Storia
Canto Gregoriano al femminile Le Domenicane bolognesi DI STEFANIA RONCROFFI Gli studi sul canto gregoriano riguardano prevalentemente gli usi e le consuetudini liturgiche e musicali di comunità religiose maschili, tanto che per parecchio tempo si è creduto fosse praticato esclusivamente da uomini. Ancora in tempi recenti alcuni testi fanno esclusivo riferimento alle voci virili e non sempre sono state benevolmente accolte esecuzioni del repertorio gregoriano da parte di cori femminili. La ricerca storica, basata principalmente sull’esame di manoscritti musicali e delle regole emanate dai vari ordini religiosi, ha messo in luce il ruolo centrale del canto all’interno delle istituzioni femminili medievali. La preghiera cantata era ritenuta la più efficace presso Dio e ne viene rimarcata l’importanza come pratica quotidiana nelle principali regole monastiche femminili susseguitesi nel corso dei secoli, a partire da quella di sant’Agostino (354-430). Al canto partecipavano di solito solo le monache coriste, di nobili natali, mentre le famulae o servientes, in seguito denominate converse, provenienti dai ceti meno abbienti, se illetterate, erano esonerate dall’ufficio divino ed erano tenute alla sola orazione mentale e alla recita di un certo numero di preghiere conosciute1. La vita claustrale offrì alla monaca corista la possibilità di studiare, di acquisire le abilità musicali necessarie per partecipare con competenza al canto e talvolta anche di comporre pezzi destinati al culto. Sopravvivono alla storia solo i nomi di celebri figure quali Ildegarda di Bingen (1098-1179) e Herrad di Landsberg (ca. 1130-1195), badessa di Hohenburg, che si sono dedicate alla musica in modo inconsueto e singolare, ma al di là di questi casi eccezionali, il canto era di norma praticato nei monasteri femminili, principalmente nell’ufficio divino
e nella messa. Per assolvere il servizio liturgico le varie comunità monastiche disponevano di ricche dotazioni librarie2, che nel corso dei secoli sono state smembrate, disperse e talvolta distrutte. Una ricca collezione di libri corali provenienti da istituzioni religiose femminili è rappresentata dai manoscritti appartenuti ai monasteri domenicani bolognesi di Sant’Agnese e Santa Maria Maddalena di Val di Pietra. San Domenico, poco prima della morte, avvenuta a Bologna nel 1221, aveva espresso il desiderio di edificare in città una casa per le monache. Il progetto venne realizzato due anni dopo, nel 1223, dal suo successore Giordano di Sassonia e da Diana, della ricca famiglia degli Andalò, che fondarono il monastero di Sant’Agnese3, quarta comunità domenicana femminile in Europa dopo Prouille, Madrid e Roma, modello per la nascita di altre comunità femminili bolognesi dell’ordine4: tra queste Santa Maria Maddalena di Val di Pietra, che sorse verso la fine del XIII secolo e divenne celebre per il miracolo eucaristico della beata Imelda Lambertini5. Entrambi i monasteri possedevano 2. Cfr. Giacomo Baroffio, I libri liturgici in uso presso comunità religiose femminili con un’appendice sulla benedizione della badessa, in Celesti sirene II, Musica e monachesimo dal Medioevo all’Ottocento, Atti del secondo seminario internazionale di studi svoltosi a San Severo di Puglia dall’11 al 13 ottobre 2013, a cura di Annamaria Bonsante e Roberto Matteo Pasquandrea, Foggia, Cafagna Editore, 2015 («Le vie dei suoni», 2), pp. 69-104. 3. Cfr. Maria Giovanna Cambria, Il monastero domenicano di Sant’Agnese in Bologna. Storia e Documenti, Bologna, Tipografia SAB, 1973. 4. Cfr. Gabriella Zarri, I monasteri femminili a Bologna tra il XIII e il XVII secolo, «Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna», XXIV, 1973, pp. 133-223.
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1. Cfr. Vincenza Musardo Talò, Il monachesimo femminile. La vita delle donne
5. Sulla storia del monastero di Santa Maria Maddalena di Val di Pietra
religiose nell’Occidente medievale, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo,
cfr. Tommaso Alfonsi, La beata Imelda Lambertini domenicana, Bologna,
2006, p. 376.
Tipografia Parma, 1927.
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