tourneur

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FALSOPIANO

CINEMA


Francesco Ballo

JACQUES TOURNEUR LA TRILOGIA DEL FANTASTICO

EDIZIONI

FALSOPIANO


Ringraziamenti Per prima desidero ringraziare Paola Boioli per la preziosa e instancabile collaborazione e per l’aiuto determinante durante tutte le fasi della stesura, dell’organizzazione e della messa a punto di questo libro. Paolo Darra, che ha curato con me la realizzazione dei fotogrammi. Francesca Cinquini, per le affinità tourneuriane. Raffaella Citterio (per la puntuale collaborazione). Micol Roubini e Maria Cecilia Curti per la cura nelle traduzioni. E per i decisivi consigli Piero Quaglino, Carlo Gaberscek, Riccardo Bianchi, Luca Mosso, Massimiliano Tappari, Mattia Matteucci, Antonio Rubini, Vittorio Martinelli, Livio Jacob e la Cineteca del Friuli, Andrea Battaglini, Ermanno e Francesco Margstahler, Massimo Lastrucci, Clara Bonfiglio, Mauro Gervasini, Guido Dilillo. E ringrazio Elena Vitarelli, Alessandra Rosso, Veronica Cerri, Isabella Fumagalli, Massimiliano Aliberti, Sara Donati.

© Edizioni Falsopiano - 2007 via Baggiolini, 3 15100 - ALESSANDRIA http://www.falsopiano.com Per le immagini, copyright dei relativi detentori Progetto grafico e impaginazione: Daniele Allegri - Falsopiano Stampa: Impressioni Grafiche S.C.S. a r.l. - Acqui Terme Prima edizione - Dicembre 2007


INDICE

Ho camminato con Jacques Tourneur ovvero il controcampo nero

p. 7

Conversando con Jacques Tourneur

p. 29

Cenni biografici

Definizioni per la lettura delle analisi delle sequenze Prima di ripercorrendo i tre film

p. 26

p. 49

p. 59

Ripercorrendo Cat People

p. 61

Ripercorrendo The Leopard Man

p. 307

Ripercorrendo I Walked with a Zombie

Filmografia

Note bibliografiche

p. 195

p. 435 p. 461


Jacques Tourneur


HO CAMMINATO CON JACQUES TOURNEUR OVVERO IL CONTROCAMPO NERO Ho paura del buio della notte. Mi vengono strani pensieri. Questo libro è stato pensato come una rivisitazione sistematica dei tre film di Tourneur prodotti da Val Lewton per la RKO. Quindi, cronologicamente: Cat People (Il bacio della pantera) del 1942, I Walked with a Zombie (Ho camminato con uno zombi) del 1943 e The Leopard Man (L’uomo leopardo) del 1943. Ho approfondito con analisi critica e découpage (riscrittura delle inquadrature del film) alcune sequenze determinanti per comprendere il linguaggio di Tourneur. Scandendo il film sequenza per sequenza ho voluto ripresentare (talvolta senza l’apporto dei fotogrammi) lo sviluppo della sequenza stessa. Ho contato tutte le inquadrature dei tre film. Proporre questi film di Jacques Tourneur è un po’ come voler verificare il piacere di fare film, come succedeva una volta, negli anni del muto e in quelli successivi, proprio negli anni Quaranta, quando era più viva quella tendenza cinematografica che permeava e avvolgeva i film nell’atmosfera e negli spazi noir. Neri notturni oltre ogni genere, come questi tre fantastici capolavori di Tourneur. Rivedendoli, riesaminandoli e analizzandoli, si scoprono la forma del film, il metodo di regia, lo stile di montaggio, la direzione degli attori e soprattutto il piacere di fare film che possedeva Tourneur. Un piacere profondo, legato proprio al linguaggio cinematografico che lui inventava e rimontava in ogni scena. Lezioni di regia assoluta. Puri meccanismi della percezione… Tourneur stesso confida: «…Elemento fondamentale è l’illuminazione del set. Nei miei film horror volevo che tutti gli uomini fossero vestiti in blu e nero, tutte le donne in nero e le scenografie quasi nere. L’ effetto è allora sbalorditivo. Si ha l’impressione che i corpi galleggino nelle tenebre» 1. Il suo cinema è fatto di tocchi personali, assoluti, anticlassici, propriamente tourneuriani. Questo libro cerca di mettere in evidenza le qualità stilistiche dell’autore Jacques Tourneur, che diviene quindi modello centrale per comprendere il linguaggio cinematografico. Vedere e rivedere i film di Tourneur. Impararli quasi a memoria. Riscoprirne il metodo di regia, i raccordi di montaggio. Solo partendo dal testo-film si può fare critica. Altrimenti si resta in superficie. Anche e soprattutto per quel che concerne il cinema hollywoodiano di fiction, e ancor più i B-movies, come questi tre film fantastici di Jacques Tourneur. Perché scrivere rivedendo il film quasi con maniacale ossessione, stacco dopo stacco, sequenze attraverso dissolvenze, conduce alle scelte più segrete e difficili dell’autore. Non un découpage completo del film (come avviene nel mio libro Buster Keaton. One Week), ma un’analisi rivisitata di alcune sequenze per una visione approfondita dei film. Nei suoi film horror e western Tourneur accenna e non mette in scena l’azione nella sua espressione violenta. Solo in alcuni noir compare l’azione esemplare, ma sempre vista nello sguardo sull’altro (Out of the Past - Le catene della colpa) del 1947: omicidio di Fisher attuato da Kathie davanti a Jeff impotente; Nightfall (L’alibi sotto la neve) del 1956: la tortura e poi la morte finale sul gatto delle nevi). Per primi mi colpirono Cat People, Out of the Past e The Flame and the Arrow (La leggenda dell’arciere di fuoco, 1950). 8


Tutti film visti al cinema nell’epoca della mia prima cinefilia. Out of the Past sarebbe rimasto come una pietra miliare nella mia cineteca di film da vedere e rivedere; da inserire nei contesti noir, d’azione-hard boiled, ma soprattutto nella strategia dell’amour fou più sfrenato. Bob Mitchum a Bridgeport lo rivedo più tardi. Durante il primo viaggio tra le location nel South West degli Stati Uniti, insieme con Carlo Gaberscek, nel 1992, dopo una cocente giornata trascorsa tra le antiche case di Bodie, ghost town, sopra il Mono Lake di High Plains Drifter (Lo straniero senza nome) del 1973 di Clint Eastwood, oltre Lee Vining, ci inoltriamo in auto per mangiare qualcosa, vedendo in lontananza il cartello stradale di Bridgeport. Subito mi sento attraversare dai titoli di testa di Out of the Past. Il ritorno del passato tourneuriano emerge fantastico in tutta la sua potenza, con un nuovo cameracar che vivo intenso. È lì. Vedo Bob Mitchum benzinaio, il ragazzo sordomuto, e poi il bar e le nuvole che parlano. E Jacques Tourneur e Nicholas Musuraca di nuovo che provano le luci e che riprendono gli esterni. E lei, Jane Greer, che aspetta lì dietro la casa. In fondo, per riportarmi indietro… Jacques Tourneur, autore di spazi irreali, prettamente cinematografici. Una memoria diversa. Memoria mentale di sapori e atmosfere che possono riportarti a un’Europa ricantata secondo note musicali proprie e personali. Wichita (Wichita, 1955) al cinema. Schermo largo che si consuma malamente durante le rivisitazioni televisive.

Il controcampo nero di Jacques Tourneur

L’emozione che suscita il rapporto costruito dal montaggio tra un Primo Piano di una delle protagoniste femminili e il relativo controcampo nero (quasi sempre in soggettiva) nasce da elementi di assoluta qualità stilistica cinematografica. I film di Tourneur ai quali mi riferisco sono i tre capolavori degli anni Quaranta: Cat People del 1942, I Walked with a Zombie del 1943 e The Leopard Man del 1943. Questi tre film vengono solitamente considerati dentro il genere horror mentre spaziano invece oltre l’atmosfera profonda del noir nel fantastico più puro. Opere inventate nell’ambito del cinema commerciale (per la casa di produzione RKO per la quale lavora proprio in quegli anni il grande produttore e sperimentatore Val Lewton) che tuttavia risultano assolutamente innovative nell’architettura di un linguaggio filmico che si spinge al di là degli schemi rigidi delle convenzioni di un genere. Jacques Tourneur appartiene alla ristretta cerchia di registi nelle cui opere è sempre riscontrabile la propria inossidabile certezza di essere autore. L’idea di cinema di Jacques Tourneur non vive soltanto del contenuto del soggetto, ma vive più profondamente attraverso rapporti di immagini dove la tensione, l’angoscia, il costante sentimento di paura, di malinconia e di solitudine riescono a permeare ed comunicare le personalità agenti in campo. Il linguaggio cinematografico di Tourneur riesce a rendere semplice e funzionale una situazione spinta ai limiti della follia, calata in un’atmosfera cupa e misteriosa, in un pathos profondamente complesso, dove le sembianze del vivere quotidiano sono fuori da ogni possibile schema della norma vigente, strutturate in un corpo deviante. Eppure in questi tre film di Tourneur si respira un’aria che sembra familiare, normale. I toni e i timbri dello spazio ripreso sono essenziali, per nulla calligrafici o meramente descrittivi, né accademici o retorici, ma fondati sulla funzionalità primaria di una messa in scena costruita per quello che il regista vuole comunicare. Lo shock e l’urlo fanno parte delle emozioni quotidiane: è la devianza infatti che è quotidiana e non la norma. Queste opere di Tourneur ruotano, filtrate attraverso i contrasti di luce e di ombre, ai 9


margini e anche all’interno di personalità esistenziali che si perdono o che più esplicitamente non riescono a realizzare i propri desideri, inconsci o evidenti. Spiccano in questi tre film alcune figure femminili in apparenza forti e determinate, ma, dentro e dietro la visione esteriore, permeate di una sostanza che va perdendosi e che le fa perdere. Un mistero che si può rivelare o che invece resta mistero (la morte di Irena-Simone Simon in Cat People, la duplice morte nell’oceano di Jessica e Wesley in I Walked with a Zombie e le morti delle giovani donne in The Leopard Man). Lo spettatore è partecipe di un cauchemar, di un’angoscia attanagliante ed esistenziale, che lo sorprende attraverso la rivisitazione di quella specie di diario formato dalle azioni delle protagoniste femminili. Soprattutto in Cat People, l’uomo è come se fosse assente: una presenza impossibilitata a intervenire. Quello di Tourneur allora è proprio un cinema al femminile, dove è la donna la protagonista assoluta, sia in Cat People (dove rifulge la figura di Irena e dove Alice è la sua antitesi), sia in I Walked with the Zombie (dove di fianco alla protagonista Betsy vi è l’universo assente di Jessica e quello potente di Mrs Rand), sia in The Leopard Man (con Kiki Walker e le tre giovani donne uccise). Il volto di Irena che guarda deviante e dannata, il volto di Teresita, di Consuelo, di Clo Clo, o l’inespressiva immobilità permanente e catatonica di Jessica o lo sguardo che si perde di Wesley, o quello interrogativo del dottor Holden (Night of the Demon 2 – La notte del demonio, 1957), o quelli già decisamente e irrimediabilmente melanconici e perdenti di Jeff e Kathie (Out of the Past), non sono forse la dimostrazione che Tourneur è un autore totale, che esprime il suo modo di dissentire da quelle strade maestre così sicure e rassicuranti e che trasporta chi lo segue (guarda e osserva) nei meandri più inesplorati dell’altro percorso umano, quello della paura da cui non si torna? Controcampo nero. Controcampo sul nulla. Crede di vedere ma non riesce. Fugge nel buio. Controcampo nero. Oggetto dello sguardo. Contrappunti di luce e buio. Ritmi sospesi. Cadenze sul fortissimo. Sospensione dell’azione. Controcampo nero. Mutazione particolare. Leopard Man. Assenza totale. Controcampo sul nulla. Cat Woman. Controcampo nero. Tourneur parla di fantastico e di soprannaturale, oltre la natura fisica. Qualcosa di altrove. Nelle nostre menti. Quel che colpisce è la fisicità della paura che riesce a provocare. Paura del nulla. Dell’assenza. Del vuoto che si deve riempire. Le luci e le ombre nella piscina ricolma di terrore per Alice che galleggia nell’acqua, sul vuoto della piscina (Cat People). Ma lei sente, avverte l’altro/a proprio perché riempie la mente – lo spazio che la mente percepisce – di presenza negativa, a lei opposta. Segnali di un vuoto che va riempiendosi e si satura solo di segni – non il mostro, ma solo punti d’ombra - fino all’urlo di Alice. O l’angoscia tutta velata, quasi nascosta, delle non azioni della moglie Jessica che cerca di andare, di progredire, di proseguire per il percorso che sente dettatole dal rito voodoo (I Walked with a Zombie). Il cinema di Tourneur, proprio perché sembra mettere in scena il nero, il mistero, la tensione esistenziale, è costruito sulla luce e sul rumore. Luce tourneuriana. Di candela. Di abat-jour. Luce che fa unire le personalità in gioco. Luce esistenziale perché diversa sia dall’espressionismo tedesco sia dalle tinte noir (quali Hathaway, Mann, Lewis). Una luce che si posa solo su alcuni elementi, lasciandoli emergere lentamente quasi di riflesso (quasi a rispecchiare). Non bagliori violenti. Luci fioche. Luci indirette. È così, anche nelle scene più coinvolgenti in esterni (il pedinamento-fuga-rincorsa in Cat People, l’andata all’Houmfort e la sequenza della morte nell’oceano in I Walked with a Zombie, la sequenza dell’uccisione di Clo Clo in The Leopard Man), e anche in Out of the Past, Berlin Express (Il treno ferma a Berlino, 1948), Circle of Danger (La cortina del silenzio, 1951), Nigthfall e Night of the Demon. 10


Lo spazio degli interni come quello degli esterni girati in studio sembra ampliarsi per dinamiche mentali. Questo spazio, in realtà angusto e ristretto, diviene ancestralmente più vasto e indefinito, proprio perché assume mutamenti a seconda dei tagli di ripresa e del rapporto tra gli elementi disposti nella composizione inquadrata. Nei tre film della trilogia del fantastico gli esterni-studio ritornano come leitmotiv esistenziale e preciso, come note musicali del contesto architettonico costruito dal regista Tourneur. Queste dinamiche di uno spazio esterno-studio si ritrovano anche in Experiment Perilous (Schiava del male, 1944) e nei due successivi capolavori neri del mistero quali Circle of Danger e Night of the Demon, oltre che in The Fearmakers (La piovra nera, 1958), dove è la sapienza nel dosare i tempi con cui questi spazi vengono proposti dalla m.d.p. e percorsi dai personaggi, a determinare la perfetta riuscita di un primordiale ritorno a territori della mente, dell’incubo, dell’angoscia (e anche della serenità, quando c’è): le strade intorno al parco in Cat People, le vie della cittadina in The Leopard Man e il giardino attraversato nel castello di Night of the Demon. Diverse sono le dimensioni assunte in Out of the Past, Berlin Express e Nightfall. Il cinema di Tourneur vive su due elementi forti che ne determinano la personalità, la chiarezza, la necessità d’essere. Uno è l’elemento dark, con l’atmosfera cupa e misteriosa. La presenza del buio che suscita tensione e paura. L’altro è l’elemento sonoro con tutte le sue sfumature. Sonoro inteso non tanto come dialogo (cioè giocato sulle parole), ma soprattutto come insieme di rumori e musica. Verificando le sequenze analizzate con i fotogrammi, si avverte un impianto per immagini da film muto, pregno però di un sonoro costruito, non tanto per proferire esasperanti dialoghi, ma per urlare e per percepire rumori devianti, incombenti, o silenzi soffocanti (come in Cat People, nella sequenza della piscina). In queste sequenze dominanti, che fanno esplodere la potenza del linguaggio cinematografico di Tourneur, l’autore impoverisce volutamente l’elemento dialogico e accentua la forza evocatrice e metaforica dei rumori, della musica e di suoni diversi, montati come puntelli di un’architettura formale di puro linguaggio visivo. I film di questa trilogia del fantastico, e anche Experiment Perilous, Circle of Danger e Night of the Demon, sono attraversati in profondità da un’ampia gradazione di suoni e di rumori che ipertendono la suspense e rinforzano l’azione. «A passi tardi e lenti…»: così Jacques Tourneur sembra proporre il ritmo inesorabile nel mostrare le coordinate del film. Guardando un film di Tourneur l’atmosfera è come quella, «senza fiato, senza respiro… con affanno», che si potrebbe sentire entrando in una notte profonda di nebbia o di pioggia in una casa disabitata, buia e misteriosa, dentro un parco. Ecco un po’ come entrare nell’antico e liberty Acquario di Milano. O attraversare il parco Sempione a piedi in una notte di tregenda. I film del mistero, della paura, dell’incubo e del non-risveglio sono i tre film prodotti da Val Lewton: Cat People, I Walked with a Zombie e The Leopard Man, ai quali si devono aggiungere, più tardi, Circle of Danger e Night of the Demon. E le atmosfere misteriose e da incubo di Experiment Perilous. E le atmosfere d’azione di Out of the Past, Berlin Express, Nightfall e The Fearmakers. Un’idea portante nel cinema di Tourneur è quella risonanza noir e misteriosa che circonda le personalità in gioco e le trascina dentro i sistemi di un mondo deviante, ma organizzato per infrangere antiteticamente le idee e i nodi che queste personalità posseggono. Oppure anche la paura ancestrale del buio e della morte, come accade per i personaggi di The Leopard Man. E la potente devianza esoterica come per I Walked with the Zombie e Night of the Demon. Il cinema di Jacques Tourneur mostra la malinconia del perduto, la manifestazione del 11


diverso che muta e il momento del disperdersi e del non poter riacquistare l’equilibrio della propria libertà. È un cinema sull’individuo, solo, perso nel mistero, nell’oscurità, nel nero. In Jacques Tourneur ho trovato la paura del nero nell’immediato controcampo. La suggestione del sonoro. Il suggerimento dei rumori. Cinema muto alimentato dal rumore, a volte dalla musica… È importante dire che in I Walked with a Zombie la protagonista racconta, voce fuoricampo, il suo passato con lo zombie (Jessica Holland) mentre cammina sulla spiaggia proprio con Carrefour (che è anch’egli uno zombie). E successivamente Tourneur rende ancora con la voce fuoricampo il pensiero di Betsy, per esempio sul veliero e poi quando presenta Fort Holland. Traccia di questo metodo si riscontrerà in Somewhere in the Night - Il bandito senza nome (1946) di Mankiewicz e in Secret Beyond the Door - Dietro la porta chiusa (1948) di Lang.

Prodromi di Jacques Tourneur

All’origine dell’horror film, della concezione del fantastico inventato da Jacques Tourneur, c’è anche l’opera letteraria fondamentale di Edgar Allan Poe: i racconti del mistero con Dupin, i racconti del terrore e i racconti fantastici, dell’impossibile e dell’incubo. Il nero, il gotico, la supremazia del mistero angosciante e la paura ancestrale. Parte della letteratura di Hoffmann e, più vicina nel tempo, la letteratura hard boiled e noir di autori come Dashiell Hammett e Cornell Woolrich. Alcuni momenti del cinema di Jacques Tourneur possono inoltre ricordare per il senso di colpa, l’angoscia e l’incubo certe visioni di Dostoevskij, soprattutto quelle relative al personaggio di Raskolnikov in Delitto e castigo. Per quanto concerne le possibili influenze artistiche, alcuni studiosi hanno fatto riferimenti e confronti tra l’opera cinematografica di Jacques Tourneur e alcune opere pittoriche 3. In I Walked with a Zombie Jacques Tourneur mostra, nell’interno della stanza di Jessica Holland, appeso a una parete, una copia del celebre quadro Toteninsel (L’isola dei morti, 1880) di Arnold Böcklin. Si avverte una doppia valenza di questa presenza all’interno del film. Una è quella diegetica (c’è il quadro nel film), l’altra consiste nella volontà di inventare e di mettere in scena un’atmosfera catatonica e mortuaria tipica di quest’opera di Arnold Böcklin. Infatti Tourneur sembra ambientare il suo film in queste atmosfere chiaroscurali, mortuarie, sospese e inquietanti. Il chiarore bianco del vestito indossato da Jessica Holland, spesso in contrasto con la profondità di campo nera, ricorda anche altre opere simili dello stesso Arnold Böcklin, come Villa am Meer (Villa sul mare, 1878). Lo studioso Alexander Nemerov, nel suo libro Icons of Grief. Val Lewton’s Home Front Pictures 4, paragona l’immagine dello zombie Carrefour e quella della polena Ti-Misery ad alcune opere pittoriche di artisti americani appartenenti a correnti del Regionalismo degli anni Trenta. Artisti come Julius Bloch (The Lynching, 1932) e come John Steuart Curry (The Fugitive, 1935). Inoltre si sofferma sull’opera Guardians of the Secret (1943) del pittore espressionista astratto Jackson Pollock, come perno per un confronto tematico (guardianozombie), oltreché figurativo. Nel suo libro di revisione dell’Espressionismo astratto americano, lo studioso Michael Leja 5 ha evidenziato, a un livello di lettura complesso, punti di contatto e compartecipazione di metafore visive tra il noir e l’Espressionismo astratto, in particolare con Jackson Pollock. Come sostiene Leja, tutto questo è evidente soprattutto nella splendida sequenza di Out of the Past, con i due protagonisti, il detective Jeff Bailey/Markham (Robert Mitchum) 12


e la dark lady Kathie Moffat (Jane Greer), su una spiaggia di Acapulco, dove l’ombra delle reti dei pescatori esposte ad asciugare proiettata sui loro corpi evoca la metafora visivo-spaziale della condizione esistenziale che anche in Pollock si esprime nell’iconografia della rete e del vortice del segno. Lo studioso Tag Gallagher, nel suo saggio Hollywood, inventaire critique 6, scrive, riguardo alle influenze pittoriche sul linguaggio tourneuriano, che «questo accento risiede in primo luogo nel modo in cui gli oggetti sono illuminati nella luce che bagna le scene; si può pensare in particolare alla pittura francese del diciannovesimo secolo, piuttosto che a quadri inglesi, italiani, spagnoli o americani. Si nota un tocco di sfumato [in italiano nel testo] nel modo in cui i personaggi assorbono l’atmosfera dell’ambiente». Si potrebbe anche aggiungere ed estendere il discorso ad altre iconografie del Simbolismo francese. A certe misteriose incisioni di Odilon Redon, oltreché ai motivi dei cieli notturni di Vallotton. Infatti in Cat People, in I Walked with a Zombie e in The Leopard Man, Tourneur presenta una trama di chiaroscuro e di contrasti cromatici tra il bianco e il nero che ricorda certe incisioni misteriose e inquietanti di Odilon Redon. Per l’influenza cinematografica sullo stile di Jacques Tourneur, è determinante tutta l’opera del padre Maurice Tourneur e del suo collaboratore Clarence Brown. Le invenzioni espressive del gangster film americano, durante gli anni del muto, da David Wark Griffith (Musketeers of Pig Alley del 1912) sino a Joseph Von Sternberg (Underworld - Le notti di Chicago del 1927), Raoul Walsh (Me, Gangster – Mondo senza luci del 1928) e William Wellman (Chinatown Nights del 1929). Le paure ancestrali rivisitate fin dai primi film di Griffith (come per esempio An Unseen Enemy del 1912 e altre opere successive). I richiami al fantastico dei film del cinema espressionista tedesco – quali Das Cabinet des Dr. Caligari (Il gabinetto del dottor Caligari) del 1920 di Robert Wiene, Dr. Mabuse, der Spieler (Il dottor Mabuse) di Fritz Lang del 1922, Nosferatu, Eine Symphonie des Grauens (Nosferatu il vampiro) del 1922 di Murnau 7 - e del cinema nordico - Blade of Satans Bog (Pagine dal libro di Satana) del 1920 di Dreyer (soprattutto le sequenze relative all’episodio dell’inquisizione) e Körkarlen (Il carretto fantasma) del 1921 di Sjoström. Inoltre, M (M, il mostro di Düsseldorf) del 1931, oltre l’espressionismo e all’interno delle tematiche del serial killer e di una esemplare caccia all’uomo, con una regia essenziale, geometrica e angosciante. Vampyr ou l’étrange aventure de David Gray (Vampyr) del 1932 di Dreyer, per le numerose invenzioni di linguaggio. Si possono trovare riscontri tourneuriani anche con un capolavoro poco conosciuto di Edgar G. Ulmer (regista che ha molte somiglianze con Jacques Tourneur): The Black Cat del 1934 8. The Black Cat è stato prodotto da Carl Laemmle per la Universal. Gli attori principali sono Boris Karloff, nella parte di Hjalmar Poelzig, e Bela Lugosi 9, in quella del dottor Vitus Wardegast. Il film dura soltanto 65 minuti ed è ispirato all’opera di Edgar Allan Poe. In The Black Cat, tra le scenografie degli interni della vasta e misteriosa dimora di Hjalmar Poelzig-Boris Karloff, l’ombra orizzontale e scura del gatto nero contro il muro chiaro viene percepita dal dottor Vitus Wardegast-Bela Lugosi (dopo circa 18 minuti dall’inizio del film) come qualcosa che lo sorprende e lo spaventa profondamente, quasi fosse partecipe di una visione innaturale. Questo procedimento scenico è in qualche modo simile a quello realizzato da Jacques Tourneur in Cat People: l’ombra della pantera sulle scale nella sequenza della piscina. The Black Cat diviene allora elemento di raccordo tra l’espressionismo tedesco (le sue scenografie, le sue architetture oblique e inquietanti, i complessi movimenti della m.d.p. e il nero opprimente come profondità di campo) e il cinema successivo agli anni Quaranta, dentro i meandri dell’horror e le atmosfere noir. Trait d’union tra il cinema muto e quello “sonoro-musicale”: The Black Cat è un esempio significativo di motivi che rievocano e rimontano brani musicali da Bach a Liszt. 13


In The Black Cat compaiono personaggi mutanti, catatonici, apparenti morti viventi, come zombies, più profondamente espressivi di quelli apparsi in White Zombie (L’isola degli zombies) del 1932 di Victor Halperin 10. Jacques Tourneur sembra appartenere a quel gruppo numeroso di registi di origine europea trapiantati a Hollywood. Ma non è proprio così. È vero, è nato in Francia. È francese. Però diventa cittadino americano, seguendo il padre Maurice Tourneur. Negli ultimi anni della sua vita torna in Francia insieme con la moglie. Il cinema di Jacques Tourneur assomiglia a quello di Alfred Hitchcock e di Max Ophuls da un lato e a quello di Edgar G. Ulmer da un altro. Registi lontani da lui, ma con alcuni elementi di consonanza. Riflessioni su Tourneur

È interessante leggere quanto sostiene il regista John Landis 11: «Le culture primitive spesso attribuivano tratti umani agli animali [penso per esempio al dio Anubis 12, l’enorme statua con la testa di sciacallo, alle cui spalle si sofferma Irena scendendo le scale durante la sequenza al museo navale in Cat People], originando un ricco folklore di esseri dall’aspetto mutevole, mostri metamorfici e persino la favola di Cappuccetto Rosso. In epoca vittoriana, strani esseri umani insolitamente villosi venivano spesso esibiti al pubblico come fenomeni da baraccone, anelli mancanti tra la civiltà moderna e il suo passato ferino [come per esempio nel capolavoro di Tod Browning Freaks (Freaks) del 1932]. Uomini lupo, ragazzi cane e altre creature fantastiche esercitarono un fascino oscuro su un pubblico turbato, ma anche attratto dalle teorie di Charles Darwin. Nel folklore europeo, la figura del licantropo era intimamente legata alla leggenda del vampiro. Il romanziere vittoriano Bram Stoker, contemporaneo sia di Charles Darwin sia di P. T. Barnum, combinò le due leggende nel protagonista del suo famoso Dracula». Anche il regista Martin Scorsese (insieme con Michael Henry Wilson) nel suo film Viaggio nel cinema americano 13 del 1995, nel capitolo tradotto in italiano con il titolo Il regista imbroglione, dedica a Jacques Tourneur circa dieci minuti, mostrando segmenti di sequenze tratti da Cat People e da I Walked with a Zombie. «Il primo maestro dell’esoterismo fu Jacques Tourneur, che divenne famoso per i suoi thriller soprannaturali a basso costo… Un film di serie B come Cat People costò solo 134 mila dollari, ma toccò un tasto nell’intimo degli americani, esplorando le paure di una giovane sposa nei confronti della propria sessualità. […] I suoi erano viaggi pericolosi nello sconosciuto e a volte nell’occulto. La realtà era sempre opaca e i suoi personaggi raramente erano ciò che sembravano. Rimanevano fermi ai confini di un mondo nascosto. […] Dopo che Tourneur aprì il vaso di Pandora tutto cambiò. All’inizio non si notò nulla, ma una strana oscurità cominciava a serpeggiare nei film americani… un sentimento di insicurezza…, come se la terra potesse franare all’improvviso». Anche se oggi i tre film del fantastico di Jacques Tourneur possono non alimentare la paura che procuravano nello spettatore degli anni Quaranta 14, perché con il tempo sono cambiati i gusti del pubblico e le modalità della paura, tuttavia la costruzione ritmica dei film rimane splendida nella messa in scena, nell’allestimento scenografico, nel gioco spettacolare di luci e ombre, nella direzione degli attori, nel montaggio e nell’invenzione di un sonoro sperimentale. Come sostiene William F. Nolan, «il ricordo più vivido della scena a Central Park era il ritmo di “luce-ombra-luce-ombra-luce-ombra”, mentre la macchina da presa si muove con Miss Randolph [Alice], ed è davvero un curioso, bellissimo effetto 15». In Cat People e in The Leopard Man non si assiste alla trasformazione del mostro, dell’altro. 14


Con stile Jacques Tourneur sceglie di scostarsi dagli effetti speciali di The Wolf Man (L’uomo lupo, 1940) e delle versioni di Dr. Jekyll and Mr. Hyde, (Il Dottor Jekyll e Mr. Hyde). Là vengono rappresentate le mutazioni dell’uomo normale in mostro attraverso spettacolari effetti speciali, mentre in Tourneur la mutazione avviene fuori film. L’autore non la presenta. Tourneur coglie la paura dell’altro attraverso l’espressione e gli stati d’animo subiti da un personaggio (quasi sempre femminile - Alice in Cat People e Teresita, Consuelo e Clo Clo in The Leopard Man). Lo spettatore non vede Irena mutarsi in pantera e neppure il dottor Galbraith mutarsi in felino. A Tourneur non interessa questo effetto. Con l’eccezione del dottor Holden-Dana Andrews, che in Night of the Demon vede e sente la mutazione del gatto grigio del suo rivale dottor Karswell in un grosso leopardo che lo assale violentemente nel salone del castello-villa. Visione soggettiva che spinge il dottor Holden nei meandri di un incubo senza via d’uscita. Soltanto in Cat People la ritrasformazione in donna di Irena, dopo il pedinamento-fugarincorsa con Alice, viene mostrato attraverso le orme-tracce che da zampe di felino diventano tacchi di scarpe femminili. Tourneur più sottilmente mostra l’angoscia dei protagonisti. In Cat People è il timore sentito da Irena di amare e di essere amata. Il procedimento mette in luce l’altro cinema, quello più intimo, realizzato soltanto per accenni, senza ridondanza, da Jacques Tourneur. Ed è così anche per The Leopard Man.

Differenze e affinità

Per quanto concerne il soggetto, intriso di memoria storica riguardo alle leggende e ai misteri di personalità quali cat woman, zombie e leopard man, si può pensare a film precedenti, totalmente diversi da quelli ideati e realizzati da Jacques Tourneur e da Val Lewton. Film come The Wolf Man del 1940 di George Waggner (sceneggiato da Curt Siodmak 16), le due versioni cinematografiche di Dr. Jekyll and Mr. Hyde 17 del 1932 e del 1941, White Zombie (L’isola degli zombies) del 1932 di Victor Halperin con Bela Lugosi, Dracula (Dracula) del 1931 di Tod Browning, The Invisible Man (L’uomo invisibile) del 1933 di James Whale. E il film dall’erotismo spiccato della “bestia-bella” e degli effetti speciali esotici e preistorici: King Kong (King Kong) del 1933 di Merian C. Cooper e Ernest B. Schoedsack. Sono rilevanti le differenze stilistiche per esempio tra The Wolf Man e i tre film di Jacques Tourneur, anche se alcune situazioni (quali la cartomanzia, la mutazione, il terrore stesso della trasformazione, la devianza) possono sembrare simili. Il rimando all’inconscio in Jacques Tourneur è molto più intenso, come lo spazio concepito per la messa in scena… Per comprendere il fantastico in questi tre film di Jacques Tourneur è necessario tenere in considerazione da un lato l’atmosfera, il clima e lo spazio scenografico del film noir (che stava per imporsi proprio in quegli anni), e dall’altro gli elementi fondamentali del film horror. Lo spazio è rarefatto, realizzato in studio, ma assume connotazioni profonde rimandando ad altri spazi. Uno spazio in trasformazione che va concatenandosi e precisandosi. Pensando a questi tre film del fantastico di Jacques Tourneur ci si accorge che sono coevi delle prime opere hollywoodiane di Hitchcock (Rebecca - Rebecca la prima moglie, 1940; Suspicion – Il sospetto, 1941; Shadow of a Doubt - L’ombra del dubbio, 1943), di alcuni dei 15


molti capolavori del Fritz Lang “americano” (The Woman in the Window - La donna del ritratto, 1944; Ministry of Fear - Il prigioniero del terrore, 1944; Scarlet Street – La strada scarlatta, 1946; Secret Beyond the Door – Dietro la porta chiusa, 1948), di alcuni splendidi film di Edgar G. Ulmer (Bluebeard – La follia di Barbablù, 1944; Strange Illusion – Sangue nel sogno, 1945; Detour – Detour. Deviazione per l’inferno, 1945) e del noir esemplare di Billy Wilder Double Indemnity (La fiamma del peccato, 1944). E così il senso affinato dell’onirico nell’osannato Laura (Vertigine, 1944) e nel bel Fallen Angel (Un angelo è caduto, 1946) di Otto Preminger. Tutti questi film sono contemporanei dell’epoca del noir, tra i cui esempi più rappresentativi spicca Out of the Past di Jacques Tourneur, dove la figura della dark lady Kathie-Jane Greer è chiave di volta e uno degli elementi fondamentali dello stile noir. Little Caesar (Piccolo Cesare) del 1930 di Mervyn LeRoy, The Public Enemy (Nemico pubblico) del 1931 di William Wellman, Scarface (Scarface. Lo sfregiato) del 1932 di Howard Hawks (e, per altri versi, City Streets - Le vie della città del 1931, capolavoro di Rouben Mamoulian) sono i titoli più famosi del poliziesco e del gangster film degli anni Trenta. Questi film costituiscono elementi basilari per l’invenzione del clima e dell’atmosfera del noir (e, per alcuni aspetti, anche dell’horror film). Tutta la produzione dei film RKO di Val Lewton è parallela a quei film che sfoceranno nel noir degli anni Quaranta. Nel 1939 è proprio Tourneur a girare Nick Carter-Master Detective (Nick Carter), dove mette in scena l’azione e la suspense, intrise però di parecchi momenti di comedy, in un film di avventura con qualche accenno al genere hard boiled. Questo film precede le atmosfere meno drammatiche di John Huston (The Maltese Falcon - Il mistero del falco, 1941), di Stuart Heisler (The Glass Key – La chiave di vetro, 1942), di Edward Dmytryk (Murder My Sweet - L’ombra del passato, 1944), di Howard Hawks (The Big Sleep - Il grande sonno, 1946). Sono gli anni dello stupendo furore registico di Raoul Walsh da The Roaring Twenties (I ruggenti anni venti, 1939) a High Sierra (Una pallottola per Roy, 1941) sino a White Heat (Furia umana, 1949) e a The Enforcer (La città è salva, 1951, per altro firmato ufficialmente da Bretaigne Windust) 18. C’è un capolavoro dimenticato, di cui poco si è scritto che, per la struttura del sogno, per le voci che rievocano il passato, per le sovrimpressioni può addirittura competere con questi film fantastici di Jacques Tourneur: si tratta di Peter Ibbetson (Sogno di prigioniero) del 1935 del grande Henry Hathaway. Il sogno, l’onirico, la morte. I vivi e i morti. Temi cari a Jacques Tourneur. Entrambi esordiscono come registi negli anni Trenta, dopo l’avvento del sonoro. Con Val Lewton 19

L’amicizia fruttuosa tra Val Lewton e Jacques Tourneur è all’origine del successo di questi tre film per la RKO, come Tourneur stesso ha detto nelle sue interviste. Proprio con Val Lewton come produttore si sprigiona l’inventiva registica di Jacques Tourneur, il ricorso all’allusione e al non mostrare che sarà una delle qualità primarie di tutta la sua opera. È proprio con i film prodotti da Val Lewton per la RKO che la regia di Jacques Tourneur spicca per metodo e per novità, anche per la collaborazione di Nicholas Musuraca (per la fotografia), di Roy Webb (per la musica), di Mark Robson (per il montaggio). Siamo negli anni 1942 e 1943, circa a metà della Seconda Guerra Mondiale. Piccole produzioni RKO emergono durante la grande produzione wellesiana di Citizen 16


Kane (Quarto potere, 1941). È il caso di Cat People, un film dal piccolo budget prodotto per la RKO da Val Lewton. Cat People sarà il primo di una splendida serie di film “minori” (B-movies) tutti prodotti dal geniale Val Lewton e firmati in primis da Jacques Tourneur e poi da Mark Robson e da Robert Wise. Sono film di breve durata, se paragonati alle megaproduzioni odierne, che durano intorno ai 70 minuti. Sono dei B-movies che con il tempo sono diventati dei film di culto (come si dice oggi). La produzione dei film di Val Lewton inizia nel 1942. Sono quattordici titoli.

1. Cat People (Il bacio della pantera) (1942) 2. I Walked with a Zombie (Ho camminato con uno zombi) (1943) 3. The Leopard Man (L’uomo leopardo) (1943) 4. The Seventh Victim (La settima vittima) (1943) di Mark Robson 5. The Ghost Ship (1943) di Mark Robson 6. The Curse of the Cat People (Il giardino delle streghe) (1944) di Gunther Von Fritsch e Robert Wise 7. Youth Runs Wild (1944) di Mark Robson 8. Mademoiselle Fifi (1944) di Robert Wise 9. Isle of the Dead (Il vampiro dell’isola) (1945) di Mark Robson 10. The Body Snatcher (La iena) (1945) di Robert Wise 11. Bedlam (Manicomio) (1946) di Mark Robson 12. My Own True Love (1948) di Compton Bennett 13. Please Believe Me (Credimi) (1950) di Norman Taurog 14. Apache Drums (La rivolta dell’Apache) (1951) di Hugo Fregonese

Jacques. È buio. Una luce fioca, improvvisa. L’ombra di una pantera. Sagome che si spostano nella penombra. Il tuffo nell’acqua. È buio. Non riuscire a distinguere. Sembra di aver visto ombre. Rumori differenti. È buio. Perdersi nell’immenso vuoto di uno stato d’animo diverso, perverso. Un bacio. Non si può. Mutarsi altrove. Perdersi nel buio d’altri mondi. Jacques.

Ritrovo il cinema che amo nelle dichiarazioni di Jacques Tourneur. Nella sua direzione degli attori (parlare a bassa voce e non gridare). Nelle sue scelte di regia e di montaggio. E se nella trilogia del fantastico Jacques Tourneur utilizza degli esterni-studio, non disdegna però gli spazi aperti e predilige usarli e costruirli nelle sue successive composizioni spaziali. Penso a Bridgeport (Out of the Past), agli esterni reali nella Germania post-bellica e distrutta di Berlin Express e alle distese nevose di Nightfall. O ai suoi western 20. Western diversi, inusuali. Senza distruggere il respiro epico. Proponendo il quotidiano più elementare, ma passando per una vita westerner complessa e difficile, resa semplice e svuotata da ridondanze. Western lunari, perché opposti al sole. Non classici perché toccano i lati più oscuri o i più normali del quotidiano. Touch of Jacques Tourneur

«A Hollywood, quando una sceneggiatura aveva fatto il giro degli studios e nessuno voleva metterla in scena, dicevano: - Datela a Jacques Tourneur! – » 21. 17


Jacques Tourneur capì rapidamente che soltanto attraverso la regia avrebbe potuto imprimere il suo marchio. Si potrebbe parlare di tocco (touch) di Jacques Tourneur proprio per il suo sottrarre all’azione l’attenzione primaria e spostarla verso le attese e verso la tensione. Sgravarla di primaria importanza tanto da farla accadere fuoricampo. Togliere luce. Eliminare i dialoghi soffocanti e urlati. Sopra le righe. Lasciare soltanto gli elementi veramente sorprendenti. Noi non sentiamo il profumo di Irena, il Lalage (di cui lei parla a Oliver durante il loro primo incontro). Un profumo «strong and sweet», come spiega Alice a Oliver nella penultima sequenza di Cat People. Questo profumo, impregnato di forza e dolcezza, è come averlo sentito. Ecco il tocco di Jacques Tourneur. La mano del “cattivo” Dr. Karswell sul corrimano delle scale in Night of the Demon. I controcampi neri, assoluti. I controcampi vuoti nella piscina, luminosi e come liquidi. Carrefour, divinità zombie, che se ne va nella notte. E sulle sponde dell’Oceano. Il racconto in flash-back e fuoricampo di Betsy in I Walked with a Zombie. Betsy che pensa ad alta voce. La semplicità di Jacques Tourneur colpisce perché sembra che parli di sé e delle sue opere con quel sapiente distacco che manteneva quando realizzava il controcampo nero in Cat People, in I Walked with a Zombie e in The Leopard Man. La piscina, la torre e le morti di Teresita, Consuelo e Clo Clo. L’impossibilità di Irena di rimanere normale. Come Jessica. Come Wesley. Come Galbraith. Tourneur ha la calma essenziale dei forti, dei sicuri, di quelli che sanno. Tourneur sa cosa significa essere un buon regista. Ne è consapevole senza retorica, senza falsa modestia. Tourneur volutamente sottotono, ma angosciante, perché tocca i primi stati d’animo provati da un bambino. Paura del buio. Paura della normalità. Perché non si riesce o non si può dormire. Il sonno tranquillo non esiste. Incubi. Incontri nella notte durante il sonno (I Walked with a Zombie). Un racconto in treno (Experiment Perilous). Le due anime del clown (Berlin Express e Night of the Demon). Poca luce. Sorgente propria. Candele e camino. Una finestra in un angolo. Il personaggio s’avvicina e parla quasi a bassa voce. Sussurra. Intonando. Non urla. Nel finale di The Leopard Man, il dottor Galbraith e Kiki sono vicini alla finestra, nell’interno oscuro e profondo. Nel buio e nella penombra, dove si muove, parla Irena, in Cat People. Zombie: le origini ancestrali. I riti. La forza del destino. L’altra religione. L’altra cultura. Rituali come canti e danze sfrenate. L’Houmfort e l’irrazionale. L’origine dell’epos e della tragedia. Il sensitivo. Il catatonico. Le leggende antiche. Le religioni precristiane. Il mistero dei non morti. Costruire un film su cadenze puntuali, assonanze di tempi che si dilatano in attese senza fine, sospensioni totali. E poi incontri nel buio. Nella penombra. Luce bassa che si posa, quasi morbida, sugli elementi. Sguardi intensi. Sembrano perdersi nel fuoricampo. Assenza delle trasformazioni, mutazioni dell’azione delle morti violente. Montaggio ellittico. Mostrare il percorso, ma non il fatto mostruoso. Teresita resta fuori dalla porta, e così Consuelo, e così Clo Clo. Per comprendere la maestria di Jacques Tourneur, rivedere con attenzione e piacere l’incomparabile inizio di Night of the Demon o la corsa del “falso” clown in Berlin Express o 18


l’uccisione del killer sulle rocce del torrente mediante la canna da pesca in Out of the Past. Osservare la piscina, la torre, le passeggiate di Clo Clo, e i raccordi nel racconto della sorella Bederaux nelle sequenze iniziali di Experiment Perilous. I paesaggi in Way of a Gaucho. Il mare in I Walked with a Zombie, Out of the Past, Anne of the Indies (La regina dei pirati, 1951). Il ghiaccio in Nightfall. O anche le sequenze in esterni naturali in Days of Glory (Tamara la figlia della steppa 22, 1944). Nel buio della notte si sussurra. Non si parla ad alta voce. Si mormora soltanto nell’oscuro corridoio della paura. Non si vedono le pareti. Attraversare e percorrere spazi misteriosi. La paura che attanaglia. Altri rumori. Altri passi. Una luce fioca in fondo. Sembra che due si parlino, piano, sommessamente. Per non farsi ascoltare. Nel buio della notte si sussurra… Cinema appena accennato. Si direbbe cinema di sottrazione. Tourneur mostra non l’azione attesa, ma le premesse, le ansie, le angosce, gli stati d’animo che l’elemento di sospensione causa in chi subisce l’azione esemplare. Anche in Out of the Past e in Nightfall, dove viene messa in scena l’azione, l’effetto nella sua efferatezza non lo interessa. Non approfitta mai della facile, esasperata ridondanza. Nell’opera di Tourneur non è l’azione esemplare a emergere dinamica e fondamentale perché Tourneur costruisce il suo ritmo e le sue attenzioni sulle assenze, sulle ellissi, sui controcampi vuoti, sulle attese, e non sul farsi dell’azione. Non la mostra, la nega. Tourneur gioca sul vuoto e sul già accaduto, non sull’azione esemplare nella sua espressione finale. Centro cupo della vita. Misteri primordiali. Forze occulte potenti. Brevità della vita. Funzione del coro: Tourneur parla del cantante - meglio, del cantore - Sir Lancelot in I Walked with a Zombie come fosse il coro della tragedia greca. Del resto ha un significato corale, spesso antitetico, al di là del semplice accompagnamento musicale, anche il personaggio Hi Linnet, interpretato da Hoagy Carmichael, nello splendido Canyon Passage, dove il western, secondo Jacques Tourneur, sconfina oltre ogni genere. La follia bacchica non dà la felicità, ma soltanto l’insensibilità di fronte all’infelicità. La trilogia del fantastico

Perché solo tre film di Tourneur? È un’idea di qualche anno fa, dai miei seminari all’inizio degli anni Novanta all’Accademia di Belle Arti di Brera. Oggi Night of the Demon si rivela come il quarto dei film fantastici. Anche Circle of Danger può rientrare nel clima. E così Night Call (1964), episodio di The Twilight Zone (Ai Confini della Realtà). Il cinema di Jacques Tourneur si può sintetizzare ed esemplificare: -Nella partenza del viaggio in aereo in Nick Carter-Master Detective. -Nel clima d’angoscia mista ai prati fioriti in Experiment Perilous. -Nella forza determinata contro tutti di Dana Andrews in Canyon Passage e di Joel McCrea in Wichita. -Nella decisiva intraprendenza, oltre la vita, di Robert Stack-Owen Pentecost (già il nome è un programma) in Great Day in the Morning. -Nelle strabilianti e sovrannaturali situazioni, rese semplici ed essenziali, in I Walked with a Zombie. -Nella timida, riservata, attraente e mutante Irena in Cat People. -Negli ultimi momenti angoscianti delle esistenze di tre donne (Teresita, Consuelo e Clo 19


Clo) in The Leopard Man. -In quell’infinito senso di giustizia nelle esemplari e lente inquadrature di Stars in My Crown. -Nelle esoteriche vicissitudini di Victor Mature in Timbuktu (La prigioniera del Sudan, 1959). -Nella costante ricerca della verità di Ray Milland in Circle of Danger e di Dana Andrews in Night of the Demon. Attraverso semplici contrasti, slittamenti nello stupire con stati d’animo differenti, Tourneur presenta quel suo complesso mondo ai confini del sovrannaturale, nodo di simboli e consuetudini stilizzati che si perdono nella stupefacente e straordinaria forza del caso e del destino che spinge i suoi personaggi a osare o a essere sconfitti… Si prendano per esempio i suoi western, i suoi film fantastici, i suoi noir, e lo stupendo Stars in My Crown, che ricorda i momenti fordiani di Judge Priest - Il giudice (1934) o di The Sun Shines Bright - Il sole splende alto (1953). Due mondi, l’America (Stati Uniti) e l’Europa (non scrivo solo Francia) a confronto: Ford e Tourneur. Due opere spiccano, quelle sulla figura di Wyatt Earp: My Darling Clementine (Sfida infernale, 1946) e Wichita. Jacques Manlay racconta della sua visita a Bergerac, nella dimora di Tourneur, dove alcune foto riguardanti la sua vita a Hollywood tappezzano i muri del salone. C’è una foto che mostra il suo yacht vicino a quello di John Ford. E Tourneur confida a Manlay: «John Ford e io ci sedevamo sulla banchina e discutevamo di tutto e di niente» 23. Il cinema di Jacques Tourneur si esprime dentro il genere per oltrepassarlo, per sconfinare in un suo cinema totale. Tourneur costruisce i suoi film su ritmi narrativi sempre cangianti. Il fantastico delle opere di Tourneur è dovuto al fatto che le azioni devono situarsi in tempi e spazi volutamente immaginari, puramente filmici. A Tourneur, in Cat People, non interessa mostrare New York: non c’è un grattacielo, non c’è una avenue. Sembra quasi una città mitteleuropea. Un Central Park reinventato attraverso i trasparenti. Solo richiami. Non c’è nulla di prettamente newyorkese. È bello questo. Così la cittadina nel profondo New Mexico, forse più Mexico che United States, in The Leopard Man. Si parla di Chicago, una Chicago mentale. Sono immagini di città fuoritempo. Fuorispazio. In uno spazio altro dove emergono le personalità in gioco. Eppure non si tratta assolutamente di uno spazio teatrale o letterario. È uno spazio propriamente cinematografico, dove la mente spazia nei reticoli e nelle prospettive degli esterni studio. Così anche la Acapulco di Out of the Past è un fuoritempo. La Mar Azul, El Cine Pico, il mare che potrebbe essere il mare di I Walked with a Zombie, con il suo cielo che è quello della processione finale di The Leopard Man. La cartomante di The Leopard Man assume le stesse facoltà divinatorie e potenti degli officianti dei riti voodoo di San Sebastian (I Walked with a Zombie) e del “mago” Karswell (Night of the Demon), nonché del “credo” di Irena stessa alle sue mutazioni (Cat People). Betsy, un’infermiera della medicina occidentale, si scontra con i riti ancestrali. Così Dana Andrews in Night of the Demon 24. L’occhio scientifico si accorge, secondo Tourneur, di una presenza potente estranea alla scienza e quindi irrazionale. Dove le regole sono differenti. Irena tenta di rimanere normale (Cat People). Kiki e Jerry non fuggono via, ma cercano il vero colpevole, e Clo Clo si spaventa per la lettura avversa delle carte, ma esce comunque nella notte (The Leopard Man). Betsy impavida porta Jessica addirittura all’Houmfort sfidando i riti atavici misteriosi (I Walked with a Zombie). I personaggi di Tourneur, come ha scritto Lourcelles, hanno una dignità propria che li spinge a continuare a vivere e ad agire, nonostante le avversità. È Tourneur stesso a confidare come la dignità sia l’elemento che lo abbia interessato veramente in tutti i suoi film 25. Solo Dana Andrews, in Night of the Demon, rimane indeciso e trattiene il giudizio. Lui, lo 20


scienziato, viene messo in crisi dalle azioni misteriose e ultraterrene cui assiste ed è partecipe. L’altro mondo secondo Tourneur è un mondo che appartiene a questo. Speculare come la profondità scenografica delle sue inquadrature. Il cinema di Tourneur non vive di effetti speciali roboanti ma di allusioni, di semplici movimenti della m.d.p., di sussulti sul Primissimo Piano e sui relativi controcampi neri. Suggerire è meglio che mostrare sfacciatamente. «L’orrore si costruisce sullo spirito dello spettatore, si devono suggerire le cose, e in tutti i miei film, non si vede mai ciò che causa l’orrore» 26. Tourneur è l’efficacia di saper giostrare contro le convenzioni di un genere (per esempio Days of Glory, con gli esterni in Campo Lungo e gli interni in studio, oppure i western), dentro e fuori le convenzioni di un genere (per esempio l’horror che è o diviene fantastico). Se penso ai personaggi dei film di Jacques Tourneur dentro i meandri del fantastico più puro non trovo, tranne Oliver, Alice, Paul Holland (ma forse neanche lui), nessuno che sia normale. In I Walked with a Zombie anche Betsy e Paul slittano nella devianza. Il loro rapporto è comunque deviante. Così The Leopard Man e anche Circle of Danger. Così Nightfall, dove Aldo Ray è spinto agli angoli di una situazione incredibile. Experiment Perilous vive nella devianza costante. Così Out of the Past, dove l’unica normale è Anne (che comunque ama Bob Mitchum), oppure il ragazzo (che è sordomuto). Così The Leopard Man trasforma un intellettuale in un felino, come accadeva in Cat People. Nei film fantastici di Tourneur si avverte la presenza del felino come unico animale. Non compaiono o non sono caratterizzati le figure di cani o lupi, ma soltanto quelle di gatti, pantere e leopardi (Cat People, The Leopard Man, Night of the Demon). Questi film di Tourneur sono magici. Propongono situazioni e fatti strani, riferiti da lontano come un ricordo in I Walked with a Zombie… Magica, sebbene profondamente razionale, è la regia di Jacques Tourneur. Togliere è meglio che aggiungere. Irrazionalità resa palpabile e chiara mediante una sapienza particolare del metodo di montaggio e della messa in scena. Preciso missaggio dei suoni su immagini pregnanti. Silenzi che diventano ossessivi come il controcampo nero, dove lo stato d’animo della protagonista è quello di perdersi dentro…

L’ineluttabile sorte cui si soggiace

Per quanto concerne Cat People, ma anche a proposito del personaggio del dottor Galbraith in The Leopard Man: «Sembra infatti che essendo misura di tutte le cose, l’uomo, nella sua precarietà, si trovi sottoposto all’urgenza delle spinte irrazionali della sua stessa natura, che diventano anch’esse una sorta di “misura”. Ancora una volta l’eroe tragico diventa limen: tra la civiltà della polis e le istanze “selvagge”, la ferinità che la polis dovrebbe aver domato» 27. Anche per I Walked with a Zombie, il nefas, la sventura, il destino irrevocabile è l’elemento perno che trascina la protagonista a cercare e a non trovare soluzione. Jessica è colpita dal destino irrevocabile, quello celebrato da Hölderlin, prima di Nietzsche, quella gioia incontenibile (detta dionisiaca) che si esprime soltanto in ciò che le si oppone: nel dolore e nel lutto. Ecco Cat People e il personaggio di Irena che non può agire se non contro se stessa… Irena alla fine sacrificherà se stessa per salvare Oliver e permettergli di vivere. Alla fine di ogni film di Jacques Tourneur il dubbio ha la meglio sulle certezze, la devianza (anche se sembra il contrario) sulla norma. La diversità e il paranormale-sopran21


naturale sul reale. È quel che accade nella trilogia del fantastico, prodotta da Val Lewton, e successivamente in Out of the Past, Berlin Express, Circle of Danger, Night of the Demon e The Fearmakers. Alla fine degli anni Cinquanta e negli anni Sessanta l’opera di Jacques Tourneur è stata ammirata e segnalata dalla critica francese. In particolare Jacques Lourcelles sulla rivista Présence du Cinéma con il testo Note sur Jacques Tourneur 28 fa luce sull’opera tourneuriana: «Il mondo dei film di Jacques Tourneur è il mondo della tenacia e della sorpresa continua…». E così le riviste Cahiers du Cinéma e Positif (con Bertrand Tavernier) e l’indispensabile libro di Jean-Pierre Coursodon e Bertrand Tavernier 30 Ans de Cinéma Americain, diventato in seguito 50 Ans de Cinéma Américain (Nathan, Paris 1991). Tra gli ultimi studi in francese, vi è l’esemplare monografia di Michael Henry Wilson. Suggerisce acutamente Petr Král nel suo saggio Tourneur ou le suspens hagard 29: «L’opera filmica di Jacques Tourneur, una delle più “liriche” di tutto il cinema americano, segna meno la memoria con le storie che racconta, piuttosto che attraverso le immagini alle quali esse servono da supporto e che sanno incidere nel più profondo della carne. Il paradosso è che si tratta nello stesso tempo di immagini fluide e sfuggevoli, a differenza di quelle di Fuller o di Hitchcock, incise letteralmente nella memoria con la nettezza acida, lancinante, di un’acquaforte, quelle di Tourneur sono ardenti nel loro sottrarsi e nella loro stessa discrezione. Interrogando le immagini che mi hanno colpito di più constato anzitutto il loro singolare colore mentale: visioni notturne, provenienti da film profondamente noir, sono allo stesso tempo immagini trasparenti e leggere, dove lo spessore dell’ombra cede senza tregua allo stato incerto del crepuscolo e dove un’eleganza nonchalante disperde – e “distanzia” – il dramma. […] La “dispersione” del dramma è anzitutto il suo costante spiazzamento per l’uso sistematico e sottile di parabole e di litoti». Al termine del percorso tourneuriano intorno ai tre film mi sarebbe piaciuto aggiungere anche il successivo capolavoro Nigth of the Demon, splendido horror film girato in Inghilterra alla fine degli anni Cinquanta, rovinato dall’aggiunta del mostro montato dalla produzione senza il consenso di Jacques Tourneur, che aveva già consegnato il film. E così indagare nel breve capolavoro televisivo Night Call… Mi chiedo cosa sarebbe diventato Murmures dans des chambres lointaines se solo avessero permesso al grande Jacques Tourneur di realizzarlo. Milano, 19 dicembre 2006

Note

Jacques Tourneur, Ecrits de Jacques Tourneur, (presentati da Jacques Manlay) Pertuis, Rouge Profond, 2003, p.10. Allegato al libro vi è un dvd che presenta l’unica intervista televisiva con Jacques Tourneur. Si tratta della conversazione Directed by Jacques Tourneur realizzata nel 1977 da Jacques Manlay e Jean Ricaud, prodotta da FR3 Bordeaux-Aquitaine e trasmessa per la prima volta il 9 dicembre 1979.

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Night of the Demon, titolo inglese, è conosciuto anche con il titolo americano Curse of the Demon.

Le influenze artistiche sull’opera di Jacques Tourneur sono state approfondite con la complicità dello storico dell’arte Piero Quaglino, docente con cui ho tenuto seminari sul noir all’Accademia di Belle Arti di Brera. 3

Alexander Nemerov, Icons of Grief. Val Lewton’s Home Front Pictures, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-London, 2005, pp. 97-109. È interessante anche quanto sostiene Jean-

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Louis Leutrat a proposito de L’Ile des morts in Vie des Fantômes. Le fantastique au cinéma, Cahiers du cinéma, Paris, 1995, pp. 139-147.

Michael Leja, Reframing Abstract Expressionism, Yale University Press, New Haven-London, 1993 (soprattutto a p. 259 e a p. 319).

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Tag Gallagher, Hollywood, inventaire critique (3), in Trafic n° 16, autunno 1995, pp. 101-125 (propriamente su Jacques Tourneur, pp. 121-124). 6

Oltre alle opere dei più grandi Lang e Murnau e del primo Lubitsch, sono importanti anche Der Golem, wie er in die Welt kam (Il Golem – Come venne al mondo) del 1920 dell’attore e regista Paul Wegener (coautore Carl Boese). Der Verlorene Schatten del 1921 di Rochus Gliese con Paul Wegener. Schatten: Eine Nächtliche Halluzination (Ombre ammonitrici) del 1923 di Arthur Robison. Das WachsfigurenKabinett (Il gabinetto delle figure di cera) del 1924 di Paul Leni. I due film fantastici, precedenti il 1920, realizzati da Richard Oswald, Hoffmann Erzählungen del 1916 e Unheimliche Geschichten del 1919. Oppure l’episodio di Homunculus del 1916 di Otto Rippert. E, prima ancora, Der Student von Prag (Lo studente di Praga) del 1913 di Stellan Rye. Opere cinematografiche ripercorse con acume e intelligenza nel volume Prima di Caligari. Cinema Tedesco, 1895-1920, a cura di Paolo Cherchi Usai e Lorenzo Codelli, Edizioni Biblioteca dell’Immagine e Le Giornate del Cinema Muto, Pordenone, 1990. 7

Un saggio riguardante questo film di Ulmer è Enigma of the Black Cat di Paul Mandell (pp. 181195) nel libro curato da George E. Turner The Cinema of Adventure, Romance & Terror, The ASC Press Hollywood, California, 1989. In questo libro sono presenti anche due bei saggi sul cinema di Jacques Tourneur scritti da George E. Turner: The Exquisite Evil of Cat People (pp. 232-243) e Kiss and Kill from Out of the Past (pp. 254-261).

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Gli attori Boris Karloff e Bela Lugosi reciteranno insieme anche in The Body Snatcher (La iena) del 1945, prodotto da Val Lewton e diretto da Robert Wise.

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Due film belli e importanti, legati all’espressionismo tedesco, che influenzano il clima e l’atmosfera nell’horror e successivamente nel noir, sono The Mummy (La mummia) del 1932 e Mad Love (Amore folle) del 1935, con Peter Lorre (remake di Orlacs Hände del 1925 di Robert Wiene, regista del Caligari). Questi due film recano la firma del grande direttore della fotografia tedesco Karl Freund, che li realizza negli Stati Uniti. 10

11 John Landis nel dvd The Wolf Man (L’uomo lupo), Universal Studios Home Video, Italia, 2004, nel bonus: Monster by Moonlight, The Immortal Saga of the Wolf Man. Le parentesi quadre sono mie. 12

Cfr. Kim Newman nel suo illuminante libro Cat People, British Film Institute, London, 1999, p. 48.

Viaggio nel cinema americano, edizione italiana BIM – Minimum Fax, Roma, 2002 (arricchita dal libro Il bello del mio mestiere. Scritti sul cinema (traduzione italiana di Andreina Lombardi Bom)). Quanto detto e mostrato nel film, viene ribadito anche nel libro di M. Scorsese e M. Henry Wilson, Un viaggio personale con Martin Scorsese attraverso il cinema americano, Archinto, Milano, 1998. 13

Stephen King, citato da Kim Newman, scrive in Danse Macabre (traduzione italiana di Edoardo Nesi), Sperling & Kupfer, Milano, 2006 (prima edizione, Frassinelli, Milano, 2000), p. 131: «Se riuscite a vedere Cat People (Il bacio della pantera)… fate attenzione a quella scena in cui Irena sta in appostamento per Miss Randolph [Alice] mentre questa si affretta a prendere il bus. Guardate attentamente e vedrete che non è Central Park. È un set costruito in un teatro di posa. E c’è una ragione. 14

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Tourneur, che voleva controllare la luce in ogni momento, non decise di girare in teatro; semplicemente non poteva fare altrimenti. Nel 1942 lo “stato dell’arte” non consentiva di girare la notte in esterni. E così, invece di girare di giorno con i filtri, una tecnica che si dimostra falsa ancor più chiaramente, Tourneur con grande sensibilità scelse il teatro di posa…». 15

William F. Nolan citato da Stephen King in Danse Macabre, op. cit., p. 131.

A proposito di Curt Siodmak è importante leggere la sua ricca autobiografia Wolf Man’s Maker. Memoir of a Hollywood Writer, The Scarecrow Press Inc., Lanham, Maryland, London, 2001. Ricordo che Curt Siodmak ha scritto le sceneggiature di I Walked with a Zombie e di Berlin Express di Jacques Tourneur.

16

Come suggerisce Kim Newman in Cat People, op. cit., pp. 46-47. Vi sono altre versioni precedenti del film Dr. Jekyll and Mr. Hyde, come quella con John Barrymore del 1920. 17

18 Altri determinanti noir coevi del periodo o successivi sono: This Gun for Hire (Il fuorilegge, 1942) di Frank Tuttle. I Wake Up Screaming (Situazione pericolosa, 1942) di Bruce H. Humberstone. The House on the 92nd Street (La casa della 92a strada, 1945), The Dark Corner (Il grattacielo tragico, 1946), 13 Rue Madeleine (Il 13 non risponde, 1947), The Kiss of Death (Il bacio della morte, 1947) e Call Northside 777 (Chiamate Nord 777, 1948) di Henry Hathaway. The Spiral Staircase (La scala a chiocciola, 1945), The Killers (I Gangsters, 1946), The Dark Mirror (Lo specchio scuro, 1946), Cry of the City (L’urlo della città, 1948) e Criss Cross (Doppio gioco, 1949) di Robert Siodmak. The Grapes of Wrath (Furore, 1940) di Ford (con pregnanti accenti noir) e, in seguito, la sua trilogia di atmosfere noir: They Were Expendable (I sacrificati di Bataan, 1945), My Darling Clementine (Sfida infernale, 1946) e The Fugitive (La croce di fuoco, 1947). Casablanca (Casablanca, 1942), Mildred Pierce (Il romanzo di Mildred, 1945) e The Unsuspected (L’alibi di satana, 1947) di Michael Curtiz. Strangers in the Night (1944), The Great Flamarion (La fine della signora Wallace, 1945) e Strange Impersonation (1946) di Anthony Mann. E, più tardi, 1947-1949, tutti i suoi noir d’azione: da Desperate (Morirai a mezzanotte) sino a Side Street (La via della morte). My Name is Julia Ross (Mi chiamo Giulia Ross, 1945), So Dark the Night (Così scura la notte, 1946) e, successivamente, Gun Crazy (La sanguinaria, 1949) di Joseph H. Lewis. Somewhere in the Night (Il bandito senza nome, 1946) di Joseph Mankiewicz. The Blue Dahlia (La dalia azzurra, 1946) di George Marshall. Gilda (Gilda, 1946) di Charles Vidor. The Postman Always Rings Twice (Il postino suona sempre due volte, 1946) di Tay Garnett. Behind the Mask (1946) di Phil Karlson. The Strange Love of Martha Ivers (Lo strano amore di Martha Ivers, 1946) di Lewis Milestone. Black Angel (L’angelo nero, 1946) di Roy William Neill. Lady in the Lake (Una donna nel lago, 1947) di Robert Montgomery. Dark Passage (La fuga, 1947) di Delmer Daves. Dead Reckoning (Solo chi cade può risorgere, 1947) di John Cromwell. Nightmare Alley (La fiera delle illusioni, 1947) di Edmund Goulding. Born to Kill (Perfido inganno, 1947) di Robert Wise. The Naked City (La città nuda, 1948) di Jules Dassin. Force of Evil (Le forze del male, 1948) di Abraham Polonsky. The Lady from Shanghai (La signora di Shangai, 1948) di Orson Welles. Walk a Crooked Mile (La grande minaccia, 1948) di Gordon Douglas. Follow Me Quietly (Seguimi in silenzio, 1949) di Richard Fleischer.

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The Big Steal (Il tesoro di Vera Cruz, 1949) di Don Siegel. They Live By Night (La donna del bandito, 1949) di Nicholas Ray. Shockproof (1949) di Douglas Sirk. Ricordo che alcuni dei film elencati possiedono soltanto delle determinate peculiarità noir (atmosfera, clima, ambientazioni notturne), come per esempio i film di John Ford e Casablanca di Michael Curtiz. La prima importante e fondamentale monografia su Val Lewton è quella di Joel E. Siegel, il cui titolo è Val Lewton. The Reality of Terror, Secker and Warburg, London, 1972. Una più recente monografia è quella già citata di Alexander Nemerov, Icons of Grief. Val Lewton’s Home Front Pictures.

19

I western di Jacques Tourneur non sono classici. Sono western diversi, anche se toccano temi classici, come Wichita, maestoso nel proporre una ritualità quotidiana tanto distante dalle azioni prettamente irte di violenza. In questo far apparire e dipingere il quotidiano, sembra quasi che possano toccarsi due registi per altro agli antipodi quali il Jacques Tourneur di Wichita (1955) e il Budd Boetticher di Seven Men from Now (I sette assassini, 1956). Le sequenze del mangiare, del dormire, del carro impantanato, gli incontri. Jacques Tourneur nel quotidiano di una città di frontiera che sta cambiando, Budd Boetticher nella georgica scenografia di un attraversamento pericoloso di un fiume. I western di Tourneur mostrano un tipo di uomo alle prese con situazioni estreme, portate al parossismo con la consueta ed essenziale semplicità. Il Robert Stack di Great Day in the Morning (L’alba del gran giorno, 1956). Oppure il Dana Andrews che non s’arrende mai in Canyon Passage (I conquistatori, 1946), simile a Way of a Gaucho (Il grande gaucho, 1952), western argentino, dove lo spazio diviene il protagonista: e per un regista geniale nello spazio degli studios è un’altra grande e innegabile qualità. 20

21

Jacques Tourneur, Ecrits de Jacques Tourneur, (presentati da Jacques Manlay), op. cit., p. 7.

Nei titoli di testa del film compare come Tamara la figlia della steppa, mentre spesso è citato come Tamara figlia della steppa.

22

23

Jacques Tourneur, Ecrits de Jacques Tourneur, (presentati da Jacques Manlay), op. cit., p. 10.

Jacques Lourcelles sostiene a proposito di Fallen Angel (Un angelo è caduto) del 1946 di Otto Preminger: «Dana Andrews è uno degli attori chiave del grande cinema hollywoodiano degli anni Quaranta e Cinquanta» (in Jacques Lourcelles, Dictionnaire du Cinéma – Les Films, Robert Laffont, Paris, 1992, pp. 346-347). 24

25 È Jacques Tourneur stesso che afferma: «Ciò che mi ha interessato maggiormente in tutti i miei film è la dignità» (cfr. Bertrand Tavernier, Positif n° 132, novembre 1971, p. 8).

J. Manlay, Entretien avec Jacques Tourneur in Jacques Tourneur, Paris, Caméra/Stylo, maggio 1986, p. 59. 26

Franco Rella, L’enigma delle Baccanti contenuto in Euripide, Baccanti, Feltrinelli, Milano, 1993, pp. 10-13. 27

Cfr. Jacques Lourcelles, Note sur Jacques Tourneur, in Présence du Cinéma numero 22-23, autunno 1966, pp. 52-55. A p. 52 prosegue: «Mais la surprise continuelle (surprise d’exister, surprise de ne se sentir fait pour rien en ce monde et de se trouver pourtant y remplir un rôle) revient à l’absence – une absence totale – de surprise. Il ne reste plus que la ténacité». 28

25


AA. VV., Jacques Tourneur, Caméra/Stylo, Paris, Mai 1986, p. 8. L’importante testo di Petr Král va da p. 8 a p. 17. Confrontare inoltre quanto sostiene con intelligenza Raymond Bellour nel suo saggio Croire au cinéma in Jacques Tourneur, Caméra/Stylo, Paris, Mai 1986, p. 35, a proposito di Curse of the Demon-Night of the Demon, del 1957: «Que Tourneur soit par excellence l’un des cinéastes de la fascination, c’est à dire de la croyance et de ses avatars, cela est visibile à l’oeil nu: cadres, regards, distances, éclairages, jeu mesuré des acteurs saisis comme des figures, ellipses et durées». Sempre su Caméra/Stylo, è bella la rivisitazione critica fondata sul découpage del film operata da Dominique Zlatoff, La féline, pp. 94-107. Importante è anche il saggio di Alain Hussenot-Desenonges, Elle crie comme une femme, pp. 32-34 («femme-panthère, homme-léopard, catatonique, hallucinée…»). 29

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CENNI BIOGRAFICI Jacques Tourneur nasce a Parigi il 12 novembre 1904 1. È figlio del regista Maurice Tourneur e dell’attrice Fernande Petit, più conosciuta con lo pseudonimo Van Doren. Figlio unico, Jacques Tourneur beneficia di un’educazione artistica già in famiglia: sua madre è una vedette del teatro Antoine e suo padre Maurice, direttore di scena, ben presto regista cinematografico, si era formato alla scuola di Rodin e Puvis de Chavannes. Il piccolo Jacques è stato un bambino privilegiato, come ha confidato lui stesso, «nato con un cucchiaio d’oro in bocca». Il padre Maurice insegna a Jacques il gusto per le arti plastiche e per i musei. Lo inizia alla pittura a olio. Maurice Tourneur è un appassionato di scienze umanistiche e in particolare di psicanalisi. Fa scoprire al figlio Freud, Jung, Adler, Havelock Ellis. E Jacques ha sempre preferito i saggi e i trattati scientifici ai romanzi 2. L’insegnamento di Maurice Tourneur per il figlio Jacques si può sintetizzare in questa frase: «Noi non dobbiamo portare sullo schermo la realtà letterale, ma creare effetti che suscitino reazioni emotive o intellettuali… Si tratta di raggiungere una verità essenziale più significativa della sola verità delle apparenze» 3. A Parigi Jacques Tourneur studia alle scuole Montaigne e Lakanal. Il padre Maurice entra nel mondo cinematografico tra il 1911 e il 1912, seguendo le orme del suo amico Emile Chautard, diventato regista all’Eclair. Recita in numerosi film di Chautard ed esordisce come regista con Le Friquet (Friquet, 1913) 4. Dopo alcuni film girati in Francia, Maurice Tourneur parte per gli Stati Uniti, alla volta di Fort Lee nel New Jersey, con la moglie e il piccolo Jacques nel 1914. Jacques Tourneur prosegue gli studi in una scuola pubblica di New York. Maurice Tourneur, obiettore di coscienza, rimane negli Stati Uniti dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Maurice Tourneur dirige nel 1917 Mary Pickford in Pride of the Clan e Poor Little Rich Girl (Una povera bimba molto ricca). E realizza nel 1918 The Blue Bird (L’uccello azzurro) e Prunella (Prunella). The Blue Bird influenza la fantasia del giovane Jacques, così come le altre opere del padre. Jacques Tourneur negli anni successivi osserva, segue e fa suoi gli insegnamenti del cinema muto americano (soprattutto i film di Griffith, Walsh e Ford) e del cinema europeo (in particolare il cinema espressionista tedesco, quello nordico, quello mitteleuropeo e, in parte, certo cinema francese). Maurice e Jacques Tourneur vanno a vivere in California e nel 1919 diventano cittadini statunitensi. Jacques compie i propri studi prima alla Private School di Santa Barbara e poi alla Hollywood High School. Per sfuggire al giogo dei distributori, Maurice Tourneur si associa a Allan Dwan, Thomas Ince, Marshall Neilan, Mack Sennett, George Tucker per costituire la Associated Producers, che produce tra l’altro The Last of the Mohicans (L’ultimo dei Mohicani) del 1920 (corealizzato con Clarence Brown), The Foolish Matrons del 1921 e Lorna Doone (I banditi di Lost Hope) del 1922. In seguito Maurice Tourneur realizza film distribuiti dalla First National per la Maurice Tourneur Productions. Appena finisce gli studi secondari, dopo essere stato comparsa in Scaramouche (Scaramouche) di Rex Ingram, nel giugno del 1924 Jacques Tourneur inizia a lavorare con 27


il padre come script-clerk, in una serie di film a partire da Never the Twain Shall Meet (La regina mulatta). Così Jacques Tourneur dopo gli studi entra subito nell’universo cinematografico, percorrendone tutti i ruoli da comparsa a regista. Il padre abbandona la MGM per incomprensioni e nel 1926 se ne va dagli Stati Uniti rientrando in Europa. «Mi ha lasciato qui, completamente solo. Mi ha dato una banconota da 100 dollari dicendomi “E ora arrangiati!”». Maurice Tourneur non tornerà più negli States. Dal 1926 al 1928 Jacques Tourneur viene scritturato dalla MGM come stock-actor, per 50 dollari alla settimana, in opere di Sam Wood, Edmund Goulding e Clarence Brown 5. Contemporaneamente recita in alcuni spettacoli teatrali, tra cui Pilgrimage Play. A volte lavora anche come maschera all’Hollywood Bowl. Nel 1929 Jacques Tourneur raggiunge il padre Maurice a Berlino e gli fa da assistente per il film Das Schiff der Verlorenen Menschen (La nave degli uomini perduti). In seguito padre e figlio fanno ritorno in Francia dove Jacques lavora sia come assistente, sia come montatore fino al 1934, per i film del padre prodotti da Pathé-Natan. È proprio attraverso il lavoro di montatore che Jacques Tourneur impara i metodi stilistici del linguaggio cinematografico. Nel 1930 Jacques sposa Marguerite Christiane Virideau, attrice che ha conosciuto a Berlino. Contemporaneamente al lavoro di montatore inizia con gli anni Trenta a dirigere lui stesso film presso gli studi della Pathé-Natan, a Joinville-Le-Pont (come racconta in varie interviste citate). 1931 Tout ça ne vaut pas l’amour / Un Vieux garçon 1933 Pour être aimé 1933 Toto 1934 Les Filles de la concierge

Verso la fine del 1934 Jacques Tourneur torna in California con sua moglie. Aiutato anche da Clarence Brown lavora come regista delle Seconde Unità presso la MGM. Nel 1935 è regista della Seconda Unità di The Winning Ticket di Charles F. Reisner. (Dirige la sequenza della lotteria). Sempre nel 1935, Tourneur è regista della Seconda Unità per le sequenze della presa della Bastiglia, ideate e prodotte da Val Lewton, per il film A Tale of Two Cities (Le due città) di Jack Conway, prodotto da David O. Selznick. Conoscenza e amicizia tra Jacques Tourneur e Val Lewton. Origine del binomio di successo negli anni Quaranta per la R.K.O. con la trilogia del fantastico.

Dal 1936 al 1938 dirige come regista dei cortometraggi per la MGM: da The Jonker Diamond a Think It Over. Nel 1939 realizza, ancora per la MGM, il cortometraggio Yankee Doodle Goes to Town e comincia proprio alla MGM a dirigere dei lungometraggi. Sotto contratto della MGM Jacques Tourneur gira finalmente, proprio nel 1939, un lungometraggio, all’inizio concepito come cortometraggio a due rulli, per la serie Crime Doesn’t Pay, intitolato They All Come Out. Da qui inizia la sua splendida carriera di regista di lungometraggi, che finisce nel 1965 con War-Gods of the Deep (20.000 leghe sotto la terra). Lavora anche per la televisione. 28


Nel 1966 Jacques Tourneur e sua moglie tornano in Francia in una casa isolata a Pécharmant nei dintorni di Bergerac. Si trasferiranno nella cittadina di Bergerac nel dicembre del 1976. Jacques Tourneur non riesce più a girare film. Rimangono soltanto alcuni straordinari progetti scritti come Murmures dans des Chambres Lointaines (Whispering in Distant Chambers), come Lazare, come Words, Words, Words. «Dal 1966 nessuno mi ha più chiamato per realizzare film… Abitiamo in piena campagna vicino a Bergerac. Non è una fuga, ma la ricerca di una vita georgica e normale piuttosto che quella di Beverly Hills», confida Jacques Tourneur in una lettera a Michael Henry Wilson in data 31 dicembre 1972. Tra l’altro Michael Henry Wilson afferma che, in una lettera del 12 marzo 1976 indirizzata a Robin e Maurice Vaccarino, Jacques Tourneur abbia scritto: «In questa verde prigione sono preso da una terribile voglia di viaggiare. Amo tanto viaggiare. Nel mio testamento chiederò che la mia pelle venga presa per farne una grande valigia» 6. Jacques Tourneur muore per una crisi cardiaca il 19 dicembre 1977. Secondo Pierre Rissient, ventiquattro o quarantotto ore prima due società francesi importanti avevano riesumato Murmures dans des Chambres Lointaines e stavano per contattare il regista in vista di un’eventuale coproduzione 7. Note

Per queste notizie biografiche rimando all’intelligente e appassionante libro di Michael Henry Wilson, Jacques Tourneur ou la magie de la suggestion, Centre Pompidou, Paris, 2003. E alle biofilmografie curate da Simon Mizrahi e Pierre Guinle in Présence du Cinéma n° 22-23, autunno 1966, e da Patrick Brion in Cahiers du Cinéma n° 181, agosto 1966. È fondamentale il libro di Chris Fujiwara, Jacques Tourneur. The Cinema of Nightfall, The Johns Hopkins University Press, Baltimore and London e McFarland & Co., Jefferson, North Carolina, 1998.

1

2

Come scrive Michael Henry Wilson in Jacques Tourneur ou la magie de la suggestion, op. cit., p. 24.

Cfr. Motion Pictures Magazine, settembre 1918, riportato in Michael Henry Wilson, Jacques Tourneur ou la magie de la suggestion, op. cit., p. 26.

3

Nella filmografia stilata dallo studioso Jean Mitry, Le Friquet è datato 1912 (cfr. Jean Mitry, Maurice Tourneur, in Anthologie du cinéma n° 36 (supplemento a Avant-Scène du Cinéma n° 82), Paris, giugno 1968, p. 306). 4

5 Cfr. Simon Mizrahi e Pierre Guinle, Biofilmographie de Jacques Tourneur commenteé par lui même, in Présence du Cinéma, n° 22-23, autunno 1966, p 57.

Michael Henry Wilson, Jacques Tourneur ou la magie de la suggestion, op. cit., p. 200 (a proposito di Retour en France). 6

7

Michael Henry Wilson, Jacques Tourneur ou la magie de la suggestion, op. cit., p. 200.

29


CONVERSANDO CON JACQUES TOURNEUR

La seguente conversazione con Jacques Tourneur è montata facendo capo a cinque interviste differenti molto importanti, che mettono in rilievo il pensiero dell’autore. Le interviste sono: la conversazione televisiva realizzata da Jacques Manlay e Jean Ricaud per la trasmissione Directed by Jacques Tourneur, andata in onda nel giugno 1977 per FR3–Bordeaux e pubblicata in Caméra/Stylo, maggio 1986, pp. 51-66. Questa intervista viene abbreviata nel testo con Intervista TV, indicando la pagina di Caméra/Stylo. Quando viene riportata la domanda degli autori, vengono abbreviati con M. e R. i nomi di Manlay e Ricaud. Cahiers du cinéma n° 181, agosto 1966, pp. 35-42, Patrick Brion e Jean-Louis Comolli, Un cinéma de frontière: entretien avec Jacques Tourneur. Questa intervista viene abbreviata nel testo con Cahiers du cinéma n° 181. Présence du cinéma n° 22-23, autunno 1966, pp. 56-83, Simon Mizrahi e Pierre Guinle, Biofilmographie de Jacques Tourneur commentée par lui-même. Questa intervista viene abbreviata nel testo con Présence du cinéma n° 22-23. Positif n° 132, novembre 1971, pp. 9-16, Bertrand Tavernier, Propos de Jacques Tourneur (questa intervista è riportata con il titolo Les visages de la peur nel libro Amis Américains. Entretiens avec les grands auteurs d’Hollywood, Institut Lumière/Actes Sud, Lyon, 1983, pp. 364-372. Questa intervista viene abbreviata nel testo con Positif-Tavernier n° 132. Positif n° 515, gennaio 2004, Jacques Tourneur, Je crois à l’improvisation (intervista realizzata da Charles Higham e Joel Greenberg per il loro libro The Celluloid Muse, Angus and Robertson, London, 1969 – traduzione francese di Jean-Loup Bourget), pp. 80-85. Questa intervista viene abbreviata nel testo con Positif n° 515. Infanzia

Credo che la mia infanzia mi abbia influenzato. In quel periodo mi sono confrontato per la prima volta con la paura. Avevo circa quattro anni e abitavamo vicino al Luxembourg [a Parigi]. Mio padre che, prima di diventare cineasta, aveva dipinto molto e aveva lavorato con Puvis de Chavannes, abitava nella casa di quest’ultimo. Il suo atelier era una stanza misteriosa che mi riempiva di timore. Era là che la sera di Natale i miei genitori lasciavano i miei regali e mi dicevano: «Vai a cercarli da solo». C’era un corridoio molto lungo, completamente buio, e distinguevo da lontano le sagome bianche dei regali. Andavo avanti, tutto solo, combattuto tra la voglia dei giocattoli e la paura che quasi mi faceva svenire, perché i giocattoli nei loro imballaggi diventavano come fantasmi. Inoltre, quando non ero stato buono, i miei mandavano la cameriera nell’armadio. Dall’interno lei agitava un cappello. I miei dicevano: «È Bonhomme Tonnerre». È da lì che proviene una delle mie ossessioni: far sorgere improvvisamente in un’inquadratura delle cose inspiegabili, come la mano sulla rampa della scala in Night of the Demon, che scompare nel controcampo. Tra parentesi, ho impiegato molto tempo a scegliere quella mano e alla fine ho preso quella di un vecchio oramai prossimo alla morte. (Positif-Tavernier n° 132, p. 9)

Mio padre aveva una passione particolare che all’epoca non era molto diffusa: era un appassionato di qualsiasi forma di ricerca scientifica, medica, filosofica. La sua biblioteca era straordinaria. Seguiva in modo molto meticoloso tutte le scoperte nel 30


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