l'Industria Meccanica 711 - settembre-ottobre 2017

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711 SETTEMBRE OTTOBRE 2017 MAGAZINE UFFICIALE ANIMA | CONFINDUSTRIA

MECCANICA

3D

Il futuro dell’additive manufacturing raccontato dalle realtà italiane

Ambiente: il punto sulla gestione dei RAEE Ecco il CETA, l’impatto dell’origine nella Global Value Chain Efficienza: sfruttare il calore dai processi energivori

All’interno: Listino prezzi materiali di interesse per la meccanica varia n.719 - Costo orario medio dell’operaio n. 23 - Rilevazioni statistiche prestazioni di personale gennaio 2017


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LETTERA AUGURALE Firmata dalla Presidente di SOS Villaggi dei Bambini Milano, dicembre 2017

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Gentili signori, è arrivato uno dei momenti più lieti di tutto l’anno: Natale. Quest’anno la vostra azienda ha deciso di fare un regalo importante, un regalo di cuore, col cuore che da sempre la caratterizza. E con questa lettera vogliamorendervi partecipi di un gesto davvero speciale. NOME AZIENDA ha deciso di contribuire, in modo concreto, a tutelare la salute di moltissimi bambini e adolescenti, e non, di un Villaggio SOS in Swaziland, in Africa del Sud. Ha deciso di supportare SOS Villaggi dei Bambini , la più grande organizzazione a livello mondiale, impegnata in 135 Paesi nel mondo nel sostegno di bambini privi di cure familiari o a rischio di perderle. Dal 1949 è a fianco dei più piccoli, cui garantisce accoglienza, sostegno, istruzione, cure mediche e tutela in situazioni di emergenza. Con la donazione di NOME AZIENDA, SOS Villaggi dei Bambini potrà operare sul villaggio di Siteki, con un progetto dedicato alla prevenzione e alla salute. In particolar modo, aiuterà oltre 500 bambini e adolescenti – orfani, vittime di violenza domestica e sociale e abbandonati – e 200 famiglie con vissuti problematici. Siamo certi che disegnare un futuro migliore sia possibile. E il gesto di NOME AZIENDA ne è la prova.

Le donazioni a favore di SOS Villaggi dei Bambini, in quanto ONLUS, sono fiscalmente deducibili. Un motivo in più a Natale per fare del bene!

SOS Villag gi dei Bambini e Azienda vi augurano Buone Feste. Maria Grazia Lanzani Rodriguez Y Baena Presidente SOS Villaggi dei Bambini Onlus Ufficio di Milano: Dura zzo 5 - 20134 Milan o

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SOS Villaggi dei Bambini è la più grande organizzazione a livello mondiale, impegnata nel sostegno di bambini privi di cure familiari o a rischio di perderle. Da oltre 60 anni accoglie, all’interno dei Villaggi SOS, oltre 86.000 bambini, bambine, ragazzi e ragazze in 135 Paesi del mondo. In Italia aiuta oltre 700 persone, tra bambini, ragazzi e le loro famiglie attraverso 7 Villaggi SOS, un Programma di affido familiare a Torino e un Programma di sostegno psicosociale per Minori Stranieri Non Accompagnati a Crotone e in provincia di Siena.



In questo numero

L’Industria Meccanica - Pubblicazione bimestrale di ANIMA/Confindustria Registrazione Tribunale di Milano N. 427 del 17.11.73

Direttore responsabile Giuseppe Bonacina - bonacina@anima.it

A un anno dall’avvio del Piano Nazionale Industria 4.0, con il quale l’Italia ha gettato le basi per favorire investimenti per l’innovazione e la competitività, attraverso un insieme di misure organiche e complementari, è il momento di fare un bilancio e di prepararsi al 2018. Con una “fase due” (si chiamerà Impresa 4.0) che riflette l’intenzione del Governo di spingere su tutti i settori dell’economia per consentire alle imprese di dotarsi degli strumenti in grado di supportare la digital transformation. In questo numero raccontiamo i settori della meccanica varia maggiormente coinvolti nelle incentivazioni previste dal piano nazionale. E ci concentriamo poi su una delle tecnologie abilitanti per l’industria 4.0: l’additive manufacturing. Se la stampa 3D è spesso stata per anni considerata – e a ragione – una tecnologia dedicata a piccoli lotti di produzione o alla prototipazione, stiamo vivendo oggi un cambio di rotta: grazie anche a nuovi materiali, infatti, è sempre più competitiva a livello economico anche su produzioni di larga scala. E il mondo della meccanica sembra essere fra i settori destinati a crescere maggiormente. Nel corso dello speciale diamo inoltre voce ad alcune aziende italiane, per raccontare il contesto in cui operano le proprie tecnologie additive, e dare così spunti utili per la produzione meccanica. Completiamo la sezione Automazione&Produzione con contributi dedicati alla cybersecurity, commentiamo la nascita del primo Digital Innovation Hub della Lombardia, e presentiamo una nuova piattaforma per le imprese studiata da Icim e PwC. Parliamo poi di Export&Mercati, dove rispondiamo ad alcune domande dedicate a chi progetta di aprire il proprio business verso gli Emirati Arabi: In quale emirato aprire una sociatà? In Free Zone o fuori dalle Free Zone? E poi tutto quello che c’è da sapere su tasse, lavoro, dogane. Altro tema caldo in ambito internazionale è l’avvio del Ceta, il trattato di libero scambio tra Canada e Unione europea: analizziamo qui l’impatto dell’origine nella Global Value Chain. Continuano inoltre, nella sezione Sicurezza&Ambiente, gli approfondimenti dedicati al corretto trattamento dei Raee, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Completano questo numero dell’Industria Meccanica una sezione dedicata all’utilizzo di turbogeneratori che sfruttano il calore per generare energia elettrica e termica da fonti rinnovabili, da combustibili tradizionali e da recupero di calore da processi industriali. E la sezione dedicata agli appuntamenti della Food-Technology Lounge a Host, il Salone internazionale dell’ospitalità professionale a Fiera Milano Rho dal 20 al 24 ottobre, dove troveranno spazio le tecnologie meccanica per il mondo del food. Approfondimenti tecnici e recensioni completano questo numero dell’Industria Meccanica.

Direttore editoriale Alessandro Durante - durante@anima.it Comitato editoriale Michele Bendotti, Giuseppe Bonacina, Sandro Bonomi, Maurizio Brancaleoni, Alberto Caprari, Alessandro Durante, Paola Ferroli, Andrea Orlando, Mario Salvi Comitato tecnico-scientifico Pierangelo Andreini, Antonio Calabrese, Roberto Camporese, Pietro Luigi Cavallotti, Alessandro Clerici, Rodolfo De Santis, Marco Fortis, Ennio Macchi, Giovanni Riva, Pietro Torretta, Giuseppe Zampini Redattore Carlo Fumagalli - fumagalli@anima.it Segretaria di redazione Cinzia Alchieri - alchieri@anima.it - Tel. 02 45418.211 Hanno collaborato a questo numero: Laura Aldorisio, Danilo Bonato, Silvia Borghi, Franco Canna, Gabriele Caragnano, Roberto Cattaneo, Bianca Maria Colosimo, Nico de Corato, Dante Ghisi, Maria Grazia Micucci, Matteo Mussi, Valentina Rubello, Michele Strozzi, Sabrina Suardi Impaginazione Abc Production Fabio Lunardon - lunardon@anima.it Responsabile della pubblicità Mario Salvi - salvi@anima.it Direzione e Redazione ANIMA Federazione delle Associazioni Nazionali dell’Industria Meccanica Varia e Affine Via Scarsellini 13 - 20161 Milano | Tel. 02 45418.500 - Fax 02 45418.545 www.anima.it - anima@anima.it Online: www.industriameccanica.it | Twitter: @IndMeccanica Gestione, amministrazione, abbonamenti e pubblicità A.S.A. Azienda Servizi ANIMA S.r.l. Via Scarsellini 13 - 20161 Milano - Tel. 02 45418.200 Abbonamento annuo (6 numeri) Italia 80 euro - Estero 110 euro Si comunica ai Sigg. abbonati che, avvalendosi del contenuto dell’art. 74 lettera C del D.P.R. 26.10.1972 N. 633 e del D.M. 28.12.89, A.S.A. S.r.l. non emetterà fatture relative agli abbonamenti Stampa Bonazzi Grafica - Sondrio - www.bonazzi.it

È vietata la riproduzione di articoli e illustrazioni de “L’Industria Meccanica” senza autorizzazione e senza citarne la fonte. La collaborazione alla rivista è subordinata insindacabilmente al giudizio della Redazione. Le idee espresse dagli autori non impegnano né la rivista né ANIMA e la responsabilità di quanto viene pubblicato rimane degli autori stessi.

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ROC N. 4397

La Redazione - @IndMeccanica

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14 RUBRICA | Donne e uomini al timone 16 Approfondimenti tecnici

60

L’acqua non è un alimento di Roberto Cattaneo

20 Opentoinnovation. Innovazione e industria 4.0: una scommessa importante per la meccanica

EFFICIENZA&ENERGIA 62 Sfruttare il calore dei processi energivori per un pianeta più pulito

28

di Carlo Fumagalli

66 Il riscaldamento intelligente di Laura Aldorisio

68 Fare squadra senza disperdere il proprio knowhow

AUTOMAZIONE&PRODUZIONE 30 IPERAMMORTAMENTO Industria 4.0 un anno dopo. Ora spazio a lavoro e competenze di Franco Canna

34 Additive manufacturing, oggi è competitiva anche su produzioni di larga scala

di Matteo Mussi e Silvia Borghi

72 Una Food-Technology Lounge nel cuore di Host 74 Host: Appuntamenti per la meccanica. Calendario iniziative in Lounge a cura di Anima, associazioni Efcem Italia e partner

di Bianca Maria Colosimo

36 Investire in tecnologie additive: idee, limiti e vantaggi di Michele Strozzi

44 Nasce InnexHub, il primo Digital Innovation Hub della Lombardia di Laura Aldorisio

50 Cybersecurity 4.0: monitorare sistemi IT e le reti di produzione di Laura Aldorisio

52 Dall’analisi all’attestato di conformità, un team ad hoc per le PMI che investono in 4.0 di Gabriele Caragnano

56 RUBRICA | SPS Italia HUB Mantra 4.0, ma la strada è lunga per le microimprese

11 | settembre ottobre 2017

SOMMARIO N. 711 Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia. (Arthur C. Clarke)


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L’esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l’esame, poi ti spiega la lezione. (Oscar Wilde)

76 EXPORT&MERCATI 78 Aprire uno stabilimento negli Emirati Arabi, cosa tenere d’occhio di Nico de Corato

82 Anima e Farnesina, una firma per supportare la meccanica nel mondo

in copertina: illustrazione di ABC Production

86 Arriva il Ceta, l’impatto dell’origine nella Global Value Chain di Valentina Rubello

90 FLASH INTERNAZIONALIZZAZIONE 95 Merger & Acquisition: gli assets che pe(n)sano di Dante Ghisi

96 SICUREZZA&AMBIENTE 98 Climatizzatori, cosa fare quando diventano Raee? di Sabrina Suardi

102 La responsabilità estesa del produttore e la gestione dei RAEE in Italia di Danilo Bonato

111 RUBRICA | Recensioni 112 ABBONAMENTI 113 TABELLE ANIMA – BIANCHE, BLU, ARANCIO

13 | settembre ottobre 2017

SOMMARIO N. 711


Francesco Giaccio

Marco Merolla

Johnson Controls e Tyco Integrated Fire & Security annunciano una nuova organizzazione. Francesco Giaccio è stato nominato nel ruolo di direttore generale di Johnson Controls Building Technologies & Solutions Italia. «Accetto con orgoglio ed entusiasmo questo nuovo incarico che mi pone alla guida di un team in grado di unire le competenze e l’esperienza di due grandi aziende”, dichiara Francesco Giaccio».

Avvicendamento al vertice della struttura marketing di Whirlpool Italia, che vede Marco Merolla nuovo marketing director. Dopo una successiva esperienza da marketing manager in Bialetti, Merolla è approdato a Indesit. In ultimo, nel 2015, è stato nominato director kitchenAid Mda. Merolla, nel suo nuovo ruolo, riporterà direttamente a Lorenzo Paolini, Ceo, Ad e Vp Whirlpool Italia.

Roberto Saccone

Fabrizio Curci

Lo scorso 11 luglio, all’assemblea dei Soci di Assoclima è stato eletto Roberto Saccone presidente dell’associazione per il triennio 2017-2020. «Oggi ho l’onore e l’onere di assumere la presidenza di un’associazione che nel corso degli ultimi anni si è ritagliata un ruolo sempre più importante nel settore della climatizzazione, dell’efficienza energetica e della sostenibilità ambientale. – ha dichiarato Saccone - È mia intenzione ampliare le attività a supporto delle aziende, di attrarne di nuove, e porre le basi per una maggiore interazione con il mondo della grande distribuzione organizzata.»

Fabrizio Curci è stato nominato Amministratore Delegato e Direttore Generale di Fiera Milano SpA con decorrenza dal 1° settembre 2017 fino alla scadenza del mandato degli altri Consiglieri, e precisamente fino all’Assemblea di approvazione del bilancio d’esercizio al 31 dicembre 2019. Curci ha partecipato al Programma di sviluppo manageriale di Sda Bocconi; ha ricoperto negli anni incarichi di crescente responsabilità in aziende di primario standing.

RUBRICA | Donne e Uomini al timone

è il nuovo direttore di Johnson Controls Building Technologies & Solutions Italia

eletto presidente di Assoclima

nuovo marketing director Whirlpool Italia

nominato amministratore delegato di Fiera Milano

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Donne e Uomini

Paolo Lamberti

Carlo Banfi

L’Assemblea di Federchimica del 19 giugno scorso, ha eletto il nuovo presidente degli industriali chimici in Italia. Paolo Lamberti, presidente e amministratore delegato della Lamberti SpA, succede a Cesare Puccioni, che ha guidato la federazione per sei anni, non più rieleggibile. Un mandato che nasce «nel segno della continuità come valore e del cambiamento come condizione necessaria per contribuire, come settore industriale, alla vera ripresa del Sistema Paese: la chimica ha le caratteristiche per svolgere questo ruolo» ha dichiarato Lamberti nella sua relazione. Torna a brillare l’export (+9,5% in valore nel primo quadrimestre), particolarmente dinamico in paesi extra-europei come Cina (+34,5%) e Russia (+20,1%).

In occasione dell’Assemblea dei soci, Carlo Banfi è stato riconfermato all’unanimità presidente Assopompe. «Le pompe italiane guidano l’Europa - dichiara Carlo Banfi, presidente Assopompe - Il filo diretto Assopompe-Europump favorisce il settore. Un’unione che rende protagonista la voce dei costruttori italiani ai tavoli di lavoro dove si stanno definendo i criteri di efficienza energetica. Il nostro è un settore in buona salute e votato all’export. Basti pensare che esportiamo oltre il 70% di quel che produciamo». Il presidente Banfi rimarrà in carica per i prossimi due anni.

è il nuovo presidente di Federchimica

confermato presidente Assopompe

15 | settembre ottobre 2017


L’acqua non è un alimento RUBRICA | Approfondimenti tecnici

Ecco cosa significa dal punto di vista normativo in Europa

di Roberto Cattaneo

L

a questione se l’acqua sia da considerare oppure no un alimento è piuttosto rilevante, se si considera che la risposta a questa domanda comporta l’applicazione, oppure no, della normativa speciale dedicata dall’ordinamento giuridico Ue e nazionale agli alimenti, e non invece all’acqua. Proprio in considerazione dell’organizzazione che la Ue ha voluto conferire alla normativa speciale dedicata agli alimenti e all’acqua si può dire, con ragionevole certezza, che no, l’acqua è acqua, non è un alimento. La ragione più evidente di questa affermazione è che sono chiaramente distinguibili i regimi giuridici dedicati, da una parte, all’acqua e ai materiali a contatto con l’acqua, dall’altra agli alimenti e ai materiali a contatto con gli alimenti. Le regole sono spesso complementari, ma mai sovrapponibili.

A incoraggiare l’equivoco che vorrebbe l’acqua classificata tra gli alimenti è una lettura superficiale della definizione di alimento prevista dal Reg. (CE) 28/01/2002, n. 178/2002/CE, il quale all’articolo 3 dice che nella definizione di alimento «sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l’acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento». Con questo comma il legislatore Ue vuole semplicemente includere nella norma alcuni elementi particolari che, proprio in ragione del fatto di essere oggetto di normative speciali, potrebbero erroneamente essere considerate escluse dalle norme sugli alimenti qualora fossero incorporate, in qualità di ingrediente, in un alimento. Ma l’alimento resta tale e gli ingredienti restano ingredienti.

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Se non fosse sufficiente questa motivazione, lo stesso regolamento 178/2002/CE precisa che l’acqua è inclusa «nei punti in cui i valori devono essere rispettati come stabilito all’articolo 6 della direttiva 98/83/CE e fatti salvi i requisiti delle direttive 80/778/CEE e 98/83/CE»; e l’articolo 6 della direttiva, afferma, con chiarezza: «I valori di parametro fissati a norma dell’articolo 5 devono essere rispettati nei seguenti punti: a) per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione, nel punto, all’interno di locali o stabilimenti, in cui queste fuoriescono dai rubinetti, di norma utilizzati per il consumo umano; b) per le acque fornite da una cisterna, nel punto in cui queste fuoriescono dalla cisterna; c) per le acque confezionate in bottiglie o contenitori e destinate alla vendita, nel punto in cui sono imbottigliate o introdotte nei contenitori; d) per le acque utilizzate nelle imprese alimentari, nel punto in cui sono utilizzate nell’impresa. E il punto in cui sono utilizzate nell’impresa coincide con il punto in cui avviene il prelievo dell’acqua dalla rete idrica, che distribuisce acqua potabile. Queste conclusioni sono confermate anche dalle pagine web divulgative del ministero della Salute, nelle quali le normative citate quando si parla di acqua potabile sono il dlgs. 31/2001 e il decreto 174/2004, non certo la normativa sugli alimenti. Lo stesso accade sul sito web che la Ue dedica all’acqua potabile. Nessun dato normativo può portare a concludere che l’acqua sia da considerare un alimento e che quindi sia da considerare nell’ambito di applicazione del regolamento n. 178/2002/CE; le fonti normative parlano di due regimi separati e distinti, dedicati l’uno agli alimenti e ai mangimi, l’altro all’acqua potabile. Il legame tra i due distinti regimi è offerto dall’occasione in cui l’acqua diventa un ingrediente di un alimento, ma, in questo caso, la norma dice che l’acqua, quale ingrediente, deve rispettare le norme specifiche dedicate all’acqua. Nessuna confusione o sovrapposizione tra le due normative, piuttosto complementarietà. Può darsi che definire l’acqua come alimento sia una semplicistica soluzione a un problema che riguarda un caso specifico, ovvero il trattamento dell’acqua a valle della rete distributiva e destinata a un impianto di lavorazioni alimentari. La vera domanda è se un impianto di questo tipo sia parte della lavorazione alimentare, dell’impianto alimentare, oppure no. La definizione di “acque destinate al consumo umano”

prevista dalla direttiva sull’acqua potabile e recepita, sembra proprio dirci che anche le acque trattate e destinate a lavorazioni alimentari sono incluse nell’ambito di applicazione della stessa. Il momento in cui l’acqua finisce di essere tale e comincia il proprio destino di ingrediente alimentare è quello in cui viene immessa in un impianto per la produzione e trasformazione di alimenti. Da qui il rispetto, da parte dei soggetti che si occupano, a diverso titolo, del trattamento e dell’affinamento delle acque potabili, del d.lgs 31/2001 e del decreto 174/2004, che costituisce il punto fermo per la produzione di materiali e oggetti destinati al contatto con l’acqua potabile; diverse le norme che regolano il contatto di materiali e oggetti con gli alimenti. Quest’ultimo ambito è normato dal regolamento 1935/2004, rispettato dai produttori di macchine e impianti che lavorano e trasformano alimenti. Il fatto che una macchina per la lavorazione degli alimenti debba essere costruita rispettando il regolamento 1935/2004 non fa dell’acqua, utilizzata come ingrediente, un alimento. L’acqua resta acqua, gli alimenti restano alimenti. E il confine tra acqua ed alimento è il punto in cui l’impresa utilizza, preleva, l’acqua, come da direttiva Ue. Una chiara eccezione a questo regime generale è costituita dalle acque idonee al consumo umano, non preconfezionate, somministrate nelle collettività e in altri esercizi pubblici, trattate e gasate, attraverso un’apparecchiatura specifica. Se ce ne fosse bisogno, proprio la necessità di questa disposizione speciale conferma che, in generale nell’ordinamento, l’acqua non è considerata affatto un alimento. Si tratta dell’acqua, trattata, servita ormai in molti ristoranti e bar, oppure distribuita dalle “case dell’acqua” così diffuse sul territorio. L’etichettatura di queste acque è analoga a quella prevista dagli alimenti (d.lgs. 27/01/1992, n. 109), devono riportare, ove trattate, la specifica denominazione di vendita “acqua potabile trattata o acqua potabile trattata e gassata” se è stata addizionata di anidride carbonica. Una previsione complementare a questa norma è rappresentata dal DM 25/2012, art. 3, comma 8, il quale che l’addizione di sostanze o gas nell’ambito del trattamento dell’acqua deve rispettare le norme relative al settore alimentare. Ma sarebbe un errore sostenere che questa eccezione sia la regola.

17 | settembre ottobre 2017


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RUBRICA | Approfondimenti tecnici


approfondimenti tecnici Iperammortamento – Proroga a settembre 2018 per la consegna dei beni e pubblicato il secondo elenco di FAQ da parte del MiSE Con la legge 3 agosto 2017 n. 123 ‘Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno’ (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 188 del 12 agosto 2017) è stata ufficializzata l’estensione fino al 30 settembre 2018 del termine per la consegna dei beni acquistati con l’incentivo dell’iperammortamento. Si ricorda che il termine è valido per la consegna dei beni ordinati entro il 31 dicembre 2017, per i quali sia stato versato un acconto pari ad almeno il 20% (la Legge di Bilancio 2017 prevedeva come termine massimo il 30 giugno 2018). Il ministero dello Sviluppo economico ha reso poi disponibile il secondo elenco di FAQ di chiarimento per la corretta applicazione di alcuni punti critici dell’iperammortamento. Tra i punti più interessanti approfonditi nel documento, si segnalano il concetto di fabbrica; l’ammissibilità all’agevolazione dell’iperammortamento di aziende che operano esclusivamente nell’ambito dei servizi alle imprese, per la realizzazione di “sistemi per l’assicurazione della qualità”; l’applicabilità della misura agli impianti di servizio necessari alla realizzazione delle trasformazioni dirette sui prodotti; alcuni esempi di applicazione a software in cloud. Tutta la documentazione ufficiale prodotta dal MiSE sull’iperammortamento può essere scaricata dal portale ANIMA-ICIM-UCIMU su Industria 4.0 (http://www.i4punto0.it).

Direttiva 2014/53/UE RED – Una guida da Orgalime Lo scorso 13 giugno è scaduto il periodo di coesistenza tra la precedente Direttiva 1999/5/CE R&TTE e la Direttiva 2014/53/UE RED, recepita in Italia dal D.lgs. 22 giugno 2016 n. 128, sulle apparecchiature radio. Una delle conseguenze importanti di questa scadenza è l’applicazione della nuova Direttiva in caso di apparecchiature radio utilizzate su macchine conformi alla Direttiva 2006/42/CE. A supporto dei produttori, Orgalime ha pubblicato una Guida, per fornire gli opportuni chiarimenti sui casi che più comunemente si verificano per apparecchiature radio incorporate nelle macchine. Tra questi: le apparecchiature radio funzionanti in combinazione con nuove macchine senza essere incorporate o installate in modo fisso nella macchina stessa; apparecchiature radio incorporate in nuove macchine in modo fisso e permanente; apparecchiature radio incorporate in “quasi – macchine” in modo fisso e permanente; macchine già immesse sul mercato e dotate successivamente di apparecchiature radio.

REACH - Parere ECHA sulla proposta di classificazione del Biossido di Titanio come cancerogeno e Procedura di autorizzazione per Cromo Esavalente Il Comitato per la Valutazione dei Rischi (RAC) dell’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) ha reso noto il proprio parere sulla proposta di classificazione del biossido di titanio come cancerogeno di

19 | settembre ottobre 2017

tipo 1B, presentata dalla Francia a maggio 2016: le prove scientifiche disponibili sono insufficienti a classificare il biossido di titanio come cancerogeno di tipo 1B, ma consentono la classificazione della sostanza come sospetta di provocare il cancro per via inalatoria (categoria 2). Il parere del RAC sarà formalizzato dall’ECHA nel mese di settembre, discusso a livello politico dal Caracal (Comitato delle Autorità competenti REACH e CLP) e, infine, trasmesso alla Commissione europea per la decisione finale, che produrrà i suoi effetti solo successivamente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’UE. Entro il prossimo 21 settembre 2017 secondo il Regolamento 348/2013 (applicazione del Regolamento REACH) “sarà vietato l’utilizzo della sostanza Triossido di Cromo senza che sia stata rilasciata apposita autorizzazione (“data di scadenza”)”. Nell’ambito della procedura del Regolamento REACH, nel 2015 il consorzio CTACsub ha presentato all’Agenza Europea della Chimica ECHA domanda di autorizzazione per una serie di utilizzi del Triossido di Cromo, tra i quali l’utilizzo per “cromatura funzionale con carattere decorativo”, tipico del settore valvole e rubinetteria. Per tale utilizzo, è stato proposto un periodo di 4 anni per la durata dell’autorizzazione richiesta dal consorzio CTACsub.

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OPENTOINNOVATION

Innovazione e industria 4.0:

una scommessa importante per la meccanica L’11 luglio scorso a Milano l’evento

Open to innovation! ha mantenuto acceso un dialogo fra imprese e istituzioni sulla rivoluzione industriale

l’industria meccanica 711 | 20


O

pen to Innovation è il titolo dell’evento realizzato in occasione dell’assemblea generale della Federazione Anima che ha coinvolto imprese, enti e istituzioni, al Museo della Scienza e Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano, per fare il punto su Innovazione e Industry 4.0 e confrontarsi con i dati di consuntivo 2016 e previsioni 2017 del settore dell’industria meccanica realizzati dall’Ufficio studi Anima. Al centro delle riflessioni anche gli effetti dell’iperammortamento. A partire dai numeri. I dati degli investimenti segnano che, se tra il 2015 e il 2016 avevano segnato appena un +0,3%, è prevista una crescita del +13,3% per il 2017.

È stata anche l’occasione per formulare alcune richieste al Governo a tutela dell’industria meccanica italiana. In particolare il presidente di Anima Alberto Caprari ha richiamato la necessità di un prolungamento dell’iperammortamento, una misura che ha dato prova di essere stimolo forte per le aziende e di cui stiamo vedendo i benefici concreti. Anche psicologico. L’attuazione della Sen (Strategia energetica nazionale) per realizzare i provvedimenti attuativi utili a mantenere l’accordo di Parigi Cop 21, al fine di promuovere le migliori tecnologie italiane. Rimane inoltre urgente il controllo di mercato da effettuare tramite strumenti efficaci, per la tutela dei prodotti

di qualità ed Marchio CE delle produzioni italiane originali. Oltre alla necessità per le imprese di essere supportati da una miglior efficienza nella pubblica amministrazione per far risparmiare tempo ed energie alle aziende. L’intervento del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda e il discorso di Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria hanno tracciato un bilancio positivo su quanto fatto finora, e al contempo segnato la strada da percorrere. «Il Piano Nazionale Industria 4.0 con i suoi incentivi non è una fiammata ma una strategia coerente» ha detto il ministro, «Serve un piano aperto e di lungo periodo. Voglio estendere il tempo di esecuzione. L’idea che l’Italia non possa fare un percorso di crescita con un manifatturiero che aggancia la domanda internazionale è un’idea che dobbiamo combattere». “Open to Innovation!” è stato un evento arricchito sia da contributi specialisti che da uno stimolante confronto in tavola rotonda, avvenuto tra uomini d’impresa. Sono spunti e testimonianze concrete di aziende, che non hanno aspettato gli incentivi per lanciare la rivoluzione 4.0, ma l’hanno interpretata secondo le esigenze della fabbrica o dei clienti. Una scommessa importante, che per molti sta già dando utili frutti.

21 | settembre ottobre 2017


La meccanica in 4.0: investimenti nel 2017 a +13,3% Produzione (+3,7%) ed export (+2,5%) in crescita. L’andamento storico della meccanica dal 1990 al 2017: un trend in miglioramento.

Le notizie dall’industria meccanica italiana sono positive. Le previsioni 2017 della produzione segnano un +3,7%, pari a 46,6 miliadi di euro. Un salto rispetto ai 45 miliardi di euro a consuntivo 2016, che aveva superato i risultati del 2015 con un +1,1%. Nessuno dei 36 settori rappresentati da Federazione Anima riporta un segno negativo. 2015

2016

2017

16/15 %

17/16 %

Produzione milioni euro

44.525

45.019

46.663

1,1

3,7

EXPORT milioni euro

26.068

26.309

26.955

0,9

2,5

INVESTIMENTI milioni euro

952

955

1.082

0,3

13,3

212.376

212.567

212.888

0,1

0,2

OCCUPAZIONE milioni di addetti

Dati consuntivo 2016 e previsioni 2017 - Elaborazione UFFICIO STUDI ANIMA - Giugno 2017

l’industria meccanica 711 | 22


111,9

107,9

106,8

104,9

105,8

104,5

106,4

105,6

105,2

121,3

118,6

112,5

108,8

106,9

106,4

104,6

102,8

99,9

97,9

95,5

94,6

95,8

89,2

85,3

94,2

90,3

100

98,8

125

109,1

Analizzando l’andamento storico della manifattura meccanica dal 1990 al 2017. Quasi trent’anni di produzione cresciuta stabilmente a ritmi costanti, con soltanto alcune eccezioni, fino al 2008. Dal 2009, come in tanti altri settori, si sono persi improvvisamente 16 punti. I valori della produzione hanno iniziato la risalita solo nel 2015 e si prospetta un buon balzo nel 2017.

75

50

0

19 9 19 0 9 19 1 9 19 2 9 19 3 9 19 4 9 19 5 9 19 6 9 19 7 9 19 8 9 20 9 0 20 0 0 20 1 0 20 2 0 20 3 0 20 4 0 20 5 0 20 6 0 20 7 0 20 8 0 20 9 1 20 0 1 20 1 1 20 2 1 20 3 1 20 4 1 20 5 1 20 6 17

25

Indice di produzione - Elaborazione UFFICIO STUDI ANIMA - Giugno 2017

23 | settembre ottobre 2017


Focus su industria 4.0

L’Ufficio studi Anima ha analizzato quali sono i settori rappresentati dalla Federazione, maggiormente coinvolti nelle incentivazioni previste dal Piano nazionale Industria 4.0, promosso dal ministero dello Sviluppo economico. Preconsuntivo 2016 (mln euro)

SETTORE

Previsioni 2017 (mln euro)

Produzione

Investimenti

Produzione

Investimenti

1.050

20.00

1.128

25.00

ASSOFOODTEC Tecnologie alimentari

4.046

113.07

4.229

129.79

CICOF

Forni industriali

1.085

32.00

1.140

34.20

UCIF

Impianti per la finitura di superfici

660

11.20

705

14.20

AISEM

Sollevamento e movimentazione

4.393

31.55

5.185

43.20

UCOMESA

Macchine edili. stradali. minerarie ed affini

2.650

8.00

2.725

8.00

AVR

Valvole industriali

6.995

88.50

7.285

98.50

ASSOPOMPE

Pompe

2.000

26.00

2.068

31.50

COMPO

Compressori per aria

695

16.35

725

19.20

UCC

Caldareria

3.040

88.50

3.115

105.00

UCRS

Regolatori per gas

19.3

0.38

20.0

0.38

26.633

436

28.324

509

ANASTA

Saldature e taglio laser

TOTALE DEGLI 11 SETTORI Settore investimenti - Elaborazione UFFICIO STUDI ANIMA - Giugno 2017

In particolare le tecnologie alimentari, le valvole industriali e la caldareria hanno investito milioni di euro in tecnologie 4.0 per i processi e i prodotti sia nel 2016 che nel 2017, in forza della sola misura dell’iperammortamento applicata a beni materiali e immateriali, così come indicato

dagli allegati A e B del Piano ministeriale. La tabella evidenzia come la crescita dei settori “di ingresso” del 4.0 in azienda sia ben più incisiva (+6,4% come produzione e + 16,9% come investimenti) rispetto alla media dei comparti Anima.

l’industria meccanica 711 | 24


“Open to Innovation!” si è tenuto al Museo della Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano

Export della meccanica L’export nel 2016, rispetto all’anno precedente, è cresciuto del +0,9%. Secondo le previsioni 2017, si esporterà un valore di merci pari al +2,5%. Si passa perciò dai 26,3 miliardi di euro del 2016 ai 26,9 miliardi di euro nel corso di quest’anno. La

quota export 2016 ha rappresentato il 58,4% del totale delle produzioni, mentre nel 2017 si stima sarà pari al 57,8%. Risulta evidente pertanto, il contributo positivo apportato dal mercato interno italiano, che sta mostrando segni di ripresa.

25 | settembre ottobre 2017


Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria Se saprà giocare bene le sue carte nella partita di Industria 4.0, l’Italia potrà diventare la boutique dell’industria del mondo, realizzando, in chiave industriale, prodotti sempre più personalizzati. I dati dimostrano che le imprese stanno rispondendo bene, stanno investendo per essere all’altezza della sfida. Ora è vitale non depotenziare questo effetto.

Alberto Caprari, presidente Anima/Confindustria Gli incentivi del Piano nazionale Industria 4.0 hanno dato a imprese e imprenditori un contributo, anche psicologico, a una crescita che ora deve diventare solida e strutturale. Parliamo di innovazione tecnologica iniettata nelle nostre fabbriche, sia in termini di miglioramento ed efficienza nei processi produttivi, ma anche di sviluppo di nuovi prodotti e servizi 4.0.

l’industria meccanica 711 | 26


Marco Nocivelli, amministratore delegato Epta Group Abbiamo iniziato questa rivoluzione già nei primi anni 2000. Noi imprenditori dobbiamo farci guidare dalla curiosità. Adottare l’Industry 4.0 non significa solo acquistare nuovi macchinari, ma cambiare il modo di gestire le procedure, le fabbriche e cambiare il modo di vedere le cose.

Marco Fortis, vicepresidente Fondazione Edison L’Italia risale nelle classifiche internazionali della crescita del Pil e dei consumi. E ora si attende l’ulteriore impulso del Piano Industria 4.0. Il divario di fondo residuo della crescita del PIL dell’Italia rispetto a Germania e Francia non dipende più dalla debolezza della domanda privata ma dall’impossibilità di fare spesa pubblica.

Luigi Paro, amministratore delegato di Spencer Stuart Italia Gli effetti della trasformazione digitale stanno portando numerosi cambiamenti per le aziende. La digital trasformation diventa un fattore culturale necessario per una piena comprensione del cambiamento. Una leadership 4.0 è necessaria per pianificare le strategie industriali e di business, e per riuscire a comprenderne rischi e opportunità.

Walter Albé, technology & industrial director del Gruppo Ariston ThermoAriston Abbiamo posto la Ricerca e Sviluppo al centro del nostro impegno per guidare l’innovazione. Ad esempio attraverso l’adozione della metodologia WCM nel 2010, oggi operativa in 13 stabilimenti, per migliorare la produttività e a garantire la qualità di prodotti e servizi, sempre nel rispetto dell’ambiente.

Salvatore Majorana, direttore technology transfer Istituto Italiano di Tecnologia I robot sono una palestra perfetta su cui studiare meccanica, elettronica, intelligenza artificiale, sensoristica, grandi dati, elementi che servono alle aziende. Lavoriamo con le imprese e sviluppiamo insieme percorsi per mettere nelle loro mani qualcosa di nuovo su cui costruire il futuro.

Fabio Moioli, direttore divisione enterprise services di Microsoft Grazie alla tecnologia, l’operatività lascia spazio alla creatività ed è in questa logica che intendiamo democratizzare l’intelligenza, ampliando le capacità delle persone. Crediamo infatti in un futuro in cui persone e macchine possano collaborare per raggiungere obiettivi sorprendenti.

Massimo Reale, direttore rischi Euler Hermes Italia Oggi fare assicurazione del credito vuol dire saper leggere, interpretare e massimizzare l’uso dei dati e delle informazioni a sostegno delle coperture di credito erogato. Grazie ai big data e alle machine learning stiamo incrementando la capacità di prevenire le insolvenze delle aziende, e ciò ci permetterà di abbattere considerevolmente le perdite da parte dei clienti.

Gabriele Caragnano, partner PwC Riscontriamo un forte interesse da parte delle aziende italiane verso il Piano di Industria 4.0. Per supportare le aziende abbiamo lanciato con Icim un servizio integrato di assessment e attestazione degli investimenti 4.0 per l’attivazione degli incentivi fiscali, con l’obiettivo di garantirne una corretta applicazione ed evitare il rischio di contenziosi.

27 | settembre ottobre 2017


AUTO ZION PROD ZION


OMANE E DUNE


AUTOMAZIONE&PRODUZIONE

Industria 4.0 un anno dopo. Ora spazio a lavoro e competenze di Franco Canna

Anche se non tutti gli strumenti hanno dato i risultati sperati, il Piano Nazionale Industria 4.0 nel suo insieme ha funzionato - e bene ed entrerà ora nella sua “fase due”, cambiando nome in Piano Nazionale Impresa 4.0. Si tratta di un cambio di nome non soltanto formale, che riflette l’intenzione del Governo di spingere l’acceleratore anche sugli altri settori dell’economia - servizi in primis - per consentire a tutte le imprese di dotarsi degli strumenti in grado di supportare la digital transformation. l’industria meccanica 711 | 30


Si chiama Impresa 4.0 la seconda fase del piano del Governo Il giudizio sulle misure in vigore Gli incentivi in vigore sono stati valutati in base a parametri quantitativi in occasione dell’ultima riunione della Cabina di regia, l’organismo di “controllo e indirizzo” del Piano, composto da ministri, mondo delle imprese, sindacati e università. La riunione, svoltasi lo scorso 19 settembre, a un anno dall’annuncio del piano e a nove mesi dal via degli incentivi, ha “certificato” il successo della fase uno del piano e stabilito le linee guida per il suo prosieguo. •••••••••••••••••••••••• Super e iperammortamento Saranno rinnovati gli incentivi che miravano a promuovere l’aumento degli investimenti privati, chiave per la competitività e l’innovazione del sistema Paese. Stiamo parlando, naturalmente, di Super e Iper ammortamento. Gli investimenti del primo semestre cresciuti del 9% e gli ordinativi dei primi 8 mesi «ai massimi livelli dal 2010», come ha sottolineato il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, parlano chiaro: le misure stanno funzionando e quindi saranno rinnovate. Ma, come ha più volte detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, «la coperta è corta». A fronte dei risultati riscontrati sui principali indicatori manifatturieri, nel 2018 «verranno rifinanziate le principali misure previste nel primo anno, rivedendo le aliquote e i perimetri degli incentivi, compatibilmente con le risorse di finanza pubblica disponibili». Gli scenari possibili sono diversi e spaziano dal rinnovo “tal quale”,

qualora le casse dello stato dovessero permetterlo, a soluzioni più conservative (riduzione delle aliquote) oppure espansive (aumento della platea dei beni incentivati). •••••••••••••••••••••••• Gli altri “promossi” Oltre alla Sabatini, che non è stata citata ma i cui dati ufficialmente disponibili parlano chiaro, tra gli altri incentivi promossi figurano quelli per la Ricerca e Sviluppo, il fondo di garanzia per l’agevolazione del credito e i contratti di sviluppo. Per quanto riguarda la Ricerca e Sviluppo – gli incentivi di riferimento sono credito di imposta per spese incrementali e Patent Box – il ministero dello Sviluppo economico ha promosso un’indagine secondo la quale, su un campione di 68 mila imprese intervistate, oltre 11 mila prevedono un aumento della spesa nella finestra temporale di efficacia dell’incentivo. L’aumento è inoltre considerevole, mediamente compreso tra il 10% e il 15%. Altro dato significativo è che delle 11 mila imprese che aumenteranno la spesa, ben 4 mila e 500 sono aziende che nel 2016 non hanno speso un solo euro in ricerca e sviluppo.

Tra i promossi anche il fondo di garanzia, che è stato ristrutturato per essere più vicino a chi aveva realmente bisogno di agevolazioni per l’accesso al credito: il capitale finanziato è cresciuto dell’8,9% e il capitale garantito del 10,7%. Per quanto riguarda i contratti di sviluppo, sono stati modificati con una maggiore attenzione al Sud e a Industria 4.0: sono state concesse agevolazioni per circa 1,9 miliardi di euro. «In questo modo» sottolinea Calenda, «sono stati creati o salvaguardati più di 53.000 posti di lavoro». •••••••••••••••••••••••• Rimandati e bocciati Non hanno avuto effetti significativi, invece, i diversi incentivi agli investimenti in capitale di rischio per start-up e Pmi innovative. Gli investimenti sono cresciuti solo del 2%. «Valuteremo come modificare gli incentivi, perché è chiaro che si tratta di un dato insufficiente», ha detto Calenda. Mea culpa sul capitolo competenze. A diversi mesi dall’annunciato bando per la loro costituzione, dei Competence center non c’è ancora traccia. «Si tratta di fare anche in Italia quello che gli Istituti Fraunhofer hanno fatto in Germania. Ma gli interessi in gioco sono tanti e sapevamo che sarebbe stato difficile» ammette Calenda. Il bando – ha detto il Ministro – dovrebbe comunque arrivare entro novembre.

Investimenti a + 9% e ordinativi ai massimi dal 2010: le misure funzionano e saranno rinnovate 31 | settembre ottobre 2017


Il futuro: competenze e formazione Il Piano Nazionale Impresa 4.0 avrà altri due capitoli che si affiancheranno a quelli esistenti per stimolare competitività e investimenti: competenze e formazione. «Scuola, università e ricerca devono essere in linea con il mondo che cambia», ha detto il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli. «Bisogna imparare a leggere l’imprevisto. Dobbiamo anticipare alcuni processi e imparare a governarli». Fedeli ha ricordato come, secondo l’Eurostat, solo il 29% degli italiani abbia competenze digitali elevate e ben il 35% sia nella fascia più bassa, indietro rispetto alla media europea. Si proseguirà sulla strada dell’alternanza scuola lavoro («che non è il tirocinio», sottolinea il ministro) e saranno rafforzati gli Istituti tecnici superiori: «stiamo sviluppando un piano congiunto da inserire nella Legge di Bilancio per raddoppiare il numero degli studenti iscritti entro il 2020», ha detto il ministro. Arriveranno poi le lauree professionalizzanti: «Dal prossimo anno accademico le università potranno attivare in via sperimentale percorsi di lauree professionalizzanti a numero programmato che facilitino il raccordo con il mondo del lavoro e contribuiscano a soddisfare le necessità che questo esprime. Percorsi triennali

Da rivedere competence center e incentivi agli investimenti in capitale di rischio per start-up e Pmi innovative altamente orientanti, queste lauree, attivabili mediante convenzioni obbligatorie con imprese e/o ordini professionali, permetteranno agli studenti di acquisire rapidamente una qualificazione professionalizzante anche in ambito Industria 4.0». •••••••••••••••••••••••• Taisch: siamo sulla buona strada Positivo il commento del professor Marco Taisch, uno dei padri fondatori del piano nazionale Industria 4.0 nonché co-responsabile scientifico dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano. «Le nuove misure annunciate dal Governo su Industria 4.0 sono molto positive perché, dopo i buoni risultati del primo anno del Piano Nazionale, vanno nella direzione richiesta dal sistema economico-industriale per offrire nuove opportunità di investimento alle imprese. E con azioni significative di sostegno alle competenze 4.0, si allarga il campo del nostro programma a sostegno della quarta rivoluzione indu-

Scuola: è prevista una riforma degli istituti tecnici per cogliere le opportunità della quarta rivoluzione industriale l’industria meccanica 711 | 32

striale, che oggi è apprezzato e preso a modello da altri Paesi in Europa». Taisch prosegue: «In particolare è importante l’intenzione annunciata oggi dal Governo di rinnovare i bonus di iper e superammortamento del Piano Nazionale Industria 4.0: si tratta di due misure che hanno riscosso notevole successo tra le imprese, anche se alcune aziende non hanno potuto beneficiarne appieno in quanto la misura fiscale è stata messa a disposizione quando i budget per il 2017 erano oramai stati decisi: se i bonus saranno rinnovati, molte imprese potranno cogliere l’opportunità di un sostegno agli investimenti nel 2018». Sul capitolo competenze e formazione: «Oltre a macchinari di ultima generazione, in fabbrica è necessario avere personale qualificato in grado di saperli usare. Per questa ragione, è un’ottima notizia l’annunciata riforma degli Its: abbiamo bisogno di tecnici per cogliere le opportunità della quarta rivoluzione industriale. E altrettanto giusta è la misura del credito di imposta sulla formazione: un incentivo per lo sviluppo di competenze è quello che serve a completare il Piano Nazionale, che prevede già incentivi agli investimenti tecnologici. Ora non bisogna abbassare la guardia, anche altri Paesi stanno avviando programmi di rinnovamento di grande importanza, ma con il Piano italiano Industria 4.0 l’Italia è sulla strada giusta».


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AUTOMAZIONE&PRODUZIONE

Additive manufacturing, oggi è competitiva anche su produzioni di larga scala E il mercato mondiale è già cresciuto oltre i 6 miliardi di dollari di Bianca M. Colosimo Professore di Tecnologie e Sistemi di Lavorazione, Dipartimento di Meccanica, Politecnico di Milano

l’industria meccanica 711 | 34


L’

additive manufacturing produce spesso opinioni polarizzate: da un lato chi pensa che ci si trovi davanti alla tecnologia del futuro, dall’altro chi ritiene ci sia un eccesso di aspettative e che la tecnologia avrà un ruolo marginale. Entrambe le posizioni sono supportate dai dati. È vero infatti che il mercato mondiale dell’additive mostra crescite importanti negli ultimi anni: nel 2017 il mercato è complessivamente di 6,1 miliardi di dollari, quasi equamente distribuito tra macchine e service (28-year Cagr = 25% - Wohlers report 2017). D’altro canto, è vero anche che in relazione al mercato complessivo delle macchine utensili, l’additive manufacturing rappresenta ancora una quota marginale. In effetti le potenzialità della tecnologia additiva sono diverse e numerose: alleggerimento, nuove funzionalità (testurizzazione superfici, canali conformali), riduzione del numero di componenti, customizzazione del prodotto (a costi contenuti), riduzione di time-to-market e scorte grazie alla completa digitalizzazione del ciclo progettazioneproduzione. Queste opportunità sono già state colte in alcuni settori industriali (aeronautico, dentale, biomedicale, tooling and machinery, dove c’è al momento un alto potenziale di sviluppo). Diversi casi di successo (dalle palette TiAl di Ge Avio alle protesi d’anca) permettono inoltre di sfatare la convinzione che la tecnologia sia adatta solo a piccoli lotti: in questi casi i vantaggi in termini di funzionalità (grazie a nuovi materiali o superfici con texture infattibili con tecnologie tradizionali) rendono l’additive manufacturing economicamente competitivo anche su produzioni di larga scala. Numerose restano ad oggi le sfide da superare: riduzione dei costi (polvere e macchine), aumento delle dimensioni degli oggetti stampabili, miglioramento della ripetibilità/ stabilità del processo, aumento della produttività, nuove soluzioni per la finitura di superfici interne complesse e difficilmente accessibili. In questo quadro, molto sarà deciso nei prossimi anni dalla capacità di trovare soluzioni innovative (attraverso ricerca e innovazione tecnologica) e dall’ingresso di nuovi player, anche in relazione al progressivo scadere dei brevetti.

35 | settembre ottobre 2017


Investire in tecnologie additive: idee, limiti e vantaggi Abbiamo chiesto a sei aziende italiane che esporranno alla fiera internazionale Formnext di raccontarci il contesto produttivo dell’additive manufacturig di Michele Strozzi

l’industria meccanica 711 | 36


L’

additive manufacturing, tra le tecnologie abilitanti per industria 4.0, ha aperto nuovi orizzonti soprattutto in quei comparti, quali per esempio l’aerospaziale o il medicale, in cui il costo delle attrezzature rappresentava un limite notevole nella produzione di lotti piccoli o addirittura di pezzi singoli. Con il semplice caricamento di un file e selezionando la polvere metallica, polimerica o un mix di entrambi i materiali, si dà il via a un processo che non ha eguali per quanto riguarda possibilità realizzative e flessibilità produttiva. Introduce, quindi, un concetto di produzione basato soprattutto sulla qualità del prodotto e sulla personalizzazione dello stesso in un ambito in cui le tecnologie convenzionali non possono arrivare. Come per tutte le tecnologie vi sono, ovviamente, vantaggi e svantaggi che è bene conoscere per evitare aspettative e investimenti sbagliati. Alla vigilia della fiera Formnext, che si terrà a Francoforte dal 14 al 17 novembre prossimi, abbiamo chiesto ad alcuni espositori italiani quali sono i limiti attuali da superare per l’additive manufacturing e in quale contesto produttivo si colloca la loro tecnologia.

37 | settembre ottobre 2017


I metalli più innovativi per l’aerospace

I

vantaggi derivanti dal “pensare e progettare in additivo” permettono ai progettisti di sperimentare forme completamente innovative sia nell’estetica che, soprattutto, nelle funzionalità meccaniche aprendo nuove opportunità in diversi settori industriali. Le tecnologie additive stanno approdando a un buon livello di maturità nei tempi compressi di una vera e propria rivoluzione. Spiega Giuseppe Pisciuneri, responsabile vendite alla Zare: «Se le dimensioni delle camere di lavoro possono essere considerate un limite, esistono già impianti, come la Concept Laser Xline 2000R presente nella

nostra fabbrica, in grado di generare pezzi di notevoli dimensioni fino a 800x400x500mm. I problemi che intravediamo nel medio periodo sono di percezione del settore. Se è vero che l’innovazione porta in dote una forte dose di creatività è altrettanto vero che questa energia andrebbe necessariamente rivolta in una direzione industriale e questo vale, soprattutto, per i settori ad alta criticità». La produzione additiva industriale è sicuramente elemento ad altissimo tasso di dirompenza per i settori aerospaziale/aeronautico e nel motorsport di massimo livello. «L’Xline 2000R è una tra le

pochissime al mondo caricate a AlSi7Mg0.6 (A357), lega certificata per applicazioni aeronautiche o aerospaziali, mentre le nostre procedure aziendali sono certificate UNI EN 9100:2009, condizione indispensabile per garantire il requisito di 20 anni di replicabilità del risultato». Sul fronte dei materiali, quindi, c’è un fortissimo fermento: «in particolare ritengo che quelli che possono garantire le più alte prestazioni in ambito funzionale siano: Scalmalloy di ApWorks del gruppo Airbus nell’ambito metalli e la famiglia di materiali Windform per quanto riguarda le plastiche».

Zare entra nel settore della prototipazione rapida nel 2009 e presto amplia il parco macchine con la sinterizzazione dei metalli e impianti per la prototipazione monolitica a grande formato. Il 2011 per l’azienda di Boretto, in Emilia Romagna, è il momento dell’inaugurazione dell’area dedicata al post-processo e alla finitura dei prototipi.

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Produzione on demand e libertà di design

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un mix di vantaggi ben noti si contrappone un limite che, paradossalmente, rappresenta la grande sfida per l’additive manufacturing nel prossimo futuro. Questo secondo Daniel Elber, responsabile marketing e comunicazione di Dws: «Il valore aggiunto indotto dall’additive manufacturing è composto da un insieme di notevoli vantaggi a cominciare dalla possibilità di costruire oggetti con geometrie altrimenti impossibili da realizzare con tecnologie convenzionali, per arrivare all’eliminazione di costi e tempi di attrezzaggio, all’abbattimento dei costi di gestione di magazzino grazie alla possibilità di produrre on demand, all’ottimizzazione del mix di produzione. I limiti sono legati al fatto che dell’additive manufacturing non si conoscono ancora a fondo le potenzialità, pertanto, non vi è ancora l’implementazione completa. Lo notiamo ogni volta che mostriamo le caratteristiche delle campionature stampate con le nostre tecnologie che stupiscono positivamente persino i responsabili dei reparti R&D piuttosto che gli operatori del settore design». Un comparto che sta facendo grandi passi avanti verso la digitalizzazione è quello dentale, per cui è atteso un ampio

impiego dell’additive manufac- te possono essere ottenute traturing. Dice: «Abbiamo in con- mite la microfusione, dove la segna a ottobre un sistema in risoluzione e la perfezione delgrado di stampare direttamen- le superfici degli oggetti fondite protesi provvisorie certifica- bili ottenuti con la stampa 3D te in Classe IIa, persino con la presentano vantaggi enormi in sfumatura naturale del dente termini di libertà del design, di e in una sola visita. Questo è minimo intervento manuale e un esempio di come sia vasta soprattutto nella gestione del la scelta dei materiali e dell’e- mix di produzione. levato livello di precisione raggiungibile. Per quanto riguarda il manufacturing, la nostra tecnologia Sla (stampa S t e re o l i t o g ra f i c a ) vanta l’alta risoluzione di stampa, perfetta La vicentina DWS (Digital dove serva limitare la Wax System) è il principale produttore italiano di stampanti finitura manuale». Ma non solo prototi- 3D stereolitografiche. Produce pazione rapida. Nel- internamente anche tutte le la produzione di oc- resine e i materiali necessari. I chiali, come ricorda settori coinvolti sono: industrial Daniel Elber, diverse design, gioiellerie e oreficeria, componenti sofistica- laboratori e cliniche dentali.

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La ripetibilità del processo non è un problema

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Roboze nasce a Bari, nel 2013, dall’idea di Alessio Lorusso, CEO & Founder, per offrire soluzioni di stampa 3D avanzate per Pmi e professionisti in tutto il mondo. Le macchine Roboze sono state installate in 4 continenti supportata da rivenditori strategici a livello globale.

seguite dall’industria medicale ed education». Nonostante le rosee prospettive, vi sono ancora dei limiti da superare come spiega il Ceo di Roboze: «Per quanto riguarda la nostra tecnologia, la fabbricazione a fusione di filamento (Fff), i limiti sono sicuramente la velocità di stampa (comunque superiore in termini di realizzazione dei componenti rispetto alle tecniche tradizionali) e grandi formati per la stampa di super polimeri come il Peek e il Pei». Un caso applicativo molto interessante che va verso il superamento di questi limiti è la produzione di uno stampo per un componente in Peek per il settore alimentare precedentemente uando si parla di additive realizzato tramite stampaggio a manufacturing si fa riferiiniezione con materiale in Pvc mento a una tecnologia che ha da iniettare. rivoluzionato il modo di proget«Il cliente finale – spiega Ales- tare gli oggetti, in particolare Il mercato dell’additive vede im- sio Lorusso – aveva optato per dando sfogo alla fantasia senza plementazioni quotidiane e in- questa soluzione a causa della limiti di forma. novazioni così radicali che spes- necessità di personalizzare il È d’accordo su questo concetto so spaventano gli imprenditori componente su bassi volumi di Simone Casella, direttore geneche hanno paura di investire in produzione (1000 pezzi all’an- rale di BeamIt: «La tecnologia una macchina che sarà presto no) in termini di forme e dimen- additiva si sposa perfettamente obsoleta. Secondo Alessio Lo- sioni. Con l’utilizzo della Roboze con le produzioni di piccoli lotti russo: «Le industrie che stanno One + 400 il cliente, oltre a ri- e con breve tempo di time-toperseguendo l’uso dell’additive durre il tempo e il costo, ha ora market. Non avendo necessità manufacturing per la produzio- la capacità di soddisfare questa di stampi si risparmia tempo ne sono sicuramente i settori esigenza con le elevate presta- e denaro. Per quanto concerne aerospaziale, aeronautico, difesa zioni dei materiali proposti e la i limiti, direi che le tolleranze ed energia con un Carg stimato garanzia della ripetibilità». dimensionali di un centro di lapiù del 20% nei prossimi 5 anni, voro a controllo numerico non elle lavorazioni meccaniche e non solo giocano un ruolo importante la ripetibilità e la riproducibilità di un processo produttivo nell’ottica di garantire la qualità di piccole serie. «In quest’ottica – dice Alessio Lorusso Ceo di Roboze – abbiamo brevettato il sistema Beltless che offre la possibilità di produrre pezzi con tolleranze meccaniche in 25 micron, garantiti per ogni singola stampa. Il Gruppo crede vivamente nella possibilità di utilizzare la tecnologia additive manufacturing per la produzione e questa intuizione è stata confermata anno dopo anno da richieste provenienti da tutto il mondo. Dal momento che siamo ufficialmente sul mercato, siamo stati in grado di vedere come le aziende stanno diventando sempre più consapevoli riguardo questa opportunità».

Dalla stampa 3D all’intera catena produttiva

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sono raggiungibili, come neppure si possono produrre pezzi troppo grandi, tutto è limitato alla piattaforma di utilizzo». I settori dove ha puntato BeamIt sono il motorsport, l’aerospace, l’Igt (industrial Gas Turbine), il biomedicale e il general industry. «Produciamo particolari di serie in migliaia di pezzi già da qualche anno» spiega Simone Casella, «e siamo alla costante ricerca di progetti complessi perché non ci occupiamo solo di stampa 3D ma anche di tutta la catena produttiva: dall’ingegnerizzare il pezzo ad hoc per la stampa 3D

al melting del prodotto passando per il trattamento termico, lavorazione meccanica e tutti i controlli non distruttivi (Xray/ liquidi penetranti,ecc.) che eseguiamo rigorosamente in casa. Molti dei progetti in essere con i nostri clienti sono coperti da accordi di riservatezza, pertanto non sono divulgabili, ma mi piace ricordare che a fine anni ’90 partecipai alla realizzazione degli ultimi progetti della rimpianta Olivetti di Scarmagno relativi a tutte le macchine che stampavano le schedine del Super Enalotto».

L’area di stampa? È più grande della stampante

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avide Marin, fondatore di Lumi Industries, individua nell’additive manufacturing un potenziale di crescita importante per le piccole e medie imprese grazie all’attuale facilità di accesso alla tecnologia sia in termini economici che di utilizzo. «In particolar modo essa permette di passare in maniera decisamente più rapida ed economica dall'idea al prodotto. Tuttavia, non tutto può essere creato in manifattura additiva. Lo sviluppo di nuovi materiali e di tecnologie innovative in questo campo c'è, ma secondo noi è una lenta evoluzione.

I vari player sembrano proporre tutti macchinari molto simili seguendo il filone d'interesse del momento, ma sono pochi quelli che cercano di andare oltre e sviluppare qualcosa di veramente innovativo». «La nostra azienda si è focalizzata negli ultimi tempi su tecnologie innovative per quei settori dove c'è maggiore esigenza di poter mostrare modelli tridimensionali in maniera molto rapida, senza utilizzo di macchinari che richiedono training avanzato per poterli utilizzare, e di ridotti ingombri. In particolare a Formnext presenteremo il progetto New

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Nata dalle fondamenta di ProtoService srl, un’azienda che ha fatto la storia della prototipazione rapida in Italia, BeamIt è al suo ventesimo anno di attività. È dotata di un parco macchine composto da 24 impianti e utilizza una vasta gamma di materiali plastici e metallici.

Lumifold, già brevettato, che si basa su un sistema meccanico innovativo che porterà la stampante a essere più piccola della sua stessa area di stampa. La macchina diventerà estremamente compatta e versatile, con un design accattivante e minimalista che tradisce le nostre origini italiane».

Nel 2013 Davide Marin e Manuale Pipino, ancora semplici makers, creano la prima stampante 3D Dlp portatile. Da questa idea nasce, un anno dopo, Lumi Industries, una startup italiana per portare i vantaggi dell’additive alla portata di tutti.


Due sorgenti per raddoppiare la produttività

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vantaggi legati all’additive manufacturing e in particolare alla laser metal fusion sono determinanti sia nell’ambito della prototipazione veloce che nella produzione in serie. Ne è un esempio la stampante 3D Sisma Mysint100 come spiega Adriano Bernardi, product manager di Sisma: «Con questa stampante i tempi che intercorrono tra la progettazione e la produzione si riducono drasticamente, ottenendo direttamente il pezzo finito in metallo senza passare attraverso i laboriosi passaggi tipici delle tecniche tradizionali. La tecnologia Mysint è applicabile a polveri metalliche di bronzo, acciaio, oro, cromo-cobalto, argento, titanio e rame. La polvere non utilizzata viene setacciata e completamente recuperata per lavorazioni successive». Flessibilità e ripetibilità dell’additive manufacturing sono

le principali caratteristiche che esaltano questa tecnologia nell’odierno ventaglio di proposte per il comparto manifatturiero. Dice Adriano Bernardi: «L’additive manufacturing libera letteralmente la creatività dei progettisti: è possibile stampare pezzi muniti di parti mobili e cinematismi veri e propri. Ogni pezzo realizzato è replicabile tale e quale o applicando leggere modifiche al progetto maturate campione dopo campione. La produzione non deve necessariamente avvenire nello stesso luogo della progettazione grazie a un sistema aperto e flessibile: basta un file Stl proveniente da qualsiasi Cad. La produzione può avvenire in cicli non assistiti durante le ore notturne. Infine, la tecnologia Sisma di laser metal fusion si distingue per il basso consumo energetico e il ridotto impatto ambientale». Forte della tecnologia laser me-

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tal fusion, Sisma Mysint100 è una stampante laser 3D operante tramite la fusione selettiva di polveri metalliche. La stabilizzazione dei parametri per la lavorazione di cromo, cobalto e titanio ha aperto nuovi orizzonti nel settore dentale. «Per sfruttare al meglio tali opportunità Sisma ha realizzato l’innovativa stampante 3D professionale Mysint100 Dual Laser, potenziata con due sorgenti laser. La macchina è stata sviluppata pensando alle specifiche esigenze del settore dentale, dove la puntualità nelle consegne è fondamentale per ottenere efficienza e profitti. Grazie alle due sorgenti laser la produttività può essere aumentata fino all’80% (rispetto a Mysint100). La gestione dei lotti e dei tempi di produzione è finalmente sotto controllo e può essere organizzata nel modo più efficiente possibile».


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AUTOMAZIONE&PRODUZIONE

Nasce InnexHub, il primo Digital Innovation Hub della Lombardia Intervista a Pietro Almici, Anima, Angelo Baronchelli, InnexHub, Gaetano Trizio, Icim di Laura Aldorisio

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nnexHub è la prima realtà italiana che risponde come sistema alle linee guida del governo sul 4.0. Nata con un capitale di 52mila euro e dopo un lavoro di otto mesi tra Associazione industriale bresciana, Associazione industriali della Provincia di Cremona, Confindustria Mantova, Associazione artigiani di Brescia e Provincia, Confartigianato imprese Brescia e Lombardia orientale e in coordinamento con il Digital Innovation Hub lombardo. L’obiettivo è diventare il punto di riferimento sul territorio della Lombardia Orientale per tutti i temi afferenti l’industria 4.0. InnexHub può accompagnare le imprese nella trasformazione digitale. Si lavorerà su quattro pilastri: informare per creare consapevolezza; fornire consulenza strategico-organizzativa e tecnologica; agevolare l’accesso al credito e agli incentivi fiscali e finanziari e infine, ma non per questo meno importante, seguire le imprese nel percorso di formazione continua delle proprie risorse umane. Nasce così un “ecosistema dell’innovazione” che sappia mettere a fattor comune le reciproche best practice, eccellenze ed esperienze. Parte essenziale di questo ecosistema dell’innovazione saranno - i Competence Center, l’hardware tecnologico alla base del sistema: Università degli Studi di Brescia, Università Cattolica di Piacenza (distaccamento di Cremona), Politecnico di Milano e distaccamenti di Cremona e polo territoriale di Mantova che affiancheranno le imprese supportandole nella simulazione, sperimentazione e collaudo delle tecnologie digitali all’interno di progetti di ricerca applicata. - La convenzione di collaborazione “Industria 4.0 e iperammortamento” siglata tra Associazione

Industriale Bresciana, Associazione Industriali della Provincia di Cremona, Confindustria Mantova, Anima, Ucimu e l’ente di certificazione Icim SpA per fornire alle imprese una concreta azione a supporto degli incentivi fiscali, un efficace servizio informativo e di supporto sulla corretta applicazione dell’iperammortamento e per la pianificazione investimenti e rilascio attestati di conformità per i beni acquistati. Quali occasioni per le imprese? L’abbiamo chiesto al vicepresidente di Anima Pietro Almici, il presidente di InnexHub Angelo Baronchelli e all’amministratore delegato di Icim Gaetano Trizio

Come si può favorire il cambio di cultura richiesto dal 4.0 nella vita quotidiana degli imprenditori? [Almici] L’imprenditore deve essere predisposto a coinvolgersi nei rapporti sempre più stretti fra associazioni d’impresa, centri di ricerca e università. Cambiare cultura significa lavorare in sinergia per poter imparare. Per esperienza personale e diretta posso confermare che una novità è uno stimolo che si irradia di lavoratore in lavoratore, di attività in attività. È nostra intenzione collaborare perché la formazione e la divulgazione attraverso l’InnexHub possano far permeare il 4.0 nel sistema aziendale. Nella nostra azienda significa riorganizzare il sistema, introdurre macchine più moderne e nuove figure. È un cambiamento che avverrà in qualche anno ed è utile a rendere le imprese italiane più appetibili ai giovani per quanto riguarda il mondo del lavoro. L’industria non è più la fabbrica polverosa e

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rumorosa. L’azienda moderna ha bisogno di nuovi profili. C’è disoccupazione, è vero, ma è anche vero che le aziende cercano personale tecnico adeguato e faticano a individuarlo. [Baronchelli] L’obiettivo della digitalizzazione non è acquistare un nuovo macchinario, ma ripensare il posizionamento aziendale. La finalità dell’Innex Hub è favorire questa evoluzione creando le corrette condizioni per collegare il mondo delle imprese, artigianali e medio-grandi, a un sistema accademico, di ricerca e del terziario che può portare loro tutte le capacità per evolvere in ottica digitale. Creiamo un network con chi ha competenze per fare trasferimento tecnologico ad ogni livello. Faremo azione di certificazione degli operatori. L’InnexHub vuole dare visione, organicità, ordine, sistematicità a questa azione. Sarà una vera piattaforma organica che agisce in modo ordinato e usando bene le risorse. Abbiamo allargato la collaborazione alle territoriali di Brescia e Mantova-Cremona per dare vita a un ambito più ampio. Deve essere veramente un passaggio culturale, è sugli imprenditori che bisogna intervenire. [Trizio] L’esperienza raccolta da Icim nell’ultimo anno testimonia un quadro molto diversificato. Ci sono imprese – anche medio piccole – già orientate verso una strada 4.0, mentre altre, anche di dimensioni ragguardevoli, stanno sottovalutando la potenzialità di ciò che la tecnologia mette a loro disposizione e che potrebbe per loro rappresentare una chiave di sviluppo. Per questo è necessaria l’azione di informazione e divulgazione delle associazioni imprenditoriali e dei digital Innovation hub, il cui ruolo è anche quello di raccogliere e mostrare le buone pratiche e i vantaggi concreti che le imprese possono raccogliere.


Angelo Baronchelli, presidente InnexHub

Quali sono i vantaggi per un imprenditore perché partecipi all’Innovation hub? E che profilo ha l’impresa che può essere avvantaggiata dalla convenzione siglata alla nascita di InnexHub? [Almici] L’incubatore può sviluppare la rivoluzione 4.0. Il soggetto che partecipa in prima fila può essere protagonista del cambiamento. Saranno avvantaggiate le imprese piccole e quelle meno strutturate. Tutte le imprese delle associazioni che hanno siglato la convenzione potranno avvicinarsi alle associazioni settoriali, come Anima, che da anni seguono questa tematica a stretto contatto con le Istituzioni e quindi potranno usufruire di tecnici aggiornati e preparati e del supporto di Anima e di Icim.

[Baronchelli] Non c’è un solo profilo, è un’opportunità aperta a tutti gli imprenditori. Se non lasciamo passare questo momento, l’Italia può mantenere e migliorare il suo posizionamento a livello internazionale. Opportunità che non si può perdere, possiamo lavorare in modo strutturato in questa rivoluzione così che l’Italia possa sperare nel futuro. Ingraniamo la marcia giusta. Ogni sistema produttivo ha delle caratteristiche proprie. Quello tedesco ha caratteristiche precise, come noi. Credo che la capacità delle imprese italiane non sia seconda a nessuno. La capacità di fare sistema compensa il nostro limite dimensionale. [Trizio] Industria 4.0 non è una rivoluzione tecnologica, ma può diventare una rivoluzione dei modelli di business e di produzione se le imprese saranno capaci

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di sfruttare le opportunità che tecnologie già oggi disponibili possono offrire se sono opportunamente combinate e gestite. Industria 4.0 significa quindi individuare nuove strategie e nuovi modi di mettere in relazione soggetti diversi (impresa, clienti e fornitori). Significa rivedere i processi, per scoprire che alcuni dei processi oggi implementati potrebbero risultare ridondanti e superflui, mentre nuovi rischi potenziali non sono opportunamente gestiti. Significa infine ragionare su dove l’impresa sarà tra cinque o dieci anni, cercando di proiettarsi in scenari futuri che cambiano con crescente rapidità. 15 anni fa nessuno avrebbe ipotizzato che Blockbuster “svanisse” in meno di 3 anni, né che non avremmo più avuto necessità di un’agenzia viaggi per organizzare le vacanze. I nuovi modelli di business introdotti da Internet hanno modificato la


nostra vita di consumatori, e si apprestano a modificare la vita delle imprese. Gli Innovation Hub devono preparare le nostre imprese a questo cambiamento perché diventi un’opportunità e non una minaccia. InnexHub nasce con l’ambizione di soddisfare le esigenze di tutte le imprese manifatturiere del territorio di Brescia, Cremona e Mantova. È innegabile tuttavia che sono le Pmi che potrebbero trarne maggiore vantaggio, perché a differenza delle grandi imprese non hanno a disposizione risorse e strumenti da dedicare in modo specifico all’approfondimento dei temi di Industria 4.0. In ogni caso il modello “Industria 4.0” dovrebbe favorire la nascita di nuove relazioni tra imprese, più collaborative, snelle ed ef-

ficaci. Se questo paradigma sarà rispettato, InnexHub può essere una buona opportunità per tutte le aziende che vogliono crescere attraverso l’innovazione e in modo sostenibile. Se dovesse fare un bilancio sulla rivoluzione 4.0 da marzo a oggi che conclusioni potrebbe condividere? E quali ancora i passi necessari? [Almici] La circolare esplicativa del 4.0 ha dato uno slancio alle aziende produttrici di macchine e ha portato grossi vantaggi. Anche i dati di mercato lo dimostrano. Sono aumentati gli ordini al punto che molte imprese che producono macchinari sono sature fino a metà

dell’anno prossimo. Di conseguenza è aumentato l’ottimismo, sta tornando la voglia di fare, dopo anni bui, e di investire, soprattutto per riammodernare le aziende, in stallo da anni. Il passo necessario è un’estensione degli incentivi anche in forma ridotta. La rivoluzione è un cambiamento che richiede alcuni anni. [Baronchelli] Il 4.0 con il suo processo di digitalizzazione non può finire quando finiscono gli incentivi. Ci siamo dati obiettivi di medio lungo periodo. Non pensiamo di raggiungere i primi obiettivi di InnexHub prima di cinque anni. Si tratta di cambiamenti culturali, organizzativi, formazione del personale, inserimento di più giovani nelle imprese. In cinque anni dobbiamo raggiungere

Pietro Almici, vicepresidente Anima

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ditori ed i loro collaboratori saranno orgogliosi di avere un sistema di lavoro al passo con i tempi. Chi non si adeguerà rischia di restare fuori dal mercato. [Baronchelli] Mi auspico che questo paese possa vedere la proroga degli incentivi. Determinante misure si possono rimodulare, ma devono diventare strutturali perché l’impresa veda che non è la sola a investire ma che c’è un sistema che indica la strada. Molte aziende hanno già iniziato questo percorso. Il piano Calenda ha consentito un’attenzione particolare. Chi aveva già cominciato ha avuto la possibilità di investirci di più. Il Mise ha provocato gli imprenditori invitandoli a crescere, a cambiare. Io credo che anche alle imprese serva del tempo per capire, entrare nel linguaggio, farsi delle domande, informarsi: si tratta di uno sconvolgimento mentale. La sfida è interessante, non è un aspetto accessorio e passeggero. Noi non abbiamo fretta di dare risposte subito, abbiamo bisogno che il settore maturi secondo un piano di medio periodo. Gaetano Trizio, amministratore delegato Icim

obiettivi di trasformazione e dobbiamo lavorare molto. Spetta a entità come InnexHub dare un binario su cui camminare e cercare di incoraggiare le aziende perché dobbiamo andare lontano. [Trizio] Il Piano Calenda ha sicuramente contribuito ad accelerare un processo che vedeva l’Italia fanalino di coda in Europa. Abbiamo fatto molti passi avanti, ma i primi mesi dell’anno sono stati necessari per spiegare alle imprese i contenuti e gli obiettivi del Piano Industria 4.0, e far comprendere le opportunità, con il rischio che per alcune imprese non sia possibili accedere agli incentivi per mancanza di tempo. È necessario dare alle imprese risposte certe e rapide su alcuni temi cruciali (come le date di termine degli incentivi), per per-

mettere una adeguata pianificazione. Ed è necessario dare attuazione alle altre linee d’azione: formazione, Innovation Hub e Competence Centre. L’industria 4.0 terminerà con gli incentivi? Come renderla una rivoluzione di sistema? [Almici] Inizia con gli incentivi, non terminerà. Per me è come mettere in moto un meccanismo. È una strada nuova da cui non si deve tornare indietro. Innesca un sistema per cui si può solo andare avanti. Per questo servirà una stretta collaborazione con le scuole e le università per preparare adeguatamente le figure necessarie a gestire questo cambio culturale e rendere più attraenti ai giovani le nostre aziende. Gli impren-

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[Trizio] Se le analisi degli esperti sono corrette, Industria 4.0 è un processo inevitabile, del quale possiamo unicamente regolare la velocità. Se gli imprenditori italiani sapranno interpretare correttamente questa rivoluzione, l’Italia potrà recuperare l’attuale gap rispetto ad altri paesi europei e mantenere salda la potenza che la vede tra le prime economie manifatturiere. Interpretare Industria 4.0 solo come un sistema di incentivi per l’acquisto di nuovi macchinari significa correre il rischio di vedersi superare da altri Paesi emergenti, la cui Industria sta “nascendo” come Industria 4.0. Dobbiamo avere chiari questi scenari, e lavorare tutti insieme per sfruttare al meglio le grandi opportunità che si stanno presentando, facendo emergere un “modello italiano” di Industria 4.0.



AUTOMAZIONE&PRODUZIONE

Cybersecurity 4.0: monitorare sistemi IT e reti di produzione Intervista ad Alessandro Manfredini, membro del direttivo Aipsa, Associazione italiana professionisti security aziendale di Laura Aldorisio

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Occorrono dei presidi qualificati all’interno delle aziende per valutare le minacce e ricercare le migliore misure mitigative.

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econdo i dati di Accenture Security, entro il 2030 gli attacchi informatici potrebbero arrivare a costare alle aziende 90 mila miliardi di dollari. Se Industria 4.0 significa inter-connettività e condivisione delle informazioni, la parola chiave ora è cybersicurezza. I virus informatici WannaCry e Petya tre mesi fa hanno invaso le reti informatiche mondiali, ransomware e malware sono i termini tecnici. Banche, aziende, commercio sono caduti nella trappola del cybercrime. Quali sono i danni del cybercrime e quali rischi corrono le aziende? Premetto che a mio parere il piano Calenda sia una delle più importanti e straordinarie opportunità che la Seconda Repubblica abbia offerto. Crea alle aziende la possibilità di accrescere il proprio know-how. Ma ci sono delle precauzioni da prendere. Il primo passo è la consapevolezza del fatto che maggiore tecnologia e maggiore interconnettività porta inevitabilmente ad avere maggiori esposizione a rischi. Per parlare della diffusa superficialità in certi settori prendiamo l’esempio di WannaCry. Qualche mese prima dell’attacco, Microsoft aveva segnalato l’aggiornamento per mettere in sicurezza i sistemi operativi Windows, evidenziando i rischi connessi a un mancato update. WannaCry ha sfruttato una banale vulnerabilità di Windows e la “non consapevolezza” di chi ha rimandato l’aggiornamento. C’è però da tenere conto che molti direttori IT non sempre hanno le

risorse per pianificare le attività di aggiornamento del parco macchine senza creare un disagio agli utenti e ai clienti perché un eventuale upgrading potrebbe voler dire rallentare o addirittura sospendere la produzione. Può anche accadere che quando si fa un aggiornamento del sistema operativo il software non sia più in grado di rispondere come il business richiede. Come si potrebbe cercare di mitigare queste criticità? Una soluzione possibile potrebbe essere quella di adottare degli strumenti di monitoraggio e controllo delle proprie vulnerabilità che garantiscano una maggiore governance centrale per avere il pieno controllo di tutto. Occorrono dei presidi qualificati all’interno delle aziende per valutare le minacce e ricercare le migliore misure mitigative. A quali minacce si riferisce? Il rischio che le aziende corrono sono ad esempio il trafugamento dei dati: un semplice allegato inviato via email o contenuto in una apparente innocua chiavetta Usb può infettare il sistema informatico e far sospendere le attività produttive per giornate intere. È una possibilità non remota per le imprese che producono utilizzando robot interconnessi nella linea di montaggio: quando, ad esempio, l’operatore della manutenzione collega il proprio computer ai macchinari per fare la diagnostica, il sistema potrebbe diventare vulnerabile. Quando le macchine di produzione vengono progettate nessuno può pensare che ci sia una scritta di codice o una porta che consenta a qualcuno di agire sui comandi di quel dispositivo in modo “illecito” o con finalità criminali. Com’è possibile fare prevenzione? Aumentando i controlli e il monito-

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raggio continuo dei sistemi non solo IT ma anche delle reti di produzione. Anche se talune attività operative possono essere date in outsourcing, è necessario un controllo dall’interno dell’azienda, una regia strategica e tattica di alto livello. L’imprenditore non può permettersi di rinunciarvi. Altrimenti è come decidere che la strategia commerciale venga appaltata solamente a una consulenza esterna. L’IT permea i processi aziendali e deve esserci internamente un presidio forte e competente. È una possibilità dare in outsourcing le operations come il datacenter o il monitoraggio del traffico reti, ma ci deve essere chi vigila sul rispetto delle compliance. In secondo luogo, occorre fare network tra le imprese, è fondamentale così come testimonia la natura dell’associazione Aipsa. L’information sharing, il condividere esperienze, richiede un network di riferimento funzionale e referenziato. L’associazione nasce proprio con questo intento e già agli inizi degli anni ’80 si pone come club fondato da un gruppo di manager che negli anni ’70 avevano dato vita alla sicurezza industriale italiana. Quasi tutti appartenenti alle forze dell’ordine erano stati chiamati dalle aziende a vigilare sul patrimonio nel periodo del terrorismo. Alla fine degli anni ’80 si trasforma nell’associazione Aipsa così come la vediamo oggi. È un luogo di incontro dove poter valorizzare le skill del professionista della security e ottenere adeguate informazione e formazione attraverso seminari ed eventi. Partecipando attivamente alla vita associativa si alimenta e tiene vivo il network. L’esperienza ci fa essere ottimisti nella misura in cui anche aziende competitor condividono le stesse preoccupazione e la voglia di trovare soluzioni insieme.


AUTOMAZIONE&PRODUZIONE

Dall’analisi all’attestato di conformità, un team ad hoc per le PMI che investono in 4.0 La nuova piattaforma Industry 4.0 di PwC e Icim dà una visione strategica di sviluppo rispetto a benchmark internazionali, misurare i gap più rilevanti, identifica le soluzioni più vantaggiose e fa leva sugli incentivi fiscali

di Gabriele Caragnano, partner PwC

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L’

impatto della digitalizzazione su prodotti, servizi, modelli di business e processi logistico produttivi è in crescita esponenziale e investe ormai ogni aspetto della nostra vita privata e lavorativa. Chi, infatti, non si stupisce di vedere ancora oggi un cameriere acquisire gli ordini con penna e blocchetto o una fila di auto in coda al casello autostradale in attesa di pagare in contanti? Anche nell’industria il modo di lavorare sta cambiando rapidamente: la robotizzazione è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno, identificato ormai da tutti col termine Industry 4.0, che è “distruttivo” rispetto ai paradigmi gestionali degli ultimi vent’anni. In tali situazioni di rapido e violento cambiamento si generano sempre grandi rischi controbilanciati da grandi opportunità. Il rischio maggiore è quello di non evolversi e rimanere fuori dal mercato; l’opportunità più grande è quella di cavalcare l’onda digitale e di espandere il proprio mercato verso clienti fino a ieri irraggiungibili. Per spingere la bilancia dell’industria italiana verso il lato delle opportunità, il ministero dello Sviluppo economico ha varato il noto piano di incentivazione fiscale denominato appunto Industria 4.0, che prevede enormi risparmi su investimenti classificabili come “digitali e interconnessi”. Il movimento di innovazione tecnologico-digitale nell’industria è da ormai quattro anni oggetto di analisi e materia di sviluppo di nuove e innovative soluzioni progettuali da parte di PwC, che vanta al mondo un team di più di 2000 specialisti di Industry 4.0. Si tratta di figure molto particolari, che nel loro insieme sanno integrare competenze It digitali e infrastrutturali, operational technology (Ot), strategiche e operations. In Italia, volendo supportare la propria

base clienti industriali (Consumer & Industrial Products + Tech) nello sfruttamento degli incentivi fiscali (iper e super-ammortamenti), PwC ha integrato nella propria piattaforma Industry 4.0 anche competenze fiscali (interne a PwC) ed ha siglato un accordo operativo e commerciale con Icim, ente di certificazione indipendente, nato a Milano nel 1988 come Istituto di Certificazione Italiano per la Meccanica (Anima ne detiene le quote di maggioranza, tra gli azionisti anche Ucimu - Sistemi per produrre NdR). PwC e Icim sin da subito hanno messo le proprie competenze a disposizione delle imprese italiane, credendo fortemente nel valore dell’industria made in Italy e nelle sinergie generabili da un tale team multidisciplinare. Particolare attenzione è rivolta alle Pmi, che spesso fanno più fatica a rimanere al passo con la velocità con cui le nuove tecnologie evolvono e soffrono di un quasi “timore reverenziale” nei confronti di un gigante come PwC. Il team PwC + Icim offre alle aziende che vogliono innovarsi tecnologicamente la possibilità di parlare con un team multifunzionale di esperti, in grado di coprire tutti gli aspetti di un importante processo di cambiamento. I passaggi chiave del servizio sono organizzati come segue: • Meeting Zero: incontro con l’azienda per una valutazione preliminare di conformità al programma di incentivi Industry 4.0 del piano di investimenti o degli asset già consegnati nel corso dell’anno; • proposta tecnico-economica dell’intervento finalizzato al rilascio dell’attestazione di conformità (molto più robusta della semplice perizia rilasciata da un singolo professionista); • analisi tecnica degli investimenti:

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vengono valutate le caratteristiche del bene e del contesto produttivo in cui esso verrà/viene utilizzato per garantire l’effettiva ed efficace interconnessione. L’output di questa fase è una scheda tecnica per ciascun asset molto approfondita e dettagliata (circa 20 pagine di elaborato), che ha lo scopo di sostenere robustamente l’attestazione formale di conformità ai requisiti della norma Industry 4.0. Anche a distanza di anni, in assenza delle persone che hanno lavorato nell’analisi tecnica (interne ed esterne all’azienda), la scheda tecnica deve fornire all’autorità competente tutti gli elementi di conformità; • Verifica della data di consegna dell’asset; • Verifica della data di attivazione dell’interconnessione; • Attestazione di conformità. «Parliamo più in generale di valutazione dell’“investimento” e non del “singolo bene”, in quanto ci è capitato spesso di aiutare l’azienda a costruire un sistema di beni che, interconnessi con i sistemi di fabbrica, vanno a costituire un asset che assolve pienamente ai requisiti della normativa» commenta Angelo Galliano, director di PwC e specialista della piattaforma PwC Industry 4.0, «E qualora il sistema di fabbrica ancora non esistesse? Quale miglior occasione per disegnare con l’azienda il nuovo modello operativo, essendo anche questo un elemento fondamentale del Piano». Questo è il vero valore aggiunto della piattaforma Industry 4.0 di PwC: dare visione strategica di sviluppo rispetto a benchmark internazionali, misurare i gap più rilevanti, identificare le soluzioni più vantaggiose e far leva sugli incentivi fiscali Industry 4.0. La semplicità dell’approccio facilita la creazione di un rapporto di piena


fiducia con le imprese: un primo incontro presso la loro sede (Meeting Zero), a carattere completamente gratuito, consente al team PwC di entrare in contatto con la realtà operativa dell’Azienda e di effettuare una prevalutazione di ammissibilità all’incentivo fiscale Industry 4.0. «Ci troviamo qualche volta nella situazione di dover dare parere negativo nella fase iniziale di screening; nei casi più incerti e rilevanti arriviamo a proporre un’interrogazione specifica agli uffici competenti del Mise; se esprimiamo parere positivo, questo deve essere un “sì a tutto tondo” e non deve generare una situazione di rischio per l’imprenditore» commenta Cristina Secchi, attuale Pmo della piattaforma I4.0 di PWC Italia. «La sfida più bella? Spiegare all’azienda i principi alla base del Piano, creare insieme una soluzione che abbracci l’investimento e che, allo stesso tempo, porti quel valore aggiuntivo proprio legato all’interconnessione, che è l’elemento ispiratore della normativa stessa». A volte i nostri clienti ci chiedono se sia davvero necessario un tale livello di dettaglio e approfondimento. Riguardo a questo il team concorda pienamente: «Dico sempre alle aziende che più la documentazione a supporto è completa e chiara, più sarà semplice per l’azienda dimostrare all’agenzia delle Entrate la piena rispondenza ai criteri richiesti dalla normativa e il conseguente diritto all’applicazione automatica degli incentivi» commenta Paolo Gianoglio, direttore He e Relazioni Industriali di Icim, «Non si può sapere chi sarà ancora presente in azienda in una successiva verifica fiscale, che potrebbe aver luogo anche diversi anni dopo l’esercizio interessato. Documenti analitici e dettagliati che non lasciano dubbi sono la miglior difesa».

Una volta inquadrata la soluzione e redatta la scheda tecnica, questa viene completata con la raccolta e la verifica dei documenti a corollario dei beni (ad esempio l’ordine d’acquisto, il documento di consegna e di pagamento, nel caso di acquisto del bene) da parte degli esperti del team con competenze fiscali. Infine l’ultimo passaggio riguarda la verifica dell’interconnessione e, laddove richiesta, l’emissione dell’attestazione di conformità da parte di Icim. Tale documento è obbligatorio per investimenti di valore superiore a 500.000 euro ed è comunque raccomandabile, data la complessità dell’argomento, anche per valori inferiori a sostegno dell’autodichiarazione di conformità da parte del legale rappresentante dell’azienda. Da un lato, quindi, un servizio rivolto alle aziende che inve-

stono, dall’altro, supporto alle aziende che producono beni strumentali potenzialmente iperammortizzabili. A favore di quest’ultimi, la proposta della piattaforma PwC è quella di una dichiarazione “Industry 4.0 Ready” dei prodotti tecnologicamente pronti alla interconnessione. Si verifica che il bene possa soddisfare tutti i requisiti della normativa e si fornisce un documento che dichiari le possibili modalità di collegamento al sistema logistico produttivo dell’unità produttiva. Il documento, redatto da un ente terzo e neutrale (PwC), può quindi accompagnare il bene e conferirgli un ulteriore valore nei confronti degli utilizzatori, che si troveranno a quel punto un percorso agevolato nella redazione della scheda tecnica a supporto dell’attestazione di conformità Industry 4.0.

“Dico sempre alle aziende che più la documentazione a supporto è completa e chiara, più sarà semplice per l’azienda dimostrare all’agenzia delle Entrate la piena rispondenza ai criteri richiesti dalla normativa e il conseguente diritto all’applicazione automatica degli incentivi” l’industria meccanica 711 | 54


Caloni Trasporti è una società specializzata nel trasporto nazionale ed internazionale di merci su strada e nella logistica. Dal 1939, CALONI è sinonimo di efficienza ed è una delle poche aziende del settore che ha saputo mantenersi al passo con i molteplici cambiamenti del mercato garantendo un servizio sicuro, flessibile ed efficiente grazie alla sua presenza capillare sul territorio italiano ed europeo. Grazie alle 12 filiali commerciali e agli oltre 60 centri di distribuzione presenti sul territorio nazionale, Caloni Trasporti è in grado di controllare direttamente l’intera rete distributiva italiana. Un partner logistico di fiducia che opera da tutta Italia per l’Europa e da-e-per tutta Italia in maniera efficace, con linee dirette giornaliere e collegamenti programmati. Forniamo una gamma di servizi su misura, coniugando l’efficienza nel trasporto con la sostenibilità dei costi: massima flessibilità per ritiri e consegne comunicazioni tempestive in caso di imprevisti assistenza dedicata e costante grazie ad un Customer Service interno servizi personalizzati attenzione e cura nella gestione dei vostri colli Caloni Trasporti vede il cambiamento come l’opportunità di mettersi in gioco, creare nuove prospettive e credere in nuove idee per diversificarsi ed essere speciale, utilizzando l’arte come espressione del movimento. Caloni trasporti è l’eccellenza in movimento!

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RUBRICA: SPS Italia Hub

Mantra 4.0, ma la strada è lunga per le microimprese Un anno di appuntamenti per conoscere l’impatto della digitalizzazione su meccatronica, automazione, sicurezza informatica e telecontrollo

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D

igitalizzazione e industria 4.0 sono ormai diventati dei “mantra” onnipresenti sui quotidiani e nelle comunicazioni commerciali delle imprese. La verità, però, è che sono ben poche le persone che hanno realmente compreso che cosa veramente significano queste parole quando vengono calate nel contesto delle imprese – micro, piccole e medie – che costituiscono l’ossatura del sistema manifatturiero italiano. Il lavoro che hanno davanti gli Innovation Hub, i Punti d’impresa e i costituendi Competence center sarà lungo e difficile. Un supporto concreto a chi vuole comprendere meglio questi temi è offerto però anche da Messe Frankfurt Italia, un organizzatore di fiere ed eventi che ha fatto del “4.0” una delle sue principali aree di attività, comprendendo appieno l’esigenza primaria di contribuire a formare una diffusa “cultura 4.0”. Non sorprende quindi che gli eventi organizzati quest’anno da Messe Frankfurt Italia toccheranno diversi temi, ma tutti con un unico comune denominatore: la digital transformation e l’impresa 4.0.

La meccatronica nel territorio marchigiano Il primo evento della serie, tenutosi il 26 settembre ad Ancona, nelle Marche, è il Forum Meccatronica, giunto quest’anno alla sua quarta edizione. Nell’ambito delle tecnologie di automazione, la meccatronica – disciplina “4.0” ante-litteram, che nasce dall’intersezione dei tre insiemi meccanica, elettronica e informatica – è una delle aree di maggiore interesse dal punto di vista dell’innovazione. «Stiamo assistendo a un’evoluzione delle piattaforme legate all’automazione e alla meccatronica, che evolvono sempre più nel segno dell’integrazione», ha detto Sabina Cristini, presidente del Gruppo Meccatronica di Anie Automazione. «Cresce il ruolo delle piattaforme software integrate che gestiscono tutte le fasi della vita del prodotto, dalla progettazione alla realizzazione, fino all’utilizzo in campo del prodotto e all’assistenza». L’evoluzione di queste piattaforme abilitanti per l’industria 4.0 è stata l’oggetto della parte convegnistica del Forum,

declinato in tre sessioni parallele dedicate a progettazione, gestione della produzione e prestazioni, moderate da costruttori di macchine e utilizzatori. La scelta della location – la mole vanvitelliana di Ancona, capoluogo delle Marche – è apparsa quanto mai azzeccata, considerando che il territorio marchigiano ospita alcune delle eccellenze innovative del made in Italy e che la regione si è dimostrata particolarmente attenta al tema dell’innovazione digitale, lanciando proprio a inizio settembre un importante pacchetto di incentivi per l’innovazione 4.0. Nell’ambito del Forum è stata presentata anche un’anteprima dell’Osservatorio sulle competenze meccatroniche in Italia, realizzato da Giambattista Gruosso del Politecnico di Milano, focalizzato sulle aziende del territorio marchigiano.

Telecontrollo e gestione delle utilities Il secondo appuntamento dell’autunno è il Forum Telecontrollo – Reti di pubblica utilità, la mostra convegno itinerante dedicata alle tecnologie per il monitoraggio e il controllo delle reti di pubblica utilità, delle città e dell’industria, che fa tappa quest’anno il 24 e 25 ottobre al Palazzo della Gran Guardia di Verona. «Quest’anno a Verona guarderemo oltre i problemi quotidiani e getteremo le basi per un percorso di lungo termine», ha spiegato Antonio De Bellis, presidente del Gruppo Telecontrollo, Automazione e Supervisione delle Reti di Anie Automazione. La convergenza tra Information Technology e Operational Technology ha un enorme potenziale di impatto, per esempio nella gestione delle utilities. «Un conto è gestire un processo dove un utente di un sistema di telecontrollo prendeva decisioni e azioni, interagendo con il campo grazie alla mediazione di interfacce uomomacchina; altro discorso è disporre di macchine basate su intelligenza artificiale, che alimentate da tante ed utili informazioni, forniscono risposte utili per decidere ed agire, quando addirittura non sono delegate a farlo in autonomia».


Cyber security per una produzione “intelligente”

La lunga strada verso Sps Italia

Un’industria che voglia sviluppare il proprio potenziale competitivo e rispondere alle sfida di produzioni integrate, flessibili e sempre più connesse non può permettersi di sottostimare il rischio che l’interconnessione degli asset comporta: nell’era dell’industria iperconnessa qualsiasi dispositivo può trasformarsi da preziosa fonte di dati in un potenziale “pericolo”, un punto di accesso alla rete aziendale da parte dei cybercriminali. E non solo a causa di una scarsa protezione perimetrale: da una parte IoT e Cloud stanno allargando il perimetro aziendale, dall’altra è ormai assodato che spesso e volentieri gli attacchi arrivano anche dall’interno delle organizzazioni.

Dal 22 al 24 maggio 2018 si terrà l’immancabile appuntamento con Sps Italia, la fiera di riferimento in Italia per l’automazione. La strada per arrivare a questa data sarà però ricca di appuntamenti. Il primo è l’8 febbraio a Piacenza, dove si parlerà di applicazioni “non convenzionali” delle tecnologie di automazione, dallo Smart Farming 4.0 alle nuove frontiere della logistica.

All’importantissimo tema della cyber security industriale Messe Frankfurt Italia dedica una giornata a Milano, il 30 gennaio 2018, intitolata Ics Forum. Si parlerà di Cyber-Smart Manufacturing, partendo dall’assunto che la cyber security è un fattore fondamentale per una produzione che sia realmente intelligente. Si proporrà quindi un approccio che fonde cultura e tecnologie come fattori abilitanti di un’industria connessa e protetta.

Il 28 marzo, a Lucca, si discuterà invece di applicazioni delle tecnologie nei settori farmaceutico e cartario (su quest’ultimo settore quello di Lucca è un distretto industriale di grande rilevanza), con un focus particolare su qualità ed efficienza.

Il 28 febbraio a Verona si parlerà invece di Food Processing 4.0, puntando quindi i fari su un settore – l’alimentare – che rappresenta una parte importante del made in Italy di qualità.

Il 18 aprile infine tappa a Bari, dove si tornerà a parlare di meccatronica, automazione 4.0 e trasformazione digitale. f.c.

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Edizioni: A.S.A. S.r.l. - Via A. Scarsellini 13 - 20161 Milano - tel. +39 0245418.200 - fax +39 0245418.240 | Direttore Responsabile: dott. Giuseppe Bonacina | Riproduzione vietata - Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 334.1981.

TABELLE 1^ QUINDICINA DI SETTEMBRE 2017 | Listino Prezzi Materiali di Interesse della Meccanica Varia N. 719 (Piazza di Milano)

EFFICIEN ENER


ZA & RGIA

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EFFICIENZA&ENERGIA

Sfruttare il calore dei processi energivori per un pianeta piĂš pulito I turbogeneratori progettati e prodotti da Turboden sfruttano il calore per generare energia elettrica e termica da fonti rinnovabili, da combustibili tradizionali e da recupero di calore di scarto da cascami termici in processi industriali di Carlo Fumagalli

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Il Ceo di Turboden Paolo Bertuzzi: Italia spinga su efficienza energetica nei processi energivori, servono politica industriale e piattaforme per investire

«L

a prima volta in cui conobbi Turboden era un semplice appartamento in affitto davanti alla stazione di Brescia», ci dice – mentre ci accompagna per i corridoi dell’azienda – Marco Baresi, Institutional Relations Director dell’azienda bresciana, parte del gruppo Mitsubishi Heavy Industries, che oggi vanta oltre 350 impianti Orc (Organic Rankine Cycle) installati in 38 paesi diversi e dà lavoro a circa 260 addetti. Ed effettivamente l’azienda è nata così, da un’intuizione di Mario Gaia, professore al Politecnico di Milano, che nel 1980 inizia a creare i primi prototipi («nel sottoscala» dicono scherzando in azienda) della tecnologia che darà applicazione concreta ai propri studi di termodinamica. Il principio su cui si basano i turbogeneratori progettati e prodotti da Turboden sfrutta il calore per generare energia elettrica e termica da fonti rinnovabili (biomassa, geotermia, solare termodinamico), da combustibili tradizionali e da recupero di calore di scarto da cascami termici in processi industriali ad alte temperature, come inceneritori, siderurgie, cementifici, vetrerie, oppure piccoli cicli combinati abbinati a motori o turbine a gas. «Fino agli anni ’90 la società passa da un progetto di ricerca all’altro» spiega il Ceo Paolo Bertuzzi. Del resto forniva una tecnologia innovativa

ben prima che il mercato richiedesse soluzioni per l’efficienza energetica, «ma presto le unità Orc di Turboden prendono piede in progetti di cogenerazione a biomassa, a cominciare dai paesi in cui arrivano i primi incentivi per rinnovabili e generazione distribuita: come in Germania, Austria e Svizzera». Le soluzioni alimentate a biomassa sono le più diffuse nella storia dell’azienda. Ma è solo uno dei settori applicativi. Fra i molti, il mondo dell’oil&gas sta vedendo progetti

interessanti: «Per fare un esempio» spiega Marco Baresi, «stiamo lavorando a un progetto dedicato al recupero del flaring gas, oggi bruciato in torcia negli impianti», mentre applicazioni che stanno prendendo piede sono ad esempio in centri di rilancio del gas lungo le pipeline, anche in questo caso recuperando calore oggi disperso, per produrne energia elettrica. Lo stesso accade nell’heat recovery, nella geotermia, lo steam&power, nel waste to energy e il concentred solar power. Le case history interessanti non mancano. Nel 2011 l’intervento presso gli studi di Sky a Londra, che tramite un impianto di trigenerazione garantisce energia, calore e raffrescamento degli uffici. O ancora il caso del Terminal 2A e 2B dell’aeroporto di Heatrow, un lavoro capace di generare 1,8 MW di energia elettrica e 7,8 MW di energia termica. In Italia è da poco stato ultimato un ambizioso progetto con l’acciaieria

Turbogeneratore ORC Turboden

6 Impianto ORC geotermico Turboden in Germania 63 | settembre ottobre 2017


Nata da un’idea universitaria nel 1980, Turboden oggi vanta oltre 350 impianti Orc installati in 38 paesi diversi Ori Martin, nel quale la realizzazione di un impianto di recupero calore permette all’azienda di cedere l’energia prodotta alla rete di teleriscaldamento urbano di Brescia, mentre d’estate di generare energia elettrica per ridurre gli autoconsumi. Mentre un test importante è in corso con la Cementi Giovanni Rossi di Piacenza: «Sperimentiamo la tecnologia dello scambio diretto» spiega Baresi, «con la quale vogliamo eliminare l’impiego del circuito intermedio fra il processo e l’Orc, e fare in modo che il fluido all’interno dell’impianto evapori di-

rettamente a contatto con il calore». «Negli anni le dimensioni dei nostri progetti sono cresciute (da una media di 1 megawatt nel 2005 fino ai 15/20 megawatt attuali)» dice il Ceo Paolo Bertuzzi, «il nostro prossimo sforzo sarà trasformare le soluzioni che abbiamo implementato in best practice che possano essere replicate – con le opportune modifiche – in tutti i contesti industriali». Anche in questo senso va letta l’importanza di avere azionista di maggioranza una multinazionale come Mitsubishi Heavy Industries, «pur mantenendo

in questo contesto la flessibilità e la velocità di una Pmi italiana, qualità che viene apprezzata in ogni contesto» continua Paolo Bertuzzi. «A mio avviso il tema principale oggi è l’efficienza energetica nei processi energivori» spiega, «l’Italia dovrebbe spingere maggiormente in questo senso, dovrebbe diventare un laboratorio di soluzioni da esportare nel mondo». L’ostacolo maggiore da superare è probabilmente il payback degli interventi, che non sempre si sposano con le richieste della gran parte dei potenziali clienti. «Se si vuole che certe soluzioni di efficienza diventino diffuse, visti gli importanti obiettivi fissati in termini di emissioni, servono una politica industriale e piattaforme finanziarie che ne sostengano gli investimenti». È forse giunto il momento, insomma, per attuare un ammortamento per “l’iper-efficienza” dedicato alle industrie energivore.

Impianto ORC solare termodinamico Turboden in Italia.

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Il riscaldamento intelligente I sistemi ibridi combinano in un’unica soluzione le migliori prestazioni della singola caldaia a condensazione e della pompa di calore

L’

ibrido è tra le soluzioni tecnologiche più indicate in un contesto di riqualificazione energetica degli edifici e in uno scenario che va verso la minor dipendenza energetica. Questa la notizia emersa durante il convegno dal titolo “I sistemi ibridi di riscaldamento: un’eccellenza italiana in grado di cogliere le nuove sfide energetiche e ambientali” dello scorso 27 settembre promosso a Roma, presso la sede e con il patrocinio di Enea, da Assotermica, l’associazione nazionale dei costruttori di apparecchi e componenti per impianti termici. I sistemi ibridi per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria sono in grado di combinare in un’unica soluzione le

A Roma, con ENEA, un convegno di Assotermica per avanzare proposte agli interlocutori internazionali

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migliori prestazioni della singola caldaia a condensazione e della pompa di calore, grazie a una “intelligenza” che integra i due diversi sistemi. Il sistema permette di scegliere quale generatore di calore utilizzare sulla base di differenti parametri quali la temperatura esterna o la valutazione delle condizioni di funzionamento del generatore che in un preciso momento possa garantire la maggior economicità per l’utente finale. La realtà italiana esprime per questa tecnologia un’eccellenza a livello mondiale e il convegno ha saputo sensibilizzare tutti gli operatori e l’opinione pubblica sulle potenzialità del comparto. «Abbiamo avanzato proposte politiche ai nostri interlocutori istituzionali presenti in numero importante all’evento» afferma il Presidente di Assotermica, Alberto Montanini. «Il mercato degli ibridi è ancora di nicchia, ma i tassi di crescita sono sensazionali e proprio l’Italia è il Paese più effervescente in questo senso. Le tecnologie ci sono, l’efficienza è nel nostro Dna e il quadro legislativo delineato dalla nuova Strategia energetica nazionale può essere un’occasione da non perdere per gettare le basi di una più forte ripresa». Al convegno hanno partecipato, oltre a Enea, anche il ministero dello Sviluppo economico, il Gestore servizi energetici nonché alcuni membri delle Commissioni parlamentari di Camera e Senato ed esponenti di associazioni di riferimento quali Legambiente e Unione nazionale consumatori. Ciascuna delle istituzioni presenti ha un ruolo che, mai come in questa delicata fase di transizione energetica, è delicato in prospettiva di una crescita dell’intero sistema. Non da ultimo, l’evento ha ottenuto la partnership, in qualità di partner storici di Assotermica, del Comitato Italiano Gas e di Mostra Convegno Expocomfort. «Mce da sempre si fa portavoce delle tendenze innovative e delle eccellenze tecnologiche, che spaziano dagli impianti termici tradizionali a quelli più innovativi in materia di climatizzazione e produzione di acqua calda sanitaria, come appunto i sistemi ibridi di riscaldamento, fra le proposte più dinamiche ed efficaci in tema di efficienza energetica», afferma Massimiliano Pierini, Managing Director Reed Exhibitions Italia. «Soluzioni che grazie al connubio fra elettrico e termico rispondono perfettamente agli obiettivi di decarbonizzazione della nuova Strategia energetica nazionale, alle normative europee e alle necessità di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano ed europeo. Mce 2018 non rappresenterà solo un vetrina per queste nuove tecnologie ma sarà anche una preziosa occasione di informazione

Fra i partecipanti il 27 settembre anche il MiSe, Gse, politici di Camera e Senato, Legambiente e Unione nazionale consumatori per tutti i professionisti della progettazione e dell’installazione che hanno bisogno di aggiornamento costante per riuscire a seguire un mercato in forte trasformazione e promuovere una cultura di attenzione per l’ambiente e all’ottimizzazione dei consumi». È sempre bene ricordare che la climatizzazione invernale ed estiva e la produzione di acqua calda sanitaria contribuiscono per oltre l’80% ai consumi di una moderna abitazione e che il parco installato in Italia è ancora composto da molti apparecchi obsoleti. Non solo minori consumi quindi, in un’ottica di decarbonizzazione, ma anche un miglioramento della qualità dell’aria tra le priorità imprescindibili dell’Europa per la quale il settore rappresentato da Assotermica non si sottrae dalle proprie responsabilità e vuole giocare il proprio ruolo. Durante la giornata del 27 Assotermica ha presentato al pubblico la guida “La transizione energetica e il ruolo dei Sistemi Tecnologici Ibridi”, che si inserisce in un più ampio progetto denominato Assotermica Academy e dedicato alla formazione dei professionisti e alla diffusione di conoscenze sulle nuove tecnologie per il comfort. Il volume segue la precedente “Guida pratica all’installazione di caldaie a condensazione” e si propone di diventare un valido riferimento sulla tecnologia degli ibridi, con indicazioni di carattere tecnico, di mercato e legislativo. l.a.

Presentato al pubblico la guida “La transizione energetica e il ruolo dei Sistemi Tecnologici Ibridi”

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Fare squadra senza disperdere il proprio know-how Come si può proteggere le proprie conoscenze prima, durante e soprattutto dopo lo svolgimento di una collaborazione?

U

n vecchio adagio recita “l’unione fa la forza” ed è tutt’oggi un proverbio utile da tenere a mente anche in ambito industriale. È, infatti, risaputo che le joint venture o, più semplicemente, le collaborazioni tra società, sono il punto di partenza per aumentare la capacità produttiva delle aziende o per creare nuovi prodotti da immettere sul mercato. In altri casi la cooperazione tra imprese migliora la competitività, aprendo le porte di nuovi settori manifatturieri o di mercati esteri. Anche nell’ambito dell’industria alimentare si è potuto apprezzare l’effetto positivo generato dalle collaborazioni tra aziende, basti pensare alla notizia apparsa sul numero 709 de L’Industria Meccanica, nel quale si legge che Schneider Electric, società tecnologica francese, e Auteco Sistemi Srl, azienda attiva nel settore dell’automazione, hanno ideato una linea di produzione di biscotti stilizzata completa di tutte le principali fasi di lavorazione (si veda l’articolo “Smart cookie, il 4.0 dolce” a pag. 49 della rivista). Grazie a questa cooperazione, i produttori di biscotti potranno innovare la propria linea produttiva approdando all’industria 4.0. Allo stesso modo, Schneider Electric e Orva Srl, azienda di Bagnacavallo produttrice di piadine e prodotti da forno destinati alla grande distribuzione, hanno progettato e realizzato un sito produttivo con soluzioni di automazione a bordo delle macchine di processo (impastatrici, lievitatrici, forni e celle frigorifere). Il risultato di questa collaborazione è stato il raddoppio della capacità produttiva dell’azienda romagnola. In altri casi la joint venture tra imprese è stata la base per diversificare la produzione, garantendo così una maggiore competitività sul mercato. Si pensi all’alleanza tra Rummo SpA, uno dei maggiori pastifici italiani, e Molino Andriani SpA, primo produttore di pasta senza glutine: le aziende hanno costituito a Novara la società denominata Dietetic Ra, che produrrà per Rummo una vasta gamma di prodotti gluten free.

Non sempre basta il brevetto per tutelare le informazioni della propria azienda

di Matteo Mussi e Silvia Borghi*

*Matteo Mussi e Silvia Borghi dello Studio Lawtelier Avvocati Associati si occupano di proprietà intellettuale, diritto alla concorrenza e diritto commerciale.

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Scambi di informazioni Gli accordi di joint venture spesso sono anche il veicolo per esportare in altri Paesi prodotti tecnici e macchinari progettati su ordinazione, quali le macchine per il confezionamento e il processing. In questo senso, l’Istituto nazionale per il Commercio Estero (Ice), nella Guida al business negli Usa per le Pmi, consiglia alle aziende italiane produttrici di macchine alimentari di concludere accordi di collaborazione o di licenza con partner americani, al fine di avere un accesso immediato alla rete di vendita del partner e far così conoscere più efficacemente al mercato statunitense i propri prodotti. Come conseguenza della collaborazione tra imprese, queste ultime sono indotte a scambiarsi reciprocamente informazioni e conoscenze, ad esempio, sui rispettivi prodotti, procedimenti produttivi, clienti, fornitori, strategie di marketing. In altre parole, le joint venture tra società sono l’occasione in cui le aziende, scoprendo le proprie “carte”, mettono sul tavolo il proprio knowhow. Questo scambio reciproco di informazioni e conoscenze aziendali è del tutto fisiologico in quanto necessario per poter realizzare una partnership che sia veramente proficua, ma cosa accade, quando la collaborazione termina, alle informazioni e alle conoscenze che le due aziende si sono scambiate? Si pone infatti, in questi casi, un problema: il partner commerciale da cui ci separiamo è venuto a conoscenza di nostri segreti aziendali di cui potrebbe approfittarne a nostro danno. Come si può, dunque, proteggere le proprie conoscenze prima, durante e soprattutto dopo lo svolgimento di una collaborazione? In soccorso vengono anzitutto strumenti quali i brevetti: provvedendo, anzitempo, alla brevettazione di una propria innovazione, l’azienda si assicura una tutela che la garantisce anche in caso di joint venture che preveda la messa a fattor comune di tale innovazione. Sennonché, non tutte le informazioni e le conoscenze che costituiscono tipicamente il know-how di un’azienda sono tutelabili con un brevetto. Infatti, ci sono soluzioni tecniche o procedimenti che, ad esempio, non raggiungono il livello di originalità richiesto dalla legge per poter essere brevettati; oppure, il patrimonio di conoscenze può consistere in liste clienti, strategie di vendita e distribuzione, elenchi fornitori, tipologie di informazioni che tipicamente non rientrano di per sé tra quanto può essere oggetto di un brevetto. Ciò nonostante, anche quando le informazioni sono di tal fatta, l’azienda non è lasciata sprovvista di tutela, poiché, in presenza dei requisiti di legge, è sempre pos-

Prima cosa da fare: individuare con chiarezza i segreti aziendali riferibili a ciascuna azienda coinvolta nel progetto di collaborazione e prevedere accordi di riservatezza sibile la loro protezione sotto forma di segreti aziendali. Ai sensi dell’art. 98 del Codice della Proprietà Industriale, infatti, costituiscono oggetto di tutela le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, che: siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; abbiano un valore economico in quanto segrete; siano sottoposte, da parte del loro titolare, a misure ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete. In altre parole, la legge italiana accorda tutela al knowhow aziendale a condizione che si tratti di informazioni e conoscenze che siano state debitamente tenute segrete. È dunque evidente come la protezione di tale patrimonio di conoscenze, in caso di collaborazione con altra azienda, passi innanzitutto dalla prevenzione ossia dall’adozione, fin dalle prime fasi della joint venture, di misure di ordine pratico e giuridico finalizzate a mantenere la segretezza delle informazioni aziendali scambiate. Le prime tutele da mettere in atto Un primo accorgimento consiste nell’individuare fin da subito e con chiarezza i segreti aziendali riferibili a ciascuna azienda coinvolta nel progetto di collaborazione, così da evitare che, a progetto terminato, non si sia più in grado di capire chi sia stato l’autore di certi procedimenti produttivi, chi abbia studiato una certa strategia di marketing oppure chi abbia sviluppato un certo business method. In tal senso, è utile descrivere analiticamente nell’accordo di collaborazione il know-how appartenente

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È possibile inserire nell’accordo di partnership un espresso patto di non concorrenza a ciascuna azienda, ad esempio allegando le liste clienti, le liste dei fornitori, i manuali operativi, gli schemi produttivi e tutte quelle altre informazioni che rientrano tra i segreti aziendali e che verranno messi in comune. L’individuazione e la fissazione per iscritto dei segreti aziendali ha, peraltro, lo scopo di far emergere e configurare le informazioni come un vero e proprio asset dell’azienda e non come semplici conoscenze che vengono tramandate oralmente da un lavoratore all’altro. In aggiunta, nei contratti di collaborazione o a latere degli stessi, è possibile prevedere accordi di riservatezza, in base ai quali le parti si impegnano a fare in modo che i rispettivi segreti aziendali siano conoscibili solo da un numero ristretto di persone fidate e al solo scopo di realizzare il progetto di collaborazione. Gli accordi di riservatezza possono anche essere arricchiti dal divieto, per entrambe le parti, di depositare marchi, brevetti o altre privative di diritto industriale con riferimento alle informazioni aziendali apprese durante la joint venture. A ciò si aggiunga che l’efficacia dell’accordo di riservatezza può essere protratta anche dopo la cessazione della partnership e, in caso di violazione dell’accordo, si può prevedere l’applicazione di penali. Misure pratiche per proteggere il proprio know how Nel corso dello svolgimento della collaborazione, possono invece essere adottate misure di ordine pratico per garantire la segretezza delle informazioni aziendali, quali ad esempio l’impostazione di password per accedere a singoli file o a interi data base, il trasferimento di documenti solo su chiavetta/hard disk protetta da password o l’archiviazione di informazioni in data room virtuali. Sembrano accorgimenti banali ma, nella realtà, non tutti ne fanno uso: infatti, non è inusuale che, sebbene due società abbiano cessato i rapporti di collaborazione, una continui ad accedere ai data base dell’altra proprio per la mancanza di tali accorgimenti. Se non si ama fare ricorso a misure tecnologiche, basterà

marcare ogni documento contenente informazioni confidenziali con diciture quali, ad esempio, “segreto” o “confidenziale”, imitando una buona prassi che è largamente diffusa nei paesi anglosassoni. In questo modo, qualora fosse reso noto a terzi non autorizzati il documento top secret, sarebbe evidente a chiunque che è stato violato un accordo di riservatezza. E se l’informazione confidenziale fosse scambiata tra le parti verbalmente, ad esempio durante una riunione? Basterà che le aziende annotino su supporto durevole (ossia in un documento cartaceo o su disco magnetico), di norma redigendo un verbale della riunione, che sono state scambiate determinate informazioni ritenute confidenziali. Una volta che il rapporto di collaborazione sia terminato, è consigliabile che ciascuna azienda restituisca o distrugga i documenti, i compact disc, le chiavette usb e ogni supporto durevole nel quale siano presenti informazioni confidenziali. A questo scopo, si può prevedere già nell’accordo di riservatezza uno specifico obbligo di riconsegna o distruzione dei materiali contenenti segreti aziendali. Infine, per completare il cerchio delle tutele del know-how, è possibile inserire nell’accordo di partnership un espresso patto di non concorrenza, avente effetto dopo la cessazione della joint venture: il fine è impedire che l’ex partner commerciale, conoscendo “i segreti del mestiere”, inizi a svolgere attività imprenditoriali in concorrenza diretta o anche soltanto indiretta. In conclusione, se abbiamo protetto in modo adeguato i nostri segreti aziendali, facendo ricorso a misure del tipo sopra descritte, potremo vietare al nostro partner commerciale di acquisire, rivelare o utilizzare in modo abusivo tali informazioni riservate, ai sensi dell’art. 99 del Codice della Proprietà industriale. In assenza di tali accorgimenti – o di accorgimenti mal predisposti – difficilmente avremo un titolo da far valere, se del caso anche in giudizio, a tutela dei nostri segreti aziendali. Qualunque misura pratica o giuridica si decida di adottare, è in ogni caso consigliabile affidarsi a una figura professionale che sappia individuare correttamente i segreti aziendali e tutelarli nei modi più idonei: affidarsi al caso o a inesperti, rischierebbe di compromettere il know-how aziendale, quel tesoro inestimabile che ogni impresa conserva al suo interno.

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Una Food-Technology Lounge nel cuore di HOST

Foodservice Equipment Bread, Pizza, Pasta

Gelato, Pastry, Coffee

Coffee, Tea Bar, Coffee machines, Vending

Furniture, Technology, Tableware

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Padiglione 6 Stand A20 / B11

FOOd-tecHnOLOGy LOunGe


Federazione Anima, con le sue associazioni Assofoodtec, Fiac, Aqua Italia e Uida, l’associazione Efcem Italia e i partner Icim ed Eurovent, organizzano in fiera un calendario Una fiera in crescita di workshop e incontri business per le imprese

con un ricco calendario di workshop e incontri business gratuiti: aggiornamenti di settore e sinergie all’insegna di innovazione, internazionalizzazione e qualità. Per la filiera alimentare Anima rappresenta le aziende produttrici di tecnologie per food & water tramite le sue associazioni: Assofoodtec, Associazione dei costruttori di affettatrici, tritacarne ed affini, impianti frigoriferi, macchine per caffè espresso ed attrezzature per bar, macchine per industria alimentare; Fiac, Associazione fabbricanti italiani di articoli casalinghi; Aqua Italia, Associazione costruttori acque primarie; Uida, Unione imprese difesa ambiente. Efcem Italia, l’associazione che, in seno a Ceced Italia – Associazione nazionale produttori di apparecchi domestici e professionali – e a livello europeo in Efcem - European Federation of Catering Equipment Manufacturers - rappresenta il comparto industriale delle apparecchiature professionali per l’Ho.Re.Ca - attrezzature per la preparazione statica e dinamica, la refrigerazione, la cottura, la distribuzione, il lavaggio delle stoviglie e degli utensili, per il lavaggio e trattamento dei tessuti, per le macchine da caffè percolato - che vede l’Italia leader mondiale con una capacità d’esportazione che supera il 70%.

A

l via, da venerdì 20 a martedì 24 ottobre a Fiera Milano Rho, la 40esima edizione di HostMilano, l’appuntamento fieristico dedicato alle filiere Horeca, foodservice, retail, Gdo e hôtellerie. Nel cuore di Host, in questa edizione nel Padiglione 6 Stand A20/B11, trovano spazio le migliori tecnologie alimentari di Confindustria rappresentate da Federazione Anima con le sue associazioni e da Efcem Italia, oltre alle sinergie dei partner Icim ed Eurovent, nella nuova Food-Technology Lounge. Un’area di rappresentanza e promozione dei settori e delle attività per “fare sistema”

Già a cinque mesi dall’inizio della fiera, i numeri di Host Milano parlavano di un incremento dell’11,4% rispetto alla stessa data nell’edizione 2015. Numeri che, ha commentato Simona Greco, exhibition director della manifestazione, «confermano la centralità di Host nel panorama fieristico internazionale». Dimensione internazionale che si conferma nei 55 paesi rappresentati in questa edizione. Se si esclude l’Italia, il continente che potrà vantare il maggior numero di aziende sarà l’Europa (73,5%). Al vertice della top 10 delle nazioni straniere ci sono Germania, Spagna e Francia, subito seguite da Usa, Regno Unito, Svizzera, Grecia, Olanda, Portogallo, Austria. Saranno inoltre presenti più di 1.500 buyer da tutto il mondo, selezionati grazie alla collaborazione sempre più stretta con ITA - Italian Trade Agency: il 10% dei buyer è in arrivo dal’Europa, il 7% da Mediterraneo e Sudafrica, Medio Oriente (15%), Nord America (23%), Centro e Sud America (8%), Russia (18%), Asia e Oceania (19%).

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20-24 ottobre Fiera Milano Rho 9.30-10.30

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Host 2017 - food Technology lounge Calendario eventi - Pad. 6 Stand A20/B11 TIFQ Presentazione libro bianco Materiali e oggetti a contatto con alimenti – MOCA Pad.14, Sala K balconata, secondo piano

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EXPO & ME CATI l’industria meccanica 711 | 76


ORT ERI 77 | settembre ottobre 2017


EXPORT&MERCATI

Aprire uno stabilimento negli Emirati Arabi, cosa tenere d’occhio

di Nico de Corato* *Nico de Corato è consulente per l’apertura di attività in Free Zone negli Emirati Arabi. Collabora con progetti di internazionalizzazione di Anima. Per info: dubai@anima.it

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In quale emirato aprire? In Free Zone o fuori dalle Free Zone? Tasse, lavoro, dogane. Costituire una società spesso non obbliga ad avere un ufficio fisico. Ma se invece il progetto di espansione include l’apertura di uno stabilimento le cose cambiano.

C

ostituire una società, oltre a essere un passaggio necessario per iniziare un qualsiasi tipo di attività negli Emirati Arabi, è relativamente lineare quando si parla di servizi (anche complessi), consulenza o trading. Quindi aprire un ramo d’azienda che si occupi dello sviluppo commerciale, piuttosto che avviare una newco specializzata nella “progettazione tecnica” (salvo poi subappaltare alla casa madre la realizzazione), oppure ancora aprire una trading company che si occupi di fare import/export di prodotti, si può spesso ricondurre alla costituzione di una Free Zone Company, spesso senza neanche l’obbligo di avere un ufficio fisico. Se invece il progetto di espansione include l’apertura di uno stabilimento, piccolo o grande che sia, le cose cambiano. Innanzi tutto ci si ritrova davanti a due scelte strategiche da fare a monte: in quale emirato aprire? e poi, aprire in Free Zone o aprire fuori dalle Free Zone? Ad esempio tutte le aziende direttamente coinvolte nell’oil&gas (parliamo dei main contractor) devono essere costituite ad Abu Dhabi e in molti casi si prevede che il 100% della quote sia intestato a un cittadino emiratino o a più cittadini emiratini. Mentre ad esempio aziende pur coinvolte nel settore dell’oil&gas, ma sub-contractor di altre realtà già accreditate potrebbero comunque aprire in altri emirati o in Free Zone. Ma senza andare troppo nello specifico delle differenze tra emirato ed emirato, analizziamo le principali differenze tra l’avviare una realtà industriale in Free Zone e fuori. La licenza industriale va richiesta da tutte le società che hanno come obiettivo la trasformazione (manuale o automatizzata) di materie prime o semilavorati in prodotti finali. Può essere richiesta presso il Department of Economic Development (Ded); potrebbero essere necessario richiedere autorizzazioni addizionali alla Municipality dell’emirato in cui si effettua la richiesta (dalla

Dubai Municipality ad esempio) o da altre istituzioni, a seconda dell’attività. Ad esempio le aziende del settore finanziario richiedono un approvazione dalla Banca Centrale (Central Bank of the Uae), le società coinvolte nella lavorazione dei metalli preziosi devono essere registrate presso la Emirates Golf Refinery, le aziende del settore medico e farmaceutico richiedono approvazione dal Ministero della Salute (Ministry of Health), e così via. In ogni caso per aprire una licenza con il Ded (questo vale non solo per le licenze industriali) è necessario individuare uno sponsor locale, cioè un socio emiratino che sulla carta avrà il 51% delle azioni. Comprensibilmente la suddivisione delle quote 49/51 a favore di un ipotetico socio locale, fa scattare campanelli d’allarme e suscita notevole diffidenza in questa soluzione. Ma cedere il 51% delle quote non vuol dire cedere pari quota dei profitti; l’accordo economico viene fatto a latere, e l’imprenditore può definire con lo sponsor il riconoscemento di un fisso annuale, di una percentuale sui profitti o un mix dei due. Avere un partner locale, vuol dire però anche avere un socio coinvolgibile nelle attività di routine (amministrative, burocratiche, commerciali) e straordinarie (ad esempio il business development iniziale, la definizione della strategia commerciale da implementare nella prima fase di attività). Se tuttavia si preferisce iniziare con una soluzione senza socio locale, si può optare per una Free Zone Industriale. Varie sono le Free Zone dove è possibile ottenere una licenza industriale: Ajman, Dubai Industrial Free Zone, Dubai Investment Park, Khalifa Industrial Zone Abu Dhabi, e altre ancora. Ognuna con costi e procedure diverse l’una dall’altra. Il principale svantaggio di avere uno stabilimento in una Free Zone risiede nel non poter commerciare direttamente con gli Emirati Arabi; per poter eventualmente di Mauro Ippolito, Wings Partners

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vendere i prodotti realizzati in Free Zone all’interno degli Emirati, bisogna affidarsi ad un agente locale emiratino (con società registrata quindi col DED) che ci rappresenti sul territorio. All’esterno del Paese, invece, è possibile distribuire i propri prodotti liberamente (purchè in linea con le normative locali vigenti).

Non tutte le imprese avranno bisogno di registrarsi ai fini dell’Iva

Introduzione dell’Iva Fino ad oggi famosi per essere uno stato tax-free, gli Emirati Arabi proseguono il percorso che li ha portati fuori dalla black list e dal 1° gennaio 2018 introducono l’Iva: un enorme cambiamento nel panorama economico e finanziario. La decisione di introdurla negli Emirati Arabi (ma nel giro di alcuni anni anche altri Paesi del Golfo potrebbero adottarla) è mossa dalla volontà di diversificare l’economia regionale ed emanciparsi dai proventi del petrolio. Non tutte le imprese avranno bisogno di registrarsi ai fini dell’iva, e il governo potrebbe anche prendere in considerazione di mantenere esenti le Free Zone. Il ministero delle Finanze, infatti, ha confermato che le imprese con un fatturato annuo compreso tra 187.500 e 375.000 Aed possono scegliere se registrarsi o meno, mentre quelle con meno di 187.500 Aed resteranno per ora esenti; tuttavia, i dettagli sono ancora in via di definizione. Le aziende che dovranno iscriversi al registro Iva, potranno farlo a partire dal terzo trimestre 2017 e non oltre il 31 dicembre 2017; saranno resi noti in tempo tutti i requisiti. Quindi è una situazione in continua evoluzione e merita continui aggiornamenti. Il cambiamento ha implicazioni di vasta portata, sia per le imprese nella regione che per le società di servizi e professionisti in contabilità e gestione delle finanze. Allora, che cosa significherà l’Iva per le imprese negli Emirati Arabi? Si tratta di un argomento complesso e piccoli dettagli sono ancora in fase di elaborazione ma il quadro è abbastanza chiaro. L’imposta sarà fissata al 5% ma saranno esenti prodotti alimentari di base, istruzione e assistenza sanitaria. Come anticipato prima, anche se le grandi aziende, le Pmi e le piccole aziende familiari hanno tutte passività potenziali, solo le società con ricavi per un importo specifico importante annuo dovranno registrarsi per legge. Le imposte sui redditi delle persone fisiche restano assenti nemmeno a titolo di ritenuta alla fonte.

- il visto residente (che oltre ad avere un costo può avere un deposito cauzionale, a seconda dell’emirato e della free zone) - l’assicurazione medica - l’alloggio (nel caso di cantieri questo si traduce in container adibiti ad unità abitative) - il trasporto da/verso il luogo di lavoro Gran parte della manodopera è di origine asiatica (indiani, pakistani, bengalesi, filippini); mentre il middle management è in genere asiatico o arabo ma con un buon livello di inglese (per poter interagire sia con la manodopera sia con il top management, in genere arabo o occidentale), con stipendi sensibilmente più alti e magari alcuni benefit. Quando invece si cercano manager occidentali da inviare negli Emirati il trattamento economico cambia; spesso a chi si sposta viene offerto un pacchetto benefit di tutto riguardo: auto, casa (la spesa più onerosa), telefono aziendale, assicurazione medica estesa anche alla famiglia, scuola pagata per i figli (anche questa spesa importante). O in alternativa uno stipendio tale da mantenere tutto questo, sebbene gli stipendi oggi si stiano livellando e oggi – a meno che non si parli di top manager – pacchetti full benefits sono comunque meno comuni. D’altro canto non ci sono contributi da pagare; è come se al dipendente venisse dato direttamente il lordo o giù di li. Solo le imprese che impiegano cittadini con passaporto emiratino sono obbligate a versare agli stessi una quota del salario, corrisposto in appositi fondi pensione. Questa quota ha diverse percentuali e sono basate sui salari ricevuti: per i datori di lavoro pubblici è del 15%, per i datori di lavoro privati è del 12,5%, per i dipendenti è del 5%. Per quanto riguarda i valori economici degli stipendi, tutto è fonte di trattativa tra datore di lavoro e dipen-

Costo del lavoro Se è vero che il costo della manodopera è relativamente basso, non va sottovalutato che il datore di lavoro deve fornire:

Una delle spese maggiori da sostenere è il costo del capannone, degli uffici e degli appartamenti

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dente, non ci sono contratti collettivi. Abbiamo però riportato nei riquadri dei valor di riferimento. Costo immobiliare Il costo del capannone, così come quello degli uffici e degli appartamenti dei manager, è uno dei costi maggiori: il real estate (commerciale, residenziale o industriale che sia) a Dubai costa. Se ci si sposta, si risparmia, ma neanche poi tanto. E anche qui non ci sono medie di mercato: possiamo trovare due capannoni identici, nella stessa zona, l’uno al doppio dell’altro. Tutto è fonte di trattativa tra compratore e venditore ovvero tra proprietario e affittuario; quindi l’unica indicazione sempre valida è che prima di confermare un’opzione, dedicate tempo a vedere quante più soluzioni possibili. Come informazione generale si può dire che in genere l’acquisto (per chi ha disponibilità) in genere conviene rispetto alla locazione (anche perchè i contratti sono tendenzialmente su base annua); inoltre non in tutte le zone degli Emirati Arabi è possibile acquistare. Sdoganamento e documenti di importazione Ispezioni efficienti e pratiche doganali puntuali e celeri fanno degli Emirati Arabi un hub ideale. La tassa di importazione è pari mediamente al 5% su tutte le merci e possono essere addirittura esclusi per determinate categorie di prodotti (per esempio, in caso di importazione di materiali da utilizzare per la produzione di beni da riesportare). Alcuni prodotti sono soggetti a dazi diversi, come il tabacco (100%) e vini ed alcolici (50%). Ai fini dello sdoganamento sono necessari i seguenti documenti: documento di trasporto (Cargo Bill); buono di consegna (Delivery Order); distinta dei colli (Packing List); certificato di origine dei prodotti (Certificate of Origin); lettera di autorizzazione (Authorization Letter); Customs Card. In definitiva prima di avviare un progetto di espansione industriale è sempre bene condurre uno studio di fattibilità e il relativo business plan. O meglio ancora prendere un primo contatto meno impegnativo con un ufficio commerciale, salvo poi delocalizzare o ampliare la produzione in loco.

La tassa di importazione è pari mediamente al 5% su tutte le merci, per alcune categorie di prodotti è esclusa

Job Title

Monthly salary in AED (2015-16)

Accountant

3,000 - 20,000

Airline Pilot (Captain)

30,000 - 50,000

Business Development Manager

10,000 - 20,000

Bar Manager

5,000 - 25,000

Cabin Crew

7,000 - 14,000

Driver (Indian school)

1,500 - 2,500

Director

50,000 - 70,000

Engineer (civil)

10,000 - 25,000

Engineer (mechanichal)

10,000 - 25,000

Engineer (software)

10,000 - 20,833

Executive Assistant

15,000 - 25,000

Interior Designer

17,000 - 65,000

Kindergarten Supervisor (western)

12,000 - 20,000

Labourer

600 - 1,500

Maid, Nanny

700 - 3,000

Marketing Manager

11,000 - 34,000

Nursery School Teacher

1,000 - 10,000

Office Manager

8,000 - 16,000

Operations Manager

13,300 - 42,500

Personal Assistant

2,000 - 25,000

Project Manager

12,000 - 75,000

Project Architect

20,000 - 30,000

Research Assistant

8,000 - 12,000

Commercial sales

5,000 -25,000

Sales Assistant in shops

1,500 - 2,500

School Principal (Indian schools)

7,000 - 12,000

School Principal (International schools)

25,000 - 45,000

Emirati Government School Teacher

24,000 - 34,000

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EXPORT&MERCATI

Anima e Farnesina, una firma per supportare la meccanica nel mondo Intervista a Nicola Lener, Vice Direttore centrale per l’internazionalizzazione del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale

I

l ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) e Anima, la Federazione delle associazioni nazionali dell’industria meccanica, hanno siglato la dichiarazione d’intenti per il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese della meccanica varia e affine. «La dichiarazione di intenti con Anima nasce dall’incontro del ministro degli Affari esteri Angelino Alfano con il Direttivo della Federazione lo scorso gennaio in cui si sono condivise idee e esperienze sul tema dell’internazionalizzazione, per un settore, quello

della meccanica, che vede l’Italia protagonista sul panorama internazionale», afferma Vincenzo De Luca, Direttore Generale per la Promozione del Sistema Paese del Maeci. «La collaborazione tra la Farnesina e la sua rete diplomatico-consolare e le associazioni che rappresentano le imprese incarna perfettamente la centralità della diplomazia economica e i suoi concreti e positivi risvolti per il tessuto produttivo italiano». Il Maeci favorirà la partecipazione propria e della rete diplomatico-consolare italiana a iniziative che abbiano

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come oggetto l’analisi di mercati esteri e l’individuazione di possibilità di business all’estero nei settori di interesse nei quali operano le imprese associate ad Anima. Questo è il cuore dell’accordo tra Maeci e Anima che sarà perseguito nei prossimi anni. «Riteniamo un privilegio poter siglare un impegno concreto con la Farnesina per favorire la promozione dell’industria meccanica italiana nel mondo», dichiara il presidente di Anima, Alberto Caprari. «È un segno forte di vicinanza delle istituzioni alle realtà industriale nazionale. Manifesta consapevolezza di quanto l’export sia importante per il nostro tessuto manifatturiero. Per poter continuare a produrre, ma anche vendere in Italia, è divenuto indispensabile sostenersi sempre più con le vendite internazionali e i dati Anima lo mostrano chiaro: ormai il 60% delle nostre produzioni esce dai confini nazionali. Nel 2017, le previsioni mostrano un notabile incremento del 2,5%, che infonde fiducia». Imprenditori, coinvolgete le ambasciate nello sviluppo del business Intervista a Nicola Lener, Vice Direttore centrale per l’internazionalizzazione del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale. Le informazioni utili all’export delle imprese sono raccolte su due piattaforme informative: - www.infomercatiesteri.it è il sito che monitora 126 Paesi su temi quali la politica, l’andamento dell’economia e le azioni bilaterali e la presenza italiana. - www.extender.esteri.it contiene informazioni su gare e anticipazioni di futuri progetti. I due portali sono alimentati dalla rete di ambasciate nel mondo, dagli uffici Ice e dalle Camere di commercio all’estero. Ci si iscrive indicando i paesi e i settori di interesse. L’azienda riceve via mail le informazioni richieste. Quali sono gli strumenti del Maeci a disposizione delle aziende per la valorizzazione dell’export? Gli strumenti sono di due tipi e seguono la specificità diplomatica: l’accompagnamento al business e il sostegno informativo come orientamento al mercato. Nelle lettere di incarico che gli ambasciatori ricevono è in-

dicato come fondamentale il sostegno da offrire alle nostre aziende. Vorrei invitare gli imprenditori a non pensare che le ambasciate non si debbano disturbare, ma a coinvolgerle nelle proprie attività e chiederne il supporto ogni qual volta occorra. Spesso le ambasciate sono chiamate in causa quando si verifica un problema, come un’unità di crisi. È importante coinvolgere le nostre strutture già nella fase di sviluppo del business per poter segnalare la presenza e ricevere assistenza. Il sostegno istituzionale, anche solo da supporto, a un evento promozionale può servire a far veder che accanto all’azienda c’è un Paese. Un’ulteriore declinazione è poter ricever informazioni utili, come le anticipazioni di piani di sviluppo e gare, che le nostre ambasciate sono in grado di ottenere. Gli ambasciatori hanno interlocutori locali a livello economico, sociale e culturale. Quali sono i mercati più rilevanti per l’industria meccanica secondo la vostra visione? Per l’industria meccanica tra i principali mercati del 2016 troviamo partner tradizionali in ambito Ue, come Polonia, Germania, Spagna, Belgio, Francia e Inghilterra. Oltreoceano gli Stati Uniti sono il secondo paese export, la Cina al quarto, la Turchia al settimo posto, la Federazione russa al nono. Russia che ha perso il 21% nel 2016 ma nel 2017 c’è un incremento rilevante del 50%. Un altro mercato positivo è il Messico, con un

Export fondamentale per lo sviluppo della meccanica: il 60% della produzione esce dai confini nazionali

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20% di crescita nel 2016, così come la stessa Turchia con un 10%. Si tratta di mercati dinamici in un quadro in continua evoluzione. Le variabili geopolitiche sono determinanti. Basti pensare all’Iran, un mercato di nuovo aperto dopo la forte attenuazione dell’apparato sanzionatorio, anche se rimangono difficoltà per l’aspetto finanziario delle operazioni. Si sta lavorando su questo anche con Mef, Sace e Cassa depositi e prestiti. Interessante anche il mercato indiano verso cui si sono realizzate azioni promozionali nei mesi scorsi. In sede di cabina di regia per l’internazionalizzazione ci sono soggetti governativi e privati che per decidere su quali paesi investire in promozione, sulla base di due principali determinanti: le dinamiche geopolitiche e gli interessi delle nostre aziende. Come questo si traduce nelle micro imprese? Con la raccomandazione di confrontare il proprio progetto di business con chi sta in loco, come le ambasciate, anche prima di avviare l’attività. Come il Ceta può favorire l’industria meccanica? Il Ceta è un accordo commerciale di ultima generazione che non si limita solo alla riduzione delle barriere tariffarie ma prevede altre misure per agevolare l’accesso agli appalti pubblici, favorire gli investimenti reciproci, allineare gli standard tecnici per il riconoscimento delle figure professionali. Il Canada è un paese di interesse per la meccanica. Nel 2016 l’export ha raggiunto i 340 milioni di euro, con un calo congiunturale rispetto al 2015 legato ai prezzi del petrolio. Credo ci sia grande spazio in particolare per le tecnologie coinvolte nelle costruzioni e nelle infrastrutture. Il Ceta avvicina i due blocchi economici, canadese e italiano, così che le aziende possano investire più facilmente e essere ancora più presenti. Quali sono i Paesi più critici e come salvaguardare il proprio business? È difficile fare una lista. Bisogna considerare i parametri che mostrano criticità di ordine politico e criticità per la proprietà intellettuale. Stiamo lavorando per sensibilizzare le aziende sull’importanza di tutelare il proprio know-how. L’Ice ha istituito dei desk per la proprietà intellettuale e le ambasciate sono a disposizione. Siamo impegnati come sistema a rafforzare il marchio Italia. Riteniamo sia fondamentale ricondurre la meccanica all’Italia perché l’Italia anche nella meccanica significa prodotti di qualità, fatti bene e belli da vedere. La meccanica è la principale componente della nostra esportazione, anche se non è facile ricondurre all’Italia

CETA, il commento di Anima «Abbiamo bisogno di rinnovate relazioni commerciali e di mercati liberi», afferma Alberto Caprari, presidente di Anima/ Confindustria. «Il trattato può contribuire ad abbattere alcune barriere tra i Paesi, che sovente generano un impoverimento reciproco e, nel nostro caso, limitano la diffusione di buone ed efficienti tecnologie. Nel 2016 la meccanica rappresentata da Federazione Anima ha esportato in Canada un valore complessivo di 340 milioni di euro in prodotti, in calo del 5% rispetto al 2015. Negli ultimi cinque anni il Canada si è affermato come un partner importante per la nostra industria manifatturiera e, quindi, un Paese che apprezza le nostre tecnologie e macchinari. Auspichiamo pertanto che il Ceta renda ancora più agevole questo rapporto di collaborazione, che si è instaurato sulla stima reciproca e per la qualità delle competenze specifiche».

i prodotti della meccanica, come è ormai acquisito peri beni di consumo ed in particolare per agroalimentare e abbigliamento. Credo che la chiave per la valorizzazione dei nostri prodotti, anche di quelli della meccanica, sia la loro riconducibilità ad una storia artigianale e industriale legati al nostro territorio e in quanto tali non replicabili. In quest’ottica la Farnesina ha varato un programma per la promozione integrata del marchio Italia, con una serie di iniziative che valorizzano congiuntamente la nostra produzione manifatturiera, la nostra tecnologia e la nostra cultura e la nostra qualità della vita, come nel caso della Settimana della cucina italiana o della Giornata Mondiale del design italiano. Si tratta di un approccio che mira a valorizzare anche il settore rappresentato da Anima, perché dietro un prodotto alimentare di qualità o un oggetto di design c’è sempre – anche se non appare – tanta meccanica. l.a.

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NEL CUORE DI HOST C’È

FOOD-TECHNOLOGY LOUNGE Lo spazio di riferimento delle tecnologie Made in Italy per Food e Ho.Re.Ca: aggiornamenti tecnici, normativi, iniziative per i mercati esteri e incontri business. Nella lounge vengono rappresentate le migliori tecnologie alimentari di Confindustria.

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Arriva il CETA: l’impatto dell’origine nella Global Value Chain

di Valentina Rubello, Easyfrontier

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Gli accordi di libero scambio rappresentano una delle forme più efficienti di interconnessione tra economie differenti. Ecco quello che c’è da sapere sul Rex. l’industria meccanica 711 | 88

e catene globali del valore (Gvc), frutto di un inevitabile processo di globalizzazione mondiale, sono da decenni sfruttate come forma efficiente di interconnessione tra economie di diverse dimensioni. All’interno delle Gvc, ciascuna impresa è libera di ricavarsi il proprio spazio nei processi produttivi o di approvvigionamento sulla base delle proprie specificità e punti di forza, e, al contempo, di esternalizzare verso terzi servizi e input risparmiando e mantenendo elevata la qualità dei propri prodotti. Le Gvc spostano il livello della competitività che passa da un piano locale/ nazionale a uno globale. In tale scenario globale sono coinvolti diversi player ed è fondamentale mantenere elevati i livelli di tracciabilità e trasparenza degli operatori economici per evitare l’attuazione di pratiche di commercio sleale che portino vantaggi a soggetti più scaltri a scapito di coloro che operano nel rispetto delle regole. In tale senso, il protezionismo e l’innalzamento di barriere verso altri paesi, non possono essere considerati una soluzione, lo ha ribadito il presidente della seconda economia mondiale, Xi Jinping, al 47° World Economic Forum tenutosi a Davos all’inizio di quest’anno e sostenendo che «Perseguire il protezionismo è come chiudersi dentro una stanza buia. Vento e pioggia possono pure restare fuori, ma resteranno fuori anche la luce e l’aria». Accordi di libero scambio, semplificazioni doganali, accordi di mutua cooperazione tra autorità doganali, sistemi di certificazione e autorizzazioni volte a premiare gli attori più virtuosi della Gvc, sono tutti strumenti messi a punto da legislatori e governanti per evitare il confinamento volontario in quella “stanza buia”, cercando al contempo di ridurre tutti gli oneri che gravano sulle aziende esportatrici a cui viene richiesta prova della tracciabilità della propria filiera produttiva. In questo contesto si inseriscono le prove


di origine preferenziale che rappresentano un vantaggio competitivo per le aziende e non sono da vedersi come un onere ma piuttosto come strumenti di rivalsa e leve competitive per operatori economici che intendano agire con trasparenza, dando tracciabilità della propria filiera produttiva e sfruttando pienamente le possibilità dategli dall’ampliamento delle catene globali del valore. Nello scorso numero si è parlato di prove dell’origine preferenziale e in particolar modo di dichiarazione a lungo termine del fornitore e di status di esportatore autorizzato (L’Industria Meccanica n. 710 pagg. 78-81 NdR), mentre solo un breve accenno è stato fatto allo status di esportatore registrato nella banca dati Rex. L’entrata in vigore del Ceta il 21 settembre – Accordo economico e commerciale globale tra Ue e Canada – ha posto i riflettori sul più recente e innovativo metodo di certificazione dell’origine fai-da-te scelto dall’Ue: il Rex, Registered Exporter System. Esportazioni preferenziali verso il Canada: Rex System Il Rex è un sistema di certificazione dell’origine dei beni istituito dalla Commissione Europea e reso disponibile dal 1° gennaio 2017 (art. 80 RE (UE) 2015/2447) il cui principio di base è quello dell’autocertificazione dell’origine da parte dell’esportatore tramite registrazione alla banca dati Rex. Ad oggi l’utilizzo di tale sistema è previsto per i Paesi beneficiari del sistema delle preferenze generalizzate (Spg), grazie al quale l’Ue ha accordato specifiche preferenze tariffarie a taluni paesi in via di sviluppo e il Ceta rappresenta il primo accordo bilaterale tra Ue e un paese terzo per cui è prevista la registrazione al sistema. Per poter esportare in Canada i propri prodotti usufruendo del beneficio daziario concesso grazie all’Accordo di libero scambio, l’operatore economico dovrà innanzitutto verificare che questi abbiano acquisito carattere originario Ue rispettando la regola – specifica per prodotto – riportata nell’allegato 5 del Protocollo sulle regole di origine e sulle procedure di origine. Per quanto attiene alle prove di origine, nel Ceta non viene previsto l’utilizzo dell’Eur1 come ad esempio nell’accordo tra Ue e Corea del Sud. L’origine viene attestata tramite una dichiarazione di origine che può essere rilasciata su una fattura o su qualsiasi altro documento commerciale da tutti gli operatori per spedizioni di beni inferiori a 6.000 euro. Per gli esportatori che intendano esportare merci

di origine preferenziale Ue per un valore superiore a 6.000 euro, è previsto – ai sensi dell’art. 68 RE (UE) 2015/2447 – l’obbligo di iscrizione al sistema Rex. Ad oggi, tuttavia, il Rex non è ancora attivo e, a tal proposito, la nota dell’Agenzia delle Dogane del 14 aprile 2017 (Nota 45322 R.U.) ha chiarito che durante il periodo transitorio – che dovrebbe decorrere dal 1° gennaio al 31 dicembre 2017 – e fino all’entrata in funzione a regime del nuovo sistema “sono pienamente applicabili le procedure previste per gli esportatori autorizzati”. Con la nota n. 70072 del 15 giugno 2017, l’Agenzia delle Dogane ha diramato il documento sulle Linee guida sulle regole di origine entro l’ambito dell’Accordo economico e commerciale globale (Ceta) Ue/Canada in cui si specifica che “nel contesto del Ceta, gli esportatori dell’Ue hanno il diritto di stabilire una dichiarazione di origine utilizzando il loro numero di esportatore autorizzato come se fosse un numero Rex fino alla fine del 2017 nel caso in cui non siano ancora stati registrati dallo Stato membro interessato, ai sensi dell’articolo 68(5) del regolamento di esecuzione. Ciò è applicabile oltre la soglia di valore di 6.000 euro, dato che nessun numero è necessario al di sotto di tale soglia”. In buona sostanza ciò implica che, fino all’entrata in funzione del sistema Rex, gli esportatori che risultano essere già titolari di un’autorizzazione di esportatore autorizzato, potranno rilasciare dichiarazioni di origine su fattura richiedendo l’estensione dell’autorizzazione per il Canada. A seguire, con l’attivazione del sistema Rex, l’autorità doganale dovrebbe procedere automaticamente, a fronte di una richiesta di dati agli operatori, alla registrazione degli esportatori autorizzati nel sistema degli esportatori registrati, ma su tale fronte non vi sono ancora indicazioni precise. Per coloro che non dovessero essere titolari dell’autorizzazione di esportatori autorizzati, quando il Rex entrerà in vigore, sarà possibile diventare esportatori registrati presentando apposita istanza compilata conformemente all’allegato 22-06 del RE 2015/2447. Il lavoro di estensione della Gvc non si ferma qui: l’Ue ha concluso accordi (non ancora applicabili) con i paesi dell’Africa orientale, Singapore, il Vietnam e i Paesi dell’Africa occidentale. Nel 2013 i governi dell’Ue hanno incaricato la Commissione europea di avviare negoziati con il Giappone. Il 6 luglio 2017 l’Ue e il Giappone hanno raggiunto un accordo di principio sui principali elementi del futuro accordo di partenariato economico Ue-Giappone.

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flash interna

Fiere internazionali: Le collettive di Anima Per fornire alle aziende supporto e promozione sui mercati esteri, la Federazione Anima ha in programma una partecipazione organizzata in collettive di aziende, una soluzione per quanti vogliano ricercare nuove opportunità di business all’estero con un investimento contenuto, senza doversi occupare di problemi logistici e della fornitura di tutti i servizi necessari. IHE Iran Installation Hvac&R Exhibition - Tehran (2528 ottobre 2017) Adipec - Abu Dhabi International Petroleum Exhibition and Conference – Abu Dhabi (13-16 novembre 2017) Egyps 2018 - Il Cairo (12-16 febbraio 2018) MOC 2018 - Alessandria d’Egitto (17-19 aprile 2018) (Fonte: Anima)

Accordo di libero scambio UE - Corea. Indagine UE su attuazione Confindustria sta collaborando con la società Civic Consulting di Berlino incaricata dalla Commissione Ue (Dg Trade) di realizzare un’analisi sull’attuazione dell’Accordo di Libero scambio Ue – Corea. Tale valutazione è volta a fornire ai responsabili politici e agli altri soggetti interessati a livello dell’Ue e degli Stati membri una migliore comprensione dell’efficacia e dell’efficienza dell’Accordo in termini di raggiungimento degli obiettivi che si propone. Lo studio ha anche l’obiettivo di analizzare l’impatto dell’attuazione dell’Fta sullo sviluppo sostenibile nelle sue dimensioni economiche, sociali e ambientali, nonché sui diritti umani. Confindustria è stata individuata quale referente per l’Italia per fornire le informazioni sull’utilizzo dell’Accordo da parte delle nostre imprese e, in particolare, per segnalare eventuali problematiche riscontrate a livello operativo (procedure doganali, regole di origine, status

di esportatore autorizzato, clausole direct transportation e duty draw back). Al fine di poter fornire indicazioni puntuali per parte italiana, viene richiesto alle aziende del sistema confindustriale - che operino nel mercato coreano - di compilare un breve questionario. (Fonte: Sistema Confindustria)

Missione in India - New Delhi Confindustria, in collaborazione con Ice Agenzia e sotto l’egida del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e del ministero dello Sviluppo economico, organizza una missione imprenditoriale in India, a New Delhi, dal 3 al 5 novembre prossimi, in occasione della manifestazione fieristica “World Food India” che vede l’Italia partecipare in veste di Focus Country. L’iniziativa, che si inserisce nel quadro delle attività di follow-up a seguito della missione di Sistema di aprile 2017, sarà guidata dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, ed è interamente dedicata alla filiera della produzione e della trasformazione alimentare. (Fonte: Sistema Confindustria)

ADIPEC - Abu Dhabi International Petroleum Exhibition and Conference Adipec – Abu Dhabi International Petroleum Exhibition & Conference (13 – 16 novembre 2017) – è la più grande manifestazione fieristica del suo genere nell’area Mena (Middle East & Nord Africa) e viene annoverata tra i tre appuntamenti “da non perdere” per il settore oil & gas nel mondo. Adipec comprende una piattaforma espositiva di migliaia di aziende e una convegnistica che ospita centinaia di

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zionalizzazione relatori di alto livello ed esperti di fama internazionale. La merceologia riguarda gli ambiti che seguono: construction - compressors; it - security; pumps - valves; renewables - gas; drilling - corrosion; machinery - hse; engineering - marine; transport - maintenance. La collaborazione con Ice-Agenzia, presente in fiera con la superficie espositiva Punto Italia, dedicata alle imprese italiane, consente a L’Industria Meccanica (magazine ufficiale di Anima) di proporre alle aziende interessate di partecipare alla manifestazione grazie ad un esclusivo pacchetto che garantirà agli aderenti visibilità, occasioni di business e di networking. (Fonte: Anima)

How to do business with the international organizations - Roma Il prossimo 24 ottobre si terrà presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale l’evento dal titolo “How to do Business with the International Organizations” in collaborazione con la Rappresentanza Permanente d’Italia presso Onu Ginevra e dedicato alle opportunità di business derivanti dal procurement internazionale. Nel corso della giornata, esperti delle Organizzazioni Internazionali illustreranno opportunità, modalità e procedure operative da seguire per massimizzare la probabilità di vincere commesse. (Fonte: Istituzioni)

Economic partnership agreement EU-Japan Nota di aggiornamento Il 6 luglio, in occasione del Vertice Unione EuropeaGiappone svolto a Bruxelles, il Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, quello del Consiglio

Donald Tusk, e il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe, hanno ufficialmente annunciato il raggiungimento di un “Accordo Politico” relativo all’Economic Partnership Agreement EU-Japan. La conclusione di un Accordo, ancorché di carattere generale, rappresenta un indubbio successo per la politica commerciale europea sotto vari profili. - In primo luogo, con il ripiegamento protezionistico degli Usa e la loro uscita dal Tpp, l’accesso preferenziale al mercato giapponese costituisce un prezioso canale di sbocco per i beni e servizi italiani ed europei verso il mercato regionale asiatico e, insieme al Canada con cui la Ue ha recentemente concluso un’intesa, del Pacifico. - In secondo luogo, essendo il mercato giapponese assai densamente regolamentato, l’Epa dimostra che la Ue è in grado di superare positivamente gli ostacoli posti dagli elementi non tariffari, innalzando il livello di ambizione nei confronti dei partner oggetto di futuri accordi. - In terzo luogo, l’Epa rappresenta un posizionamento strategico fondamentale nello scacchiere globale, con un forte messaggio alla Cina ed ai paesi del Mercosur, e consolida il benchmark negoziale a cui Pechino e gli altri partner dovranno attenersi qualora intendano concludere un’intesa con la UE (come è il caso dei negoziato con il Mercosur, per il quale si intravede la possibilità di chiusura nel 2018). I vertici dell’Unione hanno definito l’Accordo come “il più importante mai concluso finora dall’Ue” in quanto non solo eliminerà la maggior parte dei dazi pagati dalle imprese europee per esportare i propri prodotti in Giappone, ma aprirà il mercato giapponese all’export agricolo e alimentare e farà nascere opportunità di collaborazione in settori prima off limits.

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(Fonte: Istituzioni)


Il successo mette in moto nuove idee.

Buyer esteri

Unica vetrina espositiva del settore in Italia

Ricco programma di convegni e seminari

5 Fiere leader

Innovazione tecnologica in mostra

International Trade Fair for Materials Handling, Intralogistics and Logistics

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L’azienda è specializzata in soluzioni all’avanguardia per la movimentazione di materiali Crown Equipment Corporation, con sede principale negli Stati Uniti, a New Bremen in Ohio, è sempre stata un’azienda a conduzione familiare, fin dalla sua fondazione nel 1945. Oggi Crown è una delle maggiori aziende al mondo specializzata in soluzioni all’avanguardia per la movimentazione di materiali. A livello internazionale, l’azienda possiede 18 impianti di produzione in 11 località diverse tra Stati Uniti, Germania, Messico e Cina. Una solida rete di oltre 500 punti vendita in 84 paesi garantisce la migliore assistenza possibile a livello locale. La sede europea di Crown è in Germania, a Monaco di Baviera, e funge da centrale amministrativa per il coordinamento delle attività di tutte le controllate Crown e dei numerosi concessionari aziendali presenti in Europa, Medio Oriente, Africa e India (EMEA). Da 30 anni, Crown costruisce carrelli elevatori presso la cittadina bavarese di Roding, nei pressi di Monaco, per distribuzione in Europa e sui mercati globali. Il nome Crown è sinonimo di design di prodotto pluripremiato, e di progettazione intelligente e all’avanguardia, così come di affidabilità comprovata, elevata produttività e un’assisten-

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Contenuto Redazionale

Crown in Europa, idee per migliorare

za clienti di qualità superiore. La principale priorità aziendale è stabilire un rapporto sostenibile e a lungo termine con i clienti. Oltre a una gamma completa di carrelli elevatori, Crown sviluppa e vende tecnologie pionieristiche di automazione e gestione del parco carrelli. Tali prodotti e soluzioni innovativi sono concepiti per fornire ai clienti un valore aggiunto concreto, aiutandoli a migliorare le prestazioni logistiche nel mondo reale e contemporaneamente a ridurre il costo totale di proprietà (TCO) nel magazzino. Una gamma pluripremiata di prodotti ad ampio raggio Il portafoglio di prodotti Crown comprende una versatile serie di carrelli elevatori robusti e di lunga durata, adatti praticamente a qualsiasi applicazione e settore industriale, dall’esclusivo e multifunzionale Work Assist Vehicle Wave a transpallet e carrelli retrattili, fino ai trilaterali per corsie strette e carrelli controbilanciati. Tutti hanno in comune l’impegno nei confronti dei massimi livelli di qualità, sicurezza e produttività, uniti a un’ergonomia e facilità d’utilizzo eccezionali. Crown si aggiudica regolarmente prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali per i suoi prodotti e soluzioni per la movimentazione di materiali. Tra i prodotti lanciati di recente sul mercato si distinguono gli innovativi carrelli elevatori a gas serie C-5; gli agili modelli elettrici a tre e quattro ruote della serie SC 6000 ad alto grado di versatilità; i transpallet con operatore a bordo RT 4000 e i carrelli multifunzionali MPC 3000, oltre all’ultima generazione dell’affidabile Wave. Nel 2016, i transpallet con operatore a bordo serie RT 4000 hanno ricevuto l’ambito premio IFOY Award di Carrello elevatore internazionale dell’anno nella categoria “Transpallet da magazzino”. Nel conferire questo prestigioso premio, la giuria indipendente di giornalisti del settore stimati a livello internazionale ha riconosciuto i vantaggi per il cliente forniti dal carrello. La sua forma ergonomica e compatta e le sue caratteristiche di sicurezza ben congegnate lo rendono ideale per le applicazioni a produttività elevata in spazi molto ristretti. Con il lancio di QuickPick Remote, Crown ha introdotto sul mercato una sofisticata tecnologia di commissionamento basata su un sistema di controllo a distanza integrato a un guanto da lavoro. Sviluppato internamente da Crown, il sistema migliora in modo significativo i processi di prelievo tradizionali,


Contenuto Redazionale

Crown espone alla fiera Intralogistica Italia 2018 aumentandone la produttività fino al 25%. Lanciato nel 2014, questo sistema di commissionamento si è aggiudicato una miriade di premi prestigiosi, tra cui IFOY Award, IF Design Award, German Design Award, Good Design Award e International Design Excellence Award (IDEA). Gli esperti del settore riconoscono costantemente la concezione altamente innovativa alla base di questo sistema di controllo a distanza, insieme alla sua eccezionale efficienza. Nell’aprile 2015, Crown ha ulteriormente migliorato il già efficiente sistema coprendo un’altra area di applicazione. La nuova versione di questo “guanto magico” è infatti in grado di sollevare e abbassare a distanza le forche dei sollevatori Crown serie ES 4000 e serie ET 4000. La Crown Insite Productivity Suite è una soluzione integrata per la gestione dei dati che fornisce ai manager del parco carrelli aggiornamenti dettagliati a 360° sull’intero parco in base a dati raccolti in tempo reale. La Suite unisce in un’unica soluzione integrata il fortunato sistema InfoLink di gestione del parco carrelli, vincitore del premio IFOY Award del 2013 nella categoria “Soluzioni per carrelli elevatori”, e il sistema FleetSTATS di gestione dei costi dei carrelli. Oltre a verificare e monitorare le funzioni del carrello, il sistema di controllo Access 1 2 3 di Crown fornisce un accesso sicuro protetto da codice PIN ai carrelli e agli aggiornamenti sul loro stato, insieme a un’esaustiva funzione di diagnostica integrata. Quest’ultima consente ai tecnici di testare i componenti, e di individuare e risolvere i problemi senza dover rimuovere le coperture o collegare computer portatili o dispositivi palmari.

europeo di Pliening, nei pressi di Monaco, da cui i componenti sono spediti in 24 ore direttamente ai veicoli dell’assistenza o presso il sito del cliente, raggiungendo tutti i principali mercati europei di Crown. Il processo di produzione europeo dei carrelli elevatori per la regione EMEA e altri mercati mondiali è ora interamente concentrato nello stabilimento di produzione di Roding, vicino a Monaco. Dal modesto esordio del 1986, quando lo stabilimento cominciò a produrre transpallet e componenti, oggi Roding si occupa della produzione dell’intera gamma, dai transpallet ai commissionatori orizzontali, fino ai carrelli retrattili con altezza di sollevamento fino a 13 metri. A metà del 2014, Crown ha inaugurato un nuovo impianto di produzione all’avanguardia, sempre a Roding, ampliando ulteriormente la capacità di questo sito chiave. L’azienda si impegna a migliorare costantemente i suoi stabilimenti di produzione, investendo nelle tecnologie di produzione più avanzate. Grazie a sistemi CAD/CAM all’avanguardia, Crown progetta e produce componenti come forche monopezzo, cilindri, componenti dei telai e montanti di sollevamento. L’impianto di Roding gestisce l’intero processo di produzione, fino all’assemblaggio finale, producendo persino le proprie macchine utensili. Roding ha spesso avuto un ruolo pionieristico tra gli stabilimenti della rete Crown: per esempio, è stato il primo impianto di produzione Crown a introdurre il sistema di verniciatura a polvere, nei primi anni ‘90. Per maggiori informazioni su Crown e le sue soluzioni per aiutare i clienti a ridurre i costi, migliorare la produttività e ottenere di più, è possibile consultare il sito web Crown e la sala stampa online.

Produzione Made in Baviera La produzione a integrazione verticale di Crown è unica nel settore: consente all’azienda di mantenere un controllo solido su qualità e sostenibilità dei prodotti, e di rispondere con flessibilità alle richieste più complesse e dettagliate dei clienti. Fino all’85% dei componenti utilizzati nei prodotti Crown sono sviluppati e prodotti internamente. Il design modulare dei carrelli elevatori Crown significa che i ricambi sono prontamente disponibili, poiché gli stessi componenti sono utilizzati trasversalmente su modelli e serie diversi. In Europa, i ricambi sono distribuiti da un hub centrale, il centro ricambi

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Merger & Acquisition: gli assets che pe(n)sano

no che va famoso». Chi mi parlava era l’amministratore delegato di un gruppo solido e di tradizione che ne aveva da pochissimo acquisito un altro, altrettanto solido e con un marchio importante. L’operazione si inquadrava in modo perfetto nella strategia espansiva dell’impresa acquirente, i numeri c’erano, gli asset anche, tranne uno, il più importante: le persone. Non mi si fraintenda, i dipendenti c’erano e in numero abbastanza adeguato, tuttavia molti – a tutti i livelli organizzativi – non riconoscevano l’autorità dei nuovi arrivati. In sintesi, la nuova impresa, così com’era messa, era ingovernabile. «Scusi, chi ha fatto la due diligence?», chiesi. «Diamine, quelli sono numeri. L’ho chiamata perché lei, al più presto, deve fare quello che avremmo dovuto fare mesi fa, prima di mettere le nostre insegne qui». Chiesi e ottenni carta bianca, nel senso che stipulammo un agreement che mi autorizzò a operare trasversalmente con riferimento unico all’Ad. Mi mossi, e scoprii che tre funzioni aziendali si erano trasformate, dopo l’acquisizione, in tre centri di potere. I tre dirigenti che le governavano prima dell’acquisizione erano stati licenziati e sostituiti con altrettanti manager provenienti dal gruppo acquirente.

Analizzare competenze e motivazioni delle risorse umane in gioco per puntare allo sviluppo del business. Un esempio concreto.

I tre nuovi si erano portati una pletora di collaboratori nei quali non riuscii a evidenziare nessuna particolare competenza adatta al ruolo; erano invece molto attivi nel creare fraintendimenti che incrinavano il dialogo tra produzione, logistica e post vendita. Al termine del mio intervento illustrai la mia proposta al board, il quale si divise in due fronti, caratterizzati l’uno dalla necessaria determinazione nel risolvere il problema e l’altro, diciamo, da «prudenza».

di Dante Ghisi

L

e operazioni di Merger & Acquisition che funzionano non perdono mai di vista lo sviluppo del business, che passa necessariamente anche attraverso l’analisi delle competenze delle risorse umane in gioco e delle loro motivazioni. Tale analisi va fatta ovviamente durante le operazioni preliminari, non dopo. Anni fa nel nostro Nord Est venne attuata un’acquisizione che lasciò il segno in un distretto industriale caratterizzato allora, e anche attualmente, da forte heritage manifatturiero. «Lei deve fare qui una di quelle cose per le quali mi dico-

Sappiamo che spesso dietro la prudenza si nasconde chi ravvisa scenari verso i quali conosce la propria inadeguatezza e che la prudenza così declinata porta inevitabilmente a graduale inesorabile insuccesso. Prevalse il coraggio: fra le azioni intraprese, vennero rimossi dall’incarico i tre dirigenti provenienti dal gruppo acquisitore e alcuni dei loro «collaboratori di fiducia». L’azienda non subì contraccolpi e ancora oggi rappresenta un esempio di integrazione di competenze. Al coraggio, ossia alla caratteristica fondamentale che differenzia i managers «committed» dai fruitori di retribuzione, dedico questo mio intervento.

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SICU REZZ AMB TE l’industria meccanica 711 | 96


ZA E IEN97 | settembre ottobre 2017


SICUREZZA&AMBIENTE

Climatizzatori, cosa fare quando diventano RAEE? Cosa cambia in base al tipo di uso, normativa in vigore e perché è essenziale riciclarli correttamente di Sabrina Suardi, Gruppo Safe Consorzi Ecoped, ecoR’it, Ridomus ed Ecopower per la gestione di Raee, pile e accumulatori esausti

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I

l rapporto tra uomo e clima non è mai stato facile e nel corso dei millenni si sono naturalmente alternate fasi di riscaldamento e raffreddamento globale, senza che con ciò si riscontrassero anomalie termiche proprie, invece, dell’ultimo periodo. L’uomo, si sa, ha un forte spirito di adattamento e, anche grazie all’elasticità del suo organismo, è sempre riuscito ad “acclimatarsi” all’ambiente circostante. Nell’ultimo secolo, poi, il progresso tecnologico ha fatto la sua parte, permettendo la regolazione della temperatura negli ambienti chiusi più vissuti come case, uffici e macchine e proteggendoci dalle varie intemperie stagionali. Che poi, al di là dei soliti luoghi comuni, non esistono davvero più le mezze stagioni. Da neve, pinguini e piumini si passa direttamente ai 40°C all’ombra, bermuda e mezze maniche… o no? Hip hip urrà per il condizionatore e il suo inventore quindi… Tal Willis Carrier che nel 1911 riuscì a sfruttare i passaggi di stato di un gas per ottenere una variazione di temperatura, dal caldo al freddo e viceversa, dell’ambiente circostante. In Italia, tuttavia, l’invenzione arrivò solo trent’anni dopo. Costosi, ingombranti e rumorosi, i primi modelli non erano di certo efficienti come quelli odierni. Si dovettero attendere gli anni ’90 del secolo scorso per il salto di qualità introdotto dal sistema “split” ad opera dei giapponesi. Oggi esistono in commercio due tipi di condizionatori: i “solo freddo” che, come dice il nome, permettono il solo raffrescamento, e quelli a pompa di calore che, invece, sono in

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grado anche di riscaldare aria e acqua sanitaria. A fronte di indubbi vantaggi sulla qualità della vita dell’uomo, un aspetto particolarmente delicato per il settore è sempre stato quello energetico, regolato a livello europeo attraverso l’obbligo di etichettatura che deve riportare la classe di consumo dell’apparecchiatura, da A+++ a D. Malgrado ciò che si è di solito portati a pensare, le nuove tecnologie, possono costituire un valido alleato dell’ambiente. Si pensi alle pompe di calore di ultima generazione che, sfruttando l’energia rinnovabile (aria, acqua, terra) ricavata dall’ambiente circostante, sono in grado di abbattere del tutto l’emissione di polveri sottili (PM10 e nanoparticelle) e di minimizzare i consumi di energia da fonti fossili. Ai vantaggi ambientali si sommano anche quelli economici, visto che in Italia sono previste varie forme di incentivazione, tra cui detrazioni fiscali e conto termico. Ma anche queste apparecchiature all’avanguardia hanno una data di scadenza e, prima o poi, divengono Raee (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche). Se non si vogliono buttare al vento tutti i vantaggi ottenuti con il loro utilizzo, fondamentale è gestirli in modo corretto. Le apparecchiature per la climatizzazione, infatti, possono contenere freon, nome commerciale con il quale si identifica una serie di composti chimici derivanti da metano ed etano, spesso chiamati in generale e impropriamente clorofluorocarburi (Cfc). I Cfc sono gas incolori e senza odore


contenenti cloro, fluoro e carbonio di cui da tempo è stata vietata la produzione e la commercializzazione (in Italia dal 31 dicembre 2008) a causa dei pesanti effetti registrati a danno dello strato di ozono. Stessa sorte toccherà agli Hfc (idrofluorocarburi), innocui per l’uomo e privi di cloro ma che comunque contribuiscono all’effetto serra. Ciò spiega la scelta della loro graduale riduzione, stabilita dal Regolamento 517/2014, iniziata nel 2015 con l’obiettivo di ridurre la loro immissione sul mercato del 79% entro il 2030, spingendo verso la scelta di gas refrigeranti sintetici a basso potenziale di riscaldamento globale, denominati “gas a basso Gwp”, o naturali. La responsabilità del corretto smaltimento di queste apparecchiature, così come previsto dal decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, grava sul produttore, inteso sia come colui che produce il bene, sia colui che lo importa. Tale responsabilità si esplicita attraverso il finanziamento delle operazioni di raccolta, trasporto, trattamento adeguato, recupero e smaltimento ambientalmente compatibile dei Raee. I produttori possono adempiere agli obblighi previsti in forma individuale, creando un sistema autosufficiente, oppure possono decidere di affiancarsi a un consorzio – in grado di fornire adeguata assistenza per tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa in vigore – per la gestione di questo tipo di rifiuti. Tra i vari compiti del consorzio c’è, primo fra tutti, l’iscrizione al Registro nazionale dei Produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche, al quale dovrà essere comunicato annualmente, in genere entro il 30 aprile, l’immesso

La distinzione fra Raee domestici e professionali non è di facile intuizione quando si parla di climatizzazione sul mercato italiano dell’anno precedente. Per facilitarne la raccolta differenziata, e una corretta individuazione, tutti i prodotti per la climatizzazione dovranno, inoltre, presentare il simbolo del “cassonetto barrato” (previsto dalla Norma EN 50419). Anche installatori, distributori e centri di assistenza sono coinvolti nel sempre più complesso Sistema Raee. Il decreto ministeriale del 8 marzo 2010, n.65, infatti, prevede che tali soggetti debbano assicurare il ritiro conosciuto come “1 contro 1”. In sostanza, al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura di tipo domestico, deve essere garantito il ritiro gratuito di quella giunta a fine vita. Ma cosa si intende per Raee domestici e Raee professionali? La distinzione non è sempre di facile intuizione neanche quando si tratta climatizzatori. In termini generali e di estrema sintesi, l’apparecchiatura che non è stata concepita ad uso esclusivo pro-

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fessionale si considera domestica. In termini più particolari, invece, nel settore della climatizzazione la discriminazione può essere condotta sulla potenza dell’impianto, per cui se essa è contenuta nei 12kw si considera domestico, se li supera, invece, si parla di professionale. Tale distinzione è di fondamentale importanza in quanto da essa dipende la diversa gestione del fine vita dell’apparecchiatura. L’industria dei sistemi di climatizzazione, proprio per il particolare settore in cui si trova ad operare e per gli importanti obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale della sua produzione, fin dal 2005 è stata chiamata a ripensare, attraverso la direttiva Ecodesign e sue successive modificazioni, alla progettazione dei propri prodotti, seguendo i precetti tipici della sostenibilità ambientale e dell’economia circolare. Un appello che non accenna a diminuire il suo eco visto che dal 1° gennaio 2018 sarà obbligatorio un ulteriore adeguamento ai nuovi parametri previsti in tema di efficienza energetica.


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SICUREZZA&AMBIENTE

La responsabilità estesa del produttore e la gestione dei Raee in Italia In cosa consiste l’Epr? È quella responsabilità che impone a chi produce un bene di avere cura su come sarà gestito il rifiuto derivante dal suo utilizzo e del raggiungimento degli obiettivi imposti dalla legge.

di Danilo Bonato, Direttore Generale Consorzio Remedia

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S

ebbene il nostro ordinamento intenda promuoverla, se volessimo ricercare una definizione formale per capire in cosa consista la responsabilità estesa del produttore (Epr), andremmo incontro ad un sicuro fallimento: il legislatore non ha normato al riguardo. Rivolgendo l’attenzione a livello comunitario, la situazione diverrebbe un pochino più chiara. Non solo perché l’Art. 8 della Direttiva 98/2008/ CE definisce alcuni contenuti minimi dell’Epr, ma anche perché l’Epr è stata introdotta in alcuni settori produttivi, tra cui quello delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee). Ciò, tuttavia, non basta a fare piena luce sul contenuto di questo regime di responsabilità. Esso a oggi rimane fluido, in quanto le norme vigenti si limitano a fornire solo alcuni esempi in merito alle misure adottabili. In cosa consiste, dunque, l’Epr? Una risposta può essere data in questi termini: è quella responsabilità che impone a chi produce un bene di avere cura su come sarà gestito il rifiuto derivante dal suo utilizzo e del raggiungimento degli obiettivi imposti dalla legge. Anche nel caso in cui il rifiuto finale sia stato prodotto da un soggetto diverso dal produttore del bene. Per essere più chiari: se una lampada si fulmina ed è da cambiare, dovrebbe prendersi cura del rifiuto non solo chi ha utilizzato la lampada, ma soprattutto chi l’ha prodotta e/o messa in commercio. Ma in che deve consistere questa “cura”? Secondo il legislatore europeo l’estensione dell’Epr può oscillare dal semplice obbligo di raccogliere i prodotti restituiti e/o i rifiuti che restano dopo l’utilizzo, fino a quello di garantire una percentuale minima del loro riciclaggio o prevenzione. Tali obblighi possono essere poi ac-

compagnati dal compito di informare i consumatori su come riparare, riciclare, recuperare o smaltire correttamente tale prodotto/rifiuto, oppure da quello di adottare programmi di prevenzione dei rifiuti fino a quelli di innovazione ecologica dei prodotti. Vista sotto una diversa prospettiva, l’Epr costituisce un modello di gestione dei rifiuti, più o meno esteso a seconda della portata del regime di responsabilità, che ha come immediato effetto quello di spostare i costi di gestione dei rifiuti dalla collettività al produttore di un determinato bene. Naturalmente se il produttore del bene è tenuto a farsi carico della gestione dei rifiuti dei suoi prodotti, questo costo potrà ricadere, almeno in parte, più sull’acquirente del singolo bene e meno sull’utente del servizio di igiene urbana. Gli effetti, in realtà, sono ben più complessi. Tali impegni, infatti, comportano costi in capo a produttori, sistemi di controllo, sanzioni per inadempienza etc., tutti elementi in grado non solo di incidere sul posizionamento delle aziende sul mercato, ma anche di orientare investimenti e strategie. Recentemente, anche alla luce di questi fattori, in Europa si è cominciato a discutere sulla necessità di inquadramento di questo istituto, definendo regole minime comuni per tutti gli Stati membri e allo stesso tempo incoraggiandone l’applicazione anche in settori produttivi finora esclusi. Molte di queste discussioni avranno una traduzione operativa con il nuovo Pacchetto europeo sull’economia circolare. La responsabilità estesa del produttore nel mondo Il tema dell’Epr ha cominciato a imporsi come principio delle politiche ambientali verso la fine degli anni

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’80, trovando crescente applicazione in molti paesi industriali. Una delle più rilevanti motivazioni a supporto della diffusione dell’Epr consiste, infatti, nella sua capacità di ridurre gli oneri per la pubblica amministrazione e i cittadini, di incrementare il riciclo dei materiali e di internalizzare in misura maggiore i costi ambientali nei processi di produzione e di consumo, penalizzando i prodotti meno virtuosi. E oggi possiamo dire che questo strumento ha permesso di ottenere interessanti risultati non solo in Europa, ma anche negli altri stati dove ha trovato applicazione. Secondo un recente studio pubblicato dall’Ocse, oggi nel mondo sono in vigore circa 400 regimi Epr, di cui il 75% sorti dopo il 2001. La maggior parte di questi sono di tipo obbligatorio, imposti dunque per legge, e solo una minoranza segue un approccio di tipo volontario. Il 35% riguarda il settore della piccola elettronica di consumo, seguito dai settore degli pneumatici (18%) e da quello degli imballaggi (17%). In Europa operano il 42% dei sistemi Epr, solo in Nord America il numero è più alto (48%). Circa il 70% dei sistemi Epr operativi nel mondo prevedono l’obbligo di ritiro dei rifiuti, spesso associato con un contributo ambientale obbligatorio (17%) o una cauzione (11%). Nella maggioranza dei casi i produttori rispondono della propria responsabilità attraverso i cosiddetti sistemi collettivi, in cui più produttori si uniscono per formare un’entità che provvede ad adempiere agli obblighi dell’Epr in loro vece. L’alternativa è quella del sistema individuale, in cui il singolo produttore si adopera per ritirare e gestire i rifiuti che derivano dal consumo dei propri prodotti. Il sistema collettivo ha indubbi vantaggi: non solo consente economie di scala, ma permette anche di rappre-


sentare meglio le esigenze dei consumatori, dei produttori e delle autorità locali, semplificando le operazioni, riducendo gli oneri, ma anche affrontando il problema dei “rifiuti orfani”, come ad esempio i cosiddetti Raee storici generati da apparecchiature vendute in passato da produttori che non sono più sul mercato. Inoltre, il sistema Epr può avere un unico sistema collettivo in cui convengono tutti i produttori, oppure più sistemi collettivi, anche in coesistenza con sistemi individuali. In genere, i sistemi collettivi sono soggetti non profit, anche se nel mondo non mancano alcuni esempi di sistemi collettivi sotto forma di società con fini lucrativi. Laddove esistono più sistemi collettivi o misti collettivi e individuali, vengono istituite delle strutture di coordinamento per garantire parità di condizioni per tutti gli operatori. Uno dei vantaggi attesi dall’introduzione dei sistemi Epr è quello della riduzione della produzione di rifiuti attraverso l’evoluzione dell’eco-progettazione dei prodotti. In Europa nel settore degli imballaggi, ad esempio, il singolo imballaggio in alluminio in 10 anni è mediamente dimagrito in peso del 17% e quello di carta del 18%, mentre di vetro del 10%. Più complessa, invece, è la misurazione dei benefici per le casse pubbliche, i quali tuttavia sussistono. Basti pensare che attraverso i sistemi Epr gli Enti locali vedono assicurate entrate dalla gestione delle attività di raccolta e, a volte, dalla cessione dei materiali raccolti in maniera differenziata, anche quando il prezzo delle materie prime è basso. Ma ancor maggiori sono i vantaggi economici e ambientali. I sistemi Epr, infatti, essendo finalizzati a garantire il rispetto di livelli minimi di riciclaggio, contribuiscono alla

riduzione di emissioni di gas ad effetto serra, diminuiscono il prelievo di materie prime dalla natura, incrementano l’occupazione, incentivano l’eco-progettazione e riducono l’incertezza dell’approvvigionamento di risorse specie per paesi, come il nostro, poveri di materie prime. L’Epr nella filiera dei Raee in Italia L’Italia ha introdotto la Responsabilità Estesa del Produttore in sede di recepimento della Direttiva 2002/96/ CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), avvenuto con il D.Lgs. 151/05. Più recentemente, il regime è stato parzialmente modificato dalla Direttiva 2012/19/UE, recepita con il D.Lgs. 49/14. L’Italia, come gli altri Stati membri, deve raggiungere gli obiettivi minimi di raccolta e di recupero/ riciclo dei Raee, a tale fine i produttori degli Aee si ripartiscono il relativo onere sulla base della rispettiva quota – in peso – dei prodotti immessi nel mercato. L’obbligo primario ricade in capo ai produttori di Aee, che a norma dell’art. 8 del D. Lgs. n. 49/14 sono tenuti a conseguire gli obiettivi minimi di recupero indicati dal legislatore e a versare il contributo necessario per adempiere agli obblighi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento imposti dal decreto medesimo. Tuttavia, per quanto attiene la raccolta dei Raee provenienti dai nuclei domestici, i comuni hanno il compito di assicurare la funzionalità e l’adeguatezza dei sistemi di raccolta differenziata per permettere ai distributori, agli installatori e ai gestori dei centri di assistenza tecnica di conferire gratuitamente i Raee da loro detenuti o raccolti nei centri di raggruppamento. In questo caso i produttori hanno l’obbligo di ritira-

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re i Raee dai centri di raccolta che ne facciano richiesta. In ogni caso, per realizzare gli obiettivi stabiliti dal legislatore, è consentito ai produttori di poter organizzare per proprio conto o mediante i sistemi collettivi la raccolta dei Raee domestici (art.


12, D. Lgs n. 49/14). Dal canto loro i distributori devono consentire ai consumatori di restituire gratuitamente al momento dell’acquisto un Raee di tipo corrispondente all’Aee acquistata e se dispongono di locali destinati alla vendita di superficie

superiore a 400 metri quadri di ritirare anche i Raee domestici di piccole dimensioni (inferiori a 25 cm). Questa ripartizione dei compiti fa sì che i costi sostenuti per la gestione dei Raee siano condivisi tra i produttori e altri soggetti coinvolti nella gestione dei Raee. Tutti i produttori, prima di immettere nel mercato apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee), devono iscriversi ad un apposito registro conservato presso le camere di Commercio e gestito dal comitato di Vigilanza e Controllo istituito presso il ministero dell’Ambiente. In sede di immissione delle Aee deve, inoltre, fornire un’idonea garanzia finanziaria. I produttori devono, altresì, assicurare che i Raee siano sottoposti ad un trattamento adeguato prima del loro recupero, produrre annualmente un piano di gestione, marcare al fine della loro identificazione le Aee immesse nel mercato, fornire informazioni agli utilizzatori in merito alla corretta gestone del rifiuto e agli impianti di trattamento dei Raee sulle modalità di preparazione per il riutilizzo e di trattamento. Il modello italiano prevede che i sistemi collettivi e individuali vengano previamente riconosciuti dal Ministero dell’ambiente: a tal fine devono assicurare di operare su tutto il territorio nazionale e essere in possesso delle certificazioni ISO9001 e ISO14001, EMAS o altro sistema di gestione della qualità equivalente. Il sistema collettivo assume tutti gli obblighi relativi all’Epr ricadenti sui singoli produttori aderenti e questi assolvono ai loro obblighi con il versamento del contributo allo stesso. Tale contributo può essere applicato sul prezzo di vendita della singola Aee ed evidenziato in fattura. Il fulcro operativo del modello ita-

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liano è rappresentato dal centro di coordinamento, un consorzio composto da tutti i sistemi collettivi di gestione dei Raee provenienti dai nuclei domestici e vi possono partecipare i sistemi individuali di gestione dei Raee domestici, nonché i sistemi individuali e collettivi di gestione dei Raee professionali. Due componenti nominati dal ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal ministero dello Sviluppo economico fanno parte del collegio sindacale. Il nuovo Pacchetto sulla economia circolare e le modifiche ai regimi Epr in discussione in Europa Dal dicembre 2015 è partito il procedimento per la riforma della disciplina sulla gestione dei rifiuti all’interno del cosiddetto “Pacchetto sull’economia circolare” elaborato dalla Commissione europea. Il testo, su cui sono chiamati a esprimersi anche il Consiglio e il Parlamento europeo, non è ancora conosciuto anche se, sulla base delle posizioni finora elaborate, si può affermare che un punto fermo delle modifiche sarà quello relativo alla definizione di criteri generali – minimi secondo il Parlamento europeo – sull’Epr. Questi criteri sono già in parte stati adottati dall’Italia, anche in sede di implementazione del regime Epr nel settore dei Raee, ma, laddove fossero riportati nella futura Direttiva, dovrebbero essere apportate delle modifiche al nostro ordinamento, anche rispetto ai regimi disciplinati da Direttive specifiche. Infatti, nel quadro delle disposizioni vocate all’individuazione di tali criteri, nella proposta di modifica vengono richiamate le direttive che impongono il regime Epr nei settori degli imballaggi, dei Raee, delle pile e gli accumulatori e dei veicoli fuori uso.


Berardi Bullonerie dalla tradizione all’innovazione a misura d’uomo

Inaugurata la nuova sede centrale a Castel Guelfo “Un’impresa che cresce deve cambiare continuamente”, spiegano dall’azienda, fondata nel 1919 da Giulio Berardi come piccola bottega nel centro di Bologna e oggi alla quarta generazione rappresentata dai fratelli Berardi Giovanni e Francesco (mancato da pochi anni ) che hanno dato nuova spinta all’azienda di famiglia portandola ai numeri attuali. Il quartier generale di via San Carlo 1 a Castel Guelfo (Bologna) occupa ora 10 Mila metri quadrati. I dipendenti nel 1980 erano 15, oggi sono oltre 200. Il fatturato di gruppo nel 2016 è stato di quasi 58 milioni di euro, con una crescita

Il Presidente Giovanni Berardi l’industria meccanica 711 | 106


I continui investimenti della Proprietà (10 milioni di euro sono stati impiegati per costruire la nuova sede) confer-

mano sia la chiara volontà di assicurare ai propri clienti il massimo supporto e un servizio sempre più mirato al soddisfacimento delle più svariate esigenze sia l’attenzione ai dipendenti e all’ambiente di lavoro. Cura, qualità del luogo di lavoro, luce e spazio rendono infatti l’ambiente particolarmente confortevole in generale per il centinaio di collaboratori che quotidianamente garantiscono i servizi del gruppo Berardi. Da rilevare che anche negli anni di crisi – quasi controcorrente - la Berardi è riuscita a contenere tutti i posti di lavoro, applicando invece la politica degli investimenti e arrivando anzi a aumentare il numero di dipendenti: solo tra il 2016 e giugno 2017 le assunzioni sono state una trentina “Sono questi i numeri che ci hanno spinto a raddoppiare l’attuale metratura”, osserva il Presidente della Berardi. La nuova sede è dotata di moderni impianti che utilizzano i metodi kanban e kanban up, sistemi logistici adattabili, appositamente concepiti per i clienti, riservati alla fornitura “Lean”. Per assicurare lo snellimento dei servizi erogati, l’offerta è stata migliorata tanto che i clienti possono monitorare costantemente i loro impianti logistici attraverso un apposito portale web che consente di rilevare gli articoli mancanti e inviare gli ordini direttamente con lo smartphone. Il sistema consente di abilitare più operatori (process owner) al rilevamento delle carenze, rendendo cosi autonomo l’approvvigionamento dei singoli reparti pur mantenendo il controllo su di essi, attraverso l’invio automatico di e-mail, con le informazioni sull’ordinato, al responsabile acquisti.

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dell’8% rispetto all’anno precedente, e quest’anno si conta di superare i 60 milioni. I magazzini del Gruppo sono sparsi in tutta Italia per servire più da vicino ben 7mila clienti con 45mila articoli a catalogo. E l’azienda sta anche allargandosi all’estero. “Abbiamo una rete di 12 depositi periferici più due aziende che sono entrate nel gruppo da qualche anno, Vibolt e Vitman, per un totale di 15 filiali. La prossima è in apertura in Marocco” dichiara il Presidente Giovanni Berardi. Si sta infatti lavorando per aprire un nuovo deposito in Marocco, dove già c’è un bureau.


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Industria 4.0 al Museo della Scienza e della Tecnica

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Il punto di vista di aizoOn

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L’attenzione alla protezione dei dati attraverso sistemi di controllo dei flussi dati verso l’azienda sta lentamente aumentando. Forse non ancora come le notizie di attacchi a livello mondiale e ad aziende italiane richiederebbero. Il 25 maggio 2018 entrerà in vigore in tutti i paesi europei il Regolamento Europeo sulla Protezione Dati. Le violazioni potranno costare multe da 20 milioni di euro.

Contenuto Redazionale

La partecipazione allo Speaker Corner dell’Assemblea ANIMA dell’11 luglio a Milano è stata un esperienza utile per aizoOn. I dati del Prof Marco Fortis hanno dato un messaggio di fiducia sul posizionamento dell’Industria Meccanica italiana a livello internazionale e il Piano Calenda, come illustrato dal Ministro, sta dando risultati concreti.

tri mirati a settori specifici come quelli ad esempio dei montaggi industriali e componenti per trasporto e trasmissione acqua. Di particolare rilievo a nostro avviso è stata la tavola rotonda organizzata da ANIMA. Aziende come Ariston Thermo ed Epta Group rappresentano bene il meglio della tecnologia italiana in settori specifici, attivi a livello mondiale. Ci sarà occasione prossima con le due aziende per presentare la piattaforma di Cyber Security Aramis. L’intervento di Fabio Moioli direttore divisione Enterprise Services di Microsoft ci ha confermato la crescita dell’interesse al miglioramento produttivo che il piano Industria 4.0 sta portando all’interno dell’Industria italiana. Ci fa particolarmente piacere che aziende citate come esempio da Moioli collaborino proficuamente da diversi anni con aizoOn. In sintesi, un bell’evento con una partecipazione molto qualificata, in una cornice suggestiva e molto appropriata come il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.

Il nostro punto di vista di operatori in grado di aiutare le imprese con le tecnologie abilitanti di Industria 4.0 è positivo. L’attenzione alla protezione dei dati attraverso sistemi di controllo dei flussi dati verso l’azienda sta lentamente aumentando. Forse non ancora come le notizie di attacchi a livello mondiale e ad aziende italiane richiederebbero. La storia di attacchi recenti a industrie della meccanica riportati nella presentazione di Patrizia Campi, Business Manager Cyber Security, al nostro Corner servono da stimolo ad affrontare il tema. Molte aziende presenti hanno dimostrato interesse e le incontreremo nelle loro sedi. Un aspetto interessante è l’occasione, segnalata da molte aziende presenti, del GDPR – General Data Protection Regulation – il Regolamento Europeo sulla Protezione Dati, che entrerà in vigore il 25 maggio 2018 in tutti i paesi europei. Le disposizioni rafforzano la protezione dei dati. Le violazioni al DGPR comporterannono pene severe, con multe che arrivano a 20 milioni di euro o del quattro per cento del fatturato globale, se superiore. Le aziende incontrate considerano il GDPR la priorità da settembre 2017: aizoOn è in grado di assisterle nell’intero percorso, fino all’adozione di sistemi che garantiscano la protezione da attacchi informatici. La nostra presentazione delle azioni possibili per il miglioramento del prodotto e del processo grazie a Industria 4.0 fatta dai nostri Data Scientist Francesco Volpi e Federico Bari ha stimolato interesse in particolare riguardo alla manutenzione predittiva degli impianti. Avremo a breve incon-

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recensioni

Extra Media. Immaginario collettivo e nuove leadership mediatiche

A cura di Enzo Argante in collaborazione con Orazio Stangherlin Ed. Egea Bocconi www.egeaonline.it Euro 15,00 Extra Media indaga sulle nuove dimensioni della conoscenza. Il mass media non c’è più. O perlomeno non c’è più quello tradizionale. Il sistema mediatico è stato ribaltato nella struttura, nei contenuti, nella distribuzione, nella relazione, nelle fonti e perché no nella credibilità. Siamo in regime Extra Media. Quali dimensioni, quale potenza esprime questo nuovo, sconfinato, territorio della conoscenza? Quali argomenti affrontano i social principalmente e con quali atteggiamenti? Ascolto e analisi delle conversazioni (Twitter, Instagram e Youtube). In Extra Media Orazio Stangherlin evidenzia i risultati di una ricerca svolta da Arcadia su “Studio, divertimento, motivazione!” Partendo dalle neuroscienze e arrivando ad attraversare il mondo della realtà virtuale

RUBRICA | Recensioni

Think simply. Il potere della semplicità Ken Segall Ed. FrancoAngeli www.francoangeli.it Euro 26,00

La semplicità attira clienti, motiva i dipendenti, consente di avere idee migliori rispetto alla concorrenza e rende i processi più efficaci. È probabilmente lo strumento più potente nel mondo del business. Eppure, è raro che le organizzazioni siano semplici. Ciascun leader ha un punto di vista affascinante su come la semplicità gli abbia consentito di potenziare la propria impresa e di distinguerla dalla concorrenza. Un libro, mai banale e ricco di spunti preziosi, per scoprire come fare del potere della semplicità la guida per qualunque attività: innovazione, organizzazione, vendita e comunicazione.

Sicurezza elettrica nei cantieri Manuele tecnico pratico Brunello Camparada Ed. Editoriale Delfino www.editorialedelfino.it Euro 22,00

Il volume è rivolto a tutti coloro che si occupano di sicurezza elettrica nei cantieri con l’intento di evitare infortuni elettrici ai lavoratori (dipendenti di imprese esecutrici o autonomi) operanti in un cantiere; può, quindi, interessare, oltre ai lavoratori, sia la catena gerarchica di un’impresa (datore di lavoro, dirigenti, preposti), sia i coordinatori per la sicurezza. Pertanto, lo scopo del volume è quello di fornire loro indicazioni per fronteggiare il rischio elettrico, ossia per fare in modo che esso non si traduca né in infortuni alle persone (che potrebbero essere gravi o addirittura mortali), né in incidenti alle cose; il volume, nelle sue parti finali, reca alcuni esempi tratti dall’esperienza dell’autore che da anni si occupa di sicurezza, non soltanto elettrica, nei cantieri.

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l successo di un’impresa, tradizionalmente, si considera fondato sulla costruzione della sua immagine esterna: un approccio che ha raggiunto la massima espressione nella valorizzazione del brand. La pura apparenza, tuttavia, sembra oggi insufficiente di fronte a consumatori che apprezzano e ricercano l’autenticità di un’impresa. La grande importanza assunta dalla CSR dimostra che l’azienda, prima di tutto, deve far emergere un modo di essere e che quest’ultimo ne condiziona direttamente il business. Questo libro non solo cerca di spiegare in cosa essa consista, ma ne isola una componente - l’identità culturale - che più di tutte entra in contatto con la percezione affettiva del pubblico. L’azienda che esprime compiutamente un’identità culturale sviluppa con le persone legami a un livello più profondo e autentico, che riemergeranno al momento dell’acquisto.

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Statistical survey on average tariff quotation for staff ’s services in Italy Sector mechanical and engineering industries

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ALL’ESTERO

SETTORE INDUSTRIA MECCANICA VARIA ED AFFINE January 2017

Statistical survey on average tariff quotation for staff ’s services abroad Sector mechanical and engineering industries

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TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale all’estero


TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale

nei Paesi europei ed extra europei

SETTORE IMPIANTI E COMPONENTI DI GRANDE DIMENSIONE PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA January 2017 Statistical survey on average tariff quotation for staff services in Europe and outside Europe Sector energy generation plants and large components

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TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni personale nei Paesi europei ed extra europei


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Janvier 2017

Enero 2017

Relevés statistiques des cotations moyennes des tarifs pour les prestations du personnel en europe et en dehors de l’europe Secteur installations et composants de grandes dimensions pour la production d’energie Estudio estadìstico de las cotizaciones medias de las tarifas por prestaciones del personal en europa y fuera de europa Sector instalacionesy grandes componentes para la producción de energía

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TABELLA N. 22 - 14 GENNAIO Costo| orario di un operaio del settore della meccanica generale TABELLA N. 22 - 2016 GENNAIO| 2016 Costo medio orario medio di un operaio del settore della meccanica generale


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91 | gennaio febbraio 2017

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TABELLA N. 22 - GENNAIO 2016 | Costo orario medio di un operaio del settore della meccanica generale


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TABELLETABELLE 1^ QUINDICINA | Listino Prezzi Materiali di Interesse della Meccanica N. 719 (Piazza di Milano) 1^ QUINDICINADIDI SETTEMBRE settembre 20172017 | Listino Prezzi Materiali di Interesse della Meccanica Varia N.Varia 719 (Piazza di Milano)

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TABELLE 1^ QUINDICINA DI SETTEMBRE 2017 | Listino Prezzi Materiali di Interesse della Meccanica Varia N. 719 (Piazza di Milano)


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TABELLE 1^ QUINDICINA DI settembre 2017 | Listino Prezzi Materiali di Interesse della Meccanica Varia N. 719 (Piazza di Milano)

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TABELLE 1^ QUINDICINA DI SETTEMBRE 2017 | Listino Prezzi Materiali di Interesse della Meccanica Varia N. 719 (Piazza di Milano)


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TABELLE 1^ QUINDICINA DI settembre 2017 | Listino Prezzi Materiali di Interesse della Meccanica Varia N. 719 (Piazza di Milano)

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