilma Scategni e Franco Livorsi
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Š Edizioni Falsopiano - 2011 via Bobbio, 14/b 15100 - ALESSANDRIA http://www.falsopiano.com Per le eventuali immagini, copyright dei relativi detentori Progetto grafico e impaginazione: Daniele Allegri - Roberto Dagostini Prima edizione - Ottobre 2011
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IndIce Introduzione. Olga Fröbe e lo sguardo sul gruppo: l’individuazione, la ricerca, l’incontro di Wilma Scategni
p. 13
1) La realtà di Eranos tra storia, leggenda e realtà attuale: il mandala e la tavola rotonda
p. 13
2) Il filo rosso: i tre temi dominanti nella storia di Eranos ed il loro intreccio nel pensiero junghiano
p. 17
3) Olga Fröbe, il gruppo e la relazione
p. 18
4) Il temenos e lo spazio protetto. Il contenimento degli opposti
p. 19
5) Monte Verità - “La Montagnola”-“Il gioco delle perle di vetro”
p. 22
6) La Pratica: il lavoro analitico ed i gruppi. Echi di esperienze ad Eranos e in altri contesti interculturali
p. 24
7) Esperienze di conduzione ad Eranos: il cerchio come “palcoscenico del gruppo analitico”
p. 30
8) Ancora sul “Social Dreaming”- Simboli - Immagini-archetipi: qualche parallelo sulle esperienze di trans culturalità a Granada
p. 31
9) Tornando ad Eranos
p. 33
10)Conclusione (sempre “in progress”): Eranos tra gruppo e matrice. La magia della biblioteca
p. 33
eranos. Sonare d’assieme di Giovanni Sorge
p. 36
La verità sul monte e in riva al lago di Rossana Dedola
p. 42
Una breve biografia di Rudolf Ritsema di Shantena Augusto Sabbadini
p. 59
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La clinica delle immagini. Il Libro rosso e i sentieri di eranos di Ferdinando Testa
p. 64
Potere e poesia dell’amore in dante Alighieri di Dennis Patrick Slattery
p. 76
Viaggio dallo scrivere al narrare di Giorgio Girard
p. 85
1) Qualche annotazione iniziale anche biografica
p. 85
2) Saggio e romanzo
p. 88
3) Essere e ente, Logos e logica, Simbolo e ragione unilaterale
p. 89
4) Quindi somiglianze paradigmatiche tra narrazione e giornalismo
p. 90
5) La concorrenza dei mondi sintetici
p. 92
6 ) Autobiografia, storia romanzata, pluralità interpretativa
p. 93
7) Storiografia e romanzo storico: identità scalfita
p. 94
8) Ancora autobiografia e romanzo: per pochi o per tanti
p. 95
9) Tecnica dello scrivere
p. 96
10) Semplicismo dualistico superato nella mistica
p. 97
L’identità, questa sconosciuta di Paola Terrile
p. 100
L’ombra collettiva e individuale: l’aspetto oscuro dell’esistenza di Mariolina Graziosi
p. 107
1) Il modello di Jung della psiche
p. 107
2) Freud vs. Jung sul lato oscuro della natura umana
p. 109
3) Ombra e Sé: il processo di integrazione degli opposti
p. 112
4) Confrontare e integrare l’Ombra collettiva
p. 114
5) Integrazione dell’Ombra e scoperta di nuovi valori: nascita del soggetto etico
p. 117
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Intorno al transfert. Riflessioni di una gruppoanalista nel contesto di eranos di Silvana G. Ceresa
p. 121
Ponti con l’Oriente: René Guénon di Stefano Cavalitto
p. 134
1) Introduzione
p. 134
2) Ricerca dei motivi tradizionali che uniscono le differenti culture
p. 136
3) Oriente e Occidente
p. 138
4) I misfatti della psicoanalisi
p. 143
5) La fine di un mondo
p. 144
Testimonianze sulla “coniunctio” corpo-spirito tra Oriente e Occidente: Il dio delle sorprese? di Antonella Adorisio
p. 149
La spiritualità interreligiosa nel pensiero di Alice Merz di Marina Conti
p. 156
Laban e la danza, eranos, Monte Verità: ponti possibili tra passato e presente. Sviluppi ed applicazioni nella Psicoterapia e danza Movimento Terapia di Rosa Maria Govoni
p. 159
Premessa
p. 159
Rudolf Laban
p. 160
Anima e movimento
p. 161
Danza Movimento: Arte e Psicoterapia
p. 162
L.M.A.-D.M.T. (Laban Movement Analysis-Danza Movimento Terapia)
p. 163
Applicazioni, approcci e sviluppi
p. 165
Archetipi tra mente e corpo poetico: Debra Mc Call
p. 167
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Applicazioni e sviluppi: Irmgard Bartenieff e Peggy J. Hackney
p. 168
Applicazioni e sviluppi: Judith Kestenberg
p. 170
L’esperienza del movimento nella formazione
p. 174
Conclusioni
p. 179
Siamo prove di sogno. “A eranos” di Patrizia Gioia
p. 182
Lao Tzu e il potere della non azione di Shantena Augusto Sabbadini
p. 185
1) Punti chiave
p. 185
2) I dao e il Dao
p. 186
3) Il dao di cui si può parlare
p. 188
4) L’adepto daoista
p. 189
5) “Non agire”
p. 194
6) “Non azione” e governo
p. 197
Percorsi di individuazione nella storia contemporanea di Franco Livorsi
p. 202
1) Superamento dell’alienazione e realizzazione di sé
p. 202
2) Dal materialismo storico alla concezione psicologico analitica della storia
p. 203
3) Il capitalismo è nei nostri cuori, per ciò dura ancora
p. 204
4) La razionalità “serva padrona” di tipo “borghese” e le opposte tendenze dell’inconscio
p. 204
5) La disalienazione fallita
p. 205
6) Pensiamo quel che facciamo o facciamo quello che pensiamo? E quel che pensiamo deriva dall’Io o dall’inconscio?
p. 206
7) Passioni dell’inconscio e miti collettivi
p. 207
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8) Ci sono anche miti distruttivi, contaminati da incubi e fobie di un inconscio malato
p. 207
9) Contestualizzazione e svelamento. Trasversalità dei miti collettivi
p. 208
10) Miti collettivi profondi della rivoluzione “borghese” e della rivoluzione “proletaria”
p. 209
11) Goethe e il mito di Prometeo
p. 209
12) Marx e lo Stato proletario “demiurgo”
p. 210
13) Attualità storica del mito della rinascita della Natura. Le radici dell’ambientalismo
p. 210
14) Psicologia del profondo ed ecologia profonda
p. 211
15) Svolte psicologiche soggettive e intersoggettive
p. 212
16) Gandhi e l’Ecosofia: speranze di vita nuova
p. 212
17) L’infinità nella natura e negli esseri viventi. Aperture alla religiosità
p. 213
18) Da Cristo a Mazzini e oltre: religiosità nei movimenti rivoluzionari
p. 213
19) L’individuazione nella vita e nella storia
p. 216
20) Jung, l’individuazione e il Sé
p. 216
21) I pericoli dell’Ombra scambiata con il Sé. La Ybris e la pseudorealizzazione
p. 216
22) Il sale della terra. Ancora sull’individuazione e i suoi risvolti sociali
p. 218
23) Kant “politico” e la filosofia del “come se”
p. 218
24) “Summer day” o gelata continua?
p. 219
Gli autori
p. 229
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Casa Gabriella
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InTROdUZIOne Olga Fröbe e lo sguardo sul gruppo: l’individuazione, la ricerca, l’incontro di Wilma Scategni
1) La realtà di Eranos tra storia, leggenda e realtà attuale: il mandala e la tavola rotonda In diverse circostanze della sua vita Jung espresse valutazioni dubitative, se non francamente di presa di distanza a proposito dei gruppi e della loro evoluzione. Ipotizzava in questa realtà, in contrasto con il lavoro individuale, un indebolimento dell’integrità dell’io attraverso il rischio di una perdita del senso di responsabilità. Altri rischi potevano essere rappresentati dall’instaurarsi di dipendenze coartate di pensieri e di azioni, dall’insorgere di suggestionabilità e tendenze a comportamenti imitativi. In breve l’insorgere di una specie di trasformismo alla “Zelig” che poteva ostacolare il processo di individuazione. Questo iniziale atteggiamento negativo nei confronti dei gruppi andò tuttavia stemperandosi col tempo fino a trasformarsi in una rivalutazione. Adattamento alla collettività e percorso individuativo, sopratutto in quella che Jung definisce la prima metà della vita divennero oggetto di interesse e di osservazione, vennero da lui identificati come una coppia di opposti, ed infine assunsero carattere di complementarietà. Jung si soffermò con attenzione sugli elementi positivi così come sui limiti delle due forme di analisi. Il lavoro in gruppo, pur portando incisivi arricchimenti può rappresentare un limite, anche se temporaneo, con cui il processo di individuazione si trova a confrontarsi e di cui è indispensabile essere ben con consapevoli. Dal canto suo il lavoro individuale, se non ben calibrato in riferimento al contesto che lo circonda, può trascurare l’adattamento sociale. La fondazione del Circolo Psicologico di Zurigo, tutt’ora attivo, fu una manifestazione concreta di questo atteggiamento mutato. Della sua nascita Jung parla in una lettera ad Hans Illig, collega di Los Angeles, nel 1955 in cui parla in termini positivi della dimensione di gruppo e di incontro che nel club stesso si andava sviluppando. Eranos, i suoi incontri e la sua realtà possono essere considerati l’emblema di questo spirito di incontro e condivisione di idee, formulazioni teoriche ed esperienze sempre duttili ed in continua metamorfosi. Qui la presenza di Jung è stata 13
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essenziale, pur egli non essendone stato direttamente il fondatore. Il clima degli incontri di Ascona - Moscia trova alla radice l’attento ascolto reciproco, il rispetto del pensiero altrui e l’apertura a possibili intrecci e contaminazioni creative. Uno spirito cioè lontano dall’immagine di un pensiero “egemone”, che si proponga come modello, che rischi a suo modo di rappresentare una sorta di “colonialismo culturale” da parte di ipotetiche “verità” fantasticate come “assolute”. Potrebbe trattarsi di un “sogno collettivo”, legato al “genius loci”, forse in gran parte ignoto ispiratore che alita in questo angolo del Ticino, da tempo terreno di democratiche e fantasiose utopie, sperimentazioni naturiste, ricerche innovative in campo artistico, legate alla danza, al teatro, all’esoterismo, in sentore di vaga follia. Sullo sfondo, si rileva un “campo magnetico” descritto con mappe e grafici. Nello storico ed intrigante Museo di Monte Verità situato nell’antica “Casa Anatta” all’interno del parco, una stanza è dedicata anche a carte che tracciano il magnetismo della zona, particolarmente intenso, legato ad alcuni tipi di roccia. Le linee testimoniano una singolare configurazione geofisica. Quest’ angolo del Ticino sembra concentrare infine tutto ciò da cui la Psicologia contemporanea, pur sentendosene inevitabilmente attratta, si sforza a prendere le distanze: l’interesse e la fascinazione verso quella dimensione misteriosa della Psiche che sfugge ad ogni comprensione razionale. L’affannosa ricerca di riconoscimenti scientifici ed esaustive formulazioni teoriche rischiano infatti di imprigionare la psicologia contemporanea in gabbie incapaci di riconoscere e dar spazio al carattere elusivo dell’inconscio, tentando di rinchiudere i suoi contenuti come farfalle fissate sottovetro da uno spillone. Avere la possibilità di osservare con cura colori e venature delle loro ali non è sufficiente per carpirne il segreto del volo. Proprio ad Ascona, a Monte Verità, non molti anni addietro, è stato piantato (mi pare) da Rigoberta Menciù, contadina india guatemalteca premio Nobel nel 1992, uno degli augurali “pali della pace”, diffusi in tutto il mondo come debole speranza per un futuro, che si prospetta a dir poco inquietante. Negli spazi ombrosi del parco i ricercatori del Politecnico di Zurigo, lavorano al computer accovacciati sull’erba. Si respira un’armonica coesistenza di storia, scienza, politica, arte. Poco lontano, vicino al lago, ad Eranos (Ascona-Moscia), un’innumerevole quantità di volumi accuratamente rilegati testimonia un patrimonio culturale di inestimabile valore, raccolto con pazienza, zelo e dedizione assoluta dalla fondatrice di Eranos Olga Froebe Kapteyn e da quelli che successivamente ne hanno continuato l’opera. Già Mircea Eliade, assiduo frequentatore dei convegni di Eranos, aveva defi14
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nito gli incontri una “nuova forma di creazione culturale”, paragonandoli ai circoli interculturali ed interdisciplinari del Rinascimento Italiano e del Romanticismo tedesco, come citato nel testo che ho già nominato. Gli “EranosJahr-Bucher” rappresentano incontri e crocevia di mondi, culture, spiritualità, linguaggi, religioni: un materiale prezioso che potrebbe offrire, sotto forma di scritti su cui riflettere e meditare, qualche speranza alla ricerca di antidoti al minaccioso integralismo religioso di qualunque natura. Questo sfondo rappresenta il luogo ideale per soffermarsi in atteggiamento di ascolto, riflettere, scrivere, incontrare i propri sogni. Ad Eranos, da sempre, l’atteggiamento di contemplazione, passività ed ascolto, è facilitato da questo spirito del “genius loci”, attraverso la pervasiva presenza delle acque del lago, della ricchezza della vegetazione, e dal relativo isolamento. Nelle stanze di Casa Gabriella, “Sala Copte” e “Sala Piano”, dove hanno dormito Jung, Eliade, Campbell, moltissimi altri ed Hillman, anche in tempi più recenti, così come nella sala conferenze, i riflessi dell’acqua creano continui riverberi e giochi di luce sul soffitto nelle giornate di sole. Le onde quiete del lago si ascoltano negli spazi di silenzio, accanto al leggero frusciare dei salici, dei bambù, e degli eucalipti ed i richiami di eterne processioni di germani reali, anatre, gabbiani, taccole, svassi ed altri uccelli migratori. Nelle giornate di pioggia, le brume del lago creano suggestioni oniriche, lasciando intravedere scorci di paesaggi che continuamente si mostrano e scompaiono, in un continuo gioco di luci ed ombre. Qui la dimensione del sogno, della fantasticheria, della memoria filtrata dall’immaginazione è ovunque presente. Così anche il pensiero più razionale si stempera e si ammorbidisce perdendo ogni rigidità, nell’aprirsi verso molteplici possibili significati, comunque sempre elusivi e sfuggenti in continua metamorfosi. Ne segue che in questo contesto, l’incontro, il dialogo, il rispetto e l’ascolto reciproco, sono facilitati non poco e forse hanno rappresentato da sempre il terreno di coltura che ha portato alla creazione di Eranos, al suo singolare clima culturale ed alla sua realtà esperienziale. Qui Olga Froebe, ha immaginato, creato e reso concreto un “sogno collettivo” di incontro tra spiritualità, culture e mondi. L’equidistanza dal centro del tavolo rotondo, da sempre immagine mandalica come composizione degli opposti negli incontri di gruppo, ne rappresenta la testimonianza più tangibile. Possiamo ora ampliare lo sguardo verso i complessi intrecci transculturali della realtà dell’epoca e di ciò che la realtà di Eranos ha potuto rappresentare in questo contesto, sotto alcuni aspetti, non così diversi da quelli attuali. Tuttavia ora abbiamo qualche speranza in più, rispetto a quel tempo, di non trovarci nell’incombenza di una guerra. 15
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Forse un forte contributo al significato che animava gli incontri derivava anche da un “sogno collettivo” condiviso, che prendeva forma in una speranza di pace. Poteva aleggiare ad Eranos il desiderio di trovare, attraverso questa strada di incontri, ascolto ed aperture al dialogo, barlumi di speranza attraverso la fantasia di creare aperture verso un mondo futuro di dialoghi, rispetto ed ascolto reciproco in grado di arginare la distruttività degli integralismi di qualunque natura e di devastanti guerre incombenti. La realtà storica di Eranos, tra mille altre letture, può essere allora rivisitata come una ricerca di possibili strumenti in grado di costruire, attraverso l’ascolto del proprio mondo interno, così come dell’altro da sé, del diverso, una trama estremamente vulnerabile ma esistente, una trama su cui appoggiare speranze di pace in un mondo tormentato da inquietanti conflitti, né più né meno dello stesso mondo psichico. Eranos è stato crocevia di incontri. Elementi simbolici a valenza archetipica sotto forma di immagini mitologiche, icone riferite a leggende o a fiabe, mandala oggetto di meditazione e fantasie oniriche hanno trovato frequentemente spazio nelle relazioni degli speakers raccolte negli annali, così come nell’inesauribile ricerca della Froebe e dei suoi ospiti. Ne erano il cuore pulsante insieme agli ideogrammi dell’“I Ching” e le mille altre manifestazioni archetipiche, come riflesso del Sé inteso in senso Junghiano. Le vivacissime immagini, dai colori intensi e talvolta violenti, espresse nel “Red Book”, di recentissima pubblicazione, ne sono il fedele specchio nel mondo della Psiche. Per “Eranos”, così come ricordato nel catalogo della Mostra Fotografica sul tema “Carl Gustav Jung ad Eranos, 1933-1952” curata da Riccardo Bernardini, Augusto Romano e Giampiero Quaglino 1 si intende una sorta di “banchetto condiviso”, dove ciascuno partecipa portando qualcosa di suo, attraverso la condivisione ad un tempo della preparazione, così come della fruizione del pasto medesimo. La tavola Rotonda della terrazza sul lago, di fronte a Casa Gabriella, sede anche del convivio alimentare, permette ai presenti di essere equidistanti dal centro, partecipando in egual misura ad uno spazio - realtà condiviso, e rappresenta fin dall’inizio un’immagine simbolica che incontriamo frequentemente nell’ambito del pensiero junghiano: il “mandala”. Quest’ultima immagine, come è noto, permette la coesistenza e l’armonizzazione degli opposti, rivelandone la complementarietà.
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2) Il filo rosso: i tre temi dominanti nella storia di Eranos e il loro intreccio nel pensiero junghiano Sappiamo, sempre dal libro citato, Carl Gustav Jung ad Eranos 1933-1952, che il “filo rosso” che unisce le 600 relazioni raccolte negli annali di Eranos, è rappresentato dall’interesse alle strutture archetipiche del fenomeno religioso. Ogni incontro aveva infatti come titolo un tema archetipico, che rappresentava il centro delle riflessioni, da cui successivamente prendevano forma le relazioni teoriche. Dall’opera di Rudolf Otto, Olga Froebe accolse l’invito a porre al centro dell’attenzione il tema di una religiosità e di un misticismo incentrato sull’uomo, che sposta su quest’ultimo il centro del fenomeno religioso verso una forma di spiritualità intesa come fenomeno universale dell’animo umano, attraverso “l’esperienza del numinoso”. Richard Wilhelm, aveva pubblicato nel 1923 la traduzione dell’“I Ching”ed il suo incontro con Olga Froebe influenzò l’orientamento di Eranos come ponte tra il pensiero orientale ed occidentale: un tema che ebbe una parte preponderante in moltissimi scritti ed incontri. Jung aveva dal canto suo riconosciuto alla psiche una funzione “naturalmente religiosa”, spostando il concetto di “Libido” dalla concezione più marcatamente biologica e causale del pensiero freudiano ad una visione finalistica, volta verso una ricerca di significato dell’esistere stesso 2. Meta ultima della “libido”, rivisitata dal pensiero junghiano in questa ottica, è la “ricerca del Sé”, come simbolo della totalità, come “coniunctio oppositorum” e meta del processo di individuazione 3. L’intero processo è guidato dalla “Funzione Trascendente” 4, che indirizza l’inconscio favorendo l’affiorare di immagini simboliche attraverso sogni e fantasie, a volte del tutto criptiche, legate a complessi ideo-affettivi e ad archetipi. Insieme ad altre espressioni legate al mondo emozionale, di momento in momento testimoniano la metamorfosi e la continua trasformazione del mondo interiore, permettendo di intravedere il percorso su cui si indirizza il processo individuativo. Il Sé come “coniuncio oppositorum” è anche il “Selbst” come totalità psichica, ma anche come “imago dei” in senso astratto ed onnicomprensivo. Questo permette di affrancare la tensione verso la spiritualità del pensiero junghiano da ogni forma di dogmatismo religioso.
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3) Olga Froebe, il gruppo e la relazione I partecipanti ai Convegni “cominciano ad accorgersi - dice Olga Froebe - che durante i Convegni di Eranos qualcosa accade loro, ed è qualcosa che non accade altrove: si sentono toccati, commossi, desiderano tornarvi e sentono di appartenere a questo gruppo per una qualche misteriosa ragione (…). Credo di poter dire ora (a distanza di molti anni) che la ragione di tutto ciò è la seguente: noi rappresentiamo qui un gruppo nel quale un archetipo sta operando per un suo proprio scopo…(…) Qualcosa sta usando Eranos come un varco di minore resistenza e sta cercando di esprimersi e di operare attraverso il gruppo di Eranos. La medesima idea archetipica sta muovendo sia l’insegnamento di Jung sul principio di individuazione sia l’opera di Eranos” 5. Anche se queste riflessioni possono risuonare ad alcune orecchie come eccessivamente enfatiche, rivelano senz’altro un fondamento di verità, nella costanza con cui molti dei relatori tornano più volte ad Eranos, ed attendono gli incontri come richiamati da una sorta di “fascinazione”, che il luogo esercita nei loro confronti. È interessante il fatto, segnalato ancora da Bernardini nella sua ricerca, che Olga Froebe (intuito femminile) ha già a suo tempo prestato attenzione a quella che ora chiameremmo “dimensione gruppale” ed alle metamorfosi che avvengono nelle configurazioni “costellate” dall’inconscio del gruppo stesso. A questo aspetto gli stessi relatori sembrano aver prestato una minor attenzione o almeno sembrano averlo vissuto in modo meno consapevole. Attraverso le frasi citate sembra che la Froebe sia stata la prima a cogliere e a sottolineare questa realtà. Riconobbe infatti l’importanza che le relazioni teoriche, seppure importanti, non limitassero la loro efficacia unicamente al momento della loro esposizione, ma offrissero anche e sopratutto la possibilità di un incontro esperienziale. L’attenzione può essere così spostata ai processi che si svolgono nell’inconscio dei singoli attraverso lo sviluppo di un inconscio relazionale, che struttura in se stesso e relativamente al proprio contesto di incontro una direzione sua propria, che potremmo definire “individuativa” del gruppo stesso esprimendoci in termini junghiani. Questa si manifesta, in analogia con ciò che avviene nell’inconscio dei singoli, ancora attraverso la costellazione di immagini dell’inconscio attivate dai temi che via via affiorano. Parallelamente gli ambiti di ricerca stessi attivano relazioni tra gli argomenti trattati, il modo con cui vengono svolti, e tra gli studiosi che potremmo considerare concretamente i loro “rappresentanti in carne ed ossa”. Se torniamo ora al nostro contesto, nell’epoca contemporanea, al lavoro nei 18
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gruppi analitici ed al lavoro sui sogni, l’incontro concreto tra mondi e culture diverse si attua attraverso la dimensione di attesa, silenzio, ascolto, narrazione ed infine condivisione. Può seguire in alcuni contesti, anche la drammatizzazione in gruppo. Ad emergere sono quegli stessi echi che, provenendo dalle profondità della psiche, parlano attraverso il linguaggio universale degli archetipi, comuni a tutta l’umanità al di là dei confini etnici e linguistici. Ciò non significa ignorare contrasti e conflittualità presenti in ogni gruppo, ma semplicemente lasciarli temporaneamente da parte per qualche tempo, sullo sfondo, in attesa di essere riavvicinati in tempi più “maturi”, quando cioè il gruppo stesso si senta più in grado di affrontarne le potenzialità distruttive sentendosi in grado di dominarle. Ogni gruppo del resto non è che un microcosmo riflesso di ciò che avviene nel mondo a livelli più ampi. Come avviene in una buona terapia, sia individuale che di gruppo, solo quando la rete relazionale, emotiva ed empatica del gruppo stesso si sia progressivamente rafforzata, diventando in grado di “reggere”l’impatto con emozioni “forti” o addirittura violente, sarà possibile a poco a poco un progressivo avvicinamento ai nodi scottanti di conflittualità intense, temperandone almeno in parte gli aspetti disgreganti. Reggere questa tensione di opposti al nostro interno, nei gruppi e nel mondo sociale, arginandone la deflagrazione sotto forma di aspetti devastanti e distruttivi, sono il fine ultimo di ogni ricerca, che si proponga ad ogni livello una concreta sopravivenza del pianeta o, a livello più limitato e circoscritto, un semplice miglioramento di relazioni sociali.
4) Il temenos e lo spazio protetto. Il contenimento degli opposti Uno spazio salvato dallo “strepito del mondo” per recepirne gli echi, è essenziale per facilitare le relazioni, come ben sa ogni terapeuta, analista o conduttore di gruppo. Vittorino Vezzani (ancora nel testo citato), così descrive lo spazio di Eranos: Quando scesi dal vaporetto ad Ascona, venni giù per la strada tortuosa fino al cancelletto che apre l’accesso ai piccoli viali ombrosi ed alle scalette di pietra che conducono al giardino ed alla villa, così vicina al lago e nascosta tra gli alberi, una certa austerità del luogo mi diede la strana impressione che quel giardino solitario e quella casa tranquilla fossero stati scelti da qualche occulta e grande Presenza per un’opera importante e feconda nei regni dello spirito. 19
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Questa impressione non si è mai cancellata dal mio cuore, ed io la provo ancora quando mi affaccio al cancelletto modesto e rivedo i fiori del giardino, curati come quelli di un chiostro riservato alle bellezze dell’anima 6. La signora Olga Froebe Kapteyn, al di là di tutti gli altri numerosi meriti, è chi ha creato, offerto e reso possibile lo spazio di Eranos: la creazione di uno spazio senza tempo dove si attende che le cose semplicemente accadano ed i pensieri prendano forma quietamente. E tuttora il ricordo di questi accadimenti è ancora così vivo e ricco di frutti dopo quasi ottant’anni. A questo punto non può mancare il riconoscimento dell’intenso lavoro di “salvaguardia e custodia” di questo inestimabile patrimonio: spazi d’anima, indispensabili per la salute mentale non solo di chi li frequenta, ma anche di chi ne sente a distanza gli influssi. La sola immagine di quell’atmosfera di “casa”, e di familiarità” tuttora viva ad Eranos, creata dall’attenta cura all’ambiente ed all’arredamento nei minimi piacevoli particolari: i fiori sempre freschi ed i centrini d’epoca evocano quelle immagini di equilibrio, apertura e serenità, essenziali per ritrovare e riproporre nella vita diurna ed onirica “spazi d’anima”. La Psicologia è l’arte che più di ogni altra è stata in grado di dare valore e centralità alla funzione dell’accoglienza. La sua importanza è spesso ignorata. Si tratta di una funzione tradizionalmente femminile, spesso relegata nell’ombra o addirittura svalutata. Talvolta ci si accorge della sua centralità solo laddove è percepita come mancanza, altrimenti è fin troppo facile darla per scontata. Sono i toni dell’accoglienza a definire in gran parte le coloriture emotive che prendono forma nell’incontro. Una buona accoglienza che assume la forma di uno spazio dove sia possibile “fare anima” per esprimerci in termini Hillmaniani, può connotarsi come uno spazio “fuori dal tempo” pur essendo totalmente immersa nel “tempo storico”. Per esprimerci nei termini di Eliade invece si può parlare di uno spazio in cui il “tempo ciclico” proprio delle profondità dell’anima possa trovare una via di espressone lasciando temporaneamente da parte il tempo lineare e progressivo dell’esperienza quotidiana. Possiamo augurarci che Eranos possa ancora rappresentare in futuro quello spazio per la ricerca di una “spiritualità laica” per cui è nata, come crocevia di dialogo e soprattutto di incontro inter-religioso ed interculturale, recuperando e mantenendo vivi anche quegli originari elementi di ricerca di una religiosità troppo spesso sommersa dallo strepitare assordante di invettive ed intolleranti integralismi dogmatici. Su questo tema tornerò ancora in chiusura di questo articolo. Ogni anno gli incontri di Eranos si svolgevano a cadenza rituale nella secon20
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da metà di agosto. Gli incontri hanno portato alla raccolta di circa 600 scritti. Olga Froebe offriva l’ospitalità nella sua splendida villa appartata e tranquilla, in mezzo a piante secolari, sulla riva del lago, chiedendo ai suoi graditi ospiti null’altro che i loro scritti per la pubblicazione degli annali di Eranos. Tornando ancora al testo citato sulla storia di Eranos, mi sembra particolarmente importante riportare un brano che ancora ci rimanda alla capacità di Olga Froebe di far fronte agli ostacoli, mantenendo la saldezza quale dote necessaria ed indispensabile per un buon conduttore di gruppo. Nel 1940 in cui le circostanze impedivano alla maggior parte degli oratori di raggiungere la Svizzera a causa della guerra, Olga Froebe-Kapteyn aprì i lavori con la consueta serietà, dicendo che, se non fossero arrivati né oratori né ascoltatori, lei non avrebbe rinunciato a “celebrare Eranos da sola”. All’unico relatore previsto aveva comunicato: Potrebbe, nell’eventualità, tenere la sua conferenza anche solo per me? Io rappresenterò l’uditorio e lei gli oratori. Come di consuetudine, io aprirò il Convegno con poche parole e, dopo la sua conferenza, pranzeremo in giardino, sorseggiando una bottiglia di Chianti, e questo sarà a tutti gli effetti un valido “Convegno di Eranos.
Ho riportato queste frasi per sottolineare l’importanza che possono avere, più di ogni altra dissertazione teorica, a livello didattico per chi si appresta a condurre gruppi. La scansione rituale e la capacità di seguirne i tempi è ciò che in un gruppo, spesso più di ogni altra cosa ne definisce la solidità e la capacità di “contenimento” sul piano emotivo e relazionale. Olga Froebe offriva uno spazio protetto che rendesse possibile una trasformazione. C’era una consapevolezza dei limiti di accoglienza, dei propri spazi e dei tempi possibili che avrebbero scandito gli incontri di Eranos. Gli inviti erano rigorosamente selezionati, ma proprio dalla coscienza del limite che si configura in ogni circostanza, può derivare il senso di un buon “contenimento emotivo” ove la trasformazione sia possibile. È ciò che avviene in terapia nei gruppi. Alcune forme di meditazione buddhista consistono nella contemplazione di uno spazio vuoto. Al suo interno una mente - specchio permette l’affiorare di forme che si configurano sotto forma di riflessi del pensiero e delle immagini mentali emergenti dalle profondità della psiche. Differenti forme di spiritualità, espressioni laiche quanto appartenenti a diverse fedi religiose possono coesistere nell’abitare anche temporaneamente insieme questo spazio. 21
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La consapevolezza che la propria identità, storia e credenza religiosa, così come l’appartenenza etnica o geografica rappresenta un punto di partenza e non di arrivo, rende possibile l’apertura, l’incontro e la coesistenza con l’“altro da sé”. L’identità diviene allora qualcosa di fluido, pur appoggiandosi a riferimenti che mantengono carattere essenziale, ben radicato in elementi che ne rappresentano la continuità, nella consapevolezza di una continua metamorfosi. Una stanza vuota alle Nazioni Unite accoglie i componenti di tutte le religioni del mondo che desiderino ritirarsi in “preghiera” o meditazione in prossimità di riunioni, incontri, decisioni o altri eventi significativi. In uno spazio che esprima carattere di neutralità, ciascuno può incontrare “i propri dei”, ma ciò che è più importante è che si tratti di uno spazio condiviso, in grado di assumere differenti configurazioni di fronte allo sguardo di che temporaneamente lo abita.
5) Monte Verità, “La Montagnola” e “Il gioco delle perle di vetro” Forse non è un caso che Eranos trovi spazio ad Ascona, poco lontano, come si è detto, da Monte Verità, tradizionalmente luogo di incontro di utopisti, poeti, asceti, artisti e mistici. Qui, ancora nello storico museo di Casa Anatta, una stanza di esposizione è dedicata ad Eranos ed ai suoi incontri, sotto forma di resoconti storici, fotografie d’epoca e testimonianze. Poco lontano si trova “ Montagnola”, dove Hermann Hesse scelse di vivere gran parte della sua vita fino al termine dei suoi giorni. Qui l’artista - editore Jean Olaniszyn ha fondato in Torre Camizzi, il Museo Hermann Hesse. Montagnola è anche il luogo dove Hermann Hesse scrisse lo storico libro, che gli permise di ottenere nel 1946 il Premio Nobel per la letteratura: Il gioco delle perle di vetro. Il testo fu molto apprezzato anche da talenti di gusto difficile come Thomas Mann. Scorrendone le pagine viene spontaneo pensare ad Eranos e sembra che di Eranos stessa si parli, in quel confluire ed armonizzarsi di arti, scienze, dottrine ed esoterismo. Il gioco delle perle di vetro è stato scritto tra il 1933 ed il 1943. La sua stesura iniziò cioè, parallelamente al lavoro di Jung ad Eranos. A proposito del libro I Ching, della cui importanza abbiamo già parlato nella storia di Eranos, dice Hermann Hesse: … pur non sapendo una parola di cinese, e non essendo mai stato in Cina, valicando due millenni e mezzo, trovai nell’antica letteratura cinese la conferma 22
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delle mie intuizioni, trovai un’atmosfera spirituale, una patria quale avevo posseduta soltanto nel mondo assegnatomi dalla nascita e dalla mia lingua (…). Contemplare una delle combinazioni di segni (…) non è leggere e non è neanche pensare, ma è come guardare l’acqua che scorre o le nubi migranti. Là sta scritto tutto quanto può essere pensato o vissuto. Ne Il gioco delle perle di vetro, il protagonista Joseph Knecht, nei mesi di ritiro nel “boschetto di bambù” attraverso la conoscenza dell’“I Ching” inizia il suo “risveglio spirituale”. L’interesse all’“I Ching” in quest’epoca, è forse qualcosa in grado di riflettere e di manifestare lo “spirito del tempo” in luoghi diversi. Del libro dell’I Ching esiste attualmente una versione italiana, tradotta dall’originale cinese, a cura di Rudolf Ritsema e Shantena Augusto Sabbadini. Non credo sia un caso neanche il fatto che i biografi di Hermann Hesse raccontino di come, nell’ultima parte della sua vita, si fosse fatta strada la sua necessità di “fare amicizia con la morte” e che il medesimo tema ricorra come meta ultima di un ciclo esistenziale, relativamente al processo di individuazione descritto da Jung. Rappresenta inoltre la radice di ogni ricerca religiosa e ricompare spesso nei sogni sotto forma di ricerca di significato, ritorno di estinti... o viaggio iniziatico. Qualcosa può accomunare Montagnola con la Torre di Bollinghen, il giardino e le acque del lago antistante ad Eranos. Sui temi affini a quelli della ricerca nella mitica “Castalia”, descritta ne Il gioco delle perle di vetro, si animavano le cene e gli incontri intorno alla tavola rotonda in pietra di casa Gabriella e le passeggiate nei vialetti in mezzo al verde. La loro vegetazione è il più fedele ed accessibile riflesso, allora come ai tempi nostri, della ciclicità del cosmo attraverso l’incedere e l’alternarsi delle stagioni. La medesima ricchezza della vegetazione, in cui è splendido perdersi, si incontra di fronte all’incanto della inesauribile Biblioteca di Eranos: il mondo soggiorna su sconfinati scaffali. Solo le conferenze teoriche di Eranos, che ne rappresentano unicamente una parte, sono, come si è detto, circa 600, radunate in accattivanti volumi ben rilegati. Il loro potere è quello di “fermare, almeno temporaneamente, il tempo”. In questo contesto non è infrequente che, sottoforma di immagini evocate dal “Temenos”, la storia e la leggenda di Eranos affiorino e ricorrano tuttora nei sogni, nei ricordi di letture e nelle fantasie di chi torna ad Eranos per soggiornarvi, anche solo per pochi giorni, ai tempi nostri.
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6) La Pratica: il lavoro analitico ed i gruppi. Echi di esperienze ad Eranos e in altri contesti interculturali A questo punto vorrei svolgere alcune note di metodo, che hanno rappresentato linee guida in esperienze di conduzione da me svolte ad Eranos, ampliate da alcune riflessioni su esperienze analoghe svolte in contesti differenti. Questi aspetti rappresentano per me una sorta di “Eredità di Eranos” nel mio modo di lavorare quotidiano come analista junghiana, con particolare riferimento alle esperienze in ambito trans-culturale. Non stupisce che il lavoro analitico in gruppi, che si svolgano nel contesto di Eranos, assuma tratti di significativa intensità ad opera dell’influenza del “genius loci” di cui fin qui si è trattato. Nel lavoro analitico sulle immagini archetipiche sono i silenzi ben calibrati ad alimentare gli echi emergenti dalle profondità della psiche in un’atmosfera resa pregnante dall’attesa. La biografia di Jung testimonia quanto a questo proposito l’inconscio sia in grado di manifestarsi in modo solenne o dissacratorio, spesso come “elemento terzo” in grado di superare la “coniunctio oppositorum”. L’intervento della “Funzione Trascendente” svolge in questo processo un ruolo essenziale. L’individuazione è la sola in grado di trovare una propria continuità, restituendo un significato attraverso molteplici discordanze. Spesso è l’ironia che viene in aiuto come strumento cardine per attraversare il paradosso. Non a caso a questo proposito il senso dell’umorismo e la capacità di esercitare la sottile arte dell’ironia e dell’auto-ironia sono caratteri indispensabili per un buon conduttore di gruppi. Moreno, creatore dello Psicodramma, raccomandava esplicitamente di “non prendersi mai troppo sul serio” e molte pagine degli scritti autobiografici di Jung non mancano certo di senso dell’umorismo. A questo proposito possiamo ricordare quanto sia indispensabile essere preparati ad accogliere nel lavoro analitico individuale ed ancor più nei gruppi anche momenti in cui prevale una sensazione di confusione e “spiazzamento”. Frequentemente non manca l’impressione di sentirsi fuori posto, incongruenti, assurdi o addirittura ridicoli. L’estraneità si può manifestare ancor più nei tentativi di allontanamento temporaneo dalla realtà cosiddetta “ordinaria”: ancora l’individuazione si manifesta attraverso la “coniunctio oppositorum”. L’inconscio, come si è detto, sceglie da sé quando e come manifestarsi in modo solenne o dissacratorio. Un gruppo come spazio circoscritto limitato e protetto ha la funzione di “tenere a bada” possibili ingerenze esterne. È paragonabile ad un “temenos” in cui la “celebrazione del rito” che si svolge al suo interno non va disturbata. Ciò è valido per la realtà di Eranos così come per ogni gruppo, che definisca al 24
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momento del suo nascere i suoi confini spazio-temporali, nel cui ambito prenderanno spazio le metamorfosi del suo processo individuativo. Un rischio da tenere presente è che un gruppo ben protetto e delimitato nei suoi spazi acquisisca una connotazione aristocraticamente chiusa a rischio di sterilità, una sorta di “Castalia” appunto, per riferirci ancora al Gioco delle perle di vetro. Ne consegue quanto sia più facile mantenere l’integrità degli spazi se il gruppo è un’“esperienza a breve termine”, definito da un certo numero di incontri in un luogo ed in un arco di tempo preciso. La situazione di un gruppo “a lungo termine”o addirittura continuativo pone invece problemi più articolati di differente natura a proposito di “aperture e chiusure”. Ogni realtà di gruppo riflette un microcosmo di ciò che a livello più ampio avviene, sottoforma di equilibri da salvaguardare, nelle trasformazioni e nelle naturali evoluzioni di comunità, regioni, stati, confederazioni. La storia a livello di gruppi sociali e civiltà e la Psicologia a livello individuale sembrano mostrare che quando il senso di identità dei singoli e dei gruppi sociali non si sente insicuro e minacciato, flessibilità ed apertura sono accettate in modo relativamente facile e trovano spazio nella vita di ogni giorno. Al contrario avviene invece se il medesimo gruppo teme di perdere le sue radici più profonde di appartenenza etnica e culturale. In una simile situazione rischiano di attualizzarsi i conflitti più sanguinosi, sia che si tratti di una minaccia reale che di un pericolo di fittizio fatto intendere come tale. In queste drammatiche situazioni la Psicologia stessa non può che sentirsi del tutto impotente di fronte alla evidenza dei propri limiti angusti. Ciò non significa tuttavia perdere la speranza. La FEPTO, lo IAGP, la Granada Academy, il WCP ed altre Associazioni, su cui torneremo in seguito, hanno fatto di questi temi il focus della loro ricerca scientifica e culturale. Analogamente, se l’“Io”, è più “forte” ed in grado di reggere e sostenere le proprie lacerazioni e contraddizioni interne, sono possibili maggiori aperture la mondo. Così come nella terapia individuale il lavoro mira in modo più o meno esplicito ad ampliare le potenzialità relazionali dei singoli, la terapia di gruppo lavora (o almeno ci prova) nella medesima direzione. Si tratta di un lavoro di monitoraggio continuo di questi processi di apertura a nuove potenzialità di relazioni sociali ed all’incremento delle capacità di incontro e di dialogo con l’“altro da sé”. Processi paralleli si svolgono in relazione al proprio mondo interno. L’identità si rinforza proprio attraverso l’incontro - confronto con la differenza, rivolgendosi verso il potenziamento di integrazioni creative ed evitando di rimanere “inchiodati” in sterili scontri. Conduttori di gruppo e terapeuti hanno la funzione di facilitare questi processi. 25
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La possibilità di salvaguardare “l’individuazione” del gruppo stesso calibrando momenti di “apertura” e “chiusura” (o meglio “riflessioni al proprio interno” temporaneamente chiuse), è un compito difficile e responsabilità di chi conduce. Non a caso frequentemente incontri e mediazioni tra rappresentanti di paesi in conflitto si svolgono in modo più fruttuoso in paesi “neutri”. Qui lo “spaesamento” e la temporanea ricostruzione di identità, momentaneamente precarie perché formatasi in luoghi altri dal contesto abituale, rende i partecipanti frequentemente più “flessibili”e di conseguenza più disponibili all’incontro. Possiamo anche immaginare ironicamente che la frequente scelta dei paesi scandinavi, attraverso il clima più freddo, possa facilitare “il raffreddamento” di stati emozionali troppo “roventi” legati a situazioni di conflitto. Ogni cambiamento può essere fonte di destabilizzazione e caos, ma la possibilità di avere uno spazio ed un tempo per essere “metabolizzato” può trasformare il mutamento in stimolo alla creatività, alla ricerca di nuove soluzioni o strade possibili, anche qualora si tratti di situazioni non gradite. Non possono però mancare, per il raggiungimento di questi nuovi equilibri, spazi di riflessione “neutrali” in cui attendere ed elaborare ogni trasformazione. Il progressivo sviluppo di curiosità, interesse, temporanea identificazione, empatia ed infine responsabilità condivise muovono in questa direzione e possono rappresentare tappe possibili nell’identificare progetti che aprano spazi ad obbiettivi comuni. Questi ultimi tuttavia cambiano mete ed idee pre-costituite, lasciando spazio a nuove possibilità, percorsi di metodo e tappe operative, che spesso implicano inevitabilmente anche una buona dose di sacrificio consapevole. I nuovi equilibri raggiunti sono però senz’altro più solidi, perché attraversano strade che implicano una trasformazione reciproca. I contenuti simbolici possono essere di aiuto in questi processi di avvicinamento. Attraverso il linguaggio immaginale, che trova le sue radici su contenuti archetipici, sono ovunque e sempre facilmente accessibili, perché radicati nel comune substrato dell’inconscio collettivo. Si rivelano così elementi in grado di costruire “teste di ponte” e di veicolare comunicazioni trans-culturali attraverso espressioni che si fondano sul linguaggio del mito, delle fiabe e del sogno. Il lavoro analitico in gruppo a partire da questi temi, utilizzando questi linguaggi permette un rapido coinvolgimento attraverso un facile ed immediato impatto emotivo in grado di facilitare non poco la comunicazione. Seminari e workshop esperienziali sul tema del sogno o della fiaba, oppure che hanno come punto di partenza altre produzioni dell’inconscio, quali immagini grafiche o corporee, condivisione di suggestioni musicali attraverso l’ascolto, la danza o il gioco, hanno una certa facilità a raccogliere ed a mettere in comunicazione in tempi relativamente brevi partecipanti appartenenti a differenti culture, etnie, nazioni o indirizzi terapeutici 7. 26
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Proprio per questo metodi e linguaggi di questo genere sono frequentemente utilizzati nei contesti internazionali, quali i convegni ed i seminari dello IAGP (International Association for Group Psychotherapy and group processes), WPC (World Psychotherapy Council), FEPTO (Federation European Psychodrama Training Organization), Granada IAGP Academy ecc. e nelle iniziative culturali e scientifiche ad essi collegati a cui abbiamo già accennato. L’approfondimento del lavoro in gruppo in questi contesti verso livelli più analitici e profondi, che vanno ben al di là della semplice risocializzazione, è legato alla formazione ed alle capacità del terapeuta stesso ed ovviamente alle aspettative ed alla composizione del gruppo, in relazione al contesto in cui si svolge. Un metodo di lavoro sulle immagini archetipiche frequentemente utilizzato nei contesti internazionali è la “Social Dreaming Matrix”, ideata e messa a fuoco da Gordon Lawrence. È stata inserita come elemento continuativo sotto forma di “on going group” nei convegni IAAP (International Association for Analytical Psychology) dal 1995 al convegno di Zurigo. La “matrix”, solitamente si svolge nel corso di tutto il convegno, dal primo all’ultimo giorno di prima mattina, prima dell’inizio delle conferenze, dei Simposi e dei workshops, e raccoglie gli “echi notturni” di ciò che si svolge durante le giornate. I lavori, gli incontri ufficiali, ciò che avviene nei corridoi e nella vita dei partecipanti in quell’arco di tempo trova nella “matrice” onirica uno spazio di raccolta, amplificazione e metamorfosi, attraverso il gruppo. Il Social Dreaming rappresenta rispetto ai gruppi, anche continuativi, una situazione più flessibile ed elastica, con regole meno definite. Il metodo adottato è molto simile alla conduzione dei “Large Groups”. La differenza consiste essenzialmente nella cadenza temporale, quasi sempre di prima mattina nel Social Dreaming, e nella natura del materiale raccolto che, a detta delle indicazioni preliminari, privilegia materiale psichico “crepuscolare”. Il materiale viene offerto in forma prevalentemente quasi del tutto anonima, anche quando i sogni vengono raccolti in una apposita di Dream Box e si decide di approfondire successivamente il lavoro. Nello svolgimento della Dreaming Matrix i partecipanti vengono invitati ad accomodarsi su sedie o cuscini che delimitano una forma a spirale (una disposizione che non permette uno scambio di sguardi diretto) ed a chiudere gli occhi nel corso dell’esperienza. Anche in questa fase “preparatoria” la comunicazione avviene in modo implicito attraverso un linguaggio di gesti o di comunicazioni non verbali, in modo da allentare preliminarmente la coscienza razionale, spesso indissolubilmente legata alla parola. In questo modo si mettono anche almeno temporaneamente “fuori gioco” le difficoltà linguistiche. Analogamente l’ascol27
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to e la partecipazione che seguono sono richiesti in modo da non disturbare l’esperienza “in progress” anche nel corso del suo svolgimento. Ciò contribuisce non poco a creare un’atmosfera di silenzio, attesa ed attitudine all’ascolto. Non si tarda a comprenderne le regole, perché manifeste nell’incontro in sé. Nel gruppo, che ha tradizionalmente una struttura circolare, chiusa ed equidistante dal centro, il gioco di sguardi ha una parte essenziale, mentre la spirale aperta della “matrix” si svolge ad occhi chiusi o comunque socchiusi, verso la realizzazione di uno stato crepuscolare. Ciò contribuisce non poco a cambiare lo stato psichico ed emotivo dei partecipanti, rivolgendo prevalentemente l’attenzione verso il mondo interno, a cui il gruppo offre una cassa di risonanza. La forma aperta della spirale permette inoltre ad altri di aggiungersi, seppure con discrezione per non disturbare l’esperienza in corso, anche durante il suo svolgimento. Solo il tempo è circoscritto in un intervallo delimitato. Il numero dei partecipanti è definito unicamente dalla struttura e dalla capienza della sala. Nuovi partecipanti possono aggiungersi o allontanarsi liberamente sia di giorno in giorno negli “on going groups” che nel corso della stessa “matrix”. La configurazione dello spazio, per lo più “a spirale”, è definita dalla posizione delle sedie o dei cuscini in terra, ma nulla vieta che si possa lavorare anche con forme differenti. G. Lawrence utilizza anche disposizioni “a fiocco di neve”. I sogni portati, condivisi in questo contesto diventano la “matrice” e si trasformano in un agile veicolo di comunicazione. La ricchezza in materiale archetipico delle immagini oniriche realizza facilmente, attraverso le successive narrazioni condivise, la creazione di un ambiente empatico, di rispetto e di ascolto reciproco. Successivamente il gruppo potrà, come avviene nei workshop esperienziali di approfondimento, riprendere il materiale onirico emerso e continuare il lavoro. I contenuti costellati dall’inconscio collettivo del gruppo stesso, in relazione al processo di individuazione, saranno gli intrecci ed i temi del processo analitico che segue. Dapprima si possono riprendere i temi attraverso scelte sociometriche, e successivamente si possono amplificare i contenuti scelti dal gruppo stesso in una dimensione più analitica. In questa seconda fase, a differenza dalla prima, la matrice aperta si trasforma in un gruppo che mantiene la sua stabilità nel corso di tutta la durata del workshop ed è chiuso, almeno temporaneamente, ai nuovi ingressi. Nel corso dello svolgimento delle matrici oniriche, non solo emergono frequentemente ovunque, quegli stessi elementi fondanti che abbiamo visto a proposito della nascita di Eranos ai tempi di Olga Froebe, ma spesso il linguaggio riprende idiomi di “lingua madre” anche del tutto sconosciuti al contesto, emergono, ninna nanne, filastrocche, giochi linguistici… 28
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Nei singoli partecipanti in grado di “sintonizzarsi” su stati d’animo recettivi, una marea di ricordi e suggestioni offrono una quantità incredibile di materiale d’analisi. Ancora emergono quelle forma di “spiritualità laica”, sotto forma di “ponti oriente-occidente” di cui abbiamo parlato a proposito della nascita di Eranos. Il simbolismo archetipico dei sogni, che emergono in gruppo e nelle matrici, ripropone in mille varianti il tema iniziatico del percorso notturno dell’eroe e della metamorfosi che segue. Ancora qualche nota autobiografica sulle mie esperienze di conduzione ad Eranos. Sono stata ad Eranos, come uditrice, la prima volta nel 1980 e successivamente nell’82 e nell’86, con non poche difficoltà linguistiche. La fascinazione che ebbe su di me, il “genius loci” e l’atmosfera delle conferenze, mi rese subito chiaro che sarei comunque tornata, magari conoscendo meglio le lingue ed il pensiero junghiano. Riempii pagine e pagine di bibliografie che avrei inseguito negli anni successivi. Fu anche il passo decisivo che mi portò a Zurigo allo Jung Institut, anche se successivamente la frequenza allo Jung Institut, come allieva prima e come docente poi, mi hanno impedito per diversi anni di tornare ad Eranos per problemi di tempo. Avevo incontrato, anche allora in passato, lo stesso spirito di “nutrimento”, di cui si parla nei libri a proposito di Eranos, nonostante le difficoltà non indifferenti che mi trovavo a fronteggiare. Quando poi diversi anni dopo mi sono trovata a condurre gruppi analitici nel contesto di Eranos, profondamente mutato, ho ritrovato una nuova “ricchezza di ingredienti”, attraverso le esperienze. Ad Eranos mi è capitato di svolgere incontri analitici di gruppo, ispirati al pensiero junghiano e moreniano così come gruppi sul tema della scrittura autobiografica come risorsa analitica, esperienziale e terapeutica (uno spazio su cui intendo proseguire la ricerca). Altri incontri per me profondamente significativi in epoca più recente ad Eranos sono stati i gruppi esperienziali a cui ho partecipato, condotti da Dennis Patrick Schlattery sul tema dello “spazio mitico nella scrittura”, e diversi incontri organizzati dalla Fondazione Eranos, dal “Fetzer Institut” e dal “Pacifica Graduate Institut”. In tutti questi contesti, il “genius loci di Eranos”, come storico spazio “nutritivo” di incontro interculturale tra se stessi, il proprio mondo interno e gli altri ha svolto un ruolo essenziale.
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7) Esperienze di conduzione ad Eranos: il cerchio come “palcoscenico del gruppo analitico” Non mi soffermerò in questa sede, per motivi di spazio, anche sulla origine storica del metodo dello Psicodramma Analitico, (che prevalentemente ho usato ad Eranos nella conduzione di gruppo), sulla sua crescita, sulla sua divulgazione e le successive trasformazioni, difficili da localizzare attraverso le diverse forme che via via si sono strutturate in luoghi diversi con una certa contemporaneità. Citerò solo rapidamente Hemuth ed Ellynor Barz, Leo Giesen, John Hill, Peter Schellenbaum, Chantal Nève, Peter Elting. Riprenderò solo alcuni aspetti fondamentali, a cui già ho accennato in questo medesimo scritto, per rendere più immediata la comprensione. Nel lavoro in gruppo è ancora la forma circolare, la configurazione spaziale in cui si svolgono l’azione scenica e lo “sharing”. Qui pensieri, ricordi e sogni vengono non solo narrati, ma anche “messi in scena” attraverso l’azione drammatica. Inoltre, questa configurazione geometrica permette non solo che i partecipanti siano equidistanti dal centro, ma anche che abbiano la possibilità di vedersi in viso e di cogliere, attraverso la variazione della mimica e delle posture, le influenze emotive nel corso dell’incontro. Permette anche di essere testimoni “a tutto campo” di ciò che si svolge durante l’azione drammatica. In quanto immagine mandalica, lo spazio così configurato si riflette nel profondo della psiche come forma archetipica, in grado di esprimere una possibile ricerca di coesistenza ed armonizzazione tra opposti, verso l’elaborazione di conflitti talvolta laceranti. Sul palcoscenico, come spazio evocativo e contenitore emozionale al tempo stesso, ricordi, sentimenti ed emozioni spesso intensi, dolorosi e contradditori possono trovare vie di espressione simbolica, che ne permettano l’emergere nella coscienza e la successiva elaborazione. Il lavoro analitico, che accompagna e segue la rappresentazione scenica, completata dallo “sharing”, cerca la composizione dei contrasti, nel mondo interno ed esterno dei partecipanti. In che modo il “genius loci” di Eranos può influenzare il processo? L’esperienza, nella cornice storica di Eranos, trova nelle acque del lago, nell’atmosfera di un “tempo senza tempo”, nelle storie e nelle leggende che manifestano l’espressione del “genius loci”, elementi di pacificazione. Gli echi notturni dei mitici incontri degli anni trascorsi intrecciano indissolubilmente le loro memorie passate e presenti con le vicende personali dei partecipanti ai gruppi, attraverso la creazione di “nutrimenti” sempre nuovi, rivelati dall’esperienza condivisa. 30
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Non può che sorprendermi ogni volta lo “stato d’animo”che aleggia nei gruppi di lavoro e la particolare atmosfera che si crea all’ingresso nel giardino. Solo alcuni passi dopo l’abbandono della strada statale se ne perde completamente anche il rimbombo. Gli stessi studenti dalla vitalità prorompente, esuberanti e frequentemente chiassosi, che incontro in altri contesti, diventano silenziosi, pacati, riflessivi ed aperti all’introspezione. Il lavoro sui sogni nei gruppi, nella cornice di un contesto storico intensamente evocativo quale l’atmosfera di Eranos, risente gli echi di incontri remoti, in cui per anni ed anni miti, religioni, culture e mondi differenti hanno trovato spazi di scambi reali o virtuali attraverso l’attenzione alle loro radici archetipiche, espresse sotto forma di immagini simboliche ad immediato impatto emotivo. Le stesse immagini, oggetto di studio ed approfondimento da parte dei relatori di Eranos dai tempi della sua nascita, riappaiono nei sogni, riproponendo gli stessi enigmatici messaggi. Qui prende forma, come abbiamo già visto, la stessa ricerca di una sorta di “Spiritualità laica”, che lasci spazio alle forme molteplici con cui può manifestarsi la tensione verso qualcosa che potremmo definire “anima”, riferendoci al termine junghiano, “anima-io” ed “anima immagine” riferendoci ai termini di Hillman. Quest’ultima, al di là dell’ortodossia di religioni spesso contaminate da derive integraliste, può trovare spazio manifestandosi a sorpresa attraverso apparizioni fugaci nei sogni, oppure in alcuni momenti del tutto imprevedibili, che raramente possono trovare linguaggi “ordinari” per essere condivise.
8) Ancora sul “Social Dreaming”. Simboli, immagini, archetipi: qualche parallelo sulle esperienze di transculturalità a Granada Un’esperienza analoga, altrettanto intensa di emersione spontanea di immagini iconiche, talvolta a contenuto archetipico relative alla spiritualità, accompagnata dalla stessa carica emotiva, è stata trovata da me frequentemente nella conduzione di gruppi trans culturali a Granada, dove le uniche lingue ponte utilizzate sono l’inglese e lo spagnolo. Qui spesso si sperimentano conduzioni miste attraverso l’avventurarsi comune in improbabili lingue meticcie EspanPortoghes-Ital-Anglo-tedesche o quant’altro. Questa sorta di “esperanto linguistico” prende forma e prevale spesso nei contesti internazionali: un ottimo esercizio di umiltà ed un buon antidoto alle fantasie di “egemonia culturale”. Negli spazi ove predominano gli aspetti esperienziali si trascura temporaneamente una “forma” linguistica, che verrà tuttavia recuperata in sedi idonee, quali le stesure delle relazioni scritte, degli articoli e dei testi, dove una particolare 31
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attenzione è dedicata alle sfumature di linguaggio, spesso in grado di offrire sorprese... nuove coloriture e risvolti addirittura intriganti. A Granada, (mi riferisco all’esperienza di oltre dieci anni della IAGP Granada Academy a cadenza annuale) dopo la visita notturna all’Alhambra, luogo di storici scontri-incontri - tra il mondo arabo-mussulmano, cattolico ed ebraico, immagini di spiritualità intense, in grado di superare barriere di opposti integralismi, emergono frequentemente nei sogni. Trovano nel gruppo una profonda condivisione emotiva, talvolta lasciando intravedere spiragli di speranza, su sfondi che serbano testimonianze storiche di sanguinosi massacri. Il linguaggio immaginale, laddove prevalentemente l’accesso alla linguamadre è difficoltoso o addirittura quasi del tutto impossibile, si presenta particolarmente vivido come chiave di accesso alla dimensione relazionale, veicolando talvolta l’incontro e la comunicazione empatica. L’attenzione a quegli echi notturni che la medesima esperienza evoca prendono forma attraverso momenti crepuscolari, quali la Social Dreaming Matrix” e la drammatizzazione dei sogni in gruppo. Come si è detto, durante la Dreaming Matrix non è infrequente che qualcuno torni ad esprimersi nella lingua madre, anche se inusuale e del tutto sconosciuta al contesto: turco, bulgaro, greco, arabo, eccetera. Allora se ne ascoltano comunque gli echi, le suggestioni, le tonalità, l’emozione veicolata. Ho ancora vivo il ricordo di una sera all’Alhambra. Qui dopo scontri, tempeste e malumori nel “large group” a proposito del tema dei linguaggi sacrificati (la maggioranza dei partecipanti, di lingua madre tedesca, seguono loro malgrado la regola anglo-spagnola dei linguaggi ufficiali), nella sala de “das Hermanas” una ragazza tedesca intonò un coro “a bocca chiusa”. Presto tutti si unirono spontaneamente ed il canto risuonò all’unisono nelle amplissime volte “a nido” del salone pacificando almeno temporaneamente gli animi. Poco prima, non conoscendo per nulla l’inglese né lo spagnolo, aveva espresso intensamente la sua rabbia nel “Large group” pomeridiano. Qui il “genius loci” racconta del sangue versato negli scontri tra mussulmani, cristiani ed ebrei, del fulgore della civiltà meticcia araboandalusa, delle lacrime di Boabdil, ultimo sultano costretto a lasciare Granada. Sotto le volte istoriate dei saloni, di fianco agli zampilli d’acqua, affacciato alle finestre rivolte verso l’“Albaicin” e la Sierra Nevada, anni dopo l’americano Washington Irving raccoglieva leggende nei magici e misteriosi Racconti dell’Alhambra, tutt’ora ovunque presenti in tutte le lingue sui banchetti in ogni angolo della città. Nei gruppi, è dato talvolta di incontrare frammenti emozionali di intensità indescrivibile. Sono gli stessi che in termini psicologici si definiscono approssimativamente col termine di “insight”, anche se la parola frequentemente si esten32
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de all’idea di “comprensione razionale”. Sono stati d’animo pronti a dissolversi in modo fulmineo, così come altrettanto rapidamente possono, per qualche istante, rivelare la loro presenza. Se li si cerca o li si attende coscientemente, si nascondono, spariscono dissolvendo ogni traccia, lasciando un senso profondo di frustrazione, delusione, vuoto, sconcerto o addirittura senso del ridicolo attraverso una possibile banalizzazione dell’esperienza. Scherzi della coscienza razionale alla cui consuetudine la dimensione analitica è più che abituata.
9) Tornando a Eranos Ma, tornando ad Eranos, quali possono essere gli elementi fondanti del “nutrimento”di “Eranos, che possiamo tuttora incontrare in un contesto mutato, ai giorni nostri ?” “Nonostante la varietà di approcci e la molteplicità dei temi trattati il filo rosso di settanta anni di Convegni rimase l’interesse per le “strutture archetipiche” sottostanti al fenomeno religioso 8. Ed è questo medesimo interesse alle strutture archetipiche della psiche, indagate attraverso l’approccio teorico nelle relazioni di Eranos, ed attraverso il loro manifestarsi nell’esperienza sotto forma di immagini oniriche ed altre forme espressive, che lega il passato alle esperienze contemporanee, seppure profondamente diverse. Sono ancora gli archetipi, quali espressioni dell’inconscio collettivo, e la loro manifestazione attraverso le immagini che si costellano, a liberare con particolare fluidità ad Eranos, (talvolta, non sempre, potremmo dire junghianamente “deo concedente”) l’energia sopita, intrappolata nei “complessi”, attraverso momenti di “insight”.
10) Conclusione (sempre “in progress”): Eranos tra gruppo e matrice. La magia della biblioteca Torniamo infine agli elementi fondanti che abbiamo visto a proposito della nascita di Eranos ai tempi di Olga Froebe: la spiritualità laica, il contatto oriente-occidente, e l’approccio psicologico all’ascolto. Tutti insieme hanno trovato punti di incontro nelle relazioni teoriche, così come nell’esperienza dell’incontro 33
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e nel processo di individuazione del gruppo stesso ai tempi di Olga Froebe così come ai giorni nostri. Si tratta solo di creare e favorire uno spazio “bianco” di ascolto. Nell’incontro, nell’esperienza di condivisione dei sogni nella Dreaming Matrix potremmo vedere il punto di partenza come l’inizio di un percorso a ritroso. Qui l’inconscio collettivo del gruppo si avvia a trovare una sua via di espressione, attraverso i sogni che si costellano o si ricordano evocati dal contesto, oppure emergono nelle notti successive. Da qui si creano reti relazionali, rapporti, riflessioni, scambi di idee ed infine relazioni teoriche. Analogamente a ciò che avviene nella “matrice”, l’esperienza di Eranos, partendo da un gruppo in grado di salvaguardare i suoi confini ed i suoi spazi, ha acquistato attraverso la divulgazione interculturale dei suoi scritti ed i successivi echi che hanno evocato, il carattere di una “matrice a cielo aperto”. Ricordiamo ancora le parole di Olga Froebe: Rappresentiamo qui un gruppo nel quale un archetipo sta operando per un suo proprio scopo (…). Qualcosa sta usando Eranos come un varco di minore resistenza e sta cercando di esprimersi e di operare attraverso il gruppo di Eranos.
Abbiamo già detto quanto possiamo leggere queste parole con una coscienza scettica e razionale come l’espressione di una mente “inflazionata” che può inquietarci o farci sorrider oppure, più semplicemente, ringraziare ogni forma di presunta inflazione in grado di elargirci suggestioni significative, sogni, riflessioni o fantasie, comunque vie di accesso ai messaggi misteriosi dell’inconscio ed alla inesauribile ricchezza delle sue potenzialità. L’esperienza di incontro attraverso i tempi, nella cornice di Eranos, raccoglie la punta di un iceberg creato dall’intreccio di miriadi di sogni, che il contesto stesso ha creato e fatto vivere attraverso la sua storia.
note 1 R. Bernardini, A. Romano, G. P. Quaglino, Carl Gustav Jung ad Eranos 1933-1952, Antigone, Torino, 2007.
C. G. Jung, Trasformazioni e simboli della libido, “Opere”, Vol. V, Boringhieri, Torino, 1970. 2
C. G. jung, Il processo di individuazione, in Due Saggi sulla psicologia analitica, Opere, Vol. VII, Boringhieri, Torino, 1983. 3
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C. G. Jung, La funzione Trascendente, “Opere, vol VIII, Boringhieri, Torino,1976.
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Olga Froebe, in R. Bernardini, G.P. Quaglino, A. Romano, Op. cit.
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V. Vezzani, Eranos, luce ed ombra, in R. Bernardini, G. P Quaglino, A. Romano, cit.
R. Pani, E. Ronchi, W. Scategni, Sogni e processi conoscitivi dell’Istituzione, Clueb, Bologna, 2006. 7
8 R. Ritsema e S. A. Sabaddini, Eranos e l’“I Ching”, in R. Bernardini, G. P. Quaglino, A. Romano, C. G. Jung ad Eranos. 1933-1952, Antigone ed., Torino, 2007.
Bibliografia -Bermudez J., El Circulo in Psychodrama, in Psychodrama, Teorìa y técnica psicodramàticas, Paidos, Barcelona, 1997. -Bernardini R., Romano A., Quaglino G. P., Carl Gustav Jung ad Eranos 1933-1952, Antigone, Torino, 2007. -Blomquivist D., In Psychodrama since Moreno, Routledge, London, 1994. -Boria G., Psychodramma Classico, Franco Angeli, Milano, 1997. -Eliade M., Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino, 1973. -Gasseau M., Scategni W., Junghian Psychodrama, in C. Baim, J. Burmeister, M. Maciel Advanced Theories in Psychodrama, Routledge, London and New York, 2007. -Hermann Hesse, Das Glasperlenspiel, Fretz e Wasmuth Verlag A G, Zurich, 1943, trad. it. Il gioco delle perle di vetro, Mondadori Editore, 1955. -Hilmann J., Dream and the Underword, Harper & Row, New York, 1979. -Jung C. G., Simboli della trasformazione, “Opere”, Vol V, Boringhieri, Torino 1970. -Jung C.G., Gli archetipi e l’inconscio collettivo, “Opere”, Vol. IX, Boringhieri, Torino 1980. -Pani R., Ronchi E., Scategni W., Sogni e processi conoscitivi dell’istituzione, Clueb, Bologna, 2006. -Shantena - Sabbadini A. - Ritsema R., I Ching, trad. originale, Red, Como, 1996. -Scategni W., Psychodrama, Group Processes and Dreams - Archetypal images of individuation, London and N. York, 2003. -Scategni W., L’eredità di Shaharazade - Appunti di volo tra individuazione e integralismo, Vivarium, Milano, 2007.
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eranos. Sonare d’assieme 1 di Giovanni Sorge Fu lo stesso Rudolf Otto a far notare a Olga Frobe-Kapteyn come il nome “Eranos”, letto inversamente, desse il termine latino ed italiano “sonare”. Sin dal nome dunque, Eranos indica quanto la musica sia intrinseca alla sua natura. Le convergenze tra scienze umane e naturali, e in particolare le ermeneutiche religiose che hanno potuto coniugarsi nell’avventura delle Tagungen asconesi, l’attenzione alle forme culturali dell’uomo ed al suo “essere nel mondo” (Dasein) mediante immagini foriere di senso, ne risvegliano la coscienza orientandola verso dimensioni simboliche rigeneratrici. Un tale risveglio può avvenire grazie al fatto che la parola veritiera “agisce” (wirkt), come scrisse Olga Frobe nella prefazione al simposio del 1934, richiamandosi al senso di responsabilità che il processo psicologico della Bewusstwerdung (divenire coscienti, acquisire consapevolezza) inevitabilmente mette in moto. Nella sua appassionata adesione al pensiero junghiano, l’animatrice olandese interpretava così uno dei motivi portanti della psicoterapia e psicologia analitica, considerando il progredire dei celebri incontri estivi a guisa di processo di individuazione collettivo o per meglio dire comunitario, in direzione di una nuova, più complessa consapevolezza capace di distillare lo studio del passato in una vigile comprensione del presente. Auscultando e interpretando le esigenze profonde del singolo e di un gruppo accomunato da un consimile obiettivo, la parola può configurare nuovi orizzonti di senso. E sfiorare dimensioni dell’anima cui soltanto la musica sa accedere. Alla domanda sovente pòstale “che cos’é Eranos?” non era facile rispondere con una “formula razionale” - confessava Olga Frobe nel 1955 a Daniel Brody, l’editore degli Jahrbücher. Preferiva evocare un’immagine, con un sentimento di dedizione ben noto a quanti d’anno in anno quell’immagine animavano: “Si lasci condurre insieme a me attraverso il giardino, fino a raggiungere la sala, osservi intorno a sé e durante la nostra passeggiata, semplicemente, non mi chieda nulla. Siamo nel mezzo del convegno. Lasciamo ora la grande terrazza dove la tavola rotonda è in attesa dei commensali. Questa tavola è il centro di Eranos, qui avviene quanto di più vitale e fecondo, ossia le conversazioni. Il convito, qui, significa realmente un ricevere da due sfere” 2.
“Guardando la tavola - proseguiva - vedo avvicendarsi in ispirito, una intorno l’altra, le cerchie dei precedenti oratori. Di essi tutto è ancora presente, l’aria tuttora pregna risuona delle loro conversazioni. Sono oltre vent’anni che da ogni 36
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dove giungono sin qui studiosi di svariate discipline. Qui hanno sempre potuto discutere fra loro in piena libertà, come non sarebbe invece possibile nella sala. Qui si trova la massima sfera di libertà e, perciò, il centro di Eranos” 3. Una tale soddisfazione andava di pari passo con la consapevolezza della gravosità di un compito cui Olga Frobe si dedicò con estrema dedizione. Significativamente, attorno alla tavola - la tavola con le vivande che le faceva pensare a talune rappresentazioni di manoscritti medievali - s’inverava ai suoi occhi il senso profondo di Eranos, (un “Eranos per Eros”, come ricorda Kerényi in riferimento al simposio platonico) 4, banchetto sacro ove la parola si dona e valorizza nello scambio reciproco. All’interazione fra singole menti e discipline e soggiaceva un fulcro sovrapersonale, di là dai relatori, inafferrabile e silente, eppure attivo e presente: “È l’energia di quest’idea o immagine originaria che sovente si fa strada attraverso le relazioni e ‘agisce’. Tale immagine originaria, impersonale, sta al centro di Eranos” 5.
Si tratta di una costante, questa, nelle riflessioni di Olga Frobe che derivava dalla percezione di una presenza impalpabile e operante, anche in assenza dei relatori. Ella amava ricordare che Jung, osservando un’immagine della tavola rotonda circondata dalle sedie, vuote, e lambita dai raggi del sole che filtravano attraverso i rami del grande cedro esclamò: “L’Immagine è perfetta. Vi sono tutti” 6. La tavola rotonda, il gong che nella sala annunciava l’inizio e il termine delle relazioni, il monumento dedicato all’ignoto Genius Loci, sono figurazioni cariche di pregnanza simbolica attorno a cui si manifesta il progetto Eranos. Eranos costituì la concretizzazione di un’esigenza sentita intensamente da Olga Frobe sin dai sette anni di “disciplina interiore” durante i quali si dedicò alla meditazione e allo studio dei classici delle tradizioni orientali: l’esigenza alfine di dar vita a uno spazio ove la libertà d’espressione si fondesse con una prassi condivisa volta al superamento delle logiche materialistiche ed eurocentriche e alla ricomposizione delle fratture fra le scienze dell’uomo e della natura. Tentando, al contempo, di contemperare le esigenze del razionale con quelle dell’irrazionale senza che uno dei poli fagocitasse l’altro. La possibilità di un confronto fra prospettive epistemologiche talvolta apparentemente lontane fra loro in vista di un’ermeneutica creativa, poteva realizzarsi anche in virtù di un temenos simbolico; “il giardino di tutte le accademie”, lo definì suggestivamente nel 1955, scevro da ogni limite alla libertà dello spirito e della ricerca 7. Un luogo geografico, dunque, capace di accogliere la permanenza ed il divenire di un oltre-luogo spirituale. 37
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Nella sua storia, Eranos ha dato voce a un incessante proposito di apertura nello scambio interpersonale e interdisciplinare, consolidando così un’“etica del pluralismo”, per riprendere un’asserzione di Gilbert Durand. Del pari, in un’epoca dominata da spersonalizzazione, anonimia e frammentazione, Eranos ha rappresentato non soltanto una preziosa occasione di raccoglimento collegiale, ma anche una peculiare modalità di esperienza rituale, che nel suo periodico rinnovarsi, sviscerando i mitologemi - e le loro logiche recondite - di tradizioni culturali e religiose, fronteggiava l’odierna carenza e decadenza del rito, drammaticamente avvertita da molti dei protagonisti delle Tagungen quali ad esempio C. G. Jung, K. Kerényi, M. Eliade e E. Neumann. Come un direttore d’orchestra Olga Frobe seppe condurre la “sinfonia” di Eranos con sensibile maestria, realizzando così quello che era un sogno della sua infanzia, ma in altra forma, e facendo confluire i lineamenti di una nascente antropologia in un progetto per definizione in divenire, dinamico e in armonia o perlomeno in incessante confronto con ogni forma del sapere. Eranos è infatti agli antipodi dall’intento di fornire un’interpretazione conclusiva del reale, o di stabilire gnoseologie in sé conchiuse. Come Mircea Eliade 8, Olga Frobe amava paragonarlo a una danza che d’anno in anno si ripete, ma con nuovi partecipanti. “Ogni anno variano le figure del gioco e del modello, ma la radice rimane la stessa, come il pedale armonico nella musica. Il variare dei partecipanti sul piano sensibile e il loro radicamento nel profondo dimostrano l’essenza lieta e ad un tempo seria del gioco” 9.
La ricca gamma di sfumature semantiche del termine Spiel, le permetteva - a partire dallo Jahrbuch del 1950 - di associare a Eranos il significato tanto di un “gioco” quanto di una “rappresentazione” o di una “esecuzione musicale”. Con la sua levità, lo Spiel costituiva “il naturale contrappeso al mero intellettualismo” 10 e dava modo agli oratori di improvvisare nella massima libertà, ma richiedeva altresì lo sforzo di coglierne l’intrinseco mistero. A lei rimaneva il compito di “preparare il proscenio” ove avvenivano i convegni. Da questa comunanza spirituale nasceva una Spielgemeinschaft, la quale - teneva a precisare - si costituiva d’anno in anno all’insegna della libera partecipazione. “Il cuore di ciascun relatore è coinvolto nel gioco, non solo nel senso del sentimento, ma piuttosto dell’animico” 11. Era certamente d’accordo uno dei più affezionati “eranarchi”, Henry Corbin, interprete fecondissimo di quella dimensione situata fra mondo terreno e celeste da lui nominata mundus imaginalis, che si chiedeva come mai “da tutte le voci che si sono levate da questo pulpito” potesse risultare “un immenso accordo” anziché “dissonanze irresolubili”. 38
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“La risposta sta in queste due parole: spontaneità e libertà. Perché qui, ad Eranos, non abbiamo mai avuto la preoccupazione di conformarci a un modello precostituito, o a una qualsivoglia ortodossia, perché la nostra unica preoccupazione è stata di andare fino al fondo di noi stessi, fino al fondo di quella verità che, lo sappiamo, non si intravede mai se non in virtù del nostro sforzo, della nostra onestà e dell’apertura del nostro cuore, - grazie dunque a questa libertà e spontaneità tutti insieme noi formiamo certo non un unico suono, ma una polifonia dalle singole voci individualmente differenziate” 12.
L’islamista francese esprimeva un sentire condiviso da molti altri oratori delle Tagungen, altrettanto attivi nella compartecipazione a un’opera germinata dall’impegno di una donna d’eccezione, convinta che il vero mutamento nasca innanzitutto in quel luogo misterioso e dagli inusitati confini che è l’interiorità umana. In uno scritto redatto a meno di un anno dalla sua morte, Olga Frobe annotava: “Così ho percepito il modello di Eranos, come un circolo (Kreis) pari a un mandala. È, per così dire, un’area protetta. (…) Il riecheggiare del gong nel cuore della conferenza è sempre lì, ove ciascun il relatore trova il contatto con il proprio centro. E questo ha una determinata vibrazione (Schwingung) a cui il gong di volta in volta risponde. Non si tratta di una affermazione esagerata, sognante o visionaria, bensì di un dato di fatto (Tatsache) che timidamente tento d’esprimere” 13.
La tenacia, la dedizione e la capacità di farsi interprete di una profonda esigenza del suo tempo animarono Olga Frobe fino all’ultimo. Consapevole di esser chiamata a dirigere un’opera volta a far luce nelle profondità “dell’uomo interiore, delle sue vie e del suo obiettivo”, mantenne allo stesso tempo la persuasione d’essere strumento attivo di un centro che trascendeva ed avrebbe trasceso la sua stessa esistenza, risuonando ancora a lungo nelle generazioni future.
note Ripropongo qui, con lievi modifiche e l’aggiunta dei riferimenti bibliografici, un testo presentato nell’ambito della mostra Eranos. Images of a Mythical Journey into our Times. Ascona, 1930-1988 tenutasi ad Ascona (nelle sedi dell’East West Foundation Centre/AION, Museo Comunale d’Arte Moderna, Monte Verità, Museo Epper e Isole di Brissago) dal 17 giugno al 2 settembre 2006, curata dal sottoscritto, insieme a Riccardo Bernardini, e diretta da Claudio Metzger. Faccio seguito in tal modo al suggerimento di Wilma Scategni, che qui ringrazio, contribuendo al presente volume con un libero scampolo di carattere prettamente evo1
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cativo. Di contro, a chi desiderasse addentrarsi nella storia e nel significato di Eranos segnalo altresì un lavoro di straordinaria ampiezza e rigore (presto disponibile anche in nuova ediz. inglese e italiana): Hans Thomas Hakl, Der verborgene Geist von Eranos. Unbekannte Begegnungen von Wissenschaft und Esoterik. Eine alternative Geistesgeschichte der 20. Jahrhunderts, Scientia Nova, Bretten 2001. 2 “Lassen Sie uns durch den Garten gehen, zum Saal hinüber, schauen Sie sich um, und fragen Sie mich jetzt einfach für die Weile unseres Rundganges nichts. Die Tagung steht in ihrer Mitte. Wir gehen von der grossen Terrasse aus, wo der runde Tisch für die Tafelrunde wartet. Dieser Tisch ist das Zentrum von Eranos, hier geschieht das Allerlebendigste, Zeugendste, die Gespräche. Das Gastmahl bedeutet hier wirklich ein Empfangen aus zwei Bereichen”. (Olga Frobe-Kapteyn, “Ein Brief der Gründerin”, Du. Schweizerische Monatsschrift, vol. 15, n. 4 (aprile 1955), Zurigo, p. 10).
3 “Wenn ich den Tisch betrachte, schaue ich im Geiste Kreis um Kreis von früheren Redner. Es ist alles noch da von ihnen, die Luft ist schwer vom Klang ihrer Gespräche. Seit mehr als zwanzig Jahren kommen die Forscher vieler Gebiete und aus allen Erdteilen hierher. Hier konnten sie stets ungehemmt miteinander sprechen, was so im Saale drüben selbst nicht möglich wäre. Hier ist die höchste Sphäre der Freiheit und darum die Mitte von Eranos” (ibidem).
Karl Kerényi, “Was bedeutet der Name Eranos?”, Du. Schweizerische Monatsschrift, cit., 39-40, 40. 4
5 “Es ist die Energetik dieser Idee oder dieses Urbildes, die oft durch die Vorträge hindurchbricht und ‘wirkt’. Dieses unpersönliche Urbild steht beim Eranos im Zentrum” (Olga Frobe-Kapteyn, “Vorwort” (Frühjahr 1952), Eranos-Jahrbuch 1951/XX (a cura di Olga FrobeKapteyn), Rhein Verlag, Zurigo 1952, 5-7, 6).
“L’Image est parfaite. Ils sont tous là” (in Henry Corbin, “Eranos”, Eranos-Jahrbuch 1956/XXV, Der Mensch und das Schöpferische (a cura di Olga Frobe-Kapteyn), Rhein Verlag, Zurigo 1957, 9-12, 12. 6
“Im Anschluss daran dürfen wir Eranos vielleicht ‘den Garten aller Hochschulen‘ nennen, einen Garten, in dem der Freiheit des Geistes und der Forscher keine Schranken gesetzt werden” (Olga Frobe-Kapteyn, “Vorwort” (Frühjahr 1955), Eranos-Jahrbuch 1954/XXIII (a cura di Olga Frobe-Kapteyn), Rhein Verlag, Zurigo 1955, 5-6, 6). 7
Mircea Eliade, “Les danseurs passent, la danse reste”, Du. Schweizerische Monatsschrift, cit., 60-61. 8
“Die Figuren des Spiels und des Musters sind jedes Jahr anders, aber die Wurzel bleibt sich gleich, wie der Orgelpunkt in der Musik. Die Variationen der Spielfiguren auf der sichtbaren Ebene und ihre Wurzel in der Tiefe ergeben das heiter-ernste Wesen des Spiels” (Olga FrobeKapteyn, “Vorwort” (Januar 1951), Eranos-Jahrbuch 1950/XIX, Mensch und Ritus (a cura di 9
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Olga Frobe-Kapteyn), Rhein Verlag, Zurigo 1951, 5-8, 6). “Das Spiel ist gleichsam das natürliche Gegengewicht dem rein Intellektuellen gegenüber” (ivi, 7). 10
11 “Das Herz eines jeden Redners ist mit im Spiel, nicht nur im Sinne des Gefühls, sondern im Sinne des Seelischen” (ivi, 5).
12 “Comment se fait-il que de toutes les voix qui se sont élevées à ce pupitre, résulte un immense accord, alors que l’on pouvait redouter d’irrésolubles dissonances? La réponse tient en ces deux mots: spontanéité et liberté. Parce qu’ici, a Eranos, nous n’avons jamais en le souci d’être conformes à un modèle déjà donné, le souci d’une orthodoxie quelconque, parce que notre seul souci a été d’aller jusqu’au bout de nous mêmes, jusqu’au bout de cette vérité qui, nous le savons, ne s’entrevoit jamais qu’en fonction de notre effort, de notre probité et de la capacité de notre cœur, - par cette liberté et cette spontanéité donc, nous sommes tous ensemble non pas, certes, un unisson, mais une polyphonie aux voix individuellement différenciées” (Henry Corbin, “Eranos”, cit., 10).
Da una annotazione dattiloscritta di Olga Frobe-Kapteyn datata 15. IV 1961, due pp., Archivio Eranos, Ascona Moscia (orig. tedesco). Si ringrazia la Fondazione Eranos per aver gentilmente permesso di riprodurre tale citazione. 13
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La verità sul monte e in riva al lago di Rossana Dedola 1. Agli inizi degli anni trenta, i maggiori studiosi occidentali di psicologia, filosofia, storia delle religioni, mitologia si incontrarono ad Ascona sulle rive del Lago Maggiore per cercare di comprendere l’Oriente. Avevano così inizio le conferenze di Eranos. Nel giorni della prima conferenza, tutti gli ospiti soggiornarono nell’albergo del Monte Verità. In tal modo l’esperienza di Eranos venne non casualmente a congiungersi con la storia che l’aveva preceduta di qualche anno, quella del Monte Verità. Eranos si svolse infatti principalmente ad Ascona in Casa Gabriella, ma almeno nei primi tempi, si estese sino al Monte Verità. Se ripercorriamo col pensiero tutti gli incontri avvenuti in quel territorio del Ticino così circoscritto, spontaneamente ci si pongono parecchi questiti: che cosa ha spinto negli stessi luoghi i protagonisti di due vicende così diverse? Che cosa ha portato i primi a farne un irrinunciabile punto di incontro e i secondi alla scoperta di un posto cui hanno dato il nome di Monte Verità? All’inizio del secolo scorso, un magnetismo particolare sembrò attirare in Ticino tutta una serie di personaggi che abbandonarono la società in cui vivevano per cercare un nuovo luogo in cui abitare. Ad Ascona erano già arrivati gli anarchici, e vi si erano insediati, non solo il russo Michael Bakunin, ma anche il tedesco Erich Mühsam e Raphael Friedeberg. Solo in seguito arrivarono i veri protagonisti dell’esperienza del Monte Verità. Da un punto di vista geologico questa regione ha veramente un magnetismo cui non è stata trovata ancora una spiegazione scientifica plausibile. Anche la forza di tale fenomeno magnetico, oltre alla bellezza, alla rigogliosità della natura, al clima mite e alla vegetazione subtropicale con i suoi fiori lussureggianti, ha influito sulla decisione dei nuovi abitanti del Monte Verità di farne un “luogo di cura” che influisse sugli umori e sulla salute permettendo una nuova relazione con se stessi e con il mondo. Proprio nel 1900, un gruppo di giovani insofferenti dell’esistenza condotta sino ad allora, si mise alla ricerca di un luogo ideale in cui stabilirsi; a tale scopo giunsero in Ticino Henry Oedenkoven e Ida Hofmann, Jenni, sorella di Ida, Karl Gräser e suo fratello Gustav, chiamato Gusto e a Malesca, sulle sponde del lago Maggiore a duecentocinquanta metri d’altezza con vista sulle isole di Brisago e la valle Maggia, trovarono ciò che stavano cercando: non c’era una strada d’accesso e non vi arrivava l’elettricità, comprarono il primo ettaro di terreno con i soldi di Henri Oedenkoven, e si diedero da fare per dare un nome al luogo in cui insediarsi, furono subito d’accordo: si sarebbe chiamato Monte Verità. 42
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Ma qual era la riforma di vita che gli abitanti del Monte Verità volevano realizzare e che doveva trasformare radicalmente la loro vita? Nell’epoca dei grandi poteri imperialistici, la critica e il rifiuto erano rivolti verso l’Europa guerrafondaia cui opponevano una comunità pacifista che permettesse un ritorno alla natura e ricostruisse un vero legame con la terra e con il cosmo. Non accettando la vita anonima delle grandi città industriali, volevano stabilire un profondo legame con l’anima del luogo, un legame che la società capitalistica, ponendo come unico scopo la produzione di massa e il mercato, aveva spezzato. Il vuoto interiore che avvertivano li spinse a cercare una condizione originaria e a vivere a diretto contatto con la natura; perciò decisero di condurre un’esistenza estremamente autartica facendo ricorso solo a ciò che era strettamente necessario. I giovani abitanti cominciarono a edificare con le proprie mani semplici abitazioni, le cosidette case Luce-Aria, con un cortile nel quale fare bagni di sole; e si misero a fabbricare anche mobili rudimentali; discutevano del ritorno alla natura predicato da Tolstoj, e intanto si dedicavano alla coltivazione della terra per nutrirsi di prodotti naturali e sani, e ben presto si convertirono a una cucina rigidamente vegetariana. Vivevano soprattutto all’aperto: all’aperto facevano i bagni, danzavano, liberi, felici e nudi. Vivevano così alla luce della verità sul monte dell’utopia. Che cosa è stato il Monte Verità? Un “sanatorio naturista”, come lo chiamavano? Una colonia comunista, “etico-social-vegetariana”? O una banda di “balabiott”? La parola, che in dialetto ticinese significa “coloro che danzano nudi”, fu utilizzata dai perplessi abitanti del Ticino che li osservavano da lontano senza capire che su quelle ridenti colline veniva praticato un ideale di vita egualitario all’insegna della salute. Robert Landmann, il biografo del Monte Verità, ha scritto: “L’aria di questo posto è speciale. Insieme alla comune materia prima e ad alcuni elementi soprannaturali, c’è proprio una potente dose di dolce far niente”. 2. Come non è stata ancora data una spiegazione del magnetismo geologico, così anche le domande che ponevo all’unizio non trovano risposta univoca. Un’indagine puramente storica infatti non chiarisce completamente la particolarità dell’esperienza del Monte Verità e ancora meno tale prospettiva serve a spiegare esaustivamente l’esperienza che anni dopo cominciò in quegli stessi luoghi, quella delle Conferenze di Eranos e dello speciale magnetismo che l’ha connotata. Se infatti ci chiediamo quali circostanze storiche abbiano portato alla realizzazione degli incontri di Eranos non riusciamo a raggiungere il centro del problema. Se però rovesciamo la prospettiva chiedendoci non quali eventi culturali e storici abbiano prodotto il fenomeno Eranos, ma quale cultura è stata prodotta 43
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