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MERCATO/TEMPI DI PAGAMENTO

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NOMINE/ITALGROB

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MERCATO/TEMPI DI PAGAMENTO

HORECA, MA QUANDO MI PAGHI?

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NEL FUORI CASA UN QUARTO DEI DEBITI COMMERCIALI VIENE SALDATO CON UN RITARDO SUPERIORE AI 30 GIORNI. INOLTRE, SOLO IL 18% DELLE FATTURE È LIQUIDATO ENTRO LA SCADENZA. NEGLI ANNI PASSATI ANDAVA ANCHE PEGGIO E UNO DEI MOTIVI DELLA MAGGIORE PUNTUALITÀ MEDIA È CHE CON LA PANDEMIA GLI OPERATORI FINANZIARIAMENTE PIÙ FRAGILI HANNO CHIUSO I BATTENTI

DI ALDO GALEONE

Inumeri non sono confortanti: in Italia

nel primo trimestre del 2022 un quarto dei debiti commerciali del settore Horeca è stato saldato con un ritardo superiore ai 30 giorni rispetto alla

scadenza delle fatture, soglia oltre la quale si accende la spia rossa dell’attenzione dei creditori. Il dato emerge dall’ultima elaborazione di Cribis sullo stato dei pagamenti nella filiera del food & beverage, una delle più importanti d’Italia. Cribis, che si occupa di gestione del recupero crediti in tutto il mondo e di analisi economiche, monitora 392.000 aziende dell’Horeca e ha quindi una visione ampia sul comparto. Importanti le differenze tra Nord e Sud:

nel Triveneto e in Emilia-Romagna i

pagamenti in forte ritardo sono solo il 14%, mentre il valore sale al 35% nelle regioni meridionali e

nelle isole. La media nazionale, cui si avvicinano il Nord-ovest e il Centro, quindi racconta solo in parte la realtà del commercio lungo la Penisola.

L’EREDITÀ DELLA PANDEMIA

In ogni modo, che indicazione si trae dal dato nazionale? Nonostante la percentuale di “sforamenti” pesanti rispetto alla scadenza sia molto alta, anche rispetto a ciò che succede in Europa, è comunque inferiore a quella registrata nello stesso periodo del 2021. E questo indica che l’Horeca sta lentamente tornando verso una normalizzazione dei rapporti con la filiera a monte, nella quale gioca un ruolo fondamentale l’universo dei grossisti, che fungono tipicamente da cuscinetto con l’industria alimentare e delle bevande.

Nel primo trimestre del 2021, infatti, la percentuale di pagamenti effettuati oltre i 30 giorni dalla scadenza contrattuale era pari al 32 per cento. Un valore chiaramente fuori controllo che ha segnato il momento di massima difficoltà dovuta a tutte le restrizioni patite da bar e ristoranti a causa del

Covid. E che ha, purtroppo, una coda di chiusure e fallimenti destinata a trascinarsi ancora per un po’ di tempo o addirittura ad accelerare, se l’economia dovesse entrare in recessione per effetto della guerra che sta portando alta inflazione e calo dei consumi.

IL CONFRONTO CON L’ESTERO

C’è anche da dire che

i pagamenti di bar e ristoranti effettuati entro la scadenza delle fatture hanno raggiunto il 18%, la più alta percentuale

degli ultimi anni. Non è certamente un valore da campioni, se si pensa che in Germania sono pari al 58% e toccano il 52% negli Stati Uniti. Anche la Spagna fa meglio di noi, con il 35% di pagamenti puntuali, ma il dato italiano contribuisce a disegnare un comparto che si sta riassestando dopo la pandemia, in

Trend dei ritardi oltre 30 giorni in Italia Food & Beverage, Q1 2019 – Q1 2022

11 ©2022

parte grazie alla fuoriuscita delle aziende più fragili che hanno chiuso o sono fallite.

Un fenomeno da non sottovalutare, perché se da un lato ha razionalizzato il mercato, dall’altro ha appesantito il conto economi-

co dei distributori Horeca. I quali storicamente si caricano sulle spalle l’onere di concedere ai pubblici esercizi lunghe dilazioni sui pagamenti e proprio per questo hanno visto svanire nel nulla parte dei loro crediti durante la pandemia.

LE RICHIESTE DI ITALGROB

Per cercare di attenuare il problema,

Italgrob ha chiesto di varare una forma di sostegno del settore delle

vendite all’ingrosso, non compreso nei ristori dal decreto legge Sostegni – bis, dopo l’esclusione dagli aiuti decisi dal governo Conte II, che hanno interessato solo bar, ristoranti e punti di consumo di vario genere. Per Dino Di Marino, Direttore Generale di Italgrob, la misura in grado di colmare le perdite subite a causa delle fatture mai saldate è un credito d’imposta pari al 30% delle svalutazioni iscritte in bilancio, con un tetto massimo di 30.000 euro per ogni azienda, indipendentemente dal volume d’affari sviluppato. Questa manovra dovrebbe valere 25 milioni di euro per il 2022, secondo le stime dei proponenti.

AIUTI SÌ, MA VINCOLATI

Le misure chieste ai decisori politici non si fermano a quelle che direttamente incidono sulla distribuzione all’ingrosso di cibo e bevande.

Italgrob ha anche evidenziato la necessità di una modifica degli aiuti al settore Horeca inseriti nel

Confronto internazionale HORECA, Q4 2021 Ritardi oltre 30 giorni

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©2022 decreto Sostegni – bis, erogati da un apposito fondo, perché il contributo a fondo perduto istituito con questo provvedimento non garantirebbe un reale rilancio dei pubblici esercizi, necessario per far ripartire tutta la filiera a monte. Tra le proposte, la creazione di una finestra temporale per l’accesso ai finanziamenti garantiti dal Fondo di garanzia fino al 31 dicembre 2022, l’allungamento dell’ammortamento di questi finanziamenti ad almeno 10 anni e il vincolo della destinazione dei fondi solo all’acquisto di merci, al pagamento di stipendi, tasse e utenze.

UVE SOLUTIONS

ROUTE TO MARKET DATA INTELLIGENCE

TRASFORMIAMO IL PROCESSO COMMERCIALE DI PRODUTTORI E DISTRIBUTORI DEL SETTORE FMCG VERSO UN MODELLO DI BUSINESS BASATO SULLA DATA INTELLIGENCE AUTOMATION.

Uve Solutions nasce 15 anni fa a Manresa in provincia di Barcellona, Spagna. Dopo una lunga carriera alla guida di progetti tecnologici per aziende del settore FMCG, Jordi Vila, CEO di UVE, comprese l’enorme difficoltà che esisteva nel settore HORECA e nei team commerciali di On Trade quando si trattava di pilotare la loro Route to Market. A differenza del Canale Moderno (Off Trade), l’HORECA tipicamente non ha accesso a strumenti di business intelligence ad alta granularità per definire, pianificare e misurare con precisione le azioni commerciali e di marketing. L’obiettivo di Jordi Vila, fin dalla fondazione di UVE, è stato lo sviluppo della tecnologia necessaria per fornire ai produttori e ai distributori del settore una visibilità completa del loro Route To Market attraverso il data intelligence.

UVE offre la migliore piattaforma tecnologica per la trasformazione digitale del Route to Market. Permette di automatizzare e governare il processo commerciale sulla base di dati aziendali reali, insight facilmente azionabili ed i migliori strumenti di esecuzione commerciale.

UVE si espande inizialmente in Spagna ed avvia un processo di internazionalizzazione nel 2017, anno di approdo in Italia dove oggi fornisce i propri software e servizi a diversi dei più importanti produttori leader, collaborando con più di 500 distributori. Partendo dalla raccolta, normalizzazione, trasformazione, conservazione in cloud ed analisi dei dati di Sellout abbiamo ampliato la nostra proposta alla gestione totalmente informatizzata dei transfer orders e più recentemente alla creazione di un’interfaccia completa che permetta ai grossisti di vendere i propri prodotti su piattaforme e-commerce e marketplace. A questo si aggiungono

soluzioni proprie ed integrate di e-commerce ed SFA, intelligenza artificiale, data science, geomarketing, integrazione di fonti dati esterne…

La nostra piattaforma, a differenza di altre soluzioni generiche presenti sul mercato, offre un unico ecosistema (all-in-one) che integra tutti i processi commerciali e transazionali per gestire perfettamente la distribuzione moderna e frammentata, sia diretta che indiretta. Disponendo di una soluzione verticale e di una tecnologia specializzata nel settore FMCG, incorporiamo una serie di vantaggi strategici per le aziende del settore:

- Tempi rapidi di realizzazione del progetto: le aziende raggiungono rapidamente gli obiettivi di implementazione. - Risparmio sui costi: le esigenze di sviluppo e manutenzione sono ridotte grazie al nostro modello collaudato ed al nostro team esperto. - Innovazione continua: sviluppo continuo della tecnologia per mettere a disposizione dei nostri clienti le ultime innovazioni del settore. La base della nostra cultura sono alcuni valori che consideriamo essenziali: Successo dei clienti: apportiamo costantemente valore ai nostri clienti per costruire partnership a lungo termine. We love tech: tecnologia e innovazione fanno parte del nostro DNA. Persone appassionate: formano un team appassionato, esperto del settore e impegnato per la soddisfazione del cliente. Eccellenza operativa: i nostri progetti sono un segno di qualità e si concentrano sull’eccellenza dei processi, sulla scalabilità e sull’anticipazione delle problematiche. Integrità: siamo un partner aperto e trasparente, la riservatezza dei dati è fondamentale per noi

Contatti: marketing@uvesolutions.com

MERCATO/TEMPI DI PAGAMENTO

ITALIANS DO IT LATER

IN UN PAESE IN CUI ANCHE LO STATO LA TIRA PER LE LUNGHE QUANDO SI TRATTA DI SALDARE LE FATTURE, IL CANALE HORECA NON POTEVA CERTO FARE ECCEZIONE. IL RISCHIO CREDITO È INSITO NEL RAPPORTO TRA DISTRIBUTORE ED ESERCENTE, CON DINAMICHE PARTICOLARI TUTTE DA RACCONTARE

DI DOMENICO APICELLA

Un popolo di santi, poeti, navigatori… L’autore di questa frase – che per inciso è Benito Mussolini – non pensò di aggiungere all’elenco “buoni pagatori”. Aveva ragione. In

quel campo noi italiani non eccelliamo. A cominciare da chi dovrebbe darci il buon esempio:

lo Stato. In base ai dati della Corte dei Conti, elaborati dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, nel 2021 l’Amministrazione centrale dello Stato ha ricevuto dai propri fornitori fatture per un importo complessivo di 18 miliardi di euro. Ne ha saldate per un totale di 12,8 miliardi, di cui 3,6 miliardi (cioè il 28,2%) pagati in ritardo rispetto ai tempi stabiliti dalle norme. Per i 5,2 miliardi di euro mancanti si vedrà. E parliamo solo dello Stato centrale, perché regioni ed enti locali sono ancora meno ligi ai loro obblighi in fatto di pagamenti.

L’aspetto più interessante è che la stessa Corte dei Conti ha rilevato che la Pubblica

Amministrazione liquida entro i termini di legge le fatture di importo maggiore, che è come dire quelle dei fornitori più importanti, ma sembra ritardare intenzionalmente il saldo delle fatture con un im-

porto minore. Vi ricorda qualcosa? La “musica” nel mondo dell’Horeca non è poi tanto diversa. E il Covid-19 non ha di certo aiutato.

EFFETTO LOCKDOWN

Il 9 marzo 2020 l’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava misure più stringenti per il contenimento della pandemia, valide su tutto il territorio nazionale. Era l’inizio del lockdown. L’inevitabile

conseguenza sul fronte dei rapporti commerciali in ambito Horeca era che tutto il consegnato dai distributori nei 30 o 60 giorni antecedenti a quella data restava co-

me “congelato”, perché gli esercizi pubblici avevano sospeso l’attività. Da lì in poi è partita l’alternanza di aperture e chiusure. Una situazione complessa, affrontata dalla gran parte dei distributori con una strategia ben precisa: frazionare

il credito pregresso – dando modo così agli esercenti di rientrare progressivamente – e fissare qualche

paletto per i nuovi ordini. Ovvero, pagamento immediato alla consegna o con la formula cosiddetta “una per l’altra”, cioè l’importo della prima consegna va saldato nel momento in cui viene effettuata la seconda. A cascata, gli esercenti hanno diminuito consistentemente l’importo medio dei loro ordini, indotti in questa scelta anche dalla perdurante incertezza sulla quantità di merce necessaria per far fronte a una domanda imprevedibile. In pratica, per i distributori i minori rischi sul credito si sono accompagnati a una maggiore pressione sul sistema logistico.

IL RUOLO

DEGLI AGENTI

La nuova normalità del post pandemia non ha cancellato le vecchie abitudini, a partire dalla tendenza dei distribu-

tori a utilizzare la dilazione come leva commerciale per acquisire nuova clientela e

contrastare la concorrenza. Una strategia opinabile, che va però contestualizzata alla luce di un altro dato: nella forza vendita dei distributori una quota importante – che potremmo quantificare nell’80% circa – è rappresentata da agenti. Vero è che gli agenti sono solitamente retribuiti sull’incassato, ma l’imposizione di tempi di pagamento rigidi può essere da loro vissuta come una limitazione dei margini di azione commerciale. Il distributore può quindi avere il timore – non del tutto infondato, perché di cambi di casacca nel settore ce ne

sono – che l’agente passi a un concorrente, portandosi dietro il portafoglio clienti. Quanto al rischio credito, il

venditore ha il polso della situazione prima e meglio di chiunque altro, perché visita il gestore con grande

frequenza, ha l’occasione di confrontarsi con chi rifornisce di altre merceologie quello stesso punto di consumo, ma può accadere che – per paura di perdere il cliente – finisca quasi con il parteggiare più per l’esercente che per il distributore.

IL CLIENTE “MORDI E FUGGI”

Tra i vecchi costumi duri a morire ce n’è uno degli esercenti – non tutti, ovviamente – che acquistano da più

distributori con una logica “mordi e fuggi”, talora proprio con l’obiettivo di avvantaggiarsi delle dilazio-

ni di pagamento. Dal canto suo, il grossista confida sempre si tratti del primo passo di una relazione commerciale più solida e soddisfacente. Capita che dalla scappatella si passi al matrimonio, ma quando il piccolo ordine si trasforma in un piccolo credito non pagato, di sicuro diventerà una perdita, perché è proprio l’importo limitato a precludere il ricorso alle vie legali, percorribili solo a fronte di crediti sostanziosi. E questo ci porta a un’altra considerazione, stavolta di ordine contabile:

il fondo svalutazione crediti – cioè il progressivo accantonamento finalizzato a coprire le perdite che presumibilmente deriveranno da crediti di incerta esigibilità – tra i distributori Horeca rappresenta

l’eccezione e non certo la regola. La maggior parte di queste aziende non prevedono tale posta nel conto economico oppure fanno accantonamenti minimi, preferendo attendere l’anno buono – come dovrebbe essere il 2022, grazie all’ondata di caldo estiva – per portare a perdita i crediti scaduti e non più recuperabili.

LA GESTIONE EFFICIENTE DEL MAGAZZINO

Allargando un po’ lo sguardo, viene da chiedersi se i distributori – che comunque dovranno continuare a farsi carico del rischio credito – non dovrebbero perseguire altrove l’efficienza, per esempio attraverso un’ottimizzazione del magazzino e una massimizzazione delle rotazioni. Proviamo a ragionare su dei numeri che a grandi linee ci possono dare il quadro della situazione.

Il magazzino di un distributore Horeca conta mediamente tra le 2.500 e le 3.000 referenze. Di queste, circa 200 – ad essere

generosi – sono le alto-vendenti, cioè quelle che incidono magari il 70% o più sul fatturato, ma probabilmente il 50% sui profitti. Prodotti immancabili nel catalogo di qualsiasi distributore e che appunto per questo sono oggetto di un’accesa competizione di prezzo. La loro elevata rotazione – indicativamente 20-25 giorni nel caso di referenze come la birra – consente di tenere basso lo stock di magazzino. Le dinamiche cambiano per il resto dell’assortimento: se il distributore vuole proporre un’ampia scelta nei vini o nei liquori – che ruotano all’incirca sui 60-70 giorni – vedrà inevitabilmente crescere gli stock di magazzino in questi ambiti merceologici, anche perché più si alza il valore della referenza più si abbassa la rotazione. Per non parlare dei prodotti di nicchia, che possono toccare anche i sei mesi di giacenza.

GLI ACQUISTI SPECULATIVI

Ci sono poi gli acquisiti speculativi:

maggiori quantità di merci a fronte di una limatura del prezzo

di cessione. Il tema non è di attualità nelle estati torride – quando i produttori beverage faticano a tenere il ritmo delle consegne – ma in altri momenti ha una rilevanza non trascurabile. Anche perché non va dimenticato che spesso le aziende della distribuzione Horeca sono proprietarie del deposito che utilizzano, inteso come immobile, e dunque per loro l’incremento di merci immagazzinate non comporta maggiori costi logistici. Il vantaggio economico ottenuto dall’acquisto speculativo può andare ad accrescere la marginalità o essere riversato sulla clientela, attraverso un posizionamento di prezzo più competitivo. Ma c’è un costo che presu-

mibilmente i distributori più piccoli e meno strutturati non tengono nel debito conto e cioè l’immobilizzo

di capitale, nel caso in cui i volumi aggiuntivi debbano essere pagati al produttore ben prima di quando saranno venduti al pubblico esercente. Il pericolo è sempre quello di abbassare considerevolmente le rotazioni del magazzino, allontanandosi troppo dai 30-40 giorni di stock che rappresentano tendenzialmente una buona media complessiva.

SIAMO TUTTI ITALIANI

La distribuzione Horeca ha certamente margini di efficientamento, ma questo non deve mettere in ombra l’indiscutibile resilienza – ter-

mine assai di moda oggi – della

categoria. La pandemia è stata né più né meno un cataclisma per il settore: ci sono distributori Horeca che hanno visto andare in fumo il 30% del loro fatturato, con l’Ebit che si è inabissato su quote fortemente negative. Eppure, queste aziende misconosciute, tacciate di essere troppo piccole e disorganizzate, hanno tenuto botta e trovato la forza per ripartire, anche in presenza di un’oggettiva difficoltà in termini di rischio credito, visto le tante chiusure registrate nell’Horeca. Chapeau. Un’ultima annotazione: per onore di verità, va detto che gli stessi distri-

butori Horeca non sono immuni dal poco edificante costume di tirarla

lunga con i pagamenti. Anche tra loro c’è chi fa penare il fornitore, soprattutto se è di piccole dimensioni e dunque ha una forza contrattuale ridotta. Ovviamente ciò non capi-

ta quando si tratta di saldare le fatture dei grandi produttori del

beverage, che non esiterebbero a bloccare le forniture a un distributore che non rispetta le scadenze. In sintesi, puntuali con i grandi fornitori, assai più disinvolti con i piccoli. E d’altra parte, se lo fa lo Stato…

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