ANNO 3 - NUMERO 11 - MAGGIO 2017
www.focuson.press
associazione giovani opinion leader
EDITORIALE di Dario De Lisi
A
ccettare nuove sfide è il modo migliore per stimolare il cambiamento in se stessi e in chi ci circonda. Cambiano i contesti in cui ci muoviamo, cambiano gli strumenti con cui a questi stessi contesti ci rapportiamo, cambiano gli interlocutori e i destinatari a cui parliamo. Viviamo in una realtà in perenne mutevole evoluzione in cui siamo costretti a cambiare, o meglio, ad evolvere per tenere fede alla nostra mission, per non correre il rischio di diventare troppo precocemente una voce autocelebrativa e rimanere invece strumento utile di lettura e analisi della realtà.
Per tutti questi motivi, da questo numero di Focus ON, con ancora più forza e determinazione di prima, continua un percorso di sviluppo e cambiamento che ci porterà a diventare una vera e propria tavola rotonda in cui le tematiche prendono forma e consistenza, stimolando confronto e nascita di opinioni. Ci confronteremo con nuovi interlocutori, nuovi target, nuove tecnologie, nuovi luoghi e nuovi strumenti per comunicare. Chiederemo aiuto a molti, senza però mai tirarci indietro nel dire come la pensiamo. Tratteremo argomenti da “prima pagina”, come è giusto che sia per una rivista come Focus ON, ma metteremo ancor più attenzione ed energia nello scovare e portare alla luce tematiche nascoste e attuali, frutto della nostra esperienza quotidiana. Perché crediamo che queste, più di altre, possano essere specchio del nostro modo di essere e del nostro approccio. Vogliamo essere un punto di vista credibile con cui confrontarsi, con cui essere d’accordo e, perché no, anche in contrasto.
Per questo ci sforzeremo di mettere a confronto professionalità differenti e interessi apparentemente in antitesi, sforzandoci di essere il giusto moderatore, capace di stimolare un dibattito concreto e di valore. Per iniziare tutto questo ci siamo guardati intorno e abbiamo deciso di iniziare da non troppo lontano, da Milano. Un po’ perché come noi sta vivendo un grande momento di cambiamento, un po’ perché è sulle pagine di tutti i media nazionali e internazionali per il nuovo skyline (Bosco Verticale su tutti), per la moda, per il design, per il food post EXPO e, in ultimo, per la visita di Barack Obama, la prima ufficiale dopo il suo mandato. L’ex Presidente USA è stato ospite di Seeds&Chips: summit sul cibo del futuro realizzato in contemporanea alla Milano Food Week. Cercheremo di capire se tutto questo è frutto del caso o di una sapiente regia, sonderemo la capacità della città di creare un sistema di interazione tra pubblico e privato che potrebbe diventare esempio in Italia e forse in Europa. Passeremo il testimone ai nostri colleghi romani di The New’s Room, che condivideranno il punto di vista dei millennials. Parleremo di questo e di molti altri argomenti...difficile racchiuderli tutti in queste prime poche righe a mia disposizione. Le cose da dire sono tante, le idee in cantiere ancora di più, motivo per cui non mi sento di chiudere questo editoriale con un punto - come dovrei - ma con la consapevolezza che il lavoro è appena iniziato e tanto da fare e raccontare ci sarà…
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SOMMARIO
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EDITORIALE
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MILANO
Da città di business a metropoli culturale. L’Italia riparte da Milano.
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FUORISALONE 2017:
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MILLENNIALS
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FORMAZIONE
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FOCUS ON ART
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MILANO FOOD WEEK
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TECH
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VOCE ALLE P.A.: IL COMUNE DI MILANO
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VOCE ALLE AZIENDE: IGP DECAUX
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MICE NEWS
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CONTROCORRENTE
le meraviglie di zona Ventura/Lambrate.
Roma: da città eterna a esperimento dinamico di bellezza in divenire.
Trasformare una passione in professione. Il Food&Wine si studia in aula.
La creatività che fa bene a Milano. Alla scoperta dell’arte tra i rebbi di una forchetta.
È tornata la #MilanoFoodWeek. Dallo Showcooking allo Storycooking.
Tecnologia, arte e design: un connubio incantevole al Fuorisalone.
Sportello Unico Eventi di Milano: un passo avanti per le aziende e per la città.
Out Of Home sempre più Live: la Comunicazione prende vita in strada!
Novità e curiosità dal mondo.
O mia bela madonina...
MILANO
Da città di business a metropoli culturale.
L’Italia riparte da Milano. di Francesca Passoni
A
giornalepop.it
d elevare Milano a rivale della Londra post Brexit ci aveva già pensato l’anno scorso il Financial Times, elogiando la sua posizione di centro finanziario italiano e riportando sulle sue pagine la determinazione di Giuseppe Sala. Il sindaco del capoluogo lombardo ha infatti dichiarato di vedere nell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea una grande opportunità per la crescita internazionale di Milano.
Bosco Verticale, Boeri Studio
In effetti se fino a qualche anno fa la città era conosciuta più per il business e la moda che per la cultura, oggi le cose sono decisamente cambiate. Negli ultimi 10 anni Milano sembra aver pianificato attentamente ogni sua mossa, a partire da una massiccia riqualificazione urbana e dall’insediamento di nuovi poli artistici e culturali nei punti nevralgici della città. Tra le novità che maggiormente hanno colpito la cittadinanza ed il mondo del turismo troviamo sicuramente il rinnovamento del quartiere Isola con le sue case di ringhiera, accompagnato dal recente cantiere del quartiere City Life (ex zona Fiera), fino ai progetti di rivalutazione di aree in disuso ai quali lavorano rinomati studi d’architettura come quelli di Stefano Boeri, di Cino Zucchi e del duo Miralles-Tagliabue. Milano è una città in continua evoluzione e punta a raggiungere la Capitale sia in termini di presenze che di offerta culturale;
wevux.com
Metamorphosis II, Maurits Cornelis Escher
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MILANO
ilcadaveresquisito.it
lo dimostrano le recenti inaugurazioni del MUDEC (Museo delle Culture) nella ex zona industriale Ansaldo e Fondazione Prada, ricavata dagli edifici di un’antica distilleria dei primi del Novecento. Non mancano ovviamente i riflettori sul mondo della moda, una componente fondamentale per la vita della città che ha accolto lo scorso anno il nuovissimo Armani Silos: uno spazio di oltre 4500mq su quattro piani dedicati al maestro dell’eleganza italiana. Mai come oggi viene attribuito al capoluogo meneghino il ruolo di precursore di tendenze, nonché punto di riferimento per il design internazionale; ed è in scelte come questa - ovvero nell’unire attività culturali differenti - che sta l’ammirevole decisione del capoluogo di evolversi senza cambiare le proprie radici. Milano capitale della moda, centro finanziario d’Italia, terra di business e opportunità di lavoro. A tutto questo si vuole aggiungere quel qualcosa in più, ponendo la massima attenzione a quelle esigenze turistiche e sociali che permettono alle grandi città di evolversi in metropoli complete. Milano vuole rendersi unica e prende ispirazione dalle capitali internazionali per portare avanti un progetto di sviluppo che mette in luce le caratteristiche proprie di una città che si proietta verso il futuro. Con EXPO è riuscita ad attirare lo sguardo del mondo su di sé
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e attraverso i lavori di rivalutazione del territorio lo ha mantenuto. Ora si concentra sull’ampliare il portafoglio di eventi culturali e formativi, aprendo le porte dei suoi musei ai più grandi artisti di tutti i tempi. Già l’anno scorso abbiamo assistito ad una programmazione ricchissima, riguardante soprattutto il mondo dell’arte. Anche dopo l’Esposizione Universale Milano non ha smesso di investire nella cultura, Palazzo Reale a Milano proponendo ai suoi cittadini un palinsesto artistico di tutto rispetto che non ha avuto nulla da invidiare agli altri paesi europei. Le mostre che hanno portato un maggiore afflusso turistico sono state quelle di Palazzo Reale, che ha ospitato ad ogni stagione una mostra legata ad un grande momento dell’arte: se febbraio è stato dedicato al Simbolismo, in primavera si è lasciato spazio alla trascinante mostra su Boccioni ed il Futurismo, per poi raggiungere in estate il polimorfismo di Escher e sfumare, in autunno, sulle silografie dei maestri giapponesi Hokusai, Hiroshige e Utamaro. I numeri parlano chiaro anche per questi primi mesi del 2017: durante il ponte di Pasqua oltre 23mila persone hanno visitato i musei milanesi, un numero molto alto che supera addirittura il record di 10mila persone dello scorso anno (nello stesso periodo).
MILANO
magazine.federmobili.it
Non ci sono solo nuovi musei e mostre ad animare la città, con un numero di turisti già in crescita prima del fenomeno EXPO, quest’anno Milano sembra aver pianificato le sue attività settimana dopo settimana, riempiendo i calendari con iniziative ed eventi che terranno compagnia ai milanesi e non, fino all’estate (almeno per il momento: la giunta comunale è già al lavoro per le festività natalizie!). Dichiarato il proprio amore per l’arte, lo scorso marzo la città ha dato il via alla quarta edizione di Art Week: la settimana dove cultura ed eventi si sono messi in mostra, trasformando Milano in una grande opera d’arte urbana. Dal 31 marzo al 2 aprile il programma è stato ricco di eventi, tra i quali inaugurazioni e aperture straordinarie di musei e di palazzi pubblici e privati. A soli due giorni dalla settimana dell’Arte, Milano si è riorganizzata per ospitare uno degli eventi più importanti dell’anno: la Design Week, organizzata come da tradizione, in concomitanza con il Salone del Mobile. I risultati dell’edizione 2017? Semplicemente straordinari. Il successo degli ultimi due anni ha raggiunto ogni angolo del globo ed ha attirato un numero sempre maggiore di visitatori; lo scorso aprile si sono registrate oltre 340mila presenze per il Salone del Mobile a Rho Fiera e 250mila persone hanno camminato per le strade della città. Il Salone del Mobile ha sicuramente messo Milano
in pole position tra le capitali del design, ma forse è proprio il Fuorisalone, nato come evento spontaneo e promosso autonomamente dalle aziende del capoluogo, ad aver conferito a Milano lo scettro della moderna e funzionale città per eventi. Il Fuorisalone riunisce artigiani, artisti, stilisti e designer sin dagli anni Sessanta, un periodo vincente per l’arredamento italiano che in quel periodo inaugurava il primo Salone del Mobile. Fu l’idea innovativa di Cassina - storico Il Salone del Mobile a Milano Rho Fiera marchio del made in Italy - di sfruttare il proprio showroom come spazio espositivo, a portare nelle vie di Milano una parte del Salone. Pioniera e innovativa, divenne un esempio per molte altre aziende che iniziarono ad esporre in città. Messo in pista grazie al contributo e al talento dei maestri milanesi, il Fuorisalone è diventato una vetrina internazionale a cui tutti vogliono partecipare, inclusa l’Amministrazione Comunale. Le mostre e gli allestimenti in giro per Milano sono infatti frutto di un’importante pianificazione e rivalutazione di aree industriali: ex fabbriche messe a nuovo hanno preso il posto degli showroom, mentre gli stand istituzionali e dal format standardizzato sono stati sostituiti da hub customizzati e collocati tra i vicoli di Tortona e Brera, oppure in cortili privati, aperti in esclusiva per ospitare mostre temporanee. Durante il Fuorisalone moltissimi distretti milanesi diventano
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MILANO protagonisti di una grande festa e di un piano di estensione culturale orchestrato magistralmente anno dopo anno. caterpillar.blog.rai.it
Al termine della Design Week il Comune ha commentato il successo meneghino sottolineando come l’impegno si sia diffuso rapidamente dalle istituzioni ai privati, mentre l’assessore Cristina Tajani ha parlato di una “valorizzazione della cultura del bello, della ricerca e dell’innovazione”. Un obiettivo sfidante e pienamente raggiunto come hanno dimostrato le centinaia di installazioni in città che hanno unito artigianalità e tecnologie in un mix culturale declinato in evento. Gestire un’intera città per otto giorni, 24 ore su 24, non è facile e c’è chi si chiede in che misura questo investimento frutti realmente alle aziende e ai designer che partecipano a questo tipo di manifestazione. Tuttavia possiamo dire che questa prima metà dell’anno sembra aver portato i suoi frutti ad una città che vuole coprire dalla A alla Z un universo culturale che va dall’arte alla gastronomia (con la Milano Food Week appena conclusa) fino alla musica; come i festival di Radio City all’UniCredit Pavilion in Piazza Gae Aulenti e Piano City che per la sesta edizione, nel week end del 19 maggio, ha fatto suonare oltre 300 pianisti in giro per Milano.
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Nonostante le dichiarazioni ottimiste da parte degli organizzatori non mancano le critiche sulla rapidità con la quale la città si sta adattando alla sua nuova faccia da palcoscenico per eventi. Tra le più note ci sono quelle sorte in occasione dello sciopero dei mezzi pubblici tenutosi durante il Fuorisalone, o quelle legate alla gestione dell’affluenza del pubblico (che ha letteralmente preso d’assalto le vie principali della città). Piano City A sostegno di queste tesi meno entusiastiche si aggiungono anche i numeri della recentissima Tempo di libri, manifestazione “rubata” a Torino dopo la frattura tra organizzatori e comune, che alla sua prima edizione milanese non ha soddisfatto a pieno le aspettative. Che sia perché nuova nel palinsesto di eventi cittadini o per il periodo in cui è stata pianificata - tra il ponte di Pasqua e il 25 aprile - Tempo di libri ha mosso circa 60mila persone (contro le 80mila previste). L’entusiasmo comunque non cala, infatti gli organizzatori sono già a lavoro per la prossima edizione. Quest’anno sembra proprio pronto per essere vissuto. Settimana dopo settimana la città si troverà ai nastri di partenza e metterà in moto capitali da capogiro, attirando sguardi curiosi da paesi vicini e lontani. Tuttavia, per assicurarsi - oltre le luci della ribalta anche gli investimenti necessari a far evolvere la città,
MILANO
amblondra.esteri.it
lo scorso marzo i Ministri Alfano e Padoan, insieme al Presidente della Regione Maroni e al Sindaco Sala hanno raggiunto l’ambasciata italiana a Londra per l’evento ITALY NOW AND NEXT - Milan at the heart of tomorrow’s Europe: attraction, expertise and investments. Il Financial Times ci aveva visto giusto, infatti poco dopo l’annuncio dell’effettiva uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, la task force italiana si è presentata agli operatori economici e finanziari della City per dare inizio ad un’operazione pro-Milano. Tra le proposte presentate durante la discussione c’è stata quella di un taglio delle tasse per le imprese e l’introduzione di benefici fiscali per coloro che vogliono tornare nel nostro Paese. Incluso nell’operazione di marketing territoriale c’è anche la proposta di ospitare l’EMA (l’Agenzia Europea per i Medicinali) all’interno del Pirellone. Milano, dicono i quattro, ha tutte le carte in regola per battere capitali del calibro di Vienna, Copenaghen, Amsterdam e Dublino. In attesa di sapere se quanto pronosticato si avvererà, la città promette di mantenere alti i livelli di attrattività per i suoi stakeholder, avviando anche una forte collaborazione con il mondo della Live Communication. Lo scorso aprile infatti, il Sindaco Sala ha invitato a Palazzo Marino le maggiori agenzie di eventi italiane
per presentare loro “Christmas Lights Show”: il bando di gara per gestire l’evento più importante dell’anno, che coinvolgerà l’intera città (30 piazze in totale, di cui 22 in centro e 8 più vicine alla periferia) dal 6 dicembre al 7 gennaio 2018. Il periodo natalizio sarà un ulteriore banco di prova le cui premesse sono più che positive, la partecipazione dei top player del settore degli eventi è un ulteriore testimonianza di come la città si Italy Now and Next a Londra stia aprendo ad altri interlocutori per valorizzare le diverse competenze ed aprire un dialogo a più vie per raggiungere insieme l’obiettivo comune di rendere Milano viva ed internazionale. Avere una guida dall’alto che si occupi di trascinare diversi business e coinvolgere interi settori di mercato verso una meta condivisa non è cosa di tutti i giorni, specialmente in Italia. Milano oggi sta dando il massimo per guadagnare il nuovo primato di città sostenibile, attiva e affidabile, dando prova di essere davvero la locomotiva che può portare il Paese fuori dalla crisi. Dalla gestione centralizzata degli eventi alla pianificazione attenta di tutti gli ingranaggi che si muovono nella grande macchina di una città, Milano può davvero rappresentare la best practice da esportare nelle grandi città italiane.
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MILANO Dall’importante manovra di riqualificazione alla cura posta nell’organizzazione di eventi attrattivi e di interesse internazionale, Milano sta giocando in attacco per rispondere anche a chi vede in questa continua promozione di eventi uno specchio per allodole che nasconde una reale mancata presa di posizione da parte delle amministrazioni che lascerebbero in secondo piano i veri problemi del capoluogo. Per certo il ritorno mediatico ha un’elevata importanza su come una città organizza le sue attività sociali e politiche, tuttavia non bisogna dimenticare che oltre agli eventi, alle mostre e alle settimane tematiche è necessario affrontare sfide civiche quotidiane che non coinvolgono solo coloro che partecipano agli happening urbani, bensì l’intera
comunità. Sanità, istruzione, sicurezza e integrazione sono ancora i principi cardine attorno ai quali si sviluppa il programma delle istituzioni locali che si avvicinano ai cittadini, portando loro sia certezze che opportunità. Tra i prossimi eventi in calendario ci sono il Wired Next Fest (dal 26 al 28 maggio) e la settimana dell’Architettura dal 12 al 17 giugno. Due ulteriori opportunità per affinare l’intervento di Palazzo Marino che ancora una volta chiama all’appello aziende e investitori per modellare l’immagine di Milano e andare oltre la concezione di capitale della moda, raggiungendo la definizione di vera e propria capitale a tutto tondo, promotrice di conoscenza, tecnologia, arte e cultura. Chi visita Milano oggi respira l’aria frizzante e concitata di una città in rapida evoluzione, di una metropoli che non vuole avere nulla da invidiare alle altre capitali europee e mondiali, che abbraccia la sharing economy e modelli di
ghilli.it
Stampa antica di Palazzo Marino a Milano
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MILANO
infoturismiamoci.com
Skyline di Milano
business sostenibili e che soprattutto contribuisce a migliorare la reputation di un Paese in ripresa. Raggiungere l’obiettivo di città degli eventi comporta impegno, competenze e visione strategica, ed il rischio di cadere nella trappola dell’eventopoli fine a sé stessa non può essere messo in secondo piano. Ospitare grandi edifici di famose archistar, sponsorizzare nuove aperture di spazi brandizzati, cambiare aspetto alla città a seconda dell’evento in calendario…queste operazioni devono essere pianificate con criterio affinché Milano rimanga riconoscibile agli occhi dei turisti e dei cittadini testimoni della sua trasformazione.
Insieme, enti pubblici, privati e cittadinanza possono dare vita ad una Milano da vivere e non da consumare, una città che sappia mantenere la propria identità e al tempo stesso adattarsi alle nuove esigenze sociali ed economiche. Siamo nel vivo dell’anno, la strada è ancora lunga. Gli altri paesi guardano al capoluogo lombardo con grande interesse, ma a fare da spettatore del percorso di Milano verso il successo c’è l’Italia intera, che vede nell’esempio meneghino la prima tessera di un domino di innovazione che può raggiungere l’intera nazione.
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FUORISALONE
Fuorisalone 2017:
le meraviglie di zona Ventura/Lambrate. di Francesca Cagliani
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gni anno ad aprile Milano diventa la capitale del design internazionale per un’intera settimana. In fiera a Rho va in scena il Salone del Mobile mentre nelle strade della città è tempo di Fuorisalone. 6 giorni, 1498 eventi e 13 percorsi che hanno reso Milano palcoscenico di mostre, eventi, workshop e tanto tanto divertimento. 136 eventi sono stati i protagonisti di zona Ventura/Lambrate, (quest’anno unita alla neonata Ventura Centrale), uno dei quartieri più in fermento durante il Fuorisalone. Circa tre anni fa questa zona di periferia ha iniziato ad affermarsi come uno dei distretti più innovativi, con giovani designer che sceglievano sempre di più gli spazi grezzi ed industriali di via Ventura per mettere in mostra le loro opere.
FUORISALONE
yourownguide.com
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FUORISALONE Così, piano piano, quella che fino ad allora era una zona solamente residenziale, con un susseguirsi di ex capannoni dismessi, è diventato un polo di importanza internazionale con location richiestissime. La differenza con gli altri distretti è molto semplice: in Ventura/ Lambrate si respira ancora quell’aria tipica dei paesi fuori città, quell’atmosfera che in una metropoli come Milano sembra essere stata dimenticata.
sapore industriale, diventano allegre aree espositive. I locali si riempiono, le carrozzerie lasciano spazio a giovani designer diventando piccole gallerie d’arte. Quest’anno ho avuto modo di girare ogni giorno in questo quartiere (che è anche il mio) perdendomi nella moltitudine di spazi, abbagliata quotidianamente da cose nuove. La prima tappa è sicuramente via Ventura, arteria principale del Fuorisalone. Qui ci si imbatte subito in una storica carrozzeria, al civico numero 2, che ogni anno lascia spazio a giovani designer internazionali. Lampade, vasi, tappeti in mostra fra macchinari che abitualmente servono per riparare le auto.
dximagazine.com
Da qualche tempo anche via Conte Rosso ha subito un processo di rinnovamento, grazie ad un sapiente lavoro di riqualificazione stradale, che l’ha resa una delle vie più belle del quartiere. A Lambrate si possono La carrozzeria, via Ventura © LikeMi Proseguendo si incappa nello ancora trovare i negozi di una splendido edificio contraddistinto dalla scritta Luna, volta, dal panettiere con cui fare una chiacchera gigante, posizionata sul tetto (che dialoga con quella al mattino parlando delle iniziative della zona, al sul palazzo di fronte, che ovviamente si chiama Park, tabaccaio che conosce per nome tutti i clienti, fino se no che gioco di parole sarebbe?). Qui si aprono alla cartoleria che mette in mostra, in vetrina, giochi moderni spazi, tutti ristrutturati, con all’interno originali degli anni ‘80. varie aree espositive. Sicuramente colpisce subito Ma ancora i negozietti vintage in cui si possono il progetto Super Supermarket di design School scovare vere e proprie chicche, la fornitissima Kolding, che riproduce enoteca con il sempre un vero e proprio market sorridente Andrea pronto a con tanto di prodotti proporre un calice di ottimo sugli scaffali e cestini per vino, il carrozziere che la spesa. Peccato che all’ora di pranzo si gode un momento di riposo seduto tutto sia realizzato con nel cortile e il Circolo Acli materiale come carta, che ogni giorno diventa plastica e simili. Ci sono rifugio privilegiato di le tagliatelle, la carne, lo anziani e non. yogurt, le uova e la verdura, ma anche la carta igienica Ecco, durante il Fuorisalone e gli spazzolini da denti, in tutto questo tran tran si rame. Ma proseguiamo. trasforma. Il quartiere Dopo aver visitato gli altri Super Supermarket di design School Kolding © LikeMi accoglie turisti, milanesi, spazi del Luna, si incorre addetti ai lavori e curiosi, nella splendida villa abitata senza però perdere la sua autenticità. E credo che di via Ventura 12 (angolo via Massimiano). Mi chiedo sia proprio questo il motivo per cui tutti apprezzano, sempre chi siano i fortunati che abitano qui. La casa di anno in anno, questa zona rispetto ad altre. è splendida, il giardino ancora di più. Una serie di I cortili si aprono, i palazzi enormi e austeri, dal food truck propongono ogni tipo di cibo: sandwich,
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FUORISALONE specialità regionali, gelati, birre e sane centrifughe. Di fronte alla villa si aprono le porte della Scuola Italiana di Design, a fianco alla new entry di questa edizione, firmata Faema. Accanto, ecco gli enormi cancelli di Ventura 15. Un bellissimo cortile alberato fa da fulcro ad una serie di spazi vetrati splendidi e, come ogni anno, salendo una scaletta in ferro si può visitare l’esposizione di Catellani&Smith. Le sue luci sono sempre un sogno, una di quelle classiche cose da non perdere. Uscendo da Ventura 15 un’altra grande novità di questa edizione 2017: Ikea! Che negli spazi di Ventura 14 ha creato il suo headquarter (di solito questo capannone è la casa dell’ormai storico East Market). Questa è stata una delle cose più belle in assoluto che si è vista in zona, credetemi.
Appena entrati, si percepisce subito quella meravigliosa atmosfera che Ikea riesce a ricreare, come nei propri store. Tra divani, tavolini, mobili e bar si possono provare polpettine vegetariane, birra, dolci e brioches. All’interno la vera sorpresa: un susseguirsi di ambienti diversi che dialogano perfettamente tra loro. Lounge, dj set, salotti, cucine e dehors, come davvero solo Ikea sa fare. Le persone si accomodano nell’ambiente che sentono più proprio. Un vero spettacolo. Adulti, bambini, famiglie, anziani. Tutti insieme, tutti sorridenti. E vi confesso che, una volta finita la settimana, ho scritto ad Ikea pregandoli di valutare il fatto di rendere eterno quel luogo magico, trasformandolo in uno spazio continuo nel tempo.
Officina Ventura, via Ventura © LikeMi
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FUORISALONE Di fronte, un enorme spazio, sempre casa di East Market, che propone interessanti oggetti e complementi d’arredo di designer stranieri. Qui, salendo le austere scale, si ha la possibilità di scoprire la Black House, ossia un affascinante edificio che svetta in via Ventura con le sue pareti completamente nere. Le terrazze, ai piani superiori, sono vere e proprie oasi meravigliosamente arredate con tavolini in ferro e piante lussureggianti. Ottimo posto dove concedersi una sosta. Dopo altre belle scoperte in via Ventura, ci si sposta in via Massimiano. Qui si può trovare un’altra storica carrozzeria che accoglie designer internazionali, con
un focus sulle nuove proposte per il bagno. Davanti un enorme capannone, nel quale trovare di tutto di più: lampade, complementi d’arredo, cornici, bigiotteria e una grande area firmata Simone Micheli. All’esterno del capannone un bellissimo giardino con altri colorati food truck. Proseguendo si arriva in via Oslavia. Anche qui grandi spazi si aprono per accogliere le più diverse collezioni di design. Una delle cose più curiose che ho visto è stato un padiglione con moltissime stranezze, tra cui acqua e aria provenienti direttamente dalla luna (o almeno così dichiarano i cartellini riportati davanti alle teche).
Simone Micheli © LikeMi
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FUORISALONE oggetti, artisti e innovazione in diversi ambiti. E tutto ciò ha degli enormi punti a favore e qualche punto debole. Ad esempio i prezzi. Tutto è aumentato esponenzialmente soprattutto negli ultimi due anni. Dal panino all’affitto di una stanza in cui soggiornare.
Finito il tour “virtuale” del Fuorisalone di Ventura/ Lambrate è giunto il momento di arrivare a fare delle considerazioni generali. La settimana dedicata al design è per Milano un momento davvero magico, pieno di energia. Ogni anno, sempre di più, la città diventa meta obbligatoria per tutti coloro che vogliono respirare aria di novità, scoprendo luoghi,
Non ci resta che attendere quindi la prossima edizione, per scoprire quali saranno le novità.
indesignlive.com
Ma se devo essere sincera, tutta quest’area era più bella lo scorso anno. Uscendo da via Oslavia ci si imbatte in via Sbodio dove l’Osteria del Castello, che abitualmente ha sede a Truccazzano, ha ricreato i suoi ambienti in modo fedele. A pochi passi si apre il cortile di una recente nuova realtà davvero interessante: Sbodio32. Un vivace capannone con esposte lampade, oggetti vari, abiti che sembrano usciti da un atelier di alta moda e vasi di varie forme e colori.
E se da una parte si può comprendere il fatto che sia un periodo in cui tutti cercano di fare del loro meglio per accogliere turisti e addetti ai lavori, dall’altra parte si fa sempre più vivo il rischio di incrinare i sottili confini fra il Concludiamo il nostro tour “capisco che è la settimana Flotte Lantern di Luxxbox, Sbodio32 nella splendida via Conte del Fuorisalone” al “non Rosso. Qui si aprono i posso arrivare a pagare un cancelli del Circolo Acli, storica sede milanese della panino 10€ o una camera doppia di un hotel a una zona est. Il cortile accoglie mercatini e la trattoria stella 500€ a notte, solo perché è la settimana del propone piatti semplici e gustosi. Poco più avanti, Fuorisalone”. Anche le location hanno raggiunto un susseguirsi di bancarelle ormai prezzi da capogiro... con ogni genere di oggetto, diverse migliaia di euro per tanto artigianato e piccole esporre i propri oggetti, produzioni ricercate. Quasi alla rischiando di allontanare i fine della via, un’altra novità: designer scoraggiati da canoni il The Bar di Simone Micheli, inaccessibili. che ha scelto proprio Ventura/ Lambrate per aprire un nuovo Milano è comunque una città concetto di bar, modernissimo accogliente, in cui tutto pare e in contrasto (riuscito) con la filare liscio nonostante tutto. storicità del quartiere. Alla fine La metropolitana è strapiena, i della via, al numero 36, l’ultima mezzi imbottigliati nel traffico nuova bella scoperta. Un ma, tutto sommato, fa parte vecchissimo ristorante, chiuso del gioco. da anni, ha ripreso vita dopo una splendida ristrutturazione Amo vedere la mia città così, che ha riportato alla luce invasa da sorrisi, facce nuove, gli originali muri di mattoni, energia che si sprigiona in accostandoli a nuovi materiali ogni dove e belle cose con cui Black House, via Ventura © LikeMi moderni. riempirsi gli occhi.
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MILLENNIALS
Roma: da città eterna a esperimento dinamico di bellezza in divenire. OUTDOOR e Spring Attitude tra riuso di spazi urbani, street art e contaminazione musicale. di Sara
D’Agati, Velia Angiolillo e Niccolò Piccioni
A Roma accade sempre più spesso di imbattersi in questi giganteschi affreschi a cielo aperto che, inattesi, spezzano il susseguirsi monotono di ocragrigio-arancio dei palazzi di Testaccio, San Basilio, Tor Marancia. Ridare vita a luoghi dimenticati della Capitale attraverso la Street Art, che in strada nasce e per strada vive, e ristabilire un’interazione tra i cittadini e le aree periferiche nel costruire bellezza, è uno degli elementi fondanti di OUTDOOR Festival, che
articiviche.blogspot.it
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keblog.it
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gni tanto, tra le crepe di una vecchia facciata, può nascere un fiore. Capita anche che a nascere siano due mani che si ricongiungono in una sorta di moderno giudizio universale; o il volto di Gramsci che ti fissa dal sottopassaggio di Via Ostiense.
Murales in Via Tor Marancia a Roma
MILLENNIALS
keblog.it
dopo aver abitato per quattro edizioni nel quartiere Ostiense (facendone il primo Street Art District della Capitale), fa tappa nel 2014 all’Ex Dogana e poi all’Ex Caserma Guido Reni nel 2015-2016. Una serie di ex-luoghi, appunto: aree immense, oltre 50mila mq nel caso di Guido Reni, in disuso da anni e in attesa del compimento dei propri destini. A riempire il vuoto temporale generato dalla lentezza del Comune, fortunatamente, sono intervenuti nuovi attori: giovani creativi, innovativi e coraggiosi. “Quando scrivemmo i primi documenti sul concept, l’obiettivo era chiaro e dichiarato” racconta Francesco Dobrovich, romano, ideatore del festival assieme ad Alessandro Omodeo “trasformare Testaccio in un centro attrattivo per il turismo esperienziale della città di Roma e avviare un processo di affermazione della Street Art.” L’obiettivo è stato senz’altro centrato, se si considera che Ostiense oggi si è trasformata, di fatto, in meta turistica, al punto che sul suo sito il Comune di Roma vi suggerisce ben 17 percorsi a tema.
Murales in Via Tor Marancia a Roma
Ma la cosa più importante, spiega Francesco, è “l’aver contribuito ad un cambiamento di percezione, sia dell’area, sia della pratica artistica adottata per caratterizzarla”. Nel 2014 il progetto sterza negli spazi chiusi dell’Ex Dogana, nel quartiere Tiburtino,
Blu, Fronte del Porto a Roma
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MILLENNIALS
Ex Caserma di Via Guido Reni
un’area che - in attesa di sapere se al suo posto sorgerà una sorta di albergo/studentato - è divenuta teatro di una folta agenda di iniziative. Se oggi l’Ex Dogana è un punto di riferimento nel panorama culturale romano, e non soltanto per i giovani, lo si deve anche a OUTDOOR, che a dieci anni dalla chiusura, lo ha scelto come luogo per il suo primo evento. Sorte analoga per l’Ex Caserma Guido Reni, che ha riaperto nel 2015 proprio per ospitare gli ultimi due appuntamenti del festival e dove, a breve, dovrebbero partire i cantieri per la trasformazione del blocco in unità residenziali (l’assegnazione del bando per il riassetto urbanistico dell’area - processo iniziato nel 2010 - è avvenuta a fine 2016).
A premiare gli sforzi, oltre alle 31.000 presenze del 2016 (le visite hanno registrato un tasso di crescita del 50% fra un’edizione e l’altra), anche la schiera di eventi che, sulla scia di OUTDOOR, hanno scelto di abbandonare le sedi tradizionali per animare luoghi dimenticati e in disuso. Fra questi Spring Attitude, il primo grande festival di musica elettronica romana di respiro internazionale nato nel 2002 dall’incontro di due realtà musicali romane: L-Ektrika e AKAB Club, e giunto oggi alla sua VIII Edizione, conquistando un segmento di mercato sempre più ampio (12.000 persone solo nel 2016).
La scelta delle sedi è tutt’altro che casuale: “Dal 2014 in poi abbiamo posto l’accento sui cambiamenti urbanistici della città attraverso azioni temporanee di riattivazione dei luoghi in disuso” continua Francesco, “le location sono funzionali al racconto di città che noi vogliamo offrire: quello di una città che cambia e che può cambiare in meglio anche con il contributo dell’arte. Ci siamo ispirati a festival come il Nuart di Stavanger, Norvegia, ad operazioni lampo come la Tour 13 di Parigi e più in generale a iniziative che parlino di futuro, innovazione, impatto sociale, ma con un taglio fresco e capaci di attrarre un pubblico sempre più vasto.” Spring Attitude Festival © Giovanni De Angelis
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MILLENNIALS Racconta Claudia Gianvenuti, tra le ideatrici dell’evento: “Esistono posti a Roma che nessuno conosce. Guido Reni e l’Ex Dogana ne sono un esempio. Spazi immensi, sotto al nostro naso da sempre, senza che nessuno sapesse o si chiedesse cosa ci fosse dietro quei cancelli. Bisogna riconoscere ad OUTDOOR di essere stati pionieri di entrambe le location, divenuto oggi ‘patrimonio dei cittadini’. Due grandissimi poli di intrattenimento culturale.” In comune con OUTDOOR, oltre alla volontà di ridar vita a luoghi in disuso, ci sono la voglia e la capacità di sperimentare ed il ruolo centrale attribuito all’arte come veicolo di cambiamento. Sebbene a fare da protagonista sia la musica elettronica in tutte le sue forme, Spring Attitude si è trasformato gradualmente in un progetto “esperienziale” sempre più vasto, includendo installazioni, workshop e performance artistiche (con l’espansione di anno in anno della sezione Arts&New Media dedicata ad esposizioni e performance di arti visive contemporanee in collaborazione col RUFA). L’obiettivo è quello di creare “una sorta di continuità fra lo stile musicale delle serate e la scenografia circostante per dar luogo ad un’esperienza che sia davvero ‘immersiva’.” Non è un caso che due serate, nelle scorse edizioni, abbiano avuto luogo in due dei principali poli dell’arte contemporanea a Roma: il Macro di Testaccio e Maxxi.
“Un raffinato e innovativo sound contemporaneo unito all’arte digitale, schegge di elettronica che incontrano il pop d’avanguardia, il folk a braccetto con il rap” sono gli ingredienti dell’evento Spring di quest’anno, che avrà luogo dal 25 al 27 maggio. L’ambizione di fondo è, anche qui, mostrare che una Roma nuova, internazionale, attrattiva, può esistere e, in fondo, esiste. Attraverso un appuntamento che guarda a Festival come il Sonar e il Primavera Sound, che ogni anno portano complessivamente a Barcellona circa 300.000 visite, con ricadute positive in termini di turismo ‘giovanile’ per la città. Con l’edizione di quest’anno, Spring conta di portarne a Roma oltre 15.000, puntando ad artisti di fama internazionale come Air, Disclosure, Jon Hopkins, Apparat, Bonobo. Un ottimo inizio. E chissà che, con un maggiore contributo delle istituzioni, eventi come l’OUTDOOR Festival e Spring non possano crescere ancora, e farsi modello di una città dove il patrimonio artistico culturale, tra i più ricchi al mondo, non debba più essere una base statica su cui “adagiarsi” pigramente, ma un punto di partenza da cui partire per costruire bellezza in aree periferiche e dimenticate. Per una Roma non come città eterna soltanto, ma come esperimento dinamico di bellezza in divenire.
Spring Attitude Festival © Giovanni De Angelis
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FORMAZIONE
Trasformare una passione in professione. Il Food&Wine si studia in aula. di Carolina Remo
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FORMAZIONE
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a sempre l’Italia si colloca tra i principali punti di riferimento dell’universo enogastronomico. Da qualche anno la tradizione culinaria del Bel Paese è diventata anche materia di studio in Università. L’obiettivo non è solo valorizzare il patrimonio territoriale, ma anche formare figure professionali che sappiano comunicarlo al meglio. In vista della settimana milanese dedicata al cibo, abbiamo avuto il piacere di parlare di formazione per il mondo del Food con Errico Maria Luca Cecchetti, consulente in Comunicazione e Marketing nel campo food&wine nonché coordinatore Didattico del Master Food & Wine Communication dell’Università IULM di Milano. In questi giorni Milano si è animata con gli eventi della Food Week, viene spontaneo parlare del Master Food & Wine Communication di cui è coordinatore. Come reagisce a questo evidente aumento di interesse verso il mondo del food? Ha notato un aumento di iscrizioni al Master?
É ormai da tre edizioni che le iscrizioni sono in continuo aumento. Abbiamo raggiunto l’anno scorso i 30 studenti, un numero che ritenevamo estremamente soddisfacente ma addirittura in questa edizione lo abbiamo superato raggiungendo quota 33. Il cambiamento di aula presso l’edificio 5, in una più ampia e attrezzata, è stato necessario per affrontare 6 mesi di lezioni, progetti e degustazioni 5 giorni a settimana per 8 ore giornaliere. Il segreto del nostro successo risiede nel fatto che ogni anno, insieme al Direttore Scientifico, il Prof. Russo, proponiamo - al motto “basta case histories, facciamo la History” diversi Project Work di marketing e comunicazione, che coinvolgono direttamente i nostri studenti in reali progetti aziendali e istituzionali. Quest’anno abbiamo realizzato progetti di comunicazione per il Consorzio di Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese, il Comune di Bucine, Buitoni, San Pellegrino, Gambero Rosso e per Vinitaly International. I lavori prodotti dagli studenti sono materia di nostra valutazione, oggetto di premialità da parte dalle aziende e potenziali offerte di stage alla fine dei sei mesi di didattica. Un’altra ragione dell’aumento di iscritti è l’individuazione – anno dopo anno – di nuovi temi di comunicazione che vadano a completare sempre più l’offerta formativa. Da quest’anno abbiamo proposto nel calendario didattico la “Fish week”, una settimana condotta da Valentina Tepedino, Direttore Generale di Eurofishmarket, periodico di carattere scientifico e professionale rivolto al settore ittico, a diffusione internazionale. In una settimana, una decina di aziende ittiche si sono presentate in aula raccontando la loro identità e le loro strategie di comunicazione, proponendosi come partner per stage curricolari.
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FORMAZIONE Secondo lei cosa spinge i giovani a scoprire il mondo del food&wine?
Sicuramente, per quanto banale possa sembrare, la passione è fondamentale. Tutti in qualche modo conosciamo il mondo del food&wine perché vi abbiamo a che fare quotidianamente, ma la possibilità di trasformare la propria passione in una professionalità concreta ha sicuramente un fascino particolare. Ovviamente, una volta che gli studenti decidono di intraprendere questo percorso, la motivazione deve essere reale ed accompagnata da un’ottima preparazione. Per questo, con il nostro processo di selezioni e colloqui, verifichiamo le esperienze di studio o stage pregresse, che confermino la determinazione del candidato. Stiamo anche parlando di un settore che negli ultimi 6 anni ha avuto un’accelerazione mediatica incredibile e, devo ammettere che tra i nostri studenti, alcuni rari casi di partecipazioni legate all’ “Effetto Chef” ci sono state. A latere del fenomeno chef in tv, questa crescita dell’intero settore food&beverage è aumentata anche grazie al contributo delle aziende, che sempre più richiedono profili professionali esperti in materia e altamente formati in ambito comunicativo. Anche questo è sicuramente un fattore che porta i ragazzi a scoprire il mondo food&wine e, di conseguenza, a scegliere il nostro master.
reazioni emotive, indipendentemente dalla razionalità e da ciò che le persone dicono o “pensano” di sentire. Questa possibilità di misurare aspetti inconsapevoli però, spesso suscita perplessità e diffidenza e viene percepita come una sorta di manipolazione, perché si cerca di quantificare reazioni di cui non ci rendiamo conto ma, come ha fatto notare il Professor Vincenzo Russo, che cito - “il problema non è il neuromarketing ma il marketing stesso, visto che le tecniche pubblicitarie mirano a manipolare e orientare le scelte dei consumatori. Il neuromarketing è solo una misurazione del coinvolgimento”. Per fare qualche esempio rappresentativo delle tecnologie impiegate dal neuromarketing, uno degli strumenti più usati dagli esperti è l’elettroencefalogramma, necessario per misurare l’attivazione di una specifica regione del cervello associata, per esempio, alla vista di uno spot. Il face reader è un altro macchinario usato per registrare le espressioni che assumiamo involontariamente, associate a piacere, stupore o tristezza quando ci troviamo di fronte a un nuovo oggetto o a un nuovo prodotto alimentare. Parlando di applicazioni pratiche della materia, possiamo vedere come gli stessi punti vendita ormai accolgano i clienti con stimolazioni sensoriali multiple.
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L’offerta del Master è arricchita anche dalla presenza del centro di ricerca di neuromarketing (Behavior and Brain Lab); come considera il rapporto tra neuroscienza e il mondo enogastronomico? Troveremo sempre più tecnologia a supportare questo mercato?
Il mondo enogastronomico ha molteplici possibilità di entrare in contatto con il mondo delle neuroscienze. Il neuromarketing infatti, valutando con strumenti specifici l’intensità del coinvolgimento emotivo e il tipo di emozioni correlate, può ottenere risultati di analisi sull’efficacia emotiva di un prodotto e sulle potenzialità di attirare l’attenzione del consumatore. Inoltre, la peculiarità ed elemento rivoluzionante del neuromarketing, risiede nella capacità di misurare le
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FORMAZIONE
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Quasi sempre nei negozi c’è una musica e un profumo in grado di modificare la nostra esperienza. L’aroma di vaniglia per esempio, che si avverte in prossimità delle pasticcerie, rimanda inconsciamente ai dolci e alla famiglia, suscitando emozioni positive e favorendo la propensione agli acquisti. Allo stesso modo possiamo vedere l’applicazione di stimolazioni multisensoriali in situazioni diverse, come nei negozi di biancheria o nelle fiere, in cui è stato accertato da un’analisi, che il pubblico si sofferma più a lungo di fronte agli stand con un aroma particolare piuttosto che un altro. Concludendo, tante quindi le possibili sinergie e applicazioni del neuromarketing sul mondo food&beverage, tanti i punti di contatto tra due mondi sempre più in avvicinamento. Secondo lei la nuova cultura del food&wine può contaminare anche la grande distribuzione? Ci troviamo davvero davanti ad un nuovo consumatore, più attento alla qualità delle materie prime e alla sostenibilità dei processi produttivi?
Certamente, la grande distribuzione non può e non potrà fare a meno di essere contaminata dai nuovi trend di consumo. Oggi il consumatore è “virtuoso e attento” non più solo a qualità/prezzo ma anche a tutto un mondo di valori legati alla sostenibilità economica dei processi produttivi e ambientali. I consumatori contemporanei hanno dalla loro, un’ampia possibilità di accesso a canali di informazione, più o meno istituzionali, che utilizzano per accrescere le proprie competenze. Il “nuovo consumatore” è più consapevole dei propri bisogni e tutto ciò che compra non soddisfa più solo meri bisogni primari ma lo identifica e lo inquadra in un preciso “stile di vita”. Parliamo di Import/Export in Italia. Come si divide il mercato e cosa porta i clienti ad acquistare il prodotto Made in Italy?
Difficile generalizzare. Per ottenere un quadro completo bisognerebbe analizzare numeri e statistiche di ogni singola categoria merceologica. Sicuramente si può affermare che negli ultimi dieci anni i volumi di export legati al settore food&wine sono aumentati considerevolmente. A giustificare questo fenomeno si possono identificare diverse cause. Prima di tutto c’è stata una contrazione importante dei consumi interni in diversi settori, un esempio su tutti è il vino, che ormai Behavior & Brain Lab, IULM deve quasi metà del suo giro d’affari al mercato estero. I comportamenti di consumo degli italiani sono cambiati sotto molti punti di vista: alcuni comprano meno in generale (questo spesso è dovuto ad una riduzione della capacità di spesa), molti altri scelgono di consumare meno, ma meglio. Vi è una rinnovata attenzione alla qualità del prodotto. Questo è un fattore sicuramente importante, ma non sufficiente; soprattutto all’estero infatti, la voglia di comprare italiano deriva dall’ “Alloure di italianità” che accompagna i nostri prodotti. Non si compra semplicemente una pasta o una bottiglia di vino; si compra uno stile di vita. L’Eccellenza è un’importante connotazione valoriale legata “all’essere italiano”. Questi sono due dei fattori che più sostengono l’export dei nostri prodotti nel mondo. Da qui, l’esigenza sempre più forte da parte delle aziende, di investire in comunicazione. Il punto debole dell’intero comparto agroalimentare italiano - specie nel vino, per esperienze vissute direttamente - risiede purtroppo nel non essere davvero in grado di fare sistema.
Un mercato ricco di opportunità quello del Buon cibo, ma che al tempo stesso necessità di grande cura e attenzione da parte di una moltitudine di personaggi pubblici e privati i quali, solo lavorando insieme, possono far risaltare il valore profondo della tradizione e della cultura del nostro Paese. Porre le basi per una formazione di qualità nel campo food&wine è sicuramente un altro buon passo verso la consapevolezza del potenziale nostrano.
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FOCUS ON ART
La creatività che fa bene a Milano.
Alla scoperta dell’arte tra i rebbi di una forchetta. di Francesca Passoni
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e c’è qualcosa che non manca a Milano è il movimento. Automobili, tram, persone… tutti sembrano andare e venire da qualche parte, tutti si muovono senza sosta e rigorosamente di fretta: perché a Milano non c’è tempo da perdere, o così pare. Eppure c’è un posto speciale dove queste regole non trovano applicazione, uno spazio nascosto dal caos dell’ora di punta nonostante si trovi in uno dei distretti milanesi che nelle ultime settimane ha ospitato un elevatissimo numero di persone. In quel di via Bergognone - a due passi dalla famosa via Tortona, regina del Fuorisalone - nella corte di un vecchio complesso di ringhiera, si trova lo studio di Giovanni Scafuro. Giovanni è nato a Napoli e da oltre vent’anni lavora il metallo dando vita ad opere d’arte uniche nel loro genere. Nel corso del tempo ha fatto proprio l’oggetto della forchetta, ha sperimentato con materiali d’uso comune, ha aperto la mente ad altre posate ed ha portato la sua arte a Milano. Sono andata a trovarlo in un momento un po’ particolare, a cavallo tra la fine del Fuorisalone e l’inizio della Milano Food Week e dopo aver seguito le orme di tante forchette colorate sull’asfalto milanese, l’ho raggiunto nel suo atelier: una cornucopia di creatività che lascia a bocca aperta.
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Le sue opere sono dappertutto, alcune sono grandi ed occupano pareti intere, altre invece sono piccolissime e attirano lo sguardo dei più curiosi da dietro teche di vetro ben curate. Mentre Giovanni mi spiega il processo creativo dietro alcuni oggetti, i suoi occhi si illuminano come quelli di un padre che racconta dei propri figli. È orgoglioso di quello che fa, ma umile nel spiegarlo a chi (come me) non conosce il suo mondo. Tra una sua sigaretta e il mio naso costantemente per aria a scoprire altre opere nascoste, gli chiedo come è andata la settimana del design, ora che può godere di qualche giorno di pausa prima del prossimo evento.
Personalmente quest’anno la Design Week non è stata un’esperienza molto interessante. Un tempo, in occasione del Fuorisalone, gli studi rimanevano aperti fino a tardi e la gente si fermava ad apprezzare gli oggetti; oggi sicuramente si vende, però credo che la manifestazione sia diventata un po’ un bazar. Ho notato che non funziona più come prima, la gente vuole vedere di più ma ha meno tempo e questo porta inevitabilmente ad una visita più superficiale senza tanta attenzione alla qualità. Penso che questo renda le cose più difficili per chi vuole emergere, soprattutto per i giovani. Io ho deciso di puntare molto di più sulla Milano Food Week, perché la sento anche più vicina al forte legame che ho con il design e il food.
FOCUS ON ART
Farò una mostra qua [via Bergognone 3 n.d.r] una in via Tortona e una in via Savona. Le opere di Giovanni manifestano tutta la sua napoletanità, dagli anelli con i numeri della tombola ai vasi tradizionali di Napoli modificati in modo non convenzionale, fino ovviamente alle posate, una vera e propria ode al cibo.
Napoli è la mia città - mi dice - ci sono nato e cresciuto, è parte di me. Lì è più faticoso fare questo lavoro, Milano mi ha accolto a braccia aperte dal primo momento in cui, ormai oltre ventisette anni fa, ho proposto i miei oggetti. Qui c’è una grande attenzione al processo creativo e all’arte in generale, in più mi trovo in una zona della città favorevolissima. C’è da dire però che Napoli mi ha dato tanto e insegnato anche di più, come l’attenzione per il cibo e per il recupero… Devo ringraziare Napoli, perché se sono attento agli oggetti e li vedo da un punto di vista diverso, al 90% è grazie alla mia città. C’è molto di Napoli nei miei oggetti, dal tema del mare alla religiosità fino all’aspetto più dissacrante e ironico che emerge in altre opere. È evidente che per Giovanni la forchetta ha un valore importantissimo, nel suo atelier è onnipresente. Quando gli chiedo del suo primo ricordo legato a questa posata, mi mostra i palmi delle mani.
Proprio oggi mi sono infilzato con una forchetta… si può dire che mi è entrata dentro! [ride] L’amore per questo oggetto è nato un po’ per caso e piano piano è cresciuto. Anzi, direi che si potrebbe parlare proprio di una storia d’amore perché all’inizio è stato un incontro veloce, casuale…poi più studiavo questo oggetto, più lo sentivo mio. Se volessi auto
psicanalizzarmi potrei dire che nella forchetta vedo me stesso e sarebbe la verità! I miei oggetti sono i miei ricordi, i miei pensieri, le mie sensazioni... Nel tempo sono cresciuto, per esempio ora sperimento anche con i coltelli che prima non usavo. Oltre a nuovi oggetti, Giovanni ha dato vita anche a diversi progetti paralleli come Forkeat: un’esperienza di cena multisensoriale, dove le sue posate artistiche sono le protagoniste di ogni portata.
Forkeat è nato circa dieci anni fa a Napoli, all’inizio si trattava di cene per 25 persone poi le ho ampliate a 50. Di solito il mio contributo è quello di creare le posate, poi le “affitto” al ristorante che organizza la cena. Quello che mi piace di più però è studiare i piatti del menù insieme allo chef, affinché siano quanto più adatti alle posate. Gli chiedo se ha mai pensato di allargare il format a più di 50 persone e la sua risposta ha sottolineato ancora una volta ha a cuore la qualità.
50 è un buon numero di partecipanti, si adatta sia per il tipo di attività che per i posti che i ristoranti mettono a disposizione. Preferisco comunque mantenere un numero più basso affinché i commensali possano dedicare tutta la loro attenzione ai vari piatti. Oltre alle posate d’autore, molte delle opere di Giovanni nascono da oggetti abbandonati o in disuso, nella sua arte c’è una grande componente di riciclo impiegato come vettore di messaggi.
Credo che diversi artisti nascano utilizzando materiali non propriamente dediti all’arte; sai, si lavora con ciò che si trova.
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FOCUS ON ART Questo vale anche per la scelta delle posate con cui lavoro; anche se oggi lavoro utilizzando pure quelle d’acciaio, è innegabile che quelle antiche abbiano un certo fascino. Mi piace che siano un po’ ossidate perché significa che sono vissute! Il tempo lascia il segno sugli oggetti e questi assumono tutto un altro aspetto… trasmettono quel sentore di passato che mi piace tanto e l’effetto - così come la lavorazione - è diverso. Il riciclo è ancora molto presente nel mio lavoro. Mi piace osservare le cose da un altro punto di vista, nel mio studio degli oggetti voglio andare un po’ più a fondo e non fermarmi alla “superficie”. Spero che attraverso le mie opere passi questo messaggio. È indubbio che sia così. Lo si evince dalla maestria con cui Giovanni prende oggetti d’uso quotidiano e li utilizza per comunicare un messaggio. Dai suoi lavori emerge una fantasia scherzosa, quasi bambinesca, ma che in alcune opere si trasforma in una concezione della vita fortemente emotiva, anche drammatica, come in “Solitudine”. È proprio mentre la sto osservando che riprende a parlare, raccontandomi del suo rapporto con i giovani artisti della città.
Ho notato che i giovani hanno una maggiore attenzione verso il mondo che li circonda. Sono contento che sia nata un po’ questa moda del riciclo perché Solitudine porta ad avere maggior cura per le cose. Da qualche tempo seguo la direzione artistica di Brandstorming, un negozio in via Corsico, e mi sono accorto di quello che fanno i giovani; percepisco dove vogliono arrivare, anche se è più difficile oggi rispetto a qualche anno fa. Di colleghi che vivono di questo lavoro da tanto tempo se ne contano sulle dita di una mano…oggi è forse più difficile per i giovani rimanere attivi nel mondo dell’arte, perché bisogna saper unire tante professionalità a quella dell’artista.
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Credo che lo Stato non li aiuti molto, ma per fortuna vedo che si supportano a vicenda. Grazie al mio ruolo di direttore creativo riesco ad aiutare tanti ragazzi a trovare il proprio oggetto. A volte li istruisco su come creare il giusto packaging, come curare la comunicazione del prodotto, come gestire il prezzo e la distribuzione… spesso all’inizio queste cose non si sanno. Io li aiuto a farsi conoscere e a capire quale può essere la reazione del pubblico. Nello studio di Giovanni ci sono ben due computer e sapendo che lavora molto con i giovani, gli chiedo qual è il suo rapporto con i social network.
Io sono vecchio [dice alzando le spalle] non riesco a stare dietro ad Instagram o altri social! Però uso molto Facebook, perché mi sembra un buon compromesso: sai con chi parli, c’è quasi un rapporto diretto con le persone ed i clienti che mi contattano online e poi vengono a vedere il negozio. Devo però ammettere che non mi piace molto mischiare la vita privata con quella pubblica, ma ormai l’ho accettato, anche perché il mio nome è il mio brand! In passato mi sono chiesto se dare un nome a tutto, ma alla fine, dopo vari tentativi - come fork in progress - ho deciso che va benissimo così. Da giovane non si ha la mentalità e la maturità di capire cosa è meglio per te anche a livello di visibilità. Io mi chiamo Giovanni Scafuro, ora che sono grande lo posso dire e posso anche dire di essere un’artista. Forchetta, cucchiaio, adesso anche i coltelli…prima di concludere gli chiedo se si è mai chiesto cosa farebbe se un giorno, anche tra dieci anni, si innamorasse di un altro oggetto. Lui quasi mi interrompe con una fragorosa risata che anticipa la risposta. Ma anche tra due! Ogni volta che scopro una posata nuova so già che ce ne sarà un’altra, è sempre stato così.
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Dunque del passato mi sarebbe piaciuto lavorare con Leonardo, perché era sia artista che inventore. Ah, anche con Einstein! Non è propriamente legato all’arte, però sarebbe stato sicuramente interessante conoscerlo. Mentre una persona con cui lavorerei oggi è Anish Kapoor che mi piace molto, in più ammiro moltissimo i miei due colleghi Paolo Ulian e Massimiliano Adami. Sono davvero dei geni!
Sai in quanti mi hanno chiesto “ma quante cose potrai mai fare con una forchetta?”. Io rispondo con uno studio pieno di oggetti difficili da immaginare; questi sono la prova che un giorno ne creerò altrettanti. Il meglio deve ancora venire, si dice, ma io nel frattempo cerco di divertirmi il più possibile nel realizzare i miei lavori. Penso alla forchetta che farò, ma penso anche a quella che sto facendo e a quelle che ho fatto e che mi hanno portato qui. Fuori dalle finestre dell’atelier, le persone continuano a camminare veloci, suonano i clacson delle loro auto, urlano all’autobus di fermarsi. Lentamente Milano mi riporta alla sua frenetica realtà, quindi per finire, mi tolgo una curiosità e chiedo a Giovanni con quale artista gli piacerebbe collaborare (del passato o del presente). Lui accende la radio e lascia che la musica jazz si diffonda per tutto lo studio, lì dove le sue opere sembrano ascoltarci incuriosite.
Giovanni dice che artisti si diventa e che gli errori servono sempre. Sicuramente la strada che lo ha portato fino a Milano oggi lo premia con uno studio che per qualità e originalità si distingue tra quelli presenti nella zona. Insieme al talento c’è anche uno spirito imprenditoriale che si è evoluto negli anni e che gli ha permesso di costruire una carriera solida e duratura. Sono artisti come lui che rendono Milano ancora più attrattiva per gli amanti dell’arte e della cultura. Persone che con la loro passione, le loro mostre e workshop, danno un importante contributo alla vita della città.
Tutte le opere di Giovanni Scafuro su: www.giovanniscafuro.it
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FOOD
È tornata la #MilanoFoodWeek. Dallo Showcooking allo Storycooking. di Carolina Remo
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’Orto e gli Storycooking Il 3 maggio Milano Food Week è tornata per l’ottava edizione contemporaneamente a Milano Food City. Otto giorni di avventure enogastronomiche per soddisfare curiosità, gola, voglia di festa e di novità. L’agroalimentare e l’enogastronomia rappresentano uno dei principali patrimoni del nostro paese, senza eguali per qualità, storia, eterogeneità e unicità. Specchio dell’eccezionale varietà del nostro territorio, unico al mondo per unione tra biodiversità, cultura e tradizioni locali. Il cibo italiano è diventato anche uno straordinario e fondamentale messaggero di tutto il made in Italy, dei suoi valori e della sua formidabile energia produttiva. Milano stessa è ormai un brand riconosciuto a livello internazionale, centro dell’innovazione, della creatività e della genialità italiane (specialmente nel campo del design, della moda e della comunicazione); a seguito dell’esperienza di EXPO 2015, la città è divenuta protagonista anche nel settore del food. L’interesse a valorizzarne l’eredità - mantenendo negli anni a venire la centralità e l’attenzione internazionale
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sulla più vitale attività economica, fonte infinita di storie e realtà di successo - è quindi responsabilità di tutti. La MfoodW (Milano Food Week) ha raccontato queste storie, i suoi protagonisti e i loro progetti attraverso i temi della tradizione, del cambiamento, della creatività, dell’artigianalità, della sostenibilità, della solidarietà e socialità, coinvolgendo e valorizzando tutte le relazioni che il cibo ha con altri settori e altri mestieri. Il tutto guidato da uno storytelling avvincente, sorprendente ed emozionante, come solo questo universo così variegato può offrire, che ha riportato l’attenzione all’elemento base: il prodotto della terra. Quest’anno la MFoodW ha deciso di regalare al quartiere Tortona Savona un orto urbano realizzato in collaborazione con Coldiretti. Agricoltori, cittadini e commercianti della zona hanno piantato 6 diversi tipi di ortaggi e piante aromatiche simbolo delle sei vie principali del quartiere. A 1200 famiglie della zona Tortona-Savona sono state regalate le corrispettive piante da accudire, far crescere e condividere con l’hashtag #leviedegliorti.
FOOD
L’Orto è stato però solo l’inizio di un nuovo racconto, caratterizzato in questa edizione da un passaggio semantico, ma allo stesso tempo profondamente significativo, dallo showcooking, allo storycooking. Un nuovo concetto che propone in abbinata alla preparazione di un piatto, lo storytelling delle materie prime e del loro territorio di provenienza. In questa occasione il tema dell’orto ha trovato la sua declinazione culinaria: uno squadrone di 11 top chef italiani hanno realizzato delle vere e proprie lezioni di cucina e di territorio, partendo dalle varietà orticole delle loro regioni natali. Gli appuntamenti, tenutisi presso l’headquarter di Milano Food Week hanno coinvolto autorevoli chef come Enrico Bartolini, Luigi Taglienti, Alessandro Negrini, Serena D’Alesio, Andrea Aprea e molti altri provenienti da 11 regioni diverse, delle quali hanno rappresentato tradizioni e terroir. Ad animare la 8 giorni di evento - valorizzando e integrando organizzazioni e territorio cittadino - ci hanno pensato i numerosi food truck, workshop legati al cibo in collaborazione con le più importanti università italiane, contest di barbecue, cene-evento social outdoor ed il primo mercato metropolitano aperto fino alle 21 per incontrare produttori, fare acquisiti ragionati e parlare di orti urbani.
Il Cuore in Tortona e i Fuori Menù Cuore pulsante di Milano Food Week è stata la zona Tortona-Savona, mentre nel resto della città le iniziative affiliate sono state targate “Fuori Menù”. Tra decine di eventi: il laboratorio dedicato ai più piccoli “Tutti nell’orto: coltiviamo insieme!” realizzato dalla Fondazione Catella, il “Milano Barbecue
Contest”, una gara per gli amanti del BBQ o “Latte: che scoperta!”, il laboratorio didattico organizzato dal Museo della Scienza e della Tecnologia; un calendario di eventi e corsi che si sono tenuti presso la Food Genius Academy di viale Col di Lana. In zona Tortona-Savona, l’headquarter inserito all’interno dello Spazio Bergognone 26 è stato caratterizzato da un fitto calendario di appuntamenti: dal viaggio alla scoperta del mondo del sake con ENTER.Sake alla mostra fotografica De Cibo, di ShootFood, passando per il workshop Pastry Kitchen dedicato al tiramisù e a quello con Luigi Caricato per degustare gli oli di Olio Officina. Appuntamenti vissuti all’interno di uno spazio polifunzionale che ha accolto anche una selezione dei prodotti più importanti e distintivi della salumeria italiana promossi dall’Accademia Citterio, i cocktail realizzati con la selezione di spirits di Compagnia dei Caraibi e le grandi bollicine italiane di Trento Doc, senza tralasciare il pairing tra le varie tipologie di birra Leffe e una selezione di formaggi tipici. I grandi eventi di MFoodW Tra i principali eventi che hanno caratterizzato la settimana c’è stato sicuramente l’opening party la sera del 4 maggio presso l’headquarter; degna di nota anche la Street Food Parade andata in scena dal 5 al 7 maggio e dedicata al cibo on the road (con una selezione di interessantissimi food truck). Anche il temporary store di Trento Doc ha reso possibile, dal 4 al 7 maggio, scoprire l’unicità delle bollicine di montagna attraverso Masterclass che hanno guidato il pubblico tra le grandi etichette delle aziende aderenti a Trentodoc. Il Wunder MRKT invece, è stato declinato in Food Edition, una versione inedita del mercato più hype d’Italia, allestito il 6 e 7 maggio presso la Torneria di via Tortona con oltre 100 espositori. È stato invece annullato (causa maltempo) il Pixel Picnic, un evento en plein air lungo 1km di Parco Sempione, dove si sarebbe potuto mangiare in compagnia sul prato più amato dai milanesi. Infine la Cena in Rosso del 10 maggio con Amaro Ramazzotti, ha coinvolto 100 ospiti in una lunga tavolata per gustare i piatti tipici del territorio ispirati alle più importanti sagre italiane. Il closing party di MFoodW “Shake the Chef” è stato un evento unico che ha unito mixology, cucina e musica presso lo storico locale Boccino in via Tortona.
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FOOD
Per comprenderne meglio filosofia e dinamiche, qualche giorno prima dell’inizio della manifestazione, abbiamo intervistato Federico Gordini, fondatore della Milano Food Week e ora socio di Lievita srl, società del gruppo CEV HOLDING che da quest’anno ne ha rilevato lo scettro al fine di rilanciarla e allargarne gli orizzonti nazionali e internazionali.
La Milano Food Week è alle porte, come vi state preparando a questa edizione? Quali sono le tue aspettative e quali le sfide da affrontare a maggio?
È l’ottava edizione di Milano Food Week ma la vivo come una prima volta. Sono cambiate molte cose in questi anni, a partire dal rapporto di Milano con il mondo del food: quando abbiamo iniziato non si intravedeva neppure l’ombra della città che oggi è divenuta capitale della comunicazione, dell’innovazione, del retail e del food nazionale. Di fronte a questi cambiamenti profondi non potevamo che ripensare la nostra manifestazione, attualizzandola. Un esempio di questa scelta è la sostituzione del grande palinsesto di showcooking - che ha caratterizzato la manifestazione fino al 2015, con cucine tematiche sparse in tutta la città - con un selezionatissimo programma di 11 appuntamenti nei quali alcuni tra i più importanti chef italiani, provenienti da 11 diverse regioni, uniranno alla performance in cucina il racconto del loro territorio di provenienza a partire dai prodotti dell’orticoltura locale. Li abbiamo chiamati “storycooking”, un’unione tra lo storytelling e la performance di cucina che riteniamo possa riportare a vivere gli chef come dei grandi ambasciatori dell’identità dell’immenso patrimonio gastronomico del nostro paese, logica conseguenza della straordinaria biodiversità che ci caratterizza.
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Questo passaggio ci ha portato a collaborare solo con grandissimi protagonisti della cucina italiana che hanno realizzato percorsi di grande successo pur non avendo ecceduto nell’esposizione mediatica. Modelli di sacrificio e di amore per la propria professione che riteniamo siano molto importanti da trasmettere ai tanti giovanissimi che affollano le scuole di cucina, spesso attirati da modelli mediatici che rischiano di fuorviarli. Quest’anno l’intervento in prima linea da parte del Comune di Milano, a sostegno della Food Week, rafforza la nostra manifestazione e le consente di aumentare il suo potenziale: nove anni fa abbiamo pensato che solo un grande evento di sistema avrebbe potuto portare a Milano il grande mondo del food italiano e internazionale, questa edizione sarà certamente un ulteriore grande passo verso la realizzazione del nostro obiettivo. Perché nel 2017 è importante parlare di sprechi e di cibi alternativi?
Il tema di una più equa e solidale distribuzione delle risorse alimentari è stato uno dei più importanti spunti di EXPO 2015. Ed è uno dei più preziosi lasciti dell’Esposizione Universale. A mio avviso si tratta di uno spostamento d’attenzione dal dibattito sui problemi al confronto concreto sulle risoluzioni. In questo senso dobbiamo affrontare con grande serietà anche temi che a molte popolazioni occidentali (soprattutto a un popolo come quello italiano che a proposito di food è assolutamente tradizionalista e conservatore) paiono bizzarri come l’entomofagia. Ma al di là dei problemi che toccano paesi lontani non possiamo dimenticare quelli che viviamo a due passi dalle nostre case. L’aumento della popolazione in grave difficoltà economica ha creato - insieme ai cospicui afflussi di migranti registrati negli ultimi anni - una fortissima pressione sulle strutture no profit che si occupano di fornire pasti a chi vive queste
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situazioni di disagio. Una pressione che, in alcuni momenti dell’anno, le fa giungere quasi al collasso. La lotta allo spreco e un’ottimizzazione della canalizzazione dei prodotti di scarto (a partire dagli invenduti della grande distribuzione) verso queste strutture può diventare una risposta molto importante a un bisogno sempre crescente. Ma al di là del profondo ruolo del volontariato, ritengo basilare per integrare risposte concrete a quelle già presenti in campo, il ricorso massiccio a una tipologia di struttura come l’impresa sociale che, pur riscontrando risultati importantissimi in molti paesi, da noi viene vista ancora con un’abbondante dose di scetticismo. Qual è il potere dei media sul mercato enogastronomico? Cosa si nasconde dietro allo scatto di un piatto?
Il potere dei media nel mercato gastronomico è sempre molto forte. L’evoluzione più consistente ha ovviamente riguardato il mondo digitale. Nel 2009, quando abbiamo iniziato il percorso di Milano Food Week, la maggior parte dei food blogger italiani iniziavano i loro percorsi senza nemmeno immaginare di potere raggiungere il grado di opinion leader che in meno di un decennio è stato loro attribuito. Otto anni dopo, i blogger sono divenuti influencer e oggi sono personaggi crossmediali, contesi dalle aziende agroalimentari per la loro capacità di influenzare i consumi. La stampa di settore e la critica enogastronomica mantengono un ruolo molto importante nella comunicazione di settore, innovandosi e reinventandosi per rimanere al passo coi tempi: basti pensare che una delle più importanti pagine dedicate al mondo della cucina e del vino è Gazza Golosa, ospitata da qualche anno (e con grandissimo
successo) dalla Gazzetta dello Sport per una felicissima intuizione del suo Vicedirettore Pier Bergonzi. L’esplosione della food photography è una naturale conseguenza del binomio indissolubile tra smartphone e social network. La qualità delle fotocamere dei telefoni di ultima generazione e la voglia di raccontare le proprie esperienze che caratterizza la gran parte degli utenti dei social network, trova nelle foto un’ispirazione ideale. La gente tende a fotografare i piatti che cucina e quelli che consuma al ristorante a prescindere dal fatto che si tratti di uno gnocco fritto con salumi misti o il piatto ricercato uscito dalla cucina di uno chef stellato. Ciò che conta è l’esperienza che si desidera trasmettere. La foto sostituisce in molti casi le parole; molti uffici stampa sostengono che una serie di scatti di qualità possano addirittura sostituire il classico comunicato stampa da inviare ai giornalisti. In questo senso un approfondimento sugli elementi basici della fotografia del settore può essere d’aiuto sia agli addetti ai lavori che ai semplici appassionati per comunicare con una qualità di immagine decisamente migliore e poter trasmettere in modo molto più forte contenuti ed emozioni.
I numeri ufficiali di quest’ultima edizione saranno comunicati quando ormai il nostro numero sarà andato in stampa, ma valutando la copertura mediatica ottenuta e la partecipazione ai vari eventi, siamo certi che siano state poste delle solide basi per un’importante sviluppo del progetto. Nella speranza che Milano continui ad essere recettiva e predisposta ad accogliere manifestazioni di questo tipo non ci stupiremmo se la Milano Food Week fosse solo l’inizio di un nuovo “Fuorisalone” dedicato a un mondo ancora più da scoprire e valorizzare.
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Tecnologia, arte e design:
un connubio incantevole al Fuorisalone. di Francesca Cagliani
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al 4 al 9 aprile è andato in scena a Milano il Fuorisalone.
La città ha accolto designer, brand, aziende e giovani talentuosi da tutto il mondo, come ogni anno. Gli eventi ufficiali sono stati 1498 dei quali 136 hanno trovato casa in zona Ventura/Lambrate, uno dei distretti più innovativi degli ultimi anni. Anche quest’anno, oltre ad una moltitudine di proposte che spaziavano dal design all’architettura, dall’arte all’esaltazione massima del food, ha giocato un ruolo rilevante anche la tecnologia. Iniziamo da Ikea, che ha preso gli spazi di Officina Ventura 14. All’interno dell’enorme capannone, ci si imbatteva subito in una macchina da stampa davvero singolare. Gli studenti della scuola d’arte svizzera ECAL hanno collaborato con l’ingegnere di robotica e inventore Patric Lüthi per produrre vere e proprie opere d’arte, con tanto di colori ad olio, stampate direttamente dal macchinario su tela. Ma non è tutto. Anche la musica vuole la sua parte ed è proprio in questo ambito che sono entrati in scena i creativi svedesi di Teenage Engineering Soundsystem, che hanno dato vita a una performance artistica del suono, grazie alla partecipazione del pubblico. Dulcis in fundo Björn Block, Business Leader dell’assortimento Home Smart di Ikea, ha tenuto una conferenza per raccontare tutti i dettagli relativi ai
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basilgreenpencil.com
nuovi progetti di domotica per realizzare una casa “intelligente” grazie alla tecnologia wireless. Dopo Ikea è il turno di Simone Micheli, architetto di fama internazionale che, nel 1990, ha fondato l’omonimo Studio d’Architettura e nel 2003 la società di progettazione “Simone Micheli Architectural Hero” con sede a Firenze, Milano, Dubai, Rabat e Busan.
IKEA, East Market in via Ventura
interes
tingnes
ss.tum
blr.com
Nel distretto di Ventura Lambrate ha ricreato uno spazio futuristico per far vivere un’esperienza sensoriale davvero particolare, che ha permesso agli spettatori di scoprire, attraverso il mondo digitale e una riproduzione virtuale, i dettagli del progetto (3S) X THd: three suites for TownHouse Duomo. Un visore ha permesso di conoscere tutti i dettagli delle suites che diventeranno reali nei prossimi mesi, all’interno nel prestigioso Townhouse Duomo di Milano.
Teenage Engineering Soundsystem
Andiamo oltre. Il tema green, che ha sempre un ruolo fondamentale anno dopo anno, è interpretato in modo anomalo e curioso dagli olandesi Pikaplant. Hanno inventato infatti un innovativo metodo di mantenimento delle piante da interno, grazie ad una tecnologia applicata a un vasetto di vetro che permette di mantenerle sempre perfettamente innaffiate.
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In esposizione si potevano osservare delle piantine di caffè che si autoalimentavano esclusivamente tramite l’effetto della condensazione. Di grande fascino anche le cucine monolitiche firmate Minimal, brand veneto che propone una soluzione d’avanguardia che trasforma il piano cucina, completo di tutto, in un solido perfetto che cela la tecnologia dedicata a chi ama i fornelli senza però trascurare il design. Tutto ciò grazie ad una tecnologia che prevede lo scorrimento di un solido piano il legno.
100 case history e video interviste sul tema della relazione tra hi-tech, design e società. Al centro della stanza principale l’installazione della tedesca Maria Yablonina che, attraverso tre robot in azione, prevedeva la costruzione di strutture articolate in continua mutazione, con una sorta di ragnatela lunghissima. I robot, compattabili dentro una valigia per essere comodamente trasportati, erano dotati di una tecnologia che permetteva il movimento tramite sensori ambientali.
Sempre all’interno della “Black House” di via Ventura Si è rinnovato anche 15, un cubo nero, chiamato nell’edizione 2017 dArk CUBE, ha accolto la l’appuntamento con Logotel, tecnologia Dyson. Pikaplant © LikeMi la Service Design Company di via L’installazione, progettata dagli Ventura 15, dove ha trovato casa Post architetti Cristian Russo e Marco Pietro Human - When Technology Embeds Society, Ricci, prevedeva l’ingresso in uno spazio totalmente a cura di Susanna Legrenzi e Stefano Maffei, con oscurato ad eccezione di due luci, una esterna e una
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arredativo.it
Post Human, When Technology Embeds Society
interna generata dalla potente luce della lampada CSYS™, che utilizza la tecnologia di raffreddamento del condotto termico, preservando la luminosità dei LED.
Dulcis in fundo, come ogni anno, non si può non concedersi una visita negli spazi firmati Catellani&Smith, alla Casa della Luce in via Ventura 5.
A completare il tutto due potentissime lame d’aria con una potenza pari a 690 Km/h (grazie alla tecnologia Airblade™) che permettono di asciugare le mani dopo il lavaggio in soli 12 secondi. Al numero 1 di via Oslavia un’altra installazione che ha messo la tecnologia al centro di tutto: Tube Lamp Clock di Lambert Kamps che, con il suo ticchettio, ricordava un enorme orologio digitale.
Quest’anno è andata in scena Resonance, di Enzo Catellani, un’installazione che ha perfettamente mixato luce, buio e musica. L’installazione nella sala principale, ha visto l’impiego di dischi rivestiti di foglia d’oro e illuminati da micro LED posizionati a varie altezze. Con questo progetto Enzo Catellani ha voluto rendere omaggio al sole e al calore che esso sprigiona.
Tube Lamp Clock di Lambert Kamps © LikeMi
Il movimento, generato da trenta lampade tubolari-pneumatiche, permetteva una continua e ipnotizzante trasformazione di forma.
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VOCE ALLE P.A.: IL COMUNE DI MILANO
Sportello Unico Eventi di Milano:
un passo avanti per le aziende e per la città. Della Redazione
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ocus ON ha le sue radici a Milano. Vuoi per nascita o per adozione, il cuore pulsante del magazine si trova a pochi passi dal moderno quartiere City Life e di conseguenza, vive a pieno i ritmi e le attività del capoluogo lombardo. Siamo fieri delle nostre collaborazioni con colleghi di ogni parte d’Italia e crediamo che il dialogo ed il confronto porteranno nuova linfa al nostro progetto editoriale. Allo stesso tempo però, ci sentiamo inevitabilmente portatori di interesse della grande città meneghina, sia come milanesi, di vecchia e nuova generazione, che come veri e propri city users. Nel nostro essere interlocutori nel panorama degli eventi parliamo ad aziende e manager italiani, portando loro un punto di vista chiaro e competente su una realtà in continua evoluzione.
comune.milano.it
Palazzo Marino, Milano
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VOCE ALLE P.A.: IL COMUNE DI MILANO
Per questo motivo, congiuntamente al nostro legame con Milano e con il territorio nazionale tutto, vogliamo essere parte attiva della conversazione che vede coinvolta la Pubblica Amministrazione milanese ed il mondo delle imprese. Alla nostra volontà di contribuire ad un cambiamento che sentiamo vicino, ha risposto la Dott.sa Patrizia Aversano, Dirigente dello Sportello Unico per gli Eventi di Milano, che ci ha accolto nel suo ufficio per parlare dei progetti che il Comune ha in cantiere per la città e per chi la vive.
Dott.sa Aversano, grazie per questa opportunità. Lei è responsabile dello Sportello Unico per gli Eventi di Milano, uno strumento essenziale per gli addetti ai lavori del mondo degli eventi. Da quale necessità è nato il progetto e qual è il suo fine ultimo?
Lo Sportello Unico nasce sulla base di una sperimentazione effettuata durante il periodo di EXPO 2015. Nel corso dell’Esposizione Universale ci siamo trovati a gestire tantissime autorizzazioni e permessi, e questo ci ha portato ad interrogarci sul modo migliore per velocizzare i processi. È emersa quindi la necessità di creare uno sportello consulenziale che si occupasse di accompagnare l’organizzatore di un evento nel percorso autorizzativo che ahimè, all’epoca, era frammentato. Infatti chi doveva presentare un’istanza per organizzare un evento doveva interfacciarsi con tanti uffici diversi. Da qui è nata l’idea di realizzare uno Sportello che potesse guidare e al tempo stesso facilitare le relazioni con gli uffici comunali e con alcune società partecipate. Dopo EXPO i numeri sono stati positivi, ci sono stati tantissimi organizzatori che hanno utilizzato lo Sportello e con la nuova amministrazione [del Sindaco Giuseppe Sala, n.d.r] siamo passati ad una
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nuova fase di potenziamento che ha riguardato non solo l’aspetto consulenziale di qualità, ma anche la razionalizzazione del rilascio dei provvedimenti, concentrati in un unico settore. Lo Sportello si occupa del rilascio dell’80% dei provvedimenti quali quello per la concessione del suolo pubblico, licenza di vendita, di somministrazione e di spettacolo. Oltre alla consulenza e alla razionalizzazione, lo Sportello ingressa le pratiche relative al rilascio dei provvedimenti anche di altri settori connessi agli eventi attraverso lo stesso sistema, sebbene non siano di sua diretta responsabilità. Oggi stiamo facendo sistema riorganizzando all’interno dei nostri uffici lo sviluppo informatico. Precedentemente, gli uffici usavano sistemi diversi - o non li usavano affatto; abbiamo quindi deciso di usare un unico applicativo interdirezionale dove tutto ciò che è attinente ad una determinata procedura viene registrato. La mia Direzione che rilascia tutti i provvedimenti finali e può controllare in ogni momento a che punto è una pratica, anche se il provvedimento finale è in capo ad un’altra Direzione. Nel futuro vorremo estendere questa opportunità anche agli operatori del mondo degli eventi. Abbiamo sposato un applicativo che già veniva usato per la concessione del suolo e con il supporto degli informatici abbiamo aggiornato un po’ tutto: se prima c’era solo il suolo, oggi abbiamo in fase di collaudo anche la sfera dello spettacolo, del rumore e dei municipi. Dopo aver attivato un sistema unificato, vogliamo facilitare all’organizzatore la presentazione delle pratiche, per cui il secondo progetto è quello del modulo online: contiamo di poter consentire alle aziende la compilazione del modulo dell’istanza in rete entro l’anno. Lo Sportello Unico sta vivendo una spinta propulsiva molto forte, più che in altri settori dell’attività municipale. Secondo lei qual è il merito di questo successo?
VOCE ALLE P.A.: IL COMUNE DI MILANO
MODELLO OSAPi PER GESTIONE PROCESSI EVENTI
SUE - Sportello Unico Eventi
PA R E R I Legenda stato OSAPI:
POLIZIA LOCALE
In uso In fase di collaudo
VERDE
Da sviluppare
C.C.V.
OSAPi SIT
PGWEB - Protocollo
Ge. Ri. - Riscossione
Aggiornamento al 17/05/2017
Diagramma di processo per unificazione del sistema informatico (Patrizia Aversano)
L’input è stato sicuramente molto sentito, specialmente da parte del nostro Sindaco e del Direttore Generale, la Dott.sa Arabella Caporello. Dal momento del suo insediamento la Dott.sa Caporello mi ha comunicato la sua idea sullo Sportello Unico e dal confronto con lei è nato il progetto. Io sono incardinata nella Direzione Generale, non ho un Assessore di riferimento perché abbiamo volutamente “accorciato la linea” ed essere di supporto trasversalmente a tutti gli Assessori.
di un servizio; tant’è che collaboriamo con il Politecnico di Milano per individuare altre modalità di semplificazione per l’utente. Vorremmo, e ci stiamo lavorando, che un giorno gli organizzatori possano realizzare la progettazione degli eventi on-line utilizzando il nostro geoportale. Alla base di tutto questo, dei progetti e del cambiamento, c’è la volontà dell’intera struttura di trasformare l’atteggiamento e la logica, in qualcosa di maggiormente propositivo.
Naturalmente questo cambiamento va di pari passo con quello di un’intera mentalità, specialmente da parte dei miei colleghi. Nel mio team lavorano circa 22 persone e facciamo tutti uno sforzo per cambiare registro, per superare la semplice ottica dell’adempimento e seguire la logica dell’ erogazione
Secondo lei come ha fatto il Sindaco ad instillare questo cambiamento ad una struttura che, come le Amministrazioni Pubbliche, è rigida per definizione?
Sicuramente il Dott. Sala ci ha motivato molto, noi in più abbiamo la fortuna di conoscerlo bene perché è
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VOCE ALLE P.A.: IL COMUNE DI MILANO stato Direttore Generale del Comune di Milano prima di essere Amministratore Delegato della società EXPO. È una persona di cui la struttura conosce e apprezza lo stile e la leadership e che soprattutto condivide il suo pragmatismo. Questo ha fatto la differenza. Pragmatismo e coerenza con la mission stanno traghettando la struttura verso il futuro, Milano sta cambiando in positivo sulla scia di EXPO…
Certamente l’Esposizione Universale ha portato sulla città una grande attenzione a livello internazionale, il turismo è aumentato ed è un momento favorevole per Milano che può posizionarsi in un certo modo sfruttando il fermento culturale che si respira per le strade e che viene alimentato da aziende e associazioni. A proposito di aziende, privati e stakeholder, voi come Sportello Unico cosa vi aspettate dagli interlocutori per facilitare questo percorso evolutivo? Cosa vi piacerebbe che percepissero da voi e in che modo vi possono aiutare?
Sicuramente ci aspettiamo due cose: confronto e rispetto reciproco. Noi stiamo facendo molti sforzi per ascoltare le aziende e cerchiamo in tutti i modi di venire incontro alle loro esigenze. Sappiamo che ce ne sono sempre di nuove e che forse non siamo ancora all’altezza di rispondere a tutto ciò che ci viene richiesto. Per questo stiamo lavorando alla semplificazione dei processi e alla riduzione delle tempistiche. Dall’altra parte chiediamo rispetto, ovvero di vedere l’impegno che stiamo mettendo in tutto questo e di andare oltre l’immagine della Pubblica Amministrazione buona a nulla, perché siamo orgogliosi delle competenze e dei professionisti che lavorano qui. Crediamo fortemente che questa sia proprio la base sulla quale costruire un rapporto solido e duraturo. Il lavoro che è stato fatto dal Comune negli ultimi due anni ha quasi scardinato l’idea “vecchia” di Amministrazione locale.
Gli sforzi sono enormi, anche perché spesso siamo imbrigliati in normative che siamo tenuti a rispettare.
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Nonostante questo c’è un tentativo da parte di molti di noi di cercare di trovare la soluzione migliore, per tutti. Quello che Milano ha anticipato è molto sentito anche in altre zone d’Italia, come a Roma per esempio; dove le aziende cominciano a richiedere un maggior numero di servizi che non sempre è facile ricevere dalle Amministrazioni della Capitale. Cosa fare per coinvolgere maggiormente gli stakeholder delle varie città?
Sicuramente bisogna sostenere di più il mondo dell’associazionismo, nel senso che le piccole associazioni – che sono tante, direi un vero e proprio tessuto vivo del nostro territorio – hanno bisogno di un supporto diverso, anche sotto il profilo di “accompagnamento” perché sono un po’ perse in un mondo tanto complesso. Per cui ci vuole sicuramente un’attenzione particolare a questi soggetti. Agenzie ed aziende hanno necessità diverse ed entrambe possono portare un grande contributo per le città ma anche per le piccole imprese. Cosa ne pensa di un meccanismo ipotetico che vede queste ultime impegnate durante le settimane meno “affollate” della città, in modo che possano rendere Milano sempre attrattiva anche attraverso eventi di portata minore? Può funzionare?
In Comune c’è un’attività molto forte da parte degli Assessori che hanno tutti la delega sugli eventi, che quindi si occupano di elaborare dei palinsesti per la città, sollecitando anche il mercato nelle figure di agenzie, aziende e associazioni; in secondo luogo entra in gioco lo Sportello Unico che si fa strumento di attuazione amministrativa dell’evento e facilitazione per la realizzazione dello stesso da parte degli organizzatori. L’idea della suddivisione delle attività cittadine in settimane tematiche, quanto impatta lo Sportello Unico rispetto ai momenti dell’anno in cui non ci sono eventi che coinvolgono l’intera città?
Tenga presente che solo durante la settimana del Fuorisalone abbiamo rilasciato circa 600 provvedimenti. Questo numero dice molto.
VOCE ALLE P.A.: IL COMUNE DI MILANO Sicuramente rispetto l’anno scorso c’è un trend di crescita importante, direi quasi esponenziale da un anno all’altro. Questa divisione in settimane impatta moltissimo sul nostro lavoro e ci mettiamo in prima linea per razionalizzare le tempistiche per provvedimenti deliberativi, rilascio dei pareri dei vari settori etc. proprio perché c’è una concentrazione molto alta. E per quanto riguarda la qualità? Cosa ci può dire dei progetti che state ricevendo in questi ultimi tempi?
Ho notato maggiore qualità, sì. In più, i progetti che riceviamo sono sempre più articolati. Alle spalle di questo percepisco molta, moltissima creatività. Mi sento di dire che in questi due anni ho visto un’esplosione di creatività, oltre ad una grande intelligenza da parte degli Assessori nel saperla incanalare in palinsesti settimanali tematici sempre coerenti con la mission della struttura. Il Comune sta seguendo bene le imprese e le imprese seguono bene il Comune. Secondo lei questa creatività e complessità dei progetti può essere data dal dialogo tra le parti coinvolte e dalle risposte che gli organizzatori ricevono dalla Pubblica Amministrazione?
Sì. C’è una sensibilità nel mantenere creativa e vivace Milano e c’è uno sforzo da parte della struttura di tenere il passo, cercando quindi di dare risposte e fornire servizi, entrambi fondamentali.
Le opportunità offerte dalla digitalizzazione per noi sono complementari all’attività dello Sportello che rimane il fulcro per tutti gli interventi di supporto e accompagnamento. La sua funzione è importantissima, in quanto fornisce un primo momento di consulenza. È il secondo passo ad essere facilitato dal digitale, cioè quando gli organizzatori tornano allo Sportello per presentare
La conversazione sul rapporto sempre più stretto tra le amministrazioni ed il mondo degli eventi è molto viva e porterà la città ad evolversi sempre di più, rendendo i suoi processi più semplici e alla portata di tutti, anche di realtà straniere. È importante far sì che le procedure siano più attivabili e immediate, e ci sentiamo di dire che oggi è molto più facile di qualche tempo fa. Il progetto ExpoInCittà del 2015 è stato un primo risveglio di Milano, ma con un insieme sempre più ampio di interlocutori, rimane l’interrogativo su come verrà gestita l’evidente necessità di un controllo super partes. Siamo d’accordo con la Dott.sa Aversano nel dire che il sistema dovrà funzionare anche sotto questo punto di vista e speriamo di poter affrontare l’argomento anche in futuro, nella certezza che con il tempo, sia il Comune che il corpus di aziende con le quali la struttura andrà a collaborare, cresceranno e si consolideranno come entità promotrici di confronto, dialogo e rispetto reciproco. La possibilità che ci è stata data di interloquire con la Dott.sa Aversano è un’importante prova che il canale di comunicazione con Milano esiste e deve essere utilizzato. La città è a disposizione per ascoltare e supportare tutti coloro che vogliono contribuire a farla crescere in termini di attrattività e di reputazione; affinché tutti possano essere orgogliosi di sentirsi milanesi (di nascita o di adozione). it.pinterest.com
Sicuramente la possibilità di avere un unico sistema informatico e di appoggiarsi alle tecnologie aiuta a tenere le fila dei vari processi. Lei ha citato, in apertura di discorso, che il confronto è indispensabile per la crescita; questa digitalizzazione del sistema non rischia di allontanarsi dalla conversazione e dal quotidiano?
l’istanza allegando tutti i documenti necessari: questo è il momento che può essere bypassato dalla digitalizzazione.
Palazzo dell’Arengario, piazza del Duomo di Milano
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VOCE ALLE AZIENDE: IGP DECAUX
Out Of Home sempre più Live: la Comunicazione prende vita in strada! di Dario De Lisi
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a qualche anno, specialmente dopo EXPO, Milano organizza tutte le sue attività attraverso la pianificazione di settimane tematiche. Abbiamo da poco vissuto quella dedicata al Design, seguita da quella per il buon cibo e molte aziende si sono mosse per cogliere le importanti opportunità che questo genere di eventi portano in termini di affluenza di pubblico e soprattutto di visibilità. Dal 2016 IGP Decaux - numero uno nella comunicazione esterna in Italia - ha deciso di affrontare il mercato degli eventi e della Live Communication, dando vita ad una Business Unit dedicata (LIVE). Abbiamo avuto il piacere di intervistare Benedetta Arlati, Creative and Live Solutions Manager di IGP Decaux.
abbiamo deciso di iniziare a gestire non solo gli spazi a noi più vicini (come pensiline, stazioni e mezzi di trasporto) ma anche le piazze in cui questi giacciono o si muovono. La divisione non si occupa di nient’altro: si concentra esclusivamente sulle forme di attivazione per la strada.
Cosa vi ha portato a prendere la decisione di aprire una Business Unit dedicata alla Live Communication? Come giudicate il suo primo anno di attività?
L’elemento Digital è sempre più presente nel mercato degli eventi, viene richiesto sia dai clienti che dai consumatori. Qual è il vostro rapporto con le nuove tecnologie? E come vi organizzate per portare il digitale in città?
Il primo motivo che ci ha spinto ad aprire Live è legato al fatto che vediamo nell’operazione di strada il naturale prolungamento del nostro prodotto. Da sempre gestiamo la comunicazione esterna e in movimento, e per questo riteniamo di avere una conoscenza ed una dimestichezza solida e radicata nel trattare il mondo outdoor. La seconda ragione è che abbiamo avuto modo di riscontrare - poiché la divisione è già attiva in Francia e Inghilterra - che anche in Italia c’è un grande interesse da parte dei clienti ad allargare i progetti di comunicazione che riguardano la strada. Quindi, con un’attenzione da parte loro e del mercato,
Il Digital è sicuramente importante, credo che le immagini dell’evento “Inferno” che abbiamo organizzato a Firenze stiano ancora girando in rete. Così come quelle del progetto Shibuya gestito per Fastweb, dove abbiamo personalizzato la stazione della metropolitana Moscova di Milano trasformandola in una tipica giapponese. La campagna allestita nel mese di gennaio del 2011 ha vinto due Leoni a Cannes nel giugno dello stesso anno ed ancora vive online. Per cui mi sento di dire che la componente digitale è importante nei nostri eventi nella misura in cui oggi il digitale fa parte della vita di tutti. È naturale che se qualcosa
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VOCE ALLE AZIENDE: IGP DECAUX
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VOCE ALLE AZIENDE: IGP DECAUX
colpisce l’attenzione, incuriosisce, fa ridere o riflettere, le persone la fotografano e la condividono; noi di IGP Decaux non vediamo questo elemento particolarmente attivo su uno specifico evento, o operazione Live, lo sentiamo vivo su tutto ciò che facciamo. Per esempio, durante la Milano Food Week, per il brand Caffè Borbone, abbiamo allestito i tram milanesi con arredi del Settecento e portato a bordo personaggi vestiti nella moda dell’epoca che hanno fatto provare il caffè ai passeggeri. Questa attività crea in modo spontaneo una reazione digitale importante. Noi non prevediamo un cambio di strategia, ma ci auguriamo che anche grazie a Live, le attivazioni dall’asset digitale possano aumentare. Considerando le settimane tematiche milanesi, quanto può questo atteggiamento essere un’opportunità per IGP Decaux?
Il calendario di eventi di qualsiasi città è sicuramente una grandissima opportunità per Live.
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Il fatto che il Sindaco Sala abbia deciso di intraprendere un percorso di gestione della città come se fosse un palinsesto televisivo secondo me è coerente con il proliferare di divisioni Live; specialmente qui, dove in questo momento ogni vagito di idee dà vita ad un trend. Milano è molto ricettiva, molto fertile. Uno dei drive di Live è che sfruttiamo sia il calendario tradizionale, vedi la festa della Mamma, Natale, Pasqua etc. che il palinsesto di eventi della città. La Design week è stata una grande occasione, così come la settimana del Food, lavoreremo anche su Milano Piano City… la nostra volontà è quella di poterci collegare ai palinsesti di tutte le città italiane, ma non tutte sono arrivate allo stesso livello di evoluzione di Milano e non tutte hanno il suo stesso potenziale. Secondo voi questo potenziale è dato da una strategia ampia o semplicemente da cause esogene che si sono mischiate un po’ per caso?
VOCE ALLE AZIENDE: IGP DECAUX
Io credo che a monte di tutto questo ci sia la grande crisi economica che ha portato tantissime richieste a Milano, Roma e Napoli. Se un tempo avevamo richieste che consideravano fino a 100 comuni, ora il numero è diminuito di molto. Questo è dovuto ad una maggiore attenzione ai costi e a dove si investe per comunicare. Di conseguenza, le città che hanno continuato a comunicare si sono inevitabilmente sviluppate più delle altre, perché i consumi sono cresciuti, il consumatore è più stimolato…è un po’ un cane che si morde la coda, ma in modo virtuoso. Poi ci sono anche città particolarmente belle dove però è difficile gestire il suolo pubblico, vedi Roma per esempio. Per cui anche i clienti si disinnamorano. A Milano troviamo un ambiente giusto per le nostre attività di Live. Per noi la gestione di un evento per la strada è come la messa in opera di una pensilina; questa è un elemento di arredo urbano che serve per fare una “coccola” alle persone che aspettano il tram. Si aspetta stando seduti, in un ambiente protetto…l’idea è proprio quella di un arredamento per la città. Anche i nostri eventi devono rispondere a determinati canoni estetici, di sicurezza, di certificazione e di tutela degli interessi dei cittadini che sono molto importanti. Quando vediamo delle installazioni un po’ improvvisate in giro per la strada, non ci preoccupiamo tanto che siano a norma, ma rimaniamo stupiti. Perché è vero che la strada è di tutti, ma ciò non toglie che debba diventare una giungla. In merito alla disponibilità del suolo pubblico, il rapporto con le amministrazioni, le loro capacità di cogliere le opportunità diventando un punto di riferimento per privati e aziende, è qualcosa che in Milano trovate come valore differenziale, oppure che bisognerebbe dare per scontato perché è così che dovrebbe essere?
Noi abbiamo da sempre rapporti molto solidi con la Pubblica Amministrazione degli oltre 100 comuni in cui operiamo. Con la divisione eventi, sia per Firenze - quando abbiamo dovuto installare lo schermo ad acqua sull’Arno - [evento Inferno n.d.r] che per altre operazioni in cantiere a Napoli; abbiamo notato che il rapporto è diverso con ogni città e lo sono anche le persone con cui dobbiamo relazionarci.
A noi però fa estremamente piacere vedere che c’è una procedura da seguire. L’importante è che non ci sia un proliferare di mercati arrangiati o di bancarelle chiassose; siamo consci che il patrimonio italiano a nostra disposizione sia assolutamente da tutelare e da gestire al meglio. Per cui la possibilità di occupare il suolo pubblico con un brand non deve essere abusata, siamo felici che ci sia un filtro ed un metodo dietro tutto questo. Ci auguriamo allo stesso modo che questa regia sia ben osservata, che sia reale, sempre. IGP Decaux nel mondo ha fatto della serietà, della solidità e dell’osservazione delle regole il suo fiore all’occhiello; noi ci impegniamo a mettere per strada un prodotto che sia all’altezza, per esempio, delle pensiline di Norman Foster che troviamo in giro per Milano. Gli azionisti hanno voluto aprire la divisione Live ma questa risponde sempre ai canoni di IGP Decaux come innovazione, design, rispetto e trasparenza. Quanta “distanza” trovate ci sia tra Milano e altre città internazionali in cui siete presenti, per quanto riguarda il raggiungimento di una capacità recettiva o di approccio ad eventi e attività di attivazione sul territorio?
Io credo che il gap maggiore, che ancora devo riuscire a colmare, riguardi il posizionamento della divisione Live di IGP Decaux in uno scenario competitivo molto ricco. Io mi trovo a dialogare con grandi realtà, strutturate e presenti sul territorio con un know-how degli eventi sicuramente maggiore di quello che ho io. Ovviamente per noi è molto più semplice organizzare uno straordinario evento in una stazione metropolitana che non in una piazza. Non credo che la distanza sia riconducibile alla Pubblica Amministrazione, quanto più all’expertise e all’identificazione che il mercato ha di IGP Decaux come partner. Grazie anche alla Milano Food Week siamo riusciti a creare dei rapporti con clienti nuovi e rafforzare quelli con i più storici. Stiamo creando delle partnership importanti e speriamo di portarle avanti anche nei prossimi anni.
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MICE NEWS
Novità e curiosità dal mondo. di Mario Saccenti
hotel-resort-frenchriviera.com
Beachcomber French Riviera, Costa Azzurra, Francia
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ulizia e cortesia in hotel Cos’è più importante in un hotel? La pulizia, il wi-fi o la piscina di lusso? I clienti di Hotels.com sembrano non avere dubbi: la pulizia e il comfort. Il dato emerge da una capillare analisi condotta dalla piattaforma su 148 milioni di commenti estrapolati da più di 5 milioni di recensioni degli ospiti. I risultati della ricerca, riassunti in una formula matematica, dimostrano come la pulizia risulti 35 volte più importante di una colazione sontuosa, di una piscina di lusso o di una macchina del caffè in camera. Altro dato curioso in un mondo iperconnesso come il nostro è che, per i clienti, la gentilezza del personale sia ben 10 volte più importante del wi-fi gratuito. Terzo fattore imprescindibile per decretare l’hotel migliore è, per i viaggiatori, la comodità del letto: “Dal punto di vista psicologico - spiega Simon Moore, specialista in psicologia del consumatore e responsabile del progetto di ricerca di Hotels.com - i rischi e la mancanza di comodità superano di cinque volte gli aspetti positivi, quindi non sorprende che i viaggiatori prestino maggiore attenzione ad aspetti fondamentali come comodità e pulizia, rispetto a piscine o ristoranti di lusso”.
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Hotel: customer care e social Si chiamano ‘Live’ e non sono interventi dal vivo di qualche youtuber amato dai ragazzini, ma sistemi particolari di customer care che le grandi catene alberghiere hanno attivato per rispondere in tempo reale alle esigenze dei clienti. Esigenze che vengono ‘raccolte’ in maniera particolare: monitorando in tempo reale i post dei clienti presenti o futuri sui social network. Da Taj Hotels e Resorts a Hilton, da Six Senses a Marriott, tutti i grandi gruppi hanno più di una task force che monitora i post dei clienti. E lo sforzo è imponente: secondo il Corriere della Sera, la sola Marriott ha una ‘M-Live’ a Bethesda che copre gli Stati Uniti, una in Florida che si occupa dell’America Latina, una a Londra per l’Europa e una a Hong Kong per l’Asia. Il risultato di questo dispiego di energie è che i clienti Marriott, se postano sui social una lamentela, vengono subito contattati dal personale del loro hotel e il problema viene risolto. Non solo: anche i post che riguardano compleanni, fidanzamenti o altre celebrazioni vengono raccolti dai servizi di monitoraggio per fare sorprese ai clienti, come far trovare in camera una bottiglia di champagne o altri omaggi. Da TTGItalia.com
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magazine.themall.it
Hotel Residence Roccamare, Castiglione della Pescaia, Toscana
Beachcomber French Riviera Il Beachcomber French Riviera è un elegante 4 stelle Superior in Costa Azzurra situato in una posizione strategica, nell’entroterra, tra Nizza e Cannes. L’Hotel è stato ristrutturato lo scorso anno, ha uno stile informal-chic, 155 camere molto spaziose e una gamma di servizi studiati per la meeting industry: 11 sale congressuali tutte con luce naturale (di cui la più grande di 480mq) e splendide terrazze affacciate sulla piscina e sui giardini. Due ristoranti e la terrazza bordo piscina per pranzi e cene fino a 180 persone. La “Cinq Mondes” è una Spa di 700mq con 2 piscine riscaldate, una sala fitness, 4 campi di paddle e ben 34 campi da tennis con la Mouratoglou Tennis Academy a completare l’offerta. Roccamare Il Resort, concepito dall’architetto Ugo Miglietta su commissione di Sofia Loren e Carlo Ponti sul finire degli anni ’60, è collocato presso una pineta secolare, con ampi spazi en plein air a ridosso di un bellissimo tratto di costa a Castiglione della Pescaia. È in atto un profondo restyling di molti spazi, non ultimi quelli del Centro Congressi a luce naturale, con 120 posti a sedere e platea in plenaria.
La capacità ricettiva e di ristorazione supera i 400 ospiti in 209 fra stanze, cottages con patio e appartamenti, con una punta massima di clienti gestiti autonomamente di 700 persone. Attività di team-building di ogni genere, dalle sessioni di Lego Serious Play, alle mini-Olimpiadi sulla spiaggia, dai tornei di tennis alle Master Cocktail Sessions competitive, dalle uscite in quad alle Business Clinics, fino ai Digital Detox Week-ends, la novità di quest’anno. Il livello di servizio è elevato e garantito dall’appartenere ad uno dei Gruppi Alberghieri più importanti in Toscana, Carattere Toscano Hotels & Resorts, che annovera fra le sue strutture anche il Grand Hotel Baglioni di Firenze. Under the volcano: Villa Itria Situato lungo le pendici dell’Etna, nel paese di Viagrande, il Grand Hotel Villa Itria è un hotel 4 stelle di nuovissima costruzione e dotato di ogni comfort. A pochi chilometri dal centro di Catania e dall’aeroporto, il Grand Hotel Villa Itria è il luogo ideale sia per la clientela business che leisure, amanti delle bellezze della natura e del benessere rigenerante. 92 camere, 6 sale meeting con un anfiteatro di 400 posti, una Spa e due ristoranti.
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Hotel Villa Itria, Catania, Sicilia
Il viaggio sulle orme dei film Proporre ai clienti un viaggio basato sulle ispirazioni fornite da film famosi che hanno proprio nel viaggio, nelle sue forme più diverse, il tema portante, potrebbe essere l’idea per diversificare e modificare l’offerta. Le località italiane sono state spesso cornici uniche per pellicole d’autore, noi ne abbiamo trovate alcune in Toscana che vi riproponiamo qui sotto: Castelnuovo Berardenga Una deviazione culturale della strada che porta a Siena e una scusa per far ammirare il panorama delle colline e piccole valli del senese potrebbe essere la visita ai set cinematografici della zona: Bernardo Bertolucci sceglie come set il rustico della Tenuta di Brolio, Villa Spender di San Sano, San Regolo, Castelnuovo Berardenga e Villa Bianchi Bandinelli di Geggiano per “Io ballo da sola” (‘96): un inno alla leggerezza della gioventù con il tripudio della campagna senese sullo sfondo. Protagonista una giovanissima Liv Tyler. La suggestiva location di Villa Bianchi Bandinelli di Geggiano è utilizzata anche da Carlo Verdone per “Al lupo, al lupo” (‘92). Sulle orme del film “Io ballo da sola” la visita alla Villa a Siena
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La vita è bella, un film di Roberto Benigni
MICE NEWS dove la protagonista vivrà un incontro importante per la sua vita. E poi, nel centro di Siena, rivisitare i luoghi in cui Vittorio Gassman diede il meglio di sè ne “La Ragazza del Palio” di Luigi Zampa (‘57) e in Piazza del Campo ripercorrere le gesta di Daniel Craig nel film di James Bond “Quantum of Solace” (‘07). Arezzo e dintorni Un itinerario alternativo potrebbe essere: Arezzo, Cortona e Castiglion Fiorentino, dove Roberto Benigni ha girato gran parte del suo film da 3 Oscar “La Vita è bella”. Arezzo, con la sua bellezza e tranquillità del centro storico, ben si adattava alla rappresentazione del paradiso in terra, da cui la famigliola protagonista viene estromessa con l’avvento della follia razziale. Il rientro su Castelnuovo potrebbe prevedere una deviazione su Montevarchi, location anch’essa de “La Vita è bella” nella famosa villa liberty e sede oggi di un incredibile spaccio: lo Space Outlet di Prada, ricordando magari “Il Diavolo veste Prada”… Infine, sulla strada del rientro, si passa per Cavriglia
dove Alessandro Benvenuti ambienta parte di “Ivo il tardivo” (‘95), storia dello psicolabile Ivo, da alcuni ribattezzato il Forrest Gump italiano, girato anche a Castelnuovo dei Sabbioni, poco lontano da qui. Val d’Orcia Una mezza giornata in Val d’Orcia vale proprio la pena: è bellissima! Sembra di essere in un film! Forse non tutti sanno che Zeffirelli per ambientare il suo “Romeo e Giulietta” del ‘68 non è andato a Verona, ma a Pienza. Costruita per volontà del Pontefice dal quale prende il nome, Papa Pio II, Pienza costituisce un singolare esempio di bellezza, armonia e perfezione architettonica. Le numerose stradine battezzate con nomi suggestivi (via del Bacio, via dell’Amore, …) si affacciano per la maggior parte su scenari paesaggistici mozzafiato. Una di queste è la radura teatro del ritorno a casa de “Il Gladiatore”; un’altra è il percorso de “Il paziente inglese” (‘96) di Anthony Menghella. Da qui fino a Montepulciano; e “Al lupo, al lupo” (‘92) in cui
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Castelnuovo Berardenga, Toscana
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MICE NEWS Carlo Verdone, Francesca Neri e Sergio Rubini, nel percorso tra Villa Bianchi Bandinelli e la Maremma, alla ricerca del padre scomparso, si concedono un bagno notturno a Bagno Vignoni. Ad affiancare tale patrimonio artistico e naturale della Val d’Orcia, il gusto, il profumo ed il sapore di cose antiche. Per esempio a Montepulciano, città costruita lungo una stretta cresta calcarea e circondata da una poderosa cinta muraria. L’imponenza dei palazzi rinascimentali e l’elegante bellezza delle sue chiese s’intrecciano con l’antica tradizione vinicola del “Nobile di Montepulciano”, simbolo enologico della città.
Rotterdam Schiedam, gin o jenever? A poche fermate di metropolitana da Rotterdam c’è Schiedam, cittadina famosa per i mulini e la produzione di gin.
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Le mete obbligatorie per gli amanti della birra Sono quattro e si trovano tutte in Europa. Prima meta da visitare, possibilmente in estate, è Monaco di Baviera. Città nota per l’Oktoberfest, ha dato origine ad alcune delle birre più apprezzate come l’Augustiner, la Paulaner e la Franziskaner. Una produzione ricca, dovuta soprattutto all’influenza dei numerosi ordini monastici presenti a Monaco. Seconda meta must è Dublino, patria della green beer e della birra scura più famosa del mondo: la Guinness. Da visitare tutti i suoi 1000 pub: imperdibili il Temple Bar Pub, The Brazen Head, David Bryne, The Palace Bar e Oliver St.Johns Gogarty. Per trovare il clima migliore meglio recarsi nella città irlandese nei mesi di febbraio, marzo, maggio, luglio e settembre. Heineken, Amstel, Bavaria, Orangeboom e Kwak sono le birre che si possono assaggiare ad Amsterdam. Consigliati locali come In de Wildeman, Pollux, Café Gollem, Brouwerij’t Ij, Café Brecht. Periodi migliori? Febbraio, aprile, maggio, settembre e ottobre. Infine, c’è la capitale d’Europa: Bruxelles. Con le sue 180 birrerie e la sua lunga tradizione produttiva può essere ribattezzata ‘capitale della birra’, da visitare tutto l’anno ad eccezione dell’estate (è particolarmente piovosa). L’elenco delle bevande è infinito, ma tra le più iconiche si trovano la Chimay, Leffe, Stella Artois e la birra all’aroma di fragola “Franboise”. Da visitare assolutamente la Taberna la Becasse, Le Cirio, Cervecería Toone e Au Bon Vieux Temps. Da eDreams
Qui, infatti, ci sono i mulini più alti del Paese (si dice anche del mondo) e alcuni sfiorano i 34 metri d’altezza. Basta camminare lungo il canale Lange Haven e, uno dopo l’altro, si incontrano i cinque rimanenti dei venti originari. Hanno nomi decisamente curiosi - La Nuova Palma, Il Nord, La Libertà, I Tre Fiordalisi e La Balena - e servono ancora a produrre la farina per i prodotti da forno locali. La distilleria più grande di Schiedam è Nolet, che da oltre 300 anni produce ed esporta gin in tutto il mondo. Un’azienda attenta alla sostenibilità, alla qualità e all’arte. Visitare l’azienda è fare un viaggio nel tempo, per scoprire le origini del jenever - il gin olandese prodotto con le bacche di ginepro in infusione - e i mille aspetti del London Dry Gin e della vodka.
Schiedam, Rotterdam
Un mondo a suo modo magico, che porta attraverso la storia di oltre tre secoli per approdare in un presente moderno e all’avanguardia. Poco distante un’altra distilleria che ha qualcosa di speciale. Nei suoi meandri cela uno speakeasy, uno di quel bar clandestini nati durante il periodo del proibizionismo. Per accedervi bisogna acquistare una bottiglia di Loopuyt Gin e scrivere all’indirizzo che si trova impresso sul gettone nel tappo e attendere di essere invitati al bancone del bar ad assaggiare i cocktail preparati da un eccelso bartender. Loopuyt produce un gin dal gusto sorprendente, utilizzando una miscela complessa di erbe, fiori, semi, bacche, frutta e scorze di frutta, creando un perfetto equilibrio di sapori. Come arrivare: Rotterdam è comodamente raggiungibile con 30 minuti di treno dall’aeroporto di Amsterdam, mentre a Schiedam si arriva in 10 minuti di metro da Rotterdam. Dove dormire: il Mainport Hotel è uno splendido 4* che occupa una posizione strategica. A pochi passi dal centro storico, gode del panorama sui canali e della comodità di avere la
MICE NEWS fermata della metro di fronte: fermata Leuvhaven. All’ottavo piano ha una Spa, accessibile solo agli ospiti dell’hotel, dove rilassarsi a fine giornata tra piscina, sauna, bagno turco e massaggi. Da Travelglobe.it Centro Congressi di Melià a Palma Lo scorso primo aprile c’è stata l’inaugurazione del nuovo Palau de Congressos de Palma, il centro congressi che, a Maiorca, sarà gestito dal Gruppo Meliá Hotels International. Un importante avvenimento che coinvolge tutta la destinazione, secondo quanto dichiarato dal Vice Presidente e Chief Executive Officer del gruppo Gabriel Escarrer “sarà il miglior centro congressi del Mediterraneo, con un potenziale tale da far rientrare Palma di
Maiorca nella classifica delle 50 migliori destinazioni per meeting, congressi e convention internazionali”. Il Palau de Congressos de Palma (Palma Convention Centre) sorge a circa cinque minuti dall’aeroporto dell’isola delle Baleari e dal centro di Palma ed è affacciato sul mare. È stato disegnato dall’architetto Francisco Mangado che lo descrive “come un luogo speciale nel quale lo scenario, il mare e il design si uniscono con straordinaria intensità, creando un nuovo centro nevralgico per la città”. Il Palazzo dei Congressi di Palma di Maiorca è composto da diversi spazi ben collegati tra loro. Il Grand Auditorium contiene più di 1.900 persone e può essere diviso in due più piccoli da 1.249 e 729 posti, per ospitare simultaneamente 2 eventi diversi. Lo Small Auditorium può accogliere fino a 462 persone ed è equipaggiato con la stessa tecnologia del Grand Auditorium e collegato alla Exhibition Area. Quest’ultima occupa un totale di 2.340mq. Insieme alle aree lobby, il piano terra del Palau ha una superficie di 3.000mq, con un accesso diretto dall’esterno. Le sale conferenze si trovano al piano superiore, divisibili in 8 spazi indipendenti, ciascuno dei quali misura 80mq. Il Palau de Congressos è collegato all’Hotel Meliá Palma Bay con 268 camere e una Spa di 750mq affacciata sul mare. Da MeetingeCongressi.com
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Centro Congressi del Melia a Palma
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O mia bela madonina… di Davide Verdesca
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he bella la nostra città! Milano è come New York, basta viverci un anno per diventare milanesi.
Tra le prime cose che i nuovi arrivati si trovano ad imparare dai cittadini storici c’è la famosa canzone della “madonina”, tutti riconoscono la melodia e si impegnano a cantare l’ultima strofa: «Tutt el mond a l’è paes, a semm d’accòrd, ma Milan, l’è on gran Milan!» ma in quanti conoscono realmente il significato di questa canzone e ne sanno pronunciare le parole nella corretta fonetica? Io no onestamente. Sono di origini emiliane, e nonostante sia nato e cresciuto a Milano, non posso dire di saper cantare in modo esatto ogni parola (e solo da qualche anno ne ho capito davvero il senso).
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Questa canzone nasce dal cuore dei vecchi milanesi i quali, dopo l’ultima guerra, sono riusciti a veder rinascere la loro città dalle macerie. Nel dramma delle migliaia di perdite umane, hanno vissuto la distruzione della loro tanto amata Milano. Questa canzone popolare ne coglieva il cuore ed i tratti principali, lo spirito e l’amore dei suoi abitanti. «O mia bella Madonnina, che te brillet de lontan; tutta dòra e piscinina, ii te dòminet Milan; sòtta Ti se viv la vita, se sta mai coj man in man.» è un’altra strofa esemplificativa del DNA milanese: sotto la madonnina che brilla in cima al Duomo vive un’intera comunità di grandi lavoratori in continuo fermento e che non stanno mai con le mani in mano. Come non ritrovare in queste parole, il carattere della città e dei milanesi tutti? Oggi Milano è più bella che mai e brilla tutta insieme alla sua Madonnina. Non è neanche più tanto “piscinina” come negli anni ‘50 anche se certamente non si può definire megalopoli come le grandi capitali del mondo, non è neanche la metà di Roma per estensione. La domanda mi sorge spontanea: come è successo tutto questo? Com’è stata possibile questa grande crescita in così poco tempo? Chi l’ha voluto, chi l’ha
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pensato, chi l’ha progettato…e chi l’ha reso possibile? Se ripensiamo alla canzone popolare il primo “imputato” torna subito in mente: i milanesi che non stanno mai con le mani in mano. Sarà vero? È realmente possibile che tutto questo sia successo senza interventi esterni e senza anche tanta fortuna? Al Comune di Milano, alla Provincia e alla Regione Lombardia si sono alternate così tante giunte, persone e forze di potere che stento a credere che ci sia stato un concreto progetto “visionario” sulla nostra tanto amata città. Siamo sinceri: la fortuna ha giocato un ruolo importantissimo. Negli ultimi 10 anni Milano ha spesso avuto il vento in poppa. Certamente con anche grande merito dei suoi manager ma è come quando il Milan stellare di Sacchi vinceva quasi sempre lui… Come posso non essere critico, sebbene sia ovviamente speranzoso, su questo modello di crescita e sviluppo della città? Oggi mi chiedo se anche nei prossimi 10 anni avremo un imprenditore come Manfredi Catella che cambierà il profilo di Milano e ne migliorerà ancora una volta lo Skyline. Oppure se ospiteremo nuovamente una manifestazione planetaria che, comunque vada, farà ammirare la città da tutto il mondo.
CONTROCORRENTE Non c’è stato un regista del progetto complessivo. Non c’è stato un volere superiore che immaginava il punto di arrivo della città. Si è lavorato bene ma non all’unisono, non in coro. E casualmente è andata bene. E che dire delle altre città? Che dire di Roma o Firenze? Forse sono state meno fortunate oltre ad aver avuto manager meno preparati. Eppure, come sanno tutti i Project Manager, l’elemento di rischio non è azzerabile, si può e si deve tentare di minimizzarlo il più possibile. La fortuna è l’elemento positivo nel caos ed il caso non è organizzabile. In un’organizzazione di una città e nella sua progettazione non è possibile limitarsi a sperare ed affidarsi alla fortuna. Questa deve rimanere un elemento in più, la ciliegina sulla torta che non cambia il progetto complessivo. La fortuna può anche non esserci e tutto deve funzionare ugualmente!
È fondamentale ricordare che i progetti sono il vero link di collegamento tra sogno e realtà. Non metto in dubbio che Milano abbia bisogno di sognatori, ma sono certo che necessiti (soprattutto) di persone capaci in grado di realizzarli. Milano è diventata più grande e più bella che mai perché tutti hanno svolto il proprio ruolo, ma anche perché siamo stati tanto fortunati. Questa è la cruda realtà.
Oggi mi chiedo se siamo davvero contenti di essere cittadini di una città fortunata. Pensandoci bene dico: fortunatamente si! Possiamo però continuare a sperare di essere fortunati? Direi di no. Personalmente preferirei affidare la mia città a dei manager preparati, nell’augurio che lavorino insieme ad un progetto visionario ma soprattutto a lungo termine. Se poi i suddetti manager dovessero rivelarsi anche fortunati tanto di guadagnato! Concludo con una citazione altamente intellettuale: “Una persona normale non può permettersi di essere normale”. (Xander Cage)
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ANNO 3 - NUMERO UNDICI - MAGGIO 2017 Registrazione presso il Tribunale di Milano n.140
DIRETTORE EDITORIALE Dario De Lisi DIRETTORE RESPONSABILE Francesca Cagliani IN REDAZIONE Francesca Passoni Mario Saccenti HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Velia Angiolillo, Francesca Cagliani, Sara D’Agati, Niccolò Piccioni, Carolina Remo, Davide Verdesca Chiuso in Redazione il 22 maggio 2017
ART DIRECTION Greta Tremolada
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STAMPA Jona Srl Via Enrico De Nicola 2a/b 20037 Paderno Dugnano (MI) EDITORE SG Srl P. IVA 09005800967 SEDE E REDAZIONE P.le Giulio Cesare 14 - 20145 Milano
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