shining

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MARCO CAROSSO

STANLEY KUBRICK’S SHINING

FALSOPIANO LIGHT


FALSOPIANO

eBOOK

Marco Carosso

STANLEY KUBRICK’S SHINING FALSOPIANO

LIGHT


Ai miei genitori


Un grazie a Maurizia per le attente riletture, a Paolo Calloni e Lorenzo Pignatta per il supporto grafico e a Gabriele Giuliano, Gianluca Terracciano, Elena Boux e Lucio Valente per gli utili consigli. Infine un ringraziamento a Dario Tomasi per aver seguito gli sviluppi del presente studio.


INDICE Introduzione

p. 9

Capitolo Primo

p. 48

La prima inquadratura del film

p. 50

Capitolo Secondo

p. 54

Comparazione sinottica: due testi complementari

Incipit

Specularità narrativa: I due viaggi verso l’Overlook Hotel

Il montaggio al cronometro

p. 15

p. 48

p. 54

p. 58


Interazioni tra i codici nelle due sequenze

p. 60

Messaggi scritti

p. 77

Tensioni dinamiche tra diegesi e messa in scena

Strutturazione sintagmatica

Punteggiatura filmica

I due ingressi di Jack all’interno dell’Overlook Hotel

p. 67

p. 87

p. 93

p. 101

Capitolo Terzo

p. 119

Paesaggi spettrali: ricomposizioni «nello» specchio

p. 122

Isomorfismi dialettici

p. 119


Lyndon Castle/Overlook Hotel

p. 128

Capitolo Quarto

p. 158

Il piano mutante

p. 161

Morte di un ÂŤsistema singolareÂť Ocularizzazione

p. 158 p. 162

Una singolaritĂ duplicata

p. 172

Serie integrale delle vedute del Lyndon Castle e dell'Overlook Hotel

p. 190

Appendice

Il Film

Riferimenti bibliografici

p. 198 p. 201


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INTRODUZIONE

Jack Torrance – il protagonista di The Shining – nel giorno di chiusura dell’Overlook Hotel visita insieme alla moglie Wendy l’appartamento assegnato loro per la custodia invernale del complesso alberghiero. Entrando nel bagno commenta: «Well, it’s very... homey». Il termine homey (intimo, familiare), messo in bocca al protagonista durante la sua prima visita dell’albergo, costituisce una sottile allusione a un saggio di Sigmund Freud del 1919 ovvero Das Unheimliche, tradotto in italiano in Il perturbante 1. Stanley Kubrick in un’intervista concessa a Michel Ciment e dedicata a The Shining 2 sostiene – individuando esplicitamente nel saggio di Freud il referente teorico del film – che il perturbante costituisce l’unica sensazione che si provi con maggior forza nell’arte rispetto alla vita. Freud esplorando il significato che l’evoluzione della lingua ha assegnato al termine heimlich (familiare, domestico, non straniero, che richiama il focolare ecc.) – da heim, casa – rileva: «La parolina heimlich, tra le molteplici sfumature di significato, ne mostra anche una in cui coincide col suo contrario, unheimlich [nascosto, tenuto celato, non familiare]. Ciò che è heimlich diventa allora unheimlich» 3. Questa sorta di aporia – la possibilità che due significati opposti possano costituire accezioni complementari di una stessa parola – rappresenta forse nel modo più appropriato i termini all’interno dei quali si muove il film che ci apprestiamo a studiare. Alla battuta di Jack Torrance citata in apertura ne seguirà più avanti una altrettanto pregnante, ma in un certo modo rovescia9


ta. Quando verso la conclusione della storia Jack, nell’intento di assassinare moglie e figlio rifugiati all’interno dell’appartamento, sfonda la porta di ingresso con un’ascia e infila la testa attraverso il pannello divelto sbotta sarcasticamente: «Wendy, I’m home». Ecco quindi come le due accezioni del termine heimlich trovino nei dialoghi interni al film una degna celebrazione: da una parte l’homey iniziale, all’insegna (almeno apparente) della fiducia, dell’intimità e della quiete domestica, dall’altra l’home finale, celebrazione verbale di un oscuro universo famigliare ormai sotto il dominio della follia e della morte. Freud definisce il perturbante «quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare» 4, una dimensione dunque a noi non aliena: «questo elemento perturbante non è in realtà niente di nuovo o di estraneo, bensì un qualcosa di familiare alla vita psichica fin da tempi antichissimi, che le è diventato estraneo soltanto per via del processo di rimozione» 5. Questo «qualcosa» della vita psichica è riconducibile a una serie di fatti relativi a convinzioni appartenenti ai nostri primitivi antenati (ad es. il pronto adempimento dei propri desideri, il ritorno dei morti, l’onnipotenza dei pensieri) o a complessi infantili (ad es. l’evirazione, le fantasie sul grembo materno). Infatti, «non appena nella nostra esistenza si verifica qualcosa che sembra confermare questi antichi convincimenti ormai deposti, abbiamo il senso del perturbante» 6. Quando però il senso del perturbante si prova in relazione a un oggetto estetico, la situazione si complica. In questo caso le condizioni su cui si fonda il sentimento del perturbante non soddisfano necessariamente i presupposti sopra indicati. Freud 10


infatti scrive: «Quasi tutti gli esempi che contraddicono alle nostre aspettative sono tratti dal regno della finzione, della poesia. Questo è un avvertimento a tracciare una linea di demarcazione tra il perturbante che si esperimenta direttamente e il perturbante che si immagina soltanto, o del quale si legge» 7. In merito all’arte afferma: «Il perturbante della finzione – della fantasia, della poesia – merita d’essere considerato a parte. Anzitutto abbraccia un campo molto più vasto del perturbante che si sperimenta nella vita, comprende questo nella sua totalità e poi altro ancora che non si verifica nel quadro dell’esistenza. [...] vi sono parecchie possibilità nella poesia di raggiungere effetti perturbanti che mancano invece nella vita, tra le molte libertà concesse ai poeti c’è anche quella di scegliersi a loro capriccio il mondo che vogliono rappresentare, in modo che coincida con la realtà a noi consueta oppure se ne allontani in qualche modo. In ogni caso noi li seguiamo» 8. L’autore, in apertura allo scritto, considerando sino a che punto il precedente saggio di Jentsch 9 avesse portato avanti la propria indagine sull’argomento, conclude: «La condizione essenziale perché abbia luogo il sentimento perturbante [Jentsch] l’individua nell’incertezza intellettuale. Il perturbante sarebbe propriamente sempre qualcosa in cui per così dire non ci si raccapezza. Quanto più un uomo è orientato nel mondo circostante, tanto meno facilmente riceverà un’impressione di perturbamento da cose o da eventi» 10. E proprio l’orientamento pare essere il nodo da sciogliere nell’avvicinarci al nostro film. Orientamento non soltanto «logistico» (dunque connesso alla nota impossibilità di definire, da parte dello spettatore, una coerente mappa mentale dei luoghi, o meglio degli spazi, messi in scena nel testo) ma – diremmo – 11


«linguistico»: in The Shining, all’interno dei vari codici specifici (o meno) al linguaggio cinematografico, si sviluppano continui processi di contrapposizione che, come vedremo, in ultima istanza si muovono verso una irrimediabile destabilizzazione dei codici stessi. Processi che tendono a produrre nello spettatore – al di là e attraverso la storia raccontata – un crescente senso di spiazzamento. Il testo nella sua organizzazione appare strutturato in modo da presentare un costante ritorno del già visto (dunque di ciò che dovrebbe essere familiare) sotto spoglie sempre subdolamente rinnovate e più precisamente speculari e dunque modulate. Una specularità che fa del lavoro sui codici il proprio mezzo e della conseguente crisi dell’esperienza spettatoriale – che è prima di tutto una crisi della percezione – il suo obiettivo. Partendo da un approccio analitico che potremmo definire di impianto strutturalista, ci muoveremo attraverso i diversi codici sottoposti dal film a un dialettico processo di continua riscrittura per approdare a una prospettiva che vede nella crisi del metodo adottato l’apertura verso un nuovo orizzonte di analisi. In aderenza con l’impianto circolare che, come vedremo, investe i vari livelli della messa in scena, partiremo dalla comparazione sinottica tra le due edizioni del film, quella per Stati Uniti e Canada – sulla quale successivamente applicheremo la maggior parte delle nostre analisi – e quella per i restanti paesi e dunque l’Europa, in modo da far emergere sin dall’inizio come ci si trovi di fronte a un’opera già contemporanea nel suo impianto multiforme e dialettico: «Kubrick affronta direttamente, senza mediazioni, la modalità della performance, dell’installazione, nucleo estetico cardinale dell’arte contemporanea» 11. Nel primo capitolo, attraverso un’analisi dell’incipit, valute12


remo come sin dalla prima unità minima del discorso filmico – il primo singolo piano – venga sintetizzato il nucleo teorico e stilistico che attraversa tutto il film; nel secondo capitolo prenderemo in considerazione come la dialettica speculare si articoli attraverso i codici isolando una specifica situazione narrativa, quella del viaggio; nel terzo visiteremo aspetti maggiormente legati alla dimensione iconica. Infine, nel quarto e ultimo capitolo, esaminando l’aspetto duale del testo considerato, ritorneremo all’inizio del nostro lavoro e, attraverso l’osservazione dei processi di articolazione interni a un codice in qualche modo esemplare e una riflessione sulle analisi applicabili a segmenti narrativi corrispondenti nelle due edizioni, evidenzieremo come esso sia sottoposto a processi di riscrittura talmente marcati da far vacillare insieme alla duplicità che sta alla base del testo considerato (le due edizioni) il conseguente approccio analitico adottato. Arriveremo dunque a rilevare come la visione di The Shining si configuri non solo come un viaggio all’interno di un universo diegetico allucinato e speculare ma anche – oltre la dimensione figurativa – come pura esperienza caleidoscopica.

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Note

Sigmund Freud, Il perturbante, in Saggi sull’arte, la letteratura, il linguaggio, Bollati Boringhieri, Torino 2004, p. 267-307. 1

Michel Ciment, Kubrick (Edizione definitiva), Rizzoli, Milano 1999, p. 200.

2

3 4 5 6 7 8

Sigmund Freud, Il perturbante, cit., p. 275. Ivi, p. 270. Ivi, p. 294. Ivi, p. 301.

Ivi, p. 300-301. Ivi, p. 303-304.

Ernest Jentsch, Zur Psycologie des Unheimlichen, Psychiat.-neurol. Wschr., vol. 8, 195 (1906). 9

10

Sigmund Freud, Il perturbante, cit., p. 270-271.

Flavio De Bernardinis, L’immagine secondo Kubrick, Lindau, Torino 2003, p. 91. 11

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Comparazione sinottica: due testi complementari

Il 3 maggio 1980, in occasione dell’anteprima statunitense, il film presentava un’edizione della durata di 146 minuti. In vista dell’uscita nazionale (13 giugno 1980) il regista è intervenuto sul testo e ha escluso gli ultimi due minuti di montaggio costituiti da un epilogo nel quale Ullman, il direttore dell’albergo, fa visita a Wendy e Danny ricoverati in ospedale comunicando il mancato ritrovamento del corpo di Jack e consegnando al bambino la fantomatica palla da tennis giunta dal nulla mentre giocava tra i corridoi dell’Overlook Hotel 1. Per la distribuzione europea l’autore ha replicato il suo intervento presentando un’edizione dalla durata di 120 minuti. La comparazione sinottica che segue introduce un confronto tra le edizioni definitive del film: quella americana e la ben nota europea, rispettivamente della durata di 144 e 120 minuti (144 e 114 minuti su supporto DVD) 2. Per una maggiore chiarezza le sequenze e le singole inquadrature presenti esclusivamente nel montaggio USA sono illustrate in corsivo. Rispetto alla versione americana, quella europea annovera molti tagli. Non si tratta solo della rimozione di episodi narrativi compiuti ma – principalmente – dell’esclusione di singoli piani o di loro parti e delle eventuali relative battute di dialogo: qui ne verranno riportate soltanto alcune. Abbiamo deciso di adottare il criterio di suddivisione proposto da Giorgio Cremonini nel suo studio sull’edizione europea del film 3. È rispettata la scansione imposta dalle didascalie: molte delle unità da esse individuate sono suddivise in sottosequenze. 15


SEQUENZA 1 (2’48’’) Le immagini mostrano la corsa di un maggiolino giallo Volkswagen su una strada di montagna, in un paesaggio austero, dominato dalla natura, sino al suo arrivo presso un imponente complesso alberghiero. Scorrono i titoli di testa.

SEQUENZA 2 (14’38’’–7’12’’) 4 Didascalia 5: THE INTERVIEW (IL COLLOQUIO) 2.1 Al suo primo ingresso nell’Overlook Hotel Jack Torrance viene ricevuto dal direttore Ullman e dalla sua segretaria. 2.2 A casa di Jack, la moglie Wendy e il figlio Danny guardando la tv parlano del loro probabile trasferimento invernale presso l’hotel. Danny esprime una certa incertezza all’idea del soggiorno. Tony, il suo «compagno immaginario», esterna attraverso la voce di Danny una posizione più radicale: lui non vuole andarci. Nel montaggio americano, in un ulteriore piano conclusivo Wendy rivolgendosi a Danny (e Tony) dice «Let’s just wait and see. We’re all gonna have a real good time». 2.3 Nel montaggio americano l’episodio si apre su Ullman che, nel proprio ufficio, presenta a Jack il suo assistente Bill Watson. Watson viene informato dell’intenzione di Jack di occuparsi della custodia invernale dell’hotel («Jack is going to take care of the Overlook for this winter»). Jack è uno scrittore che si è dedicato all’insegnamento per sbarcare il lunario ed è in cerca di un cambiamento («I’m a writer um... Teaching has been more or less a way of making ends meet [...] Well, I’m looking for a change»). Ullman informa Watson sul fatto che Jack è stato racco16


mandato dai «loro» di Denver («Our people in Denver recommended Jack very highly, and, for once, I agree with them») 6. Ullman, presentando il tipo di impiego richiesto, spiega a Jack che non si tratta di un lavoro particolarmente pesante, l’unico problema potrebbe essere costituito da un forte senso di isolamento invernale («Physically, it’s not a very demanding job. The only thing that can get a bit trying up here during the winter is eh... the tremendous sense of isolation»). Jack lo rassicura in quanto è in procinto di partorire un romanzo e dunque l’isolamento non potrà che giovargli. Ullman si sente comunque in dovere di informarlo sulla tragedia avvenuta nell’inverno 1970: l’allora custode Charles Grady 7 impazzì e uccise con l’accetta la moglie e le due figlie di otto o dieci anni («He came up here with his wife and two little girls of about eight or ten»). Jack pare affascinato dal racconto e rassicura il direttore («Well, you can rest assured Mr. Ullman, that’s not going to happen with me, and eg as far as my wife is concerned, I am sure she’ll be absolutely fascinated when I tell her about it. She’s a confirmed ghost story and horror film addict»). 2.4 Danny, nel bagno di casa, parlando allo specchio si rivolge a Tony il quale annuncia che Jack ha accettato l’incarico e sta per chiamare per darne la notizia. Suona il telefono. Wendy risponde. È Jack che la informa di aver ottenuto il lavoro. Danny chiede a Tony per quale motivo non voglia trasferirsi all’albergo. Seguono immagini che mostrano una cascata di sangue sgorgare dalle porte di un ascensore, due bambine, «forse» due gemelle, che si tengono per mano e il viso dello stesso Danny stravolto dal terrore. Il sangue sgorgato dagli ascensori arriva a oscurare la macchina da presa. 17


2.5 8 Danny, in seguito al tracollo causato dalle prime «visioni», viene visitato nella sua cameretta da una dottoressa. Durante la visita, nella quale si parla di Tony, il piccolo mostra qualche avversione verso le domande postegli. In seguito Wendy e la dottoressa si spostano in soggiorno e discutono della situazione. La dottoressa tranquillizza Wendy, afferma che questi episodi non sono così rari a quell’età e sostiene che probabilmente non avranno seguito. Chiede inoltre a Wendy se la comparsa di Tony sia coincisa con il loro arrivo a Boulder di tre mesi precedente («Did Tony’s first appearance happen to coincide with your arrival here?»). Wendy risponde che la sua comparsa è precedente, risale al periodo in cui Danny frequentava la Nursery School, precisamente quando subì un incidente: Jack, che al tempo beveva, tornato a casa da lavoro in ritardo, aveva trovato Danny che buttava all’aria alcuni incartamenti scolastici e lo aveva strattonato da un braccio per allontanarlo dai fogli ma, a causa di un eccesso di forza, aveva slogato la spalla al piccolo. Secondo la moglie era stato un semplice incidente («Well it’s just one of those things. You know... purely an accident, um. My husband had oh... been drinking, and he came home about three hours late, so he wasn’t exactly in the greatest mood that night. And well Danny had scattered some of his school papers all over the room... and my husband grabbed his arm, you know, and pulled him away from them. It’s... it’s just the sort of thing you do a hundred times with a child – you know, in a park or on the streets – but on this particular occasion my husband just... used too much strength and he injured Danny’s arm»). Da allora Jack ha smesso definitivamente di bere 9. 18


SEQUENZA 3 (16’30’’–12’29’’) Didascalia: CLOSING DAY (CHIUSURA INVERNALE) 3.1 Come nella prima sequenza, le immagini mostrano il maggiolino in corsa lungo una strada di montagna. Al suo interno Jack, Wendy e Danny, approssimandosi all’hotel, parlano di varie cose. Danny ha fame, il discorso cade sulla tragica spedizione Donner, noto episodio cannibalistico. Wendy domanda se sia avvenuto nella zona nella quale si trovano («Hey, wasn’t it around here that the Donner party got snowbound?») e Jack risponde che dovrebbe essere avvenuto «un po’ più in là», verso le Sierras («I think that was farther west in the Sierras»). Danny, apprendendo che si sta parlando di un caso di cannibalismo, tranquillizza la madre: sa tutto sui cannibali, ha visto la serie in tv («Don’t worry, Mom. I know all about cannabilism, I saw it on T.V.») e Jack come a ridondarne l’affermazione: «See, it’s okay. He saw it all on the television». 3.2 Ullman, dopo aver raggiunto Jack nella hall dell’hotel, accompagna lo scrittore e la moglie in un tour dell’albergo. Visitano la Colorado Lounge. Wendy la trova fantastica («ULLMAN: This is our Colorado Lounge. WENDY: Oh, it’s beautiful. (to Jack) My God, this place is fantastic, isn’t it hon? JACK: Sure is»). La gran parte dell’inquadratura in questione viene tagliata nel montaggio europeo: («WENDY: God, I’ve never seen anything like this before. Are all of these Indian designs authentic? ULLMAN: Yes, I believe they are based mainly on Navajo and Apache motifs. WENDY: Oh well they’re really gorgeous. As a matter of fact this is probably the most gorgeous hotel I’ve ever seen. ULLMAN: Oh this old place has had an illustrious past. In its heyday it was one of the stopping places for the jet set, even before anybody knew what a jet set was. We’ve had four 19


presidents who stayed here, lots of movie stars. WENDY: Royalty? ULLMAN: All the best people»). Danny – mentre si trova solo nella stanza dei giochi dell’albergo – ha una seconda visione delle due gemelle, la prima all’interno dell’Overlook Hotel. Ullman, Jack e Wendy stanno ora visitando l’appartamento loro assegnato per l’inverno. Nella versione USA la seconda inquadratura dell’episodio in questione prosegue mostrando Jack che entra con la moglie nel bagno e qualifica l’ambiente come «familiare» («Well, it’s very... homey», fig. 1).

Figura 1

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Il piano seguente mostra Ullman, Jack, Wendy e Watson in marcia davanti all’ingresso del labirinto di siepi, si parla del fascino che esso emana («ULLMAN: This is our famous hedge maze. It’s quite an attraction around here. The walls are thirteen feet high and the hedges are about as old as the hotel itself. It’s a lot of fun, but I wouldn’t go in there unless I had an hour to spare to find my way out). Il piano in questione, a questo punto, prosegue in comune con la versione europea. Wendy domanda quando sia stato costruito l’albergo. Ullman risponde che è stato iniziato nel 1907 e concluso nel 1909, probabilmente edificato su un vecchio cimitero indiano. Davanti ai garage viene illustrato il funzionamento del gatto delle nevi. Segue, nella versione americana, la visita alla Gold Ballroom. Si parla del suo recente restauro («ULLMAN: As a matter of fact we eh... brought a decorator in from Chicago just last year to refurbish this part of the hotel. WENDY: Oh well he sure did a beautiful job. Pink and gold are my favorite colors»). Arriva il capo cuoco Dick Halloran e, poco dopo, si aggiunge al gruppo Danny accompagnato da Susie, la segretaria di Ullman. Ullman propone a Halloran di accompagnare la signora Torrance nella visita delle cucine mentre lui prosegue con Jack 10. 3.3 La versione americana mostra un piano nel quale il capo cuoco Halloran entrando nelle cucine con Wendy e Danny domanda alla donna quale sia il suo soprannome («HALLORAN: Mrs. Torrance, your husband introduced you as Winifred. Now are you a Winnie or a Freddie? WENDY: I’m a Wendy. HALLORAN: Oh Wendy. That’s nice. That’s the prettiest»). 21


Da questo punto la sezione rimanente del piano è in comune con la versione europea, il dialogo tra Wendy, Halloran e Danny prosegue, si scherza sulla struttura enorme e labirintica delle cucine («WENDY: God. This is the kitchen, huh? HALLORAN: Yeah, this is it. How do you like it, Danny? Is it big enough for you? DANNY: Yeah, it’s the biggest place I’ve ever seen. WENDY: Yeah. This whole place is such an enormous maze, I feel I’ll have to leave a trail of breadcrumbs every time I come in»). Si visita la cella frigorifera. Qui Halloran, chiedendo a Danny se gli piaccia l’agnello, lo chiama «Doc» («Do you like lamb, Doc?»). Uscendo dalla cella Wendy domanda inquieta come il capo cuoco possa sapere che il soprannome di Danny sia effettivamente Doc. Halloran ipotizza di averlo sentito pronunciare dai genitori ma Wendy, poco convinta, afferma di non ricordare di aver chiamato il figlio Doc in sua presenza («WENDY: Well, it’s possible, but I honestly don’t remember calling him that since we’ve been with you»). Entrano quindi nella dispensa. Qui Halloran, mentre illustra a Wendy i vari generi alimentari conservati, domanda «telepaticamente» 11 a Danny se ha voglia di gelato («How’d you like some ice cream, Doc?»). Danny rimane a osservarlo sbalordito. All’uscita dalla dispensa tutti si ritrovano. Halloran chiede a Wendy se può offrire un gelato a Danny. Mentre i coniugi Torrance concludono la visita, nelle cucine Halloran – seduto a un tavolo con Danny e il suo gelato – domanda al bambino se ha idea del motivo per il quale egli conosce il suo soprannome. Gli spiega che entrambi possiedono lo Shining, la «luccicanza», la capacità di comunicare senza aprir bocca. Danny è silenzioso. Halloran gli domanda per quale motivo sia così titubante nel parlargli del potere che possiedono entrambi. Danny 22


risponde che Tony, il piccolo bambino che «sta nella sua bocca» («Tony’s the little boy who lives in my mouth») non vuole che se ne parli. Halloran domanda se sia Tony a impersonare la luccicanza («Is Tony the one that tells you things?») e Danny risponde affermativamente. Il cuoco, continuando, domanda se Tony gli abbia detto qualcosa a proposito dell’Overlook Hotel («Has Tony ever told you anything about this place? About the Overlook Hotel?») ma Danny non sa. Halloran insiste, lo invita a pensarci bene («Now think real hard, Doc. Think.»). A questo punto, nel montaggio USA, l’inquadratura in questione prosegue e viene seguita da altre due totalmente inedite e da una quarta ripresa nella sua parte conclusiva dal montaggio europeo. Danny ritorna sulle sue affermazioni e sostiene che qualcosa gli è stato mostrato riguardo all’Overlook Hotel, poi domanda a Halloran se per caso abbia paura del luogo («DANNY: Maybe he showed me something. HALLORAN: Try to think what it was. DANNY: Mr. Halloran, are you scared of this place? HALLORAN: No, I’m scared of nothing here. It’s just that you know some places are like people, some shine and some don’t. I guess you could say the Overlook Hotel here has something about it that’s like shining»). Ora, in comune con il montaggio europeo, Danny domanda se nell’edificio ci sia qualcosa di malefico. Halloran spiega che chi è dotato dello shining ha la possibilità di percepire le tracce di alcuni fatti passati avvenuti in un luogo, così come può prevederne i futuri, e afferma che proprio all’Overlook Hotel, attraverso gli anni, sono successe cose «non proprio giuste». Danny incalzando Halloran gli chiede informazioni riguardo la stanza 23


237 («What about Room 237?»), il capo cuoco, interdetto, risponde che nella stanza 237 non c’è niente ma che lui deve assolutamente starne alla larga («Nothing. There ain’t nothing in Room 237, but you ain’t got no business going in there anyway, so stay out! You understand, stay out!»).

SEQUENZA 4 (6’18’’–4’43’’) Didascalia: A MONTH LATER (UN MESE DOPO) Nel montaggio americano, il piano di apertura mostra Wendy, prima attraverso un corridoio poi lungo la hall, che spinge un carrello da vivande. Segue un piano che mostra Danny sul suo triciclo attraverso un corridoio di servizio. Dopo pochi istanti l’inquadratura – ora in comune con il montaggio europeo – prosegue sul piccolo che continua la sua corsa entrando nella Colorado Lounge. Wendy entra all’interno dell’appartamento con il carrello per offrire la colazione a Jack che sta ancora dormendo. Parlano dei loro impegni per la giornata. Jack vorrebbe scrivere un pò, anche se non ha nessuna idea buona. Nella versione americana l’ultimo piano comune dell’episodio prosegue sul dialogo tra i coniugi riguardante il loro felice soggiorno presso l’albergo («WENDY: It’s really nice up here, isn’t it? JACK: I love it. I really do. I’ve never been this happy, or comfortable anywhere»). Seguono due inquadrature. Nella prima Wendy si stupisce di come sia risultato facile ambientarsi («WENDY: Yeah. It’s amazing how fast you get used to such a big place. I tell you, when we first came up here, I thought it was kinda scarey»). Nella seconda Jack afferma di aver vissuto una sorta di «Déjà-vu» quando si è recato per la prima volta all’albergo («JACK: I fell in love with it right away. When I came up here from my interview, it was as though I had been 24


here before. We... we all have moments of déjà vu, but this was ridiculous. It was almost as though I knew what was going to be around every corner. Ooohhhhh...»). Ora in comune con la versione europea le immagini mostrano Jack frustrato che, non riuscendo a scrivere, lancia una palla da tennis contro le pareti della Colorado Lounge. Nel montaggio americano si presenta un piano aggiuntivo che mostra Jack di spalle mentre lancia la palla contro la parete (fig. 2). Intanto Wendy e Danny visitano – perdendosi al suo interno – il labirinto di siepi adiacente l’albergo. Jack, continuando a giocare istericamente con la palla, si ferma a osservare il modello in scala del labirinto. Immediatamente dopo vediamo madre e figlio che passeggiano ormai al centro del dedalo.

Figura 2

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FALSOPIANO

LIGHT

è una collana diretta da Roy Menarini

Š Edizioni Falsopiano - 2008 via Baggiolini, 3

15100 - ALESSANDRIA

http://www.falsopiano.com Per le immagini, copyright dei relativi detentori Progetto grafico e impaginazione: Falsopiano


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