eBusiness N 4 - 2019

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ANNO II - N°4

Novembre 2019

Business

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Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N.46) Art. 1, Comma 1 Lom/Mi/1769

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D I G I T A L E

P E R

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M A D E

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BULGARI

Portare il cerimoniale di vendita a domicilio

VERTICAL BRAND

ALLBIRDS 6

Modelli di business a diffusione esponenziale 12

Quando il pure player guarda allo store fisico 19

OPEN INNOVATION

Investire in startup è il nuovo mantra dei CEO 23

I T A L Y

A CACCIA DI EMOZIONI Il lusso si reinventa nel segno della gamification

Cover: LOUIS VUITTON UN'INIZIATIVA DI

- EDIZIONI ECOMARKET SPA



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NOVEMBRE 2019

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Features

Contents

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Q&A CON JEAN-CHRISTOPHE BABIN DI BULGARI

V-BRAND ALL'ATTACCO CON IL CLIENTE AL CENTRO

La griffe dell'alta gioielleria è più che rodata nell'omnicanalità ma la crescita continua, grazie a Millennials e Gen Z.

Giovani marchi nati e cresciuti sul ribaltare l'idea di store fisico, sono protagonisti di crescite stellari.

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L'EDITORIALE

eLUXURY

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JEAN-CHRISTOPHE BABIN/BULGARI «Grazie al web portiamo la boutique di via Condotti a casa del cliente»

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ESHOPWORLD Al secondo posto tra gli International E-Commerce Services

eMARKET

10 POLITECNICO DI MILANO & NETCOMM E-commerc: in Italia genera il 65% della crescita retail on e offline 12 DIGITALLY NATIVE VERTICAL BRANDS La carica dei v-brand: «Il nostro mantra? Essere consumer-first»

14 JEN RUBIO/AWAY «È l'Away community a dirci cosa fare e dove andare» 19 SANDEEP VERMA/ALLBIRDS «Nell'era digitale lo store fisico fa la differenza»

eFOUNDERS

23 STARTUP Inventori disruptive, il corporate apre la caccia eFASHION 27 NUOVE STRATEGIE DEL LUSSO Un'experience ai confini della realtà

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INVESTIRE IN STARTUP È IL MANTRA DEI BIG PLAYER

CHI COMPRA MODA E LUSSO CERCA NUOVE EMOZIONI

Dal food alla moda, le aziende italiane sono sempre più interessate a creare partnership con i digital innovator.

I luxury brand ingaggiano gli e-customer a colpi di effetti speciali, videogiochi, avatar e identità virtuali.

28 GAMING E GAMIFICATION L'engagement: un gioco da ragazzi 36 ALTA GIOIELLERIA Le giovani generazioni premiano i gioielli sul web 40 JEROME FAVIER/DAMIANI GROUP «I principali clienti online? Donne che comprano per sé» 43

CEO ROUNDTABLE ON COMMERCE INNOVATION Il made in Italy che ce la fa è quello che sa cogliere il cambiamento

eDESIGN 56 CATHERINE COLIN/MADE IN DESIGN «Con Printemps siamo pronti all'omnicanalità»

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TUTTO SULLA CEO ROUNDTABLE A MILANO

CONSEGNE E RESI FANNO PARTE DELL'EXPERIENCE

Il resoconto di un evento che è ormai diventato un appuntamento fisso per i manager della moda e della tecnologia.

Tutta la catena di fornitura, dalla logistica di fabbrica all' "ultimo miglio", deve essere pensata in termini nuovi.

58 ROLAND FINK/NICESHOPS «Cresciamo a doppia cifra ma non smettiamo di essere "nice"» 61 LOGISTICA 4.0 Consegne e resi? Ci pensa l'intelligenza artificiale 70 CONCEPT STORE Digital atelier

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Trasforma ogni opportunitĂ in una vendita

t i n c e a b m i i le d n I

Concediti il lusso dell’esperienza

Gruppo internazionale leader in soluzioni omnichannel cloud-based per i professionisti retail. 1.000 BRANDS 70.000 PUNTI VENDITA IN 75 PAESI

cegid.com/it


EDITORIALE

Innestare il turbo

Marc Sondermann m.sondermann@ebusinessmagazine.it

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n termini di innovazione, per il sistema del lifestyle italiano è giunto il momento di premere l’acceleratore. Rispetto a soli quattro anni fa, quando partimmo con la nostra attività di CEO Roundtable connettendo moda, lusso e design con eccellenze digitali già affermate a livello mondiale, il comparto ha fatto passi da gigante. Da fanalino di coda, con un peso dell’e-commerce fermo sotto l’1% del fatturato totale, il nostro ecosistema di brand si è evoluto rapidamente. In termini di vendite nette operate sul canale dell’e-commerce diretto, tipicamente full price, rasentiamo ormai il 5% del giro d’affari complessivo, a cui si sommano le fette di business ottenute sui marketplace, dalle flash sale e affini. Ci avviciniamo dunque rapidamente, tutti insieme, a quel ‘tipping point’ del 6% indicato dagli esperti di McKinsey & Co, oltre il quale la velocità dell’innovazione, ben lungi dal saturare, aumenta. Non si tratta, però, di un passaggio automatico, già impostato, ineludibile. Si entra invece in una fase ancora più ardua, difficile, con ulteriori e maggiori investimenti, proprio per l’impatto che tutto questo ha sull’insieme dell’azienda, anche se gli incentivi sono immensamente più rilevanti. Finisce, qui e ora, la fase in cui si poteva vedere nelle proprie attività digitali un’azienda nell’azienda, da lasciare in mano a quattro ragazzi svegli, ma senza rilevanti ripercussioni sul core business, che rimaneva saldamente ancorata alla competenza degli ‘adulti’. Oggi è vero

tutto il contrario. Gli impulsi che vengono dal digitale, in termini di domanda, prodotto, competizione, comunicazione e posizionamento vanno ascoltati con maniacale attenzione, in primis dal vertice supremo. Anche se le transazioni avvengono ancora per il 95% nel mondo fisico (ma, inclusi i clienti wholesale, i pure player e i marketplace, la quota è più verosimilmente vicina all’85%), il 60% e oltre delle intenzioni d’acquisto si forma online. Le unit di e-commerce e CRM devono dunque essere posizionate al centro delle strategie aziendali, non all’interno della periferia organizzativa. Da lì devono partire gli spunti per ridisegnare il modello di business nel suo insieme, l’approccio di marketing, la brand integrity wholesale e la filosofia di prodotto. Sottovalutare le dinamiche online, in particolare le insidie sul governo del prezzo, insite nei marketplace come Amazon, vuol dire consegnarsi a un inesorabile declino. Imparare dai leader significa invece fare come la Nike, che ha appena scelto un profilo marcatamente digitale come CEO e, guarda caso, interrotto immediatamente le vendite su Amazon. Scelte coraggiose, certo. Ma il destino dei pavidi è gia scritto. E non è roseo.

Direttore Responsabile

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eLUXURY

INTERVISTA Jean-Christophe Babin Bulgari

«Grazie al web portiamo la boutique di via Condotti a casa del cliente» Bulgari ha lanciato il primo sito di e-commerce in America nel 2006 e oggi vende le sue creazioni in otto Paesi, con tassi di penetrazione più forti in mercati come la Cina e l’America. In pole position tra i clienti Millennials e Generazione Z. «Ma parlare di online o brick & mortar è riduttivo», osserva JeanChristophe Babin, a.d. della griffe nell'orbita del gruppo Lvmh DI CARLA MERCURIO

Da quanto tempo avete lanciato il sito di e-commerce e quali risultati avete ottenuto fin qui? Bulgari ha inaugurato il primo sito di ecommerce nel 2006 in America e oggi è nei top five negozi americani, con un tasso di crescita doppio rispetto al brick&mortar. Ma oggi parlare di online e offline è riduttivo: negli ultimi due anni la nostra sfida è stata quella di essere davvero omnichannel, lavorando per garantire un’esperienza senza soluzione di continuità in tutti i punti di contatto, fisici e digitali, prima, durante e dopo l’acquisto. Più dell’80% dei clienti che hanno comprato in store oggi hanno avuto un punto di contatto digitale attraverso il sito o i social. Proprio per questo il portale è stato pensato per soddisfare le esigenze del consumatore: dal trovare dettagli su un prodotto, al comprarlo online o a reperire informazioni sui negozi. 6

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Quanti clienti avete giornalmente online e quale lo scontrino medio? Ogni mese 12mila clienti contattano il nostro customer service attraverso il canale telefonico, instant messaging (WeChat) ed e-mail e, sempre ogni giorno, 70 clienti effettuano acquisti online. I nostri bestseller sul web sono la linea Divas’ Dream e B.zero1. In quanti e quali Paesi siete attivi con il sito? Abbiamo un portale internazionale e 20 regionali. Su tutti è possibile richiedere un appuntamento in negozio, informazioni al customer service e accedere al nostro store locator, per trovare il punto vendita più vicino. In otto Paesi - Usa, Canada, Cina, Giappone, Uk, Germania, Spagna, Australia - abbiamo attivato anche la possibilità di comprare online. È possibile ricevere il

Più dell’80% dei clienti che hanno comprato in store oggi, hanno avuto un punto di contatto digitale, attraverso il sito o i social prodotto a casa o ritirarlo in negozio. E nel 2021 il focus sarà su Medio Oriente, Sud Est Asiatico ed Europa. Ci sono fasce di età più propense ad acquistare online e Paesi in cui i clienti sono più digital oriented? Sicuramente l’adozione di strumenti digitali è maggiore per le generazioni digital native. Basti considerare che la GenZ e i Millennials rappresentano oltre il 60% del traffico sul sito. Dominano il mercato, perché la loro mentalità ha avuto e ha un profondo effet-

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1. Jean-Christophe Babin, a.d. di Bulgari 2. Il sito Internet della maison 3. Un anello e un bracciale della linea B.zero1, tra i bestseller sul web 4. Due collane della serie Divas' Dream, tra le più vendute online 5. Giovani in pole position sull'account Instagram del marchio 6. La boutique storica di Bulgari in via Condotti, a cui è ispirato il packaging dei prodotti venduti online

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to su tutti i consumatori della sfera luxury. Sono stati i primi a dare la massima attenzione al commercio elettronico, ai social network e agli influencer, ma senza mai dimenticare di mettere al centro di tutto l’esperienza sul prodotto. Per quanto riguarda i mercati, invece, la online penetration è certamente maggiore in Cina e in America.

del cliente anche attraverso un signature packaging, ispirato all’iconico motivo Bulgari Pantheon mesh con la stella a otto punte. All’apertura della scatola il consumatore vede la nostra porta iconica stampata in oro a caldo e, al suo interno, il prodotto avvolto dal nastro color saffron e confezionato a mano. In caso di misura non corretta restituire o cambiare un prodotto è facile quanto acquistarlo: basta recarsi nella boutique Bulgari più vicina o richiedere il ritiro nel posto desiderato, tramite il customer service o direttamente online.

Come avete replicato l'experience in negozio sul portale? Il punto di partenza è stato il Customer Service, ossia la voce di Bulgari: un team di persone altamente specializzate e dedicate alle esigenze dei clienti, con l’obiettivo di esaudire ogni desiderio. Abbiamo inoltre puntato a semplificare il processo di acquisto online e a garantire i metodi di pagamento più utilizzati. Per assicurare un’esperienza coerente, abbiamo pensato di portare il nostro negozio storico di Roma in via Condotti a casa

A proposito di servizio, quali sono le vostre carte vincenti? Sicuramente trovare il metodo di pagamento che si vuole utilizzare, la facilità di reso o di cambio prodotto e la flessibilità nella consegna, che permette di scegliere una finestra temporale e poter rischedulare la data.

Come coinvolgete il consumatore attraverso i social? Vogliamo creare sempre più un legame diretto e coinvolgente con il cliente finale. Per mezzo delle Instagram stories chiediamo opinioni sul prodotto e sulle campagne di brand o interazioni con gli ambassador. Attraverso il feed ci dedichiamo maggiormente alla conversione da viewer a buyier, dando dettagli di prodotto che vanno dal costo alla descrizione dei materiali, fino allo storytelling. Una serie di newsletter supporta il “drive to store” e il “drive to site”, promuovendo i lanci, ingaggiando i clienti potenziali, soprattutto durante i Kcp (key consumption period) e fornendo informazioni rilevanti sul brand e sui servizi offerti. Quali garanzie date ai consumatori in merito alla sicurezza? Tutti gli ordini vengono verificati dal nostro team di analisti della frode e nel caso di dubbi contattiamo il cliente per garantire che la transazione sia lecita. Una garanzia digitale e un numero di serie vengono spediti con tutti gli acquisti, al fine di garantire l’autenticità del prodotto. A quale partner tecnologico vi siete affidati per l’implementazione del sito? Abbiamo scelto il migliore sul mercato; in parallelo con i nostri analisti esaminiamo il percorso del cliente, in modo da individuare gli inevitabili punti dolenti, dove agiamo lavorando con partner specializzati e soprattutto con startup.  eBusiness

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eNEWS

DI ALESSANDRA BIGOTTA

Farfetch: ricavi col turbo ma più perdite nel trimestre «Torneremo alla redditività nel 2021», ha assicurato il patron José Neves commentando i dati del quarter Crescita stellare dei ricavi (+90%, a quota 255,5 milioni di dollari) per Farfetch nel terzo trimestre. Tuttavia, il risultato netto è rimasto negativo e per di più in peggioramento: -85 milioni di dollari, dal rosso di 77 milioni del terzo trimestre 2018 (+11%). Il ritorno alla redditività, secondo il management, dovrebbe avvenire nel 2021. Acquisizioni come Stadium Goods e New Guards Group, dopo il listing a Wall Street, sono state molto criticate, ma nella nota sulla trimestrale il patron di Farfetch José Neves ha detto: «Rimaniamo focalizzati sul promuovere la rilevanza culturale del nostro marchio. E sono soddisfatto dei nostri progressi iniziali nell’integrazione di New Guards Group». «I primi vantaggi strategici e finanziari derivanti dall'acquisizione di Ngg - ha aggiunto il cfo Elliot Jordan hanno contribuito a migliorare l’ebitda». Questo mese alcuni azionisti hanno intentato una causa, perché la società non avrebbe indicato adeguatamente i rischi del suo business. Intanto l’analista di Bernstein, Luca Solca, ha abbassato il rating sulla società. In gioco, a suo parere, c’è la sostenibilità finanziaria del business: la questione è se Farfetch dovrà o meno tornare sul mercato per rifinanziarsi. Un punto chiave è se l’e-tailer stia subendo una metamorfosi, attraverso le operazioni di M&A. Per il quarto trimestre Neves stima un aumento del Gmv fra il 30% e il 35%, dopo il +37% del terzo quarter, a 420 milioni di dollari.

Dhl: per la prima volta in Italia la Fashion & Beauty Masterclass Al centro del convegno l'evoluzione della logistica per due settori cardine del lifestyle, con la sostenibilità e la gestione dell’ “ultimo miglio” in primo piano Sono stati oltre 80 i partecipanti alla prima Fashion & Beauty Masterclass 2019 di Dhl in Italia, con il nostro direttore Marc Sondermann come moderatore. Sul palco con lui Jerome Charlez e Jamie Burton de L’Oréal, Alvaro Etayo di Jogotech, Peter Blom di Retail Unity, Gemma Juviler del British Fashion Council, Carsten Lützenkircher di Dhl e Mark Patterson di Dhl Supply Chain. Tema centrale l’integrazione tra online e offline in due settori cardine del lifestyle, con più dell’85% dei consumatori convinto che la consegna sia parte integrante della shopping experience. Cruciale il ruolo dell’ “ultimo miglio”, la cui logistica rappresenta il 40% dei costi della supply chain e che è influenzato da vari fattori, dall’esigenza di personalizzazione dell’utente alla sostenibilità. Su questo fronte Dhl sta investendo molto, a partire dal packaging (seconda voce di spesa per il gruppo Dp Dhl) e dai materiali usati per le consegne: il programma Go Green fornisce diverse opzioni relative alla riduzione di emissioni, rifiuti e altri impatti sull’ambiente nella supply chain. Ne fanno parte i tir a pannelli solari, le consegne in bici e i mezzi elettrici. All’evento è stato presentato il Fashion & Environment White Paper: realizzato da Dhl con il British Fashion Council e legato all’obiettivo di quest’ultimo di portare la logistica a zero emissioni entro il 2050, analizza l’impatto della moda sull’ambiente. Obiettivo del leader mondiale nei servizi di logistica è dunque lavorare sul valore aggiunto a livello di omnicanalità, velocità, efficienza e impegno green. 8

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eShopWorld al secondo posto tra gli International E-Commerce Services La società leader nel cross-border commerce fa parte dei 2020 Leading Vendors to the Top 1000 E-Retailers, stilata da Internet Retailer eShopWorld, una delle società leader nel cross-border commerce a livello mondiale, è stata inserita tra i 2020 Leading Vendors to the Top 1000 E-Retailers di Internet Retailer. Nella fattispecie, eShopWorld ha ottenuto il secondo posto nella categoria International E-Commerce Services. Il ranking di Internet Retailer si basa sul numero di clienti retail serviti, che fanno parte della Internet Retail Top 1000, e rappresenta una guida per gli e-retailer interessati ad avviare intese con provider di soluzioni tecnologiche. «Il global commerce - ha commentato Tommy Kelly, ceo di eShopWorld - rappresenta una delle opportunità più significative per marchi e retailer. Per coglierle è essenziale garantire una shopping experience senza soluzione di continuità». Kelly si è detto felice di aver ottenuto questo riconoscimento, «in quanto ancora una volta conferma che aiutiamo i clienti a centrare i loro obiettivi di sviluppo, garantendo loro un servizio di valore e affidabile». «Non vediamo l’ora - ha concluso - di supportare altri brand e retailer a espandersi a livello internazionale, proseguendo nella nostra missione di garantire alle retail company e alla loro clientela un’esperienza di shopping online semplice e local». L’attività di eShopWorld abbraccia sei continenti, fornendo soluzioni di e-commerce incountry e cross-border ai retailer globali, in modo tale di collocare la loro offerta online in un numero di mercati che arriva a quota 200, rendendo più facile ai consumatori internazionali muoversi in modo seamless nella buyer journey e completare i loro acquisti. Internet Retailer, che viene pubblicato da Digital Shopper 360, riconosce ai fornitori che fanno parte della categoria International ECommerce Services la capacità di stare a fianco dei retailer con software che li indirizzano in ambiti come le norme fiscali, le consegne, le conversioni valutarie e i resi nei mercati esteri. Come sottolinea una nota, «man mano che l’ecommerce internazionale cresce, i servizi di eShopWorld e di altri vendor leader sul mercato diventano sempre più importanti. Non a caso, eShopWorld lavora con alcuni dei più significativi brand del lusso, della lingerie, del fashion e dello sportswear, gestendo il global e-commerce di cinque tra i dieci marchi al top nell’abbigliamento». Nata nel 2010, eShopWorld ha sede in Irlanda e ha uffici negli Stati Uniti, a Singapore e in Olanda. L’azienda è di proprietà di Tommy Kelly e di Asendia, frutto di una partnership tra la francese La Poste e la svizzera SwissPost.



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SECTOR OVERVIEW E-Commerce B2C Politecnico di Milano & Netcomm

E-commerce sempre più centrale: in Italia genera il 65% della crescita retail (on e offline) Nel 2019 gli acquisti online in Italia sfiorano i 31,6 miliardi di euro (+15%). Smartphone sempre più rilevanti: valgono già il 40% del totale, ma tra il 2020 e il 2021 diventeranno il primo mezzo di acquisto, superando il dekstop. Nonostante una penetrazione del 7,3%, il commercio digitale è il motore di tutte le vendite DI ANDREA BIGOZZI

Cresce l'e-commerce italiano, ormai sempre più rilevante sia in termini di consumi diretti, sia perché si conferma il motore di innovazione e di crescita di tutto il retail, essendo responsabile del 65% di tutte le vendite, sia online che offline. Gli acquisti via Internet in Italia sfiorano nel 2019 i 31,6 miliardi di euro, un incremento del 15% rispetto al 2017 e una crescita record, in termini di valore assoluto, pari a 4,1 miliardi. A evidenziare lo stato di salute del canale è l'Osservatorio eCommerce B2c della School of Management del Politecnico di Milano e di Netcomm, che quest’anno festeggia i 20 anni dalla prima rilevazione. «Se consideriamo che nel 1999 l'e-commerce in Italia valeva circa 100 milioni di euro (quasi esclusivamente generati da acquisti di servizi) - fa il punto Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation dell'ateneo milanese - e che solamente nel 2010 raggiungeva la soglia 10

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dell'1% del retail, sono evidenti i progressi fatti dal nostro Paese negli ultimi anni». Dietro i dati relativi al 2019 si nascondono dinamiche molto variegate. Da una parte, gli acquisti online di prodotto valgono 18,1 miliardi (+21%) e mostrano trend di crescita ancora da capogiro, con 281 milioni di ordini per uno scontrino medio di circa 66 euro, mentre quelli di servizi, pari a 13,5 miliardi di euro (+8%), grazie a 60 milioni di ordini e a uno scontrino medio di circa 228 euro, sembrano entrati nell'età matura. Tra i prodotti, l’Informatica & Elettronica si conferma il comparto più rilevante (+19% e un valore complessivo di 5,3 mi-

liardi di euro) seguito dall’Abbigliamento (+16%, 3,3 miliardi di euro). Ma i settori che negli ultimi 12 mesi hanno registrato un ritmo di crescita più elevato sono l’Arredamento & Home Living (+30%, 1,7 miliardi di euro) e il Food & Grocery (+42%, 1,6 miliardi di euro). L’Editoria supera il miliardo di euro (+8%), mentre gli acquisti in tutti gli altri comparti di prodotto valgono insieme 5,2 miliardi nel 2019, +21% rispetto al 2018. Nei servizi è sempre il settore Turismo Trasporti, con 10,9 miliardi di euro, a farla da padrone nell’e-Commerce italiano. «Nel 2019 - dichiara Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio eCommerce


Nel 2019 l’Osservatorio eCommerce B2c festeggia i 20 anni dalla prima rilevazione: sono evidenti i progressi fatti dal nostro Paese in fatto di e-commerce, che nel 1999 valeva circa 100 milioni di euro (quasi esclusivamente generati da acquisti di servizi) e nel 2010 raggiungeva appena l'1% delle vendite retail

generazione costituisce il 40% del totale del commercio digitale (era il 34% nel 2018). Il desktop - pur rimanendo il device preferito per fare shopping online - passa dal 60% nel 2018 al 55% nel 2019, mentre il tablet si riduce dal 6% al 5%. Nei principali comparti di prodotto lo smartphone ha una quota sull’e-commerce totale molto elevata e arriva già in alcuni casi a rappresentare il principale device per lo shopping (50% degli acquisti a valore nell’Abbigliamento, 49% nell’Arredamento e Home Living e 48% nel Beauty). Ma per il sorpasso definitivo, secondo gli esperti dell'Osservatorio, si dovrà attendere tra il 2020 e il 2021, quando lo smartphone diventerà il primo canale per l’e-commerce nel suo complesso. Il 2019 è sicuramente un anno di svolta per le imprese italiane che sono disposte a potenziare gli investimenti in tecnologie online, anche in vista dell'export, inteso come il valore delle vendite da siti italiani a consumatori stranieri. Questo dato vale ormai 4,4 miliardi di euro (+13% rispetto al 2018) e rappresenta il 15% delle vendite e-commerce totali. L’export di servizi, pari a circa 1,4 miliardi di euro (+12% rispetto al 2018), è spinto dal settore Turismo.

Fonte: Netcomm-Politecnico Milano

Informatica & Elettronica è il settore più rilevante ( 5,3 miliardi di euro), mentre Arredamento & Home Living (+30%) e Food & Grocery (+42%) sono quelli che crescono di più percentualmente B2c - l’incidenza dell’e-Commerce B2c sul totale vendite retail è passata dal 6,5% al 7,3%, con una significativa differenza tra prodotti (6%) e servizi (11%). Rimangono importanti le differenze relative all’incidenza dell’e-Commerce nei diversi comparti merceologici: si va dal 36% nel Turismo trasporti all’1% nel Food & Grocery. Nel mezzo troviamo Assicurazioni, Arredamento e Home Living, Abbigliamento, Editoria e Informatica ed Elettronica, con penetrazioni comprese tra il 7% e il 27%». Se invece si analizza il fenomeno dal punto di vista del device, è evidente che lo shopping online formato smartphone ha compiuto un altro

passo in avanti e ormai sembra lanciato verso il sorpasso sul deskstop. Alla base dello sviluppo del mezzo ci sono una maggior sensibilità dei merchant nella progettazione di customer journey nativamente mobile, la diffusione e la frequenza d’uso dei dispositivi mobili (dal 2016 lo smartphone è diventato lo strumento più usato per connettersi a Internet), senza tralasciare che lo smartphone è più adatto a favorire tutti gli acquisti di impulso, personalizzati (sulla base delle informazioni “personali” salvate sul dispositivo) e omnicanale (acquisto online in store). Nel 2019 il valore degli acquisti online attraverso i telefoni di nuova

I prodotti, grazie a una crescita del +13%, valgono circa 3 miliardi di euro e rappresentano il 67% delle vendite totali oltreconfine. L’Abbigliamento è il principale comparto nell’esportazione e costituisce circa i due terzi dell’export di prodotto, seguito da Arredamento & Home Living (6%), Informatica ed Elettronica di consumo (5,5%), Beauty (4%) e Food & Grocery (3%). Le principali direttrici dell’export digitale di prodotto sono rappresentate dall’Europa, che attrae il 58% circa del flusso a valore, e dagli Usa (20%). Seguono alcuni Paesi del Sud-est asiatico, come Cina (4%), Giappone (3%) e Russia (3%).  eBusiness

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DIGITALLY NATIVE VERTICAL BRANDS Direct-to-consumer Away, Lanieri, RocketBaby, SkinLabo

La carica dei v-brand: «Il nostro mantra? Essere consumer-first» Sono nati e cresciuti sul web e stanno rubando quote di mercato ai marchi dell’establishment, avanzando anche nel retail fisico. Vengono da diversi settori, ma hanno la stessa "ossessione": fare felici i loro clienti DI ANGELA TOVAZZI

Si chiamano digitally native vertical brand, o v-commerce brand, e dagli Stati Uniti dove il fenomeno è nato - stanno facendo proseliti anche in Europa. Basti un esempio: Warby Parker, il “Davide” dell’eyewear fondato da alcuni nerd della University of Pennsylvania, che alla faccia dei colossi dell’occhialeria sono partiti da zero con la vendita online e nel giro di pochi anni sono arrivati a sfondare il tetto dei 250 milioni di dollari di fatturato (2018), espandendosi anche con un network fisico. Ad animare lo spirito di iniziativa di questi ragazzi è stato un moto di ribellione: uno di loro aveva rotto gli occhiali da sole 12

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ma non poteva permettersi di comprarne un altro paio per i costi proibitivi. Da lì l’idea di sfidare chi nel settore aveva il monopolio, con la creazione di occhiali di qualità, ma a un prezzo accessibile. Come? Scegliendo i propri partner produttivi e bypassando la filiera distributiva tradizionale, con l'obiettivo di arrivare senza intermediari al consumatore tramite il web, dialogando attraverso i social e vendendo con l'e-commerce. Warby Parker è un caso emblematico di come i cosiddetti dnvb stiano cambiando le regole dell’industria, grazie ai mezzi democratici della tecnologia: solo negli Stati Uniti quelli che hanno fatto il botto sono tantis-

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simi. Pensiamo a realtà come Bonobos ed Everlane (abbigliamento), Eve e Casper (materassi), Dollar Shave e Harry’s (prodotti da barba), per non parlare delle (ormai ex) startup della cosmesi e del make-up, protagoniste di un’escalation che sta dando del filo da torcere ai big del beauty. Come Glossier, fondato dalla ex modella Emily Weiss, che dopo aver aperto un blog ha pensato bene di monetizzare il successo riscosso presso le sue follower lanciando una piattaforma online di prodotti di bellezza: una mossa che l’ha fatta approdare in poco tempo nell’olimpo degli “unicorn”. Ancora più emblematico è il caso delle


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1. Due e-shopper in azione 2. Alcuni prodotti di Glossier, beauty company di Emily Weiss 3. Il primo concept store dei materassi Tediber a Parigi 4. Un'immagine di Casper, azienda Usa di materassi che in cinque anni ha superato i 400 milioni di dollari di ricavi 5. Una proposta di RocketBaby 6. Uno store fisico dell'eyewear brand Warby Parker 7. Lo stile di Velasca, tra i pionieri italiani del modello direct-to-consumer

celebrity che hanno sfruttato la loro popolarità e fanbase per arrivare via Internet direttamente al pubblico a colpi di post su Instagram e Snapchat. Zero pubblicità, costi di distribuzione dimezzati, engagement e conversion assicurati. Gli oltre 500 milioni di dollari di giro d’affari realizzato da Rihanna con Fenty Beauty in meno di due anni e i circa 400 milioni portati a casa dalla “youngest selfmade millionaire” Kylie Jenner con la sua Kylie Cosmetics hanno suscitato non pochi interrogativi nell’establishment, spiazzato da questa avanzata. Perché è evidente che i V-brand hanno una marcia in più. Nel senso letterale del termine. «Dalla loro hanno la mentalità. Una mentalità totalmente digitale», spiega Marcello Messina, equity partner di iStarter, acceleratore italiano di scaleup che ha l’obiettivo di supportare le giovani imprese nella ricerca di investimenti, offrendo competenze e connessioni. Un approccio digital first, che si riflette nell’offerta di prodotti e servizi: «Per comunicare - prosegue Messina - utilizzano esclusivamente i social, arrivando velocemente a un target molto ampio con investimenti ridotti, e nella vendita adottano un modello direct-to-consumer», un segmento che si stima avrà una crescita esponenziale, passando dai 6,6 miliardi di dollari generati nel 2015 ai 16 miliardi del 2020. Detto altrimenti: si tratta di brand che gestiscono in completa autonomia l’intera filiera produttiva, dal fornitore al cliente finale, riuscendo ad abbattere i costi di una produzione massiva (perché ragionano on

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ENRICO DELUCHI (ATANDIA)

«Cosa conta di più? La capacità imprenditoriale di chi sta dietro al progetto» Angel investor e advisor strategico per le giovani imprese con il suo veicolo Atandia, Deluchi spiega quali sono i direct-to-consumer brand che hanno le carte in regola per attrarre l’interesse degli investitori e i settori in pole position Quando si tratta di direct-to-consumer brand, gli investitori sono più attenti alle metriche di business che ai fattori di "coolness". Questa in sintesi l'idea di Enrico Deluchi, founder del veicolo di investimento Atandia. Ci sono delle regole: in primis, i marchi che si candidano devono avere «un mercato target ben definito e un prodotto/offerta con un valore specifico riconoscibile e comunicabile». Questa la conditio sine qua non. Ma poi sono altri i criteri che determinano se un brand può farcela. «Da valutare ci sono sia il costo di acquisizione di un nuovo cliente, ossia quanto dovrò investire in attività di marketing e comunicazione per ottenere il primo acquisto, ma anche il valore a lungo termine di un potenziale consumatore, ovvero quanti soldi quest'ultimo arriverà a spendere nel corso del tempo». In parallelo va anche valutato quanto velocemente un determinato mercato viene "saturato" da uno specifico marchio, prima di dover nuovamente investire. Deluchi cita per ultimo l'asset che ritiene più importante in assoluto agli occhi di un investitore, ossia «la capacità imprenditoriale di chi sta dietro il progetto». «Quando si tratta di investire soldi - aggiunge - questo è il primo criterio. E la capacità di avere un'eccellente customer care risulterà, nel medio-lungo termine, forse il più importante key success factor». Ma quali sono i settori dove si sta concentrando maggiormente l'interesse dei business angel? Al primo posto Deluchi

mette le calzature, preferibilmente maschili. «Un esempio interessante in Italia - spiega - è Velasca, ma anche Dis-Design Italian Shoes e Fessura». Un altro segmento in ascesa è quello della moda e accessori per bambini, con realtà from Italy come RocketBaby, Mukako e Armadio Verde, il re-commmerce specializzato anche in moda uomo e donna. «Nel caso del childrenswear - sottolinea - l'aspetto interessante è rappresentato dalla ripetitività degli acquisti e dal fatto che le mamme, sia oggi sia in un prossimo futuro, sono digitally native». Occhi puntati anche su accessori e abbigliamento dai forte contenuti tecnologici, che riescono a offrire non solo prodotti ma «esperienze endto-end continuative». Una best practice? Peloton. «In questo caso - dice Enrico Deluchi - non acquisto solo un attrezzo per il fitness, ma un'esperienza di training ingaggiante». Tra gli "osservati speciali" figurano inoltre la cosmetica, anche se «è una partita complessa, a causa della spesa di marketing molto alta, alla concorrenza feroce e alla poca loyalty delle clienti», la confezione maschile, nonostante il mercato cominci a essere un po' affollato, e lo streetwear, dove tuttavia «è difficile affermarsi a livello globale senza una dotazione finanziaria importante e in un mercato ad alta volubilità». Meno attraente per gli investitori, invece, il settore Dtc della moda femminile, «un mercato super competitivo e con un'offerta immensa».

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1. Simone Maggi e Riccardo Schiavotto, fondatori del v-brand di menswear su misura Lanieri 2. L'app del marchio, nato nel 2013 3.4. Rihanna e la sua Fenty Beauty, arrivata a superare i 500 milioni di dollari di ricavi 5. Uno scatto della startup marchigiana Dis-Design Italian Shoes, specializzata nella produzione di scarpe su misura personalizzabili dal cliente

demand, in base alle richieste) e dell’intermediazione commerciale, senza tappe obbligate presso showroom, negozi e outlet. E, soprattutto, ci sanno fare con i loro clienti, perché mentre sfruttano i grandi numeri della Rete riescono a instaurare un rapporto one-to-one con ciascuno di essi, facendo tesoro dei loro feedback per aggiustare progressivamente il tiro nell’offerta e rimodulare le attività, come insegna Jen Rubio, co-founder della statunitense Away (vedi intervista a lato). Una “lezione” che evidenzia come gli insight provenienti dai cosiddetti Big Data siano il nuovo sacro Graal per questi brand consumer-driven, al servizio di un solo re: l’utente finale. Che con le sue recensioni positive o negative pilota le scelte di campo dei vertici aziendali e illumina sulla direzione da seguire, sin dalla progettazione dell’offerta. Una nuova corrente di pensiero che sta facendo seguaci anche in Italia: pensiamo a pionieri come Velasca (scarpe maschili), Lanieri (vestiti da uomo sartoriali su misura) - già passati nella fase “matura” del business, con la creazione di negozi fisici - ma anche a digital brand come quello dell’arredamento Design Italy, dei pantaloni maschili su misura LireCento e di RocketBaby, realtà sotto i riflettori di investitori e venture capitalist. «La nostra mission - sottolineano i fondatori di Lanieri, Simone Maggi e Riccardo Schiavotto - è stata quella di portare un prodotto di altissimo livello dal produttore al cliente finale, senza passaggi intermedi che non fanno altro che aumentare il prezzo finale, senza aumentarne il valore».

La ricetta? Massima qualità, prezzi dimezzati, dialogo serrato con i clienti E il mercato ha dato loro ragione, visto che dopo essersi affermati online, hanno migliorato il loro servizio bespoke con l'apertura di sei atelier a Milano, Roma, Torino, Bologna, Parigi e Bruxellles. Anche Alexander Jovanovic, founder e ceo della piattaforma per la fascia 0-6 anni RocketBaby, ha capito molto presto che la molla per crescere stava proprio nel carpi14

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INTERVISTA Jen Rubio Away

«È l'Away community a dirci cosa fare e dove andare» Con un modello direct-toconsumer nel giro di tre anni Away è diventato un big della valigeria, con 300 milioni di dollari di ricavi previsti per il 2019. Ecco come Jen Rubio e Steph Korey ce l'hanno fatta Tutto è iniziato con un guaio: la valigia di Jen che si spacca durante i controlli all’aeroporto di Zurigo. Dopo la spiacevole esperienza lei, ex Warby Parker, telefona alla sua amica ed ex collega Steph, lamentandosi del fatto che dopo la disavventura nessuno dei suoi 2.800 amici su Facebook ha saputo consigliarla nell’acquisto di una valigia, che fosse al tempo stesso resistente e non mettesse k.o. il portafoglio. Da lì scatta l’idea di arrangiarsi e di lanciare Away, una collezione premium di valigie rigide, realizzate in policarbonato, con prezzi ultraconvenienti rispetto a quelle in circolazione, grazie a una vendita esclusivamente online. Dopo il debutto, l’escalation: dai 12 milioni di dollari di fatturato del primo anno di attività (il 2016) il marchio passa ai 150 milioni del 2018, con la previsione di raddoppiare nel 2019, grazie anche all’ultimo round

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di finanziamenti da 100 milioni di dollari, con una valutazione stellare di 1,4 miliardi. Le due ragazze, entrambe 31enni, hanno già aperto otto monomarca in mattone, ma non si fermano qui, come racconta al nostro giornale Jen Rubio, co-founder e chief brand officer. Prima di lanciare Away, ha lavorato da Warby Parker: cosa le ha insegnato questa esperienza? Sono entrata in Warby Parker nel 2011 come responsabile dei social media e sono stata a capo dei progetti di marketing, community e partnership del marchio. È anche il posto dove ho incontrato Steph Korey, che guidava i team di logistica e sviluppo del prodotto. Questo brand è stato uno dei primi a dialogare direttamente con il pubblico e lì ho capito quanto sia potente il modello direct-to-consumer: un format che permette di offrire prodotti di alta qualità a costi dimezzati, contando contemporaneamente su un circuito di feedback provenienti dai clienti, che può aiutare ad aggiustare il tiro sul prodotto. Steph ed io abbiamo visto in prima persona come Warby Parker sia stato in grado di sovvertire le regole di un settore che prima aveva il monopolio, attraverso un modello disruptive. Quali sono i punti di forza del vostro business model? In primis il fatto di poter ricevere dai nostri clienti una risposta quasi immediata, capace di influenzare le decisioni nostre e dei nostri partner. Il primo articolo che abbiamo lanciato, il Carry-On, è stato realizzato sulla base di informazioni di viaggiatori reali. Steph ed io abbiamo parlato con oltre 800 persone per capire cosa si aspettavano da una valigia ideale e di conseguenza creato un prodotto con caratteristiche intelligenti, in grado di rispondere a


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Stati Uniti e uno, appunto, a Londra e abbiamo in mente di aprire una dozzina di negozi in tutto il mondo nei prossimi tre anni. Come sempre, continueremo ad ascoltare la nostra comunità globale, in modo che possa suggerirci dove approdare con i prossimi opening, ma sicuramente l’Europa è al centro delle nostre strategie di espansione internazionale.

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quelle esigenze, come una bag rimovibile per la biancheria sporca o un sistema di compressione interno. Anche oggi tutto ciò che facciamo, dalle esperienze ai prodotti che introduciamo, fino alla scelta dei prossimi negozi da aprire, è ancora guidato dalla nostra community. È questo plus che ci ha fatto crescere: nel 2018 abbiamo raggiunto un fatturato di 150 milioni di dollari e per il 2019 pensiamo di riuscire quasi a raddoppiare questa cifra. Dall’online siete migrate anche verso l’offline: è stata una scelta naturale? Abbiamo testato diversi concept prima di aprire il nostro primo monomarca fisico permanente. Quando siamo partite pensavamo che i punti vendita sarebbero stati

un ottimo valore aggiunto per l’awareness del marchio, ma non una pietra miliare per il business. Di questo siamo state prontamente smentite, in quanto è risultato che i clienti adoravano l’esperienza in negozio e la possibilità di interagire con i nostri prodotti. Non si tratta di canali competititivi: online e offline si completano a vicenda. Sappiamo che i negozi di valigeria non sono frequentati dai clienti con visite regolari, ma a compensare questo aspetto sono gli eventi organizzati al loro interno, in sintonia con gli interessi espressi dagli stessi shopper. Dopo il negozio a Londra, prevedete sviluppi in altre città europee? L’offline è stato un così forte driver delle vendite che oggi gestiamo sette store negli

Come vede Away tra cinque o dieci anni? Stiamo cominciando a diversificare. Attualmente ci stiamo concentrando su tre nuove categorie merceologiche. Siamo ancora nelle prime fasi di sviluppo, ma questo nuovo step potrebbe riguardare il lancio di prodotti per la cura della pelle e integratori, accessori per il benessere e il comfort durante il viaggio e non solo. L’altro obiettivo è la crescita internazionale: oltre a incrementare la nostra presenza nel retail fisico, come priorità abbiamo quella di far crescere il business in maniera sensibile e nei 39 Paesi dove Away è già presente.

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1. Steph Korey e Jen Rubio, fondatrici di Away, posano con una delle loro valigie 2. Il The Luxe Set by Away, in vendita a 95 euro

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eMARKET

INTERVISTA Angelo Muratore SkinLabo

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«Il nostro skincare a portata di click vince con il value for money» Il ceo e co-founder Angelo Muratore svela le prossime mosse di SkinLabo, che a tre anni dal lancio è pronto a conquistare l'Europa

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1. Uno scatto di DesignItaly, «l'Eataly online per il design made in Italy», come lo definisce il founder Roberto Ferrari 2. Una foto di OlivYou, startup lanciata nel 2017 da Massimo Boraso

re i desiderata degli e-shopper, attagliando prodotti e servizi: «Abbiamo iniziato nel 2016 - racconta - con un’idea: quella di proporre alle mamme italiane brand stranieri esclusivi, in modo che sul nostro e-shop potessero trovare quello non c’era su Amazon o Zalando e il loro fosse uno shopping di scoperta. Alla fine del primo anno potevamo contare su 70mila visite al mese». Che sono state sfruttate per lo step successivo: lanciare un’etichetta in-house. «Abbiamo analizzato tutti i nostri dati e cercato di scoprire quali categorie di prodotto, quali forme, quali colori i nostri interlocutori apprezzassero di più - racconta Jovanovic - e ci siamo mossi di conseguenza, in totale autonomia: scegliendo produttori e designer come partner e tagliando tutta la catena distributiva. Risultato: avevamo tra le mani prodotti dall’effetto wow, ma che potevamo proporre a prezzi inferiori rispetto alla media». Inseguire l’eccellenza e renderla disponibile al giusto prezzo è stata la sfida anche di OlivYou, startup lanciata nel 2017 da Massimo Boraso, già fondatore e ceo di 16

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Vi definite il primo digital brand della cosmetica in Italia. A chi vi siete ispirati? Ai marchi americani, come Glossier. Anche noi siamo un brand direct-toconsumer, perché grazie all’eliminazione dei costi della filiera distributiva tradizionale, offriamo un modo smart per acquistare prodotti premium a prezzi accessibili. In più garantiamo velocità nelle consegne (tre giorni lavorativi in Italia, ndr) e una consulenza ad hoc, con beauty consultant che rispondono al telefono o via mail, offrendo suggerimenti e consigli. I numeri parlano per noi: in tre anni abbiamo raggiunto 120mila clienti attivi, cui se ne aggiungono 20mila di nuovi ogni mese. Siamo presenti in Italia e Spagna e da fine novembre sbarcheremo in Germania.

Abbiamo molti progetti di espansione. Dopo la nostra linea di skincare per viso e corpo, a partire dal 2020 diversificheremo con integratori, profumi e make-up. Gli investimenti ci aiuteranno a crescere. Attualmente fatturiamo 2 milioni di euro, ma nel 2020 saranno 6, con la previsione di arrivare a 30 nel 2023, quando i nostri mercati di riferimento saranno sette, con 2 milioni di clienti. Siete digital only: non pensate di tagliare fuori le consumatrici meno avvezze all’e-commerce? Assolutamente no. Il nostro core target va dai 32 ai 65 anni. Le clienti meno giovani sono frequentemente aficionadas di Facebook. È lì spesso che vengono a conoscere SkinLabo. Poi il valore aggiunto lo dà il nostro servizio di beauty consultant: persone in carne ed ossa, che rispondono a ogni dubbio e curiosità e sanno essere all'altezza anche delle consumatrici più esigenti.

Dopo aver chiuso un round di finanziamento di 1,15 milioni di euro a luglio, un altro è in corso. Obiettivi di business?

Boraso (società specializzata in conversion marketing), che ha avuto l'idea di acquistare olio extravergine d’oliva di alta qualità direttamente da olivocoltori e frantoi italiani (oggi oltre 75) e di renderli disponibili sulla propria piattaforma per clienti B2C e B2B. Nel nome OlivYou c’è insita la mission: riuscire a consegnare (dal magazzino di Lainate in tutta Italia entro 48-72 ore) un prodotto artigianale, il più possibile in sintonia con i gusti degli acquirenti, senza che ci sia bisogno di assaggiarlo, anche grazie a un confi-

guratore che aiuta l’utente a scegliere. Il meccanismo sta funzionando, assicura il co-founder e ceo Michele Debernardi: «Siamo first mover sul mercato, sia in termini di visibilità che di vendite. Dopo l'estate abbiamo aperto un aumento di capitale che intendiamo chiudere entro la fine dell'anno e nel 2020 abbiamo in programma un'importante operazione di crowfunding per finanziare lo sviluppo all'estero». «Siamo ottimisti - conclude -. Nel 2019 prevediamo una crescita dei ricavi del +194%». 


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VEEPEE for

NUOVO IMPULSO ALL’ITALIA: LA DIGITAL TRANSFORMATION ACCELERA

CON ANDREA SCARANO ALLA GUIDA DELLA FILIALE ITALIANA, L’AZIENDA FRANCESE DI E-COMMERCE PUNTA A VALORIZZARE ULTERIORMENTE L’IMPORTANZA STRATEGICA DEL NOSTRO MERCATO, TASSELLO CHIAVE PER CONQUISTARE LA LEADERSHIP EUROPEA

Veepee, azienda francese di e-commerce fondata nel 2001, preme l’acceleratore sul mercato italiano con un nuovo country manager che guiderà la crescita in quest’area. Andrea Scarano, con una carriera più che decennale nel mondo dell’e-commerce, di recente ha preso la guida di Veepee in Italia, una realtà ampiamente affermata che si posiziona tra i paesi trainanti anche a livello europeo. Basti pensare che l’Italia contribuisce al raggiungimento degli ottimi risultati del gruppo con 11 milioni di prodotti spediti, 4mila vendite-evento e oltre 900 brand partner. Non solo, il 90% dei brand partner di Veepee vengono esportati dall’Italia a livello internazionale, aprendosi a nuovi mercati, in un’ottica sempre più internazionale. “Sono entusiasta di poter mettere a disposizione di Veepee Italia i miei 13 anni di esperienza all’estero puntando a capitalizzare il nostro posizionamento di pioniere dell’entertainment shopping, lavo-

ANDREA SCARANO COUNTRY MANAGER ITALIA VEEPEE

rando in massima collaborazione con i nostri partner, top brand nazionali e internazionali e offrendo ai clienti la migliore esperienza e fiducia nel nostro brand ”, dichiara Andrea Scarano. Recentemente inoltre Veepee – ideatore e leader globale delle vendite-evento online, inserita nell’indice NEXT40 che promuove a livello mondiale le principali aziende tecnologiche francesi – ha annunciato l’acquisizione di Scalia, la start-up che mette l’intelligenza artificiale al servizio del retail, già parte

www.veepee.com

dell’acceleratore Veepee Impulse. L’ambizioso obiettivo è quello di rendere il catalogo prodotti dei distributori fruibile automaticamente da tutti, portando alla creazione di un unico strumento che permetterà di standardizzare il processo dati di prodotto nei 12 Paesi europei in cui Veepee è oggi presente. Un’ulteriore conferma del potenziale del brand che, a pochi mesi dall’annuncio del suo rebranding, ambisce a diventare uno dei maggiori protagonisti del panorama ecommerce a livello europeo. Con una previsione di vendite per l’anno in corso di 4 miliardi di euro, nel 2019 per la prima volta il 50% del fatturato di Veepee è stato generato dalle vendite internazionali, sottolineando la forza e la rapidità della sua crescita. Un fattore importante della strategia messa in atto dal gruppo, che rispecchia il successo ottenuto nell’integrazione delle molte acquisizioni effettuate negli ultimi tre anni.


eFASHION Sandeep Verma Allbirds

«Nell'era digitale lo store fisico fa la differenza» Allbirds, marchio di scarpe sportive no logo e sostenibili fondato appena tre anni fa e valutato 1,4 miliardi di dollari, può essere definito a tutti gli effetti un brand nativo digitale. Ma per conquistare una clientela trasversale, di cui fanno parte anche Obama e DiCaprio, il canale offline è importante quanto e più dell'online: i negozi monomarca stanno crescendo e nel 2020 raddoppieranno DI ALESSANDRA BIGOTTA

Le loro scarpe, parenti delle sneaker ma al tempo stesso lontane anni luce da questo tipo di concept, sono state definite le più comode del mondo. In effetti, basta dare un'occhiata a un paio di calzature Allbirds per rendersi conto di quanto possano essere confortevoli. Design lineare, materiali di prima qualità ed eco-sostenibili, niente loghi: una ricetta semplice ma geniale, che ha portato il marchio a sbancare in soli tre anni di vita. Fondato dal neozelandese Tim Brown, ex giocatore di calcio, e dall'americano Joey Zwillinger, ingegnere industriale, Allbirds piace sia a celebrity come Leonardo DiCaprio e Barack Obama, sia alle persone comuni, attratte anche dal rapporto qualitàprezzo molto favorevole: con 110 euro si porta a casa un prodotto fatto con cura, ecofriendly, oltre le mode ma che "fa" moda. In due anni Allbirds ha venduto un milione di paia, raggiunto ricavi stimati intorno ai 100-150 milioni di dollari (ma la società non fornisce dati), convinto una ventina di investitori tra cui lo stesso Leo DiCaprio e raggiunto la valutazione stellare di 1,4 miliardi di dollari. Anche a livello distributivo il format è assolutamente controcorrente: sì all'e-commerce ma con l'offline al centro, in un'ottica direct-to-consumer. La conquista del Vecchio Continente è appena cominciata: ne parliamo con Sandeep Verma, managing director Europa.

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1. Sandeep Verma, managing director Europa di Allbirds 2. Un monomarca del brand: molto diverso da quelli di sneaker a cui siamo abituati 3. Alcuni modelli di scarpe Allbirds: no gender e in materiali naturali

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Allbirds ha bruciato le tappe del successo: come spiega questa escalation? Con la diversità rispetto agli altri. Il nostro mantra è la qualità del prodotto, in materiali che a livello di abbigliamento potrebbero essere utilizzati da griffe come Gucci, unita all'esperienzialità di cui vogliamo rendere partecipi i nostri clienti. A grandi linee potremmo essere definiti un marchio di sneaker, ma c'entriamo poco con questo mondo. Basta entrare in uno dei nostri negozi per capirlo: niente commessi super indaffarati, che magari ti mettono in un angolo facendoti aspettare più del dovuto, niente pile di scatole qua e là. I punti vendita Allbirds

sono tutt'altra cosa e anche l'e-store lo abbiamo voluto essenziale ma estremamente user-friendly, esaustivo ed efficiente. Vendete online e tuttavia date molta importanza al retail fisico: un approccio insolito per un digital native brand... Siamo partiti sul web, ma velocemente ci siamo resi conto di quanto fosse importante il contatto diretto con gli estimatori delle nostre proposte e per questo abbiamo aperto una serie di monomarca: siamo a San Francisco, New York, Londra, Chicago, Boston, Seattle, Shanghai, Pechino, Auckland, Los Angeles, Guangzhou, BerlieBusiness

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1. I fondatori di Allbirds: da sinistra Tim Brown, ex calciatore neozelandese, e l'ingegnere americano Joey Zwillinger 2. Uno screenshot del sito allbirds.com, all'insegna dello storytelling a partire dai materiali 3. Ora le calzature Allbirds sono anche in versione idrorepellente 4 Chiarezza e semplicità alla base dello store concept

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no e, appena inaugurato, Chengdu. Non finisce qui: contiamo di aprire altri 20 store entro la fine del 2020. Luoghi dove vendiamo e dove parliamo con i clienti: a Londra, nostro avamposto in Europa, io stesso e i miei collaboratori facciamo frequentemente una capatina nel punto vendita di Covent Garden, che si trova sotto i nostri uffici. Così tocchiamo con mano il mercato. Questo tipo di relazione diretta con il consumatore è più importante di qualsiasi forma di influencer marketing? Direi di sì. Non abbiamo nulla contro gli influencer, anzi: se legati a determinati valori e a una realtà locale in cui vogliamo essere presenti, una sinergia può anche scaturire. Ma rincorrere i social non è nelle nostre corde. Entrerete mai nel wholesale? Non ci sembra il caso. Essere direct-toconsumer ci avvantaggia, anche solo per il fatto che così abbiamo più risorse da destinare all'innovazione. Date tanta importanza allo storytelling: ci racconti allora in poche parole il vostro prodotto... Parto da una premessa: realizzare scarpe è difficile, più difficile è farle confortevoli e ancora più difficile è farle confortevoli e anche sostenibili, come le nostre. Quindi tripla difficoltà, ma ne vale la pena. Il nostro materiale d'elezione è una lana Merino superfine, ottenuta da fibre il cui diametro è il 20% di quello di un capello, traspirante, termoregolatore e ora anche in versione idrorepellente. Ci sono poi il Tencel Lyocell, derivato dalle piante e certificato Fsc (Fo20

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rest Stewardship Council), e per le suole la SweetFoam, ricavata dalla canna da zucchero brasiliana. Trino è l'ultimo ritrovato: un "super filo" a base di eucalipto e lana Merido, che usiamo per una nuova linea di calze.

vanti dalle piante, certificati Fsc, provengono da piantagioni sudafricane irrorate dalla pioggia e non dall'irrigazione. La lavorazione del Tencel Lyocell è basata in Austria e la parte finale di assemblaggio si svolge in Cina, nei nostri impianti certificati Wrap.

Le calze rappresentano l'inizio di una brand extension? Certo: vogliamo costruire intorno alle calzature il mondo Allbirds. Dove producete le vostre scarpe? La lana merino, certificata ZQ, arriva da fattorie neozelandesi. Viene poi lavorata in Italia, mentre le calzature sono assemblate a mano in Corea del Sud. I materiali deri-

Uno degli asset di Allbirds è la sostenibilità: tra le certificazioni ottenute c'è la B Corp, destinata alle aziende che volontariamente rispettano alti standard di responsabilità e trasparenza

Quanto ha inciso sul vostro successo il fatto di essere sostenibili? Di certo ha inciso, visto che poco meno del 50% dei clienti ha un'età fra i 25 e i 35 anni. Ma credo che non sia molto sostenibile ricordare continuamente che si è sostenibili. Esserlo fa parte del dna: non siamo di quelli che costruiscono un business e in seconda battuta assumono un consulente green. A quando uno store in Italia? L'Europa è una delle leve della crescita: dopo Londra, dove abbiamo aperto uno store da un anno, ci siamo insediati a Berlino e guardiamo con interesse i Paesi scandinavi. Stiamo studiando anche l'Italia: i risultati di vendita e i feedback dell'e-shop, esteso al vostro Paese da agosto, saranno utili per capire le mosse da fare. 




eFOUNDERS

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STRATEGY Capitale di rischio Startup

Inventori disruptive, il corporate apre la caccia Intelligenza artificiale e analisi predittive, Internet delle cose, tecnologie per l'omnicanalità: spaziano in molteplici ambiti gli interessi delle aziende italiane che - seppure timidamente - sono sempre più propense a investire nelle startup altamente innovative e dal buon potenziale di crescita. La parola agli intermediari DI ELISABETTA FABBRI

Per supportare e interagire con chi sta creando il futuro del food nel 2018 Barilla ha fondato Blu 1877, un fondo di corporate venture capital attivo nel FoodTech e AgTech. Tra gli investimenti - per farsi un'idea - c’è BluRhapsody, che con la stampa 3D crea forme di pasta molto creative, impensabili con le comuni macchine. Invece a Bologna di recente è nato Agrifood: un incubatore cui aderiscono noti nomi dell’alimentare (tra gli altri Granarolo) che concede prestiti, impianti e tutor a giovani imprenditori dell'alimentazione hi-tech. Nella moda già da anni, Renzo Rosso scommette su settori innovativi con la holding Red Circle (tra gli investimenti la social app Depop e l’incubatore di startup H-Farm), mentre Miroglio ha creato il Mip-Miroglio Innovation Program, per promuovere e facilitare l’innovazione all’interno del gruppo del tessile-abbigliamento. Casi isolati o un trend destinato ad accelerare? La domanda è stata girata ad alcuni addetti ai lavori, anche per capire

quali direzioni sta prendendo l’innovazione al servizio dei beni di consumo. Leonardo Raineri, responsabile di Mip, fa chiarezza sui tipi di rapporto che una startup può allacciare con un’azienda. «In primis - spiega - può diventare un for-

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1. La piattaforma TheColorSoup vende online tessuti personalizzati 2. Evo Pricing, specialista delle analisi predittive, ha avviato una collaborazione con Miroglio

nitore di un prodotto più o meno valido: un rapporto delicato, che spesso non garantisce una stabilità nel tempo. La startup che, invece, finisce sotto l’ombrello di un grande gruppo tecnologico, tranquillizza in termini di forniture future». C’è anche chi acquista una partecipazione perché vede nell’azienda emergente un potenziale che, prima o poi, darà una remunerazione, «tipico del corporate venture capital e degli investitori finanziari». Oppure si dà vita a una partnership per sviluppare un progetto congiunto, interessante per il business dell’azienda che investe: in genere questa operazione avviene indipendentemente dalle prospettive di un capital gain. C'è poi la startup che nasce e cresce all’interno dell’azienda, con un team scelto internamente, in gergo corporate entrepreneurship. «Con questo approccio - racconta Raineri - Miroglio ha iniziato a lavorare con le piccole imprese innovative. Nel 2014, in collaborazione con H-Farm, è stato lanciato un hackaton di 24 ore: una sor-

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eFOUNDERS

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ta di sfida fra giovani cervelloni, che Miroglio Textile ha messo alla prova sull’innovazione nella stampa digitale. Dopo un periodo d’incubazione è nata TheColourSoup, una piattaforma online dove acquistare tessuti stampati personalizzati, anche un solo metro, su grafica proposta dal cliente o scelta dal catalogo digitale». Tailoritaly è stato invece ideato per cavalcare il trend della personalizzazione del look. «All’inizio - precisa Raineri - era una piattaforma web stand alone, che proponeva un womenswear made in Italy customizzabile e adesso il processo è stato portato in casa per nuovi sviluppi». Non è una partnership, bensì una collaborazione quella con Evo Pricing, che fornisce soluzioni nel predictive pricing e nella predictive supply chain. «Mip - precisa Raineri - è partito sin da subito con un approccio sistematico, strutturale e non è stato mai un’operazione di facciata, per dimostrare che si è orientati all’innovazione. Noi siamo per l’innovazione radicale e diffusa». E aggiunge: «Nel mio ruolo mi capita di esaminare centinaia di startup l’anno, poi sono le varie aree aziendali a decidere cosa portare avanti». Tra i progetti di maggiore interesse Raineri indica quelli che portano l’azienda a essere più “data driven” in gran parte dei suoi processi. «L’impatto di tecnologie come l’intelligenza artificiale spiega - è ormai su tutta la filiera dell’abbigliamento. Anche aree come quelle creative, storicamente meno impattate da innovazioni tecnologiche, possono avvalersi di strumenti analitici avanzati, come le soluzioni di trend analysis. L’importante è comprendere che non si tratta di sostituire con degli algoritmi la creatività, l’esperienza e le capacità delle persone, ma di inserire queste indispensabili capacità umane su una base di dati il più possibile oggettiva». Restando in tema di data driven, il digitale e gli strumenti avanzati di monitoraggio permettono di portare nei negozi fisici alcune delle logiche e dei Kpi tipici dell’e-commerce: «Si raccolgono informazioni - specifica il capo di Mip - relative alle per24

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1. Alcune ricette di Soul K, sito di catering per la ristorazione professionale 2. La intelligence con le soluzioni Cuebiq 3. Una scenografica pasta di BluRhapsody, creata con la stampa 3D 4. Un incontro di Startbootcamp, acceleratore di startup

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formance delle vetrine e si identifica il tasso di conversione, oppure, grazie alle tecnologie Rfid, si monitorano i prodotti portati in camerino e non acquistati, ricavandone informazioni sulle problematiche di vestibilità». Anche Stefano Molino, partner del team Technology di Innogest, società di venture

Le attività di venture capital hanno raggiunto nel mondo la cifra di 53 miliardi di dollari capital che investe nell’healthcare e digital, reputa l’intelligenza artificiale interessante, in particolare se applicata a servizi specifici. Non a caso, nel portafoglio della Sgr c’è Soul K, piattaforma online di catering per la ristorazione professionale che consegna

piatti pronti o semi finiti. «La particolarità - precisa Molino - sta nel fatto che per veicolare le proposte alimentari, Soul K tiene conto di informazioni su come il cliente utilizza alcuni prodotti e le integra con l’analisi dei trend». Un'altra realtà in portafoglio è Cuebiq, piattaforma di data intelligence che «cattura dati di origine mobile per determinare profili di comportamento dei consumatori utili a campagne mirate». Altri temi di crescente appeal, secondo Molino, sono l’Internet of things, la sostenibilità (tra gli investimenti di Innogest c’è il marketplace Armadio Verde, per lo scambio e l’acquisto di capi usati) e le tecnologie per integrare l’esperienza del cliente on e offline. In merito agli investimenti corporate nella Open Innovation Molino dice: «Si tratta di un tema emergente in Italia e forse il settore un po’ più avanti è la farmaceutica. Mi auguro che prossimamente i player corporate entrino direttamente nelle startup».

L'EVOLUZIONE DEGLI INVESTIMENTI DI VENTURE CAPITAL IN ITALIA

Sale l'ammontare, diminuisce il numero di operazioni In base alle statistiche elaborate da Aifi-Pwc, nei primi sei mesi del 2019 gli investimenti di venture capital in Italia hanno raggiunto la cifra di 103,4 milioni di euro: il 7% in più rispetto alla prima metà del 2018. Le operazioni sono invece scese da 80 a 72.

Ammontare investito (Euro Mln)  I Sem.

Numero di investimenti

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Il bootcamp permette alle startup di entrare in contatto con aziende, investitori e mentor

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Nel 2018 le attività di corporate venture capital hanno raggiunto nel mondo la cifra di circa 53 miliardi di dollari,in aumento del 47% rispetto al 2017 (fonte: CB Insight). In Italia lo scorso anno gli investimenti in venture capital hanno superato i 300 milioni di euro (fonte Aifi-Pwc), di cui solo una minima parte è corporate venture capital. «Eventuali incentivi fiscali, per esempio nella fase di exit, potrebbero forse dare impulso - osserva Molino - ma il problema è soprattutto culturale. Le aziende corporate si affacciano all’open innovation in modo molto timido. Talvolta sembrano iniziative di marketing e comunicazione, più che operazioni strategiche. Oltre ai timori iniziali, mancano le capacità di interagire con le startup, che a loro volta non sono sufficientemente strutturate. Lì entra in gioco un fondo come il nostro». Anche Startupbootcamp si occupa di creare una maggiore interazione. Dal suo recente esordio in Italia, l’acceleratore di startup si è posto l’obiettivo di rafforzare l’ecosistema dell’innovazione sul nostro territorio. La prima mossa è stata portare un programma di accelerazione dedicato al FashionTech, lanciato in giugno. La pro4

spettiva è di ricevere circa 500 application l’anno, tra cui individuare 10 startup eccellenti, che saranno ospitate a Milano per un bootcamp di 13 settimane: permetterà loro di entrare in contatto con aziende, investitori e mentor. «Attraverso Startupbootcamp le aziende corporate possono partecipare come partner dell’iniziativa oppure investire attraverso veicoli ad hoc» spiega Alceo Rapagna, ceo Italy & Global Data Officer di Startupbootcamp. Al momento tra i partner figurano nomi come Unilever, Accenture, Pwc, Dedagroup e, nella moda, Prada, Stone Island, nonché una decina di aziende tessili tra cui Marzotto. Gli ambiti di scouting più di tendenza? Rapagna ribadisce l’intelligenza artificiale, «che sta stravolgendo i processi» e l’Internet delle cose, ma c’è pure la blockchain, strettamente connessa al tema della tracciabilità. In primo piano pure l’omnicanalità, «mentre il retail sta faticando». Ma nella sua lista figurano anche il marketing digitale e i social network, visti come canale di acquisto e per la custome care. Per quanto riguarda la moda, l’esperto parla di sostenibilità, riciclo e second hand. L’innovazione sta spaziando anche nell’automotive, nei servizi finanziari e nei pagamenti. Non a caso, l’argomento caldo, mentre andiamo in stampa, è il debutto nei pagamenti digitali di Facebook, con la prospettiva di un estensione del servizio a Instagram, WhatsApp e Messenger. Si apre così un capitolo sulla sicurezza e la protezione delle informazioni di pagamento che, di certo darà da pensare, a nuovi innovatori. 

HOT SPOT Tommy HIlfiger ha cominciato a disegnare le collezioni mediante una nuova tecnologia 3D, adottata per il momento dai design team della sede di Amsterdam. L'iniziativa rientra nel progetto di digitalizzazione di tutta la catena del valore, per ridurre il time to market. La tecnologia nasce dall’incubatore tecnologico Stitch, creato dal brand per la digitalizzazione del design, ed è frutto di un percorso intrapreso nel 2017 da un team di specialisti che hanno brevettato una serie di tool per la progettazione. Compresi una digital library di tessuti, stampe e colori, nonché strumenti per presentazioni digitali.

Tempi duri per Libra. Il progetto di criptovaluta basata su blockchain di Mark Zuckerberg, che puntava a rivoluzionare il sistema dei pagamenti mondiali, sta perdendo sostenitori. Di recente dalla Libra Association sono uscite Paypal, Ebay, Mastercard e Visa. Con sede in Svizzera, al suo esordio in giugno era composta da 28 associati pronti a sostenere un progetto che, sulla carta, voleva rendere più accessibile e sicuro l'e-commerce. A frenarli, forse, le critiche piovute da parte di istituzioni finanziarie e poliche. Marzotto Lab e BSamply hanno realizzato una partnership grazie alla quale il gruppo tessile si avvale della piattaforma/showroom online della startup americana per mettere a disposizione dei clienti il proprio catalogo in anteprima, andando così a velocizzare le campionature. Marzotto Lab potrà gestire gli ordini direttamente on e offline.

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Courtesy Electronic Arts Ink.

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Reale e virtuale si confondono nella limited edition Moschino X The Sims, ispirata al videogioco di Electronic Arts

Un'experience ai confini della realtĂ Moda e lusso stanno sperimentando nuove iniziative per ingaggiare e trattenere i clienti. Avviano inedite collaborazioni con il mondo dei videogiochi - primi passi per una vera e propria gamification - trasformano gli shopper in avatar, corteggiano gli influencer virtuali, fanno sfilare modelle non umane e creano capi digitali per le nostre identitĂ social, per far sentire il consumatore cool e rispettoso dell'ambiente

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eFASHION STRATEGY Gaming e gamification Marchi del lusso

L'engagement: un gioco da ragazzi Moda e lusso sono sempre più impegnati a coinvolgere il cliente/ utente per un'esperienza totalizzante. Così il gaming sta entrando prepotentemente nelle strategie di digital marketing e user experience dei brand. Più faticoso invece, è il percorso verso la gamification: siamo solo agli inizi di un fenomeno dove la Cina sta dettando legge DI ELISABETTA FABBRI

Conquistare l'ultima monogram puffer jacket disegnata da Riccardo Tisci per Burberry senza mettere mano alla carta di credito? Niente di più facile, a patto di avere una certa dimestichezza con i videogame. Il marchio britannico ha appena lanciato B Bounce, un gioco per gli internauti di burberry.com e per chi frequenta il flagship store di Londra, in Regent street, che ospita un mega-schermo per chi vuole cimentarsi. Il protagonista è un character vestito con la giacca in questione, che deve raggiungere la luna superando una serie di difficoltà ma con la possibilità di accelerare, se fa incetta di loghi dell’iconico brand. In palio gif personalizzate e puffer jacket virtuali ma il primo premio è una giacca reale (prezzo di listino: circa 1.300 sterline). «Abbiamo già avuto un’esperienza di gaming in Cina - spiega Mark Morris, senior vice president del Digital commerce di Burberry - ma B Bounce è la prima estensione con questo format, che vuole intrattenere e creare una connessione con i consumatori più giovani. Stanno vivendo in un ambiente sempre più gamificato on e offline e non vediamo l’ora che raggiungano la Burberry community ed esplorino la nostra nuova collezione». Quello del marchio fondato nell’Ottocento da Thomas Burberry è solo il più recente di una serie di progetti che legano la moda al mondo dei videogame. In Francia Louis Vuitton ha fatto progettare Endless Runner, ispirato al paesaggio urbano newyorkese e agli Eighties della sfilata maschile autunno-inverno 2019, disegnata da Virgil Abloh: mentre corre, un omino deve recuperare quanti più “gettoni” possibili (tra questi il fiore stilizzato del monogramma della maison) per battere il record, evitando una serie di ostacoli. Il marchio di Lvmh ha anche avviato una collaborazione con l’americana Riot Games, che ha sviluppato League of Legends, l’e-sport più giocato al mondo via PC. Vuitton ha realizzato lo scrigno per la coppa assegnata al vincitore del Campionato mondiale, il team cinese FunPlus Phoenix. Alla finale 28

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della competizione, lo scorso 10 novembre, a Parigi, Vuitton ha anche vestito Qiyana, campionessa del gioco d'azione e strategia e tra i componenti del gruppo musicale virtuale di League of Legends "True Damage", che ha esordito con un videoclip. In Italia, invece, Moschino si è alleato con EA-Electronic Arts. In aprile ha presentato una capsule collection dalle grafiche pixelate ispirata al gioco The Sims, mentre tra agosto e settembre ha assistito al lancio sul mercato di The Sims 4 Moschino Stuff Pack, versione glam del noto gioco di simulazione, dove i personaggi indossano capi Moschino disegnati da Jeremy Scott e possono lavorare nel mondo della moda. Sotto la direzione creativa di Alessandro Michele, Gucci ha da poco lanciato Arcade, una nuova sezione della app del marchio con giochi a 8 bit come Gucci Bee, dove un’ape è intrappolata in un labirinto. Ispirati ai videogiochi anni ‘70 e ‘80, connotati dai codici della maison, fanno divertire

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Si stima che nel 2019 l'industria del gaming genererà 152 miliardi di dollari insegnando un po’ di storia del marchio di Kering Group. Inoltre è recente la partnership con Drest, una fashion styling app inglese con cui l’utente, dal prossimo gennaio, potrà creare vari look attingendo a una selezione di capi e accessori Gucci (a partire dalla collezione F/W 2019). Con Drest ci si diverte a fare gli stylist anche spaziando tra proposte Prada, Valentino, Stella McCartney e Burberry, potendo scegliere fra una serie di avatar con diverse pettinature e make-up. Nel 2018 Gucci si era cimentato nella realizzazione di abiti e accessori virtuali per la avatar agency Genies, che attraverso un'app permette a ciascun utente di essere trasformato in una caricatura/ emoji in 3D trasformista: milioni le com-

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binazioni modificando colore della pelle, occhi, capelli e abbigliamento. L’intensificarsi di iniziative intorno all’universo dei videogame non capita a caso. I marketing e digital manager dei grandi marchi del lusso di certo hanno ben presente che ci sono 2,5 miliardi di giocatori nel mondo e che nel 2019 l’industria del gaming dovrebbe generare 152 miliardi di dollari (+9,6% rispetto al 2018), dove il mobile gaming vale 68,5 miliardi (+10,2%, fonte Newzoo). Per di più il 63% dei giocatori “in mobilità” è di sesso femminile. Leggerlo come un fenomeno di fashion gamification (letteralmente “ludicizzazione”) però è scor-


spesso avviene nella finanza e nelle assicurazioni, o volte a creare una community, per esempio convincendo il giocatore con l’offerta di buoni sconto. O ancora con finalità educational, per far conoscere meglio le caratteristiche di un brand e le qualità del prodotto». La gamification ha un senso anche nella distribuzione omnicanale: «Se tramite una app condividi cosa ti piacerebbe provare o acquistare - dice Castellari - faciliti la dinamica in negozio, oltre a rendere più personalizzato l’acquisto online. Quando entri, gli assistenti alle vendite possono accoglierti conoscendo 3

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1. Il protagonista di B Bounce con la puffer jacket disegnata da Riccardo Tisci per Burberry 2. Il gioco Endless Runner di Louis Vuitton ispirato alla sfilata maschile di Virgil Abloh 3. Le caricature/emoji vestite Gucci realizzate con l'app Drest 4. Un'ape deve uscire dal libirinto nel videogame Gucci Bee 5. Con l’app Yooxmirror di Yoox l'utente può creare il proprio avatar e provare a indossare i capi del catalogo di Yoox 6. Moschino rifà il look ai The Sims

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retto o quanto meno prematuro, a sentire gli addetti ai lavori. «Gamification e gaming talvolta si incrociano e si sovrappongono ma non sono la stessa cosa», puntualizza Massimiliano Castellari, responsabile Products & Strategy di Playoff, realtà veneta che realizza soluzioni basate sulla gamification per strategie di marketing riguardanti la brand awareness, la customer loyalty e la retention ma anche per attività interne alle aziende come engagement e selezione del personale, formazione e motivazione. «La gamification - sintetizza sfrutta elementi dei giochi in ambito motivazionale per convincere le persone a compiere

determinate attività. Va al di là del semplice fattore “fun” proprio del gaming, che nel caso delle griffe ha principalmente due scopi: l’engagement nel digitale e tenere alto il tasso di retention». Infatti è sempre più difficile sostenere l’attenzione degli utenti di una applicazione e un elemento di “distrazione” come il gaming può aiutare a trattenere gli utenti. «Con una specifica app - spiega l’esperto di Playoff - Yoox ha appena lanciato un tool che permette di vedere come ci stanno indosso i capi presenti nel suo catalogo: questo tipo di “gioco” è legato a dinamiche di engagement». «Il fattore divertimento - prosegue - si può legare anche a dinamiche formative, come

Un game è un elemento di "distrazione" che può trattenere più a lungo l'utente di una app già lo stile che ti piace, tenendo anche conto dei tuoi acquisti precedenti. Tutto questo va a migliorare la percezione della qualità del servizio. Inoltre si possono attuare progetti di gamification per i commessi, motivandoli per il raggiungimento di determinati obiettivi». Uno degli aspetti critici, secondo l'esperto, non è tanto il costo di queste iniziative ma il fatto che si vede la gamification soltanto come gaming. «Invece è un percorso di medio-lungo termine - specifica - che implica delle evoluzioni, perché l’utente è volubile e appena si stanca non gioca più. Bisogna partire fissando degli obiettivi e darsi un tempo per la verifica dei risultati ed eventuali riadattamenti». «È almeno da una decina d’anni - racconta Fabio Viola, guru italiano della gamification - che moda e lifestyle guardano con interesse il mondo dei videogiochi. La svolta vera è avvenuta nel 2007, quando i videogame non sono stati più appannaggio soltanto di smanettoni di console e PC, ma il pubblico si è ampliato anche a utenti non scontati come le donne tra i 40 e i 50 anni». Viola ha alle spalle 15 anni di esperienza fra Electronic Arts Mobile, Vivendi Games, Namco e Lottomatica. Fondatore delle società Digital Fun e Mobile Idea, è anche coordinatore dell’area Gaming della Scuola Internazionale di Comics di Firenze, oltre che docente presso diverse Università italiane. «Dal 2007 in poi spiega - gli smartphone hanno preso piede ed è stato possibile scaricare i giochi dagli store di Apple e Google». Oltre a mirare alle quote rosa del gaming, il segmento luxury punta ai giovanissimi e under 25, specie maschi, come nel caso delle iniziative di Vuitton per la finale del campionato di League of Legends. «L’evento ha un'audience incredibile - commenta Viola - al pari di una finale delle Olimpiadi o di Coppa del mondo di calcio. Si parla di milioni di persone e di centinaia di migliaia eBusiness

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eFASHION

IL GLOBAL GAME MARKET NEL 2019

Oltre 68 miliardi di dollari sono generati dai giochi mobile

Nicolas Ghesquiere, designer della donna Louis Vuitton, ha vestito Qiyana di League of Legends

Fonte: Newzoo

di visualizzazioni per i video trasmessi su Youtube. Dunque perché non esserci?» Ma a quanto ammonta l'investimento per un videogame su una app? Pensando a giochi basici tipo quelli vintage, bidimensionali, rivisitati dal fashion, l'esborso per lo sviluppo potrebbe aggirarsi sui 10-15mila euro, nelle stime di Viola. Decisamente conveniente, se comparato con la pubblicità su un magazine patinato o un quotidiano a tiratura nazionale. «In termini di costo per raggiungere un nuovo utente, la cifra può anche essere inferiore a un euro - segnala l’esperto -. Per di più i giocatori di un videogame hanno una partecipazione attiva: con loro è possibile stringere un rapporto più stretto, perché si tratta di un medium interattivo, contrariamente a quelli tradizionali». «Tuttavia - continua - i marchi italiani faticano a mostrare un approccio scientifico alla gamification. In Paesi dove la popolazione è più giovane - vedi l’Asia, la Turchia o la Polonia - il gaming talvolta diventa parte integrante di alcune strutture aziendali e i game designer vengono assunti non solo per le loro competenze tecniche e conoscenze nella progettazione ma anche per metterli al servizio dei progetti inerenti il coinvolgimento del cliente/utente, per esempio per facilitare l’interazione con le interfacce». Invece i progetti della moda sono estemporanei e forse si sottovaluta un’attività di post-produzione che invece è essenziale. «Dopo il debutto del gioco - spiega il pioniere della gamification - comincia un’ulteriore attività per lo sviluppatore, che è il monitoraggio delle metriche: quanti lo hanno scaricato, ma anche chi ha giocato per almeno un’ora, il numero di partite giocate, la lunghezza di ogni sessione di gioco o quante volte è stato personalizzato l’avatar. Ogni marchio ha i propri Kpi, ma

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se non si ragiona sulla metriche si può avere un effetto boomerang». Debora Bottà, experience designer che da più di 15 anni progetta siti e applicazioni mobile, e-commerce e intranet, attualmente alla guida dell’area Service e UX Design presso Digital Entity in Italia (design studio della giapponese Ntt Data), ricorda un’antesignana della fashion gamification, Nike, che in tempi non sospetti ha realizzato un’app come strumento per correre meglio. «Nello stimolare un comportamento virtuoso ha ottenuto un notevole ritorno in termini di vendite - rammenta - . Ora è il mercato cinese a riportare in auge il tema. I Millennials e la Gen Z, con disponibilità economiche superiori alle generazioni precedenti e una certa propensione agli acquisti di lus-

Se non si ragiona sulle metriche il progetto di gaming può avere un effetto boomerang so, sono grandi fruitori di contenuti digitali come i videogame, vuoi anche per motivi culturali. In Cina si fa molta sperimentazione, lusso compreso». Nel 2018 Hermès ha realizzato un progetto articolato di gamification per il lancio di un suo pop-up store a Pechino, coinvolgendo il popolare social network WeChat con una campagna collegata all’evento di apertura e un gioco. Il risultato? Più traffico nello store temporaneo, nell’account ufficiale e nell'e-store. Lo stesso ha fatto Dior, in concomitanza con l’apertura di una boutique a Shanghai: tramite WeChat ha organizzato una caccia al tesoro virtuale. «Il fenomeno si sta espandendo al di fuori della Cina - prosegue Bottà - ma in molti casi si tratta di intrattenimento puro, non di gamification. Di certo non

si può sottovalutare la forte richiesta di gaming da parte delle nuove generazioni. Il mercato dei videogiochi sta accelerando ed è previsto che nel 2021 raggiunga i 180 miliardi di dollari. Fortnite, che va per la maggiore, conta oltre 250 milioni di giocatori nel mondo». Di solito cosa li attrae? «Il fatto di essere coinvolti, al centro dell’attenzione e parte di una community - risponde - . La gamification richiede una progettazione che metta al centro l’utente e l'experience designer deve capire ciò di cui ha bisogno, per rendere l’esperienza più coinvolgente. Per esempio essere coinvolti per una causa o un valore e condividerlo con una community, per sentirsi parte di qualcosa di più grande di un gioco a premi, a cui ci si disaffeziona in fretta». L’altro aspetto interessante della gamification è che consente di raccogliere dati che difficilmente si riuscirebbero a reperire. «Elaborati da un’intelligenza artificiale precisa l'esperta di Digital Entity - possono dare un segnale che poi va sondato in modo qualitativo. A noi più che le analisi di mercato delle aziende, legate di solito al prodotto, interessano i sondaggi e le interviste diretti ai clienti che indagano, per esempio, sulla scelta di un dato prodotto, le aspettative o i problemi nell’acquisto. Identificati i bisogni degli utenti, si fissano gli obiettivi di business e la fattibilità tecnologica. Si tratta di un percorso che possono intraprendere anche le Pmi, partendo da piccoli progetti». Moda e alto di gamma, del resto, saranno sempre più chiamate a coinvolgere l’utente, rendendolo parte di un’esperienza totalizzante. A tal proposito, cosa ci riserva il futuro prossimo? Risponde Fabio Viola: «Ci aspettiamo che migliorino le tecnologie della realtà virtuale e aumentata e che diventino più a misura del mass market». 


LIVE STORY for

LIVE STORY, LA NOVITÀ PER GESTIRE I CONTENUTI ONLINE IN AUTONOMIA UN CONTENT MANAGEMENT SYSTEM PER CREATIVI, CHE PERMETTE DI DISEGNARE E GESTIRE PARTI DI UN SITO IN MODO RAPIDO E DINAMICO, SENZA DOVERE MAI SCRIVERE UNA RIGA DI CODICE. UNA SOLUZIONE INNOVATIVA E LEGGERA, CHE HA GIÀ CONQUISTATO NOMI DI SPICCO DELLA MODA, PERCHÉ LIBERA LA CREATIVITÀ, IN MENO TEMPO E CON MENO RISORSE Quanto impiegate a realizzare un’idea che avete avuto per il vostro sito? Continuiamo a ripeterci che il digitale è velocità, dinamismo, un mondo in cui chi arriva prima degli altri – e in modo diverso dagli altri – vince. Tuttavia, tra l’idea e il momento in cui quest’ultima diventa realtà per chi naviga il nostro sito o ci segue ogni giorno sui social, possono passare settimane, spesso mesi, tra pianificazione, correzioni, confronti di persona e via e-mail. Si finisce così a perdere freschezza e, soprattutto, time to market. L’opportunità, nel frattempo, può essere svanita o forse l’ha già colta qualcun altro. Il guaio è che c’è sempre un passaggio obbligato: ciò che viene disegnato o scritto, se vuole esistere online, dev’essere tradotto in codice. Si può accorciare la strada comprando un page builder, ossia uno strumento che semplifica la creazione con una pagina, attraverso blocchi prefabbricati. Ciò che si guadagna in velocità, però, lo si perde dal punto di vista cre-

ativo, perché la creatività è vincolata a spazi preimpostati. È per questo che piattaforme come Live Story stanno riscontrando un grande successo: questo content management system permette a chiunque di disegnare e gestire parti di un sito, senza dover mai scrivere una riga di codice. Non si scrive, si disegna. Grazie al suo intuitivo editor visuale, infatti, è possibile disegnare pagine complesse con la semplicità con cui si realizza una presentazione per una riunione. Si possono inoltre combinare i contenuti più diversi (video, testi, immagini, post dai social network), animarli con transizioni, collegarli a prodotti dal catalogo e-commerce (con gestione nativa del geo-pricing). Il tutto in totale autonomia. Live Story è la soluzione con cui brand come Pinko e Dolce&Gabbana disegnano pagine ricche di creatività in poche ore. O con cui Furla gestisce interamente la propria homepage. Sergio Rossi, ad esempio, lo utilizza per il blog presente sul suo sito e-commerce così come fa Slowear, che attraverso Live Story gestisce il ricchissimo Slowear Journal. Dare più potere a chi ha capacità creativa, liberare le risorse IT, portare valore aggiunto ai progetti: con Live Story è possibile. In altri termini: meno risorse impegnate, più velocità, totale autonomia, senza i costi (di esercizio e implementazione) di grossi content management system di livello enterprise e con un’integrazione nativa per piattaforme e-commerce, come Magento e Salesforce Commerce Cloud. Il motto di Live Story riassume i suoi plus: «La soluzione per dare vita ai propri contenuti c’è ed è a portata di mano».

www.livestory.nyc


eNEWS

DI ELISABETTA FABBRI

Influencer virtuali alla ribalta. Ma qualche dubbio sorge spontaneo Emersi quasi in sordina nel 2016, sotto un alone di mistero che non guasta, ingolosiscono sempre di più gli esperti di digital marketing. M a non mancano le perplessità

Carlings sperimenta l'e-commerce di capi digitali

Lo stuolo di fashion influencer che invade web e social notwork dovrebbe iniziare a farsi delle domande. Grazie alle tecnologie digitali, infatti, stanno cominciando a farsi largo dei competitor in versione Cgi (Computer Generated Imagery) che, apparsi timidamente nel 2016, stanno crescendo in popolarità almeno dallo scorso anno. Tra le influencer digitali più note c’è Lil Miquela, realizzata nel 2016 dalla startup di Los Angeles Brud come progetto di digital art, anche se a lungo c’è stato un alone di mistero sulle sue origini. Il sucesso di Lil Miquela (1,6 milioni i follower su Instagram) non è dovuto soltanto agli outfit che indossa, ma anche al fatto che dai post sembra vera, perché esprime ciò che pensa di politica e temi sociali, di lavoro e relazioni personali, che siano esseri umani o generati dal computer. Chi analizza il fenomeno fa notare il forte feeling tra questi influencer virtuali (tra i più noti al maschile c’è Liam Nikuro) e i Millennials o la Gen Z. Questo fa pensare a strade nuove nel social media marketing, ma pone quanto meno un problema etico: può un soggetto virtuale influenzare le masse nella vita reale, senza che si sappia esattamente chi lo “manipola”? Tentando operazioni di marketing alternativo, c’è anche chi si è trovato a dover fare delle pubbliche scuse. È il caso dell'americana Calvin Klein, che in maggio ha fatto parlare di sé per un video dove la top model Bella Hadid baciava Lil Miquela nella campagna “My Calvins”. Doveva evocare la sottile linea che divide il reale dal virtuale e invece il brand è stato ricoperto di critiche: il queer-baiting, la tecnica di marketing usata in genere dai media per adescare la comunità Lgbt, proprio non è piaciuto. Anche Lil Miquela dovrà forse stare più attenta, ma di certo ha fatto un balzo nella hall of fame degli influenzatori virtuali.

Il produttore scandinavo di denim esordisce nella vendita di una collezione tutta virtuale, che soddisfa fashion addict e ambientalisti Curi la tua immagine sui social e rispetti il pianeta con gli abiti digitali di Carlings. Ispirato dal boom del gaming e dall’affermarsi di influencer e modelle digitali, il produttore e retailer norvegese di jeans ha avuto un’idea originale: una linea di abbigliamento virtuale, acquistabile attraverso una piattaforma online dedicata per reinventare la propria immagine sul web. Ma non basta mettere l’oggetto del desiderio nel carrello. Serve un upload della propria foto (quella che si vuole veicolare sui social, con addosso i capi selezionati), che verrà “vestita” dai tecnici del digital di Carlings e rinviata al mittente. I prezzi sono allettanti. Per esempio, un trench in cocco virtuale costa 30 euro, mentre per felpe e pantaloni si scende a 20 euro. Siamo agli albori di un nuovo fashion e-commerce, per cui l’azienda del gruppo tessile Varner si è trovata a dover specificare sul sito che questi capi non verranno mai recapitati a casa in forma fisica. Stando agli ideatori, l’esperimento ha una finalità green, perché la linea digitale permette di esprimere il proprio stile e gratifica chi ama fare shopping online, ma senza che ci sia una vera produzione dei capi, di cui spesso non si ha realmente bisogno. Una soluzione sostenibile, quindi, che rispetta l’ambiente evitando un'inutile produzione di rifiuti.

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La scalata di Shudu, modella umanoide Le digital supermodel arrivano a conquistare le maison blasonate Tempi duri per le mannequin, con l’avvento delle supermodel digitali. La più celebre è Shudu che su Instagram conta 192mila seguaci: ben lontani dal milione di Bianca Balti e dagli oltre 56 milioni di Gigi Hadid, ma Shudu è nata soltanto nella primavera del 2017. Il padre è Cameron-James Wilson, un fotografo di moda disilluso, che ha cominciato seguendo un tutorial di disegno in 3D su Youtube. Il sinuoso character è subito diventato virale sui social, fino a convincere brand come Ellesse per la campagna Spring-Summer 2019 e la maison francese Balmain (da sinistra, nella foto, Shudu con la collega Zhi indossano capi della collezione Balmain Virtual Army).



eFASHION

DI ELISABETTA FABBRI

Cresce double digit e diventa carbon neutral

Aumentano le vendite ma l'ebit resta negativo

ZALANDO [E-Commerce green]

YNAP-WATCHFINDER [1H Report]

Nel terzo quarter i ricavi di Zalando si sono attestati a 1,5 miliardi di euro (+26,7%). L'ebit adjusted è passato da -38,9 milioni a 6,3 milioni e la perdita netta è migliorata da -41,7 a -13,6 milioni. L'e-tailer tedesco ha anche annunciato che in futuro tutte le operazioni, le consegne e i resi saranno carbon neutral.

Richemont ha pubblicato la semestrale del suo business e-commerce. Yoox Net-a-Porter e Watchfinder insieme hanno raggiunto gli 1,18 miliardi di ricavi (+32%), ma il rosso dell'ebit è peggiorato da -115 a -194 milioni per effetto delle promozioni, dei costi per le consegne e dei nuovi investimenti.

Moda più autentica con la carta d'identità digitale RALPH LAUREN [Traceability]

Gli investimenti in logistica pesano sull'utile ASOS [Financial results] Nel fiscal year gli utili ante-imposte del fashion e-commerce britannico Asos sono scesi a 33,1 milioni di sterline (-68%). Il dato risente degli investimenti in logistica e implementazione dei magazzini, per sostenere la crescita futura. In aumento i ricavi, a 2,73 miliardi (+13%).

Nel quarter calano ricavi e clienti attivi SHOWROOMPRIVE [Private sales] Nel terzo trimestre la francese delle vendite private online Showroomprivé ha totalizzato 125 milioni di euro di fatturato: -8,6% su 12 mesi prima e -7,8% tenendo conto della chiusura dei business in Germania e Polonia. In calo i clienti attivi (2,6 milioni , -6%) e gli ordini (9,5 milioni, -7,3%). 34

eBusiness

La Ralph Lauren Corporation è un'azienda fondata sull'autenticità. Per ribadirlo la fashion house americana da 6,3 miliardi di dollari di fatturato l'anno ha appena lanciato un nuovo progetto: decine di milioni di capi avranno una propria identità digitale (Digital Product Identity). Si parte con il brand Polo: ogni capo avrà un’etichetta con QR code, che il consumatore potrà scannerizzare con lo smartphone. In questo modo, prima di tutto sarà in grado di scoprire se si tratta di un prodotto autentico (non fake). In più potrà conoscere diversi dettagli del capo acquistato, oltre ad avere consigli per indossarlo. La stessa tecnologia servirà anche internamente, a livello di supply chain, e permetterà di rendere più efficiente la circolazione della merce, inclusa la gestione degli ordinativi e del magazzino. Da questa innovazione, che ha previsto la realizzazione di una piattaforma digitale dedicata, sono attesi molteplici sviluppi, specie per quanto riguarda la personalizzazione della relazione con il cliente. Ralph Lauren, che ha scelto come partner tecnologici Evrythng e Avery Dennison, è il primo gruppo della moda con una distribuzione retail globale ad applicare questa sorta di carta d’identità intelligente su larga scala.

Google mette gli occhi sui wearable per il fitness FITBIT [M&A] Alphabet, casa madre di Google, scommette sui dispositivi indossabili per il fitness: si parla di un'offerta da circa 2,1 miliardi di dollari per la californiana Fitbit, quotata a New York. Ora si prospetta una competizione agguerrita con Apple e Samsung per conquistare quote nel mondo dei wearable.

Andrea Scarano nuovo country manager Italia VEEPEE [Careers] Andrea Scarano è stato nominato country manager Italia di Veepee, l'ex Vente-privee, pioniere delle vendite-evento online. Classe 1981, laureato in Ingegneria Gestionale, vanta una carriera ultradecennale in Privalia (acquisita da Veepee nel 2016), per la quale ha operato in Brasile e Messico.


magazione5.pdf 1 08/11/2019 17:37:15

One eCommerce Solution for Innovators and Visionaries eCommerce Headless + Digital Experience Platform Dalla rigiditĂ delle piattaforme monolitiche verso una soluzione flessibile e modulare. Per una shopping experience ricca e personalizzata.

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Courtesy of Net-a-Porter

eJEWELRY

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SCENARIO Omnichannel challenges Alta gioielleria

Le giovani generazioni premiano i gioielli sul web. E il fashion factor fa centro L'e-commerce dei luxury jewels fa progressi e diventa una scommessa imprescindibile per i player del settore, in un contesto in cui cambiano le abitudini nello shopping e acquistano sempre più rilievo le giovani generazioni. Le piattaforme dal canto loro cavalcano il trend con sezioni e servizi speciali. E il soft luxury corre DI CARLA MERCURIO

L’e-commerce di gioielli è sempre più sotto la lente dei big player del settore, in uno scenario in cui le transazioni sul web di articoli luxury crescono a ritmi serrati. Come rivela la ricerca Win Big in Digital, realizzata da McKinsey & Company per Altagamma, le vendite online di beni di lusso personali (abbigliamento, scarpe, accessori, gioielli e orologi, pelletteria, beauty e profumi) hanno registrato a livello globale un valore di 28 miliardi di euro nel 2018, ossia il 10% del totale del mercato, cifra destinata a sfiorare quota 65-85 miliardi nel 2025 e cioè il 20-22% del totale. Tra i comparti in più rapida ascesa, l’ecommerce di gioielli/orologi ha avuto una progressione del 4% tra il 2015 e il 2018, per un totale di 1,6 miliardi di euro spesi l'anno 36

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scorso. Sebbene sia preceduto da settori che crescono molto più rapidamente, come le scarpe e il beauty (vedi tabella nella pagina accanto), il comparto evolve sul web, in un contesto di mercato in cui le abitudini dei consumatori subiscono profonde trasformazioni. Basti pensare che l’acquisto di un gioiello oggi non è più solo riservato a uomini in vena di regali, ma anche a donne sempre più consapevoli e autonome nelle proprie scelte. Senza contare il fatto che nell’arena dello shopping online a fare la parte del leone sono i digital native. Che dire del pubblico dei consumatori cinesi, soprattutto giovani, che vivono su WeChat e sono abituati a comprare prevalentemente online? O della platea degli statunitensi, dove la generazio-

ne dei nati tra il 1980 e il 2000 è composta da oltre 80 milioni di persone? Come spiega Marco Pozzi, board member e senior advisor di Contactlab, specialista del digital marketing multicanale, in questo momento l’e-commerce di gioielli è tra le categorie con i più alti tassi di penetrazione nella sfera del lusso: «Emblematico il fatto che nella nostra Digital Competitive Map relativa al 2019, che analizza il livello di capacità digitale delle aziende (37 in totale le realtà prese in esame tra cui Gucci e Burberry, che conquistano sempre le prime due posizioni), Cartier occupi il settimo posto, Bulgari il 13esimo e Tiffany & Co. il 18esimo». In particolare, a performare meglio online è la fashion jewelry: «Se consideriamo che il tasso di penetra-


GIOIELLERIE ITALIANE

Chi punta sull'online guadagna il doppio

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I SETTORI DEL LUSSO CHE VANNO PIÙ VELOCI SUL WEB

La crescita delle vendite online per categorie, Cagr 2015-2018 26%

XX

23% 19%

18%

18%

Consumo di beni di lusso nel 2018 (miliardi di euro)

2

4.8

8.3

9

7.1

1.6

Scarpe

Beauty

Accessori

Abbigliamento

Vini/Liquori

Gioielli/Orologi

4% Fonte: McKinsey & Company per Altagamma

1.Un'immagine di atmosfera fornita da Net-aPorter 2. Gli orecchini Divas' Dream in oro rosa, rubini e diamanti di Bulgari, tra i bestseller online del brand 3. Gli anelli Nudo di Pomellato, i più venduti sul sito web della label

zione dell’e-commerce nel mondo del lusso nella sua totalità è del 9% circa - chiarisce Pozzi - i gioielli nell’ambito della categoria soft luxury hanno un tasso di penetrazione doppio, del 18%, percentuale che scende al 12% per l’hard jewelry, restando pur sempre sopra la media». In questo scenario si assiste a due fenomeni interessanti: le aziende del soft luxury ampliano nelle loro vetrine digitali la gamma di gioielli offerti (prima coprivano una percentuale del 10%, mentre oggi si attestano intorno al 15%), mentre quelle del fine luxury potenziano la proposta con articoli come la pelletteria e le borse. Tra i punti di forza emersi nei test di acquisto mistery online effettuati da Contactlab, un aspetto balza in primo piano, aggiunge Pozzi: «Le maison della gioielleria sono molto attente a creare una luxury experience anche nell’e-commerce. Si veda a questo proposito la cura con cui realtà come Bulgari e Cartier confezionano il loro packaging». Il settore è in marcia e dunque le potenzialità sono moltissime.

Non è un caso che nel 2016 Yoox-Neta-Porter abbia aperto la strada alla vendita di marchi hard luxury, con nomi come Piaget, Cartier, Pomellato, Tiffany &Co. e Buccellati. E che nel 2018 abbia lanciato due delle prime destinazioni online al mondo dedicate all'hard luxury: quella denominata "Fine Jewelry and Watch Suite" su Neta-Porter e la "Luxury Watch Guide" su Mr Porter. Per non parlare del servizio "Eip Private", destinazione esclusivamente a inviti, che porta l’esperienza della gioielleria fisica nel regno del digital.

L'e-commerce globale di gioielli/ orologi è cresciuto del 4% tra il 2015 e il 2018, per un totale di 1,6 miliardi di euro spesi nel 2018 «Oggi - spiega un portavoce del gruppo in capo a Richemont - su Net-a-Porter e Mr Porter abbiamo venduto anche articoli del valore di 150mila sterline, ma i prezzi medi oscillano principalmente tra le 1.000 e le 6mila sterline, per un totale di 104 marchi che vanno dal fashion bespoke ai grandi nomi». Tra i brand più popolari, raccontano, figurano realtà come Anita Ko, Foundrae, Suzanne Kalan e pezzi speciali di nomi dell’alta gio-

Anche alle gioiellerie italiane non sfuggono le potenzialità dell’ecommerce, in contesto in cui cambiano le abitudini di acquisto dei consumatori. Una ricerca svolta presso questo specifico canale, effettuata da Format Research per l’Osservatorio Federpreziosi e presentata lo scorso settembre a Vicenzaoro, ha rivelato che nel corso degli ultimi cinque anni le realtà distributive che si sono dotate di un sito web o anche solo di una pagina sui social sono aumentate del 7,1%, passando dal 66% del 2015 al 70,7% nel 2019. In progress anche quelle che vendono online, salite dal 52,9% del 2018 al 53,1% del 2019, ma raddoppiate nell’arco degli ultimi cinque anni. Come sottolinea la ricerca, le gioiellerie che operano sul web con un proprio sito hanno in media ricavi doppi rispetto alle concorrenti non ancora digital oriented: se in media un’impresa ha ricavi nella fascia tra i 100mila e i 500mila euro, le realtà più all’avanguardia sul fronte tecnologico si attestano nella forbice tra i 500mila-un milione di euro. Dal punto di vista delle comunicazione, i social media risultano strategici, con Facebook a fare la parte del leone, usato dal 95,5% delle gioiellerie che hanno almeno un profilo social. Passaggi obbligati, in un contesto in cui il pubblico finale è sempre più web oriented: nel 2016 il 28,8% dei consumatori ha acquistato gioielli su Internet, percentuale salita al 44,3% nel 2018 (vedi tabella sotto). Motivazione principale, per il 61,4% degli intervistati, è la convenienza del prezzo, ma ci sono anche facilità nel reperire il prodotto, ampiezza dell’offerta, comodità e orari sempre disponibili.

La percentuale di consumatori che compra gioielli su Internet

44,3

40,3 28,8 2016

2017

2018

Fonte: Osservatorio sui consumatori 2018 Format Research

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1. Lo screenshot dell'area riservata al mondo jewelry sul portale di Moda Operandi 2. La sezione dedicata ai gioielli sul sito di LuisaViaRoma

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ielleria come Bina Goenka, Martin Katz e Bayco. Yoox Net-a-Porter, d’altra parte, non è l’unica piattaforma ad avere scommesso sui gioielli, che oggi si possono acquistare in aree dedicate di siti come Moda Operandi, Farfetch, LuisaViaRoma o come il portale francese Madem Paris. Anche i player del settore hanno intuito da tempo le potenzialità dell’online, come strumento di vendita o come veicolo per ingaggiare il consumatore, in un percorso che può iniziare sul web e perfezionarsi in negozio, o viceversa. Bulgari, per esempio, ha lanciato il primo sito di e-commerce nel 2006 in America e oggi vende online anche in Canada, Cina, Giappone, Regno Uni-

to, Germania, Spagna e Australia, con una media di 70 clienti che comprano online al giorno. La sfida è replicare sul web l’esperienza in negozio, a partire dal customer service per arrivare alla scelta del packaging, concepito per portare la boutique storica di via Condotti a casa del cliente (vedi intervista al ceo Jean-Christophe Babin in apertura di numero). Pomellato si è messo in moto nel 2012 e ora il suo portale opera in Europa, Usa e Giappone e punta a estendere la presenza anche in altri Paesi. «Gli anelli sono gli articoli più richiesti - raccontano dalla maison -. In particolare il Nudo è il nostro best seller». Damiani ha spiccato il volo solo lo scor-

LE CASE HISTORY DI STROILI E MORELLATO

Il contemporary jewel cresce sul web

Anche per le aziende della sfera contemporary è tempo di spingere l'acceleratore sul web. È il caso di Stroili, che ha lanciato il portale di vendite online solo nel 2016, ma che ora cresce a ritmi esponenziali, con un +160% tra il 2017 e il 2018 e un +50% tra il 2018 e il 2019. Transazioni con uno scontrino medio tra i 50 e i 70 euro, con punte anche di 3.500 euro, racconta Luca Gerini, e-commerce director dell’azienda in capo al gruppo francese Thom Europe. «Il sito, attivo solo in Italia, è stato rifatto nel settembre di quest’anno con Magento Enterprise (Adobe) e poi ci appoggiamo a diverse realtà tecnologiche internazionali per ciò che riguarda l’AI sul web e le modalità di pagamento», spiega il manager e aggiunge: «Il portale rappresenta il nostro più grande negozio, con una gamma di 12mila prodotti e il suo scopo principale è il Ropo, ossia read online purchase offline, in un settore in cui il cliente legge tanto su Internet, prende informazioni e poi compra in negozio».

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Strategico da questo punto di vista il servizio: «Offriamo le modalità di pagamento e spedizione più adatte alle esigenze della clientela. Abbiamo 400 negozi che vengono regolarmente utilizzati per le consegna del prodotto, ma anche per i resi. Siamo nell’omnicanalità al 100%». Fondamentale l'engagement, grazie ai social e a iniziative speciali, come la recente colab Disney by Stroili, lanciata prima solo online e poi nei negozi (vedi foto sotto). Anche per Morellato, che ha esordito con il sito morellato.com nel 2012, dedicato anche alla vendita, e poi lo ha rifatto nel 2017, l’omnicanalità è un dato di fatto. «Attualmente il nostro fatturato e-commerce vale in percentuale circa l’8% del turnover del gruppo, di cui il 2% con il portale dedicato al brand, - chiarisce Elena Marconato, e-commerce manager del gruppo -. Questo risultato è reso possibile da un lato dall’attività dei numerosi siti dei nostri brand, ma soprattutto grazie allo sviluppo della strategia omnichannel con la catena multobrand Bluespirit, di proprietà del gruppo».

so anno, in occasione del restyling del sito, e oggi il portale è disponibile in nove lingue, ma può raggiungere clienti di tutto il mondo, come racconta il ceo Jerome Favier (vedi intervista nella pagina accanto). Per tutti, oggi, parlare di online e brick & mortar è riduttivo: l'obiettivo è essere davvero omnichannel, mirando a offrire una experience seamless in tutti i punti di contatto, prima, durante e dopo l'acquisto. Un itinerario in cui, ancor più che in altri settori, è essenziale il customer service, così come sono fondamentali le opzioni cross channel, la gestione dei resi, i metodi di pagamento, la flessibilità nelle consegne e, non ultima, la sicurezza dell'acquisto. Impossibile infine prescindere dai social, con cui i brand puntano a coinvolgere il pubblico di riferimento. «L'intento - spiegano da Pomellato - è instaurare un dialogo costante con i consumatori tramite i diversi touchpoint digitali che ci forniscono feedback sui nostri contenuti, progetti e prodotti, essenziali per l’evoluzione del marchio». Informazioni fondamentali affinchè l’interlocutore si possa trasformare da viewer a buyer. 

«Il portale del brand Morellato, che secondo le previsioni nel 2020 dovrebbe crescere double digit rispetto al 2019, è sviluppato in quattro lingue ed è organizzato per spedire worldwide, ma per il momento concentriamo le nostre attività in Europa - prosegue Marconato -. Abbiamo lavorato per offrire un’esperienza di acquisto che permetta di portare a termine un unico acquisto, spostandosi da un canale all’altro, senza difficoltà e in modo fluido». Tra le carte vincenti c’è il servizio pick & pay, «che ha portato notevoli benefici al business e aumentato la soddisfazione del cliente». Dopo essersi affidata a partner esterni per il sito, Morellato ha acquisto nel 2017 la società Kronoshop, dotata di una piattaforma proprietaria, con la quale ha rinnovato il sito. «Abbiamo internalizzato i processi, dalla creazione dei materiali, all’avvio e manutenzione dei siti, alla gestione dei contenuti. E contiamo su un team interno totalmente dedicato, affidandoci a un’agenzia esterna per digital advertising, seo e conversion rate optimization». (in alto, una creazione di Morellato).


Una profonda conoscenza dei processi unita ad una sartoriale capacità di proporre soluzioni per la propria clientela; è il cuore pulsante di Aeonvis, che annovera tra i propri clienti primarie aziende del panorama economico italiano ed internazionale. Aeonvis è il partner ideale per vincere le sfide della trasformazione digitale e per gestirne la complessità; la capacità di governare le modalità e la velocità con cui queste trasformazioni avvengono è il punto di forza di Aeonvis, che aiuta i propri clienti a coniugare le

esigenze tecnologiche con le esigenze di business.

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eJEWELRY INTERVISTA Jerome Favier Damiani Group

«I principali clienti online? Donne che comprano per sé» «Nel mondo del lusso ci stiamo affacciando verso una tipologia di consumo diverso, molto meno emozionale ma maggiormente legato alla praticità», racconta il ceo del gruppo. Non sorprende dunque che il pubblico femminile guidi la classifica delle vendite sul sito damiani.com 1

DI CARLA MERCURIO

1. Jerome Favier, a.d. di Damiani Group, cui fanno capo, oltre a Damiani, Salvini, Bliss, Calderoni, Rocca 1794 e Venini 2. Il sito di Damiani 3. I bracciali della linea Belle Époque, tra le più vendute del brand anche online

Come performa il sito damiani.com?
 Abbiamo da poco affiancato l’e-commerce alla vendita presso i nostri negozi monomarca e in questo momento il fatturato dell’ecommerce di Damiani sta aumentando fortemente. C’è un forte effetto omnichannel: il 75% dei nostri clienti hanno già visto i nostri prodotti online prima di venire in negozio a fare il loro acquisto. Quando avete lanciato il portale? Abbiamo avviato il sito di e-commerce di Damiani, il marchio del gruppo più forte nell'e-commerce, lo scorso anno in seguito al completo restyling del portale. I numeri sono in forte aumento, poiché ci stiamo affacciando verso una tipologia di consumo diverso, molto meno emozionale ma maggiormente legato alla praticità. Proprio per questo abbiamo appena assunto un manager che proviene dal settore fashion con un'esperienza consolidata nell’e-commerce, che ci supporterà nell’ottimizzare la strategia online. Quali sono gli articoli del brand più apprezzati dagli e-shopper? Abbiamo linee iconiche che sono riconosciute e richieste anche sull’e-commerce, delle quali vendiamo in particolare i pendenti e i bracciali. Per quanto riguarda gli anelli, invece, le misure richiedono una gestione dedicata. Anche sul web le serie Belle Époque, D.Icon e D.Side sono best seller. Nonostante la maggior parte dei volumi si concentrino sulle creazioni daily, con un entry price più basso, vediamo che ci sono molti clienti che vengono in boutique a chiedere informazioni su creazioni di Alta Gioielleria che hanno visto precedentemente sul web. In quanti e quali Paesi è attivo il sito? È disponibile in nove lingue e ci consente di raggiungere i consumatori di tutto il mondo. I principali clienti sono europei tra i 25 e i 45 anni e prevalentemente donne, che acquistano un gioiello per sé. 40

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ma anche la storia e le curiosità sulla maison. Per garantire alti standard nella user experience abbiamo un team dedicato, in grado di accompagnare il potenziale cliente durante tutte le fasi dell’acquisto. 2

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Quali partner tecnologici avete scelto? Ci siamo affidati al Gruppo Dentsu, perché puntavamo a garantire una perfetta gestione della user experience: vogliamo che la stessa cura nei confronti del cliente nelle nostre boutique sia garantita anche sul web, ma soprattutto che tutte le transazioni siano completamente sicure. Come avete replicato l’experience tipica dei negozi sul portale?
 Abbiamo implementato una strategia social capace di presentare ed esprimere i valori della marca, lasciando al sito web una funzione più didascalica e funzionale, quasi una sorta di catalogo, dove trovare con ordine le informazioni chiave sui diversi prodotti presentati,

Come coinvolgete il consumatore attraverso i social?
 Negli ultimi due anni abbiamo sviluppato una strategia integrata, che ci ha permesso di raggiungere ottimi risultati di crescita del pubblico digitale. Su Facebook, Instagram, Twitter e Linkedin, ma anche su WeChat e Weibo, raccontiamo e presentiamo la nostra maison: dai gioielli scelti dalle celebrity (i contenuti più apprezzati) alle nuove collezioni, senza dimenticare gli eventi più suggestivi o i nostri servizi. A proposito di servizio, quali sono le carte vincenti? Garantiamo consegne in 24/48 ore in tutto il mondo e reso gratuito. Accettiamo tutte le carte di credito (compresa American Express), Alipay e WeChat Pay, ma anche bonifici bancari.
Offriamo anche il servizio “prenota il tuo appuntamento”, che dà la possibilità di organizzare un incontro presso le nostre boutique per farsi seguire personalmente. Inoltre l'opzione “Prenota il gioiello” permette di farsi trasferire presso la boutique più vicina un gioiello specifico, per poterlo provare prima dell’acquisto. Lei ha parlato di sicurezza: che tipo di garanzie date ai consumatori in merito? Garantiamo transazioni assicurate, mentre per quanto riguarda i trasporti ci affidiamo a spedizionieri specializzati nella movimentazione di prodotti di grande valore. 


M-CUBE DIGITAL ENGAGEMENT for

IL NEGOZIO DIVENTA PHYGITAL PER UN’ESPERIENZA FLUIDA E PERSONALIZZATA CHE METTE IL CLIENTE AL CENTRO, LA STRATEGIA VINCENTE È UN MODELLO EVOLUTO DI CUSTOMER EXPERIENCE MANAGEMENT GIOCATO SU PIÙ PIANI DI RELAZIONE, IN TOTALE CONTINUITÀ TRA FISICO E DIGITALE

Espressione fisica del brand, il negozio diventa il luogo della convergenza “phygital” (physic&digital), ovvero è interconnesso, per immergere il cliente in un’esperienza memorabile e multisensoriale che favorisca nuove modalità di attrazione, ingaggio, comunicazione e fidelizzazione. Questa, nell’era dell’omnicanalità, è la strategia vincente per i marchi del retail, per i quali la focalizzazione sul prodotto non è più sufficiente, in un contesto in cui il mondo digitale influenza oltre il 50% degli acquisti. Un tailored engagement che, in cambio del rilascio dei dati personali del cliente, sia in grado di offrire valore in termini di sconti personalizzati o interazioni contestualizzate nei diversi touch point, risponde alle aspettative dei customer multicanale e orienta le loro scelte verso i marchi. Dirigere l’orchestra tecnologica di un ecosistema di soluzioni visibili e invisibili pre-

suppone quindi nuove capacità progettuali, in linea con una brand identity che deve rimanere coerente a sè stessa in termini di valori e autenticità. Con sedi a Milano, Trieste, Londra e Parigi, Amsterdam, Shanghai e Hong Kong, una succursale operativa a New York e una consolidata rete di partner globali, M-Cube - leader in Europa nel Retail Digital Engagement - sviluppa soluzioni digitali innovative per arricchire il negozio fisico con le potenzialità del digitale, attraverso un portfolio di soluzioni che vanno dalla Radio In-Store al Digital Signage, dall’interattività alle applicazioni mobile, fino agli strumenti dedicati alla forza vendita per offrire qualità e personalizzazione del servizio. Con la recente acquisizione di Stentle - start-up milanese fondata e guidata da Alexio Cassani, che ha sviluppato una propria piattaforma cloud e un kit di applicazioni mobile a supporto dell’unified

www.mcubeglobal.com

commerce - M-Cube ha ampliato la propria offerta di servizi, creando percorsi di customer journey e shopping experience sempre più personalizzati. Le soluzioni di Stentle, integrate con i sistemi legacy del brand cliente, permettono di supportare il personale del punto vendita in tutto il processo commerciale, dal riconoscimento del cliente fino al percorso personalizzato, rendendo continuativo il customer journey attraverso tutti i touch point fisici e digitali, rafforzando così l’esperienza di acquisto. Grazie all’uso di una sensoristica avanzata, è possibile trasformare i punti vendita in veri e propri ecosistemi esperienziali, a grandissimo valore aggiunto. Gli smart object in store diventano così soluzioni bimodali, consentendo ai retailer di gestire una quantità signifcativa di dati per offrire esperienze quanto più possibile contestuali, personalizzate e localizzate.



Ph. Dante Marrese

Creativo, inventivo, innovatore: il made in Italy che ce la fa è quello che sa cogliere il cambiamento Quattro anni fa Fashion lanciava la sua prima Ceo Roundable. Allora i marchi italiani si affacciavano con timidezza al mondo digitale. Oggi chi si è messo in gioco raccoglie i frutti e attira gli investitori internazionali DI ALESSANDRA BIGOTTA

Platea piena il 7 novembre in occasione della Ceo Roundtable on Commerce Innovation, organizzata a Palazzo Parigi di Milano da Fashion magazine ed eBusiness. Un evento che ha costruito il proprio successo su una formula unica nel suo genere, basata sul confronto tra i top executive del mondo della moda e quelli del digitale. Il tutto con il valore aggiunto degli interventi di esperti - in questo caso Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi, e Luca Solca, senior analyst Global Luxury Goods di Bernstein -, per fare il punto su un mercato in cui non si parla più di e-commerce, ma di commerce. Ad aprire i lavori il nostro direttore e ceo Marc Sondermann, che ha ripercorso l'evoluzione della Ceo Roundtable. «In quattro anni - ha affermato - abbiamo dato la parola a 300 a.d. di primo livello e 250 brand della moda, registrando tra il pubblico 5mila persone, tra imprenditori e altri

addetti ai lavori». Sondermann ha poi esteso il focus a una fase in cui per il retail non è tutto rose e fiori e il wholesale fatica a risollevarsi da anni durissimi, «ma ci sono anche notizie positive, che dimostrano come la trasformazione digitale, ritenuta ai tempi una mission impossble nel nostro Paese e in particolare nella moda, sia diventata finalmente realtà». Nel settore i ricavi dell'e-commerce diretto si sono infatti quintuplicati, «raggiungendo attraverso le operazioni omnicanale anche il 15-20% del fatturato». Siamo passati da una penetrazione media dei fashion brand sul digitale sotto l'1% a un 5%-7%, raggiungendo il tipping point oltre il quale si inizia ad accelerare. L'andamento del comparto è però a corrente alternata, «con un 20% dei marchi che vince alla grande e un 80% che perde. Quel 20%, fatto di nomi iconici ma anche

Tutto esaurito a Palazzo Parigi per la Ceo Roundtable on Commerce Innovation. Sopra, il nostro direttore e ceo Marc Sondermann

giovani e trasformazionali, attira l'interesse degli investitori internazionali. Nei salotti mondiali della finanza ci sono esperti italiani di altissimo livello, pronti a scendere in campo nel nostro Paese». «In Italia non c'è solo Gucci - ha concluso Sondermann - ma tante altre realtà, comprese quelle che, partite da zero, hanno saputo portare i ricavi a 10 milioni di euro in due anni. L'obiettivo comune è valorizzare il nostro bene più grande, una capacità creativa che si esprime nella moda, nel design, nel food, nel turismo di alto livello e nel beauty, settori che insieme al loro indotto arrivano a realizzare un 15%-20% del Pil nazionale».  eBusiness

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Ph. Dante Marrese

Valore, emozione e connessione sociale: ecco cosa vogliono i consumatori Più energia per il wow effect

Le sfilate di moda sono servite a Moncler per ancorarsi al mondo del lusso. Ora con il progetto Genius il marchio sta basando la presentazione delle collezione sull’energia e la connessione sociale: ingredienti chiave per un evento che ha richiamato 200mila persone.

I negozi racconti di unicità

Il digitale? Un tool dagli effetti dirompenti. Nel bene e nel male Le competenze digitali sono determinanti per la valutazione di un’azienda. Luca Solca, senior analyst di Bernstein, segnala le case history virtuose e le trappole da evitare DI ELISABETTA FABBRI

Le competenze digitali, ormai molto legate alla crescita delle vendite, incidono in modo determinante nella valutazione di un’azienda. Chi ha un approccio superficiale su questo fronte rischia un cortocircuito. Luca Solca, senior analyst di Bernstein per il settore Global Luxury Goods ha scelto la Ceo Roundtable on Commerce Innovation per indicare i trend virtuosi e gli errori da evitare. «Servono team capaci di essere vicini agli opinion leader chiave», afferma l’analista e aggiunge: «Postare è facile ma occorre controllare cosa si posta e quando in modo professionale». Commettere un errore sui canali non tradizionali può avere effetti dirompenti. La vicenda di Dior e della scomparsa di Taiwan dalla mappa della Cina durante una presentazione è solo l'ultimo dei casi che hanno urtato i consumatori. In parallelo sta evolvendo il modo di presentare le collezioni e si moltiplicano le occasioni di visibilità. Un esempio di successo citato da Solca è quello di Moncler, che ha organizzato una sorta di rave party aperto al pubblico a Milano, durante la fashion week di febbraio. Il risultato? L’evento ha attratto in due giorni 200mila persone (con forte impatto social), contro le mille di una classica sfilata. Per quanto riguarda i canali distributivi gestiti direttamente, l’obiettivo è far funzio44

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nare l’e-commerce e riportare traffico negli store fisici. Così brand come Louis Vuitton e Prada stanno aprendo centinaia di pop up store: «Il solo fatto che siano effimeri - dice Solca - è una ragione per visitarli». Inoltre non vale più la regola del network retail, dove ogni boutique è una replica delle altre, con lo stesso concept nel mondo. Il principio della riconoscibilità è superato dall’esperienzialità. Di nuovo Vuitton fa scuola in materia. «Il flagship store in place Vendôme - nota Solca - è unico nel suo genere: il solo che vende i gioielli di lusso, più interessante, più grande, decisamente rilevante rispetto ai valori del marchio». «Sul fronte wholesale, invece, bisogna fare attenzione alla perdita di controllo del prezzo». Se da un lato le vendite di orologi a prezzi scontati di piattaforme come Chrono24 permettono di smaltire gli stock velocemente, dall’altro hanno un impatto negativo sullo statement del marchio. Da non perdere di vista, inoltre, i nuovi giganti del retail. Se prima i grandi numeri erano appannaggio di Zara, ora a dettare legge sono i colossi delle vendite online Amazon e Alibaba, che possono avvantaggiarsi della raccolta e analisi di milioni di dati in tempo reale. Sul mercato si stanno poi imponendo nuovi brand con un modello alternativo di

Il network retail tradizionale non funziona più: ogni punto vendita deve avere un motivo per essere visitato. Questa la direttrice lungo la quale si muovono i grandi brand come Louis Vuitton che ha fatto scuola con il flagship store in place Vendôme.

Anche i piccoli entrano in gioco

Sperimentare ad alto livello: è l'unico modo di emerge per i new names. Questa la filosofia di Gentle Monster, marchio coreano di eyewear autore di negozi suggestivi creati da artisti e di prodotti con lo stesso valore intrinseco di quelli delle griffe, ma a prezzo inferiore.

Stock, maneggiare con qualità

Online sì, ma mai perdere il controllo del prezzo. Piattaforme come Chrono24 sono una chance per smaltire gli stock velocemente, ma rischiano di impattare sullo statement del marchio.

business che permette prezzi di vendita inferiori a parità di valore intrinseco. Nel caso dell’eyewear, ne sono un esempio realtà come Warby Parker, Retrosuperfuture e Gentle Monster, artefice anche dei negozi più coinvolgenti del momento. «Il merger Essilor-Luxottica - spiega Solca - può anche essere visto come una mossa difensiva nei confronti di questi newcomer. Lo shopping di occhiali da vista, infatti, necessita di maggiori attenzioni e il più delle volte di una presenza fisica». Il digitale sta scardinando altri equilibri consolidati. Per esempio si registra un calo delle vendite di orologi dal prezzo sotto i 500 dollari. «Non è un caso forse che Swatch non abbia rinnovato la licenza con Calvin Klein». 


I vantaggi della Open Innovation: la logica win-win tra le imprese della moda e il private capital

«Pronto a lanciare una piattaforma IT per le Pmi: è il primo investimento al di fuori di Herno»

Aprendosi a investitori specializzati gli imprenditori possono beneficiare di competenze, conoscenze e di un confronto costruttivo. «La finanza alternativa non è capitale dormiente», sostiene Innocenzo Cipolletta di Aifi DI ELISABETTA FABBRI

Claudio Marenzi CEO Herno

Il paradigma dell’Open Innovation si sta sempre più diffondendo in termini di un approccio aziendale aperto, che combina idee interne ed esterne, sconfinando nella finanza alternativa. Lo conferma Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi-Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, tra i protagonisti della Ceo Roundtable on Commerce Innovation. «Il modo della moda - afferma Cipolletta, che nei primi anni Duemila è stato anche presidente di Marzotto - si sta aprendo sempre di più al private capital e mi auguro che l’interesse continui a crescere, perché il fashion è molto importante per l’Italia». «L’arrivo di un investitore specializzato - prosegue - può non essere gradito all’imprenditore, perché comporta l’ingresso di nuove figure nel board e il doversi confrontare con chi potrebbe avere una visione diversa sulle strategie. Ma nella maggior parte dei casi, la collaborazione risulta vincente: la finanza alternativa non è capitale dormiente ma si traduce nell’apporto di competenze, conoscenze e di uno sguardo esterno, che non guasta mai». Il nuovo approccio del fashion al capitale è dettato in primis dal fatto che «le

banche non finanziano più o lo fanno per chi non ne ha realmente bisogno». D’altra parte cresce l’interesse degli investitori sia italiani che esteri, come attesta anche il numero di deal e l’ammontare investito dei primi sei mesi di quest’anno (fonte: Aifi-PwC): 12 le operazioni di moda e lusso, dalle quattro del primo semestre 2018 (17 in tutto il 2018), per un valore degli investimenti che ha raggiunto i 236 milioni di euro (dai 60 di un anno prima). Mediamente si tratta di operazioni dal valore contenuto, circa 20 milioni di euro. L’appeal delle aziende manifatturiere italiane è strettamente connesso alla capacità di innovare. «Siamo un Paese - osserva Cipolletta - che sa applicare l’innovazione ai vecchi business. Pochi imprenditori, ormai, fanno innovazione di base. Poi servono gli sviluppatori e in questo non siamo secondi a nessuno». In base alle statistiche illustrate dal presidente di Aifi, le realtà più innovative sono anche quelle che vanno meglio sui mercati. Per quanto riguarda il tessile-abbigliamento, chi investe in nuovi brevetti e per ottenere certificazioni ambientali e di qualità ne beneficia in termini di crescita

Non più solo moda, ma anche tecnologia per Claudio Marenzi. Il presidente di Herno, nonché di Confindustria Moda e di Pitti Immagine ha scelto il palco della Ceo Roundtable per annunciare l'imminente nascita di una newco per costruire una nuova piattaforma IT, destinata ad aiutare la modernizzazione delle piccole e medie imprese. «Un investimento - ha spiegato l'imprenditore di Lesa - che non riguarderà Herno, ma me in prima persona. Aziende con fatturati al di sotto dei 200 milioni di euro fanno fatica oggi a trovare sul mercato piattaforme IT stabili e noi vogliamo provare a colmare questo vuoto». «La piattaforma IT che immagiamo - ha proseguito Marenzi - sarà più stabile di quelle presenti sul mercato adesso, ma allo stesso tempo non sarà troppo rigida o onerosa da escludere realtà imprenditoriali medie». Il progetto sarà annunciato a breve e vedrà la luce nel 2020. «Si tratta del mio primo investimento al di fuori dell'azienda: Herno sarà un cliente di questa newco, che offrirà modelli evoluti di operation a realtà di tutti i settori, non solo della moda», ha concluso Marenzi. (an.bi.)

sia del fatturato sia dei margini operativi lordi. «Non è la quantità l’obiettivo delle nostre imprese: ciascuno cerca l’upgrading». Questo sta premiando le aziende italiane delle quattro A (automazione con meccanica, gomma e plastica, abbigliamento-moda, alimentari-vini e arredo), che risultano ai vertici mondiali per saldo commerciale, nonostante il contesto (vedi guerra dei dazi Usa-Cina). «L’economia italiana - conclude Cipolletta - viaggia a un tasso dello 0,1% l’anno. Di fatto è stagnante, ma nasconde grandi movimenti. Il Paese sta cambiando pelle: alcuni operatori scompaiono, altri avanzano con successo».  eBusiness

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Ph. Dante Marrese

Essere sostenibili si può, ma non esistono verità assolute. E la tecnologia può dare una mano Chi pensa che la sostenibilità sia in antitesi con la profittabilità o con i progressi sul fronte digital si sbaglia. Lo dimostrano le case history di Save The Duck, 7 For All Mankind, Isko e Diana E-Commerce Corporation: quattro realtà che della sostenibilità hanno fatto la propria bandiera, con tanta attenzione alla trasparenza e all'autenticità D CARLA MERCURIO

È sbagliato pensare che la sostenibilità sia in antitesi con la profittabilità e tantomeno con i grandi progressi sul fronte del digital. È il momento di far quadrare il cerchio in uno scenario in cui emerge un'enorme preoccupazione per il futuro del pianeta, soprattutto tra le giovani generazioni. Una sfida affrontata con successo dalle aziende che si sono confrontate sul palco: Save The Duck, 7 For All Mankind, Isko e Diana E-Commerce Corporation. «La sostenibilità per noi è stata rilevante fin dagli inizi - ha spiegato Francesca Toninato, ceo di 7 For All Mankind International -. Da subito il presupposto fondamentale è stata la durevolezza del capo, un tema importante per un marchio che gravita nella sfera premium/premium-luxury». Ma i clienti chiedono anche di avere una filiera produttiva e un comportamento di impresa sostenibile e

rispettoso delle tematiche ambientali: «Per questo motivo abbiamo scommesso su una filiera vicina ai mercati. Per esempio tutto quello che facciamo per l'Europa e il Medio Oriente è realizzato nel bacino del Mediterraneo». Un traguardo importante per l'azienda, che tra l'altro ha scelto di essere plastic free, sarà il 20esimo anniversario, che si festeggia il prossimo anno: «Per l'occasione comunicheremo i nostri obiettivi di carbon footprint, di consumo di acqua, di energia e additivi chimici. Il nostro è un approccio a 360 gradi, che richiede anche un alto grado di trasparenza nei confronti dei nostri dipendenti», ha chiarito la ceo di 7 For All Mankind International. L'azienda intanto sta facendo passi da gigante nell'e-commerce: «Abbiamo un tasso di penetrazione che supera il 10%. La sfida vincente è stata avere vissuto il canale come

PRIMO PANEL Authenticity wins: scalare il business in ottica sostenibile

Nicolas Bargi Founder & ceo Save The Duck

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eBusiness

Francesca Toninato CEO 7 For All Mankind International

Elena Faleschini Global Field Marketing Manager Isko

Stefano Mocellini Founder & CEO Diana E-Commerce Corporation

proprio, gestendolo direttamente e non in outsourcing. All'inizio può essere più complicato, ma alla fine la scelta paga». Emblematico, a proposito di sostenibilità, l'intervento di Nicolas Bargi, fondatore e ceo di Save The Duck, l'azienda che ha lanciato il "piumino senza piume", controllata dal fondo Progressio Investimenti III, il quale ha posto l'accento sulla difficoltà di trovare una verità assoluta in tema di responsabilità. «Mi considerano l'uomo che salva le oche, al timone di un'azienda 100% animal free, dove non vengono usate piume, pellicce, lana e seta. Ma se da un lato salvo gli animali, come posso evitare di inquinare il mondo con il mio prodotto?». Questa domanda apre la strada a un mare magnum, perché la definizione di sostenibilità è molto ampia e tocca argomenti come il lavoro, il sociale, la chimica, l'energia, la trasparenza e l'educazione: «Il consumatore finale deve comprendere cosa vuol dire sostenibilità in tutti questi settori. Per tale motivo nel nostro sito c'è una sezione dedicata, che spiega in maniera semplice gli argomenti, ma attraverso dei link si possono leggere centinaia di pagine su tutto quello che stiamo facendo». Quindi totale trasparenza, nel bene e nel male - ha sottolineato -. Il nostro piumino bollino arancio, per esempio è certificato Bluesign, ha una filiera certificata, utilizza meno acqua, energia ed è attento al


«Grazie al neuromarketing si aprono nuove prospettive»

Gianluigi Alberici Partner e Co-fondatore Alpenite

Gianluigi Alberici, partner e co-fondatore di Alpenite, system integrator che si occupa di digital transformation nei processi customer oriented, ha evidenziato le forti potenzialità del neuromarketing, che consente di studiare le interazioni degli utenti nei negozi sia fisici che virtuali, partendo dalle loro reazioni anche fisiche. «Stiamo elaborando diversi progetti in tal senso, attraverso un laboratorio e addetti con una formazione specifica, con l'obiettivo di supportare brand e aziende a eliminare le difficoltà nell'interazione con i consumatori e sviluppare potenzialità inesplorate». «Essere digital frontliner - ha spiegato - non significa solo saper usare le tecnologie più avanzate, ma prestare la massima attenzione ai nuovi trend, con un approccio aperto e ricettivo». (a.b.)

Co2, ma di fatto impiega pet vergine. Quindi finché l'economia è basata sul petrolio, la plastica va gestita in modo intelligente. Per questo in ogni argomento della sostenibilità c'è un pro e contro: bisogna ragionare su come affrontare i vari aspetti». «A conti fatti - ha concluso - il processo di sostenibilità di un'azienda deve puntare al continuo miglioramento su tutti fronti in modo trasparente». Come ha sottolineato il direttore di Fashion e della rivista eBusiness, Marc Sondermann, moderatore dell'incontro, «è ridicolo che ci siano realtà che parlano di ecologia, magari solo perché hanno inventato un capo sostenibile. Invece la responsabilità ambientale e

sociale è un discorso complicato, che deve essere affrontato in modo ponderato». Significativa la case history di Isko, colosso del denim turco, ingredient brand di uno dei segmenti più inquinanti nel mondo della moda. «La sostenibilità è nel nostro dna da sempre - ha raccontato Elena Faleschini, global field marketing manager dell'azienda -. Lavoriamo con brand della moda, del lusso, dello sportswear e abbiamo una visione globale di un settore in cui la velocità non procede di pari passo in tutti i Paesi. «In primo luogo - ha chiarito Faleschini - bisogna puntare sull'innovazione responsabile, perché non è necessario per forza consumare meno, mentre è fondamentale lavorare sulla qualità dei materiali e sull'innovazione di prodotto e processo. La nostra fortuna è che abbiamo una capacità produttiva di 300 milioni di metri di denim l'anno e che tutto viene fatto sotto lo stesso tetto. Sul fronte del prodotto è basilare anche lavorare con i nostri clienti, per accertarci che ricevano prodotti di alta qualità, che siano durevoli o protetti da brevetti. E poi sono molto importanti le certificazioni, e in giro oggi ce ne sono moltissime. Purtroppo è una giungla!», ha puntualizzato la manager. «Un'altra mission di Isko - ha concluso Faleschini - è educare il pubblico, a partire dal consumatore finale, proseguendo con gli studenti nelle scuole, per arrivare ai brand stessi». Altro focus del panel è stato dedicato al mondo digital, grazie all'intervento di Stefano Mocellini, founder e ceo di Diana E-Commerce Corporation, specialista del fashion-ecommerce con un centinaio di dipendenti tra Milano, Padova e New York. L'imprenditore ha spiegato come si fa a supportare le aziende nel percorso di digitalizzazione in modo sostenibile: «Fondamentale è dare loro un valore aggiunto, per aiutarle a ottimizzare il business. Oggi per esempio grazie alla nuove tecnologie si possono vincere sfide significative come la gestione ottimale del magazzino, evitando immobilizzazione delle scorte». Un altro aspetto, ha spiegato Mocellini, è che ci

Il premio dedicato a Schmeidler va a Federica Meyer Ha suscitato grande emozione alla Ceo Roundtable il premio dedicato ad Andreas Schmeidler, chairman di Tsum scomparso prematuramente un anno fa, istituito dall'Associazione Amici di Andreas e da Fashion. Vincitrice, la studentessa del Polimoda Federica Meyer, distintasi come Young Creative Leader of Tomorrow (nella foto con Elena Possenti, moglie di Schmeidler).

sono momenti nella vita di un'azienda che vanno capiti per aiutare a trovare delle soluzioni idonee: «Bisogna stendere delle roadmap a quattro/cinque anni per ottimizzare gli investimenti e puntare a una crescita sostenibile per il business, senza mettere sotto stress l'impresa». Grazie alla tecnologia si possono aiutare nel percorso di digitalizzazione anche piccole e medie aziende che un tempo non potevano permettersi investimenti onerosi: «I software diventano più intelligenti, più facili da usare. Noi per esempio tra le aziende di servizi abbiamo sposato due realtà cloud-base come Salesforce e Shopify perché sono il top sul mercato e vanno bene per diversi tipi di esigenze aziendali». E a proposito della diatriba tra sourcing e outsourcing nell'e-commerce, il manager ha dato il suo consiglio: «Il primo miglio deve essere fatto internamente, così si crea un know-how che permette di poter scalare in futuro». 

«La nostra scommessa? Stare accanto ai franchisee nella sfida del digital»

Giuseppe Miriello Head of Digital Paul&Shark

«Il background di Paul&Shark è B2B, con il 90% della distribuzione che passa attraverso i negozi in franchising e il wholesale. L'azienda, che avrebbe potuto cambiare completamente il modello distributivo, ha preferito agire su una digital transformation in continuità con il suo dna e i suoi partner». Giuseppe Miriello, head of digital di Paul&Shark, ha spiegato come in pochi mesi il brand abbia implementato un modello di omnicanalità avanzato, in sinergia con i propri franchisee. Un progetto «da affrontare tra l'altro in cinque lingue e 22 Paesi», che Paul&Shark ha scelto di gestire con partner tecnologici di primo livello, come Cegid. «Prima di sviluppare il progetto - ha aggiunto - è stato necessario organizzare i processi, i flussi, le persone, sincronizzare i sistemi, senza contare che ai franchisor devono essere garantiti dei benefit». Paul&Shark si è avvalsa anche della collaborazione di Alpenite, eShopWorld, Jakala. «Abbiamo affrontato la fase dell'integration test in agosto, ma il progetto in termini di sviluppo era partito a metà maggio. Superati due mesi di debug siamo arrivati al test fisico del flusso di acquisto del cliente e della gestione degli eventuali resi. Il primo ottobre siamo andati live. Ora siamo pronti ai prossimi step». (a.b.) eBusiness

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Ph. Dante Marrese

«Siamo i direttori dell'orchestra omnichannel»

Roberto Da Re Presidente Venistar

È il consumatore il nuovo centro di gravità permanente Gli esperti concordano: l'ultima parola ce l'ha sempre il cliente finale. Per competere in un mercato sempre più digitalizzato le aziende devono cambiare mentalità e assumere un approccio consumer-driven DI ANGELA TOVAZZI

Aziende diverse, settori diversi, modelli diversi, ma un’idea fondante in comune: è il consumatore il nuovo “centro di gravità permanente”. Sul palco della nostra Ceo Roundtable on Commerce Innovation, i pareri degli ospiti sono stati unanimi: l'avanzata del digitale impone una rivoluzione copernicana nelle imprese, perché non si tratta solo di digitalizzare processi, fare spazio alle vendite online e comunicare sui social. Ma di abbracciare la "causa" digitale tout court. «Il cambiamento deve coinvolgere l'azienda nella sua interezza, non solo la sfera dell’e-commerce, dalla governance al modello di business, comprese la logistica e la strutturazione dei magazzini», ha sottolineato Alessandro Pescara, nuovo ceo di Borbonese, impegnato in un turnaround nel quale l’online reciterà un ruolo da protagonista. «Il fashion - ha aggiunto - è diventato un linguaggio dove il web pesa moltissimo, per noi nell’ordine del 70-80%. Giocoforza l’azienda deve imparare a rapportarsi, anziché con un consumatore analogico, con un nativo digitale, trasformandosi a livello sia back-end che front-end», per riuscire a ottenere un «engagement veloce e ad ampio raggio». Che il digital riesca a moltiplicare i numeri in fatto di visibilità lo dimostra la case history di Acbc, v-brand di sneaker personalizzabili lanciato da Gio Giacobbe, che nel giro di soli 18 mesi, dopo una cam-

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pagna di crowdfunding su Kickstarter, è riuscito a superare i 10 milioni di euro di ricavi: «Il segreto sta nell’approccio - ha raccontato l'imprenditore -. Prima di vendere, anzi, prima di progettare qualsiasi nuova creazione noi consultiamo la nostra community». Risultato: oggi Acbc è sinonimo anche di 25 negozi fisici, sebbene in futuro «non vogliamo che l’offline - ha puntualizzato - pesi oltre il 30%». Se è vero che il contatto diretto con il cliente è il valore aggiunto di un’impostazione digital-oriented, a fare la differenza è la modalità di relazione: «Sulla base delle nostre survey - ha osservato Carmine Michele Bruni, partner, technology consulting di PwC Italia - abbiamo potuto notare che la personalizzazione è un plus non solo sul fronte del prodotto, ma anche nel dialogo con il consumatore finale, che dovrebbe essere il più possibile in forma one-

Mettere il cliente in primo piano è un mantra per Venistar: «Per noi - dice Da Re - tutto deve iniziare dal consumatore, che deve sentirsi seguito su tutti i canali». Che il cliente compri attraverso l'e-shop, nel negozio fisico e in altri touchpoint, il brand di riferimento è sempre lo stesso e come tale deve essere recepito. Questo presuppone servizi personalizzati in ogni passaggio. «L'ecosistema digitale - spiega Da Re - è come una galassia, le cui componenti devono trovare un centro. Questo centro lo offriamo noi con le nostre soluzioni avanzate». «Penso a un'orchestra dove ci sono tanti musicisti, bravi ma ognuno con il suo spartito conclude -. Se non c'è un direttore, quello che si sente è rumore, non musica».

to-one». Le imprese possono beneficiare dei cosiddetti Big Data, ma «la vera sfida - ha detto Bruni - è rendere significativi gli Small Data, quelli davvero rilevanti per le persone cui ci rivolgiamo». L’obiettivo è sempre uno: riuscire a soddisfare le aspettative degli e-shopper. Lo sa bene Massimo Degiorgi, business development director Dhl Supply Chain, che ha parlato della logistica come di un ganglo strategico a disposizione delle imprese, per creare l’effetto wow quando il cliente riceve a casa un ordine fatto sul web. «Il consumatore digitale ha bisogno di esperienze fisiche e noi siamo lì per offrigliele - ha ribadito -. Non siamo dei meri fornitori, né una commodity, ma un asset a fianco dei grandi come dei piccoli player. Certo, la logistica da sola non basta a vincere la partita, ma l’importante è che non sia aliena rispetto alle strategie aziendali». 

SECONDO PANEL E-commerce is key: quali imperativi per la crescita?

Alessandro Pescara CEO Borbonese

Gio Giacobbe CEO Acbc

Carmine Michele Bruni Massimo Degiorgi Partner, Technology Consulting Business Development Director PwC Italia Dhl Supply Chain


Consulenza PREMIUM PLM K2innovation è una società di consulenza dedicata principalmente ai sistemi di Product Lifecycle Management (PLM). Fondata nel 2011, ha sempre condotto progetti PLM sia sul mercato nazionale che internazionale. K2innovation si colloca tra le principali realtà italiane nell’ambito della consulenza PLM. Grazie alla considerevole esperienza ed alla profonda conoscenza dei processi aziendali, K2innovation ha incrementato i propri servizi, anche all’estero, ricoprendo ruoli strategici nell’ambito di progetti internazionali.

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Consulenza, implementazione, manutenzione, supporto e sviluppo software, questi sono i pilastri che compongono l'offerta di K2innovation, dalla definizione degli obiettivi aziendali fino allo sviluppo di applicazioni personalizzate e alla realizzazione di portali aziendali integrati con PLM, benchmark e selezione di software PLM, project management, project governance e technical guidance di progetti PLM, integrazione tra sistemi Enterprise (ERP, MRP, SRM, Document Management Systems, Digital Factory, ...). K2innovation è il partner affidabile e completo, ideale per le aziende che desiderano aumentare la propria incisività sul mercato attraverso l'utilizzo di sistemi PLM.

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Ph. Dante Marrese

«Dati e creatività sono i pilastri dell'e-commerce vincente»

Massimo Marconi VP Sales & Client Astound Italy

Ecco il digitale che fa bene alle aziende: semplice e centrato sul cliente, ma senza fretta Molti imprenditori vedono la digitalizzazione come uno strumento per garantire una crescita facile alle aziende, ma questa trasofrmazione deve essere incentrata sulla relazione con i clienti e sui loro livelli di soddisfazione. Marenzi: «Se hai fretta investi male»

«Customer experience, customer engagement e technology execution: queste sono le tre componenti necessarie per realizzare siti di e-commerce di successo secondo noi di Astound. Con il concetto di omnicanalità ormai superato da quello di human channel, ossia l'integrazione di tutti i touchpoint fisici e digitali con la persona che li utilizza, l'innovazione continua è semplicemente imprenscindibile. Gli asset del cambiamento si chiamano intelligenza artificiale, big data e data driven creativity, mentre il prezzo nel lusso non è determinante. L'esecuzione tecnologica, poi, non può che essere seamless. Vietati rallentamenti e gestioni manuali delle attività».

DI ANDREA BIGOZZI

Cambiano i tempi, il mercato e le esigenze dei consumatori. È per questo che le aziende si trovano a dover rivedere la propria organizzazione, facendo spazio a nuove business unit e nuove figure professionali, necessarie per vincere la sfida della digitalizzazione. Parola d’ordine: reinventare la propria impresa, come emerso durante la Ceo Roundtable on Commerce Innovation. E farlo senza timori, ma anche con una scaletta delle priorità, perché le aree di cambiamento sono tante e non tutte alla portata dell'imprenditore. «Molti si sorprendono che il mio marchio non abbia ancora un e-shop diretto - ha esordito Claudio Marenzi, presidente di Herno e tra i protagonisti dell'evento - ma visto che per

me l'online non è un mercato dei prossimi cinque anni, ma dei prossimi 50 anni, non ha senso accelerare troppo. C'è chi si butta sull'e-commerce senza prima aver gestito una network retail di almeno una ventina di negozi, ma io non lo farei mai. Per questo mi accontento di quel 30% delle vendite online su cui Herno può contare in maniera indiretta, attraverso il wholesale». Essere innovativi, quindi, non significa bruciare le tappe. «L'errore che viene commesso - ha ammesso Ivano Cauli - è quello di "semplificare" troppo il mondo digitale, raccontando la trasformazione legata al settore come una metamorfosi indolore. Non ècosì». «Reinventare un'impresa in chiave

TERZO PANEL Leading Globally in Omnichannel Times: Reinventare l’impresa in chiave digitale

Claudio Marenzi CEO Herno

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Gaetano Sallorenzo CEO Miroglio Fashion

Ivano Cauli CEO Openmind

Mario Davalli Country Manager Cegid

omnicanale - ha proseguito il fondatore di Openimind - presuppone un’eccellenza della macchina operativa, richiedendo un'accurata formazione del personale. La tecnologia è solo una piccola parte del processo, quindi dobbiamo stare attenti con le promesse». Un esempio di player tradizionale che sta modificando per gradi il proprio business model attorno alla digitalizzazione è Miroglio Fashion. La conferma è arrivata direttamente dal ceo Gaetano Sallorenzo: «Il bello dell'approccio multicanale è che aiuta i brand a tenere in vita gli store fisici. Il 30% delle nostre vendite online avviene attraverso il format click and collect. Ma per noi essere digital vuol dire anche spingere i clienti che non trovano la merce in negozio ad acquistarla direttamente instore dal telefonino, con l'aiuto dei nostri addetti alla vendita». Rendere il negozio non solo un puntovendita, ma anche un luogo di esperienza e un magazzino è una misson di Cegid, il cui mantra è "never miss a sale". «Forniamo una piattaforma che unisce tutti i canali - ha detto Mario Davalli, country manager Italia, Spagna ed Eastern Europa di Cegid - , senza pretendere dall'imprenditore un investimento troppo oneroso. Per noi un software è una commodity, come Netflix: si paga un canone mensile, in base alle reali esigenze del momento». 



Ph. Dante Marrese

Digital Manager of The Year 2019: ecco i premiati Anche il nostro convegno ha i suoi "oscar": visione, intuito strategico e fattività sono le qualità che accomunano i tre prescelti

Una task force di competenze per rendere reale il “customer's dream"

Pasquale Passaro, global e-commerce and performance marketing manager di Diadora, ha vinto nella categoria Growth Story

Non più o non solo venditori di prodotti, fashion brand e retailer del settore puntano a una relazione one-to-one con quelli che sono più follower che clienti nel senso stretto del termine. I partner tecnici sono al loro fianco per plasmare esperienze d'acquisto tailor made, partendo da un utilizzo mirato dei dati DI MARIELLA BARNABA

Il cliente finale non compra un prodotto, o non solo. Il capo di abbigliamento, l'accessorio, il prodotto lifestyle devono esprimere un valore, un'emozione. Ma come trasformare il "customer's dream" in realtà? Con questo interrogativo Marc Sondermann ha introdotto il quarto panel della Ceo Roundtable. A rispondere Alice Carli, ceo de L’Autrechose e Giannico, Marco Dellapiana, general manager di Tally Weijl, Maurizio Alberti, vice president global sales di Mapp Digital e Luca Martino, fondatore e ceo di Skylabs. La prima a parlare è stata Alice Carli, ai vertici de L’Autrechose, società controllata da Sator che ha di recente acquisito Giannico, brand calzaturiero fondato da Nicolò Beretta, oggi direttore creativo di entrambe le linee. «Siamo partiti come azienda di prodotto - ha spiegato -. Quindi il salto nell’om-

nichannel è stato una rivoluzione. Al centro c'è la relazione one-to-one con chi ci sceglie, utilizzando tutti i mezzi, dal Crm ai social. E nei negozi fisici cerchiamo di attirare l’utente con le esperienze e non con i soliti sconti». A proposito di sconti, «annullarli del tutto sarebbe controproducente - ha detto Maurizio Alberti di Mapp Digital, uno dei principali Mar-Tech vendor indipendenti al mondo - perché significherebbe tagliare fuori una parte interessante della clientela. Meglio gestirli in modo personalizzato». «Se so che un’ipotetica Giorgia è interessata allo sconto perché ha comprato solo durante il Black Friday o simili - ha proseguito - utilizzerò questo argomento con lei sia online, sia nei negozi. Al brand lover, che acquisterebbe anche senza ribassi, darò magari più valore al prodotto o al servizio».

QUARTO PANEL Living the customer's dream: vincere la sfida della relazione

Alice Carli CEO L’Autrechose & Giannico

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Marco Dellapiana General Manager Tally Weijl

Maurizio Alberti Luca Martino Vice President Global Sales CEO Mapp Digital Skylabs

Giuseppe Miriello, head of digital di Paul&Shark, si è distinto per la Corporate Vision

Il Forward Thinker per eccellenza è Giuseppe Grandinetti, global digital marketing manager di Vibram Anche la svizzera Tally Weijl, il cui business in Italia vale 150 milioni di euro, ha cavalcato la trasformazione digitale. «L’obiettivo - ha detto Marco Dellapiana - è essere agili e in linea con le nuove consumatrici, trasmettendo i nuovi valori del brand, ormai lontano dal totally sexy di dieci anni fa». Ma la vera sfida è non fare annoiare il cliente: «L’esperienza online si è standardizzata», ha affermato Luca Martino, ceo di Skylabs, creatrice tra l’altro di un’idea di frontend service, per cui il sito si evolve con le esigenze del consumatore. Uno dei tool più richiesti dai brand a Skylabs è un configuratore per consentire all’utente di personalizzare sneaker, T-shirt, zaini e persino tessuti, ovviamente dietro nostro controllo». 


CTRADE for

IL BUSINESS NON HA PIÙ BARRIERE UN UNICO PUNTO DI RIFERIMENTO PER OGNI FASE DELLE ATTIVITÀ DOGANALI: QUESTO IL CUORE DELLA PROPOSTA DI C-TRADE, SOCIETÀ DI CONSULENZA MILANESE CHE SUPPORTA LE AZIENDE ITALIANE NEL TRASFORMARE LA SFIDA DELLA GLOBALIZZAZIONE IN OPPORTUNITÀ DI CRESCITA

LUCIA IANNUZZI E PAOLO MASSARI, SOCI FONDATORI CTRADE

CTrade è la società di consulenza doganale che ha deciso di rendere la dogana un’opportunità di business per i suoi clienti, con uno scopo dichiarato: essere il primo ed unico player nazionale in grado di assistere le aziende in ogni dinamica legata a questo specifico ambito. Dalla consulenza alla pareristica, dalle operazioni doganali all’assistenza in contenzioso, dalla pianificazione alla strategia, il tutto al fine di ridurre i rischi e sfruttare tutti i benefici che la normativa doganale, se conosciuta, offre. Un modello di business di successo ideato dai soci fondatori, Lucia Iannuzzi e Paolo Massari, che nel giro di quattro anni ha visto triplicare il fatturato aziendale e incrementare del 200% gli addetti. Oggi CTrade si offre come partner doganale per ogni tipologia di azienda e in ogni settore merceologico. Annovera tra i suoi top client

moltissime aziende di media-grande dimensione, che spaziano dal fashion al food, dall’automotive all’energy. L’interconnessione digitale fra sistemi doganali consente ai clienti di vedere immediatamente, nei propri ERP, il risultato delle dichiarazioni doganali di import, export e regimi speciali, nonché l’immediata presenza dei visti uscire, mentre report immediati fanno sì che si possano monitorare i costi e i tempi dell’espletamento delle formalità doganali. Inoltre un archivio unico permette di reperire tutta la documentazione connessa agli acquisti e alle vendite effettuate dai clienti. Un unico repository sempre disponibile. E, ancora, CTrade aiuta la compliance delle aziende con la normativa doganale, assistendole nell’ottenimento dell’autorizzazione AEO e studiando l’applicazione di regimi

www.c-trade.it

speciali e corridoi doganali che portino alla riduzione di tempi e costi. Queste alcune delle attività della società milanese, aperte tutte (o quasi) da una “due diligence”, capace di fotografare lo stato della gestione doganale, evidenziando rischi, possibili aree di miglioramento e proiezioni di saving. Processi e procedure, formazione e informazione, pianificazione e strategia doganale applicate a uno scenario com­plesso segnato da cambiamenti rapidi - guerra dei dazi e Brexit per citarne alcuni - ma anche FTA e facilitazioni operative che possano aiutarci a sopravvivere nella lotta quotidiana alla globalizzazione: questa l’ampia offerta di CTrade. Un tailor engagement per ogni tipologia di assistenza, calibrata sul business del cliente: perché standardizzare i processi doganali provoca rischi, costi e nessun benefit.


Ph. Dante Marrese

La potenza dell'AI fa volare le idee e il business L'intelligenza artificiale offre chance impensabili nel recente passato, tutte da sfruttare. E il meglio deve ancora venire Palazzo Parigi teletrasportato nel futuro: è successo grazie alle testimonianze di Giuseppe Grandinetti, global head digital del marchio Vibram, e Marco Dalla Libera, senior partner di Alpenite, società che guida le imprese nella trasformazione digitale. Vibram, come è noto, è un'azienda molto orientata all'innovazione di prodotto, il che si traduce nella vendita di suole high tech per 200 milioni di euro l'anno. «Ma innovazione è anche saper sfruttare l'intelligenza artificiale - ha sottolineato Grandinetti -. Abbiamo messo a frutto le interazioni social, 150 milioni solo su Facebook, assemblando post, commenti, like e tag, per dare vita a proposte sempre nuove». Per Vibram la scarpa evoluta è quella che camminando produce energia e ricarica il telefono o che, collegata al Gps, interagisce con i semafori e l'auto. Per Dalla Libera la sfida sarà avere libero accesso agli algoritmi dell'AI, rendendola per così dire autonoma: «Per esempio, il supporto post vendita oggi è dato da word flow e journey predefinite, ma un domani l'AI dovrà poter autodeterminare diversi percorsi e "autocambiare" logiche che attualmente sono in mano a chi programma, rendendosi più efficace anche senza l'intervento dell'uomo». (m.b.) 54

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La cerimonia di vendita va concertata su tutti i canali Soprattutto nei negozi del lusso l'esperienzialità è essenziale. Un appeal che deve rimanere intatto nell'online Ivano Cauli, ceo di Openmind, e Alexio Cassani, fondatore di Stentle, hanno affrontato insieme a Marc Sondermann il tema dell'esperienza d'acquisto. Cassani ha portato alla ribalta la case history di Stentle, società acquisita dal colosso M-Cube, che ha una doppia anima. «M-Cube - ha detto - si occupa di digital signage, porta cioè video, musica e radio negli store. Stentle invece si focalizza sull'omnichannel con al centro l'esperienzialità dell'acquisto. I dettaglianti diventano un motore per l'e-commerce, nel momento in cui per esempio il commesso, mentre serve il cliente, ne traccia il profilo». Stentle è alle prese con un progetto innovativo insieme a una catena di shopping district, che evolve il concetto di marketplace. Cauli di Openmind si è focalizzato sul cerimoniale di vendita negli store del lusso: «Un aspetto chiave, con il personale istruito per raccontare il brand e i suoi valori. La difficoltà nasce nel momento in cui tutto ciò viene trasposto in ambito digitale: un catalogo che "appiattisce" il prodotto vanifica tutti gli sforzi». Bisogna allora puntare su formule innovative, intraprendendo percorsi inediti. Tra i progetti seguiti da Openmind spicca F is For...Fendi: una piattaforma digitale creata da e per i Millennials, «nata con un approccio di comunicazione e poco legato al business, ma che ha dato ottimi risultati». (m.b.)

La partita si decide sulla visibilità dello stock Nell'integrazione tra e-commerce e negozi fisici bisogna basarsi su aggregatori, come stock e cataloghi condivisi, in cui però è prioritario stabilire chi vede cosa La complessità è intrinseca ai nuovi modelli di business distributivo in cui i canali fisici e digitali devono funzionare all'unisono. I nodi da sciogliere non mancano, ma aziende e partner tecnologici si attrezzano per trovare la soluzione giusta al momento giusto. Ne hanno parlato, con la moderazione di Marc Sondermann, Giuseppe Miriello, head of digital del brand Paul&Shark, e Antonio Canovese, CX sales manager di Venistar. Miriello si è riallacciato alla relazione presentata nella prima parte del convegno, in cui ha illustrato l'implementazione di un progetto e-commerce svolto a tempo record e in sinergia con i franchisee. «L'e-commerce ha detto - viene vissuto come un pericolo dalla rete distributiva esistente, se non concepito in un'ottica di supporto. Noi, per esempio, monitoriamo dove avvengono le vendite online entro una data distanza dal franchisee, riconoscendogli un fee: uno degli aspetti che abbiamo dovuto affrontare nella strategia omnichannel». «Le complessità vanno risolte alla radice - ha osservato Antonio Canovese - innestando nuovi sistemi che tengano conto dell'omnicanalità e bypassando i limiti di processi nati per gestire separatamente i canali». Ci si deve basare su aggregatori, «come stock e cataloghi condivisi - ha fatto notare il CX sales manager di Venistar - in cui però è fondamentale stabilire chi vede cosa e chi riceve quali informazioni». (m.b.)


Riflessione, informazione ma anche networking a Palazzo Parigi Ph. Dante Marrese

Numerosi gli spunti di riflessione sul palco della Ceo Roundtable on Commerce Innovation. Ma un aspetto determinante del successo del convegno è anche il fatto che catalizza in un unico luogo figure di spicco del lifestyle e del tech, creando contatti e facendo circolare le idee

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1. Marc Sondermann (secondo da sinistra), insieme ai membri dell'Associazione Amici di Andreas Schmeidler: Massimiliano Langs, Alessandro Consolo, Filippo Zucchi Frua e Giuseppe Bellora 2. Sara Della Corte di Rifle e Massimo Marconi di Astound Commerce 3. Andrea Cappi di Max Mara, al centro, insieme a Giuseppe Miriello di Paul & Shark (a sinistra) e Maurizio Alberti di Mapp Digital (a destra) 4. Andrea Fiume di Bsamply con Paola Bosetti di Bosetti Studio 5. Elena Scaglia di Adyen 6. Andrea Da Venezia di Veepee 7. Enrico Fantaguzzi di 7 For All Mankind 8. Da sinistra: Alice Carli di L'Autre Chose e Giannico, Maura Basili di Team Chemistry e Giuliana Parabiago di Pitti Immagine 9. Ileana Turrini e Lorenzo Marchesini 10. Marc Sondermann con Evgeniy Schepelin di Yandex.Market 11. Davide Muto di Jucca e Hans Hoegstedt

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eDESIGN INTERVISTA Catherine Colin Made in Design

«Con Printemps siamo pronti all'omnicanalità» Passata di recente sotto il controllo del department store francese, la piattaforma del design basata a Grenoble è pronta ad affrontare nuove sfide all'insegna delle sinergie. «Progettiamo di aprire negozi con insegna Made in Design», anticipa Catherine Colin, fondatrice del portale di e-commerce, arrivato al giro di boa dei 20 anni DI CARLA MERCURIO

Di recente siete entrati a far parte del gruppo Printemps: quali i primi risultati di questa liaison? La nostra ambizione con il Gruppo Printemps è creare sinergie per sviluppare l'omnicanalità. Madeindesign è il website di Printemps per quanto riguarda l'arredamento e noi abbiamo tre negozi nei grandi magazzini Printemps Haussmann di Parigi, a Lille e a Lione. Il prossimo step importante sarà l'apertura di negozi in molti Paesi con il nome Made in Design, dal momento che il nostro è un brand forte. Come evolve il giro di affari di madeindesign.com e quanti clienti conta il sito ogni mese? Anche quest'anno siamo cresciuti double digit, grazie agli oltre un milione di clienti che fanno shopping sul sito ogni mese, con uno scontrino medio di 300 euro. Quali sono i marchi bestseller sul portale e quali le proposte che vendete meglio? La clientela apprezza i marchi noti in arrivo da Italia, Scandinavia e Regno Unito. Vendiamo principalmente sedie, poltrone, tavoli e sistemi di illuminazione. Per aiutare i clienti abbiamo un servizio gratuito di personal shopping, che dà consigli molto utili per arredare la casa. Come avete affrontato le criticità legate alla consegna di articoli a volte ingombranti? Fin dall'inizio abbiamo scelto i migliori partner in Europa. Per i prodotti ingombranti è previsto un servizio di consegne di alto livello che prevede l'installazione in casa. Qual è la fascia prezzi in cui è più facile vendere un oggetto di arredo online? 56

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In genere sono i mobili e le lampade tra i 300 e i 1.000 euro. In quanti Paesi è attivo il vostro sito? Il sito è attivo nei cinque Paesi leader per l'ecommerce in Europa, ma vendiamo in 95 nazioni in cinque lingue. Siamo presenti in tutto il mondo e continuiamo a lavorare sull'internazionalizzazione. 2

Quanto è importante l'Italia per madeindesign.com? È un mercato di riferimento per il design e l'e-commerce e continua a crescere su mobile, che copre il 30% del traffico nel Paese. Ci sono target di età e Paesi più inclini a comprare online? I Paesi più avanti in Europa sono la Francia, il Regno Unito, la Germania e l'Italia. Una grande sorpresa è la Svizzera: un mercato importante e molto interessante per lo sviluppo dell'e-commerce.

1. Catherine Colin, fondatrice di Made in Design 2. Uno screenshot del portale: tra i marchi in vendita, Kartell, Muuto, Artemide, Flos, Seletti

nel design accompagnato dalle giuste ispirazioni, in modo che il cliente possa realizzare la casa o il giardino dei propri sogni. Offriamo un servizio di delivery di alto livello e i nostri personal shopper aiutano i consumatori in cerca di consigli e di aiuto per avere una casa perfetta.

Su quali aspetti avete lavorato in fase di implementazione del sito? La tecnologia ci ha dato la possibilità di essere più agili sul fronte della business intelligence e del Crm. Per l'It ci avvaliamo di tool solidi e strutturati.

Scommettete su limited edition e quanto contano per voi i social media? Abbiamo realizzato una special limited edition collection per il nostro 20esimo anniversario e abbiamo instaurato numerose partnership con famosi influencer. Siamo stati inoltre tra i primi a lanciare una Eco Design Collection.

Come riuscite a coinvolgere i consumatori in un percorso di acquisto soddisfacente? Proponiamo un'offerta esclusiva e selezionata per rispondere alle esigenze del nostro premium target. Il primo obiettivo è dare il meglio

A che punto siete con l'Intelligenza Artificiale e la realtà virtuale? Abbiamo testato la virtual reality, ma la clientela preferisce i progetti realizzati dai nostri team. Usiamo invece l'IT per il Crm e il customer service. 


eDESIGN

La cucina digital dialoga con l'utente

La stanza cambia colore con le lampade smart

PEDINI [Artificial Intelligence]

PHILIPS [Hue Go]

Dalla liaison con Microsoft e Iomote nasce Hi, la cucina digital di Pedini che consente all’utente di controllare con la voce e sull’apposita App i consumi, monitorare la qualità dell'aria, ricevere alert, aprire e chiudere le ante, gestire la lista della spesa. Può anche cambiare colore dell'illuminazione per la giusta atmosfera.

Cambiare il colore della stanza non è un problema con le lampade Hue Go di Philips, che possono essere collegate a una presa oppure scollegate, grazie alla batteria interna ricaricabile. Con pochi click sul dispositivo o sulla app si impostano sette gradazioni o si può scorrere tra le opzioni, per ottenere il colore desiderato.

Il futuro sarà un learning continuo ALTAGAMMA [Perspectives]

Aromi e musicoterapia: è tempo di risvegli soft OREGON SCIENTIFIC [Alarm Clock] Mai più levatacce traumatiche: la sveglia RM661 di Oregon Scientific è dotata di uno speaker che trasmette musiche brainwave, studiate ad hoc. Offre anche un diffusore di fragranze naturali per l’aromaterapia e un regolatore di intensità della luce per creare l'atmosfera ideale. Gestibile anche da app.

Mino, lo speaker che telefona e scatta i selfie LEXON [Small But Powerful] Stanno nel palmo di una mano gli speaker Bluetooth Lexon Mino, che permettono di ascoltare musica da ovunque si desideri, garantendo una notevole qualità del suono. Una volta sincronizzati con lo smartphone, consentono di scattare selfie da remoto e di fare telefonate in viva voce.

Da Patricia Urqiola a Nadja Swarovski, fino a Tom Dixon, Piero Lissoni, Davide Oldani e altri, per un totale di oltre 20 speaker: alla seconda edizione di Next Design Perspectives, simposio sulle eccellenze creative che fa capo ad Altagamma insieme a Italian Trade Agency e Fiera Milano, è andato in scena il futuro di design, automotive, ospitalità e moda. L'evento, curato da Deyan Sudjic, direttore del Design Museum di Londra, ha visto in platea al Gucci Hub di Milano un migliaio di persone. «Entro 20 anni - ha esordito il presidente di Altagamma, Andrea Illy - il numero di neuroni del nostro cervello sarà superato da quello dei chip». Prima che questo accada, avverranno altri cambiamenti. Si delinea il quadro di una società che decreterà, per esempio, The End of More, la fine del superfluo, ma che non farà certo a meno del supporto del digitale, anche perché a fronte di un'Europa che invecchia, Asia e Africa sono serbatoi di giovani. La tecnologia porterà più condivisione, ad esempio per potenziare la formila del car sharing, più opportunità per le persone disabili grazie alle protesi progettate in 3D, più tool per lo storytelling ai fashion brand. «Ma tutto - ha detto Claudia d'Arpizio di Bain & Company - dovrà avvenire in un continuo learning, come quando si attraversa un fiume saltando da un ciottolo all'altro. Programmare a cinque anni non avrà senso».

Case sicure con il sistema d'allarme intelligente NETATMO [Home Security] Composto da una videocamera interna intelligente, da una sirena interna e da sensori per porte e finestre, il nuovo sistema di allarme di Netatmo avvisa l’utente in tempo reale sul suo smartphone in caso di tentantivi di intrusione e attiva automaticamente la sirena.

L'acqua è più pura e leggera con Click&Drink CULLIGAN [Wireless Technology] Culligan propone una soluzione che consente di avere un'acqua più pura e leggera. Si chiama Click&Drink l'accessorio dotato di tecnologia wireless che, grazie a un pulsante collegato al depuratore domestico, dà l’input di erogare acqua microfiltrata o osmotizzata a seconda del tipo di impianto. eBusiness

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eMARKET INTERVISTA Roland Fink Niceshops

«Cresciamo a doppia cifra ma non smettiamo di essere "nice"» L'e-company di Roland Fink continua a crescere, forte di una quarantina di negozi online e un business model che fa leva su offerta specializzata e value for money, consegne veloci, comunicazione “nice” con i clienti. Nel 2019 è pronta a superare i 50 milioni di euro di ricavi e a fare un altro salto, insieme al retailer tedesco Müller

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DI ANGELA TOVAZZI

Il logo è un emoji con il sorriso, perché gentilezza e buonumore sono il marchio di fabbrica. A Saaz, nel cuore della Stiria (land nell’Austria sudorientale) il motto, stampato ovunque, è “Be nice!”. Una filosofia che premia, a vedere dai risultati: 27 milioni di fatturato nel 2018, 38 nel 2018, oltre 50 previsti per il 2019 e, negli ultimi mesi, l’ingresso nel capitale di una holding come la tedesca Müller, che accelererà ulteriormente la crescita. Il fondatore Roland Fink ha iniziato come Steve Jobs: con la spedizione dei primi pacchi da un garage. Era il 2006. A distanza di 13 anni è al comando di un gruppo con una quarantina di negozi online, che vendono cosmetici naturali (Ecco Verde), integratori alimentari (VitalAbo), e-bike (Geero), semi e accessori per il giardino (Bloomling) e accessori per la casa (Interismo), giusto per citarne alcuni. Offerta specializzata, ottimo rapporto qualità-prezzo, consegne veloci, cortesia e sostenibilità ambientale (zero emissioni, conferma la certificazione ReGreen, ottenuta a settembre) sono gli asset: tutti i giorni dai magazzini partono più di 7.850 pacchi, destinati agli oltre 2 milioni di clienti di circa 150 Paesi. Recentemente Roland Fink ha appeso al petto anche un distintivo: quello che incorona l'azienda Best Workplace 2018 fra tutte le imprese di medie dimensioni della regione Dach (Germania, Austria, Svizzera). Ecco cosa ci racconta. 58

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CLIENTI NEL MONDO

PACCHETTI AL GIORNO

Siete stati soprannominati l’Amazon della Stiria, perché vendete cosmetici naturali, ma anche biciclette elettriche, alimenti per animali domestici, arredamento e accessori per la piscina. Come si riesce a competere con un gigante come quello di Jeff Bezos? Essere paragonati a una delle aziende più grandi e innovative al mondo è certamente “nice”, ma tra noi e Amazon ci sono differenze abissali. Niceshops è una società neutrale dal punto di vista climatico, oltre che uno dei migliori datori di lavoro in Europa. Questo è ciò che fa la differenza e di cui possiamo essere davvero orgogliosi. È vero che offriamo diverse tipologie di prodotti, ma ognuno di essi viene proposto con molta dedizione e amore, seguito dalle persone giuste, che hanno grande passione per quello di cui si occupano. Il nostro scopo non è di vendere in fretta e furia, ma farlo nel migliore dei modi.

Avete chiuso il 2018 a 38 milioni di euro di fatturato. Il prossimo step? Nel 2019 prevediamo di superare i 50 milioni. Una crescita che richiede spazio: l’anno scorso abbiamo ampliato il nostro quartiere generale a Saaz, triplicando i metri quadri, con un investimento di 8,5 milioni di euro. Nel 2020 Niceshops raddoppierà la sua capacità. Tutto quello che facciamo cerchiamo di farlo però in modo sostenibile, nel rispetto dell’ambiente e delle persone. Più riusciamo a crescere, più riusciremo ad avvicinarci ai nostri obiettivi di migliorare almeno un po’ il mondo in cui viviamo. Qual è il segreto di questa crescita? Non esiste un segreto da rivelare. Semplicemente sono mille le cose che devi cercare di fare un po’ meglio della concorrenza, con un paio di errori meno degli altri. Uno dei vostri marketplace, Ecco Verde, con oltre 300 marchi di


BEAUTY NEWS Abiby spacca con l'effetto sorpresa del beauty box

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1. Roland Fink 2. La sede di Saaz 3. Un pacco Ecco Verde, che in Italia arriva entro 24 ore dall'ordine 4. I magazzini di Niceshops

crescita: non solo aumenteremo la nostra velocità, ma potremo ampliare il nostro catalogo, anche in Italia.

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cosmetici dall’Inci 100% naturale, è presente anche in Italia. Che progetti avete nel nostro Paese? L’Italia è sempre stata uno dei nostri mercati più importanti e continueremo a investire per proporre il meglio. Non è esclusa l’apertura di negozi fisici, come il nostro - unico per il momento - concept store a Graz, ma siamo ancora in fase di pianificazione. Se ci riusciremo, non sarà comunque prima del 2020. Recentemente la holding Müller ha deciso di entrare nel capitale di Niceshops: cosa cambierà? Quest’allenza consentirà di accelerare la

Cosa pensa dell’intelligenza artificiale? Cambierà il mondo, certamente non sempre in senso positivo. Per quanto ci riguarda, al momento ci aiuta a migliorare l’esperienza di acquisto dei clienti, potenziando la proposta di prodotti mirati, e a ottenere previsioni più dettagliate sulle vendite, per ottimizzare i nostri livelli di stock. Introdurrete nuove tecnologie? Il nostro primo focus è l’acquisto sui dispositivi mobili. A oggi realizziamo oltre il 50% delle vendite tramite m-commerce. Sappiamo però che ci sono ampi margini di miglioramento per rendere lo shopping più user-friendly. Vogliamo anche potenziare la logistica, soprattutto nell’ultimo step, nell’incontro con il cliente finale. È lui che detterà le regole: la nostra principale sfida sarà quella di rimanere sintonizzati, aggiornandoci e migliorandoci continuamente. 

UN DEAL ALL'INSEGNA DELL'OPEN INNOVATION

Müller accelera nel digitale: «Niceshops è il nostro partner ideale» Quando si tratta di spingere in innovazione e digitalizzazione, le aziende di grandi dimensioni fanno fatica a mettere in moto gli ingranaggi del cambiamento. Da qui la tendenza a ricorrere a operazioni di open innovation, per ridurre i costi e i rischi di investimento nei processi di digital trasnformation, affidandosi all'expertise di realtà esogene. In quest'ottica rientra la recente acquisizione, da parte del retailer tedesco Müller, del 26% di Niceshops: «Insieme a loro - dice il neo ceo Günther Helm (nella foto) - porteremo il nostro business online a un nuovo livello. Con 900 negozi in tutta Europa, daremo nuovo slancio a temi come omnichannel e customer care. Niceshops è in assoluto il nostro partner ideale».

Continua a crescere la startup milanese creata nel 2018 da Mario Parteli e Luca Della Croce, tra i 100 giovani leader del futuro secondo Forbes. Abiby - che si basa sull'idea di un beauty box in abbonamento, contenente da tre a cinque prodotti a sorpresa di marchi affermati e di nicchia - dopo aver annunciato un aumento di capitale da 1,5 milioni di euro, sta tessendo alleanze con il mondo della moda e della bellezza, grazie a collaborazioni con nomi come Vestiaire Collective, Colmar e il salone Cosmoprof, per i quali realizzerà speciali "pacchetti sorpresa", all'insegna di qualità e sostenibilità.

Douglas mette il turbo all'e-commerce Il gruppo del beauty lancia il primo markeplace europeo nel settore della bellezza prestige e punta a diventare il numero uno nelle vendite online nel Vecchio Continente. L'operazione, condotta in tandem con una ventina di retailer, come Parfumdreams (ma la trattativa è in corso per coinvolgerne un centinaio), porterà in Rete un assortimento di circa 10mila prodotti premium, per arrivare successivamente a 50mila. Come spiega la ceo Tina Müller, il markeplace è per ora attivo in Germania, ma sarà presto esteso ad altri Paesi europei.

Un'ex Procter & Gamble fonda Slow Nature Si chiama Slow Nature ed è una nuova piattaforma multimarca, dedicata interamente a prodotti della moda e del beauty, con lo stesso fil rouge: l'impegno eco-friendly. Il sito di vendite online porta la firma di Olga Yanovska Bianchi, ex Procter & Gamble, ed è partito con circa 1.000 prodotti, tutti con certificazioni in grado di garantire le loro buone pratiche in campo produttivo.

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ANALYSIS Return management Logistics 4.0

Consegne e resi? Ci pensa l'intelligenza artificiale

NS RETURN D$ U F E R &

Tutta la catena di fornitura, dalla logistica di fabbrica alla consegna a domicilio fino ai resi, deve essere pensata in termini nuovi. Anche perché il rischio non è solo quello di costi fuori controllo, ma anche di perdere la fiducia del consumatore, per cui la delivery è parte integrante della shopping exeperience. Così le funzionalità si fanno più avanzate dal punto di vista della tecnologia e della sostenibilità, per i grandi player ma anche per le start up

nella moda: un settore dove cresce il numero di utenti (ormai sono poco meno della metà) che ammette di acquistare sapendo già in partenza che qualcosa restituirà. Anche in Italia l’impatto della logistica sulle vendite sta aumentando, come evidenziano i dati del consorzio Netcomm e della School of Management del Politecnico di

Reserve logistics e return management sono forse le parole del momento nel mondo dell’e-commerce. Tutti i dati lo confermano, a cominciare da quelli dell’Associazione European E-Commerce: se nei punti vendita fisici la merce restituita ammonta a circa l’8-9%, in quelli online l’incidenza sale a dismisura, fino al 15-30%, con punte del 40%

DI ANDREA BIGOZZI

DAL RIMBORSO AL RESO: ECCO COSA VUOLE IL CONSUMATORE DIGITALE Le funzionalità più apprezzate da chi fa shopping online sono resi, tracciabilità e politiche chiare di spedizione | 3.64 | 3.54 | 3.53 | 3.52 | 3.47 | 3.48 | 3.46 | 3.48 | 3.45 | 3.41 | 3.36 | 3.40 | 3.34 | 3.30 | 3.83 | 3.31 | 3.28 | 3.27 | 3.28 | 3.17 | 3.08 |

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Fonte Netcomm, elaborazione eBusiness

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LA LOGISTICA È AL CENTRO DELLA SHOPPING EXPERIENCE

Per gli italiani è importante conoscere chi si occupa della consegna Quanto è vantaggioso conoscere la società che si occuperà di consegnare il pacco?

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1. App come Virtusize, basate sull'intelligenza artificiale, sono i nuovi strumenti per ridurre l'inciedenza dei resi

Mr.Porter

Milano: il 72% dei consumatori dà molta importanza alla qualità dei servizi di consegna, tanto che il 70% si fa un’opinione sul retailer in base alla facilità del reso. Addirittura per l’82% degli intervistati dall’ateneo milanese, l’azienda che si occupa degli aspetti di logistica e consegna è un aspetto da tenere in considerazione quando si fa shopping online. Numeri che trovano conferma nei fatti, anzi nelle strategie aziendali: un colosso dell’e-commerce come Amazon, ad esempio, ha messo la delivery al centro del suo modello di business, considerandola un aspetto cruciale per garantire la “customer satisfaction” di chi acquista sul proprio portale, Italia compresa. Oltre a quattro grandi hub, infatti, la multinazionale fondata da Jeff Bezos ha recentemente avviato nel nostro Pa-

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ese 13 stazioni di consegna nelle principali città, tutto nell’ottica di semplificazione dei servizi di delivery delle merci a casa e ritiro di eventuali resi. Non mancano poi da parte del gruppo le sperimentazioni di veicoli non inquinanti e innovazioni tecnologiche. Ma Amazon non è certo un caso isolato: secondo i dati raccolti da Netcomm, quasi la metà dei retailer, infatti, si aspetta che l’evoluzione della logistica sia un elemento chiave per l’aumento dei livelli di produttività. Con uno scenario come questo, non sorprende che la policy di reso gratuito da parte delle imprese si stia diffondendo sempre più. Un’indagine della Washington and Lee University della Virginia ha evidenziato che i consumatori tendono a ridurre la spesa del 75-100% in due anni nei siti di e-commerce che scelgono la restituzione a pagamento, e ad aumentarla dal 158% al 457% in due anni sulle piattaforme online che introducono la restituzione gratuita. Percentuali analoghe vengono registrate per la consegna gratuita, sempre spesso citata dai consumatori come driver principale per comprare online più spesso. Ma i resi vanno controllati, minimizzandoli e ottimizzandone la gestione affinché non incidano eccessivamente sui conti aziendali. Per questo i merchant più avanzati, marketplace in testa, stanno sperimentando una serie di soluzioni che chiamano in causa vari aspetti, dalle tecnologie digitali ai negozi fisici, passando ai servizi di terzi. Quest’ultimo punto sembra riuardare principalmente le aziende medio-piccole che, pur essendo alle prese con il tema dei resi al pari dei grandi player, non possono contare sui mezzi per gestire internamente la reverse logistics. Risultato, i pacchetti di realtà come Dhl, Ups e FedEx - che non si limitano più alla semplice gestione dei resi ma anche a stoccaggio, distribuzione e consegna - si moltiplicano, così come le startup

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Estremamente/Molto importante Poco rilevante/Per niente rilevante Per gli uomini la società di delivery è più importante che per le donne 84% per gli uomini vs. 81% per le donne Per i Millennials è ancora più determinante che per la GenZ 85% degli e-shopper tra 25-34 anni vs. il 74% tra i 16 e i 24 anni Le regioni del Sud tendono a prestare più attenzione all'aspetto delle consegne rispetto al resto d'Italia 86% a Sud vs. una media dell'80% nel Nord/Centro

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FASHION WORDS: LA CERTIFICAZIONE CHALCO BRANDLIFE ALL’INSEGNA DELLA DIGITALIZZAZIONE UNICA AGENZIA DI TRADUZIONI E COPYWRITING SPECIALIZZATA ESCLUSIVAMENTE NEI SETTORI FASHION&LUXURY, FASHION WORDS GARANTISCE UNA GAMMA COMPLETA E INTEGRATA DI SERVIZI, ANCHE RELATIVI ALL’E-COMMERCE: NON A CASO HA OTTENUTO DA HYPHEN-ITALIA LA CERTIFICAZIONE CHALCO BRANDLIFE, PER L’UTILIZZO DELLA PIATTAFORMA CHE GESTISCE L’IDENTITÀ DIGITALE DEI CONTENUTI TESTUALI

La digitalizzazione dei processi per valorizzare la propria offerta. Si iscrive in questo contesto il nuovo traguardo raggiunto da Fashion Words – l’unica agenzia di traduzioni e copywriting specializzata esclusivamente nel settore fashion, con una gamma completa e integrata di servizi ad alto valore aggiunto per la moda e per l’e-commerce moda –, che ha ottenuto da HyphenItalia, partner per la trasformazione digitale, la certificazione Chalco BrandLife. 
Un prezioso riconoscimento che sigla la fine di un percorso di formazione portato avanti in tandem dalle due aziende, volto a formare le risorse interne di Fashion Words sull’utilizzo della piattaforma Chalco BrandLife, in grado di gestire l’identità digitale di prodotto. In particolare, l’agenzia si occuperà della produzione e traduzione multilingua

dei contenuti testuali.

“La certificazione Chalco BrandLife rappresenta per Fashion Words un ulteriore passo verso la specializzazione sempre più spinta nel settore del Fashion&Luxury – dichiara il Ceo Diego Caldognetto – semplificando l’intera gestione del progetto di copywriting e traduzione, sia dal lato interno sia per i nostri clienti, migliorando la soddisfazione di tutti gli attori coinvolti”.

Attraverso la piattaforma, è possibile gestire l’intero processo di copywriting e traduzione – la produzione, la revisione dei copy e successivamente la traduzione nelle varie lingue richieste dal brand – centralizzando tutte le informazioni sia dal lato cliente che nei confronti di copywriter, traduttori e project manager, superando quindi vecchie procedure basate sullo scambio di email. Molteplici i

www.fashionwords.eu

vantaggi: maggiore velocità ed efficienza, riduzione degli errori, migliore coordinamento con il brand, totale trasparenza sullo stato avanzamento lavori, facilità di condivisione delle informazioni con tutti gli attori del progetto.
 D Fashion Words è l’unica agenzia di traduzioni e copywriting specializzata esclusivamente nel settore moda. Forte di un know-how specialistico, Fashion Words offre una gamma completa di servizi ad alto valore aggiunto per la moda.
 D Hyphen-Italia si propone come partner innovativo per supportare la trasformazione digitale di organizzazioni nel settore moda, lusso, industria e retail, attraverso servizi consulenziali e lo sviluppo di applicazioni informatiche.


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Zalando

Grazie all’uso di algoritmi basati sull’analisi dei comportamenti di acquisto, gli e-tailer possono realizzare un sogno: prevedere gli ordini per ridurre il magazzino

va ancora alla grande, le soluzioni omnichannel sono in ascesa, così come quelle che fanno leva sull’AI, candidate a ridurre la percentuale di resi». Sempre più in auge, perché amato dal consumatore finale, è il click and collect, che sfrutta la presenza di un negozio fisico dove andare a ritirare ed, eventualmente, restituire la merce. Secondo un’indagine Ipsos commissionata da Axis Communication, per il 19% degli italiani l’innovazione prioritaria in tema di shopping è trasformare il punto vendita in un luogo di ritiro dedicato agli acquisti effettuati su Internet. Anche in America (fonte Pulse of the Online Shopper di Ups) il 60% dei consumatori preferisce restituire i prodotti comprati online nel negozio fisico piuttosto che al corriere, e il 70% di questi ultimi, già che

(le più in ascesa sono Clear Returns, Optoro, Happy Returns), nate per proporre sistemi di software, anche in Cloud, e hardware per la gestione di trasporti e magazzini. Si tratta in genere di soluzioni che prevedono la digitalizzazione dei flussi informativi, sistemi digitali per ottimizzare la gestione degli spazi nello stoccaggio e nei mezzi di trasporto, algoritmi di Big Data Analytics per la pianificazione dei trasporti e il tracking. I modelli che sfruttano la tecnologia, in particolare l’Intelligenza Artificiale, e che favoriscono la sinergia tra canale fisico e digitale sono invece lo scenario più diffuso tra i grandi marchi. «Senza dimenticare - fa il punto Roberto Liscia, presidente di Netcomm - che l’impostazione tradizionale alla tedesca, quella che trasforma la casa del consumatore finale in un salottino prova,

si trova in store, fa altri acquisti. «Se l’incremento dei resi nell’e-commerce è inevitabile - prosegue Liscia - sfruttare logisticamente la rete vendita fisica permette di rendere i costi più sostenibili». Ci sono poi le innovazioni tecnologiche, prime fra tutte l'intelligenza artificiale, che si rivelano strategiche sia per migliorare i processi di acquisto del consumatore, sia nell'attività di gestione logistica da parte dell'azienda venditrice. Nel primo caso un’area molto dinamica è l’arricchimento delle classiche funzioni presenti sulla piattaforma di vendita online per minimizzare il tasso di reso, attraverso strumenti capaci di avvicinare il più possibile la scelta del prodotto ai gusti del singolo consumatore. «L’intelligenza artificiale - fa notare Liscia - è l’innovazione tecnologica emergente, da guardare con maggiore interesse fra quelle che stanno già ridisegnando tutta la filiera dell’industria e della distribuzione. Le sue capacità di analisi predittiva, infatti, sono un elemento chiave sia nella personalizzazione dell’offerta che nell’esperienza di acquisto, per non parlare del mantenimento della relazione con il cliente». In parole povere, questo approccio tecnologico significa consigliare i prodotti più affini agli acquisti precedenti attraverso funzioni di Crm e analytics, descrivere il prodotto nel modo più puntuale possibile, con video e simulazioni 3D che ne mostrino

TEMPI DI CONSEGNA

Per ricevere i prodotti acquistati online la deadline ideale è due giorni (a casa) Opzioni di consegna (luogo)

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Entro 48 ore dall'ordine

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RESI E LOGISITICA

Amazon

Italiani e-shopper virtuosi online: resi solo per il 14% Hai esercitato il tuo diritto di reso?

l’utilizzo, e offrire tool per garantire la misura più adatta, come la App svedese di fitting Virtusize, che confronta il capo di cui si sta valutando l’acquisto con uno già comprato sulla stessa piattaforma. «L'Ai - conclude Liscia - consentirà inoltre di ridurre la percentuale di resi, che comportano un impatto energetico negativo sulla sostenibilità ambientale, un fattore importante per la scelta di acquisto degli italiani, soprattutto per i più giovani». Una tesi, quella dell'esperto di commercio elettronico, che trova riscontro anche nelle strategie aziendali (vedi box) come dimostra l’impegno sostenibile di Zalando, che ha da poco annunciato un importante piano di riduzione connesso alle operazioni, alle consegne, ai resi e alla “maledizione” del commercio online, il packaging. Si

colora di verde anche la logistica 4.0 firmata dal colosso tedesco Dhl Express, che in Italia tra il 2014 e il 2018 ha investito circa 70 milioni di euro per rinnovare la flotta di mezzi terrestri: delle quasi 3mila unità in circolazione, oltre 1.600 riguardano veicoli elettrici, biciclette, furgoni a basso impatto ambientale e auto ibride. Ma se da un lato l’innovazione e la coscienza green sembrano essere la strada maestra per rendere efficace e "pulita" la gestione dei resi, è anche vero che il passaparola può rivelarsi uno strumento tanto old economy, quanto efficace: dare visibilità alle recensioni di chi ha già comprato il prodotto, secondo i dati di Netcomm, aiuta a ridurre i resi e spinge il consumatore a riempire il carello. Della serie, anche il commercio del futuro ha il suo lato antico. 

SU COSA PUNTANO LE AZIENDE

Il focus non è il prezzo, ma il timing e l'autonomia Massima precisione, flessibilità, semplificazione e sostenibilità: le strategie delle aziende in fatto di delivery vanno in questa direzione. Non esiste quindi solo la leva del reso gratuito per incentivare il cliente a fare shopping online. L'opzione che consente all'acquirente di stabilire il giorno di ritiro è tra le funzionalità più apprezzate da chi fa shopping online. Lo sa bene Westwing.it, che come altri ha creato un servizio di resi in grado di garantire una facile tracciabilità del pacco, consentendo ai clienti che cambiano idea di gestire la richiesta di reso in autonomia, online, specificando la motivazione e prenotando il giorno di ritiro. Anche il fattore tempo è un aspetto sempre più cruciale: chi compra online, dicono i dati, non vuole aspettare più di 48 ore e Tannico.it ha costruito la sua politica di delivery su questo asset: per la merce in stock in giornata nelle maggiori città italiane, in 48 ore nel resto d’Italia e in 72 nelle isole. C'è poi l'aspetto green, con casi alla Zalando, che promette un e-commerce a impatto zero, a cominciare proprio dal packaging. Gli imballaggi dell’e-commerce tedesco sono già oggi realizzati con materiali riciclati, ma progressivamente entro il 2023 vedranno ridursi a zero l’utilizzo di plastica monouso.

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Gli uomini sono più disposti delle donne a effettuare un reso... 17% uomini vs. 12% ...Gli under 24 più degli over 55... Il 19% degli e-shopper tra i 16 e i 24 anni vs. il 10% tra i 55 e i 65 anni ricorre ai resi ...E i residenti al Sud più di chi vive nel Nord Italia

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Fonte: Netcomm, elaborazione eBusiness

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eNEWS

DI ALESSANDRA BIGOTTA

FiloBlu: digitalizzare le attività commerciali fa rinascere i negozi In Italia il punto vendita fisico è il canale preferito dai Millennials, un dato da non sottovalutare: FiloBlu si propone come guida a 360 gradi nelle attività di drive-tostore dei clienti, per superare in modo vincente le barriere tra online e offline Come sottolinea un report di Kpmg, l'experience al metro quadro è la nuova metrica del successo del retail. Una consapevolezza che Christian Nucibella, patron di FiloBlu, ha maturato da tempo con la sua società, fornitrice di strategie aziendali su misura per marchi e retailer nel loro percorso di crescita internazionale e omnicanale. «Il ripensamento del retail fisico - afferma passa attraverso il digitale quale opportunità di aumentare il numero dei visitatori in negozio, attraverso la realizzazione di contenuti esclusivi e tecnologie innovative». «Essendoci strutturati e sviluppati come brand - precisa - abbiamo gli stessi obiettivi delle aziende clienti, in primis rendere disponibili in ogni touchpoint tutti i prodotti in vendita, tramite un'esperienza trasversale tra i diversi canali». Così FiloBlu rafforza sempre più il proprio ruolo di guida a 360 gradi nelle attività drive-to-store dei clienti, «in base a un progetto di digitalizzazione delle attività commerciali - spiega l'imprenditore - che punta tutto sulla loro evoluzione, per una definitiva rinascita dello shopping in negozio». La creazione di punti di contatto omnichannel, diretti o indiretti, porta al superamento delle barriere tra online e offline. Detto in termini più tecnici, «noi di FiloBlu siamo in grado di comprendere una serie di fattori, quali brand personas, caratteristiche delle collezioni, trend e Kpi dello store fisico, che ci consentono di prefigurare gli step successivi, in linea con il posizionamento e le richieste del marchio, in modo da realizzare progetti pilota». Questi modelli di partenza possono essere estesi su scala più ampia, ad esempio incrementando il numero dei punti vendita e dei mercati coinvolti, per confluire poi nella strategia aziendale a tutto tondo, a supporto del retail fisico. Fondamentale una metodologia di lavoro data-driven, ben visibile nella messa a punto del piano di marketing, «i cui risultati vengono costantemente monitorati, aggiornati e adattati, a seconda delle performance rilevate e degli obiettivi prefissati». Tra i Kpi, quelli solitamente considerati sono la generazione di lead, le vendite registrate online e offline, la reach e l'interazione delle azioni online, oltre alla partecipazione attiva delle persone alle attività proposte: «Indicatori inseriti nella suite Business Intelligence, di proprietà di FiloBlu, e che quindi sono sotto monitoraggio continuo». «L'obiettivo ultimo di tutto ciò - conclude Nucibella - è ridefinire il concetto di retail, integrando esperienze instore dal forte valore aggiunto».

Otb si affida a Kubix Link di Lectra Già partner dell'azienda hi-tech, il gruppo guidato da Renzo Rosso punta a una maggiore trasparenza della supply chain Il gruppo Otb ha adottato Kubix Link, piattaforma cloud di Lectra, per ottimizzare i processi aziendali digitali e garantire trasparenza nella supply chain. Il nodo da sciogliere era rendere i dati di prodotto più accessibili ai team globali con una soluzione innovativa, ma facilmente integrabile con il software esistente. «Questa piattaforma - dice Ubaldo Minelli, ceo del gruppo - è ergonomica, facile da usare ed efficace nel semplificare la condivisione dei dati». Kubix Link, progettata ad hoc per la moda, combina le funzionalità Plm (Product Lifecycle Management), Pim (Product Information Management) e Dam (Digital Asset Management). Nella foto, un modello di Maison Margiela, brand di Otb.

Esplorando il Next Level Now all'e-P Summit di via Calabiana

Virgo traccia i beni di lusso, anche usati

Al summit organizzato da Pitti Immagine digital native brand accanto a realtà più che consolidate, a confronto sulle nuove opportunità offerte dall'alta tecnologia

Quattro soci di rilievo hanno messo a punto una piattaforma basata su sustainability, reputation, authenticity

Sono stati circa 500 gli addetti ai lavori che hanno seguito il recente e-P Summit al Talent Garden Calabiana di Milano. Filo conduttore degli interventi, ispirati alle categorie Retail, Culture, Innovation e Inspiration, il concetto di Next Level Now. Ne hanno parlato, tra gli altri, Sandeep Verma del marchio di calzature Allbirds, che in soli tre anni ha raggiunto una valutazione di 1,4 miliardi di dollari (vedi intervista in questo numero), e The Restory, realtà britannica che dal 2015 offre servizi di riparazione per scarpe e borse di lusso. A far da contraltare le case history di brand più che noti tra cui Ellesse, Timberland, Levi's e Adidas. Sul palco anche il fondatore di Msgm Massimo Giorgetti, che ha messo in guardia dallo strapotere dei merchandiser nella moda. Molto seguito l'intervento di David Fischer di Highsnobiety, protagonista di un'escalation: nato come blog nel 2005, è diventato in breve tempo un punto di riferimento nel mondo delle sneaker, fino a lanciare un magazine cartaceo nove anni fa. Da lì all'evoluzione in società fornitrice di contenuti editoriali e organizzatrice di eventi il passo è stato breve. Dallo scorso maggio una nuova sfida, la discesa nell'arena dell'e-commerce.

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eBusiness

Temera, PwC, Luxochain e Var Group si sono unite per creare Virgo, soluzione integrata e trasparente per tracciare la catena del valore e certificare l'autenticità dei beni di lusso, dall'acquisizione delle materie prime alla produzione e vendita, fino anche al second-hand market. Grazie a questa piattaforma, ogni lotto potrà essere autocertificato da parte dei produttori e i consumatori saranno sempre in grado di sapere tutto sui capi che indossano e la loro provenienza.



eNEWS

DI CARLA MERCURIO

Salesforce: contenuti coerenti su tutti i touchpoint con il nuovo cms Il nuovo Salesforce Cms è nato per aiutare le aziende a creare e distribuire contenuti in modo facile, immediato e sempre più personalizzato Oggi le aziende lavorano per produrre, trasmettere e personalizzare i contenuti destinati ai propri clienti in tutti i punti di contatto disponibili, ma spesso i tradizionali sistemi di gestione dei contenuti sono stati pensati per un singolo touchpoint e non per essere inseriti in una customer journey omnicanale che evolve di continuo. Come ha rivelato il recente State of the Connected Customer, il 78% dei consumatori si aspetta esperienze coerenti su tutti i canali. Per questo Salesforce, realtà leader a livello globale nel Crm, lancia il Salesforce Content Management System, un Cms (Content Management System) ibrido progettato per aiutare i brand a creare e distribuire con facilità contenuti tramite qualsiasi canale o dispositivo, tenendo conto dello storico dei dati raccolti durante le interazioni con ciascun cliente. È possibile scegliere un tipo di contenuto o creare tipi personalizzati e produrli rapidamente tramite la app, senza la necessità di alcun supporto tecnico. Si possono inoltre sviluppare raccolte che funzionino come playlist da aggiungere alle diverse esperienze pensate per i clienti. Salesforce Cms è un ibrido, quindi permette ai team aziendali di creare contenuti in una posizione e distribuirli in qualsiasi punto di contatto digitale, a prescindere dal fatto che l'esperienza pensata sia stata fornita da Salesforce o da altri sistemi. Se un’azienda desidera aggiungere contenuti a un’esperienza creata con Salesforce, può avvalersi dei due nuovi tool “what-you-see-is-what-you-get” (Wysiwyg): Experience Builder e Commerce Page Designer, riuscendo a creare contenuti in modo statico e a trascinarne i componenti direttamente sul proprio sito web, un portale, un forum o una vetrina commerciale. Entrambi gli strumenti assicurano semplicità di utilizzo e ciò vuol dire che i team di progettazione e di sviluppo possono costruire un’esperienza in codice. Le aziende che desiderano distribuire contenuti su un sito o un’app mobile di terze parti possono inoltre utilizzare le Api headless Salesforce per la produzione di contenuti da indirizzare verso piattaforme esterne. Con il nuovo sistema, i team aziendali possono dare avvio al processo di redazione dei contenuti consapevole e informato, in base ai dati dei propri clienti, affinché il contenuto visualizzato sia personalizzato e incentrato sul consumatore. Salesforce Cms consente inoltre di trasformare i dati in possesso delle diverse realtà in contenuti da riutilizzare a proprio vantaggio. Si può anche registrare un record Crm e tradurre le righe e le colonne in contenuti visivi come banner, menù a tendina o Cta promozionali.

Gli artigiani 5.0 si affidano ai dati Al via il progetto The Modern Artisan, una liaison tra Ynap e The Prince's Foundation Debutta a metà del 2020 su tutti i brand del gruppo Ynap (Yoox, Net-a-Porter, Mr Porter e The Outnet) la capsule luxury sostenibile frutto della liaison tra la realtà in capo al gruppo Richemont e The Prince's Foundation, presieduta da Carlo, Principe di Galles. Battezzato The Modern Artisan, il progetto vede in pista sei studenti italiani e sei inglesi. Selezionati dal Politecnico, i sei italiani disegneranno la collezione, sostenuti dal laboratorio di ricerca Fashion in Process (Fip) dell'ateneo e pteondo avvalersi dell'accesso esclusivo ai dati e agli insight di Ynap. In parallelo, la fondazione lavorerà con altrettanti laureati nel Regno Unito, che parteciperanno al corso di quattro mesi creato ad hoc per formare le competenze nelle produzioni di lusso in piccole serie. Un percorso che consentirà agli studenti di produrre la capsule presso Dumfries House, sede della fondazione nell'Ayrshire, in Scozia.

Un'alleanza al servizio delle aziende FabricaLab e Xpro Consulting: insieme per le migliori soluzioni di performance management FabricaLab, azienda attiva nella progettazione e implementazione di soluzioni di Business Intelligence, Big Data, Data Integration Tools, Product Lifecycle Management, Corporate Performance Management e Identity and Access Management, si è alleata con Xpro Consulting, società di management consulting, specializzata in progetti e soluzioni di Performance Management e Business Analytics. Un’operazione strategica, spiega il ceo di Fabricalab, Giulio Meghini: «La grande esperienza di Xpro Consulting, sia sui processi di controllo di gestione che sulla piattaforma Board, già in uso da vari clienti, rappresenta per noi un asset, soprattutto per quanto riguarda il nostro prodotto PCube e il suo lancio nel mercato dei prossimi mesi».

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eCONCEPT

Digital Atelier Negozi progettati con sistemi digitali integrati, che permettono di impiegare gli straordinari strumenti tecnologici come fossero forbici, aghi, fili e tessuti. Questo dà la possibilità di confezionare il concept ideale e creare, in una logica sartoriale, le basi per l’acquisto su misura DI ALBERTO CORRADO

LOUIS VUITTON

Boutique Piazza degli Strozzi 1 Firenze www.louis vuitton.com

I clienti possono personalizzare alcuni modelli iconici della maison con una speciale tecnica di serigrafia che permette di stampare le etichette direttamente sulla tela originale, sia essa Monogram o Damier Graphite. La label verrà in seguito tagliata e cucita per realizzare l’articolo personalizzato.

ZARA

Flagship Corso Vittorio Emanuele II 11/13, Milano www.zara.com All’ultimo piano del negozio di Milano si trova la sezione “Online”, in cui viene esposta una delle selezione dei capi più di tendenza del momento o capsule collection. A disposizione dei clienti vi è un campione per ogni taglia, da provare in appositi camerini ,per poi ordinare online e riceverle la merce a a casa. Inoltre il negozio presenta specchi interattivi dotati di sensori, in grado di identificare i capi indossati e suggerire abbinamenti. 70

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Michele Molon

Swarovski: «Con Crystal Studio abbattiamo i muri tra online e offline» TWINSET

Flagship Via Alessandro Manzoni 34 Milano www.twinset.com L’eleganza del negozio Twinset di via Manzoni si riflette nel design innovativo di tavoli e speciali display. Postazioni multimediali consentono alla clientela di sfogliare cataloghi digitali per scoprire le collezioni. Nei dispositivi è presente la funzione Digital Mirror, sviluppata da Intag: una soluzione digitale che permette alle clienti di realizzare un proprio book fotografico per rivedere o condividere la propria esperienza di shopping interattivo.

LUXOTTICA

In tutte i negozi del brand www.luxottica.com Un nuovo sistema digitale permette alla clientela di scorrere il catalogo del gruppo.Grazie alla realtà aumentata, inquadrando un QR code con il proprio smartphone si può anche provare il modello in un virtual mirror, condividendo la foto sui social o con i propri amici via chat.

È partita da Milano con il nuovo store high-tech di via Dante la rivoluzione retail della maison dei preziosi. Ecco gli highlight, raccontati dall'Evp Omnichannel and Commercial Operations Michele Molon Che cos'ha di speciale questo negozio? Apre la strada a una nuova fase dell'esperienza retail di Swarovski, perché punta a far sperimentare ai consumatori un'esperienza immersiva, omnicanale ed emozionale, in modo che chi varca la soglia dello store possa sentirsi come a casa propria, libero di esplorare, provare, giocare e, se vuole, condividere questi momenti suoi social. Fiore all'occhiello del nuovo monomarca è lo Sparkle Bar: di cosa si tratta? È una postazione ad alto tasso di engagement, dove i clienti possono dedicare tempo a scoprire nuovi prodotti, creare look differenti e avvalersi della consulenza degli esperti in store. Un angolo dove provare i gioielli ed esplorare, attraverso gli screen digitali, i consigli di stile proposti dalle influencer della community Swarovski. Replicherete questo concept altrove? Dopo Milano tocca a Parigi e, succesivamente, Shanghai e Pechino. Per proseguire poi a livello internazionale con altri opening nel secondo semestre del 2020. (a.t.) 

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DI ALESSANDRA BIGOTTA

Il digital procurement in Italia al centro di una ricerca di Sda Bocconi Lo studio ha coinvolto 100 chief procurement officer. Tutti convinti che si deve cambiare, ma c'è ancora poca attenzione a temi come la blockchain e l'intelligenza artificiale Sda Bocconi, in collaborazione con Sap Ariba e Accenture, ha coinvolto in uno studio oltre 100 chief procurement officer (Cpo) di grandi aziende italiane o filiali di multinazionali, con ricavi oltre i 400 milioni di euro e appartenenti a 11 settori industriali, tra cui la moda. Obiettivo, monitorare quanto e come l'innovazione tecnologica venga utilizzata nel settore acquisti delle società. Emerge che le priorità per i Cpo sono la riduzione dei costi, la gestione dei rischi e il miglioramento di qualità e servizi, obiettivi da raggiungere, per il 57% del panel, espandendo o riadattando i modelli operativi esistenti. Tutti sono convinti che le tecnologie avanzate modificheranno il loro modo di lavorare: il 54% ritiene che l'analisi predittiva sia una delle tecnologie di maggiore impatto e il 35% è convinto che la Rpa (Robotic Process Automation) sarà un fattore chiave. Tuttavia, solo il 21% crede nella blockchain e appena il 10% nomina l'intelligenza artificiale: infatti appena il 6% ha in corso progetti di blockchain e il 18% sta investendo sulla Rpa.

Se non mi fido non ti compro L'errore più grave per un brand è cancellare le recensioni negative online Il 90% dei consumatori online sceglie di non acquistare da un marchio con una reputazione non all'altezza delle aspettative. Lo rivela una ricerca di Trustpilot, specificando che il fattore principale che innesca il calo di fiducia è la cancellazione da parte delle aziende delle recensioni negative (95% delle risposte). Le persone, inoltre, prendono le distanze dai brand che hanno siti web obsoleti (77%), non sicuri (88,4%) o che non sono mai state recensite dagli acquirenti (81%). Per contro, le realtà che ricevono recensioni positive dal pubblico guadagnano punti per quasi il 94% del panel, composto da 1.627 utenti tra UK, resto d'Europa, Usa e Australia.

Safilo investe oltre un milione di euro per un ecosistema aziendale 4.0 Un progetto realizzato con AzzurroDigitale consente di ridurre i tempi del 10%, dimezzare il consumo di carta e gestire il lavoro usando un software avanzato «Abbiamo investito oltre un milione di euro nella digital transformation, perché ci consente di lavorare meglio, in sicurezza, e ci offre la possibilità di ricevere informazioni in tempo reale, eliminando le attività che non portano valore aggiunto»: a parlare è Fabio Roppoli, chief operations officer di Safilo, illustrando un mega-progetto di trasformazione digitale del player dell'occhialeria, che ha coinvolto gli stabilimenti di Santa Maria di Sala e Longarone. Insieme alla società di consulenza AzzurroDigitale, l'azienda ha introdotto un ecosistema costituito dalle due piattaforme integrate Digital Cockpit e Awms (Advanced Workforce Management System), per velocizzare i processi produttivi e guadagnare efficienza, riducendo gli sprechi da lavorazione e l'utilizzo di materiale cartaceo. Le applicazioni tecnologiche sono state sviluppate sulla base della Digital Operations Strategy di AzzurroDigitale insieme al team di Andrea Vinelli, docente di ingegneria gestionale all'Università di Padova. Digital Cockpit, consultabile anche da smartphone, fornisce statistiche in tempo reale, 24 ore su 24, sull'efficienza degli impianti e le performance dei macchinari, mentre Awms è uno strumento per la gestione e pianificazione del personale lungo le linee produttive, che si avvale di algoritmi basati su logiche di autoapprendimento (nella foto, occhiali Fendi prodotti da Safilo). 72

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eNEWS

A CURA DELLA REDAZIONE

Atelier lancia l’hub tecnologico e punta alle acquisizioni L'azienda con quartier generale nelle Marche è in piena fase espansiva. Come spiega la chief marketing officer Vanessa Manzione, sono previsti progetti di innovazione a tutto campo Atelier, società specializzata nello sviluppo di app, piattaforme e-commerce e soluzioni per il buying, ha in corso un piano di innovazioni dedicate al fashion retail, settore in cui è già presente con una penetrazione del 60% nel segmento luxury, che usando i servizi di Atelier transa oltre 2 miliardi di euro. «Il know-how accumulato ci ha permesso di raggiungere i multibrand di fascia alta - commenta la chief marketing officer Vanessa Manzione -. I progetti di innovazione previsti sono a tutto campo, con nuove funzionalità a supporto del business omichannel, come app per lo staff in negozio o per creare rapidamente un catalogo, e app per accedere a report e grafici della BI di Microsoft». Una novità è anche il lancio di un Hub tecnologico che permette connessioni illimitate ai marketplace e alimenta i contenuti di un catalogo esteso di moda: un’innovazione che si inserisce bene all’interno dell’ottica aziendale orientata all’omnicanalità e in cui operano già 300 multibrand e 50 marketplace. «Il fenomeno dell’omnichannel è trasversale – continua Manzione -. Il marchio ritorna al ruolo di retailer in ottica nuova, stringendo collaborazioni con i buyer (attività finora appannaggio del multimarca), o andando a vendere sui marketplace, direttamente o indirettamente, in collaborazione con i multibrand. Questi vedono crescere esponenzialmente la propria strategia multicanale, essendo presenti ormai su decine di marketplace, come Farfetch; diventano così sempre più un brand, istituzionalizzando il proprio ruolo al centro del mercato e la capacità di gestire relazioni con buyer, piattaforme e acquirenti finali». Atelier, con headquarters a Fermo nelle Marche, ha diverse sedi partner in tutta Italia, comprendo così tutto il territorio di casa. È il primo integratore di Farfetch a livello mondiale e di una serie di marketplace del lusso cinesi, coreani, arabi e nordeuropei. In Italia conta su collaborazioni storiche con alcune aziende che fanno parte di Camera Buyer, di cui oltre il 60% utilizza la piattaforma. Per il futuro «è prevista una serie di acquisizioni societarie, che ci permetteranno di estendere il nostro network, fornendo un pacchetto completo e rafforzando così anche l’organizzazione commerciale», conclude Vanessa Manzione, che conferma anche gli investimenti futuri in ambito R&D, un piano di internazionalizzazione e la costruzione di un’ulteriore sede operativa.

Soorty scommette su Future Possibility L'azienda legata al denim connette online i principali attori del fashion system attraverso una nuova piattaforma digitale, rivolta a tutta la supply chain Sotto la guida dell'a.d. Shadid Soorty in Pakistan, Soorty fonda il proprio core business sulla lavorazione sostenibile del denim. L'ultima novità è la piattaforma web Future Possibility per la moda responsabile, il cui scopo è far interagire gli attori globali del fashion attraverso la condivisione del know how aziendale, oltre a esperienze, idee e progetti in ottica eco-friendly. Tramite una strategia online e offline, la piattaforma interagisce con gli stakeholder per promuovere una maggiore conoscenza sull'innovazione di prodotto e responsabilizzare i player sulle tematiche aziendali, oltre che sull'importanza dello scambio culturale e tecnologico

Checkpoint presenta Gen7, l’etichetta a prova di furto che migliora gli inventari

Aruba apre una software factory

«Mini Gen7 e Dual Technology sono un deterrente anche visuale con capacità di rilevazione, oltre che di protezione dai furti in store», dice Irene Fernandez

L'hub si troverà nei pressi del Politecnico di Torino e intende diventare un polo di innovazione

Trend, iTech e moda si uniscono: Checkpoint Systems, azienda che fornisce soluzioni Rf/Rfid (Radio-Frequency Identification) verticalmente integrate per il retail, ha lanciato sul mercato l'etichetta rigida Gen7, in grado di contrastare i furti e aiutare i retailer a migliorare la precisione degli inventari. Grazie a uno studio accurato di design del prodotto, che la rende facile da applicare o rimuovere direttamente nel punto vendita o attraverso il programma di protezione di Checkpoint System, l’etichetta di ultima generazione si adatta a un vasto range di capi e accessori. Al momento la società ha reso disponibile la security tab in due versioni: la mini Gen7, solo in Rfid, piccola e leggera e, in quanto tale, adatta per l’intimo o per i capi delicati; e la Dual Technology, progettata invece per interagire con sistemi di sorveglianza e antenne antitaccheggio Rf o magnetoacustiche Am, supportando però anche il sistema Rfid. Come sostiene Irene Fernandez, Emea Bdm Alpha High Theft Solution di Checkpoint Systems,«quest’ultima innovazione vuole essere una soluzione a tutto tondo per i retailer. Entrambe le tipologie di Gen7 sono un deterrente anche visuale con capacità di rilevazione, oltre che di protezione dai furti in store».

Aruba punta su una nuova software factory a Torino: una realtà pensata dalla società leader nei servizi di data center, cloud, web hosting, e-mail, Pec e registrazione domini per dare slancio, insieme a Experis (Manpower Group), alla ricerca e al recruiting di competenze It in ambito di sviluppo software. La nuova struttura sarà avviata entro fine anno ed è destinata a diventare un polo d'innovazione, da affiancare ai Data Center Aruba in Europa. Gestirà il ciclo di vita della messa a punto dei software, adottando metodologie all'avanguardia. eBusiness

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DI ELISABETTA FABBRI

Alibaba macina nuovi record con il Singles' Day: 38,4 miliardi di dollari in 24 ore Nella giornata dei cuori solitari il gigante cinese dell'e-commerce supera i 38 miliardi di ricavi con le sue piattaforme digitali. L'ennesimo record nella storia del festival asiatico dello shopping, ma non sono più i tassi di crescita di una volta Alibaba ci sa fare con i festival dello shopping. Il colosso cinese delle vendite online, che a Wall Street capitalizza quasi 500 miliardi di dollari, ha battuto un nuovo record in occasione del Singles’ Day, versione cinese del Cyber Monday americano. L’evento ideato da Alibaba, arrivato alla sua 11esima edizione, si tiene ogni anno l’11 novembre (11.11, visivamente una sequenza di numeri singoli, è considerata la giornata dei cuori solitari in Cina, in contrapposizione a San Valentino). Nell’edizione del 2019, aperta con la performance live della pop star Taylor Swift, il gruppo ha battuto nuovi record. Intanto è bastato un minuto circa per raggiungere ordini per un miliardo di dollari. Inoltre già nelle prime 16 ore è stato battuto il record del 2018 (30 miliardi di dollari). Allo scoccare della mezzanotte il bilancio è di 38,4 miliardi di dollari di gross merchandise volume (le vendite realizzate su tutte le piattaforme online del big dell’e-commerce, tra cui Tmall e Taobao). Unico neo, il fatto che il tasso di crescita si stia stabilizzando

sopra il 20%, dagli incrementi fra il 60% e il 40% degli anni passati. Nel 2019 i brand partecipanti hanno superato quota 200mila (dai 180mila del 2018) e hanno attratto 500milioni di consumatori. In una giornata alcuni marchi internazionali hanno oltrepassato il miliardo di renminbi di ricavi (circa 143 milioni di dollari). Tra questi Apple, Estée Lauder, Gap, H&M, L’Oréal, Levi’s, Nike, The North Face, Under Armour e Uniqlo. Quasi 300 invece le label italiane e spagnole che hanno aderito all'iniziativa online, di cui quasi 100 new entry fra fashion (Zegna, Valentino e Fay per citarne alcuni) cosmetica, food&beverage e design. 

1. La performance live della pop star Taylor Swift per l'evento di avvio del festival dello shopping, l'11 novembre scorso 2. Fan Jiang, che guida le piattaforme di Alibaba Tmall e Taobao, tira le somme del Singles’ Day RECORD SU RECORD

La spesa dei cinesi nella storia del Singles' Day 38.4

40

1

35 30.8

30 25.3

25 20

17.79 14,3

15 9.3

10 5.8

5 0

3.04 0.82 2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

2019

Fonte: Statista - eBusiness

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