Eikon12

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EIKON ARCMAGAZINE

un modo nuovo di comunicare la creatività

PIETRO NEGRI EDITORE

“DEDICA A GIUSEPPE VERDI”

Arte_Ricerca_Comunicazione

R N.12

GENNAIO - FEBBRAIO 2011



In copertina: Opere di Vittorio Rainieri

EIKON

ARCMAGAZINE Arte_Ricerca_ Comunicazione Per prenotare recensioni, redazionali, servizi di promozione, organizzazione e allestimento eventi, realizzazione cataloghi, comunicazione stampa e sviluppo progetti. info@federcritici.org

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RISORGIMENTO 150° anniversario N. 12 Gennaio - Febbraio 2011

Direttore responsabile Maria Elena Bonacini Redazione Maria Rita Montagnani Annette Ronchin Mara Campaner Barbara Vincenzi Laura Leone Lorena Zanusso Enzo Santese Cinzia Ficco Maria Teresa Giffone Claudia Doppio

Stampa Grafiche Corrà Arcole (VR) Contatti e informazioni: info@federcritici.org

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Eikon Magazine è un prodotto

ARTISTI 12 Simona Bramati

Stefania Quartieri

grafite su carta cm. 40 x 40

Vittorio Rainieri

Spertinasce a Minuccian SilviaMary Garzonotti trasferisce prima a Livorno e poi a R Consuelo Venturi formazione scolastica, per poi trasfer Spezia, dove tutt'ora vive e lavora. D Vincenzo Del Duca un gesto spontaneo con particolare in copia dal vero. Già sposata e con una Caterina Zava diplomandos di Belle Arti di Carrara, una tesi sul ritratto. Silvia Garzanotti Info.: Horacio Ferrer Galleria Il Levriero | L.go Grisogono cell. +39 3384589095 | www.galleria

Galleria 44 |Via della Rocca 4/i, Tori tel. +39 011 8123629 | www.galleria

BIENNALE EX LIBRIS Gli artisti premiati

31 FOTOGRAFIA Appunti (1)

EIKON

Pietro Negri Editore Corso Palladio, 179 36100 Vicenza

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Marta Della Croce

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Bimestrale di comunicazione e informazione culturale

N.12

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Recensioni

SIMONA BRAMATI: della passione eretica

di Maria Rita Montagnani

INTERVISTA MRM- Simona la tua pittura prevalentemente visionaria prende forma dal tuo inconscio o dalla tua visione del mondo? SB- Cos’è l’inconscio se non la visione del mondo? Essa per me è inconscio e realtà filtrate dalla mia sensibilità e dalla mia pittura. MRM- I soggetti dei tuoi quadri riguardano ricordi, sogni, riflessioni o sono invece la proiezione delle tue paure? SB- Non ho paura. Il sogno è parte della mia pittura, come e quanto lo è la realtà! Non scindo mai le due cose, ma bensì le fondo in un’unica visione.

Simona Bramati è una giovane artista marchigiana, scoperta e lanciata da Vittorio Sgarbi che la volle anche nella grande rassegna “IL MALE, ESERCIZI DI PITTURA CRUDELE” di Torino e che da allora ha partecipato a collettive e tenuto mostre personali di importanza nazionale. La Bramati si distingue nel panorama dell’arte contemporanea per la forza espressiva del suo figurativo visionario, portato avanti col supporto di una tecnica raffinata e una ricerca artistica costante.

MRM- Come ti poni davanti alla tela ancora bianca, con un umore solare o piuttosto crepuscolare? SB- I miei soggetti sono sempre piuttosto oscuri, anche quando utilizzo toni chiari o tinte accese, che spesso accentuano la gravità della rappresentazione. Una grande riflessione accompagna l’atto iniziale dell’esecuzione che è anche accompagnata da un istinto gestuale dovuto all’ancora acerba esperienza. MRM- Secondo te la “mancanza” fonda? cos’è la nostalgia? SB- Ogni mancanza ti fa cercare la parte “riempitiva”, quel pieno che ti completa, ma che non si riesce a raggiungere mai, questo è il mio approccio verso la pittura, pura nostalgia di qualcosa ben pensato, ma meno bene eseguito, la ricerca continua della “perfezione” che non viene raggiunta. MRM- Che rapporto hai con il divino, se ce l’hai?

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SB- Il divino è parte integrante dell’essere umano, mio soggetto continuo! MRM- La donna è spesso il soggetto elettivo delle tue opere. Il femminino dunque come luogo di insondabile mistero o come portatore di laceranti contraddizioni?

SB- La donna è il corpo che rigenera corpo, dunque mistero dell’immortalità e di forza rigenerante. Sono anni che la dipingo e ancora non ho trovato le sue verità, sono anni che cerco risposte e ancora non ho trovato la chiave di svolta, e spero di non trovarla mai! MRM- Qual è il tuo concetto di arte? SB- L’arte è forza! MRM- Che posto occupa l’irrazionale nella tua vita?

SB- La maggior parte delle ore, dei giorni e del tempo che vivo. L’irrazionale è il luogo in cui si muovono le idee. MRM- Definiscimi in 3 parole la vita. SB- Carne Sangue Morte MRM- Definiscimi in 3 parole la morte. SB- Inerzia Silenzio Vita Schighitz

info

Ufficio Stampa Simona Bramati Tel. 0731.814079 Mobile 338.6002190 mauroluminari@gmail.com

MRM- Che cosa pensi dell’umanità odierna? Che ruolo pensi abbia oggi l’arte nella nostra società?

SB- In tutte le società l’arte è sempre stata la portavoce di usanze, costumi e umori. Oggi l’arte rispecchia purtroppo la gran confusione che la nostra umanità rispecchia. Tutto diventa opera d’arte troppo facilmente, tutti possono diventare medici comprando una laurea; molte “opere” vengono esaltate oltremisura, molte femmine vengono magnificate senza merito alcuno.

Rianimazione


protagonisti dell’arte contemporanea

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Recensioni

Simona Bramati:

DELLA PASSIONE ERETICA Eresia è un termine che deriva dal greco HAIRESIS e che in origine significava ‘afferrare’, ma anche ‘scegliere’ ed ‘eleggere’. Eretico è dunque chi proclama con forza una propria scelta definitiva riguardo a ciò che è imperante e accettato unanimemente come tale. Quindi eretico è anche colui che accetta, che sceglie solo una parte di una dottrina o di una concezione ortodossa, rimanendo in disaccordo su altre parti. Simona Bramati è un’artista ‘contro’, e come tale, opposta, scomoda, contro-corrente, che ha posto tutta la sua passione e riposto il suo patire (pathos), nella grande e travagliata dialettica del discorde, del difforme, del deviante, e perciò il suo può senz’altro essere definito un percorso eretico. Esso ha proceduto per osmosi, dall’inconscio alla tela, diffondendosi nelle trame del tessuto di una cosmica umanità, senza mai indulgere in sentimentalismi o retoriche emotive, bensì scegliendo la via più difficile, quella del solitario raccoglimento nel proprio mondo visionario, a stretto contatto con le proprie fragilità e le proprie devastanti contraddizioni. La Bramati ci mostra attraverso le sue opere una spiritualità straziata, trasfigurata, quasi violata che porta lo spettatore a pensare che questa artista abbia le proprie radici più nel cielo che non in terra, radici aeree ma non eteree, tanto esse appaiono potenti, a tratti adunche,unghiute, pronte a graffiare e a ghermire la tranquilla omeostasi della bellezza indenne, non ancora passata per le infinite e terribili peripezie di Psychè. La passione ha le sue forme, le sue strategie, i suoi archetipi, ma quando si parla di una passione eretica – quella della Bramati – essa si stigmatizza nella supremazia del delirio, con la sua grammatica fatale, con la sua sintassi ansiosa, con le sue strabilianti declinazioni della morte. Per poter essere eretica questa passione, deve essere non solo al di sopra di ogni cosa, e nemmeno esserne al di fuori, bensì al di sotto, fin dentro la sua struttura più intima e infine irrompere in ognuna di esse, corrompendola, contaminandola, per renderla simile a sé. La gamma cromatica della pittura di Simona è anch’essa il segno di una ‘anomalia’ espressiva, in quei toni chiari e dilavati fino ai bianchi quasi glaciali o alle algide nuances, è come se si palesasse la negazione di una realtà sempre meno presente, che si raggela in tutta la sua drammaticità nel senso del Nulla, così magistralmente rappresentato dalla Bramati. Essa è pronta a scomparire in ciò che dipingerà, per poi riapparire possente, vera, eterna, in ciò che ha dipinto, superando la dionisiaca confusione per immergersi in una stridente armonia, non solo delle forme e dei colori, ma in quella della conflittuale visceralità del suo sentire, del suo essere-nel-mondo attraverso il suo appassionarsi al mondo. In quel suo sentimento del dolore, che in Simona è anche dolore del sentimento, si percepisce un anelito quasi mistico verso ciò che ha bisogno d’essere ricondotto e ricongiunto a qualcosa di più grande e misteriosamente inquietante, che non aspira ad una facile e gratuita condivisione, bensì ad una particolare ed universale empatia per ciò che non è razionalmente condivisibile, né umanamente accettabile.

Ex Clade Salus

In ciò risiede forse l’aspetto più significativo, ‘il nucleo eretico’ di Simona Bramati, la cui luna obliqua getta sui suoi quadri, strani ed enigmatici arabeschi che ogni sua figura porta dietro alle spalle come il disegno imperscrutabile del proprio destino. In quel destino che è lo stesso dell’artista, pare di sentire vibrare la sublime malinconia di questi versi eterni:”Anima,questa è l’ora del tuo volo libero in un mondo senza parole, lontano dai libri, lontano dall’arte, il giorno cancellato, la lezione finita, e tutta ti elevi silenziosamente, in ammirazione, riflettendo sui temi che hai amato di più: la notte, il sonno, la morte e le stelle”. (W.Whitman) L’immergersi in queste entità abissali diventa dunque per Simona Bramati, il mezzo elettivo per calarsi nell’oscurità dell’immagine, - proprio come ci si calerebbe in un pozzo, con il fondo melmoso dell’anima sotto ai piedi e la luce del creato sopra la testa - perché solo da ciò che è guasto, incompleto, imperfetto può sorgere la trasformazione in una rinascita veritiera e autentica. D’altra parte il pensiero eretico, con la sua divorante passione, è quello maggiormente sottoposto ad un lungo (e fecondo) confronto col Male e con l’Ombra, ma la luce che infine ne scaturirà sarà quella più abbagliante. Maria Rita Montagnani mrmontagnani@gmail.com

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Della passione eretica

La caduta di un angelo

“Mio angelo distratto, parassita della perfezione, vegliami nelle ombre e salvami dai baratri di luce. Stendi sulle mie tempie Un velo di fedeltĂ bizzarre. E appena puoi tradiscimi con le tue incomplete metamorfosi.â€? Neri Tancredi

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Mia cara

Estasi


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MARTA DELLA CROCE

Recensioni

Melancholia Ridens

Il Male

Marta Della Croce è un’artista toscana che ha esposto con il progetto FORMAE MENTIS in diverse città italiane ottenendo riconoscimenti e consensi di pubblico ma anche da parte di addetti ai lavori.

di Maria Rita Montagnani

Il mondo di Marta Della Croce nasce e prende forma dove prosperano i castelli di Kafka e alligna nell’ humus della dimensione cerebrale, dove l’anima si auto-rappresenta esprimendo quel suo sapere eterno che poi essa ascolta dall’artista medesimo. Il mondo è malato, la terra ha ombre malate, l’artista è relegato al ruolo di non avere più un ruolo, esule in un universo di immagini malate, segnate dall’inedia del pensiero. In questo scenario Marta ha occhi per tutto ciò che nessuno vuole né sa più guardare, ha orecchi inumani per ciò che è tanto umano da non esserlo più, da cessare di esserlo per abdicare al silenzio, al vuoto di parole che la sua pittura poi raccoglie per dargli ancora senso e dignità profondi. Nei quadri di Marta tutto ciò che si vede è ciò che resta dell’umanità quando la si guarda in trasparenza, quando ormai tutti i veli e le maschere sono strappati. E quanto più il suo sguardo si fa introspettivo, quanto più scava e va in profondità, tanto più la visione delle cose diviene superiore, ciò che i greci chiamavano EPOPTEIA. Gli aspetti fondamentali della pittura di Marta Della Croce sono la sehnsucht (e uno spleen di derivazione simbolista), un’elaborata escatologia personale e la visione e il sentimento tragici dell’esistenza. I temi e i soggetti scaturiscono da un pensiero profondissimo con echi nietzscheani, ovunque pervaso da una complicata malinconia. Con tali strumenti espressivi e di indagine psicologica, Marta compie un’analisi impietosa ma sapiente dei nostri tempi e della nostra società, dove l’uomo – peraltro- è infine ciò che è sempre stato. Ma se la pittura di Marta Della Croce è Melancholia, è anche allo stesso tempo ironia, un’ironia aspra e talvolta minacciosa, luciferina ed inquietante con cui l’artista stessa si confronta con i propri limiti e debolezze umane, sorridendone amaramente. Così questa Melancholia Ridens, che sta curiosamente tra una sindrome psichiatrica e una classificazione Linneiana, tra il mentale e il naturale, tra il demonico e il bestiale, diviene l’espressione artistica e filosofica con cui l’artista rappresenta l’essenza della propria weltanchauung e il proprio sano pessimismo di fronte allo sfacelo che definiamo vita. Nell’intento di stemperare questa terribile consapevolezza, questo gusto amaro di morte, Marta infine riesce solo a renderlo ancora più acre e pungente. Forse forte della grande verità secondo cui “ L’Arte è memoria futura, quanto più è cruda, crudele, più dura, tanto più permane, persiste, perdura”. Maria Rita Montagnani

Il suo figurativo intenso ed inquietante, malinconico ed ironico, profondamente espressivo, è risultato di un grande temperamento artistico e di una tecnica molto sofisticata. La pittura e la visione del mondo di Marta Della Croce creano opere di grande impatto emotivo e psicologico.

info

contatti: mrmontagnani@gmail.com

Il Suggeritore


protagonisti dell’arte contemporanea

Melancholia Ridens

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Le mie idee al mattino

L’angelo è annegato, dove il mondo l’ha negato. L’angelo annega quando ciascuno lo rinnega. Dal cielo caduto in un cielo di pantano resta esanime ed attonito, con qualche stella in una mano. Dopo aver vinto anche la morte, s’è trovato degradato ad essere umano.

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Neri Tancredi

L’angelo annegato


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STEFANIA QUARTIERI

Recensioni

I lievi sussurri della materia

Non ci sono più mari (2)

Stefania Quartieri è anch’essa un’artista toscana che all’interno dello stesso progetto”FORMAE MENTIS”, ha partecipato ad importanti rassegne in Italia e all’estero. Il suo informale grezzo,ruvido,che utilizza materiali metallici, resine e terre, crea opere che hanno uno stile ricercato ed inconfondibile.

di Maria Rita Montagnani

La forza del seguire ciò che si sente, non segue la via del sentire, ma si libera solo nella capacità di contenerlo. Stefania Quartieri assegna al proprio sentire tutto lo spazio che può strappare al vivere, quando il vivere senza il soffrire si riduce a mero esistere. Come una cercatrice non d’oro, ma di ciò che ognuno butta via, essa raccoglie dalla materia grezza e ruvida, la memoria di un antico splendore, di quella pienezza che la fece fremere e vibrare nelle fibre di una storia unica e strabiliante, ma che non si conoscerà mai se non attraverso ciò che resta di lei. Stefania porta nelle mani la strana inquietudine del fare uscire dalle cose l’anima nascosta. Facendola scivolare via da esse, coglie i loro lievi sussurri quando le loro ombre sussultano sulla tela. Così quel sentirsi lentamente corrodere e scolorare diviene il ricordo di ogni bellezza stata e mai cancellata. Così la materia colma di grata riconoscenza si abbandona nelle mani dell’artista e geme. Stefania Quartieri è oscura nel suo dire, così come è chiara nel suo non dire. Perennemente oscillante tra i due poli opposti di ogni cosa, finisce per lasciarsene cullare senza scegliere né l’uno, né l’altro. Se ci si arrampica sul significato,poi si scivola sul senso,così lei li sorprende entrambi. Con materiali aggressivi-filo spinato,ferri arrugginiti,chiodi-che solitamente respingono l’osservatore, essa opera una suggestiva seduzione: quella per cui ciascuno, senza saperlo, vuole ciò che duole… Così Stefania cura l’anima con i suoi strumenti di tortura, perché ogni gioia vera è dura. Maria Rita Montagnani

La sua ricerca artistica non si limita all’utilizzo dei materiali più svariati,bensì si estende al linguaggio di una sofferta interiorità, trasfusa in una tecnica molto personale e sapiente e che traduce compiutamente le sue peculiarità emotive.

info contatti: mrmontagnani@gmail.com 347 8721073 Ho raccolto giù in fondo i materiali ferrosi dei miei giorni. Con la mia gioia corrosa, con le mie parole arrugginite, con qualche vite scartata dalla vita, con le lacrime dure come pietre, mi son fatto una bella corona da RE-ietto. Neri Tancredi

Gabbie

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I lievi sussurri della materia

Non ci sono pi첫 mari

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Sostanza terrestre


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Eventi

VITTORIO RAINIERI

“Dedica al Maestro Giuseppe Verdi” la storia, l’arte e la musica

di Barbara Vincenzi

Il percorso e la genialità di Vittorio Rainieri, artista parmense, è quella di essere animo

Falstaff

La Forza del Destino

inquieto che insegue di continuo nuove forme rivelatrici, verità nascoste, attingendo sempre a rinnovate fonti culturali e storiche ispiratrici e rivelatrici. Artista colto, nelle sue rappresentazioni indaga il cosmo simbolico, deducendone verità, interrogativi, paradossi, che ferma come istanti, frame che passano attraverso il filtro della mente per poi essere rimandati alla pittura. Lungi anni di elaborazioni lo conducono verso molteplici esperienze e temi affrontati, passando dalla natura morta a temi come la solitudine, ricordi di un passato ed attimi del nostro quotidiano, trattati sempre nella loro essenzialità, forte di un ottima preparazione grafico-pittorica. Corpo e spirito prendono forma nel progetto “Dedica al Maestro Giuseppe Verdi”. Omaggio, che nasce nel 2009 dalla volontà dell’artista di recuperare e far rivivere in forma pittorica, quello nel 1920 veniva inaugurato come il monumento dedicato a Giuseppe Verdi. Eretto nel piazzale della stazione nell’area dell’ex foro Boario, su progetto dell’architetto Lamberto Cusani, l’intero assetto riprendeva la forma classica dell’arco di Trionfo che collegava le due braccia dell’emiciclo porticato i cui pilastri facevano da supporto ai basamenti di ventotto statue, ideate dal palermitano Ettore Ximenes, personificazioni simboliche delle opere verdiane. Lievemente danneggiato dai bombardamenti del 1944, venne abbattuto nell’immediato dopoguerra, lasciando ai posteri solo qualche vecchio documento a testimonianza della sua esistenza. Nove statue sono sopravvissute alla distruzione e sono a tutt’oggi collocate lungo le pareti del Teatro Arena del Sole di Roccabianca (Pr). Rivederne la sontuosità ora diventa possibile grazie alle immagini realizzate da Rainieri, che con grande sapienza tecnica, frutto di una attenta ricerca, ha saputo estrapolare dalle varie partiture sceniche verdiane e dal monumento distrutto, un assetto scenograficopittorico che lega fra loro musica, pittura e scultura. Il suo proposito prende forma con le prime dieci opere realizzate: Il Nabucco, I Lombardi alle prime crociate, Giovanna d’Arco, Il Rigoletto, La Traviata, L’Aida, Ballo in maschera, La Forza del Destino, Don Carlos, Falstaff, per terminare con le ultime 17 opere nel 2013, data del bicentenario della morte del Maestro di Busseto. Nelle opere ci appare evidente una certa maestosità, in una pittura che si lega alla scultura, e dove all’interno di un perfetto assetto scenico, di volta in volta i diversi personaggi raccontati da Verdi, rivivono i ruoli. Il dolore, la sconfitta, il tradimento, la burla, vengono immortalate dall’artista, che non vuole raccontare, ma raggiungere il cuore ed i sentimenti espressi nei drammi verdiani. Nel Nabucco, il personaggio è colto mentre nella disperazione si converte al Dio degli Ebrei, odendo voci che lo conducono a liberare il Popolo Ebreo, nell’intreccio drammatico di una storia d’amore e di guerra tra Ebrei e Babilonesi. Il paradosso tra burla e tragicità, viene fermato nel Rigoletto, buffone di corte, durante l’avvenuta maledizione di Monterone, rivale del Duca di Mantova. Il gioco prospettico sullo sfondo di una Mantova ostile, lontana, in cui la maschera tragico-malinconica del Giullare, rappresenta lo stato mentale del buffone che per contrasto è distrutto dal dolore, in una rappresentazione lirica che arriva al cuore emozionando. Nella Traviata, la cortigiana Violetta Valery, si guarda allo specchio, mentre distrutta da un amore contrastato e dalla malattia che la porterà alla morte, si dispera nel suo volto pallido ed emaciato. La principessa Etiope Aida, divisa fra l’amore per il padre e la Patria e l’amore per Radames comandante del Faraone d’Egitto, viene sorpresa mentre rassegnata per la punizione inflitta all’amato, condannato ad essere sepolto vivo, si accinge a raggiungerlo nel sepolcro per morire assieme a lui. La forza espressiva degli spartiti verdiani, che portano in loro messaggi profondi e criptici, affrontando i grandi temi dell’Umanità, vengono recepiti dall’artista parmense e, rinnovati attraverso le immagini, che in un istante arrivano a cogliere l’attimo cruciale attraverso una comunicazione evocativa. Improvvise planimetrie vengono avvolte da lame di luce oblique, in un ritmo di luce e colore che indaga spiritualmente la tela, immergendola in una luce sublime. Forti ci appaiono i giochi di luce che, come in uno spettro solare, rimabalzano a raggiera, dividono le immagini in colori cristallizzati, rendendo la rappresentazione mutevole allo scorrere delle ore e variazioni di tempo.


protagonisti dell’arte contemporanea

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“Dedica al Maestro Giuseppe Verdi” Le forme sinuose vengono ”pietrificate” e rese immortali, nella luce che le scandaglia geometrizzando le forme, sottolineandone gli aspetti più arcani, esoterici, simbolici, cercando la verità e l’essenza. Grande attenzione inoltre l’artista presta al costume, all’espressione dei personaggi, alla teologia mistica e laica. Nella sua ricerca introspettiva, fissa così in ogni rappresentazione tutti i drammi ed i sentimenti intimi dei protagonisti, l’attimo fuggente, lasciando ampio spazio ad un rinnovato coinvolgimento dello spettatore, che come a teatro subisce un turbamento interiore e viene travolto dalla maestosità, in un turbinio di emozioni incessanti. Dunque Vittorio Rainieri, compie una duplice indagine sugli spartiti del Maestro Verdi: ne coglie appieno ciò che fu la sua personalità ed insieme il suo operato, in un risultato di bellezza e sintesi, profondità ed armonia. Questo importante omaggio al grande Giuseppe Verdi, vuole essere veicolo di mostre itineranti, che porteranno l’evento dapprima in diversi luoghi italiani ed esteri, per poi far ritorno nei luoghi emiliani ed a Parma nel 2013 con l’intero ciclo di 27 rappresentazioni nella data del bicentenario della morte del maestro. dott.ssa Barbara Vincenzi e-mail: barbara.vin@libero.it

info Artista Vittorio Rainieri Sito web: www.raiart.net

Nabucco

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Rigoletto

Aida


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Cultura dell’immagine

FOTOGRAFIA: Appunti (1)

di Renato Freddolini

12. CRITICO GABRIELLA NIERO

info Renato Freddolini Docente di fotografia presso Ossidiana, centro culturale e di espressione. fred.renato@inwind.it ossidiana-time@tiscali.it

A dieci anni esatti dall’avvento della fotografia digitale di massa abbiamo visto crescere l’offerta di strumenti sempre più sofisticati, l’evoluzione forsennata dei pixel e delle funzioni automatizzate, successi e decadenze di termini nuovi e vecchi. Oggi le apparecchiature fotografiche hanno il video HD, le raffiche da 30 o 50 fotogrammi, il GPS, il WiFi, modi di ripresa sempre più fantasiosi. Tutte opportunità bellissime. Ma servono davvero? Che cosa serve realmente per fare una buona immagine? Bisogna rifarsi all’etimologia della parola fotografia. Il lemma ha origine da due parole greche, phos e graphis, letteralmente dunque significa “scrivere (grafia) con la luce” (fotos). Qualcuno potrebbe obiettare che si scrive con il cuore e noi siamo d’accordo, ma questo attiene al “che cosa e come scrivere”. L’inchiostro per scrivere in fotografia, è la luce. La penna è l’apparecchio fotografico, qualunque esso sia. Ad un fotografo, oggi, servono le stesse conoscenze di quelle dei fotografi del passato, sia remoto che recente: il gioco infatti sta solo nel combinare insieme l’otturatore ed il diaframma, cioè fare arrivare al sensore (o alla pellicola) la giusta quantità di luce. Tutto qui. Questa operazione si chiama esposizione e può essere effettuata in molti modi rappresentati sugli apparecchi con le sigle A, M, S, P e con una serie di simboli grafici che indicano i possibili soggetti da fotografare: paesaggio, ritratto, monumenti, fiori, eccetera. Tante, forse troppe possibilità di scelta che, soprattutto per coloro che stanno iniziando, possono ingenerare confusione se non sconcerto, incertezza sul da farsi. Ad un fotografo tutto ciò non serve. Se la fotografia è assimilabile alla scrittura, è necessario concentrarsi su ciò che interessa scrivere perché significativo, più che sullo strumento con il quale realizzare la scrittura. Forme fotografiche comunicative si possono realizzare addirittura senza l’uso di un apparecchio. Serve dunque, un’idea, una folgorazione, un interesse spinto verso un soggetto che ci appassiona sia esso un paesaggio, un volto, una scena che appare davanti ai nostri occhi. Già, gli occhi che sanno ”vedere“ là dove gli altri guardano soltanto. L’occhio del fotografo, un’apertura sul suo cuore. Dunque la fotografia come mezzo di comunicazione delle proprie emozioni, dei propri sentimenti, della propria visione della vita, del mondo: un’arte espressiva. Da qui l’accostamento alla letteratura ed in modo particolare alla forma poetica capace, quest’ultima, di espressioni originali, graffianti, liriche… E come in poesia, anche in fotografia è possibile ricorrere alla metafora e cioè fotografare delle cose per dirne delle altre, sia che si tratti della fotografia di paesaggio, del reportage o del ritratto. A questo proposito ricordiamo Oscar Wilde nel suo romanzo “Ritratto di Dorian Gray” che, in relazione al rapporto tra il pittore ed il suo modello, afferma che quest’ultimo è solo un pretesto del pittore per parlare di sé, per ritrarre se stesso. Ciò che conta, infine, in fotografia, è l’individuazione del soggetto (o dei soggetti) principale, la sua valorizzazione, la sua collocazione nello spazio, la giusta luce. Tutti questi elementi devono essere ben composti nel fotogramma. Comporre, infatti, significa mettere insieme in modo armonico ed è un’operazione che tanto meglio riesce quanto più chiara e determinata è la scelta del fotografo. Renato Freddolini



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1 4 . C R I T I C O M A R A C A M PA N E R

Emergenti

MARY SPERTI: Oltre il visibile

di Cinzia Ficco

Va “Oltre il visibile”. Sembra possa essere annusata, toccata, ma, soprattutto, gustata con il cuore e la mente. Arriva dritta ai tuoi sensi. E il tuo fuoco creativo ne é rapito. E’ la pittura di Mary Sperti, artista trentenne, nata in Puglia, oggi residente nelle Marche dove, già da qualche anno, ha fatto conoscere i suoi capolavori attraverso mostre personali. Originale il lavoro che c’è dietro i disegni di Sperti, sin dagli inizi impegnata a proporre opere “tangibili”, come lei stessa ama definirle, lavori in grado di “raggiungerti” senza filtri. Luce e colore sono importanti per lei, ma la sua attenzione è concentrata sulla forma. “Anche un’opera nera o bianca, realizzata con un solo colore – spiega – deve suscitare emozione. E in questo senso, a toccarti, è la forza impetuosa che trasmette la forma”. La ricerca continua dell’informale e dell’astratto la slega dal reale e le permette di volare oltre il prevedibile. Il suo quadro diviene, così, modellamento. Via, dunque, dai canoni scolastici, che l’hanno imbrigliata sino ad una decina d’anni fa. Ora Sperti è impegnata a cercare il nuovo. Il particolare, che sta anche nell’utilizzo di materiali in disuso. Ma qual è stato il suo percorso formativo? “Sin da bambina ho dimostrato – racconta l’artista – in modo prepotente una propensione per il disegno. Mi sono trasferita in Lombardia dopo essermi diplomata all’Istituto Statale d’Arte di Monopoli, nel Barese. Dopo il percorso artistico ho partecipato a diverse collettive, ma ritengo indispensabile sganciarmi dai canoni derivanti dall’iter scolastico. Ho avviato una intensa ricerca dell’originale”.Le opere della prima fase nascono da un senso di insoddisfazione. La pittrice agli esordi sembra alla ricerca di input in grado di ampliare la sua Weltanschauung. “Alla fine approdo con entusiasmo – aggiunge – ad una Facoltà umanistica, senza trascurare la pittura e l’arte nelle sue diverse prospettive. Ho tentato così di applicare alla realtà la mia tesi di laurea, dal titolo: “Genio creativo e follia criminale. Possibili correlazioni e divergenze”. Per questo lavoro, Sperti ricorre alla teoria di Ruben De Luca. Il criminologo-psicologo, Direttore del GORISC (Gruppo Osservatorio di Ricerca, Intervento e Studio sul Crimine), all’Università di Roma “La Sapienza”, afferma, infatti, che esiste un parallelismo tra la follia e la creatività. Per l’esperto europeo di crimini seriali, pazzia e immaginazione sarebbero due facce della stessa medaglia. In questo senso l’artista pugliese analizza, con attenzione, casi che dimostrano la teoria di De Luca, lavorando su personaggi, quali: Caravaggio, Dalì, Pacciani e Hitler. “È in questi anni universitari – chiarisce – che la mia pittura prende una direzione ferma. Diventa mezzo che permette di pensare a chi osserva. Finalmente la creatività esplode in una continua ricerca del colore, dei materiali, della forma. Lascia rivivere materiali che finirebbero nella spazzatura”. Anche la classica tela viene sostituita da materiali più resistenti, duri e compatti, diventando parte integrante dell’opera. La pittrice non disdegna i tessuti, più facilmente modellabili. Lo spazio si trasforma durante l’esperienza creativa. Ogni opera pare assorbire le sue energie. E, soprattutto, i suoi pensieri. I dubbi che la pervadono sin dall’adolescenza. Il suo disegno matura, parte da una domanda, dalle curiosità che in modo costante tempestano la sua mente. I pensieri, i sentimenti sono l’origine dei suoi disegni. Non ama i paesaggi e quasi mai le sue opere pescano dal reale.

info marysperti@tiscali.it

Le sue creazioni nascono da un tormento. Una paura, che trova pace nello schizzo. E i suoi disegni rappresentano la soluzione più o meno statica a tanto movimento dell’anima. Spesso sulle sue tele è possibile rintracciare i colori e la forma del mare, dell’occhio della luna. Mai c’è la volontà di disegnare figure del quotidiano. “Non disegnerei mai un’opera – chiarisce – che rispecchia la realtà che balza immediata agli occhi, senza una esplorazione delle opere. Le opere che creo sono una sorta di scultura, in quanto la mia filosofia è far sentire il quadro anche con il tatto. La scultura è un percorso che ho avviato da poco tempo. Ma parto sempre dalla tela o dal supporto piatto. Quasi che l’astratto, l’irreale richiedano un sostegno più facilmente riconoscibile. Palpabile. Dunque, insieme, essere e apparire, genio e follia. Visibile con gli occhi, raggiungibile col cuore”.


Oltre il visibile

protagonisti dell’arte contemporanea

Artisti Emergenti

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Emergenti

CONSUELO VENTURI: Magiche matite

Nasce a Spoleto il 25 Maggio 1988. Fin dai primi anni di vita mostra amore e innata attitudine per il disegno, raffigurando personaggi e luoghi di fantasia, dei quali ancor oggi conserva le fotografie. Non avendo avuto mai alcun dubbio riguardo alla scelta degli studi, nel 2002 frequenta l’istituto d’arte O. Metelli a Terni e nel 2007 consegue il diploma di maturità d’arte applicata. Le sue opere sono state esposte durante numerose mostre d’arte contemporanea in Italia e all’estero, tra le quali: mostra collettiva “Arte Italiana a Fukuoka” in Giappone; Premio OpenArt 2011 nelle Sale del Bramante (Complesso monumentale di S. Maria del Popolo) a Roma; XIII Fiera Internazionale d’arte contemporanea nel China World Trade Center di Pechino (Cina); Mostra d’arte figurativa Italiana a Stoccolma (Svezia); I^ Biennale Internazionale Città di Lecce; Premio d’arte “La costante è il percorso: dal Rinascimento all’Arte Contemporanea” a Pesaro; Esposizione Internazionale “I Ritrattisti”nella Galleria Il Borgo (Milano). Nel 2010 si unisce all’International Artists Group e alla SIAE come Autore di Arti Figurative. Attualmente risiede a Terni e lavora come illustratore freelance e ritrattista per privati. L’artista è un’entità messaggera, in quanto portatore di una valida medicina e arma per volontà della Verità: il Logos. Questa arma- medicina è l’Arte, che si manifesta con forza e potenza come la fenice dal fuoco e arde e splende per sempre. Le principali tematiche affrontate dall’artista sono l’Allegoria, il Mito e l’Immaginario, l’Arte Sequenziale, l’Arte Concettuale e il Ritratto. I suoi soggetti derivano da figure di stampo Neoclassico, ma sfoggiano anche uno spiccato accento fumettistico. Uomini stravaganti ma semplici, che sfatano il mito del supereroe: una figura nata negli anni ’40, e che sta alimentando il commercio odierno. “…Solo grazie all’osservazione del mondo l’arte ha un senso, ed è in grado di evolversi.” (Consuelo Venturi. Tratto da EX NIHILO NIHIL FIT, saggio inedito - 2010). Ha molta confidenza con le tecniche di pittura tradizionale e con la complessa pittura digitale: un valido aiuto per il progresso della ricerca artistica e definita da esperti la “pittura del Terzo Millennio”. CONSUELO VENTURI E LE SUE MATITE MAGICHE: osservando i disegni iperrealistici in bianco e nero della giovane artista, sono catapultato in un mondo fumettistico molto originale e meticoloso nei tratti, cosi precisi e ossessivi, un realismo che si vive come un sogno e che ci riporta nel nostro io infantile, trovo nelle sue opere un linguaggio molto contemporaneo, legato alla Pop Art, che andrà a svilupparsi man mano nelle fasi di ricerca. (Maestro Vincenzo Cangiano)


Magiche matite

Artisti

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protagonisti dell’arte contemporanea

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Emergenti

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Portfolio: www.consueloventuri.com Email: white.heron@hotmail.it


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Emergenti

VINCENZO DEL DUCA: L’emozione della luce

di Teresa Francesca Giffone

È il sole del Cilento che riscalda ed anima i dipinti di Vincenzo Del Duca, del resto chi ha una tale sensibilità pittorica e ha vissuto la calda terra meridionale non può non trasferirne le avvolgenti sensazioni sulla tela. Il supporto è percorso da un segno marcato che evidenzia, come il piombo di una vetrata, le varie tessere di colore, il quale si presta a cangiantismi e trasparenze. Davanti a opere come “Vortice”, in cui il nero segna il turbinio del cielo donando profondità alla composizione e l’energia si espande trasferendosi negli alberi dalle chiome lussureggianti, ci sembra quasi d’ammirare un’opera xilografica, invece è tutto realizzato tramite il sapiente uso della pittura. Parimenti in dipinti quali “Paesaggio del sud”, Del Duca, crea una composizione a volo d’uccello dove è ancora la calda atmosfera salernitana, con le frastagliate coste tirreniche e le poetiche insenature, a riscaldarci lo sguardo e a donarci una sensazione mista a dolce abbandono e fermento dovuto alla forza degli elementi. La tela è interamente cosparsa di piccoli tratti ognuno di colori differenti, quasi un ritorno al divisionismo. Veri e propri filamenti di materia che costituiscono la trama e l’ordito di un prezioso tessuto. La stessa sensazione si ricrea nella “Casa dell’operaio”, di qualche anno più tardi, in cui ritroviamo lo stesso soggetto ma affrontato con maggiore enfasi ed energia: le coste scoscese, sulle quali sono arroccate piccole costruzioni, affondano nel mare e il cielo è sconvolto da una forte tempesta di vento. Vortice

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Tra gli elementi caratterizzanti dell’opera dell’artista troviamo l’albero, componente simbolico della sua pittura, emblema della vita, nonchè allegoria delle radici familiari ed emozionali. Queste affondano nel terreno e percorrono l’intero dipinto, traendo proprio dall’humus della terra il nutrimento necessario per crescere e rendersi più forti di fronte alle intemperie e alle stagioni della vita. Tra i suoi ultimi dipinti notiamo un atteggiamento diverso, i colori accesi e vivaci si affievoliscono lasciando spazio quasi a monocromi, dove comunque si percepiscono i piccoli tratti, ma dove ancora le coste del Vallo di Diano sono ritratte con amore e nostalgia e un timido raggio di sole accarezza i declivi brulli e solitari. Dott.ssa Teresa Francesca Giffone tf_giffone@hotmail.it

Paesaggio del sud

info

BIOGRAFIA Vincenzo Del Duca è un’artista autodidatta è nato e cresciuto a Poderia (Sa), attualmente vive e lavora a Carmagnola (To). Dagli anni Ottanta che partecipa attivamente a rassegne e mostre piemontesi e non solo. Il suo nome è presente su ELITE del 2000 nella sezione Arte Italiana e sul Dizionario Enciclopedico dell’Arte Contemporanea del 2001. CONTATTI

E mail: selvaggio82006@libero.it www.myspace.com/delducavincenzo http://www.vincenzodelduca.beepworld. La casa dell’operaio


L’emozione della luce

Alberi e collina radiosa

L’attesa

Paesaggio della memoria (2)

Inizio autunno

Raggio di sole

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CATERINA ZAVA:

Mostre

Il colore e la luce

di Mara Campaner

Questa artista presenta una grande capacità gestuale, dando una forte carica di energia alla materia, al colore al segno e alla luce. La sua ricerca si esplica in una complessità labirintica dove nulla appare scontato, propone delle rivelazioni oltre il limite. La produzione è una laboriosa indagine sul linguaggio intrinseco alle variazioni cromatiche, dove l’artista non si abbandona all’istintualità, preferisce attuare formulazioni spaziali estremamente controllate. Nella sua produzione va riconosciuta la forza evocativa di questo universo denso e popolato di sostanze vitali. Crea dei dipinti per creare il pathos delle relazioni. La fisicità, il volume, l’insistenza delle pennellate esprimono emozioni umane, toglie l’astrazione dall’isolamento e permette alle persone di provare un sentimento di fronte al mondo reale in relazione al dipinto astratto che stanno guardando. Kandinsky nell’opera Sullo spirituale dell’arte spiega “che ogni forma ha un proprio, intrinseco contenuto: non un contenuto oggettivo o di conoscenza, ma un contenuto-forza, una capacità di agire come stimolo psicologico. I suoi dipinti apparentemente casuali, sono in realtà eseguiti con grande precisione: sembrano limpidi, ma sono il prodotto di processi caotici e densi. Le opere sono dotate di una bellezza singolare, gioiosa e libera, che va oltre l’ordinario. La pittura di Caterina ha in sé la registrazione fisica dell’espressione della mano umana. Si adatta alla traccia del pennello guidato dagli impulsi psichici. Nessun’altra forma d’arte come quella astratta dimostra che la creazione è più intimamente legata ai movimenti del corpo. Solo l’uomo attraverso quest’arte ha maggiore potere di avere un effetto immediato sull’immagine del proprio mondo. Dal 12 marzo al 27 marzo avrà luogo la personale dell’artista “Arte Primavera” presso lo spazio San Vidal in Campo San Zaccaria a Venezia. Inaugurazione il 12 marzo alle ore 18.00.

info Caterina Zava Via Molinara 25 31010 Godega di Sant’Urbano (TV) Tel. 3392037290 www.caterinazava.com


Il colore e la luce

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SILVIA GARZANOTTI: Il mistero dei volti

di Enzo Santese

Per esprimere la propria tensione creativa, Silvia Garzonotti ricorre anche all’uso della fotografia e del computer, ma assegna alla pittura una centralità che parte dal disegno per trovare nel rapporto fra luce e ombra il momento generatore dell’evento e il luogo, in cui la fisicità del tratto si fa limite di penetrazione dentro l’essenza di spiritualità. In questo caso la matita è un mezzo straordinario di scrittura di sentimenti e umori che talvolta sfuggono anche alla percezione di chi li prova; l’immagine che focalizza solitamente volti “ad occhi chiusi” richiama l’idea di una maschera, involucro della realtà, che è necessario infrangere per andare oltre, per sondare, come dice l’artista, “il mondo misterioso dell’anima”. L’urgenza di racconto muove da uno scandaglio interiore, con cui Silvia Garzonotti va a prelevare i moti più segreti della sua sensibilità per travasarli sulla superficie pittorica che, in tal modo, diventa il piano di registrazione di battiti d’emozione lasciati liberi di materializzarsi nelle articolazioni figurali dell’opera. Il volto attiva un meccanismo di comunicazione intensa tra l’autrice e la propria dimensione più segreta, lasciata trapelare per allusione da un’espressione sospesa tra l’urgenza di intimità e quella di relazione con ipotetici interlocutori, capaci di impostare sul silenzio un sistema di colloquialità fatta di vibrazioni, accenni, sfumature fisionomiche: parvenze ieratiche, collocate in una temperie di immobilità dove i ritmi della contemporaneità sono momentaneamente interrotti per consentire l’intercettazione di un respiro, indicatore del grado di partecipazione dell’autrice all’attualità.

info Silvia Garzonotti nasce a Minucciano (LU), da giovanissima si trasferisce prima a Livorno e poi a Roma, dove completa la sua formazione scolastica, per poi trasferirsi, con la famiglia alla Spezia, dove tutt’ora vive e lavora. Disegnare è sempre stato per lei un gesto spontaneo con particolare interesse per il ritratto e alla copia dal vero. Già sposata e con una figlia, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Carrara, diplomandosi con il massimo dei voti con una tesi sul ritratto. Info.: Galleria Il Levriero | L.go Grisogono 30, Grado (GO) cell. +39 3384589095 | www.galleriaillevriero.com Galleria 44 |Via della Rocca 4/i, Torino tel. +39 011 8123629 | www.galleria44.com

Biografia essenziale Vincitrice “Premio Arte 2003” ed. Mondadori con esposizione al Palazzo della Permanente a Milano. 2010: espone “Frammenti” al CAMeC, Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia; 2009: con “Rimbalzi del tempo nel viaggio per Itaca” espone, al Centro S. Allende (SP), la mostra viene presentata da Marzia Ratti Direttore Istituzione Servizi Culturali Comune della Spezia; 2007: partecipazione a “Hombelico”, mostra collettiva organizzata presso Palazzina delle Arti (Sp) e partecipazione alla “Settimana dell’Arte” presso IGV Club S. Giusta loc. Castiadas Sardegna; 2006: espone, nella collettiva “Frames” presso lo Spazio E. Pifferi Editore, Como e partecipa all’iniziativa organizzata dalla Galleria d’Arte 18, di Bologna “Artearredo ‘06”; 2005: mostra personale “Io sono Cuba” organizzata presso il Centro S. Allende - La Spezia. Mostra personale a cura di Enzo Santese, organizzata presso la Galleria d’Arte “Il Levriero”, Grado (GO); 2004: partecipazione alla collettiva “Visioni Parallele” a Palazzo Arese Borromeo, Cesano Maderno (MI) ed a “Tremend’art”, per Don Mazzi, collettiva presso il Palazzo della Ragione a Milano. Alcune opere sono entrate a far parte delle collezioni del Museo d’Arte Moderna di Monsummano Terme (PT) e delle collezioni del CAMeC , Centro d’Arte Moderna e Contemporanea, della Spezia.



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Aziende emergenti

CATS P R O

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egli ultimi anni la tecnologia ha compiuto passi da gigante, influenzando la vita di tutti i giorni con sistemi sempre più sofisticati e sorprendenti. Ed è entrata anche nelle nostre case, rendendole sempre più intelligenti, funzionali e sicure. Questo grazie a dispositivi che, di pari passo con un crescente bisogno di efficienza e di protezione, sono divenuti indispensabili sia per le abitazioni che per gli ambienti di lavoro. Ma per sfruttare appieno i benefici dell’innovazione è fondamentale rivolgersi a dei professionisti competenti, in grado di soddisfare le proprie esigenze con soluzioni moderne e personalizzate. L’azienda Sic Tecnologie di Longare è specializzata nell’installazione e gestione dei sistemi più avanzati per la protezione e l’efficienza degli edifici: sistemi di sicurezza, rivelazione incendio e gas, protezioni perimetrali, video controllo, controllo accessi, integrazioni domotiche, sistemi domotici, sistemi antitaccheggio e integrazioni tecnolo-


Tecnologie per la sicurezza

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C AT S P R O giche multiprotocollo. Una realtà giovane, dinamica ed estremamente concorrenziale. Nata 4 anni fa, dalla sua fondazione ad oggi è stata interessata da una forte espansione, che col passare del tempo le ha consentito di incrementare notevolmente il proprio fatturato. Questo anche grazie all’esperienza consolidata del suo titolare, Daniele Costa, già collaboratore di grosse imprese del settore: «La nostra azienda si avvale delle tecnologie più innovative, funzionali ed affidabili per la sicurezza, che comprendono tra le altre cose sistemi visibili e invisibili di videocontrollo e dispositivi di domotica, con gestione anche da remoto». Sic Tecnologie può contare su un team di tecnici specializzati con un grande bagaglio di competenze, appoggiandosi all’occorrenza a collaboratori esterni: «In questo modo siamo in grado di fornire soluzioni a 360°, dall’adesivo “ambiente protetto” all’installazione e gestione di impianti più o meno estesi per quel che riguarda il settore civile e industriale», prosegue Costa. Puntualità e professionalità sono i punti di forza dell’azienda: «Il nostro servizio prevede inoltre assistenza tecnica 24 ore su 24, preventivi gratuiti, manutenzione di impianti di nuova e vecchia generazione, dichiarazioni di conformità, progettazione e assistenza in cantiere, noleggio impianti di sicurezza, corsi di prevenzione incendi e la protezione impianti fotovoltaici». Sono molte le possibilità per chi desidera proteggere la propria casa dai ladri: «Una buona soluzione è data dall’allarme perimetrale, meglio se esterno, che ostacola le intrusioni notturne evitando danni ai serramenti. Si passa poi ai sistemi interni che possono essere più o meno evidenti, con la possibilità di integrarli in modo molto discreto nell’ambiente». Insomma anche l’occhio vuole la sua parte: «i dispositivi di ultima generazione, grazie ad un design estremamente ricercato, sono in grado di adattarsi perfettamente alle caratteristiche estetiche e architettoniche degli edifici». Ma questi sistemi non rendono la casa solamente più tranquilla e protetta: «Grazie ai più moderni ritrovati della domotica è possibile anche risparmiare energia e semplificare la progettazione, l’installazione e l’utilizzo degli apparecchi domestici. E si può facilmente vigilare la propria abitazione anche a distanza mediante cellulare, Smartphone oppure con un comodo pannello touch screeen installato nelle pareti. Si può così controllare un sistema intelligente per la gestione energetica, piuttosto che per regolare luci, aperture, sensori, temperatura e telecamere». Inoltre chi pensa che questi sistemi richiedano una competenza specifica per essere utilizzati si sbaglia di grosso: «È molto importante che i dispositivi si adattino alle capacità di qualsiasi utente, anche il meno esperto. Basti pensare al sistema di chiamata a distanza concepito per la gli anziani che si trovano in casa da soli: in caso di necessità con un semplice gesto possono dare l’allarme e chiedere soccorso». Sic Tecnologie offre inoltre un servizio di consulenza per architetti e geometri per l’installazione di impianti intelligenti e biosostenibili, è associata da due anni con il consorzio Costec Servizi Tecnici per la fornitura dei sistemi di sicurezza a Poste Italiane ed è partner di Tonello Energie per l’installazione e la gestione di pannelli solari fotovoltaici.

A sinistra Daniele Costa, titolare di Sic Tecnologie

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di Sara Voltan per Publiadige - ph. Nicola Zanettin

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Ricerche

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ARDEA L’ Associazione per la didattica culturale Ardea opera in particolare con la scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di I e II grado. Le attività nei musei, in laboratorio e in esterni presentano il costo di euro 4,00 per ciascun alunno (gratuito per gli accomagnatori). I biglietti di ingresso ai Musei sono in vendita presso il Teatro Olimpico al costo di 2,5 euro per alunno e sono validi per l’intero anno scolastico, usufruibili in tutti i musei civici della città, compreso il Teatro Olimpico.

RISORGIMENTO:

150° anniversario dell’Unità D’Italia

Il Museo del Risorgimento e della Resistenza a Vicenza apre la stagione primaverile al pubblico con interessanti percorsi culturali per ripercorrere i momenti storici del 1848 vissuti sia a livello locale sia a livello nazionale. Le sale espongono raccolte significative di documenti storici, cimeli, mappe, repertori figurativi e dipinti di illustri personaggi del Risorgimento locale per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, avvenuta il 17 marzo del 1861, pur ricordando che il sogno di annettere il Veneto all’Italia si concretizza il 21 giugno del 1866. L’Associazione per la Didattica Culturale ARDEA mira con le sue attività a coinvolgere emotivamente gli studenti delle scuole medie inferiori e superiori nel clima risorgimentale grazie al contributo di guide esperte, alla vasta presenza di oggetti, ai supporti interattivi e all’ interessante gioco finale per ricostruire le strategie di guerra della primavera del 1848 tra le truppe vicentine e austriache. Cenni storici della situazione politica e sociale italiana dal 1815 al 1848. Vittorio Emanuele II di Savoia, audace e coraggioso re, abbandona i contatti amichevoli con l’Austria (1842) per attuare l’idea di espansione nella pianura padana. Permeato da un forte senso liberale sente la necessità di scacciare dal suolo italiano gli Austriaci. L’ambiziosa iniziativa di annettere al suo regno la Lombardia e il Veneto, dominate dall’Austria fin dal 1815 con il Congresso di Vienna, lo porta ad essere protagonista della prima guerra d’Indipendenza dichiarando guerra all’Austria. Il desiderio di governare autonomamente un nuovo stato monarchico, fondato su basi costituzionali ben solide, si concretizza il 4 marzo del 1848 con lo “Statuto Albertino” che elenca nuove leggi, tra cui il Codice Civile e Penale. Istituisce la Corte di Cassazione accarezzando il sogno di governare il futuro Regno d’Italia composto dal potere legislativo del re, della Camera e del Senato. E’ prevista la libertà di culto dove la religione di stato è il Cattolicesimo, viene abolita la feudalità in Sardegna, tolti i dazi che ostacolano il progresso dei commercio e vengono potenziate le scuole. Questi elementari principi di riforme aprono nuovi orizzonti di progresso e di benessere sociale ed economico al popolo italiano. Oltre alla politica di Carlo Alberto si nota la presenza innovativa del papa Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti) che gode le simpatie del popolo per aver agito con grande clemenza nei confronti dei condannati politici concedendone la libertà. Tale gesto è interpretato come segno di cambiamento politico


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Storia Vicentina

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e sociale. Considerato un papa all’insegna dell’avanguardia politica, crea una “Consulta di Stato” composta da laici che partecipano al governo, istituisce la “Guardia Civica” composta da un corpo di polizia di liberi cittadini e concede la libertà di stampa. Il clima ardente di passione patriottica coinvolge grandi poeti, scrittori, musicisti e pittori. Il loro animo, le loro voci e le musiche s’innalzano al cielo come odi per scuotere il popolo italiano dalla passività e dall’inerzia contro lo straniero e per promuovere lotte contro i sistemi di tirannia. L’orgoglio nazionale, la fierezza e la dignità personale promuovono azioni belliche contro i nemici. L’idea dell’amor di patria, il desiderio di un’Italia unita nella lingua, nella religione, nel governo e nel desiderio di rievocare le glorie antiche (storiche e artistiche) sono divulgate da Alessandro Manzoni (poeta e romanziere), Massimo D’Azzeglio (statista, romanziere e pittore), Antonio Rosmini (filosofo), Michele Amari (storico) e Francesco Hayez (pittore). Vincenzo Bellini (musicista) e Giuseppe Verdi (musicista) compongono melodie musicali che si diffondono nelle città per divenire dei veri inni politici, tanto da assaporare l’imminente liberazione dall’oppressore. Venezia e Milano nella primavera del 1848 promuovono molteplici manifestazioni antiaustriache, in particolar modo dopo la caduta di Metternich. A Milano scoppiano le cinque giornate (17 – 21 marzo 1848) mentre a Venezia gli austriaci si ritirano senza creare rappresaglie, lasciando la città nelle mani della Repubblica di San Marco (17 marzo 1848), a capo della quale si evidenziano le figure patriottiche di Daniele Manin e Nicolò Tommaseo. Le premesse rivoluzionarie sono rivolte all’unificazione nazionale fondata sui contenuti politici federali. Il generale Radetzky tenta di debellare l’insurrezione milanese, ma deve retrocedere nelle fortezze di Verona, Mantova, Legnago e Peschiera che formano un eccellente quadrilatero difensivo, in attesa di nuovi rinforzi. I milanesi pensano che la loro libertà sia stata conquistata con il sacrificio (re Carlo Alberto arriva in loro soccorso a situazione già ultimata) e ventilano l’idea di erigere una Repubblica libera e indipendente. Anche Venezia non è da meno perché pensa di riprendere in mano le redini dell’antico potere e non di sottostare al dominio dei Savoia. Tale situazione non piace a Carlo Alberto che, assieme ai volontari dello Stato Pontificio e della Toscana, combatte gli austriaci in un cruento assedio al quadrilatero austriaco. La situazione generale prende tutti gli aspetti di una “crociata nazionale contro lo straniero”.

Gioberti

Massimo d’Azeglio

Risorgimento Vicentino dal 1848 al 1866. Vicenza respira le avvisaglie rivoluzionarie accompagnate da un clima di libertà, d’innovazione politica e sociale. Reagisce con entusiasmo contro gli austriaci unendosi ai sentimenti patriottici di Venezia e delle altre città venete- lombarde. Coglie l’occasione dell’improvvisa partenza delle truppe austriache richiamate nel quadrilatero per aderire al governo veneziano, di cui sente ancora l’influenza della “Serenissima”, e costituisce un governo provvisorio (25 marzo 1848) diretto dal podestà veneziano Costantini e sostenuto da personalità importanti vicentine tra cui Valentino Pasini, Don Giuseppe Fogazzaro, Don Giovanni Rossi e Sebastiano Tecchio. Il primo governo provvisorio promuove idee repubblicane e federaliste in linea con le idee giobertiane (potere decentralizzato), ben lontane dai programmi mazziniani (potere centralizzato). Il 1° aprile del 1848 viene costituito un “Comitato provvisorio Dipartimentale” formato da G. Benollo, G. Tognato, V. Pasini, S. Tecchio, D.G. Fogazzaro e D.G. Rossi. Venezia, in difesa dei vicentini, invia le guardie civiche, anziché l’esercito, e così Vicenza organizza volontari locali con il nome di “crociati” per respingere le truppe austriache disseminate nel Veneto. I luoghi di battaglia dei crociati contro i nemici sono Sorio, Chiampo e Gambellara, ma realizzano presto la loro debolezza e inviano una delegazione al re Carlo Alberto per chiedere aiuto. L’iniziativa vicentina in quel momento favorisce la politica unitaria della casa Savoia e contrasta quella federalista e neoguelfa di Venezia, creando disagio e divergenze di idee. Il punto focale su cui la popolazione raccoglie tutte le energie è quella di scacciare gli austriaci dal suolo vicentino.

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S. Tecchio


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28. CRITICO TERESA FRANCESCA GIFFONE

Eventi

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Grazie ad una proficua collaborazione di pensiero politico, nel maggio del 1848 tutta la città innalza le barricate sulle vecchie mura di Porta Castello, Porta Santa Croce, Porta Nuova, San Bortolo, Borgo Scrofa, Santa Lucia, Porta Lupia e Campo Marzio, per contrastare l’avanzata del nemico. Alla difesa della città arrivano il 19 maggio del 1848 le truppe pontificie, nonostante l’Allocuzione di papa Pio IX del 29 Aprile 1848, e le legioni di civili e militari comandati dal colonnello Gallieno. Gli attacchi bellici degli austriaci, comandati da Radetzky, si distribuiscono in diverse zone cittadine e in tre momenti diversi: il 20 maggio avanzano da Borgo Santa Lucia a Porta Padova, il 21 maggio 1848 invadono viale Verona, il 23 – 24 maggio 1848 avanzano verso Borgo Santa Lucia, Porta Santa Croce e la Rocchetta dove sono clamorosamente sconfitti dai vicentini aiutati dalle truppe pontificie capitanate dal comandante Giovanni Durando. I cittadini esultano per l’avvenimento e nutrono speranze liberali alle notizie delle vittorie di re Carlo Alberto, conseguite a Goito e a Peschiera il 30 maggio, pertanto decidono di firmare un Plebiscito il 1° giugno che sancisce l’annessione della città al Piemonte. La reazione delle truppe austriache è immediata: tra l’8 e il 10 giugno scoppia una guerriglia cruenta nei luoghi della Rotonda,Villa Margherita, Monte Bella Guardia, Colle Ambellicopoli, difeso dagli svizzeri comandati da M. D’Azzeglio e del Santuario di Monte Berico, il cui esito (11 giugno del 1848) è il ritorno di Vicenza nelle mani di Radetzky. Disagio, smarrimento, perdita d’identità, insicurezza sono i sentimenti che si diffondono negli animi dei cittadini, in particolar modo nel vedere i loro alleati arruolarsi nelle truppe garibaldine e nell’esercito piemontese. Inoltre iniziano le persecuzioni a danno di personalità cittadine che hanno caldeggiato i sentimenti patriottici. Le disavventure proseguono con la battaglia di Custoza (23-26 luglio 1848) dove re Carlo Alberto, sconfitto, retrocede dalla Lombardia e da Milano. In questo clima generale di sgomento e di incertezze politiche si conclude la prima parte di una guerra iniziata all’insegna dell’ottimismo e della condivisione apparente dei principi di azione, dove l’idea di Gioberti, che promuove un’azione comune degli stati italiani (federalismo), è completamente naufragata. L’idea di cominciare la seconda guerra d’Indipendenza nasce alla fine del 1848-49 in Piemonte dove Carlo Alberto tenta l’occupazione della Lombardia (20-23 marzo 1849). Sconfitto dagli austriaci a Novara e umiliato, il re abdica in favore del figlio Vittorio Emanuele II e decide di recarsi volontario in esilio ad Oporto (Portogallo) dove trascorre i suoi ultimi mesi di vita. Una decina d’anni dopo (1859) grazie a Garibaldi e a Vittorio Emanuele II vengono annessi i ducati della Lombardia. Nel frattempo la situazione vicentina si presenta incerta e costellata da dissidi politici e religiosi, ma una vera ripresa conto gli austriaci viene documentata nel 1864 sull’Altopiano di Asiago dove il capitano di artiglieria Francesco Molon, rappresentante del Governo Provvisorio Veneto, porta avanti il progetto di liberazione. Vittorio Emanuele II appoggia l’iniziativa, ma l’impresa si conclude in modo fallimentare.

Vicenza il 13 luglio 1866, durante la terza guerra d’Indipendenza, è spettatrice della retrocessione delle truppe austriache. Grande è l’entusiasmo e l’ardore dei sentimenti che si sprigionano in questo clima di liberazione dopo lunghi anni di eroiche attese più volte deluse. Il 18 luglio 1866 viene nominato Commissario del Re per le province di Vicenza, Verona e Mantova, il Deputato Antonio Mordini e il 24 Luglio prende possesso dei poteri politici e amministrativi a Vicenza, ma l’animo patriottico è già in festa dal 21 giugno 1866 quando è stata comunicata l’annessione del Veneto al Regno d’Italia. Solo con la pace di Vienna del 3 Ottobre 1866 viene sancita l’annessione di Vicenza e del Veneto al Regno. Il 19 Ottobre 1866 re Vittorio Emanuele II riconosce l’eroismo cittadino dimostrato contro gli austriaci il 10 giugno ’48 conferendo al comune la medaglia d’oro al valore militare e viene issata la bandiera del tricolore istituita il 7 gennaio 1797. I pittori Agostino Bottani, Pietro Negrisolo e Giacomo Casa rendono omaggio con le loro opere pittoriche agli avvenimenti bellici più rilevanti del 1848. Domenico Petterlin illustra l’ingresso di Vittorio Emanuele II a Vicenza mentre benedice il nuovo Stato Italiano, appunta la medaglia d’oro al valore sulla bandiera civica e viene circondato con affetto da militari e cittadini. La scena è dominata nello sfondo dalla statua del Redentore per ricordare la lunga dedizione di Vicenza a Venezia, anche nello spirito patriottico risorgimentale del 10 giugno del 1848. Il pittore presenta la città avvolta da tonalità sgargianti per esprimere l’aria di festa, l’entusiasmo e la fierezza dei partecipanti alla presenza del sovrano, al quale si riconosce non solo il forte senso di collaborazione ma anche il sensibile legame alla classe aristocratica vicentina. ARDEA_INFORMAZIONI: Dott.ssa Luisa Montèe tel- 333 6040688 fax 0442 6118490 Museo del Risorgimento e della Resistenza museorisorgimento@comune.vicenza Tel. 0444.322998 fax. 0444.326023 / Orario: da martedì a venerdì ore 9.00 – 13.00; sabato ore 9.00 – 12.00


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Domenico Petterlin: “Vittorio Emanuele II nell’atto di decorare la bandiera del 10 Giugno 1848”


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Premi

II BIENNALE INTERNAZIONALE Ex Libris Palladio© di Anna Maria Ronchin

La II Biennale Internazionale Ex Libris Palladio, promossa dall’Associazione Artistica Annette Ronchin, patrocinata dalla Regione Veneto e dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Vicenza e dal’Assessorato alla Cultura del Comune di Formello (Roma) è stata esposta alla Galleria Tao, stradella Santa Barbara, 1b di Vicenza, dall’11 al 31 dicembre 2010. Gli artisti selezionati sono grafici di talento, che con l’intento squisitamente filantropico hanno rinnovato l’amore per la stampa. La città di Vicenza con questa iniziativa rinnova l’ intraprendenza di stampatorieditori prima tedeschi, poi veneti che vi aprirono le loro botteghe; il primo fu Leonardo Achates che pubblicò opere celebri come il Canzoniere di Francesco Petrarca,il volume è oggi conservato presso la Biblioteca Civica di Vicenza. La Biennale Internazionale Ex Libris Palladio ha lo scopo di far approcciare il grande pubblico al patrimonio culturale cittadino e di diffondere l’amore per il libro. Gli artisti invitati provenienti dall’Italia, dalla Spagna e dall’Austria si sono cimentati nell’arte exlibristica con le tecniche della stampa xilografica, calcografica, serigrafica, off-set, fino a quelle più recenti come della digital-graphic. Parallela alla mostra della Biennale Internazionale Ex Libris Palladio è stata esposta la stupenda Collezione di Ex Libris Cattarin-Venezia. L’ex libris, letteralmente “dai libri”, è un multiplo su carta, con motti, disegni e simboli che possono rappresentare il singolo proprietario del libro, oppure l’associazione, il gruppo, la categoria d’appartenenza. Dato che l’ex libris nasce dalla necessità del lettore di sottolineare la scelta dei suoi libri e dei suoi interessi i premi della II Biennale Ex Libris Palladio sono stati messi in palio dagli stessi destinatari, operatori del settore librai, galleristi, docenti. La giuria composta da Anna Maria Ronchin, Presidente dell’Associazione “Annette Ronchin” promotrice del progetto, Maria Lucia Ferraguti (Storico d’arte), Diego Candido Cattarin (M° Calcografo) ha selezionato i vincitori di ciascuno dei sei premi della II Biennale Ex Libris Palladio, e sono: Max Paggin, Vicenza e Luisa Tinacci, Povegliano Veronese, Premio della Giuria II Biennale Ex Libris Palladio

Mirta Caccaro, Vicenza, premio Libreria Do Rode, Vicenza; Noemi Carrau Gual, Barcellona Spagna premio Galleria Aquafortis Treviso; Renato Da Sparé,Verona, premio Corniceria San Paolo, Vicenza; Maria Grazia Martina, Breganze, Vicenza, premio Scaletta 62, Vicenza; Pitor Tomaso, Schio, Vicenza premio Gilda degli Insegnanti. Anna Maria Ronchin


LA COLLEZIONE DI EX LIBRIS Cattarin - Venezia

di Anna Maria Ronchin

Diego Cattarin si è formato nell’arte incisoria presso la stamperia Corbo & Fiore edizioni a Padova e a Venezia nella seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso, ha frequentato artisti veneziani quali Saetti, Vedova, Santomaso e Pizzinato. Cattarin, dagli anni 1980, si confronta con il milieu artistico internazionale, in particolare, con gli stampatori della Calcografia di Stato in Roma e consolida la sua attività di stampatore, lavorando per significative case editrici d’arte grafica, cui affianca l’attività di restauratore di antiche matrici di opere, inserite nella storia dell’arte grafica. Considerevole è la raccolta di opere grafiche di Diego Cattarin, realizzata in più di trent’anni d’attività, fra le quali spicca per originalità la produzione d’ex libris di Giovanni Giuliani, docente d’Incisione all’Accademia di Belle Arti di Venezia dal 1933 al 1959. Maestro di Barbisan, Guadagnino e Magnolato contribuì grandemente alla rinascita dell’arte incisoria,nella prima metà del secolo scorso; abile nel cesello realizzò numerose vedute all’acquaforte della sua città, Venezia. Gli ex libris della Collezione Cattarin-Venezia sono xilografie, a questa tecnica Giovanni Giuliani si dedicò nel periodo maturo della sua attività artistica,utilizzando temi che raccontano del vissuto cittadino come le allegorie del teatro, antica passione della città lagunare, alcuni ex libris portano la dedica a Ferene Molnar, costumista messicana della prima metà del Novecento. In un altro ex libris figurano le allegorie della pittura e della grazia femminili; infatti,è dedicato a Beppina Bressan, allieva dell’Accademia di Venezia, che già nel 1946 tenne una mostra personale di incisioni e dipinti, presso la sala del Partito d’Azione in Palazzo Favero, a Castelfranco Veneto, sua città natale. La parte più cospicua degli ex libris del fine e abile xilografo Giovanni Giuliani della Collezione Cattarin-Venezia, proviene da uno dei concorsi promossi dalla BNEL, che nel 1949 diffuse l’originale tema lanciato dal collezionista Gino Sabattini: Occulta; infatti,il promotore era un appassionato studioso di parapsicologia, tanto che pubblicò tre opere sulla grafologia (Milano, 1918Bologna, 1919- Reggio Emilia, 1946). Gli ex libris furono realizzati per l’occasione da Giovanni Giuliani, su legno di testa, con i simboli del libro, la mano, la luna, il crogiolo e il bastone d’Esculapio, su tutti figura il nome del destinatario Gino Sabattini, celebre perché collezionista di 60.000 e titolare di più di un centinaio di ex libris. Gino Sabattini è nato a Bologna, città che già nel 1909 indisse un pubblico concorso per realizzare un ex libris per l’Archiginnasio.Egisto Bragaglia, insigne studioso di ex libris, dichiara di avere fatto indagini anagrafiche sulla data di nascita di Gino Sabattini, senza successo; probabilmente perché, ufficialmente, aveva un altro nome di battesimo o cognome; pertanto deduce dal festeggiamento del suo 80° compleanno dalla rivista B.N.E.L del settembre del 1967, che Gino Sabattini era nato nel 1886 o 1887. Dopo il liceo Gino Sabattini s’iscrive alla Scuola Militare di Modena, per seguire le orme paterne, che abbandona per lavorare presso la Banca Commerciale Italiana di Bologna; fino a quando non gli chiedono di trasferirsi a Biella. Pablo Picasso, “Guernica”, part. Avendo maturato gli anni della pensione, decise di essere messo a riposo, pur di non lasciare la sua città. Correva l’anno 1933. Già dal 1920 aveva cominciato a collezionare ex libris,per questo fondò L’AIACE, acrostico di Associazione, Italiana, Amatori e Collezionisti di Ex Libris.

E’ in questo segmento temporale, a metà del secolo scorso,che il collezionista e l’incisore s’incontrano, il concorso exlibristico “Occulta”, indetto nel 1949 da Gino Sabattini, ispira l’arte incisoria del professore dell’Accademia di Venezia Giovanni Giuliani, che realizza matrici in legno di testa finissime,per la qualità del segno e per l’equilibrio delle figure dalle proporzioni classiche.


UN TANGO AL TENCO di Lorena Zanusso

Grande successo nella vita e umiltà, autenticità sono categorie mentali che difficilmente nella storia e nell’immaginario collettivo corrono sugli stessi binari. Così come una notevole quantità di altre associazioni simili di concetti ed esperienze che penetrano in diverso modo gli strati dell’esistenza. Solo per rimanere in ambito artistico, non si può non ricordare il lunghissimo dibattito su pittura e poesia e, per spostarci solo di poco, il più recente, storicamente parlando, tra poesia e canzone. Le voci intervenute sono state e sono numerose, in molti casi illustri; non è certo questa la sede per richiamarle. Lo è invece per ricordare come tali fenomeni non siano altro che il risultato di come la dimensione umana dibatta piuttosto se stessa, e inesorabilmente, all’interno di una permeante dualità, della quale non sa fare a meno…a meno di non esistere. Tuttavia a volte la sorte, o la vita, dà corpo a casi sorprendentemente molto meno bisognosi, o maggiormente aperti a intuire il senso verso il quale tenderebbe per propria natura questo processo. Generalmente sono latori di un’attrazione spesso così catalizzatrice da essere in grado di distogliere, almeno per il tempo in cui ci si interagisce, dall’ipnotico dondolio di quella dualità o, nei più accorti, di solleticare il pensiero di poterne riconsiderare il ruolo. Horacio Ferrer è uno di questi. Nato nel 1933 a Montevideo in Uruguay, ha conosciuto bene entrambe le rive del Rio de La Plata - dall’altra parte ci sono l’Argentina e Buenos Aires - ne ha scavato l’humus culturale più caratteristico, lo ha saputo capire e valorizzare facendone una parte fondamentale di storia. Sin da ragazzo innamorato di una delle espressioni più tipiche, il tango, vi ha creato attorno un mondo di studi, incontri, dibattiti, pubblicazioni, istituzioni, trasmissioni mediatiche, nonché innumerevoli collaborazioni con musicisti, cantanti e compositori. Per citare solo l’esempio forse più noto al grande pubblico, Astor Piazzolla, con il quale ha lavorato a lungo, dando vita ad opere come Maria de Buenos Aires, rappresentata in tutto il mondo, e a numerosi tanghi, tra i quali necessita ricordare almeno Balada para uno loco, che segnò un momento di rottura determinante nella storia del genere. Non necessariamente nati prima o dopo la composizione musicale, i testi di Ferrer non sono mai tali. Non hanno bisogno delle note, con cui pur si sposano, per stare in piedi, vi si reggono tranquillamente da soli. Hanno una propria identità, una propria forza, sono poesie. Versi liberi come le figure del ballo, ma mai troppo da risultare dispersivi; come esso densi di moti e di figure, che si accumulano vivacemente in immagini e storie, rincorrendosi una con l’altra. A volte ligi all’immaginario tradizionale del sentimento triste que se baila, altre vere e proprie irriverenti esplosioni di vita, dipingono o evocano mondi reali e paralleli, sincronici e diacronici, contemporaneamente possibili e reciprocamente utili. Gli stimoli provengono “dall’ovunque”. Dalla visione di una donna di strada e l’ubriacatura per il dolore della vita, passando per gli sguardi alla vita quotidiana, gli scorci di città, fino agli omaggi a grandi nomi della letteratura, come Borges e Shakespeare, e dell’arte (1000 versos a Picasso), interpretati con il calore intellettuale tipico sudamericano (Shakespeare es mío). Una passione viscerale, che ha dimostrato e dimostra di poter essere largamente e qualitativamente condivisa. Un’esperienza che non poteva passare inosservata a una realtà attenta alle strade vive della produzione musicale come il Club Tenco, presieduto da Enrico De Angelis, che gli ha conferito nel 2009 il Premio per l’Operatore Culturale, consegnatogli a Genova lo scorso ottobre 2010 durante un soggiorno in Italia. Loca ella y loco yo, (“matta lei” - la poesia?- “e matto io”), pubblicato da Liberodiscrivere di Antonello Cassan, in collaborazione con Il Festival Internazionale di Poesia di Genova e il Club Tenco, è una scelta di più di cento poesie, che percorrono come un filo d’Arianna decenni di una vita essa stessa poetica, che ha saputo mantenere la freschezza dell’emozione autentica, del senso vero del successo e della consapevolezza.


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VALERIO BUSON

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