In Memoriam
In ricordo di Gustavo Marchesi DI DANIELA IOTTI Gustavo Marchesi non amava definirsi storico della musica e tantomeno musicologo, nonostante la qualità e la quantità della sua ricerca, incentrata prevalentemente su Verdi e il melodramma dell’Ottocento, i numerosi incarichi ricoperti all’interno di importanti istituzioni, quali l’“Istituto nazionale di studi verdiani”, di cui è stato uno dei fondatori, lo smentiscano con evidenza. Un vezzo, una battuta, dunque? Può darsi, ma soprattutto il sentirsi diverso rispetto ad una musicologia troppo tecnica, isolata in freddezze accademiche, priva di quella passione, di quel trasporto soggettivo, esclusi e non richiesti dalla ricerca scientifica, di cui invece sono animati i suoi studi. Uno scrittore, allora, a tutto tondo, capace di allargare il suo principale centro di interesse, Verdi e le sue opere, ad aspetti ad esso correlati, come la città di Parma, i suoi protagonisti, Toscanini in primis, ma anche di trattare temi apparentemente marginali come la buona tavola, Buon appetito Maestro. A tavola con Giuseppe Verdi, o di trasformare le tematiche verdiane in una pièce teatrale, Verdi, merli e cucù - Cronache bussetane, due atti per attori e burattini, con musiche da Giuseppe Verdi, realizzato dalla Fondazione Toscanini e tratto dall’omonimo testo del 1979. E ancora un libro anomalo, L’infanzia di Gesù, per una lettura riservata ai bambini. E poi I Farnese, Maria Luigia, I teatri di Parma, La storia di Parma. (A lato la bibliografia). Una prosa, la sua, che arricchisce la ricerca storica di impressioni, ricordi personali, testimonianze di vita, laddove l’aneddotica sagace, il motto di spirito, l’ironia animano il testo portandolo su un piano letterario, solitamente non appartenente ai modi della storiografia e della musicologia cosiddetta scientifica. Da qui l’approdo a veri e propri testi letterari quali il romanzo, Troppe labbra profane e le raccolte, L’anatra all’arancia e altri racconti e il più recente, Storie in
42 |
IN MEMORIAM
breve, del 2018, che raccoglie una serie di racconti brevi, pubblicati la domenica nella pagina della cultura della Gazzetta di Parma. Ed è proprio in quest’ultimo lavoro che si coglie come i temi cari alla narrativa di Marchesi, la bassa emiliana, il Po, la quotidianità del vivere, gli amici si intreccino con la musica e come questa diventi a sua volta materia letteraria, assottigliando il confine tra saggistica e ricerca storica. Il libro contiene anche un carteggio con Cesare Zavattini, di cui Marchesi fu amico e collaboratore e col quale condivide una narrativa ironica e leggera capace di cogliere nel quotidiano e nell’aneddoto arguto e divertente la sostanza di una comunità e di una tradizione culturale. Docente dal 1970 alla fine del 1990 di Storia della Musica al Conservatorio di Parma, critico musicale per molti anni alla “Gazzetta di Parma”, non è da trascurare in Marchesi l’impegno divulgativo affidato a trasmissioni per la Radiotelevisione svizzera di Lugano, conferenze e incontri. Attento al canto e ai cantanti, considerava il coro non solo nella sua dimensione artistica ed espressiva, ma anche nei suoi valori etici, spirituali e sociali, come un’energia vitale indispensabile alla crescita individuale e collettiva, come realtà superiore in cui si armonizzano contrasti, dolori, gioie. Presentando un concerto del coro città di Parma, così si esprimeva Gustavo Marchesi: «Il coro è una realtà combattiva che si oppone all’inferiorità e all’inutilità del suono per sé stesso. È’ l’affermazione più esclusiva dell’uomo-suono, il più lodevole esperimento compiuto dall’umanità per sostituirsi alla voce della natura. È la nazione umana, il sentimento dei popoli, che prende possesso dell’invisibile e dell’udibile. Se la musica testimonia il colloquio col silenzio, vale a dire con la sacralità della morte, il coro dà la risposta più credibile