Franco La Guidara
Un Paese povero che dorme su un sacco d’oro
Uragano negro
QUADRANTE - anno XXVI n. 7/8 - 31 agosto 1991
QUADRANTE - Rivista della Forze Armate anno XIX - N. 10/11-1-15 giugno 1984
Franco La Guidara iniziò i suoi viaggi nel 1954 e pubblicò i suoi primi servizi di colore su «Il Corriere di Trieste». Le sue esperienze in Africa sono riunite nel volume «Uragano negro»: 264 pagine che contengono tre opere avvincenti: «Uragano negro» romanzo, «Albori d’Africa» (poesie) e «Sulla pista» (descrizioni di una realtà). Nel romanzo «Uragano negro», ricco di azione e fantasia, La Guidara dà corpo e vita a personaggi maiuscoli intrisi di forza, di coraggio, di odio, di tenerezza. La Guidara analizza i sentimenti dell’uomo africano, nell’amore più grande, nella lotta per il possesso di un prestigio, nella vendetta e nella speranza di una redenzione. Nella seconda opera, che ha come titolo «Albori d’Africa», l’interesse di La Guidara è concentrato soprattutto, sulla strada insanguinata del popolo negro verso l’indipendenza. La Guidara prende lo spunto dal suo taccuino per affrontare, con insolita irruenza e vitalità di partecipazione, una delle più vaste tragedie dell’epoca in cui viviamo. Fortemente colpito dalle lotte fratricide che stanno decimando intere tribù, dagli sguardi allucinati dei vinti, dall’ebbrezza dei vincitori, dalla disperazione di madri lese dall’orrendo genocidio, dai villaggi vuoti per le razze distrutte, ferito nell’intimo dalle disumane rivolte che incendiano l’Africa; addolorato, nel calvario di un popolo intero, La Guidara raggiunge toni elevati in versi veementi, forti, incisivi. Scrive Ave Stella su «La Gazzetta del Mezzogiorno»: «Il La Guidara, coraggiosamente, ha imboccato una pista appena tracciata sulla quale si incontrano personaggi reali e simbolici, insieme alle tigri e ai leoni ed a tutti quegli animali anch’essi coinvolti dall’avidità e dalla dissennatezza degli uomini bianchi. Bisogna dargli atto, quindi, oltre che oltre al valore letterario della sua opera, anche della scelta che indica ancora una volta la duttilità dei suoi interessi su vastissimi orizzonti geografici ed umani». In sintonia con l’autore noi non possiamo che unirci ad «Auspicio», poesia terminale di «Albori d’Africa», nella speranza che esso si realizzi al più presto: «...se io, speranzoso Ulisse tornerò in Africa Mondo fa che io non possa più sentire il tanfo di uomini uccisi insepolti, come carogne».