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SCENARI/ BROWN SPIRITS
SCENARI/BROWN SPIRITS
IL BUON VENTO DEI CONSUMI
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LE RILEVAZIONI IRI SULLE VENDITE DEI DISTRIBUTORI HORECA RACCONTANO MESI DI FORTE CRESCITA PER IL FUORI CASA, BEN SFRUTTATI DAL WHISKY, IN PARTICOLARE DI FASCIA ALTA. CON RISULTATI A VOLUME E A VALORE DI GRAN LUNGA MIGLIORI RISPETTO AL PRE-PANDEMIA
DI GUIDO CHIUSANO
Un passo alla volta, una stagione alla volta. Oramai nel mondo degli spirits conviene procedere così, guardando al futuro con prudenza, nella consapevolezza che il vento – capace la scorsa estate di gonfiare le vele di tutte le barche – potrebbe cambiare direzione e girare improvvisamente al peggio.
I dati a fonte IRI relativi alle vendite realizzate dai grossisti di bevande – che GBI pubblica in queste pagine – raccontano mesi di crescita molto consistente e gene-
ralizzata, con qualche davvero rara eccezione. E la cosa più importante è che gli incrementi a doppia o tripla cifra sono calcolati sul 2019, cioè un anno della “vecchia” normalità, quella cancellata repentinamente dalla pandemia.
Come a dire che una prima parte del 2022, andata in archivio all’insegna del tutto esaurito, ha avuto il gusto della rivalsa per il fuori casa e per i prodotti votati a quel canale, dopo i tanti danni patiti per via dei lunghi periodi di obbligata inattività. Certo, i ricavi sono una cosa, i margini un’altra
ed è l’ultima riga del conto economico a pesare davvero, in un momento in cui i costi – a partire da quelli ener-
getici – diventano una variabile incontrollabile. Però l’accelerazione delle vendite è una premessa sicuramente indispensabile per sperare di far fronte alla corsa di listini, materie prime, packaging ed energia. Vediamoli dunque nel dettaglio questi numeri, che hanno del clamoroso: nel primo semestre 2022 le vendite a
valore di spirits operate dai grossisti di bevande sono
salite del 58,2% rispetto al 2019. Ed è fuori strada chi pensa che un simile risultato sia in dovuto esclusivamente alla crescita dei prezzi: non è così, perché i volumi hanno messo a segno un balzo del 38,7% sempre nel confronto con i primi sei mesi del 2019. Quanto al prezzo medio, negli spirits si attesta a 16,83 euro al litro, con un rialzo del 2,4% sul 2021. Vola anche il numero di referenze medie settimanali: +45 rispetto a tre anni fa, per un totale di 271,5. volume (2,2% di incidenza rispetto all’intero mercato), mentre i malt – il cui prezzo di cessione da parte del
distributore è mediamente di 36,36 euro al litro, contro i 23,97 euro dell’insieme whisky – incassano un +48,3%
a valore che diventa +38,5% a volume. Trattandosi di un prodotto più costoso, chiaramente le incidenze a volume e a valore rispetto al totale categoria divergono visibilmente ed ecco quindi che all’1,1% sulle quantità corrisponde un assai più corposo 2,4% sul fatturato.
Interessante anche la variazione nel numero di referenze medie settimanali, arrotondato di 4,4 unità per
un totale di 32,1 referenze. È la fascia alta, cioè i già citati whisky malt, a contare di più e a crescere di più nell’assortimento: 12,9 referenze, incrementate di 1,9 nel primo semestre dell’anno. Riassumendo, il whisky sembra aver colto le opportunità offerte da una fase di netta ripresa dei consumi fuori casa, mettendo fieno in cascina in vista di un finale d’anno ricco di incognite.
MALT MEGLIO DI BOURBON E BLENDED
Focalizzando l’attenzione sui brown spirits, il bilancio resta fortemente positivo. Le maggiori soddisfazioni vengono
dal whisky, che rappresenta il 7,5% a valore sul totale spirits con vendite aumentate del 42,5% a valore e del 34,7%
a volume. La segmentazione adottata da IRI vede i blended – cioè i prodotti frutto della combinazione di whisky diversi – imporsi con +63,9% a valore e +53,2% a volume, sempre in raffronto al primo semestre 2019. Trend che si traducono nel 2,2% di quota a valore e nell’1,9% a volume sul totale spirits. Salendo in termini di scala prezzi, i bourbon procedono al ritmo di +25% a valore (2,8% di quota sul totale spirits) e +20,4% a
IL COGNAC VIAGGIA A TRE CIFRE
Qualche ombra in più si intravede nel mondo brandy e cognac, anche se – come spesso accade – la questione è facilmente riassumibile nella scelta se guardare il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Parliamo infatti di segmenti in ripiegamento non certo da oggi, preferiti da un target più ridotto rispetto a quello dei best seller del mondo superalcolici e presumibilmente con un’età media più avanzata. Fatta questa premessa, il +18,5% a valore e il +7,2% a volu-
me – ottenuti da brandy e cognac considerati congiuntamente – costituiscono un risultato di sicuro inte-
resse. L’incidenza sul totale spirits è identica a volume e valore (2,5%), mentre il prezzo medio è di 16,99 euro ed è salito del 2,8%. Entrando più nel dettaglio, emerge però una dinamica
differente tra le due denominazioni, con il cognac in grande spolvero – seppure con un peso marginale sul totale mercato – e il
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brandy in sostanziale stallo. Il primo, infatti, cresce addirittura a tre cifre a valore (+103,2%) con un’ottima performance anche a volume (+83,8%) sempre nel confronto con lo stesso periodo del 2019, ma rappresenta appena lo 0,7% a valore e lo 0,4% a volume sul totale spirits per quanto riguarda i distributori di bevande.
BRANDY POSITIVO SOLO A VALORE
Da segnalare che il prezzo medio di cessione del cognac è più che doppio rispetto a quello del brandy (31,04 euro al litro – in crescita del 3,3% sul primo semestre 2021 – contro 14,36 euro, in aumento del +1,8%) con quest’ultimo che performa di appena un +1,3% a valore e addirittura flette (-0,5%) a volume, conquistando il poco invidiabile primato dell’unico segno meno nei trend di vendita registrati da IRI nell’ambito di questa rilevazione. E la variazione minima
sul fronte assortimentale (+0,2 referenze su un numero medio settimanale di 5,6) conferma un andamento piuttosto piatto per il brandy, che però incide comun-
que l’1,8% a valore e il 2,1% a volume sul totale spirits. Come sempre le medie forniscono indicazioni complessive, buone per cogliere l’umore del mercato, ma nulla tolgono alla possibilità che singole referenze – anche in segmen-
IL CONFRONTO CON I WHITE SPIRITS
Da ultimo, allarghiamo un po’ lo sguardo per dare qualche punto di riferimento aggiuntivo, che aiuti a contestualizzare i dati fin qui elencati. Perché è innegabile che il bilancio po-
sitivo dei brown spirits impallidisce rispetto alle performance dei white spirits, che in base alle analisi IRI hanno chiuso il primo semestre dell’anno con +138,5% a valore
e +98,3% a volume rispetto al pre-pandemia. E questo nonostante rappresentino già un peso massimo in termini di incidenza per i distributori di bevande, visto che si aggiudicano il 40,4% a valore e il 34,7% a volume sul totale spirits. A riprova che è nelle quantità – e dunque nelle preferenze della clientela – che va ricercata la chiave di un simile successo, basti dire che l’aumento di prezzo dei white spirits è
stato esattamente la metà di quello medio del mercato
(+1,2% contro +2,4% sul primo semestre 2021), mentre il numero di referenze medie settimanali è balzato di 29 unità, toccando un totale di 94,2. A raccogliere i risultati migliori e a indirizzare le sorti del mercato è ovviamente l’inarrivabile gin, ma il rhum tiene bene la scena e la tequila, per esempio, corre a tre cifre. Come a dire che la brezza della prima parte del 2022 di cui si diceva all’inizio – fatta di socialità e consumi in netta crescita
Quota % a valore su tot. spirits Var. % a valore vs 2019 Brown spirits, le vendite dei grossisti
Quota % a volume su tot. spirits Var % a volume vs 2019 Prezzo
Medio €/l
Var. % prezzo medio vs 2021 N. referenze medie settimanali Var. n. referenze medie settimanali vs 2019
Spirits - +58,2% - +38,7% 16,83 +2,4% 271,5 45,0
Whisky 7,5% +42,5% 5,2% +34,7% 23,97 -0,3% 32,1 4,4
Whisky blended 2,2% +63,9% 1,9% +53,2% 19,71 +1,7% 10,8 1,8
Whisky bourbon 2,8% +25,0% 2,2% +20,4% 21,39 +0,9% 9,4 1,0
Whisky malt 2,4% +48,3% 1,1% +38,5% 36,36 +2,9% 12,9 1,9
Brandy & cognac 2,5% +18,5% 2,5% +7,2% 16,99 +2,8% 9,5 0,3
Brandy 1,8% +1,3% 2,1% -0,5% 14,36 +1,8% 5,6 0,2
Cognac 0,7% +103,2% 0,4% +83,8% 31,04 +3,3% 4,8 0,4
Fonte: IRI – progressivo 2022 al 30.06.2022
ti che sembrano un po’ appannati – riescano a ottenere risultati positivi e il discorso vale a maggior ragione in un ambito come quello del brandy, che si caratterizza per una notevole varietà in termini di provenienza geografica e metodi produttivi. – ha soffiato con assai più energia nelle vele dei white spirits. Questo, però, nulla toglie al quadro positivo delineato dalle rilevazioni IRI per quanto riguarda i brown spirits, che hanno qualità e ricchezza di offerta per consolidare ulteriormente il presidio del fuori casa. Sperando sempre nel buon vento.
DOSSIER/BROWN SPIRITS
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LA TRADIZIONE CERCA NUOVE STRADE
L’OFFERTA DI BRANDY E WHISKY È VASTISSIMA E AFFONDA LE RADICI IN UN MONDO FATTO DI PROVENIENZE, MATERIE PRIME E METODI PRODUTTIVI ASSAI DIVERSIFICATI. MA IL PROCESSO DI SEGMENTAZIONE NON SI FERMA, COME DIMOSTRANO LE POLITICHE COMMERCIALI DI ALCUNI DEI PRINCIPALI PLAYER DEL MERCATO
DI ANDREA MATTEUCCI
Èproprio il caso di dirlo: quando si parla di brandy e whisky c’è solo l’imbarazzo della scelta. Un universo di e-
tichette che si distinguono per origine, materie prime, processi produttivi e caratteristiche aroma-
tiche. Eppure, c’è sempre spazio per nuove scoperte e sperimentazioni, a maggior ragione nella stagione fredda che meglio si presta a gustare un buon distillato. È questa l’impressione che si trae a scorrere le strategie di alcuni dei principali operatori del mercato: conquistare visibilità –
raccontando ad addetti ai lavori e clienti finali la propria gamma – resta ovviamente la priorità, ma questo lavoro non va mai a discapito del rinnovamento dell’offerta, che si conferma un instancabile
“motore” commerciale. E allora, ricapitolare brevemente gli aspetti salienti dei due pilastri del comparto brown spirits è utile per comprendere in quali direzioni si indirizza la voglia di novità del mercato italiano.
UN CAMPIONE DEL MADE IN ITALY
Focalizzando l’attenzione sugli aspetti strettamente merceologici, il
racconto del mondo dei brown spirits fatto da GBI parte dal brandy: un distillato di vino, solitamente con alta freschezza, non filtrato e mai portato alla sua completa maturazione.
Per il prodotto italiano vengono utilizzate uve di provenienza nazionale: principalmente Trebbiano, Cortese, Erbaluce, Ribolla Gialla, Tocai, Catarratto, Bombino e, a seconda della regione, anche altri
vitigni locali. L’invecchiamento avviene in botti di importanti dimensioni per 12 mesi, qualora i legni siano di 1.000 litri; diversamente, nel caso di capienze minori, la permanenza diminuisce. Il brandy viene distillato sia con metodo continuo sia con quello discontinuo, che permette l’utilizzo dell’acquavite e del vino. Qualche breve cenno storico: l’inizio della produzione su larga scala in Italia si deve al francese Jean Buton, che nel 1820 fondò a Bologna la sua distilleria, ma fu il diffondersi a partire dal 1860 della filossera in Francia – con il conseguente crollo dei volumi di cognac – a favorire il maggior consumo dei distillati italiani e dunque del brandy.
Il nostro principale competitor è la Spagna, che vanta due tipologie di brandy in virtù di zone di produzione e vitigni differenti; seguono Portogallo, Albania, Grecia e Germania, con ricette locali e
diffusione decisamente limitata. Come già evidenziato, consumo (prevalentemente nel dopo cena) e vendite aumentano nella stagione fredda, anche grazie ad alcune pietanze tipicamente invernali che ne richiedono l’utilizzo in cottura e marinatura. Il brandy però si presta ben poco alla creatività tipica della mixology e sono sostanzialmente solo tre i cocktail che lo prevedono come base: l’Alexander, l’East India e il Sidecar.
IL GIRO DEL MONDO IN UN BICCHIERE
Passando al whisky, si tratta di un distillato del fermentato di cereali: è prodotto perlopiù in Scozia (che conta sei diverse zone di produzione), Irlanda (con tipologie particolarmente morbide al palato per tre diverse distillazioni), Canada (i sentori sono quelli propri della vaniglia), Stati Uniti (con note morbide date anche dal mais) e Giappone (eleganti al palato ma, nel contempo, ancora “acerbi” per mancanza di storia e cultura). La
scelta del cereale – orzo, segale, avena quelli utilizzati – influisce ovviamente sul gusto e sulle ca-
ratteristiche del whisky. Una fase determinante è l’invecchiamento, che avviene con tempi e permanenze diverse per blended e single malt, in botti di rovere precedentemente adoperate per la produzione e la maturazione di bourbon, sherry e porto. In Asia il whisky è tra i distillati più diffusi; in Europa il consumo di quelli scozzesi si presenta costante senza segni di cedimento o ascesa, mentre aumentano sempre più gradimento e vendita di bourbon e rye whisky americani. In Italia emerge una sempre
maggiore attenzione per i prodotti scozzesi, soprattutto i distillati di Islay che hanno note di aroma e gusto affumicati, determinati dall’utilizzo della torba come combustibile
per la tostatura dei cereali. “Ma nel nostro paese – afferma il bartender Alessandro Melis, Supervisor del gruppo Pandenus – sono decisamente in crescita anche bourbon e rye whisky, voluti soprattutto dai professionisti della miscelazione. Il whisky è infatti un superalcoolico versatile e di forte personalità che si presta idealmente a uno spettro
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particolarmente vario, completo e creativo di cocktails, tra i quali vanno citati Boulevardier, Whisky Sour, Old Fashioned e New York Sour, da noi i più richiesti”.
IL BRANDY NON PASSA MAI DI MODA
Difficile prevedere quali potranno essere le nuove tendenze in termini di vendita, distribuzione e consumo di brandy e whisky, soprattutto a medio e lungo termine. Si può però pensare che a trainare il mercato saranno i prodotti che più guardano al biologico e alla sostenibilità e che la notorietà dei principali brand potrà giocare, forse ancor più di prima, un ruolo determinante. Infine,
ma questo vale soprattutto per il brandy – sebbene fioriscano anche da noi nuove microdistillerie di whisky di qualità – un fattore pur sempre importante
potrebbe essere il Made in Italy, alla luce della predilezione del consumatore per le eccellenze nazionali, trasversale a gran parte del food & beverage.
LE AZIENDE
SPIRITS & COLORI UN CATALOGO COMPLETO
Decisamente variegata è la gamma raccontata da Dick Ten Voorde, proprietario di Spirits & Colori: “Brandy René
de Challant e Voerman Vieux sono i due i brandy in catalogo: il primo è italiano, il secondo olan-
dese. Per quanto riguarda il whisky dall’Irlanda proponiamo Clonakilty, Echlinville, Tipperary, dalla Scozia invece The Ultimate Whisky, Whisky Cellar - Private selection, Duncan Taylor e Och Aye The COO. Il Giappone, infine, è presente con Kujira e Shinobu. Whisky e brandy sono
disponibili in formato da 70 cl solo per il mercato Horeca per un sell out che prevede, oltre a una rete vendita e quattro area manager, diversi brand ambassador dei marchi
distribuiti. Siamo presenti agli eventi più importanti e diamo visibilità ai prodotti con masterclass e guest, dove riuniamo barman di fama presso i migliori locali”.
www.spiritsecolori.it
STOCK NON SOLO BRANDY
L’offerta di Stock, oltre al brandy, presenta anche diversi whisky, come affermano Nicoletta Santi, Marketing Consultant Stock (nella foto) e Margherita Cocozza, Brand Manager Beam: “Abbiamo
proposte per tutte le fasce di prezzo: Stock Original, per il segmento Mainstream, Stock 84 XO in quello premium e Stock 84 Gran Riserva per l’ul-
trapremium. Per i whisky è presente la gamma Laphroaig, il Bourbon Jim Beam e i giapponesi Hibiki Harmony, Chita, Yamazaki e Hakushu. I formati del brandy prevedono un litro per Stock Original e 70 cl per gli altri; per il whisky sempre il 70 cl, tranne Jim Beam White che è anche in bottiglia da un litro. Il sell out dei
brandy è sostenuto sia da attività promo di canvass standard sia da incentivi per forza vendita e
distributore. Infine, su alcuni whisky pianifichiamo attività promozionali o special pack”.
www.stock-spa.it
ILLVA SARONNO VISIBILITÀ E INCENTIVAZIONE
Nuovi prodotti e strategie di sell out mirate son gli asset sui cui puntare per Claudio Giuliano, Marketing Manager e Responsabile del mercato italiano di Illva Saronno: “Guardiamo al futuro per cogliere nuovi trend. Illva Saronno è un’azienda internazionale con forti radici italiane, ogni brand è frutto di ricerche e strategie precise.
I nostri ultimi progetti si sono concretizzati con il lancio di The Busker, Irish
Whisky. Per quanto riguarda il sell out l’obiettivo è costruire una forte partnership con i principali player, stringendo rapporti di collaborazione e di attivazione con i clienti dei nostri distributori. Le prin-
cipali iniziative riguardano visibilità e incentivazione, masterclass per approfondire le caratteristiche dei pro-
dotti e i metodi di produzione, oltre a eventi per supportare la comunicazione”.
www.illva.com
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RINALDI LA FORZA DELLA TERRITORIALITÀ BRANCA FORMAZIONE PER TUTTI
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Un bouquet completo e versatile è indispensabile per imporsi sul mercato. Parola di Gabriele Rondani, Marketing & PR Director di Rinaldi: “Abbiamo
whisky scozzesi quali Glenfarclas, Arran, Douglas Laing, Glencadam e Tomintoul; giapponesi come Kamiki, Kura, Reki; l’americano Westward, l’irlandese Teeling e il francese
Rozelieures. Per i brandy gli spagnoli Cardenal Mendoza e Pedro Ximenez; gli italiani Portegnac, l’Oro dei Carati di Nannoni e i millesimati della distilleria Montanaro. I punti di forza risiedono nella territorialità e nella piacevolezza”. I formati sono da 70 cl, senza dimenticare le novità: “A breve lanceremo Lagg, un
whisky scozzese torbato – annuncia
Rondani –. Supportiamo il sell out con eventi dedicati: per i brown spirits masterclass, serate cocktail, cene in abbinamento con piatti, sigari e cioccolato di qualità”.
www.rinaldi1957.it
“La specializzazione è il nostro punto di forza – esordisce Petros Papageorgiou, General Manager Italia di Branca –. All’interno del portfolio brandy spiccano lo Stravecchio Branca e il Brandy Stravecchio Branca XO.
Per il whisky sono 18 le referenze, dai single malt ai
blended, a due rye”. Diversi anche i formati: “Il Brandy Stravecchio Branca – continua Papageorgiou – è venduto in bottiglie da 100 cl e 70 cl, per enoteche, piccoli alimentari e la Gdo. Stravecchio XO e la gamma di whisky sono presenti in tutti i canali con il formato da 70 cl”. Importante il focus
sul sell out: “È il nostro principale obiettivo – sintetizza Papageorgiou –. Oltre alle tradizionali forme di visibilità è essenziale fare leva su attività per educare i soggetti della fi-
liera, come gli agenti, il trade e il consumatore. E considero fondamentale la figura dei brand ambassador”.
www.brancadistillerie.com
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