Fegato Magazine #1

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n boato. Un’ esplosione. Un rumore improvviso è necessario per distoglierci da quello che crediamo essere un silenzio di fatto, ma in realtà è solo un brusio invisibile, un flusso che nella vita metropolitana ci dissocia dall’ esperienza e al quale siamo completamente assuefatti. Un brusio come anestetico, di cui la società (e il compromesso) sono la siringa facile. Parliamo di rumore: di boato, chiasso, frastuono, scoppio, fracasso, fragore, che sono suoi sinonimi come facce di un diamante al quale ci sentiamo di aggiungere anche le parole di incoerenza e risonanza. Rumore è baccano, bisbiglio, boato, chiasso , clamore, fracasso, fragore, frastuono, fruscio, mormorio, rombo, scoppio, scricchiolio sibilo, strepito. Il suo opposto, come se non bastasse, sembra essere un ulteriore sua sfaccettatura : è il silenzio, che spesso si fa assordante. Rumore è il bisogno di dare una dimensione estetica al di là del brusio. Perchè ciascuno di noi può essere e forse deve essere rumore, momento dissonante e non omologato al flusso, divenire motivo di stupore per l’ altro. Crediamo che ogni rumore abbia il suo senso nascosto e vitale, un senso che tutti diciamo di avere ma resta il più delle volte un lampo senza tuono. Crediamo, appunto, ma siamo anche curiosi di scoprire quali universi di porta dietro il tuo rumore. Ognuno di noi deve riconoscere il valore del rumore e rendersi conto che ogni giorno può compiere il proprio piccolo boato e stupire la gente, ravvivare la città , educare al buon rumore. Cercalo, il rumore, dagli una forma, non lasciarlo andare via senza essertici specchiato. Non vogliamo proporre un’ accezione di rumore, piuttosto che un’ altra. Vogliamo solamente esortare le persone a distinguere i rumori, quelli che distolgono la nostra attenzione e esaltare quelli più deboli che meriterebbero più attenzione. Dobbiamo riflettere sul concetto di rumore, farsi una propria idea, non facendosi una misera opinione soggettiva, ma compiendo un’ azione a proposito, portare delle testimonianze, interpretare. Diventa testimore del rumore giusto. Leggi questa rivista!

del

il VALORE RUMORE 2


SOMMARIO pag. 4

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David Hartono è nato il 17 aprile 1985 a Blitar, una piccola cittadina a Est della Java, Indonesia. Studia digital media ad Amsterdam e dal 2008 vive e lavora a Firenze nel campo del’informatica. Inoltre David è in questa città che conosce i “Celluloid Jam”, un duo indie-electronica, di cui diventa vj, creando performance nuove ad ogni live e donando un’atmosfera pop/surreale.

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QUANDO IL MONDO DELLA VISUAL ART INCONTRA UN INDONESIANO Testo e foto: Zoe Cinel

Editor in chief: Federico Falaschi Art director: Lucrezia Cortopassi Illustrazione di Copertina: Marco Romano

Redazione Fegato: Via Alfani, 58 50121 Firenze IT www.fegatomagazine.com www.isiadesign.fi.it info@fegatomagazine.com 3


Goran come

Senti, possiamo chiamarti “Goran”?

La redazione di Fegato ha intervistato Marco Romano, alias Goran. Non vogliamo stare a fare tante sviolinate al nostro amico, qui, quindi chiediamo direttamente a lui cosa fa nella vita.

Devi! Considera che lo fa anche mia madre.

Senti, Goran, oggi viviamo in un mondo saturo di immagini che veicolano informazioni più o meno importanti. Si sono sviluppati molti modi di linguaggio grafico. Come ti senti di contribuire alle persone?

Nella vita disegno, per essere precisi sono un illustratore. Mi occupo principalmente di illustrazione editoriale. quella che va a finire sulle pagine dei magazine e dei quotidiani. Ovviamente non mi limito sono a quello, infatti (con molto piacere) faccio incursioni nel mondo dell’advertising e dell’abbigliamento.

La domanda è interessante e sarebbe bello rispondervi con un saggio di otto cartelle. Purtroppo non è questo il luogo, quindi posso dirti che sicuramente sono uno di quelli che contribuisce a rendere ancor più saturo di immagini questo mondo. Io però cerco di farlo con immagini nuove. Secondo un mio personalissimo pensiero il mondo dei visual artist si divide in due macro categorie: quelli che sperimentano e generano innovazione (stilistiche, di senso, etc.); e quelli che seguono le tendenze sopracitate. Cerco di stare nel primo. Secondo me non c’è altro modo per contribuire allo sviluppo della cultura visiva.

Perché Goran? Perché i miei compagni di liceo erano degli stronzi e un bel giorno hanno iniziato a chiamarmi così.. per sfottermi. La storia, ovviamente, è un po’ più lunghetta ma preferisco non dilungarmi. Il fatto è che dopo un po’ a quel nome, che prima non mi piaceva, mi ci sono affezionato ed ho iniziato ad utilizzarlo inizialmente nei graffiti e poi nell’illustrazione.

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Noi della redazione crediamo che queste immagini provochino un vero e proprio rumore. Se tu fossi un musicista, in quale band suoneresti? e che strumento suoneresti?

Molte persone che lavorano nel tuo campo non prendono in considerazione gli altri sensi, scadendo a rappresentare la realtà in maniera superficiale atrofizzando l’acutezza dei sensi, a lungo termine. In altre parole, prevedi un futuro in cui è possibile gestire tutto da un tablet con un solo dito e nutrirsi con una flebo, oppure credi che l’immagine possa veicolare meglio l’essenza del senso i tutti i suoi cinque aspetti?

Essendo uno a cui piacciono le cose semplici e che, allo stesso tempo, lavora bene da solo... probabilmente sarei uno di quei vecchi (quelli degli Stati Uniti del sud) seduti in cortile che passano i pomeriggi a suonare il banjo. Si, ne sono sicuro.

Credo, anzi ne sono certo, che i tablet siano già da considerarsi il passato. La direzione in cui ci stiamo dirigendo non esclude nulla. L’esperienza della fruizione dei contenuti (di qualunque genere e tipo) sarà sempre più inclusiva e coinvolgerà sicuramente i cinque sensi. Quindi si, anche le illustrazioni non saranno più qualcosa di riservato esclusivamente alla vista.

E in un film saresti un buono o un cattivo? Ti metteresti a fare casino oppure a fare l’acqua cheta? ! No, a questa domanda non so rispondere... considera che il mio film preferito è Notthing Hill. Sei proprio sicuro di volere una risposta a riguardo? 5


E VENNE IL GIORNO

Esistono molti modi per fare rumore: non per forza urlando. Il rumore non appartiene solo agli animali, ma anche a tutto il resto degli esseri viventi. La natura più muta viene sempre più trascurata e troverà un modo per farsi ascoltare. Basta vedere le radici degli alberi che modificano l’assetto delle strade, le piantine che fuoriescono dai marciapiedi. Però una pianta non può sempre salvarsi da sola e quando piange non la sentiamo. Impariamo ad usare le orecchie giuste e proviamo ad ascoltare il rumore della natura.

Una tavola di Francesco Camporeale

Ispirata dall’omonimo film di M. Night Shyamalan.

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dall’ u nifi frasi muri toccanti

parlanti

sfruttamento, governino i proletari” al quale viene risposto, con altrettanto tono sferzante, “ ma pensa alla fica invece che a queste cazzate, sfigato!” ma ecco la replica del primo “veramente trombo a bestia” e ancora una terza mano “torna a prendere la paghetta da papà che è tardi, P.S. si può t rombare e pensare” e qui interviene il solito romanticone di passaggio che commenta con un cuoricino disegnato sul muro e un “quanto è vero” dal tono sognante. Che meraviglia! viene voglia di andare in bagno più spesso nonostante il rischio di leptospirosi, e le ragazze trovano quasi il coraggio di andare da sole senza un’ amica per poter leggere con calma. Naturalamente ci sono anche i sostenitori di ideali più forti come “–TV +LSD” oppure complessi giochi di parole come “History is her story” e devo dire che ricorre spesso il tema femminista, d’altronde quale luogo migliore di affermazione sessuale se non il cesso?!?! Ma oltre alle solite frasi sconce e la politica ogni presente in tutte le sue fazioni, con tanto di nostalgia verso il Granducato di Toscana e una grande propensione verso il segno anarchico (forse perché è il più facile da disegnare?!), non mancano i commenti culinari con i quali vorrei concludere questa breve riflessione: “di padano unn’è bono nemmeno i grana”.

Ormai sono diversi anni (sicuramente più di quelli che avevo progettato) che frequento la facoltà di Lettere a Firenze, e come ogni donna tra una lezione e l’altra, uno studio, sempre intensissimo, e un po’ di bisboccia nel chiostro arriva il momento di fare “pausa bagno”. No, non è il noioso articolo sulle condizioni igieniche (ovviamente scarse) dei bagni a Lettere ma è una riflessione su un altro aspetto tipico di questi luoghi; le scritte sui muri. Come nella migliore tradizione del bagno pubblico abbondano i messaggi, le confessioni, i pensieri, lasciati li dall’occasionale visitatore. Ora io mi sono sempre chiesta cosa spinga qualcuno, proprio in quei momenti, non dico tanto a riflessioni profonde quanto piuttosto a prendere la penna e a volerle fissare su muri o porte a vantaggio delle generazioni future. Eppure pare che proprio questi luoghi siano i perfetti candidati per stimolate meditazioni di ogni sorta e dar vita a veri e propri dibattiti. Ma andiamo con ordine; non pensiamo sempre alle scontate frasi in cui si offrono o si chiedono prestazioni di vario genere con numeri di telefono annessi, qui nei bagni di una della facoltà più politicizzate abbonda l’impegno sociale e politico coniugato magari alla protagonista indiscussa dei pensieri maschili, “la fica” e allora è facile imbattersi in un “basta capitalismo, basta

Testo: Carolina Caverni Foto: Daniele Errico

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David Hartono è nato il 17 aprile 1985 a Blitar, una piccola cittadina a Est della Java, Indonesia. Studia digital media ad Amsterdam e dal 2008 vive e lavora a Firenze nel campo del’informatica. Inoltre David è in questa città che conosce i “Celluloid Jam”, un duo indie-electronica, di cui diventa vj, creando performance nuove ad ogni live e donando un’atmosfera pop/surreale.

QUANDO IL MONDO DELLA VISUAL ART INCONTRA UN INDONESIANO e foto:Zoe Zoe cinel TestoTesto e foto: Cinel 8


Quando sei arrivato a Firenze hai trovato difficoltà nell’inserirti nella scena culturale e far partire i tuoi progetti? All’inizio è stato un po’ difficile inserirmi con il mio lavoro di vj, perchè qui non ho trovato subito la disponibilità dei locali a fare serate con performance visuali. Ora la situazione è molto migliorata. Il vero problema è che a Firenze non c’è molto mercato. Questo fa sì che, da una parte sia più facile realizzare le proprie idee, dall’altra non si può certo pensare di restare qui per sempre: bisogna emigrare!

La prima esperienze come vj a Firenze?

Il primo lavoro l’ho fatto nel 2009 in un bel negozio con delle grandi vetrate in San Frediano, era un negozio di riciclo di abiti e si chiamava Recycle.

Si può considerare Firenze come una capitale della cultura contemporanea?

Firenze non è una capitale della cultura contemporanea, ma sta nascendo una piccola scena negli ultimi anni... comunque non mi sento parte di essa.

Posti preferiti a Firenze?

Il mio posto preferito è il giardino dell’orticultura, ma di sicuro gli incontri migliori si fanno nelle piazze!

Che progetti stai seguendo attualmente?

Attualmente ho 3 progetti di video design con i Celluloid Jam, i Mooval, e le ragazze di David and the Dreamers. Per i primi due progetti collaboro con dei musicisti che fanno musica elettronica: vado con loro ai concerti e faccio mapping durante la performance. Con David and the Dreamers mi occupo di fare scenografie di video deisgn per i loro spettacoli di danza.

Qualche news?

Sto lavorando anche ad un progetto di interazione visuale 3d insieme a Leonardo Betti. L’idea di base è mappare un oggetto, che contemporaneamente reagisca a degli impulsi audio.

Quali sono le tue fonti di inspirazione e informazione? Da dove prendi le idee e cosa ti affascina?

Le cose nuove le scopro su internet: www.FFFfound.it per colazione! Il mio artista preferito è il mitico Olafur Eliasson perchè prende spunto dalla natura. Riesce a dare nuova identità allo spazio. Attualmente le tecniche di video design si stanno affermando in molti ambiti, come il teatro, l’opera, la danza, le performance di musica, andando a costituire vere e proprie scenografie visuali, che sostituiscono quelle reali: i performer interagiscono con oggetti visuali, che possono essere forme geometriche, attrezzi di ginnastica, giocoleria, ombre... fino a creare una coreografia coordinata con le immagini.

Come ti poni rispetto a questa tendenza scalzante del video design nei confronti delle scenografie? La figura dello scenografo, come lo abbiamo sempre conosciuto, sparirà o sarà definitivamente sostituito dal video designer? Sinceramente credo che il digitale non possa e non debba andare a sostituire gli oggetti veri, quelli tangibili, semmai visual design e scenografie dovrebbero integrarsi: la cosa più cool rimane sempre l’interdisciplinarietà.

Ultima domanda: hai già deciso cosa vuoi fare da grande?

Si, in realtà io ho già un lavoro: sono teachleat presso una ditta qui a Firenze. Il mio lavoro consiste nel fare da ponte tra le idee dei creativi e la tecnica degli informatici. E poi, di sicuro, da grande voglio girare il mondo e continuare ad ampliare il mio portfolio di video e performance!

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“Questa non è una canzone d’amore”. Che poi non è del tutto vero. È come una matriosca: una bambola che apri e dentro ce ne sono altre. E allora ce ne sono tante di dimensioni diverse. La nostra canzone d’amore è una vera e propria canzone d’amore ma è incisa su una musicassetta dei nostalgici anni ’60, con la custodia in plastica che racchiude all’interno l’organetto di carta dove solitamente sono riportate le tracce dell’album. Ma è qui che il TINALS si distingue da un negozio di dischi vintage. Il pieghevole contenuto all’interno di questo supporto discografico che appassiona da sempre tutti i nostalgici feticisti, diventa una tela dove gli illustratori, i grafici, i fumettisti comunicano creativamente le verità più intime e personali che la traccia suggerisce. Ecco che dal negozio di dischi vintage che vende musicassette con i brani più “in” del momento, il TINALS diventa una galleria d’arte dove il visitatore può scegliere in che opera identificarsi. Questo piccolo parallelepipedo torna a vivere in un’esplosione di segni grafici, colori ed infine brani che ci hanno accompagnato in un periodo della vita. Un mix veramente ben pensato dalla mente di Andrea Provinciali e prodotto dall’italiana New Monkey Press Records, un po’ casa editrice un po’ etichetta discografica, che permette a giovani artisti e musicisti di mettersi in gioco. Ci piace!

THIS IS NOT A LOVE SONG Testo: Lucrezia Cortopassi Illustrazioni: Francesco Guarnaccia

E poi chi non ha una canzone d’amore del cuore che contiene anche solo una frase che sembra scritta per noi? Una sola è troppo poco? No problem! Ci sono anche le compilation che racchiudono una raccolta di capolavori musicali di celebrità come Elvis Presley, Bon Iver, i Cure e tanti altri. E magari in quei 10x44,5 cm, giovani artisti del calibro di Gianluca Costantini, Aka B, Erbalupina, Davite Catania, Marco Galli (e mi fermo qui ma potrei continuare all’infinito) sono riusciti a farci rivivere visivamente quelle sensazioni. Troppo romanticismo? Tranquilli! Troverete anche una cassettina che stravolga drasticamente il significato. Allora qui potremmo dire che quel NOT sottolineato che sembra essere fuori luogo, non lo sia. Tutto molto bello, ma non finisce qui. Questo connubio di creatività è celebrato durante una serie di eventi che accentua ulteriormente la natura del progetto: l’interazione fra artisti. È in questi pomeriggi che ci si ritrova in un luogo accogliente, con persone che condividono i nostri interessi e ci si ritrova a discutere dell’iniziativa, ci si scambiano opinioni mentre si compra una cassettina su cui si è puntato gli occhi (e il cuore), si formulano idee e nuovi progetti, si beve un bicchiere di vino e si ascolta buona musica. 10


notizie dall ’interno

ALCOL SPUTO RUTTO il trinomio del bon ton finlandese

I finlandesi, popolo di gente schiva, precisa e puntuale, freddo ed educata. Questi sono gli stereotipi che accompagnano gli abitanti della Finlandia. Ma gli abitanti di questa bella terra nascondono tre vizi che un italiano come me non può non notare... L’alcool. Ai finlandesi piace bere nonostante il caro prezzo degli alcolici. Non è raro che i pub organizzino delle serate in cui offrono alcolici a prezzi vantaggiosi. Allora il bancone si riempie di gente che prende anche 3 o 4 consumazioni a volta perché alla 1 di notte i prezzi tornano nella norma. La polizia ti trova ubriaco per le strade della città? Non c’è alcun problema, ti porta a smaltire la tua sbronza alla centrale di polizia. E quando ti svegli e non sai dove ti trovi loro ti rassicurano e se finalmente sei in grado di tornare a casa ti accompagnano all’uscita augurandoti una buona giornata. Sconvolgente se passate dalla zona portuale di Helsinki è vedere flotte di persone che prendono il traghetto per Tallinn solo ed esclusivamente per poter comprare alcolici a prezzi conveniti. Non a caso la capitale estone è definita “The city of cheap alcohol”. Testo: Francesca Stefani Illustrazioni: Federico Falaschi

E così vedi coloro che sbarcano dal traghetto con dei carrellini con casse e casse colme di questo vizietto. Sputano. Uomini, donne e bambini, non fa differenza, ai finlandesi non manca occasione per sputare. Alla fermata dell’autobus, tra una boccata e l’altra di sigaretta, durante una passeggiate e addirittura nel pieno di una conversazione. La prima volta che l’ho visto fare erano dei ragazzini e ho pensato che fosse semplice maleducazione come accade da noi, ma qui è una cosa normale, che non suscita alcun giudizio. Parole chiave è: rutto libero. Devo dire che questo è il vizio che più mi infastidisce e, come lo sputo selvaggio, viene fatto ovunque e in qualsiasi circostanza. Ero a fare revisione con un professore e questo mi fa un bel rutto in faccia post pranzo sconvolgendomi. Avevo già sentito dei dolci finlandesi emettere questi soavi rumori, ma, pensavo che in certi contesti si trattenessero, ma ovviamente a loro non piace tenere cose dentro. Popolo all’avanguardia, innovativo. Tutto vero, ma qualche vizietto, anche di cattivo gusto magari, anche loro ce l’hanno!

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Testo: Beatrice Novi Foto: Margherita Banchi

oggetto del mese

scattofisso

pedalare verso la morte Fino a qualche mese fa mi importava poco di biciclette perché al massimo usavo la graziella rubata a mia nonna per andare alla stazione. Mi muovevo soprattutto in motorino o in macchina, ma a causa della mia grande capacità nel prendere multe ho deciso che forse sarei stata meno pericolosa a piedi, o appunto, in bicicletta. Guardando con che maniacale attenzione il mio ragazzo usava la sua “bici figa”, ho iniziato a cercare una bicicletta che potesse andare bene per me, ma non ne capivo assolutamente nulla. Volevo una bici essenziale, leggera e veloce. Da corsa ne avevo provate ma mi intrigava questo modo poco convenzionale di usarla. La bici a scatto fisso. Ho iniziato quindi ad avvicinarmi a questo mondo di ciclisti metropolitani un po’ incoscienti. Così ho deciso di investire su un bel telaio da corsa italiano preso usato (usato non per amore del vintage ma per amore dei soldi) e plasmarmi la mia bicicletta ideale. Niente cavi, niente freni, leve, cambi, deragliatori o guaine. Solo il telaio con due ruote, un sellino, un manubrio e per frenare una trasmissione diretta con la ruota posteriore, con un pignone fisso, tramite la catena. Fine. Qualche mese per trovare, scegliere e comprare i pezzi. E qualche mese per imparare. Non imparare ad andare in bicicletta, ma imparare a gestirla nel

traffico, perchè pedalare una fissa nel traffico è decisamente un’altra cosa rispetto al pedalare una bici normale: è un mezzo totalmente inadeguato: sellino di marmo, ruote sottili, piedi ingabbiati nelle cinghiette e i pedali con la relativa ruota posteriore che non smettono mai di girare, mai. E per frenare? bisogna bloccare violentemente le gambe spostando il peso del busto in avanti così da alleggerire e far sgommare la ruota posteriore. Infatti all’inizio è consigliabile mettere il freno anteriore, che piano piano si usa sempre meno, fino a toglierlo. Devi essere concentrato e attento, dato che ad ogni possibile imprevisto non c’è margine di errore. Se non si fa a tempo ad accorgersi di qualcosa ci si stampa contro, sicuro. Pericolossissimo. Divertentissimo. La bicicletta fissa non è né comoda né pratica è una scelta estetica di essenzialità e stile. Non è una ricetta della Parodi, non sono andata al Mercatone Uno a Wcomprarmela. Me la sono fatta! Mi Sono guadagnata la pagina de “l’ oggetto del mese” su questa rivista -così dicono - perché è un pezzo di design che mi sono creata con le mie mani e due spiccioli. Secondo me non avevano altro da pubblicare... Come si può recensire una bicicletta fatta per rischiare la vita solo perché è bella, bella in modo assurdo?

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Lorenzo Farris

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Tumulto

una storia di Silvia rocchi

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F I ND US!

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www.fegatomagazine.com

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