FEEL ROUGE MAGAZINE 13

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Sommario

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Editoriale Vita da Spiaggia Mondello, Novità e Palizzate Reportage Abruzzo Madonie, Gli Asini di Castelbuono Nuovo Volto Feel Rouge Impianti Sportivi: il Diamante Calcio: Arriva Zenga Uno Scudetto a Palermo Design Week 2009 Targa Florio, ‘A Cursa Scimone: Gusti e Sapori Rugby in Serie B I Viaggi di Feel Rouge Talk Show: Elisabetta Cinà Musica: Pivirama Cover Band Spazi Espositivi Le Foto di Baiamonte Personaggi: Enrico Salsi 24 Fotogrammi Libri Fool Rouge

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Feel Rouge Magazine - Anno III n° 13 - Luglio/Agosto 2009 Registrazione presso il Tribunale di Palermo N° 16/06 del 26/09/2006 Iscritto al Registro Operatore di Comunicazione n. 16760

EdItoRE: Carlo Valenti dIREttoRE REsponsAbILE: Paolo Vannini ConsuLEnzE: Roberto Gueli

HAnno CoLLAboRAto: Irma Annaloro, Monica Bannò, Marcella Bellanca, Simone Carini, Alessandro Castellese, Jessica Corrao, Alessandro Garraffa, Alba Maria Giordano, Valentina Li Castri, Federica Messineo, Angelo Pattavina, Chiara Picone, Alessandra Pinello, Natalia Pugliesi, Gaetano Salvaggio, Danila Tarantino. FotogRAFIE: Francesco Baiamonte pRogEtto gRAFICo: Anna Mileci, Emanuele Piazza sEgREtARIA dI REdAzIonE: Anna Mileci pubbLICHE RELAzIonI: Carmelo Piraino, Gaetano Salvaggio stAMpA: Priulla ConCEssIonARIo pubbLICItà: Business & Communications S.r.l. via Mariano Stabile, 110 // 90139 Palermo. Tel. +39 091321834 - Fax +39 0918431230 redazione@feelrougetv.it www.feelrougetv.it

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Editoriale

di PAOLO VANNINI

Dentro Feel Rouge

IL DEGRADO CHE È IN NOI Il tentativo di Feel Rouge è stato sempre quello di cercare di mostrare più lati di Palermo e della Sicilia. Di raccontare il bello e il brutto senza nascondere nulla. Ed abbiamo sempre fatto delle fotografie, inequivocabili testimonianze di quanto ci circonda, un fiore all’occhiello del nostro lavoro. Anzi, spesso proprio dalle fotografie siamo partiti per sviluppare un tema, per dare corpo ad un’idea. Le parole sono importanti e qualunque giornalista ne è consapevole, ma le immagini sanno essere anche più spietate perché ci sbattono in faccia ciò di cui spesso discutiamo astrattamente. Così, quando scorrendo le foto da inserire in questo numero ci è capitata davanti quella che vedete sopra non abbiamo avuto dubbi. Questa è un simbolo, o almeno noi la vogliamo leggere così. Il problema della raccolta dei rifiuti continua ad essere una pressante emergenza; sappiamo che potrebbe riesplodere da un momento all’altro. Per non dire dei dubbi più generali che la vicenda ha sollevato sull’intero sistema della pulizia cittadina, sul destino dell’azienda che dovrebbe occuparsene e sulla reale validità della raccolta differenziata sulla quale continua ad aleggiare il sospetto che sia solo una facciata e che la divisione fatta da buona parte dei cittadini (ma il numero resta ancora troppo basso) fra plastica, vetro e carta, in concreto sia inutile perché manca la “seconda fase” in cui i rifiuti si riciclano veramente. Quella foto assume però per noi un significato più profondo. Diventa l’emblema della città. Che è o potrebbe essere meravigliosa (c’è Mondello sullo sfondo) ma viene deturpata in fondo da noi stessi. Ci racconta di una metropoli che riesce in pochi metri quadrati ad unire i propri angoli eleganti e l’incapacità di valorizzarli adeguatamente. Una contraddizione vivente, alla quale ci siamo colpevolmente abituati. Il degrado che emerge da quella foto assomiglia un po’ al nostro, o almeno a quello di chi si è rassegnato. Di chi ormai trova normale il cumulo di spazzatura, gli incendi dei cassonetti, il fatalismo attorno al proprio destino. Come se in fondo non lo riguardasse davvero. è evidente che il discorso chiama in causa la classe dirigente di questa città. Ed attenzione al termine, perché è troppo facile chiamare in causa la “politica” con senso di generalità. A provare a cambiare dovremmo essere tutti, dando dei segnali precisi. Le responsabilità dirette comunque sono sotto gli occhi di tutti. Un anno fa, questo magazine lanciò un sondaggio dopo l’elezione ad altissima maggioranza del governo regionale. Ne venne fuori che la gente si sentiva distante dalla politica e che chiedeva essenzialmente credibilità ed interventi concreti. Promettemmo che avremmo fatto un punto della situazione dopo un po’ di tempo. Le recenti cronache non ci pare proprio che dimostrino un riavvicinamento della gente al modo di agire della politica. Quella foto sta lì a dircelo. Facciamo in modo che resti un fatto di cronaca poi superato. E che non diventi l’immagine del degrado che è dentro di noi.

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TE A T ’ES

ZA N A AV E CH

L

a d a t i V

a i g g ia p s

Come gestire uno stabilimento: prontuario dei servizi per i bagnanti

Iniziata la stagione balneare, agli stanchi vacanzieri si prospetta un ampio ventaglio di opzioni dal quale attingere per trascorrere un’estate all’insegna dell’assoluto relax. Addio a sedie ed ombrelloni portati da casa o ad altre attrezzature di fortuna per “sopravvivere” durante una giornata al mare. Alla gestione approssimativa del litorale palermitano se ne è affiancata una ordinata e civile che ha visto il sorgere di strutture attrezzate che svolgono il ruolo di veri e propri villaggi polifunzionali. Dietro questo cambiamento opera la mano invisibile di società e privati, che attrezzano i lidi pubblici con serietà ed impegno per coccolare i clienti e rendere la loro estate speciale. Sono in totale 239 le concessioni demaniali marittime della provincia di Palermo rilasciate dalla Capitaneria di porto per la durata di quattro anni. I concessionari devono obbedire ad un semplice diktat che prevede servizi minimi obbligatori quali docce e servizi igienici, punti di ristorazione, pulizia giornaliera dell’intera spiaggia o della costiera, servizi di salvataggio dalle ore 9 alle 19 (con un bagnino disposto ogni 75 metri), un apposito locale per l’assistenza sanitaria, noleggio di ombrelloni o accessori analoghi. L’ingresso alle strutture è libero e i servizi accessori sempre più numerosi ed originali cercano di sposarsi con le esigenze di ogni bagnante. Si va dal semplice noleggio, le cui tariffe, a seconda delle zone, vanno da un minimo di 2,50 euro per sdraio con ombrellone ad un massimo di 4,50 euro per un lettino, alle attività come Internet point, ani-

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di JESSICA CORRAO mazione, radio on the beach, labora-

In molte di queste recenti strutture

portatile mentre si prende la tinta-

tori creativi per bambini, corsi di

difatti l’atmosfera gioviale ed allegra

rella, o i “Sea Pass”, istituiti a Val-

sport, danza e fitness.

si percepisce in ogni momento della

desi Beach, cioè braccialetti dotati di

«Il segreto del successo è divertire e

giornata fino alla sera quando diven-

dispositivi a radiofrequenza che fun-

rilassare la gente - spiega Lorenzo Di

tano punto di riferimento per la mo-

gono da tessere e carte di credito.

Domenico, direttore dell’esotico Playa

vida palermitana.

Non manca la solidarietà sociale

Bonita, centro balneare di 3.500 metri

Un progetto di vero e proprio rilancio

come riferisce Alessandro Cilano,

quadrati sul lungomare Barcarello - Si

estetico della costa è stato inoltre in-

responsabile

possono passare anche intere gior-

trapreso dal Comune, che conta di ri-

“L’Ombelico del Mondo”, che gesti-

nate al lido e per questo abbiamo

qualificare i siti di Sant’Erasmo,

sce il punto di ristoro nella spiaggia

messo in piedi una struttura dove si

Acqua dei Corsari, Vergine Maria per

libera di Mondello paese: «Dal 1 giu-

può trovare di tutto: dalla palestra, al

invogliare altri privati a lanciarsi in

gno, tutti i residenti delle zone col-

centro benessere, allo snackbar, al

questo business.

pite dal sisma dell’Abruzzo, che

pub dove terminata la giornata di sole

Tra le attività innovative, spazio al-

decideranno di trascorrere la loro

si può continuare la serata tra cock-

l’informatizzazione con le reti Wi-

estate a Palermo, avranno lettino ed

tail, musica e balli».

Fi che consentono di utilizzare il pc

ombrellone gratis».

della

cooperativa

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Se Mondello alza le palizzate C’era una volta Mondello, villaggio di pescatori, poi zona paludosa e malarica, poi città giardino grazie all’intervento di bonifica del principe Francesco Lanza di Scalea…Oggi, invece, la piccola Rimini della Conca d’Oro ospita diverse strutture, quali ristoranti, negozietti, un porticciolo, dei club nautici ed uno stabilimento balneare, il Charleston, che nel periodo estivo offre dei servizi incentrati sull'affitto di cabine. Ma la nostra non è una zona di sole ville in stile liberty, strade assolate e chilometri di passeggiata. La spropositata affluenza turistica che caratterizza i mesi estivi, crea difatti, parecchi problemi tra cui l’inquinamento delle acque marine, a causa di un servizio fognario inadatto e l’impossibilità di parcheggiare al di fuori delle strisce a pagamento. Col passare degli anni, si è cercato di dare risalto al borgo marinaro anche nei periodi antecedenti l’alta stagione. Parliamo, ad esempio, del World Festival on the beach, di cui Mondello è sede dal 1985, kermesse internazionale caratterizzata da gare di windsurf, vela e beach volley e da spettacoli musicali, cui va riconosciuto il merito di aver reso la località balneare un ritrovo di straordinario interesse anche nel mese di maggio, ovverosia prima del boom della stagione tradizionale. Eppure, quest’anno è cambiato qualcosa: il salottino di Mondello, piazza Valdesi, sede storica della manifestazione sportiva proposta dal circolo Albaria, è occupato. Via il palco, dunque, e con esso anche i campi di beach volley, gli stand e la folla vociante propri del festival. La motivazione è legata al nuovo piano di restyling della passeggiata, proposta dall’Immobiliare Italo-belga che ha in concessione le zone demaniali e vanta il possesso del piccolo fazzoletto di sabbia compreso tra l’Albaria e Piazza Valdesi. L’obiettivo dichiarato da gianni Castellucci, amministratore dell’Italo-Belga, è quello di ridurre al minimo le cabine sulla spiaggia e dunque, ecco sorgere il nuovo stabilimento Valdesi Beach, con un punto di ristoro aperto tutto l’anno. I prezzi oscillano dai 20 euro al giorno per due persone, ai 14 euro per l'ingresso singolo, ma a breve, continua Castellucci «saranno disponibili anche ombrelloni per due persone a 10 euro». Il sito è elegante e dotato di molti comfort, dai servizi di accoglienza e salvataggio, attivi fino al 30 settembre, ad un punto di ristoro reso ancora più pratico ed efficiente grazie al "seapass", un braccialetto in silicone dotato di dispositivo a radiofrequenza. «è nostro interesse - dice Castellucci - fare in modo che anche i bagnanti della spiaggia pubblica, così come le famiglie con bambini piccoli e non, possano beneficiare dello stabilimento attrezzato» e questo spiega la presenza della palizzata a schermo della strada vicino le giostre per i più piccoli, e la creazione di un settore dedicato ad attività sportive quali il pilates e il beach volley. E dunque, qual è il motivo alla base dell’attuale querelle tra l’immobiliare Italo-Belga e l’Albaria? Semplicemente, la promessa di abbellire e migliorare il litorale non convince Vincenzo pottino e Vincenzo baglione, rispettivamente Presidente e Direttore Generale del

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di NATALIA PUGLIESI

L’AREA ATTREZZATA CANCELLA IL FESTIVAL ON THE BEACH


Albaria: “Se salta il Festival perde la città” L’Italo-Belga: “Ma noi siamo in regola” circolo velico. Specie se, come verificatosi, la nuova struttura implica la sospensione del festival. «Avevamo richiesto - spiega Pottino – le regolari autorizzazioni per poter attuare il World Festival on the Beach che si sarebbe dovuto tenere tra il 16 e il 24 Maggio…Ma non le abbiamo ottenute. Nel frattempo l’Immobiliare Italo-Belga ha cominciato a montare lo stabilimento in largo anticipo rispetto l’inizio della stagione balneare, sicché ci siamo visti interdire l’area di fronte Piazza Valdesi». Le polemiche non si fermano qui: Valdesi Beach è costituita da pedane in legno a forma di onda che, secondo Pottino, risultano essere irremovibili e ciò «non solo limita vieppiù la superficie della spiaggia libera ma implica che anche l’anno venturo sussisteranno problemi nel realizzare il festival presso la solita location e la richiesta di spostarci “altrove” non può essere accolta. Non possiamo chiedere agli sportivi invitati a partecipare al World Festival on the Beach di percorrere più volte nella giornata lunghi tratti di spiaggia». A tale proposito, Castellucci precisa: «In realtà abbiamo messo a disposizione dell’Albaria il tratto di spiaggia posto a soli 40mt rispetto il Valdesi Beach. Con il circolo intratteniamo da molti anni rapporti di buon vicinato…Per questo non capisco il motivo del rifiuto. Se salta il festival, a perdere è Palermo». E se le documentazioni che autorizzano la nuova struttura balneare vengono considerate “discutibili”? «Non può esistere nessun documento, tantomeno un atto di compravendita – conclude Pottino che renda privato il suolo pubblico, come il marciapiede, la strada, persino le aiuole. Il Valdesi Beach, così come progettato e costruito è abusivo». E Castellucci replica: «Si tratta di un documento regolare. Chiunque può consultarlo. Quest’atto di compravendita, datato 1910, ci rende proprietari di tutto ciò che intercorre tra il cancello del Giusino (all’uscita della Favorita) e il mare». E da allora Mondello non ha pace. Ricorsi, sentenze, esibizioni di documentazioni datate e non, video girati sul lungomare alla ricerca di violazioni, infiniti e annosi batti e ribatti tra le parti, interventi da parte della Capitaneria di Porto, della Regione e del Comune per tentare di sanare le liti e i malumori che affondano le proprie radici indietro nel tempo, non hanno cambiato la sostanza del problema, e oggi assistiamo alla sospensione della 24° edizione dell’evento sportivo, costretto a sdoppiarsi in due appuntamenti, una prima parte a Maggio, comprendente le sole gare veliche, ed il seguito ad Ottobre. Questa soluzione, secondo Pottino «ha causato un grande danno alla cittadinanza e a Palermo, che vedono sfumare la puntuale occasione per affacciarsi con stile sul mondo sportivo e non». Ma, in fin dei conti, cosa ne pensa la popolazione palermitana, più volte chiamata in causa dalle parti? Da quel che si vede, pare apprezzare il nuovo servizio «un po’ caro, forse», ma alla portata di tutti (o quasi). Nel coro dei favorevoli e degli entusiasti, comunque, è possibile rintracciare “la frangia dei dissidenti”, quei giovani, e non, che interpretano la sospensione della manifestazione sportiva come un cattivo presagio per gli anni a venire. «Ci hanno cancellato il festival», dicono. E a noi non resta che aspettare la prossima stagione per capire dove stia il vero.

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REPORTAGE DA L’AQUILA: IL TERREMOTO VISSUTO DA VICINO

due mesi dopo, Il dramma dell’Abruzzo

Abbiamo voluto non dimenticare la tragedia del sisma attraverso il racconto dell’inviata siciliana della Rai sul luogo 12


un venerdì sera il capo redattore della sede siciliana della Rai ha chiesto a me e ad un collega telecineoperatore, Filippo de Caro Carella, se eravamo disponibili ad andare a l’Aquila a sostegno della redazione abruzzese della tgr. Abbiamo risposto sì. un sì che ci ha arricchito profondamente dal punto di vista umano. Non è una cronaca, è solo uno spunto di riflessione sul modo in cui spesso oggi il mondo della comunicazione non riesca nessuno. Siamo superficiali o, forse, ci arrivano troppe informazioni. A volte inutili. E non riusciamo più a fermarci sulle cose vere, sugli sguardi, sulle emozioni. Non riusciamo più a distinguerle. A l’Aquila ho capito cos’è successo realmente il 6 aprile in Abruzzo. Prima avevo solo un’idea di questo dramma. Solo vivendo tra coloro che hanno perduto tutto, si può sentire la paura di quei giorni. Solo guardando i loro occhi si possono vedere quei momenti di terrore che ancora oggi sono vissuti allo stesso modo da chi racconta quella notte. E da allora non c’è un attimo di tregua. Ad oltre un mese dal sisma, a l’Aquila ci s’incontra e, dopo essersi ritrovati sani e salvi, ci si scambiano i racconti: la famiglia, la casa, le cose. E così non c’è tregua. Ritorna la paura. Un luogo dove ci si guarda intorno e si capisce che niente si è salvato. La città è distrutta. Un’intera città bombardata. come se fosse stata volutamente annientata. Una città, l’Aquila, capoluogo dell’Abruzzo, militarizzata da un esercito di pace che pare aver stampato nel cuore la solidarietà. L’apparente assetto di guerra di uomini e donne, giovani ed anziani, giunti qui da ogni regione italiana, si traduce in un aiuto concreto. Aiuto che arriva dai volontari, dalle forze dell’ordine, dalle associazioni. A l’Aquila si sentono tutti i dia-

di ALESSANDRA PINELLO

più a fotografare la realtà così com’è e a trasmetterla. Non è colpa dell’immagine. Non è colpa delle parole. Non è colpa di

letti, è rappresentata tutta l’Italia. Siamo andati in giro, accompagnati dai Vigili del fuoco, per le strade e le piazze di quella che era una bellissima cittadina. Ci siamo ritrovati dentro un mondo reale con le vetrine che mostrano l’ultimo jeans alla moda, ma allo stesso tempo un mondo silenzioso, spettrale, fermo nel tempo. Il tempo del terremoto. Edifici che sembrano intatti, ma poi si apre il portone e dentro c’è il vuoto. E così non è solo il centro storico. Anche le nuove palazzine sono crollate, anche i nuovi edifici sono sfregiati da quel mostro che si è abbattuto il 6 aprile sull’Abruzzo. Ho capito quindi che per chi vive a l’Aquila, anche volendo, non sarà facile dimenticare. Gli aquilani sono stati privati non solo della loro casa, ma anche della loro città, della loro identità. E quella stessa identità sembra sfuggirgli dalle mani. E così a Fossa, a Rocca di Cambio, a onna, in ognuno dei 48 piccoli comuni dell’Abruzzo, tutti, chi più, chi meno, feriti dal terremoto. Cittadine svuotate e presidiate dai militari mentre gli abitanti, sfollati e smarriti, si aggirano con grande dignità dentro tendopoli anonime. Le loro nuove case da oltre un mese. Ma vogliono farcela. Questo stato delle cose, ma soprattutto queste sensazioni, lì si vivono e si percepisce realmente come la solidarietà si trasforma in condivisione. Perché i loro dolori diventano anche i tuoi, anche se non ne hai pagato il prezzo. Avrei voluto regalare speranza, ma non sapevo come. Ho cercato con il sorriso di fronteggiare un dolore immenso. E non è bastato. Non poteva bastare. Ed è giusto che sia così. Non ho mai smesso di guardarmi intorno. Così ho scoperto i campi sportivi del Cus o le palestre (quanto spesso diventano utili gli impianti sportivi!) trasformati in tendopoli. Ed è stato inevitabile pensare ai lutti subiti dal rugby, la storica l’Aquila rugby. Alla forza del Teramo nel giocare i play-off di basket. Al calcio che cerca di sopravvivere. Insomma anche il mondo dello sport si è mobilitato come ha potuto. La squadra di calcio del Cus de l’Aquila è riuscita a partire per Pisa per disputare l’accesso ai

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“Un’esperienza che arricchisce soprattutto sul piano umano”

L’inviata RAI Alessandra Pinello

campionati universitari nazionali. Ospiti dei toscani. Mentre si è fatto a gara per recuperare le divise. Anche lo sport non vuole arrendersi in Abruzzo. E non si arrende. Un servizio per la tgr Abruzzo ci ha portato in corso Vittorio Emanuele, adiacente Piazza Duomo, lì dove c’è quel magnifico duomo, e guidati nel centro storico da un vigile del fuoco di Novi Ligure abbiamo camminato per le vie dello shopping aquilano. Sentivamo solo i nostri passi che rimbombavano tra le macerie, tra i vicoli. I nostri sguardi s’incrociavano. Le parole non servivano, uno scenario da guerra. è proprio vero, solo qui si sente il dolore per tutto quello che si vede. Per tutto quello che si ascolta. Per tutto il silenzio che regna. Qui il dolore colpisce, ferisce, entra dentro, lascia il segno. qui è ancora emergenza. E non è retorico dire che l’Abruzzo, con la sua meravigliosa natura, il suo mare, i suoi altipiani, le sue montagne, la sua gente, ormai fa parte di me. Era solo un’esperienza professionale, si è trasformata nel regalo più bello che umanamente questo mestiere mi abbia fatto fino ad ora. Non è stato uno scoop, è stato molto di più. Un’immagine ricorderò sempre, quella di graziano, un collega abruzzese con cui stavo montando un servizio: scorrevano le immagini de l’Aquila distrutta e i suoi occhi diventavano sempre più lucidi. Poi si è fermato e mi ha chiesto scusa. E questo è stato solo l’ultimo regalo che ho portato via con me dall’Abruzzo.

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GLI ASINI RICICLATORI DI

CASTELBUONO

Madonie, idee dal cuore della sicilia Se qualcuno giunge a Castelbuono e per caso incontra

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tati, arrivando oggi al 33% di differenziato. Castel-

alcuni asinelli che si dimenano per le vie del paese non è

buono, infatti, si colloca tra i comuni più virtuosi e “ri-

arrivato per sbaglio nel paese dei balocchi, ma nel cuore

ciclatori” della Sicilia. Un risultato che sicuramente

pulsante del centro madonita dove la raccolta differen-

dimostra come gli abitanti del paese sanno mettere in

ziata si fa con l’ausilio di simpatici netturbini a “quat-

campo buone prassi per rispettare l’ambiente e creare

tro zampe”. è questa una delle tante idee originali che

le condizioni per uno sviluppo eco-sostenibile che per-

il sindaco Mario Cicero da alcuni anni porta avanti con

metta alle nuove generazioni di trovare dei territori pu-

successo. Ed ecco che al posto dei tanto rumorosi ed in-

liti». Numerosi i premi e le menzioni speciali che il

quinanti mezzi di raccolta arrivano gli asini con in sella

Comune ha ricevuto in questi anni. Un risultato lusin-

delle apposite ceste pronte a raccogliere i rifiuti a domi-

ghiero per la cittadina madonita è stato ad esempio la

cilio. L’amministrazione comunale già da alcuni anni si ri-

menzione speciale “Start Up”, consegnata dall’ex mini-

volge alla cittadinanza per non sporcare l’ambiente

stro dell’Ambiente Alfonso pecoraro scanio e quello

con poche ma efficaci azioni. «Castelbuono pulita inizia

recente ricevuto dal ministro brunetta. Oltre poi ai

da noi - spiega Cicero - La raccolta differenziata porta a

premi ricevuti da Lega Ambiente e dal ministro Bru-

porta dei rifiuti solidi urbani che ha avuto inizio nel di-

netta e al successo mediatico avuto nella testata gior-

cembre 2004 e che da quasi tre anni è realizzata con

nalistica di rilevanza scientifica come geo&geo.

l’aiuto di asini ragusani, sta dando davvero buoni risul-

Alla lista si aggiunge poi il premio “Regionando” 2007


per il progetto “Asino: antico strumento per un moderno progetto”, conferito dal Forum Pa e dalla Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome. Inoltre Castelbuono, ha da poco ospitato un convegno dedicato alle virtù e opportunità legate all’utilizzo del simpatico animale. «Il nostro paese - continua Cicero - grazie a questa iniziativa è fatti ha avuto inizio un continuo e crescente apprezzamento che vede al centro, una buona pratica ambientale, ma anche la rivalutazione del ruolo di un animale dimenticato. Sul piano culturale è iniziata una rivoluzione dal momento che l’utilizzo dell’asino per i servizi essenziali nella società del XXI secolo è la più tangibile dimostrazione che l’uomo, se riesce a rispettare il benessere degli animali facendosi aiutare nei lavori quotidiani, contribuisce in modo

di MONICA BANNò

stato scoperto a livello internazionale. Da qualche anno in-

fattivo al rispetto dell’ambiente, alla salvaguardia della biodiversità e a creare uno stile di vita più sobrio da tra mandare alle future generazioni valori alti di convivenza umana e un mondo migliore». Un’altra esemplare iniziativa legata alla raccolta porta a porta è quella realizzata dagli ospiti della Comunità Terapeutica Assistita “Fauni” di Castelbuono che da anni si occupa di riabilitazione psichiatrica nel territorio. Un progetto che consiste nella raccolta differenziata di materiale riciclabile (carta, cartone, vetro, plastica, alluminio) realizzata da soggetti portatori di un disagio psichico sia ricoverati all’interno della Cta sia del territorio. «L’obiettivo - spiega Alberico Fasano presidente della struttura - è quello di favorire opportunità occupazionali mirate al miglioramento della qualità della vita, ad una maggiore integrazione sociale nel territorio dei ragazzi in difficoltà che si fanno portavoce di un messaggio importante quale la difesa dell’ambiente e la valorizzazione del territorio, tramite la messa in pratica giornaliera di un’azione virtuosa. La gestione dei rifiuti va intesa come una vera e propria risorsa ambientale».

Mario Cicero, il sindaco di Castelbuono

“La raccolta realizzata con l’aiuto degli asini ragusani arriva al 33% di differenziato”. 17


Nuovo Volto Feel Rouge IL CONCORSO ITINERANTE FA VOLARE A NEW YORK Feel Rouge raddoppia, anzi si moltiplica. Per

Di normali concorsi di bellezza ce ne sono tanti. Questo

avere l’occasione di condurre il programma te-

provoca delle emozioni speciali ed è attorniato da un am-

levisivo, stavolta bisognerà superare una sele-

biente simpatico e professionale. Lo dico con cognizione

zione che parte da prove disseminate nei

di causa proprio perché un anno fa sono stata io ad

maggiori centri turistici della provincia. Ma ci

avere la fortuna di vincere! E da allora, mi si sono aperte

sono altre novità: i premi sono aumentati e più

delle prospettive e delle conoscenze che neppure mi im-

ricchi. In palio per le diverse categorie, oltre alla

maginavo.

conduzione di Feel Rouge, un viaggio a New

Ma spieghiamo nel dettaglio come funzionerà quest’anno

York; ancora un contratto per uno spot televi-

l’iniziativa messa a punto da Carlo Valenti col supporto

sivo e una Lambretta Pato. Ed infine, un altro

della Rose Fashion Agency. “Volto Feel Rouge 2009” è

premio consisterà nel ruolo di testimonial di pub-

partito già con le tappe del Sea Side di Contrada Piano

blicità per il nostro magazine al quale si accop-

Inferno a Trappeto, delle Calette di Cefalù e del Kalòs di

pierà un buono da spendere presso il negozio “O’

Termini Imerese. Le vincitrici sono risultate nella prima

sole mio” di Palermo.

serata Luana Amato, Costanza Farina, Francesca Incandela, Veronica Ragonese e Alina Valenti; nella seconda Sonia Di Francesco, Federica Petrungaro, Federica Minia, Flavia Cacciatore, Alice Sberna, Tecla Russo; nella terza infine Giulia Perdichizzi, Michelle Vitrano, Concetta Rio, Rosalinda Panepinto e Jessica Ragonese. Prossimo appuntamento l’11 Luglio al Rihab di

Le vincitrici della 1a TAPPA al SEA SIDE di Trrappeto Le vincitrici della 3a TAPPA al KALòS di Termini Imerese

Le vincitrici della 2a TAPPA a LE CALETTE DISCOCLUB Cefalù

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InFo: www.voltofeelrouge.com info@voltofeelrouge.com Tel: +39 091321834.


di CHIARA PICONE

: 9: AtA Ad 200 M o I i l s lug R os La p , 11 cia. a p ap A ldac 4 t aste C b Riha e uov e n l re : sce info ono om c ltre a r ge.c e u r o p e r l p e ee ofe .volt 4 tapp ! 183 www e tu 132 9 0 nch 9 a 3 a + p teci Par

Casteldaccia. Unendo così zone e posti di grande richiamo turistico con un evento divertente e a suo modo spettacolare. Le partecipanti avranno un’età compresa fra i 16 e i 35 anni, e dopo le selezioni accederanno alla fase finale, prevista in settembre, nell’ambito della manifestazione “Provincia In Festa”. Per ogni tappa, passano il turno 5 concorrenti che parteciperanno di diritto alla serata conclusiva; è previsto anche che una concorrente possa partecipare a più selezioni. La conduzione della serata è affidata, oltre che al giornalista Rai Roberto Gueli, alle ragazze che attraverso l’esperienza di Feel Rouge Tv hanno già conquistato consensi e simpatia come Mariagrazia Tirrito, volto storico della nostra produzione, ed Anita Sorano che ha proseguito una tradizione di eleganza e bellezza. La giuria, anch’essa “itinerante” nell’arco delle varie tappe, sarà formata da esperti del settore, giornalisti, politici, personaggi dello spettacolo e dello sport. Come sempre, le qualificate alla finale che deciderà le tre vincenti non dovranno limitarsi a sfilare o a mostrarsi carine ma denotare spigliatezza, padronanza della lingua e capacità di improvvisare. Il gran finale sarà a settembre. E siamo certi che il nuovo volto Feel Rouge

“Alla vincitrice si apriranno prospettive e conoscenze che neppure si immaginano”

Chiara Picone, vincitrice dell’edizione 2008

conquisterà tantissime attenzioni e vivrà una esperienza indimenticabile.

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Viaggio tra gli Impianti sportivi

IL DIAMANTE CHE NON HA MAI BRILLATO

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Pazzi, a volte paradossali. Gli scenari di una città splen-

sindaco, Leoluca Orlando, e l’esordio della compagine pa-

dida come Palermo spesso sono come facce opposte di

lermitana nel campionato di serie A. Una notte magica per

una stessa medaglia. Potenzialità enormi poco sfruttare

quei ragazzi che, davanti a 1500 spettatori in delirio, riu-

e numerose realtà che cadono nel dimenticatoio. Uno dei

scirono a sconfiggere in extremis la ben più blasonata

casi più strani è quello del “diamante Fondo patti”,

Lodi con un home run (fuoricampo) all’ultimo secondo.

campo da baseball palermitano amato da pochi e di-

Degli attimi vissuti al massimo che ben presto diventano

menticato da molti. Area che si estende su quasi dieci-

un lontano ricordo. Il magic moment, infatti, termina pre-

mila metri quadrati, una tribuna coperta da duemila

sto e a partire dal ’99, a seguito del sequestro dell’im-

posti ed un impianto di illuminazione che nel corso di

pianto di illuminazione nell’ambito di un’inchiesta,

questi anni è stato spesso croce e delizia di una strut-

inizia il declino del Diamante, una strada percorsa sia

tura dalla storia particolare. Il “Diamante palermitano”

prima che dopo da tante altre strutture della città, splen-

viene costruito grazie ai fondi provenienti dal bacino de-

dide sulla carta e abbandonate col passare dei mesi. Da

stinato alla universiadi del ’97 di Palermo e dai residui

quel momento in poi il sogno di molti ragazzi palermitani

di Italia ’90. 11 miliardi di vecchie lire la spesa per

sembra svanire ma la tenacia e la passione rende possi-

l’edificazione di uno dei campi da baseball più belli ed im-

bile un’“autogestione” impensabile in molti altri conte-

portanti d’Europa fortemente voluto dal mondo dello

sti sportivi. Il presente di questo impianto, infatti, è

sport palermitano. Un anno dopo il Diamante fa da sce-

caratterizzato dall’autonomia delle due formazioni citta-

nario ai mondiali di baseball, evento tanto atteso per gli

dine che, nell’ambito delle proprie possibilità, provvedono

amanti di questo sport che, con la spiaggia di Mondello

alla manutenzione delle varie componenti e, soprattutto,

a due passi, catalizza l’attenzione di molti appassionati e

del manto erboso (si tratta dell’A.s.d palermo base-

non. Il baseball a Palermo sembra vivere un momento

ball e del santa teresa, formazioni che militano nel

magico, con l’ausilio dell’assessorato allo sport dell’ex

campionato di C1). «Tutti noi esponenti del movimento


di ALESSANDRO CASTELLESE

Realizzato nel 1997, abbandonato, oggi autogestito da due società di baseball palermitano di baseball siamo impegnati nel mantenimento dell’impianto. Vista la mancanza di sostegno da parte delle istituzioni impieghiamo le nostre finanze al fine di poter salvaguardare questa struttura e in particolare lo splendido manto erboso. Lottiamo per mantener viva la nostra passione» testimonia Ignazio Accomando, presidente del Palermo Baseball. Prato dell’impianto di Fondo Patti che, paradossalmente, ha vissuto una storia ben più travagliata rispetto al resto dello stadio. Fiore all’occhiello del neonato gioiellino palermitano nel ’97, sede di alcuni allenamenti del palermo Calcio targato Sensi nel 2001, poi disfatto quasi totalmente nel 2004 per lasciar posto, tramite autorizzazione del comune, ad una serie di gare di motocross, disciplina diametralmente opposta al baseball. Per non parlare della pazza idea dell’impianto artificiale di sci, progetto fantasioso poi destinato ad una fine rapida e indolore. Vita difficile quindi per gli amanti di quello che “ufficiosamente” è lo stadio dedicato al più grande di tutti, al Pelè del baseball, Joe di Maggio, campione dei New York Yankees, ricordato anche per il matrimonio con Marilyn Monroe e originario di Isola delle Femmine. Strano intreccio quello tra l’indimenticata stella del baseball e l’impianto palermitano a lui dedicato. Di Maggio, infatti, felice per l’invito della Baseball Palermo per una cerimonia ufficiale finalizzata all’effettiva denominazione dello stadio, sarebbe morto di infarto proprio a due giorni dalla partenze per la Sicilia. Il presente di questa struttura dalla storia controversa è ancor più strano. Quasi dimenticato e con una gestione decisamente lacunosa dell’assessorato allo sport, il Diamante sopravvive grazie agli sforzi di pochi appassionati e sognatori. Tra di essi anche gregorio porcaro, insegnante di religione e protagonista in passato delle cronache cittadine. Il suo impegno nelle scuole è fondamentale al fine di poter dare nuova linfa alle speranze di diffusione del baseball tra i più giovani. La gestione della struttura interna, il parcheggio, il manto erboso, l’impianto di illuminazione prima sequestrato nel ’99 e poi rifatto qualche anno fa, la tribuna coperta, tutte spese che vanno a costituire una zavorra per i due club

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cittadini. Il Palazzetto dello sport, la Piscina Comunale, il Campo ad ostacoli della Favorita, il Diamante di Fondo Patti, tutte tristi realtà dello sport palermitano caratterizzato, spesso, da una gestione che riesce a sfruttare in minima parte le potenzialità di un paesaggio, di un bacino d’utenza, di una città, tanto splendida quanto mal gestita.

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Novità in panchina PALERMO E ZENGA, CHE MATRIMONIO SARÀ? Il cambiamento sarà netto e profondo. Dai silenzi ragionati di Davide Ballardini alla personalità forte e spigolosa di Walter zenga. Palermo s’interroga su quali effetti porterà il cambio tecnico che ha costituito la sorpresa dell’estate rosanero. Che il nuovo allenatore sia un personaggio di altissimo livello non c’è dubbio. Un numero 1 e non solo perché era quella la maglia che portava da portiere. Un protagonista di fama mondiale, con un passato clamoroso (miglior portiere del Mondo dal 1989 al ‘91, lo scudetto dei record nell’Inter, l’avventura con la nazionale bruciata, si racconta, per quell’unico gol subito da Caniggia ad Italia ’90) ed un futuro importante da costruire. L’uomo è ambizioso ed è piaciuto a Zamparini essenzialmente per questo motivo, oltre che per le abilità mostrate a Catania ed in particolare nei derby vinti sul Palermo che gli valsero subito i complimenti del patron che qualche mese dopo l’avrebbe assunto. Ha scelto Palermo pochi giorni dopo essere andato via da Catania ma in fondo anche questo è un segnale della sua diversità. Non ha paura dei luoghi comuni o delle chiacchiere da campanile, ragiona da professionista, segue le occasioni di lavoro migliori possibili nell’ottica, dichiarata sin da oggi (così un domani non ci saranno equivoci…) che il suo sogno è allenare l’Inter, la squadra del cuore cui ha legato l’intera carriera. Vuole arrivare, vuole vincere. Trascinando con sé il Palermo. L’altra parte della Sicilia diventa dunque un momento di passaggio, decisivo non secondario, per mostrarsi ancora più all’altezza. Quanto alle rivalità, basti dire che Zenga ha allenato a Bucarest tre diversi club di quella stessa città. Ed ha vinto in piazze molto calde come Belgrado con la Stella Rossa. La domanda che tutti si fanno semmai è un’altra. Quanto reggerà con Zamparini? Lui ritenuto facile a litigare (con Sacchi, con i giornalisti, con la televisione) ma anche capace di formare grandi gruppi (il Catania stesso ne è stato un esempio) che riescano ad andare oltre i propri limiti. Chissà, magari fra due caratteri forti sorgerà un idillio imprevedibile. Dipenderà come sempre dai risultati, Difficile anche etichettarlo sul piano tattico. Zenga non è legato ad un solo modo di fare calcio, anzi ama il trasformismo e la duttilità. Altro fattore, a quanto dice il presidente, che ha conquistato Zamparini. Non è uno che batta i piedi per avere specifici giocatori, ma prova a migliorare e a far rendere al top la rosa che gli viene messa a disposizione. Sul piano dialettico, è secondo a pochi. Su quello mediatico, buca il video e conquista con facilità titoli e passaggi nelle televisioni e sui giornali, soprattutto quelli nazionali. Altro motivo che piace molto a Zamparini, convinto con un simile personaggio di far trovare al suo Palermo, che ritiene a volte penalizzato, ancora più spazio. Walter è un uomo dalle trovate singolari, spiazzanti per un calcio sempre molto tradizionalista come quello italiano: dagli schemi sulle palle inattive, per cui si porta sempre dietro un collaboratore che ne studia di nuovi per lui (Gianni Vio, che lo seguirà a Palermo), all’idea della fascia di capitano “volante”, cioè cambiata partita dopo partita. Non è detto però che utilizzi questi stessi metodi anche a Palermo, anzi pare proprio che il capitano rosanero resterà Liverani, quando sarà guarito beninteso. Dovremo scoprirlo un po’ tutti ed in fondo sarà proprio questo uno dei temi più interessanti della stagione che arriverà. Ballardini era entrato nei cuori dei tifosi con semplicità, ma Zenga potrà farlo con maggiore decisione, alla sua maniera. A volte Palermo si è scontrata coi “trascinatori”, a volte ne è rimasta incantata. Vedremo. E vedrà zamparini, naturalmente. Dalle cui volontà spesso ondivaghe passa sempre il destino del Palermo. Certo che per l’uomo Ragno scalare i muri rosanero sarà una bella scommessa. Piena di fascino, comunque la si giudichi.

Un allenatore ambizioso e determinato, con la voglia di arrivare in Champions 24


TO

Uno scudetto a Palermo

di ROBERTO GUELI

RGEN A E RO O , A S O BABY R

Un gioiello chiamato primavera. Uno scudetto che parla palermitano con piccole inflessioni uruguaiane. Il Palermo è campione d’Italia per la prima volta nella sua storia. Nella lontana Trento ha messo sotto le altre sette sorelle del calcio baby che conta. Poi in finale il ko al Siena. La squadra allenata da Rosario pergolizzi sul tetto del calcio giovanile, un gruppo, quello rosa, formato da calciatori dei tanti quartieri del capoluogo e dal fiuto del gol del sudamericano Hernandez. Mix perfetto, quello del team palermitano ora pronto al decollo nel calcio professionistico, allenatore compreso. Chi resterà al suo posto è il responsabile, Rosario Argento, dirigente Nissan ma innamorato dei colori rosanero. Da vent’anni lavora nel Palermo. A decine i ragazzi portati in prima squadra e molti di loro hanno fatto (e lo fanno ancora) parte del calcio di A e B. Pochi impianti (Boccadifalco e la Cittadella universitaria) ma tanta voglia di fare calcio. Così il settore giovanile del Palermo (dopo il terremoto legato a anche a vicende giudiziarie, ndr.) è tornato sulla terra ferma. Si è riorganizzato ed ecco il successo principe: lo scudetto Primavera. Argento, una grande soddisfazione… “Immensa, la più bella della mia carriera. E dire che tra Zeman e i giovani di Sampino qualcosa abbiamo vinto negli ultimi anni come settore. Io l’ho seguito da sempre ed il tricolore di Trento è stato bellissimo come l’accoglienza in città”. premio in denaro per i nuovi campioni? “Zamparini non gradisce. Ha voluto regalare loro un viaggio di sette giorni a scelta”. ora molti di loro prenderanno la strada del professionismo…

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“Alcuni hanno già i contratti con il Palermo, altri sono stati “girati” nelle serie minori. Gente come Mazzotta, Cossentino, Davì farà parte della prima squadra di Zenga, almeno in ritiro. Pergolizzi è appetito da tante squadre e poi Giovio, Corsino, Conti hanno tante richieste”. Il momento più bella di questa cavalcata? “Direi tutta la stagione. Tornato Pergolizzi ero convinto che tutto sarebbe stato fatto con grande professionalità e voglia di vincere. Si sono superati tutti, dai calciatori, allo staff tecnico a quello dirigenziale fino a massaggiatori, medici e magazzineri”. Il prossimo anno partirete da campioni d’italia… “E non sarà facile. Su nomi e programmi mi incontrerò a breve con il ds Sabatini, grande conoscitore del calcio giovanile”.

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Rosario Argento, dirigente responsabile del settore giovanile


di FEDERICA MESSINEO

Design week a Palermo

PROTOTIPI E ARCHITETTURA D’INTERNI Si è svolta dal 25 al 31 di Maggio 2009 la terza edizione della manifestazione internazionale palermo design Week, ideata dall’Arch. Giuseppe Finocchio e organizzata dall’associazione culturale ICOD di cui è il fondatore, con la partecipazione del Dipartimento di Design della Facoltà di Architettura di Palermo. La manifestazione si è tenuta in quattro siti diversi: Ex Deposito delle Locomotive Sant’Erasmo, Villa Alliata Cardillo, Facoltà di Architettura e piazza Magione. Tema principale di quest’anno il design dei paesi della comunità europea, rappresentato nella mostra Storie di Design ideata e allestita da Giuseppe Finocchio e curata da Porzia Bergamasco, presso l’Ex Deposito delle Locomotive Sant’Erasmo, dedicata appunto ai designer dei paesi europei, scegliendone due per ogni nazione. Il concept della mostra è stato quello di presentare non solo l’oggetto, ma anche la storia legata alla sua creazione: disegni, schizzi, modelli, prototipi, foto, video, aneddoti, curiosità, tutto quello che riguarda il progetto e la sua crescita. Dall’idea maturata nella mente del designer alla sua realizzazione, dal motivo della sua creazione al rapporto con l’azienda che l’ha prodotto. Il modo con cui il designer si interfaccia con il proprio lavoro, e con l’azienda che produce il progetto presentato. Si è voluto mostrare questo e tutto quello che serve a raccontare la storia di quegli oggetti… storie di design appunto! Altra mostra allestita all’Ex Deposito è Look it.. Touch it!, in collaborazione con Material ConneXion® Milano, dove è stata presentata una selezione di circa 60 materiali innovativi che possono essere utilizzati nei più svariati progetti, e che in questo caso solleticano due dei nostri sensi: la vista e il tatto! A Villa Alliata Cardillo sono state allestite tre mostre tra cui spicca Avverati – A Dream come true, progetti dal SaloneSatellite alla produzione a cura di Beppe Finessi e allestita da Riccardo Bello Dias, una carrellata di prodotti che presentati durante le varie edizioni del SaloneSatellite come prototipi sono poi entrati nel catalogo di aziende prestigiose. Per Avverati, presentata nel 2007 a Milano e successivamente destinata ad altre sedi espositive internazionali, la Palermo Design Week è stata la prima tappa di questo lungo percorso itinerante! Altra mostra allestita a Villa Alliata è Made at Home che proponeva il design alla portata di tutti. Inteso come pensiero,

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tradotto in istruzioni per l’uso, da diffondere on line e comunicare attraverso la mostra, la nuova sfida, a un anno dalla sua nascita, di AtCasa.it, il portale di design del Corriere della Sera. In occasione della Design Week palermitana, in mostra una selezione dei prototipi presentati in anteprima allo Spazio Rossana Orlandi durante il Salone del Mobile 09 di Milano. Dedicata alla fotografia di Antonio scontrino la terza mostra allestita a Villa Alliata, 24 ritratti di persone di differente etnia in contrasto con colori molto violenti dipinti sul corpo o sul viso, una serie di immagini straordinarie che sono in aperto contrasto con il processo di omologazione culturale in atto. Trapanese di origine, lavora e insegna negli Stati Uniti. Il Dipartimento di Design della Facoltà di Architettura di Palermo ha allestito, presso la Sala Fondazione Basile, “Sperimentazioni intorno al Design”, una mostra dei progetti elaborati nel corso di laurea in disegno industriale della facoltà di Architettura di Palermo dal 2002 al 2008, curata dal Prof. Michele Argentino. Piazza Magione è stata teatro del nuovo fenomeno battezzato di Street Art con la mostra-evento Wallpaper, curata da Paolo Bordino, a cui sono stati invitati alcuni dei talenti più interessanti del panorama italiano, e che vuole lasciare un segno tangibile del suo passaggio sui muri della città dimostrando come lo spazio urbano possa essere migliorato tramite interventi di arte pubblica, riportando la Street Art nel suo luogo di adozione: la strada. Durante la Design Week si è anche tenuto il workshop Progettare per il mondo reale – Creatività per il territorio: Vucciria; Creatività per il prodotto: sedia di Bivona, organizzato dal Dipartimento di Design con il coordinamento didattico di Fabio Naselli, Reino Veenstra e Laura Zarbo a cui hanno partecipato una trentina di studenti. Tema del workshop creare una valida alternativa per contrastare il fenomeno di deterritorializzazione delle produzioni e di abbandono del luoghi, con due indirizzi progettuali: il mercato storico di Palermo, la Vucciria, e i prodotti di artigianato della

La storia degli oggetti e delle loro creazioni, il modo in cui il designer si interfaccia con il proprio lavoro 28


tradizione dell’entroterra siciliano, la Sedia di Bivona. La Design Week quest’anno è anche Palermo_OFF in cui una serie di negozi, specializzati nell’architettura d’interni hanno partecipato con esposizioni ed installazioni allestite nelle loro sedi realizzate da gruppi di studenti della Facoltà di Architettura. Hanno partecipato Barraja mobili d’oggi, Casa come me, Didesign, Mame studio, Officine Achab, Sanfilippo, Spazio Deep. Durante la settimana in cui si è svolta la manifestazione si sono condivise iniziative a sfondo conviviale e di spettacolo che hanno avuto luogo presso Villa Alliata Cardillo. Si sono esibiti giovani gruppi di musicisti che hanno contribuito ad accrescere l’interesse per l’evento e che hanno richiamato un pubblico sempre più numeroso. Il sabato mattina si è poi tenuta una conferenza sulla mostra Storie di Design e dei 26 paesi in mostra 11 erano presenti rappresentati dai rispettivi designer, presentando se stessi e il loro lavoro. Sabato sera si è poi svolta la cerimonia di assegnazione dei premi indetti dalla manifestazione, nello splendido giardino di Villa Alliata Cardillo, alla presenza dei giornalisti delle maggiori testate italiane del settore, di Marva Griffin (curatrice del "Salone Satellite" del Salone del Mobile di Milano) e di Rosario Messina (Presidente di Federlegno-Arredo, ex Presidente Cosmit), che con i giornalisti componevano la giuria, e insieme alle personalità e alla popolazione di Palermo. Il Premio alla Carriera è stato conferito all’Arch. ugo La pietra, che in quarant’anni di onorata carriera ha perseguito un concetto di arte a tuttotondo che lo porta fuori da schemi prestabiliti e a muoversi in assoluta libertà d’espressione. Il Premio Palermo Design Week è stato assegnato all’Ungherese studio Ivanka e ai designers Ákos Klimes e peter Maurer Kucsera, per il loro progetto “See you”. Il secondo premio è stato assegnato al belga Stefan Schöning per il suo progetto di corporate identity delle Ferrovie Belghe. Il Premio Palermo Citta del Design al negozio officine Achab_Hand design gallery per l’allestimento curato per l’occasione da Mariella La Guidara, come migliore vetrina allestita. Il prossimo appuntamento sarà a maggio 2010 per la quarta edizione della Palermo Design Week.

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UN LIBRO PER RACCONTARE LA GARA SU STRADA PIÙ ANTICA DEL MONDO

Targa Florio, c’era una volta ‘a Cursa

“Se si dovesse ripercorrere la storia della Targa, si dovrebbero scrivere molte pagine dense di episodi, di contrasti, di ansie, di trionfali successi, tali da riempire un grosso volume. Forse un tale lavoro sarà fatto da qualche storico appassionato della corsa, vendemmiando fra i miei ricordi e nella mia memoria”. La lungimiranza delle parole di Vincenzo Florio arrivano fino ai nostri giorni, cinquant’anni dopo la sua morte, raccolte dal professor giuseppe pitrone nel suo libro “’a Cursa – Tormento ed estasi di un pilota alla Targa Florio”. Un romanzo appassionato e appassionante che, tra dimensione epica, sintesi storica e coinvolgimento popolare, ci offre lo spunto per ripercorrere con la memoria gli anni d’oro di quella che è la corsa su strada più antica del mondo. Ma partiamo dall’inizio. Correva l’anno (è proprio il caso di dirlo) 1906 quando Vincenzo Florio, imprenditore siciliano pioniere e rivoluzionario, animato da due passioni, quella per le auto da corsa e per la sua terra di Sicilia, idea a Parigi la “Targa

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di ANGELO LUCA PATTAVINA

“Diu criò li Siciliani e san Vicenzu criò la Targa pi farli felici e cuntenti”

Florio”. Un evento che è diventato leggenda, al pari di altre storiche corse di prestigio come la Millemiglia, Indianapolis o la 24 ore di Le Mans. Sviluppatasi nel corso del tempo in varie formule, Piccolo, Medio e Grande circuito delle Madonie (rispettivamente 72, 108 e 148 Km), abbinata alcune volte al Giro di Sicilia (più di 1000 Km) e al Circuito del Parco della Favorita (5 Km), la corsa è stata un trionfo d’immagine per la nostra isola. Soprattutto per il territorio madonita, per quei piccoli centri come Cerda, Caltavuturo, le Petralie, Geraci, Castelbuono, Isnello, Collesano e Campofelice che con il loro alternare mare, montagna e campagna, in un continuo contrasto cromatico di struggente bellezza, hanno fornito uno scenario unico per i bolidi che l’hanno attraversato. Una corsa dannata e adorata, dove vita e morte, glo-

odori di savana, panelle, salsicce, acqua di colonia e gas di sca-

ria e anonimato, si sono ritrovati uniti dalle stesse

rico.

ghirlande d’alloro per vincitori e morti. Un evento a cui

Una festa finita, purtroppo, dopo 61 edizioni, al quarto giro del 15

non hanno saputo rinunciare miti e leggende dell’au-

maggio 1977, quando un terribile incidente coinvolse il pilota

tomobilismo mondiale come Nuvolari, Ascari, Fangio,

Gabriele Ciuti e quattro spettatori, sollevando dubbi e polemiche

Taruffi, Villoresi e in cui si sono distinti anche eroi no-

sull’opportunità di continuare quel tipo di competizione. Alla fine

strani come il barone Antonio pucci e il professore

si scelse di dare seguito alla formula rally (arrivata quest’anno

ninni Vaccarella. Una competizione in cui a darsi

alla 93° edizione) ma non fu più quella grande festa popolare,

battaglia erano case automobilistiche del calibro di Bu-

quel momento di comunione sociale che chi ha avuto la fortuna

gatti, Ferrari, Alfa Romeo, Lancia, Porsche, Maserati e

di vivere ricorda ancora con nostalgia.

Mercedes.

Oggi della mitica corsa restano i cimeli conservati al museo “Vin-

Ma il vero tratto distintivo, cio che l’ha resa unica, è

cenzo Florio” di Cerda e al museo “Targa Florio” di Collesano,

stata la partecipazione popolare. Una corsa vissuta

mentre il recente intervento della Provincia Regionale di Palermo,

come una festa. “Diu criò li Siciliani e san Vicenzu criò

che ha acquistato Floriopoli, ovvero le “Tribune di Cerda”, dà

la Targa pi farli felici e cuntenti”. Un evento annuale

una speranza che questo patrimonio non vada in rovina. L’inizia-

che richiamava persone da tutto il mondo, dove le di-

tiva salverà i box, il paddock, le tribune, tutto quanto è stato sce-

stanze tra marchesi e pescatori, principesse e lavan-

nario e cuore pulsante di un evento che ha fatto la storia sportiva,

daie si accorciavano, tutti insieme a mescolare nell’aria

sociale e culturale di una Sicilia che sapeva farsi conoscere agli occhi del mondo non solo per i tristi clichè di sempre.

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Gusti e Sapori SCIMONE, LA “DOLCE” TRADIZIONE

è passato quasi mezzo secolo eppure sembra ieri; come una rassicurante garanzia di continuità, nonno Carmelo accompagna, oggi come allora, il cliente lungo l’arco della giornata, dal croissant mattutino alla pausa pranzo, dall’aperitivo ad uno spuntino dolce serale… Un’apoteosi di luci, colori, profumi e squisiti sapori; tra le più antiche a Palermo, la pasticceria, gelateria, gastronomia Scimone di via Imera, situata da sempre nel cuore pulsante del centro cittadino, con un secondo punto vendita in via Regina Elena 61 a Mondello rinomata stazione turistica palermitana fra splendide ville stile Liberty, stuzzica i palati dei golosi di Sicilia e ha saputo esportare il nome della sua città ed il suo marchio insieme ai suoi prodotti avvalendosi della collaborazione di rinomati corrieri espresso anche in tutta Italia. Tutto ha inizio grazie alle antiche ricette di nonno Carmelo, tramandate al figlio Angelo, che scrupolosamente le ha riviste e consigliate ai figli Carmelo, Mario, Alessandro e Massimo che le hanno adattate, negli anni, ai gusti dei clienti più esigenti. Ma ai prodotti tipici dell’arte pasticcera siciliana fatta di buccellati, cassate e cannoli, babà, tricotti, vanigliati, taralle al cedro e molti altri prodotti, i quattro fratelli hanno saputo accostare nuovi sapori: “Come il dito d’apostolo – spiega Carmelo Scimone - da oggi un marchio da noi registrato, che consiste in una soffice sfoglia all’uovo farcita con una delicata mousse nata dall’incontro di panna e ricotta di pecora di Santo Stefano di Quisquina”. Ingredienti genuini ed accuratamente selezionati, esperienza e creatività

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Informazione Pubblicitaria

contraddistinguono e valorizzano i “pezzi” Scimone, dalla pasticceria alla gastronomia e ancora: croissants, mega ciambelle anche ripiene di nutella (cianbella cornutella), arancine al basilico e rosticceria varia. Come resistere! Negli ultimi anni, oltre alla tradizionale attività pasticcera, si è affiancata quella di servizio catering e di ricevitoria per il Superenalotto con i sistemi personalizzati.

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La Pasticceria scimone ha sedi in: palermo - Via Miceli 18/b angolo Via Imera Tel. 091584448 - Fax. 091585405 Mondello - Viale Regina Elena 61 Tel. 0916841788 Fax. 091453577 per contatti: pasticceriascimone@gmail.com

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PALERMO RUGBY IN SERIE

B

E il terzo tempo arrivò al Malaspina

Se la storia dello sport siciliano fosse racchiusa in un libro... adesso avrebbe un capitolo in più. Parole e immagini descriverebbero le gesta di una piccola squadra, formata da grandi uomini, che con le sue straordinarie vittorie è riuscita a conquistare il cuore dei tifosi e l’accesso alla serie b. Racconterebbero l’impegno di un gruppo di giovani atleti che oltre a lavorare sul terreno da gioco portano avanti le regole della palla ovale nelle scuole dei quartieri più a rischio di Palermo e tra i ragazzi dell’istituto di pena minorile Malaspina. Archiviata la delusione dello scorso campionato (la promozione era sfumata all’ultima giornata), il palermo Rugby ha dato inizio alla stagione 2008/2009 con l’obiettivo di scalare la vetta della classifica e raggiungere un posto d’onore tra le pagine di storia dello sport di casa nostra. Il 17 maggio 2009, con il memorabile trionfo sul Civitavecchia per 34-5, i neroarancio centrano il bersaglio. Conquistano il salto di categoria e divengono la prima squadra palermitana di rugby ad ottenere la promozione in serie B. Un record raggiunto senza troppe difficoltà visto che il team, presieduto da Fabio Rubino, non ha mai mollato la testa della classifica. Il risultato arriva al termine di una stagione molto intensa: sette mesi di soddisfazioni e di risultati straordinari (24 partite tutte vinte, nessun pareggio e nemmeno una sconfitta) ma anche di sacrifici, sia in campo che fuori. Allenati out-

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door da gianluca Fontana al Fontana Health Club, i 28 giocatori hanno affrontato ogni incontro con la giusta preparazione psicofisica per vincere. «L’obiettivo “B” è stato raggiunto – afferma Davide Grotta, l’occhio spento della squadra – ma il nostro lavoro continua e va oltre risultati ottenuti sul campo. Il Palermo Rugby, infatti, ha creato e sta portando avanti un settore giovanile che dopo soli tre anni ha prodotto 350 tesserati perché è riuscito a trasmettere anche ai più piccoli i valori fondamentali del codice d’onore del rugby che incita al rispetto delle regole e dell’avversario non solo in campo ma anche

“Il nostro sport è rispetto delle regole, un principio che vogliamo trasmettere ai ragazzi che vivono in carcere”

fuori». Animati da un «concentrato di follia pura», i rugbysti, capitanati da Marco La torre (lui e Gioacchino sono nipoti di Pio, il deputato del Pci assassinato dalla mafia negli anni ’80) inebriano il pubblico con una forte scarica di energia. Un match dopo l’al-

di VALENTINA LI CASTRI

door sul campo del Velodromo da gioacchino La torre e in-

tro, Palermo non è più soltanto calcio. La città scopre un nuovo sport dove il contatto fisico, la strategia, l’intelligenza e la furbizia si mischiano con l’abilità, la forza e la potenza in una coinvolgente lotta per la supremazia. I giocatori entrano in campo con la testa e il cuore, senza mai perdere di vista il rispetto delle regole. Un valore fondamentale e di grande valenza sociale che porta il Palermo rugby a varcare i cancelli dell’istituto

Momenti della festa promozione

di pena minorile per preparare i giovani ospiti alla creazione del Malaspina rugby clan: «Il rugby - spiega Rubino - rappresenta una valvola di sfogo e una risorsa per l’integrazione ed è l’unico sport di squadra in cui i risultati si ottengono grazie agli sforzi dell’intero gruppo e allo scontro leale con gli avversari. Questi, insieme con la solidarietà verso i compagni e la lealtà, sono i principi che vogliamo trasmettere ai ragazzi che vivono in carcere». L’estate, dunque, si prospetta ricca di impegni e piena di aspettative per il nuovo campionato: conquistata la serie B, adesso arriva il tempo di dominarla. Ma intanto Palermo ritrova un posto d’eccellenza nel rugby dopo oltre 40 anni di attesa.

Momenti della festa promozione

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I Viaggi di Feel Rouge cronaca to con la n e m ta n appu affato mete Secondo ha tocca e h c io g g lia. di un via e dall’Ita tantissim is d e ti n scina

DIARIO DI BORDO, 2A TAPPA: POLINESIA Il sogno non è ancora finito… Eravamo rimasti in Australia…Qualcuno parla di mal d’Africa, ma esiste anche il “mal di Polinesia”. La Polinesia Francese, una vasta porzione di Oceano, lunga e larga migliaia di Km e divisa in cinque arcipelagi (circa 120 isole, la maggior parte disabitate): le Isole della società (a sua volta divise in “Iles du vent” ed “Iles sous le vent” come Tahiti, Moorea, Bora Bora, Huahine, Raiatea, etc.), caratterizzate da isole vulcaniche verdi con montagne alte e giovani, le tuamotu (il più vasto, 1300 Km) al quale appartengono 78 antichi atolli corallini circolari, brulli, piatti e privi di roccia come Rangiroa, Tikehau, Manihi o le distanti Moruroa e Fangataufa tristemente note per gli esperimenti nucleari francesi finiti nel 1996; le Marchesi, dove morì il pittore Gauguin (anche lui stregato dal posto e dalla gente), caratterizzate da isole montagnose prive della protezione della barriera corallina

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isole gambier (Mangareva ed altre) ed Australi (famose per essere un luogo di incontro delle megattere). All’aeroporto internazionale Faàa di Papeete, capitale della Polinesia Francese nell’isola di Tahiti, l’impatto è di quelli che annullano la stanchezza e il sonno. Scesi dall’aereo sentiamo l’aria diversa, calda e umida; all’ingresso della sala arrivi ci accolgono 3 simpatici personaggi polinesiani che suonano l’ukulele, uno strumento molto simile al nostro mandolino, ma un po’

di FEDERICA MESSINEO

(reef), ed infine gli arcipelaghi minori e selvaggi delle

più piccolo, e veniamo accolti con una collana di fiori di Tiaré profumatissima. Solo un pernottamento a Papeete, l’indomani siamo pronti per il nostro volo interno per bora bora, senz’altro l’isola più famosa di tutti i mari del Sud, conosciuta con l’appellativo di “perla del pacifico“. La pista è una striscia di terra asfaltata a ridosso del mare e l’aeroporto è piccolissimo. Al ritiro delle valigie praticamente ce le consegnano a mano; ci attende il taxibarca che ci accompagnerà al nostro albergo. Dopo 10 minuti di barca arriviamo al Beach Resort. Un grosso bungalow funge da reception, sulla destra domina una lunga spiaggia bianca con alle spalle l’antico vulcano verdissimo che si erge da una laguna color turchese circondata dai vari “motu“ (le isolette formate dall’innalzarsi della barriera corallina) e infine prosegue con una serie di overwater che sostano sulla barriera corallina. Il nostro arrivo è accolto da un ragazzo in pareo giallo che soffia dentro una conchiglia, creando un suono simile a quello delle navi in partenza. Una ragazza ci dà il benvenuto con una collana di fiori. Dalla reception ci fanno accomodare in una terrazza affacciata sul mare, provvista di ceste con pane per dare da mangiare ai pesci; poi ci accompagnano al nostro garden bungalow che si trova all’interno di un meraviglioso giardino pieno di fiori colorati, palme da cocco e tantissimi uccelli; il verde è sempre più bello da ammirare, la casa, fatta tutta di legno e bambù, è grandissima: sul tavolino, una bottiglia di champagne adornata di fiori. Non ci sono finestre ma porte-finestre con zanzariera, e al di fuori, una veranda grandissima con un tavolino e due sedie da una parte e due sdraio e un tavolino dall’altra. Costume e di corsa in spiaggia; ci sono circa una decina di sdraio e in riva, due canoe e un kajak. La spiaggia è deserta, non c’è nessuno, è bianchissima e il mare assume un colore straordinario: una pace che le parole non bastano per descri-

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vere. Quando si esce, lo si fa via spiaggia perché qui non ci sono strade, ci si arriva solo in barca: si cammina sulla sabbia, tra noci di cocco cadute e palme. Alle 19,30 circa si va a cena perché alle 21 qui si va a letto! L’indomani, dopo un’abbondante colazione, subito di nuovo in spiaggia, il tempo è un po’ nuvoloso, ma quando esce, il sole è caldissimo quasi da non riuscire a stare lì sdraiati; un giretto in kajak, una nuotata, poi a vedere la dimostrazione di come si puliscono e si rompono le noci di cocco. Quelle che compriamo in Italia sono prive dell’involucro fibroso verde o arancione che hanno quando cadono dalle palme: un ragazzo ci mostra come in pochissimo tempo sia facile aprire una noce di cocco; con un bastone appuntito fissato a terra si toglie questo involucro, poi, con delle incisioni trasversali nel mezzo dei due occhi (le due chiazze tonde sulla corteccia), si apre la noce di cocco e una volta aperta la noce viene tagliata a fettine e viene data da assaggiare, un’altra invece viene grattuggiata, poi avvolta in uno straccio e strizzato. Da qui, viene fuori un bicchiere pieno di latte di cocco, buonissimo. La sera, spettacolo polinesiano: ballerini e ballerine si sono esibiti nella “tamurè“, sensualissima danza polinesiana, che alla fine coinvolge i turisti (me compresa)!!! Un’usanza molto in voga in tutta la Polinesia (non solo in quella Francese), è por-

Un’usanza polinesiana è portare un fiore dietro l’orecchio”

tare oltre che i fiori nei capelli, un fiore dietro l’orecchio. Il fiore ha il significato di segnalare, se è a sinistra, cioè dalla parte del cuore, che si è impegnati, se è a destra che si è liberi ed in cerca dell’anima gemella. Nel Sud Pacifico vi capiterà di incontrare molti uomini dalle movenze spiccatamente femminili che si contrappongono decisamente ai fieri guerrieri. E ne troverete soprattutto nelle strutture turistiche. Infatti nel mondo Polinesiano non sono affatto degli emarginati, anzi sono ricercati per i lavori al pubblico in quanto ritenuti più adatti, precisi e gentili; l‘omosessualità in tutta la Polinesia è una tendenza come un’altra ed è considerata al pari dell’eterosessualità, fa parte della “normalità” e viene vissuta quindi serenamente. Molto spesso è decisa e forzata dalle stesse famiglie d’origine e questo già dalla tenera età, per motivi che variano a seconda delle regioni e delle tribù. Un Tahitiano ci spiegò che i genitori di un suo amico volevano fortemente una figlia e quando nacque invece un maschietto decisero di allevarlo come una femmina. Se si tratta di omosessuali travestiti, il termine Polinesiano è “Raerae“, se invece si tratta di maschi allevati come femmine dalla famiglia di origine il termine è “Mahou“, abilissimi nelle faccende domestiche. I giorni corrono inesorabili, in una terra dove la vita scorre lenta, dove non esistono le parole “subito e di corsa”, dove devi abbandonarti completamente. La nostra vacanza si consuma velocemente. Salutiamo con molta malinconia la Perla del Pacifico e ci imbarchiamo su un taxi-barca per l’aeroporto, diretti verso la nostra ultima tappa prima del rientro in Italia.

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Talk Show

SUL DIVANO DI ELISABETTA

Si chiama Parliamone il talk show condotto da Elisabetta Cinà su TVT in onda dal lunedì al venerdì dalle ore 12 alle 13,30. Parliamone è un salotto che si caratterizza per un’atmosfera molto familiare, dove ogni giorno entrano in studio storie che riguardano gli argomenti più disparati e dove chiunque può venire per raccontare la propria. Dalla politica alla cultura e all’arte, dalla musica allo spettacolo, dallo sport al sociale, nel salotto di «casa Cinà» ci si sente esattamente come in famiglia. Un luogo televisivo di importanza regionale in cui sono nate spesso amicizie e in qualche caso perfino affari. Un talk show in cui trovano spazio le nuove realtà artistiche locali, ma anche importanti questioni legate al sociale. A fare gli onori di casa è Elisabetta Cinà, conduttrice, manager di una cantante e anche mamma a tempo pieno. Elisabetta, non sei certamente alla tua prima esperienza nel settore, cosa ti ha portato a fare questo mestiere? “In realtà non nasco come conduttrice ma il caso mi ha portata in televisione nonostante inizialmente avessi qualche dubbio nell’accettare questa sfida. Prima di approdare nel centro di produzione di TVT mi occupavo di moda, settore che mi ha dato diverse soddisfazioni e mi ha procurato collaborazioni con diversi stilisti. Ho cominciato con TVT Ore 12 che era un format tale e quale a quello di Parliamone ma lo abbiamo trasformato nel programma che conoscete perché di fatto andava in replica durante la notte e al mattino, per cui Ore 12 non rendeva bene questa cadenza”. di talk show ne hai presentati diversi, e non soltanto su tVt, che ci racconti di Elisabetta conduttrice? “C’è stata una piccola parentesi su Video 2 Canale Italia dove ho condotto L’Italia che parla, ma sono poi tornata a TVT, una televisione che ho molto a cuore. Si tratta di un’esperienza che mi dà costantemente soddisfazione e che mi ha avvicinata a molta gente; con i telespettatori ho ormai istaurato un rapporto molto diretto. La conduttrice è la stessa Elisabetta di tutti i

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giorni, semplice e spontanea, una persona che ha fatto della naturalezza la sua filosofia di vita”. C’è un conduttore a cui ti ispiri o ti sei ispirata all’inizio della tua carriera o magari un collega che apprezzi particolarmente? “In realtà quando ho cominciato, l’unico talk show che conoscevo era quello di Maurizio Costanzo, che apprezzo ma non posso seguivo moltissimo, e un po’ dal Maurizio Costanzo Show che si può considerare il padre del genere. E poi, chiaramente, c’ho messo molta farina del mio sacco”. ti faccio una domanda un po’ buffa: ti vedi più in un Maurizio Costanzo o in una Maria de Filippi? “Penso in nessuno dei due. Chiunque ti risponderebbe Maurizio Costanzo perché Maria De Filippi è in un certo senso un personaggio molto criticato a causa di alcuni programmi che conduce, format che molti definiscono TV spazzatura. Io trovo invece che sia una persona molto intelligente e che abbia capito tutto di questa televisione, non a caso registra puntualmente degli ascolti molto alti proprio in quelle trasmissioni che tutti negano di vedere. Evidentemente qualcuno che le vede ci sarà”. dei reality show cosa ne pensi, tV spazzatura o ne condurresti uno? “Mi piacerebbe partecipare all’Isola dei Famosi come non famosa giusto per il gusto di mettermi in discussione; sarei curiosa di sperimentarmi in quel contesto e in quelle condizioni un po’ precarie”.

di DANILA TARANTINO

dire che mi abbia ispirata. Diciamo che ho preso qualcosa da diverse trasmissioni tra cui L’Italia sul Due, programma che

C’è un episodio in particolare che professionalmente ti ha segnata in qualche modo? E quali sono le storie che porti in studio, qual è il tuo criterio di scelta? “Vado in onda quasi tutti i giorni e per nove mesi di seguito, quindi ce ne sarebbero anche troppi. Credo che tutte le storie e le persone che sono entrate nel mio salotto mi abbiano lasciato qualcosa, dall’artista al presidente dell’associazione. Ho imparato ad ascoltare e ho scoperto che so fare parlare gli altri. Quanto alle storie, le cerco, mi tengo sempre aggiornata con i giornali ma molte volte o le trovo casualmente o sono loro che vengono da me. Dopo tanto tempo si è ormai creato un circuito di persone che mi chiamano per propormi degli argomenti, una sorta di passaparola creatosi tra giornalisti e amici. Spesso sono anche gli stessi ospiti che mi richiamano per suggerirmi storie nuove. I personaggi più particolari venuti da me? Diversi, l‘attore Francesco Benigno, Rosalba Vitellaro, regista di cartoni animati per la Rai, Ernesto Maria Ponte, Rosaria Mannino che su Facebook è ormai una leggenda, ma anche Paolo Patanè dell’Arcigay Sicilia, e tantissimi esponenti politici”. Vogliamo qualche anticipazione… Quali storie interessanti porterai in studio prossimamente? “Le storie sono sempre molto varie e sono talmente tante che su due piedi è un po’ difficile dirti qualcosa. Intanto, io ospito circa una volta a settimana dei gruppi musicali siciliani e a qualcuno ho portato anche fortuna, come i Sei Ottavi che ho avuto in trasmissione ancora prima che diventassero famosi grazie all’esperienza di X Factor. Dò in generale molto spazio a tutti gli artisti siciliani, quindi cantanti, attori, comici, e ho avuto per un anno intero l’astrologo Marco Amato. Parlerò, ad esempio, molto presto del Festival Pub Italia, una manifestazione musicale a livello nazionale che è partita dalla Sicilia e si concluderà a Messina con le finali ai primi di luglio”. Che altro fa Elisabetta Cinà oltre a condurre i talk show? “Faccio qualche servizio per Tv news, presento spesso serate ed eventi, l’anno scorso ad esempio ho presentato la sesta edizione di Amnesty International, e adesso mi aspetta il Festival Pub Italia 2009. Sono anche la manager di una giovane cantante, Serenella”. ...e invece quando non lavora cosa fa? “Faccio innanzitutto la mamma, ho una figlia di 15 anni che si chiama Giulia, spesso la sera vado in giro in cerca di storie o a sentire artisti nuovi che poi invito nel mio salotto. Faccio anche molta attività fisica durante la settimana. Sono una sportiva nell’animo, ma non una tifosa che conosce i particolari. Il calcio? Non seguo molto il Palermo ma sono comunque orgogliosa che la mia città abbia una squadra in serie A”.

“Come trovo le storie? A volte sono loro che vengono da me...” 43


Indie Rock a Palermo LA

BAND DALL’ANIMA MUTANTE

SBARCA NEGLI

STATES Coraggio ed una innata passione per la musica. Sono questi gli elementi che consentono a Raffaella daino, giornalista professionista di Sky tg24, di essere anche un’artista di grido e soprattutto la leader di una band siciliana stimata come la più interessante degli ultimi anni, ovvero i pivirama. Dopo il cd d’esordio nel 2004, “Cosa sembra”, (autoprodotto), la band sbarca adesso negli States con il secondo cd autoprodotto dal titolo “In my mind”. Top demo del mese su Metal shock e anticipato dal video del singolo “I love u”, girato in uno scenario post bellico tra le rovine dei palazzi del centro storico di Palermo, sulle terrazze dell’Expa, stesso set scelto da Wim Wenders per il film Palermo Shooting, “In my mind” vanta molteplici passaggi su Radio Rai ed eccellenti recensioni. La storia dei Pivirama inizia nel 2000 anno in cui, grazie ad un’idea di Raffaella Daino, prende vita il progetto della band formata da cinque musicisti palermitani. Iniziano i numerosi concerti live in pub e piazze di tutta la Sicilia, ven-

“In questo lavoro c’è molta più sperimentazione e ricerca sonora”

gono registrati due demo, che consentono al gruppo l’esibizione a vari festival, come l’i-Tim Tour nel 2002 e Sonica nel 2003. Vengono inseriti in due compilation, “Stonature 3” e “JatoMusic Live”, la loro fama comincia a crescere negli ambienti specializzati. Dopo vari cambiamenti di formazione, nel 2003 prende contorno la line up definitiva che consente ai

un momento della presentazione di palermHotels alla bit di Milano

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Pivirama di sperimentare nuove sonorità e diversi percorsi musicali. Abbiamo sentito la protagonista del gruppo, che oggi si divide per lavoro fra Palermo e Roma. Raffaella, due dischi completamente diversi, quelli dei pivirama: la critica definisce “In my mind” l’album della maturità rispetto a “Cosa sembra”. finizione, vista l’estrema varietà: motivi pop allegri e ballate mediterranee, canzoni cupe con finali molto psichedelici. Nota comune è il contrasto tra i suoni delle chitarre elettriche e le dissonanze del violino acustico. Nel secondo, In my mind, c’è molta più sperimentazione e ricerca sonora”. un disco autoprodotto che esce in America: come hai fatto? “Ho da sempre abbracciato la logica “indie”, che significa autoprodursi, far girare il più possibile la nostra musica su ogni genere di canale. Da qui la scelta di produrre entrambi i cd, il primo insieme con Angelo Bordonaro e quest’ultimo con Mario Bajardi. Grazie a myspace, poi, è arrivata la proposta della Renaissance, piccola indie label americana, che ha deciso di distribuire in America In my mind, mentre in Italia il cd è uscito con il sostegno di U.du. Records”. Come nascono i vostri brani? “Le canzoni nascono da un giro che mi viene prendendo la chitarra in mano, soltanto dopo adatto le parole. Ed è lo stesso meccanismo con cui sono nate le canzoni del primo demo, Ehi U del 2001, quelle di Cosa sembra, nel 2004 e le nuove songs di In my mind. I testi parlano di storie vissute, inventate, sognate, immaginate. Altri sono ispirati a realtà vere, come la con-

di ALBA MARIA GIORDANO

“Il primo disco, Cosa Sembra, contiene per la maggior parte pezzi in italiano la cui caratteristica è l’impossibilità di una de-

dizione del carcerato (All Grey), il lato oscuro di un rapporto sentimentale (I Love U) o a momenti difficili (Lost)”. Cantante, chitarrista e songwriter. Quale di questi aspetti prevale in te? “La mia passione nasce dalla chitarra e la voce la considero uno strumento che non deve mai venir fuori in maniera eccessiva sugli altri. Se dovessi scegliere, suonerei e basta. Certamente, le mie canzoni non suonerebbero così se non ci fossero gli interventi preziosi di musicisti straordinari come Angelo Bordonaro alla batteria; Danilo Impastato al basso, Manfredi Tumminello alla chitarra e Bjm Mario Bajardi, un mostro sacro della musica elettronica e produttore artistico di In my mind, in cui ha suonato violini, synth e pianoforte e mixato tutto il lavoro; su ogni traccia ci sono decine di sovra incisioni, chitarre e violini che si intrecciano, tappeti sonori e code elettroniche…”. progetti per il futuro? “Il futuro è il presente, per me si costruisce giorno per giorno. Sicuramente farò un terzo disco, e mi piacerebbe arrivasse dall’etichetta americana la telefonata che preannuncia

un

tour

oltre

oceano. Per il resto, quanto agli affetti, vorrei che tutto rimanesse cosi com’è, perché è davvero un periodo felice!”.

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COVER BAND IL SUCCESSO? COPIARE LIGABUE è scoppiato il boom delle cover band. Sono tantissime. Ragazzi, studenti, giovani alle prese con il mondo del lavoro che decidono di formare un gruppo musicale. E quasi sempre i componenti dello stesso gruppo condividono la passione per un cantante italiano o internazionale. Perché la cover band nasce proprio per riproporre, in chiave diversa o facendo fede agli arrangiamenti originali, i brani del proprio cantante preferito. Luciano Ligabue, Vasco Rossi, Litfiba, Queen e chi più ne ha più ne metta. Nasce sempre un po’ per caso. Un annuncio lanciato in rete. Poi le risposte da parte di altri ragazzi che imparano a suonare da autodidatti e infine la formazione della band. C’è chi suona per lavoro e chi per hobby. Si riuniscono in un box per suonare, magari la sera a conclusione di una giornata stressante e poi le prime uscite in pubblico. Un pubblico che inizialmente è composto solo dagli amici e che poi diventa sempre più numeroso man mano che la band acquista popolarità. E per acquistare popolarità devi farti pubblicità da solo, sponsorizzare le serate ma soprattutto suonare la musica che la gente vuole ascoltare. Proprio per questo motivo, si inizia sempre suonando brani di artisti più popolari e conosciuti e poi magari cimentarsi in testi inediti. Le prime serate sono sempre le più faticose e quelle non pagate. Poi magari se hai riempito

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il locale iniziano a darti qualche euro, quanto basta per poterti pagare la benzina o una pizza. Di cover band ce ne sono davvero tante. Molte di queste suonano nei piccoli locali della città. Siamo stati in giro per farci raccontare la vita di chi riesce nell’impresa di creare una band. Suonano da marzo del 2005, ma la passione per la musica nasce da molto prima. Cristian è il primo a lanciare l’annuncio. E Sergio è il che non ha nessun legame con il rocker di Correggio. E la stessa osservazione è stata fatta da Ligabue, quando sergio Ciulla, Cristian basile, Alessandro La barbera, Mirko Montalbano e l’ultimo arrivato davide Liberti hanno incontrato il cantante emiliano a Verona in occasione dei concerti all’Arena. «A casa avevo un acquario non curato – a parlare è Sergio, il cantante – sembrerà strano ma proprio da questo nasce il nome del gruppo». Una cover band che vuole però distaccarsi dalle altre band che tendono a imitare in tutto e per tutto Luciano Ligabue e i suoi strumentalisti. «La cover band di Ligabue è un fenomeno che ormai ha un riscontro in tutta Italia, specie nel nord. Noi, quando ci esibiamo, mostriamo un distacco netto rispetto a tutte le altre che riproducono nel vestiario, negli strumenti e nei movimenti Luciano Ligabue». A testimonianza di questo fatto, Sergio non perde tempo nel mostrarmi la sua nuova chitarra elettrica, un

di IRMA ANNALORO

primo a rispondere. Loro sono i fondatori degli “Acquariopalude”, cover band di Luciano Ligabue. Un nome

po’ diversa da quelle con cui suona il rocker di Correggio e la sua band. Il curriculum degli Acquario non è da poco. La scorsa estate hanno partecipato al “Capaci summer festival”. A settembre dell’anno scorso hanno

aperto lo spettacolo di toti e totino a Ficarazzi esibendosi davanti a 1.500 persone, e da tre anni sono ospiti fissi al “Palermo non scema festival”, che si svolge al locale Agricantus. I cinque componenti della band inseguono un sogno. Suonare

Ripropongono con un arrangiamento diverso i brani dei cantanti più famosi

con tutti gli strumentalisti di Luciano Ligabue. E non si può certo dire che in parte non abbiano realizzato questo sogno, considerando che si sono esibiti a Palermo prima con Max Cottafavi, storico chitarrista di Ligabue e poi con Federico poggipollini, chitarrista attuale del cantante emiliano che vanta anche una carriera da solista. E non è tutto. Tra i progetti del gruppo, bolle in pentola anche quello di organizzare un concerto in chiave acustiva in città. Suonano in tutta la Sicilia. Si sono già esibiti in alcune piazze della regione, attirando dai 300 ai 500 spettatori. «In media facciamo dalle 40 alle 60 serate all’anno. La band vanta dei giovani asrtisti versatili. Anche perché alcuni di noi suonano anche in altri gruppi musicali che si cimentano in pezzi inediti. I Nerosubianco, ad esempio. Tra i componenti, tre fanno parte degli Acquario palude. I Nerosubianco suonano anche pezzi inediti, ma il pubblico è decisamente meno numeroso. Per questo è molto più facile proporre cover». Un’altra realtà musicale tutta palermitana si chiama “Fuoricorso”. Loro sono Manfredi Caffo, Vittorio Macaione, Luca Incalcaterra, Francesco stassi e Fabrizio Candino. Anche loro, tutti appassionati di Luciano Ligabue. Ma la loro band

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è un po’ diversa. Non è un lavoro ma un hobby. Il nome nasce dall’idea di Vittorio e Luca sulla base di una siuniversitaria che tutt’ora li rappresenta. Interviene subito Manfredi, che tuazione

prende una posizione differente dagli altri componenti e sottolinea come lui sia in regola con le materie previste dal suo piano di studio... I fuoricorso condividono con gli Acquario palude l’idea che suonare brani inediti sia più difficile che proporre cover. «Ciò che risulta sempre più difficile è ottenere una certa popolarità. L’approccio con il pubblico risulta più semplice se si propongono cover piuttosto che brani inediti. Quello della

cover band è un obiettivo a breve termine. Può certamente aiutarci a farci conoscere, così da poter proporre brani inediti su

cui stiamo già lavorando». I fuoricorso attualmente stanno lavorando su un nuovo progetto. Fare un restyling della musica di Lu-

ciano Ligabue. «Vorremmo fare dei nostri arrangiamenti sulle basi sulis musicali e dario sui testi di Liga, che sono indiscutibilmente meravigliosi».

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Arte e sperimentazione a Palermo SPAZIO CANNATELLA, DOVE I GIOVANI POSSONO CREARE Sognami Prendimi Comprami… Si chiama così l’ultimo appuntamento della rassegna "UNMADEINPAlermo", progetto fortemente voluto dal maestro Marco Cingolani e pienamente sposato da Massimo Cannatella. UNMADEINPalermo è nato con l’obiettivo di dare libero sfogo e visibilità a quella pulsante vena creativa che in sordina scorre in una città come Palermo sempre in bilico tra voglia di fare, “made”, ed inclinazione a disfare, “unmade”. Fortunatamente la voglia di fare ha spinto Massimo Cannatella, triathleta e costruttore di biciclette, ad inventarsi uno spazio dedicato ai giovani artisti palermitani che hanno voglia di confrontarsi e mettersi in gioco. Ed ecco che nel cuore pulsante della città, tra l'Accademia di Belle Arti ed il negozio di biciclette Cannatella, nasce “Spazio Cannatella”, 200 mq messi a disposizione dell’arte contemporanea. “La mia passione per l’arte è nata per caso – racconta Massimo Cannatella – in seguito ad un infortunio alla caviglia ricevetti in regalo una matita e dei colori; provai a scarabocchiare qualcosa e devo dire che dipingere

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mi aiutò moltissimo a superare quel periodo d’inattività forzata … così eccomi qua”. Lo Spazio Cannatella non è soltanto sede di mostre ed eventi, è uno spazio dove i giovani possono incontrarsi ogni giorno della settimana per discutere di arte ed aprirsi alle novità proprio come accadeva nei salotti illuministi. “Fino ad oggi abbiamo valorizzato soprattutto l’arte della pittura ma spero che questo luogo divenga presto un punto di riferiartistica, di qualunque natura essa sia”. Sono diverse inoltre le figure professionali legate al mondo dell’arte coinvolte nel progetto: intanto Marco Cingolati, maestro d’arte moderna i cui lavori sono stati ospitati anche alla Biennale di Venezia. E poi curatori di mostre, critici d’arte, responsabili degli allestimenti. Questa prima avventura iniziata a Dicembre con la mostra “Il Ballo delle Debuttanti” e proseguita con il successo di tutti e cinque gli appuntamenti della rassegna UnmadeinPalermo ("Puntini pallini ricciolini", “Fine Grossa Spezzata”, “Copio Proietto Incollo”, “Toccami guardami leggimi”, “Sognami Prendimi Comprami”) pare sia per Massimo Cannatella solo un punto di partenza. Tra i progetti futuri quello di portare a Palermo gli studenti delle altre Accademie d’Italia attivando scambi proficui dal punto di vista della crescita e della sperimentazione creativa. E poi un sogno: “Mi piacerebbe mettere su una mostra itinerante che attraversi l’Italia, magari in bicicletta; in questo modo coniugherei le mie due grandi passioni”.

di MARCELLA BELLANCA

mento anche nel mondo della letteratura e della musica; il principio è quello di dare spazio ai giovani ed alla loro vena

Lo Spazio Cannatella rappresenta una grande ricchezza per i giovani artisti palermitani ma realizzarlo e soprattutto mantenerlo, è molto dispendioso; non si lamenta però Cannatella che precisa “il perno del progetto sono i ragazzi, con il loro entusiasmo tutto è possibile! Io sto affrontando il viaggio dei miei sogni, un viaggio senza un obiettivo preciso, aperto a qualsiasi destinazione; mi sono indebitato per i prossimi 20 anni ma sono contento; la sensazione più bella ce l’ho quando vedo i ragazzi lavorare con entusiasmo e volontà; entrare nello splendido mondo dell’arte poi, mi ha permesso di conoscere artisti di grande levatura ma prima ancora persone meravigliose che hanno arricchito la mia vita dal punto di vista umano e professionale. Massimo con molta umiltà non si definisce un artista e anzi, sorride indicando uno dei suoi quadri discretamente appeso alla parete dell’ufficio, eppure, visitando le stanze dello Spazio Cannatella per contemplare le opere esposte è quasi inevitabile sollevare lo sguardo e rimanere affascinati da quelle strane biciclette adornate da ritagli di giornale che sembrano raccontare delle storie: c’è la porno bike e la bike che ricorda la vittoria dell’Italia ai mondiali del 2006…vere opere d’arte. “Creare qualcosa mi dà la stessa sensazione che provo dopo aver finito una gara, stanco ma rilassato, sereno e gratificato … come quando “Pitto”!

“Il perno del progetto sono i ragazzi, col loro entusiasmo tutto è possibile.” 51


IN MOSTRA... LE FOTO DI BAIAMONTE

“Primo punto”,

scatto vincente

Ti regalerò una rosa, Simone Cristicchi; Sanremo 2007.

Il mondo raccontato attraverso rettangoli di realtà. Istanti che spingono al piacere di scoprire storie, mode, luci e personaggi. L’obiettivo cristallizza la magia. Ed è subito emozione. Lo sa bene Francesco baiamonte, il giovane professionista palermitano che presenta in questi giorni (e sino al 25 giugno) presso il Centro culturale “biotos”, in via XII Gennaio 2 a Palermo, la sua prima mostra fotografica, dal titolo “Primo Punto”. Perché “Primo Punto”? «Per la voglia di fare un resoconto, o meglio il punto di quanto finora ho ricercato e poi espresso attraverso i miei scatti», sostiene Baiamonte. Per far si che la mostra diventi un “punto” di incontro per tutti coloro che amano la cura dei particolari, l’espressione e la creatività, aggiungiamo noi… E lì si blocca. E ci osserva proprio con l’occhio di chi sa cogliere dal nulla quell’elegante semplicità delle cose che è diventata il suo marchio di fabbrica. Afferrato il concetto: se vogliamo continuare a parlargli bisogna pagarne lo scotto, anzi lo scatto! Eccoci dunque nello suo studio, soggetti alla sua Nikon implacabile. “Primo punto” è penombra di scatti; è un percorso impressionato su pellicola e non che man mano acquisisce colore e si veste di sicilianità. «Sì - prosegue Baiamonte - la mostra si snoda lungo un continuum riflessivo che, grazie all’accurato posizionamento delle

Francesco Baiamonte

immagini (trenta in tutto), riflette ora momenti di disagio, disfatta e morte, ora spunti enigmatici, ora at-

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“Un’ironia giovane ma ugualmente siciliana che tenta di corrodere l’ottimismo”

timi positivi di amore, solidarietà, ri-

fotografo di adoperare “salti alla canguro

scatto e vittoria».

ubriaco”, sempre secondo Giaramidaro,

Il risultato è un lavoro eclettico ed arti-

per passare «dal reportage alla moda,

colato dove Francesco Baiamonte «rie-

dallo ritratto al teatro e allo spettacolo

sce a bilanciare in maniera sorprendente

col marasma di luci».

la sua macchina fotografica, come se la

Ecco, dunque, l’essenza della mostra: la

tenesse sempre alzata sopra una folla

necessità/capacità di porre in essere

che spintona». Proprio così si esprime

tutti gli elementi cari all’autore, come il

nino giaramidaro, noto ed apprezzato

dolore, la sofferenza e i disagi dell’uomo,

fotogiornalista.

ma anche l’ironia giovane senza la

E non è un caso, dopotutto, che anche

quale si diventa tristi, cercando di nu-

la provincia di palermo abbia ricono-

trire quella curiosità che spinge ad at-

sciuto e valorizzato il talento di questo

traversare

giovane artista e figlio d’arte, inserendo

lasciarvi una traccia del proprio passag-

la mostra all’interno di un ampio calen-

gio.

la

vita

nel

tentativo

di

dario volto alla promozione della cul-

info:

tura, garantendo così a questo giovane

www.francescobaiamonte.com

Le signore in giallo, Stefania Petyx e Carolina; 2006.

di NATALIA PUGLIESI

Resa, Andalusia - Spagna 2006.

L’inaugurazione della mostra al centro culturale Biotos. Da sinistra: Danilo Dominci (pres. Officina delle idee), Francesco Baiamonte, Carola Vicenti (assessore provinciale) e Giuseppe Piazzese.

Cinico ma vero, Palermo 2007.

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di NATALIA PUGLIESI MARIO ROSSI

Un mestiere, una storia

SALSI, DENTRO GLI OCCHI DEL CINEOPERATORE Guardando Enrico salsi vieni colpito immediatamente da un elemento: i suoi occhi scuri sono vivaci, pronti a fissarsi su un particolare visivo che ne attiri l’attenzione. E d’altro canto è proprio questo il mestiere del tele-cineoperatore, di quest’uomo che ha sempre cercato nel corso degli anni (la sua carriera è quasi cinquantennale, ndr.) l’immagine in grado di dar senso ad un evento di cronaca, ma anche sportivo o di spettacolo. Ha fatto conoscere a milioni di telespettatori quasi tutti i fatti “giornalistici” accaduti nella nostra Regione. Raccontano i cronisti della sede: “Giri in troupe con Enrico ed è una sicurezza. Per professionalità e per conoscenza. Tutti sanno chi è…dal comune cittadino al Presidente della Regione. Dall’avvocato al magistrato, dal medico al calciatore”. Ni-

“Un dettaglio che pare insignificante può diventare parte integrante di un ottimo servizio”

pote del grande Matteo Marsala, altro storico telecineoperatore della Rai siciliana, quando lo incontriamo subito puntualizza:“La standardizzazione e la specializzazione sono uno dei mali del giornalismo moderno. Ormai si tende a dividere i settori quando invece il bravo giornalista dovrebbe occuparsi un po’

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di tutto. Io ho sempre cercato di differenziare i miei interessi”. La tua è stata una lunga carriera. partiamo però dagli inizi. “La mia è una storia particolare. Sono nato nel 1945 ad Arar, nell’est dell’Etiopia. Una città più vicina alla Somalia che ad Addis Abeba, la capitale. Mia madre era abissina, mentre mio padre era di Pavullo, in provincia di Modena. Era un direttore di una centrale elettrica etiope, un grande lavoratore. E per lui era fondamentale che anche io imparassi questa lezione: prima viene il lavoro, poi la salute e la famiglia. è per questo che non è stato un padre molto presente. D’altro canto io ho passato la mia infanzia in un collegio abissino retto dalle suore Maltesi, trasferendomi successivamente in una scuola italiana. Un giorno, all’improvviso, mio padre decise di mandarmi a studiare a Palermo. “Lì diventerai perito industriale”, mi disse, “e poi tornerai qui a prendere il mio posto”. Le cose sono poi andate diversamente”. Quale fu l’impatto con la realtà italiana? “Non fu facile. Vivevo con la sorella di mio padre e con suo marito, e dovevo dare una mano con le faccende di casa oltre a studiare. La figura di mio zio, sebbene con lui il rapporto non sia mai stato idilliaco, fu però determinante. Nella sua officina entrò un certo Rigoni, che poi sarebbe diventato caporedattore della Rai di Trento. Sui sedili posteriori della sua “600” c’era una cinepresa: per me e mio zio fu amore a prima vista. Cominciammo a filmare matrimoni e battesimi: da lì è nato tutto”. sei uno dei più longevi lavoratori della Rai, per la quale lavori dal 1962. Ritieni che nel corso degli anni il panorama televisivo in generale, e giornalistico in particolare, sia migliorato o peggiorato? “Ritengo che purtroppo le cose vadano sempre peggio. Quando ho iniziato io il giornalismo era più pungente, le inchieste anche su personaggi scomodi erano molto frequenti. Oggi invece mi sembra che si tenda ad andare sempre più verso il “compitino”. Anche i giornalisti sono cambiati, o per meglio dire, alcuni di loro: prima erano più combattivi, mentre mi sembra che oggi vivano la professione con poco entusiasmo e con un certo distacco”. Immagino che nel corso della tua carriera gli episodi curiosi saranno stati numerosi. “Assolutamente sì. Tra questi però ricordo particolarmente quelli legati ai primi grandi processi di mafia, e in particolare la figura di Luciano Liggio. Pensa che una volta si rivolse a me, facendomi cenno di riprendere: immediatamente dopo chiese, all’interno della cella, di avere tolte le manette. Il gesto era altamente simbolico, ovviamente”. sei uno dei telecineoperatori (figura che racchiude in sé l’operatore e il giornalista, ndr) della sede palermitana. Quali sono le doti più importanti del tuo lavoro? “Dentro di te devi avere il senso giornalistico, ma devi soprattutto essere in grado di spiegare una situazione con un’immagine, con un particolare. A volte un dettaglio a prima vista insignificante può diventare parte integrante di un ottimo servizio”. Enrico, sei uno dei pochi in circolazione ad avere lavorato con i tre tipi di ripresa che si sono succeduti nel corso dei decenni, cinematografico, beta e digitale. Il progresso tecnologico dei media ha significato un miglioramento del prodotto? “Dipende dagli aspetti. Il montaggio digitale sicuramente consente di ridurre i tempi elefantiaci con cui per tanti anni abbiamo dovuto combattere. Però ritengo che il passaggio dal cinematografico, che registrava su pellicola, ai mezzi elettronici abbia compromesso la tecnica di ripresa. Chi, come me, viene dall’esperienza del cinematografico ha un altro modo di “trattare” le immagini”. tra qualche mese dovresti concludere la tua esperienza lavorativa: arriverà la meritata pensione. Hai qualche consiglio da dare ai giovani che vogliano fare strada in questo mondo? “A malincuore dico che è quasi necessario uscire dall’ambiente palermitano. Le capacità prima venivano premiate maggiormente, cosi come la dedizione al lavoro. Ma d’altro canto, ancora oggi fatico io stesso a far capire agli altri che il mio è un lavoro, e anche pesante…Resta però la soddisfazione più grande: quella di essere ricordato e ben voluto anche dai non addetti ai lavori. Per me è il riconoscimento più grande”.

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di ALESSANDRO GARRAFFA

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FOTOGRAMMI

coco avant chanel

di Anne Fontaine

Una storia molto femminile, anzi au féminin come direbbero i francesi. Racconta di Coco. Una ragazzina sola, aliena a tutto ciò che la circonda. Del suo vissuto, del suo orgoglio, della sua capacità di farsi accettare dal mondo senza per questo rinnegare la sua natura più intima, facendo anzi della sua diversità uno strumento di integrazione. Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di una personalità che ha rivoluzionato il mondo della moda all'inizio del secolo scorso. Che probabilmente a guardare questo film non si intuisca neppure il grande genio che le consentì di diventare famosa in tutto il mondo. è vero. Ma questo film non racconta Coco Chanel, racconta Coco. La persona dietro il mito. E le persone (anche quelle geniali, con buona pace degli idolatri) vivono vite normali, fatte di attimi, di esperienze che non si dimenticano, di occasioni, di coincidenze. E questo film ha la delicatezza straordinaria di raccontare la normalità di una ragazzina che sgomita per trovare il suo posto nel mondo. Così, dall'orfanotrofio ai cabaret, rammendando sottane e innamorandosi, Coco raccoglie suggestioni lungo il cammino. Fatti normali, del tutto occasionali e di passaggio. Le righe delle maglie dei pescatori sono un sottofondo visivo di un momento felice, null'altro. Eppure è cosi che tutto inizia. è il genio che poi trasforma la suggestione quotidiana in creazione inedita. Ma Coco avant Chanel si ferma prima di questa trasformazione nell'intento di raccontare soltanto la vicenda umana dell'artista, la sua vittoria morale e materiale su una società che spingeva per tenerla ai margini. Gli applausi alla sua prima sfilata segnano il punto di arrivo di questa parabola. Questa Coco, interpretata da una Audrey Tautou emaciata e volitiva, è una persona vera, credibile nel suo prepotente essere sé stessa. Alfiere di un'emancipazione dei costumi vissuta in prima persona, Coco si veste da maschio e porta giacche e pantaloni ben prima che diventino una moda, la sua. Taglia, accorcia, aggiunge austeri colletti. Ha già le idee chiare sul suo senso del bello e dell'eleganza. Ma non è ancora il mito, è solo una ragazza diversa. E ne soffre, pur non rinnegandosi mai. Nell'ottica di descrivere questa unicità, di rendere persona viva e vera un'icona della moda del ventesimo secolo, questo film è pienamente riuscito. L'unico aspetto che personalmente sento il bisogno di catalogare alla voce “difetti” è una certa mancanza di piglio fotografico, una quasi totale assenza di originalità visiva: poco coraggio, molta maniera. PRO: PRO Nell'assieme un'opera meritevole di attenzione. CONTRO: CONTRO Carenze caratteriali a livello fotografico.

Angeli e Demoni di Ron Howard Un film intellettualmente scorretto. Probabilmente colpa del libro da cui è tratto, ma qui parliamo di cinema. Scorretto perché si propone idealmente sulla falsa riga del suo predecessore, ma non ne ha assolutamente lo spessore e la ricchezza di indagine. Angeli e Demoni è un ottimo thriller, pieno di azione e di colpi di scena, gustoso quasi, nella sua logica del complotto. Gli si perdona persino qualche assurdità di fondo insita nella trama. Lascia perplessi l'assenza di quella componente di speculazione storico-filosofica che era stata la novità del predecessore e che nelle premesse doveva esserlo anche di questo film. In realtà, il tanto sbandierato anticlericalismo è un falso d'autore e l'indagine sul mistero degli illuminati e sulla loro realtà storica è del tutto carente. Piuttosto che scavare nel torbido, Angeli e Demoni si limita a giocare su questo finto dibattito fra religione e scienza, come se qualcuno si ponesse ancora il problema, clero a parte, bien entendu. Un dibattito sterile che non ha mai trovato conciliazione storicamente e non la trova certo in questa pellicola, semplicemente perché qualsiasi fede nega il presupposto della ragione, della spiegazione, perché misticismo e razionalismo si fondano su principi opposti e soltanto chi non si pone problemi di logica puoi accettarli entrambi. La leggenda degli Illuminati è un mero pretesto per arricchire di mistero il canovaccio del thriller: nulla c'è di vero e neanche di plausibile nella ricostruzione storica che viene proposta. Studiamo per tutto il film questo percorso di illuminazione per poi rimanere a bocca asciutta circa il vero significato della setta, del loro pensiero. Va bene che si tratti di un'invenzione pressocché integrale dell'autore, ma manca proprio una coerenza, anche nell'ambito della fantasia stessa. Tutto si riduce a un intrigo fantapolitico, spettacolare, chiassoso, per molti aspetti anche godibile, ma sottile e pretestuoso. PRO: PRO L'intrigo è ben studiato, soprattutto alla fine. Non manca di sorprendere. CONTRO: CONTRO Chi andrà a vederlo per il gusto del mistero e dell'indagine storica rimarrà irrimediabilmente deluso.

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LIBRI

Sopravvisuti a una notte di ghiaccio

di ANGELO LUCA PATTAVINA

L’esordio letterario del catanese giuseppe scuderi

La Vita, questo imperscrutabile gioco combinatorio, l’emozione di viverla, la forza di sopravviverle, le parole per raccontarla. Forse sono queste le chiavi di lettura di questo libro. Nato dalla suggestione di freddo di una foto di Anna Maria Reforgiato Recupero (che con altre immagini ha corredato la copertina e i vari capitoli del libro) “Sopravvissuti a una notte di ghiaccio” è il romanzo d’esordio di Giuseppe Scuderi, trentaduenne educatore e professore catanese. Una storia, che a dispetto del titolo, è paradossalmente “calda”, avvolgente, emozionante, scritta con lo stomaco e il cuore e mediata da uno stile fluido e penetrante. Il freddo è solo incidentalmente fisico, è più quello in cui precipita l’anima quando il dolore per qualcosa che accade è così forte da non poterlo più comprendere. Una sorta di ibernazione emozionale la cui unica cura è affidata alle parole in una sorta di scrittura-terapia, valida sia per lo scrittore Giuseppe Scuderi che per il protagonista Giovanni Neri, dove proprio il racconto della memoria sembra avere funzione salvifica e catartica. Parole abbandonate a cui dare una casa.“Parole per difendersi, parole per attaccare, parole per inseguire la realtà che sfuggiva, parole per fuggire da quella realtà”. Introdotto da un incubo e chiuso da una speranza, ambientato in un futuro già irrimediabilmente trascorso, il romanzo è, direttamente e indirettamente, una riflessione matura sull’amicizia, l’amore, l’ingenuità infantile, la goliardia adolescenziale, il tempo che scorre, i sogni che si lasciano per strada, la normale incomunicabilità tra padri e figli, e poi ancora, il perdersi di vista, il ritrovare se stessi, l’educare e il crescere, chiamando in causa Freud, Kierkegaard, Whitman e Aristotele, tra maieutica socratica e dialettica hegeliana. Un canto caustico e melanconico, a tratti ironico e sognante, all’ineluttabile Meraviglia dell’Esistenza. A quella Vita che avvicina, allontana, accende, spegne, riempie e svuota, costruisce e distrugge a suo piacimento. A quella Vita che, nonostante tutto, se solo stessimo ad ascoltarla forse potrebbe spiegarci il senso e il valore dei nostri sogni e dei nostri errori. Sopravvivendo o perdendosi, se così deve essere! Perché, come recita la citazione d’apertura del blog del romanzo, "...magari ciò che abbiamo la pretesa di insegnare, è soltanto quello che non abbiamo mai imparato davvero...” Il libro, edito dalla Giovane Holden Edizioni, è distribuito a Palermo dalla libreria Kalòs. TITOLO: Sopravvissuti a una notte di ghiaccio - AUTORE: Giuseppe Scuderi - EDIzIONE: Giovane Holden - ANNO: 2008 PAGG.: 253 - PREzzO: 10 euro - BLOG: noisopravvissuti.blogspot.com

Bagliori di luna Autobiografia intima di Katia Manenti

“Quand’ero piccola, amavo disegnare e nonna Maria diceva sempre: «Da grande farai la fumettista o la vignettista». Io sorridevo tutta gongolante, ma in realtà già lo sapevo che quello non era il mio futuro. Man mano che crescevo scribacchiavo, qua e là, fogli, foglietti, appunti, pensieri, diari, lettere […] Insomma scrivere, leggere e ancora scrivere è parte di me! Comunicare scrivendo. Ecco cosa intendo”. Ed è da questi cocci sparsi, scritti senza pensare ad una pubblicazione, che viene fuori “Bagliori di luna”, esordio letterario di Katia Manenti, trentasettenne giornalista palermitana, appassionata d’arte e amante della letteratura gotica e del decadentismo europeo. Un’autosfida, come la definisce la stessa autrice, che inaspettatamente ha trovato concretizzazione in questo libro, inserito nella collana di narrativa “La scacchiera di Babele” delle edizioni inEdition, una piccola casa editrice bolognese. Il titolo fa tornare in mente quello di un altro libro, “Bagliori di un’infanzia dorata”, l’autobiografia del grande maestro indiano Osho. Storie di vita sicuramente differenti ma simili nell’intento di raccontare e raccontarsi per conoscersi e riconoscersi. “Se i bagliori ricordano lo stile con cui sono riportate le vicende narrate, la luna può rappresentare proprio la protagonista”, analizza la curatrice Valentina Conti nella sua introduzione al libro, “in fondo, questo corpo celeste con la sua ciclicità ci ricorda proprio l’avvicendarsi della vita e delle esperienze di ognuno”. Una vita che si scopre passo dopo passo, amando, soffrendo, sbagliando, crescendo, ricordando, in un continuo disincanto e stupore. Il coraggio e la vanità di chi sa mettersi a nudo totalmente, l’orgoglio e l’ingenuità di chi naviga sul filo sottile tra immedesimazione, unicità e capacità di percepire il miracolo normale del vivere. Taccuino intimo di un percorso incompiuto, come recita il sottotitolo, questa autobiografia scava nel passato, riconciliandosi con il presente e lasciando aperte le porte per un futuro ancora non scritto in cui molte domande aspettano ancora risposta. Confessioni libere affidate spregiudicatamente ad un libro di carta e inchiostro, in un mondo contemporaneo dove le nostre vite private sono sempre più date in pasto al pubblico giudizio della virtualità di blog e social network. Se volete conoscere tutto della vita di Katia non vi resta che leggerlo. Magari vi ci ritrovate dentro. TITOLO: Bagliori di luna - AUTORE: Katia Manenti - EDIzIONE: inEdition - ANNO: 2008 - PAGG.: 63 - PREzzO: 12 euro

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Fool Rouge di GAETANO SALVAGGIO

Il traffico di Palermo, incosciente e tenerissimo “è vero, credetemi è accaduto di notte su di un ponte guardando l’acqua scura ecc. ….” Con queste parole ci incantava Mimmo Modugno con la soave energia del suo stile inimitabile di cantastorie delizioso e affascinate. A volte, narrando un accaduto, occorre sottolineare che si dice il vero, perchè il racconto potrebbe sembrare frutto di fantasia, come nel caso della canzone “Meraviglioso” ispirata al film “La vita è una cosa meravigliosa” diretto da Frank Capra e con un giovane James stewart splendido protagonista. Di episodi incredibili, legati alla nostra città, al traffico che la affligge e alle conseguenti esperienze o peggio disavventure vissute o patite, ciascuno di noi potrebbe scrivere un libro e non un semplice Fool Rouge. Così, se si racconta di avere visto una signora al volante di un’automobile parlare al cellulare e contemporaneamente fumare una sigaretta, il nostro ascoltatore potrebbe chiedersi come facesse a guidare, ma sarebbe immediata la sua deduzione, cioè che la spericolata guidatrice tenesse il cellulare bloccato fra testa e spalla, che alternasse la mano destra fra cambio e volante e con la sinistra reggesse la sigaretta. Fin qui siamo quasi nella norma, non quella del codice della strada, beninteso, ma, nell’abitudine tanto radicata da potersi considerare consuetudine tollerata. Se si aggiunge però, che la signora aveva incoscientemente posto fra sé ed il volante un bimbo di un paio d’anni, forse il proprio figlio, evidentemente per farsi aiutare nella guida, che durante una svolta a sinistra cui l’aveva costretta il senso unico, aveva malauguratamente fatto cadere la cenere della sigaretta sulla testa del pupo, che, posta velocemente la sigaretta fra le labbra, la donna iniziava a scuotere energicamente i capelli del bimbo, che la creatura nel frattempo aveva iniziato un pianto dirotto per la scottatura, si arriva a pensare che la conversazione telefonica e la fumatina fossero di così grande importanza da non poter essere rinviate e che meritassero il sacrificio del bambino ed un eventuale scontro frontale, evitato per pochi centimetri, con la mia auto e con me che impietrito ho osservato la scena sperando che, con quel poco di autonomia rimastale, la signora riuscisse miracolosamente a completare la curva davanti a me che dovevo girare a destra obbligato dal senso unico contrario a quello di lei. Mi è andata bene, ho fermato l’auto appena in tempo per permettere alla sventurata mamma di fare la curva larghissima invadendo tutta la strada e di proseguire serenamente verso i suoi doveri mattutini. Sono quasi certo che la nostra concittadina stesse correndo dal parrucchiere a rifare la tinta biondo paglia a giudicare dalla ricrescita misurabile in decimetri che la faceva somigliare alla bicolore Crudelia demon del celeberrimo film cartone animato di Walt disney “La carica dei centouno“. Molto meno drammatico, divertente al limite della tenerezza, un secondo episodio, questo avvenuto nei pressi di una conosciutissima chiesa di Palermo, superata la quale bisogna girare a destra quasi alla cieca perché proprio il santuario copre gran parte della visuale. Appena fatta la curva, sono costretto ad una violenta frenata per evitare una piccola auto bianca ferma in seconda fila e con lo sportello in chiaro movimento di prossima apertura. Dalla macchina scende una corpulenta anziana signora che con notevoli sforzi rientra con il busto nella macchina e ne tira fuori una bambina. La signora, presumo la nonna, piegandosi in avanti oltre lo sportello abbassa le mutandine della piccola che inizia a fare pipì reggendosi alle braccia della nonna seduta sulle sue mani come su un’altalena. Inutile spiegare che fra la doppia fila, lo sportello, la signora piegata e la bambina, il traffico si è fermato nei due sensi, ma incredibile a dirsi non si è sentito un solo colpo di clacson neanche in lontananza. L’unico a non risentire dell’intoppo, un giovane immigrato in bicicletta, che procedeva ovviamente contromano, e che per una volta ha dovuto controvoglia spostarsi sulla destra per proseguire. A quel punto la nonna, dopo aver agitato la bimba con ripetute ed opportune scosse sussultorie, ha eseguito la manovra inversa di vestizione e risalita in auto ed è ripartita. Dell’episodio è rimasta solamente una piccola pipì sull’asfalto ed un sorriso che puntualmente affiora sulle mie labbra ogni volta che passo da lì. Esistono molti modi di intendere la strada e la guida delle auto e sembra che tutto sia lecito nella nostra città; ma la nostra tolleranza non può e non deve essere sopportazione, è bene che sia attitudine a sostenere ed aiutare. Allora diciamo no alla indisciplina e all’incoscienza delle madri telefoniste e fumatrici al volante e mille volte sì alle nonne, alle nipotine ed alle loro piccole pipì.

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