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TREND/ESTERO Spagna in fiesta! Il turismo trascina la ripresa

TREND/ESTERO

SPAGNA IN FIESTA! IL TURISMO TRASCINA LA RIPRESA

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NEL PAESE IBERICO SONO RIPARTITE LE VENDITE DI BEVERAGE NEL FUORI CASA, GRAZIE ALLA MAGGIORE AFFLUENZA DI VIAGGIATORI, NAZIONALI ED ESTERI, E ALLA CRESCITA DEI CONSUMI IN DIVERSI MOMENTI DELLA GIORNATA

DI ANNA MUZIO

Èuno dei tesori più grandi dell’economia spagnola – il turismo – a preparare il terreno per vino e distillati. Questo è l’anno buono per riportare

le vendite di beverage ai livelli pre-pandemia, obiettivo che non è stato raggiunto nel 2021 per effetto proprio della storica dipendenza dal canale

fuori casa e dal turismo, che evidentemente non si erano normalizzati a sufficienza. Secondo l’associazione di categoria Espirituosos España, lo scorso anno le vendite di alcolici sono aumentate del 9,9% sul 2020, rimanendo però sotto del 20% rispetto al 2019. Il settore è peraltro molto importante per la Spagna, che con 19 Indicazioni Geografiche Protette, è le-

ader nella produzione Ue di liquori, brandy, rum e – dopo

la Brexit – di gin, mentre è seconda nel whisky.

IL VINO ARCHIVIA LA PANDEMIA

Anche il vino, i cui consumi in Spagna sono più bassi rispetto agli altri grandi produttori europei (Francia e Italia in primis) e non, dovrebbe beneficiare della ripresa dei viaggi. In que-

sto caso però la riconquista dei livelli pre-Covid è una

missione già compiuta nel corso del 2021, grazie a una crescita comune a tutte le categorie e spinta in gran parte dalle vendite proprio in bar e ristoranti.

BIRRA REGINA, ANCHE SENZA ALCOL

Più importanti sono i consumi di birra, in risalita nel 2021, ma non ancora tornati alle soglie toccate prima dell’emergenza sanitaria. Una ricerca di 40dB per Cerveceros de España fo-

tografa il consumatore spagnolo e i cambiamenti recenti. A sfatare il mito del birrofilo pingue e amante dei motori, ne emerge un consumatore attento alla salute, alla forma

e all’ambiente. Secondo il 60% dei bevitori di birra, il cambiamento climatico è uno dei problemi più importanti di oggi, fino al 75% ricicla e il 65% ritiene che le grandi aziende debbano perseguire politiche di Corporate Social Responsability. Altro fattore importante è la socializzazione, che si traduce in consumo fuori casa: il 65% della birra è bevuta in bar e risto-

ranti. Una tendenza legata anche al tandem birra e tapas, tradizionale in vari momenti della giornata – compresa la metà mattina – e favorito dall’avvento delle opzioni

analcoliche, scelte almeno una volta dal 48% dei consumatori di birra spagnoli nel 2021. Non a caso, la Spagna è il primo Paese consumatore e produttore di birra analcolica nella Ue.

MENO ZUCCHERO, PIÙ RICICLO

Gli spagnoli appaiono sempre più attenti alla naturalità degli alimenti e ai temi della sostenibilità e consapevoli dei potenziali benefici del consumo di bevande analcoliche dal ridotto apporto calorico. La Asociación Nacional de Bebidas

Refrescantes (Anfabra) spera di chiudere il 2022 con un +5% spinto proprio dal ritorno dell’ospitalità e dalle ver-

sioni a basse o zero calorie. Le nuove esigenze sono state abbracciate dall’industria, tanto che Anfabra stima che entro il 2025 almeno il 50% delle bevande analcoliche sarà a basse o zero calorie, con una riduzione del 40% del contenuto di zucchero rispetto al 2010 delle bevande analcoliche presenti sul mercato. Inoltre, il 50% degli imballaggi in plastica Pet sarà realizzato con materiale riciclato, il 100% dell’energia utilizzata proverrà da fonti rinnovabili e, e sul fronte della produzione, il consumo di acqua sarà ridotto del 20% e le emissioni del 30%, sempre rispetto ai livelli del 2010.

COSA BEVONO GLI SPAGNOLI

59,46

50

42,4

LITRI PRO CAPITE ANNUI DI

ACQUA MINERALE

LITRI PRO CAPITE ANNUI DI

BIRRA

LITRI PRO CAPITE ANNUI DI SOFT

DRINKS 26,2

9,8

LITRI PRO CAPITE ANNUI DI VINO

LITRI PRO CAPITE ANNUI DI SPIRITS

Fonte: Cerveceros de España, Statista, OIV

TORNA L’ALLURE DELLA TONICA

Una categoria di nuovo in territorio positivo è quella delle acque toniche, tra le bevande analcoliche più colpite dalla chiusura intermittente dei locali notturni, gli ultimi a tornare alla normalità nel biennio pandemico e quelli in cui l’acqua tonica è più presente grazie all’accostamento con il gin. Secondo Anfabra, l’andamento al rialzo è stato interrotto dal Covid solo nel primo anno di confinamento, mentre

già alla fine del 2021 il volume del consumo di tonica era aumentato del 9%, arrivando quasi ad eguagliare i volumi

pre-pandemia. E questo dopo un decennio di crescita costante. Il focus ora è sulle varietà con sapori diversi dalla classica.

NON PIÙ SOLO LA NOCHE

Tra le tendenze accelerate dalla fase pandemica, fatta di chiusure e coprifuoco, si segnala un consumo di alcolici non più solo serale, ma esteso a vari momenti della giornata, quali gli aperitivi prima del pranzo e della cena o pomeridiani.

Al momento gli occhi sono puntati sul vermouth, con tanti indirizzi di taverne e bar, nuovi o storici, dove consumare

i grandi classici spagnoli Reus, Yzaguirre, Iris, Miró. Con o senza ghiaccio. Con o senza una fetta di limone/arancia. Con o senza gas.

TECNOLOGIA/SICUREZZA INFORMATICA

PAGARE O NON PAGARE…

È QUESTO IL DILEMMA DELLE AZIENDE VITTIME DI UN ATTACCO MEDIANTE RANSOMWARE, CHE CRIPTA I FILE RENDENDOLI INUTILIZZABILI. IL MIGLIOR RIMEDIO, COME SEMPRE, È LA PREVENZIONE. CHE IN AMBITO INFORMATICO HA UN NOME BEN PRECISO: BACKUP

DI ALBERTO GEROSA

Se non fosse una realtà preoccupante, ci sarebbe quasi da ridere. Sì, perché le

organizzazioni criminali che praticano il ransomware, infettando computer e reti con programmi che criptano i dati fino a quando il malcapitato non acquista la password in grado

di sbloccarli, hanno un servizio clienti. Che si prodiga per aiutare la vittima del cyberattacco non appena decide di allentare i cordoni della borsa. Chi crea i ransomware deve infatti essere “credibile”: se la decrittazione non funziona, nessuno pagherà più. “Sono un pesce troppo piccolo, non mi riguarda”, penserà magari qualcuno di voi, valutando di voltare subito pagina. I dati dicono il contrario: se le grandi aziende sono sempre

dotate di uno specialista IT che monitora le minacce provenienti dal cyberspazio, le Pmi sono solitamente

meno strutturate e, di conseguenza, più vulnerabili. Quanto ai settori, secondo il Cefriel, il centro di innovazione digitale fondato dal Politecnico di Milano, l’industria

segna l’aumento più significativo, dal 7% al 18% di attacchi in un anno, pur rimanendo la finanza, le assicurazioni e la pubblica amministrazione gli ambiti maggiormente colpiti.

I RISCHI DEL LAVORO A DISTANZA

Gli esperti fanno notare che quando siamo entrati in lockdown, gli attacchi hanno subito un’impennata importante, perché nel lavoro ibrido la sicurezza è più difficile da mantenere. Come difendersi? Il primo consiglio è quello di assoldare un consulente, che verificherà sul luogo l’esposizione al pericolo di server, reti, switch, firewall e software, stilando poi un preventivo personalizzato in base alle esigenze dell’azienda.

Il secondo consiglio è quello di fare un backup serio dei propri dati: è infatti lapalissiano che il riscatto non ha più mordente se si dispone di uno o più duplicati dei

documenti criptati. “I file vanno centralizzati, non decentralizzati – afferma Matteo Discardi, autore di numerosi libri di divulgazione informatica e titolare dell’azienda di consulenza 1802.it –; vanno cioè messi tutti sul server, mentre i client non dovrebbero contenere documenti di sorta. La situazione ideale è quella di arrivare la mattina in ufficio, collegarsi al server, prelevare i file di cui si ha bisogno, lavorarli e poi alla fine della giornata rimetterli sul server, cancellandoli in locale. Il computer deve essere

sempre vuoto in termini di file e documenti di lavoro, a differenza del server che rimane pieno e di quest’ulti-

mo si fanno backup regolari”. Il backup va eseguito in modalità offline, quindi in un contesto non accessibile direttamente ai computer. Le aziende più attente fanno backup alternati: il server effettua il backup su un altro disco o server, una volta finito il backup si scollega il cavo dal server/disco e lo si attacca a un altro disco. In pratica, una notte si fa il backup sul volume A, un’altra notte sul volume B, e così via; in questo modo, l’attacco ransomware corromperà uno solo dei backup, non entrambi.

PRO E CONTRO DEL CLOUD

In alternativa a questo metodo di trasferimento “fisico” dei dati si può valutare il backup su cloud. Che però è più costoso, inoltre richiede particolari attenzioni: l’infezio-

ne dei file non avviene tutta subito, al contrario può manifestarsi in maniera diluita nel tempo, prendendo di mira un file oggi, un secondo file domani, ecc. Di conseguenza, l’utente non se ne accorge subito e i file infettati rischiano di essere archiviati anch’essi sul

cloud: “Il backup su cloud – commenta Discardi – è una buona idea, anche perché oggi il lavoro ibrido sta prendendo sempre più piede; tuttavia, deve essere eseguito con software che analizzano i file e rilevano la presenza di quelli criptati. Per esempio, OneDrive for Business, servizio cloud offerto da Microsoft 365, si accorge subito di simili file e avvisa l’utente, chiedendogli se procedere con l’inclusione del documento nel server oppure no”.

L’EFFICACIA DEGLI ANTIVIRUS

E gli antivirus? Sono efficaci contro il ransomware? “Siamo nel campo delle probabilità – risponde Discardi –; dipende dal ransomware, da quanto è recente, da come è costruito. Al pari per esempio di Microsoft Word,

Adobe Photoshop, Winzip, anche il ransomware è un

applicativo, quindi l’antivirus nella migliore delle ipotesi lo blocca, però può anche non riconoscerlo e

scambiarlo per un applicativo qualsiasi. Windows 11 e in particolare la sua versione per le aziende, Enterprise, hanno una gamma molto completa di routine di sicurezza attive di default, però è l’utente che ha in mano il sistema operativo. E l’utente è la falla più grande”.

SISTEMI OPERATIVI, NESSUNO È IMMUNE

SOFTWARE SEMPRE AGGIORNATI

E veniamo al consiglio numero tre: scaricare i

software solo dai siti delle case madri, non dai vari ‘mirror’ o pagine non

ufficiali. Inoltre, i software vanno aggiornati, ivi inclusi ovviamente quelli della suite Office: “Microsoft 365 si aggiorna una volta al mese, non automaticamente – spiega il titolare di 1802. it –, un tempo abbastanza stretto, che riduce le possibilità di chi scrive software malevolo. Se qualcuno dice che non si fida ad aggiornare il suo sistema, allora non ha capito niente: se io uso

Office e Office lo sviluppa Microsoft, io di Microsoft mi devo fidare”.

Caso limite: i consigli finora dispensati non sono serviti a proteggere la nostra rete dall’attacco ransomware. Che fare? Pagare o no? Una risposta univoca non c’è, anche sa va sottolineato che scendere a patti con i criminali non è mai una buona idea e il mostrarsi remissivi ci espone ad essere attaccati nuovamen-

te in futuro. Ribadita questa premessa – che ha un valore etico, prima ancora che pratico – qualora proprio volessimo fare esercizio di pragmatismo, bisogna quantificare l’esborso a cui andremmo incontro. “Se la richiesta è 5.000 euro per decrittare tutto il server – afferma Discardi – è chiaro che “Io tanto lavoro in ambiente Mac/Linux, per un’azienda di 50 immune ai virus”: è un’obiezione che si dipendenti non si tratta di sente ripetere spesso, ma da sfatare, un danno rilevante. Diverso perché priva di fondamento. Purtroppo, se l’importo richiesto sono nessun sistema operativo è totalmente 100.000 euro. Rimane coal sicuro dai virus e immune ad essi. Negli munque decisiva la valuanni passati alcuni server di importanti tazione economica della brand di settore – in particolare nel propria realtà e di quanto mondo Nas (network attached storage), valgono i file in questione. cioè dispositivi connessi a una rete che Se, per esempio, posseggo consentono la memorizzazione e l’accesso una foto d’autore oppure di ai dati – sono stati oggetto di pesanti un personaggio importante attacchi ransomware. E i Nas hanno in una situazione del tutto sistemi operativi basati proprio su Linux. imprevista, quello scatto vale moltissimi soldi (e andrebbe ‘backuppato’ in sette posti diversi). Se ho la foto di un tramonto e mi viene criptata, tutto sommato domani vado in terrazza e ne faccio un’altra…”.

DALLE AZIENDE/DOUMIX DOUMIX? CREAM

DAI IL BENVENUTO ALL’AUTUNNO CON CREAZIONI UNICHE

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MILKSHAKE PRALINÈ

Un milkshake ricco e goloso che lascerà tutti a bocca aperta grazie al gusto rotondo di DOuMIX? Cream Hazelnut Pralinè, una crema spalmabile alle nocciole dal gusto pralinato inconfondibile!

Ingredienti

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RICETTA

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