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AGRICOLTURA AGROALIMENTARE TURISMO RURALE
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Sommario
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Numero Ottobre 2020 Numero 18 10 -- 15 1 Giugno 2021
QUINDICINALE DI AGRICOLTURA AGROALIMENTARE TURISMO RURALE Iscritto all’Albo Cooperative a Manualità Prevalente N.A182952
Editrice
G.Ed.A. Giovani Editori Associati Soc. Coop. Via Alcide De Gasperi 11/13 - 70015 - Noci (BA) Direttore Responsabile Vito Castellaneta Grafica e impaginazione G.Ed.A. Giovani Editori Associati Hanno collaborato Donato Fanelli, Antonio Resta, Rocco Resta, Nicola Trisolini, Paola Dileo, Donatello Fanelli, Rino Pavone, Mara Coppola, Gianvito Gentile, Rosa Porro Raffaele Cicorella, Angela Quatela, Francesco Martella Pubblicità G.Ed.A. Rino PAVONE r.pavone@foglie.tv 380 6328672 Stampa Grafica 080 - Modugno (BA) Registrato al Registro Nazionale della Stampa Tribunale di Bari N. 61 / 06 del 15 / 11 /2006
Copertina
In francia un mld di indennizzi e spinta su polizze contro eventi climatici
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Agricoltura
UILA Puglia “Nel Sostegni Bis una indennità di 800€ ai lavoratori agricoli
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Agricoltura
City Nature Challenge, più di un milione di segnalazioni nel mondo
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Parte uno screening per certificare gli allievi pugliesi
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Da Giulio Cesare e il burro, ai consumi di latte in Italia
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Zootecnia Zootecnia
Agroalimentare
Tutta la Puglia dice NO al vino annacquato dalle multinazionali
Agroalimentare
Lotta allo spreco alimentare
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Agricoltura
Rinnovato il consiglio di amministrazione della BBC Conversano
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Rubriche
Approfondimento (di R. Porro)
Partnership
Approfondimento (Dott. Raffaele Cicorella) Approfondimento (di A. Quatela)
Approfondimento (di P. Dileo) Approfondimento (di F. Martella)
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Agricoltura
1 Giugno2021
UILA PUGLIA, “NEL SOSTEGNI BIS UNA INDENNITÀ DI 800€ AI LAVORATORI AGRICOLI
SONO STATE ACCOLTE LE ISTANZE DEL SINDACATO A TUTELA DI UNA INTERA CATEGORIA “L’indennità di 800 euro in favore dei braccianti ci sarà. Un risultato importante che premia il lavoro svolto in questi mesi e gli sforzi profusi dal sindacato. Possiamo dire di aver vinto una battaglia di equità per tutti i lavoratori agricoli della Puglia”. Così il Segretario Generale Uila Puglia, Pietro Buongiorno commenta le misure approvate in Consiglio dei Ministri in aderenza alle proposte dal Sindacato, inserite nel Dl Sostegni Bis. Nello specifi-co l’articolo 15 prevede una indennità una tantum di 800 euro in favore degli operai agricoli a tempo determinato che abbiano svolto almeno 50 giornate di lavoro nel 2020 e che siano in possesso di determinati requisiti. “Apprezziamo – continua Buongiorno - gli sforzi profusi dal Ministro dell’Agricoltura, Patuanelli che ha svolto un grande lavoro per trovare, di concerto con gli altri Dicasteri, la quadratura economica Lo stanziamento di 448 milioni di euro rende la misura di un impegno importantissimo del
Governo assunto nei confronti di una categoria fragile e precarica. E’ stata altrettanto importante l’interlocuzione tra esecutivo e parti sociali, con i sindacati che si sono spesi per far comprendere la grave ingiustizia perpetrata nei confronti dei braccianti, dimenticati da tutti i decreti che si sono succeduti in questi mesi. Bisognava tornare indietro ai primi Decreti il Cura Italia e al Decreto ristori che previdero un bonus di 600 e 500 euro rispettivamente per i mesi di Marzo e Aprile 2020. Poi il vuoto per oltre un anno. Chiamiamola dimenticanza che è avvenuta nonostante i grandi sforzi dei lavoratori agricoli profusi durante la pandemia per assicurare cibo sulle nostre tavole. Ingiustizia che, fortunatamente, è stata sanata. Alle parole, in questa occasione, sono seguiti i fatti. Ancora una volta l’impegno della Uila porta a risultati tangibili che premiano una comunità di lavoratori che merita più attenzione da parte delle istituzioni”.
DIETA SOSTENIBILE PER LA SALUTE DEI CITTADINI E DEL PIANETA Trasformare la crisi della ristorazione indotta dal Covid in opportunità per le persone ed i territori è l’obiettivo dell’Accordo Quadro stipulato nel 2020 tra l’Università di Bari e Tenuta Pinto, azienda agricola e country house a Mola di Bari che fa parte dell’Ecomuseo del Poggio delle Antiche Ville, in Puglia. Dopo mesi di lavoro intenso, venerdì 28 maggio, alle ore 17.30, a Tenuta Pinto verranno svelati agli addetti ai lavori i primi risultati di questo innovativo progetto di ricerca e trasferimento tecnologico. IL COOKING LAB – E’ il frutto del Dipartimento Interdisciplinare di Medicina e del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Bari (Uniba), dove il cibo si sposta dalla cucina fino al laboratorio di chimica degli alimenti per analizzare le tecniche gastronomiche come operazioni unitarie. L’obiettivo è, in cucina, di modificare in maniera controllata la composizione di materie prime e
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ingredienti, scegliendo i metodi di cottura e preparazione idonei a salvaguardare le molecole salutistiche sin nel piatto, sempre nell’edonismo del mangiare con gusto e soddisfazione. LA NUOVA DISCIPLINA – Il primato di Uniba è sancito dall’International Journal of Food Sciences and Nutrition che, ad ottobre 2019 ha pubblicato il primo lavoro scientifico al mondo su: “The emerging discipline of precision cooking: a suitable tool for the precision nutrition” firmato dai docenti Maria Lisa Clodoveo, Luigi Di Lorenzo, Carlo Sabbà, Antonio Moschetta, Loreto Gesualdo e Filomena Corbo. LA NUOVA RISTORAZIONE – E’ un percorso che porta ad una esperienza autenticamente mediterranea e nutraceutica, filosofia che ha spinto l’imprenditore Domenico Pinto a sottoscrivere l’Accordo Quadro con Uniba e a realizzare un orto sostenibile Leggi l’articolo completo su www.foglie.tv
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Agricoltura
1 Giugno2021
CITY NATURE CHALLENGE, PIÙ DI UN MILIONE DI SEGNALAZIONI NEL MONDO PER LA PIÙ GRANDE INIZIATIVA DI “CITTADINI SCIENZIATI”
È stata una sfida che ha coinvolto 419 città di 44 Paesi del mondo, con più di 52.700 persone che hanno raccolto più di 1.270.000 osservazioni in tutto il mondo, identificando più di 45.300 specie. È la City Nature Challenge, la sfida amichevole globale di raccolta di dati sulla biodiversità e che si è svolta anche in Italia. Quest’anno ha permesso alle persone, bloccate in casa o isolate a causa della pandemia, di riconnettersi con la natura e, allo stesso tempo, di censire a livello mondiale la flora e la fauna selvatica. In Italia hanno aderito 16 città, connes-se alla rete Cluster Biodiversità Italia, con la partecipazione di diverse centinaia di persone: gli italiani hanno realizzato più di 10.200 osservazioni, documentando più di 3.000 specie di flora e fauna selvatica marina e terrestre. L’iniziativa è stata patrocinata dal Ministero della Transizione ecologica.
Attività condotte grazie anche al supporto a livello locale dei gruppi di Wwf Italia, Wwf Young, Aigae, Afni e dei diversi partner locali”.
"Un risultato eccellente raggiunto grazie allo sforzo volontario dei cittadini, dei coordinatori e collaboratori - spiega Alessandra Flore, responsabile del dipartimento di Scienze naturali del Cesab (Centro ricerche in scienze ambientali e biotecnologie) e coordinatrice della chal-lenge in Italia - e soprattutto degli enti che hanno organizzato a livello locale diverse esplora-zioni, tra cui passeggiate in natura, immersioni, attività di snorkeling, escursioni in grotta, ma anche attività di dolphin watching. Tutte attività che hanno permesso ai cittadini di contribui-re a raccogliere dati utili agli scienziati per comprendere lo stato di conservazione della bio-diversità, che è strettamente connesso allo stato di salute dell’ecosistema.
“L’orchidea italica – commenta Flore – anche se abbastanza diffusa sul territorio nazionale, è una specie a rischio come tutte le orchidee sel-vatiche, la cui presenza indica la salubrità del terreno. Anche la lucertola campestre, è tra le lucertole più comuni della penisola italiana, però spesso catturata, cacciata e uccisa, nonostante sia una specie protetta in molte regioni italiane”.
“Una menzione speciale va riconosciuta alla città di Milazzo e al suo ente, il MuMa – Museo del Mare, per il risultato più alto ottenuto in termini di osservazioni e partecipazione tra le città italiane”, aggiunge Antonio Riontino, biologo ambientale e coordinatore della challenge in Italia. A tutti i partecipanti sarà consegnato l’attestato di “Cittadino scienziato” e saranno conferiti i premi ai cittadini che si sono distinti e hanno contribuito a questa iniziativa di scienza partecipata. Fra le specie più fotografate di flora e fauna terrestre la Orchis italica (orchidea italica), e il Podarcis siculus (lucertola campestre).
In ambiente marino, tra le specie più fotografate la Ophidiaster ophidianus (stella serpente). “ Questa stella marina, tra le più grandi del Mediterraneo – dice Riontino – è un amante dell’ombra, che vive sui fondali rocciosi, in particolare nel coralligeno. È una specie marina protetta, spesso minacciata dalla raccolta indiscriminata dei collezionisti” Nell’Area marina protetta di Punta Campanella è stata fotografata la Pinguicula hirtiflo-ra (pinguicola o erba unta amalfitana), che si trova solo in Campania e Calabria. “Questa specie terrestre – prosegue Flore – è una pianta insettivora, le cui foglie sono ricoperte da alcune papille vischiose sulle quali rimangono intrappolati piccoli insetti per poi essere lentamente digeriti dagli enzimi della secrezione.”
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Agricoltura Nell’Area marina protetta delle Isole Ciclopi, un subacqueo ha fotografato una specie peculiare di cavalluccio marino, l’ Hippocampus guttulatus. “Una specie distribuita lungo tutte le coste dei mari italiani – commenta Riontino – ma in declino a causa della distruzione del suo habitat principale, le praterie di Posidonia oceanica, per effetto della sovrapesca e delle costruzioni di opere artificiali lungo la costa” Oltre all’ambiente terrestre e marino, in particolare, alcuni cittadini scienziati hanno esplorato le grotte. In particolare a Cisternino il gruppo speleologico Geos è andato a caccia di biodiversità nelle grotte di Castel Monte Pagano e ha fotografato diversi esemplari di Meta bourneti. “Questo ragno molto diffuso al Sud Italia e nelle Isole – spiega Flore – è un indicatore di grotte con temperature elevate (>9°C), detto anche Gigante buono, perché pur es-sendo di dimensioni notevoli
www.foglie.tv (60- 70 mm zampe comprese), generalmente è lento nei movimenti e poco aggressivo. È una specie troglofila, cioè che frequenta con regolarità le grotte, ma possiamo anche incontrarla in ambienti diversi da questa.” “Le osservazioni raccolte durante la challenge attraverso le piattaforme sono open source – concludono i coordinatori - e sono dati utili agli scienziati e ambientalisti per rilevare modelli di cambiamento della biodiversità globale e studiarne le politiche di conservazione. Questa iniziativa inoltre, ha promosso un vero e proprio senso di comunità tra i cittadini volontari che hanno collaborato insieme per rilevare la biodiversità del proprio territorio”. Questo progetto di citizen science ha ricevuto il supporto di diversi partner tecnici, media partner, sponsor e patrocini tra cui oltre il Ministero della Transizione Ecologica, ISPRA, FederparchiEuroparc, ed altri; con il Cesab Lead partner del progetto.
RINCARO MATERIE PRIME METTE A RISCHIO L’ALLEVAMENTO ITALIANO Il rincaro delle materie prime utilizzate per l’alimentazione degli animali da allevamento – il mais registra oggi il maggior incremento del decennio, mentre la soia ha raggiunto il picco da quasi sette anni – rende “quanto mai urgente”, per Assocarni e Uniceb, “un confronto costruttivo con la Gdo sulla situazione del comparto zootecnico nazionale. Con una lettera congiunta indirizzata a Ancd, Coop Italia e Federdistribuzione, le due organizzazioni che rappresentano e tutelano le aziende nazionali di allevamento, macellazione e trasformazione delle carni, hanno ufficialmente chiesto nei giorni scorsi un tavolo di confronto al settore della Grande Distribuzione. “È stato davvero toccato un punto di non ritorno – dice Luigi Scordamaglia, presidente di Assocarni – Non è più possibile accettare che il valore di un animale di qualità eccellente come quello prodotto
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in Italia sia fermo esattamente al valore pagato oltre trent’anni fa, mentre sugli scaffali i prodotti hanno seguito gli andamenti dell’inflazione di questi trent’anni, coerentemente con gli aumenti di tutti gli altri prodotti alimentari”. E prosegue il presidente “Gli allevatori a queste condizioni non possono che smettere di lavorare e ciò sarebbe disastroso non solo per le nostre straordinarie eccellenze alimentari che scomparirebbero, ma soprattutto perché aumenterebbe la nostra dipendenza dall’estero per un prodotto così necessario, senza contare l’abbandono di amplissimi territori della nostra penisola che verrebbero consegnati al degrado idrogeologico e alla desertificazione provocando la scomparsa di intere comunità. Facciamo un appello alle catene distributive che più tengono all’italianità e al nostro Paese affinché vengano incontro ad un giusto riconoscimento per i nostri allevatori”.
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N° 10 - 1 GIUGNO 2020
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Zootecnia
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PARTE UNO SCREENING PER CERTIFICARE GLI ALLEVAMENTI PUGLIESI BENESSERE ANIMALE
Grazie al sostegno del Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale e Ambientale della Regione Puglia e ad un protocollo operativo definito con il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari, ARA Puglia sta avviando in questi giorni uno screening sulle condizioni di benessere degli animali in 250 allevamenti pugliesi di bovini da latte e bufali. Per svolgere questa attività sono stati individuati Medici Veterinari abilitati secondo gli standard di Classyfarm che saranno coordinati dal prof. Pasquale De Palo, full professor di Scienze Animali del suddetto Dipartimento Universitario, che stamane, insieme al Presidente di ARA Laterza e al Direttore Donnini ha tenuto con i Veterinari la prima riunione operativa. L’attività – riferisce il direttore di ARA Puglia Giorgio Donnini – oltre ad offrirci uno spaccato della situazione dei nostri allevamenti in tema di biosicurezza, benessere animale, parametri sanitari e produttivi, alimentazione animale, consumo di farmaci, si prefigge di certificare le aziende che superano i requisiti minimi e la “base line” Classyfarm, attraverso lo standard definito dall’Ente di Certificazione DQA “Allevamenti del benessere” che prende in considerazione anche alcuni parametri dei controlli funzionali che sono significativi per una valutazione “animal based” del benessere. Secondo il Presidente di ARA Puglia Pietro Laterza, il tema del benessere animale è diventato ormai un elemento che qualifica i nostri allevamenti almeno al pari della qualità delle produzioni ed è un tema sul quale oggi si appuntano le attenzioni dei consumatori ma anche della politica, se guardiamo per esempio al fatto che il
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benessere degli animali è parte integrante della nuova strategia Farm to Fork (dal produttore al consumatore) dell'Unione Europea. La nostra struttura ha dedicato negli ultimi mesi grande impegno alla programmazione di questa attività che a questo punto riteniamo assolutamente indispensabile e di grande rilievo per i nostri allevamenti e per questo ringraziamo la Regione Puglia e il suo Assessore Pentassuglia e l’Università di Bari che ci accompagnerà in questo screening. Ovviamente miriamo a certificare da subito il maggior numero di allevamenti che già rispondono ai requisiti previsti, a partire dagli allevamenti che si stanno certificando per la produzione del latte destinato alla produzione di Mozzarella DOP di Gioia del Colle, ma questo screening sarà fondamentale per assicurare a tutti gli allevatori una attività di consulenza sulla valutazione e il superamento delle criticità eventualmente rilevate, individuando le aree di miglioramento e le misure da attuare nel proprio allevamento. Come Sezione di Zootecnia del Dipartimento di Medicina Veterinaria di Bari – afferma il prof. Pasquale De Palo - siamo orgogliosi di poter svolgere un ruolo in questo progetto insieme ad ARA ed alla Regione Puglia, al fine di rendere un servizio agli allevatori, ma anche e soprattutto all'intera filiera lattierocasearia, partendo dal consumatore. Siamo fortemente motivati a supportare il mondo allevatoriale pugliese, generando da questa esperienza, non solo un supporto alle aziende zootecniche, ma anche proposte di innovazione dei sistemi di valutazione del benessere animale delle bovine da latte, che siano più adeguati alle peculiarità del nostro territorio.
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Zootecnia
DA GIULIO CESARE E IL BURRO, AI CONSUMI DI LATTE IN ITALIA, FINO ALLA COSMESI COL LATTE D’ASINA. Le qualità nutrizionali dei prodotti caseari, i numeri in diminuzione del consumo di latte fresco in Italia e i racconti storici su burro e formaggi di Giulio Cesare, Boccaccio e Tayllerand sono stati gli argomenti trattati nel secondo incontro de “I Mercoledì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola”. Durante la conferenza è stato presentato anche l’innovativo progetto di utilizzare le proprietà del latte asinino in campo cosmetico. Si è svolto in modalità online al link , mercoledì 12 maggio, il secondo incontro del ciclo 2021 de “I Mercoledì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola” dedicato a latte, latticini e formaggi. I relatori dell’incontro sono stati la Prof.ssa Rosanna Scipioni, già Ordinario di Zootecnia speciale Università di Modena e Reggio-Emilia, il Prof. Marcello Mele, Ordinario di Zootecnia speciale Università di Pisa, il Prof. Giovanni Ballarini, Presidente Onorario A.I.C. e Chiara Caggiula, Imprenditore agricolo. Il ciclo di conferenze “I Mercoledì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola”, che si tengono una volta al mese da aprile a novembre al link https://meet.jit.si/MERCOLEDIARCHIGINNASIO, vede Accademia Nazionale di Agricoltura, Delegazioni bolognesi dell’Accademia Italiana della Cucina e Società Medica Chirurgica di Bologna insieme per divulgare la
1 Giugno 2021 buona comunicazione in campo alimentare favorendo la conoscenza al pubblico delle fasi di produzione, qualità salutistiche e storia in cucina delle eccellenze agroalimentari italiane. Di seguito quanto emerso durante l’incontro. Su 310 DOP e IGP italiane ben 57 sono prodotti lattiero caseari “Il comparto lattiero-caseario rappresenta una delle principali realtà dell'agroalimentare italiano esordisce la Prof.ssa Rosanna Scipioni - che incide sul valore totale della produzione agricola, sul fatturato dell'industria alimentare e sull'export alimentare. Per legge quando si parla di latte, senza aggettivi, si intende quello vaccino, ma latte e relativi prodotti trasformati italiani provengono da più specie animali: bovine, pecore, bufale, capre. Da ricordare che i latticini sono prodotti generalmente freschi (yogurt, burro, panna, crescenza, stracchino, ricotta, fiocchi di latte, latti fermentati) non derivati dalla coagulazione delle caseine come i formaggi, e che sono questi ultimi a comporre lo straordinario numero di ben 57 prodotti DOP e IGP del comparto lattiero caseario (su un totale di 310)”. Cala il consumo di latte fresco e aumenta quello del latte a lunga conservazione “La produzione italiana di latte ovicaprino è in crescita (nel 2005 era 5% rispetto al vaccino e al bufalino). Il consumo di latte fresco presenta una tendenza alla riduzione da una quindicina d’anni continua la Prof.ssa Rosanna Scipioni - a questa parte, attestandosi sui 52 kg/persona nel 2018, contro un consumo mondiale unitario di 117 kg, ma è di particolare interesse osservare come la pandemia da Covid-19 abbia influito sulla dinamica degli acquisti domestici (ISMEA, Panel famiglie Nielsen): dal 2019 al 2020 il consumo di latte fresco è calato bruscamente del 5,9%, mentre è cresciuto dell’8,6% il consumo del latte a lunga conservazione, oltre a tutti i derivati e trasformati”. I valori nutraceutici per la salute “Il latte, i latticini e i formaggi sono elementi importanti della nostra dieta e apportano nutrienti fondamentali per il nostro benessere psico-fisico. Al di là dell’importante ruolo che svolgono come fonti di calcio ad elevata assimilabilità – ha proseguito il Prof. Marcello Mele - la loro importanza nella dieta è legata anche al contributo di specifici nutrienti strategici contenuti nella componente proteica e lipidica di questi alimenti. Le proteine del latte, infatti, oltre ad essere fonte di aminoacidi essenziali, generano, attraverso i processi dige
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Zootecnia stivi e/o di maturazione del latte, peptidi con azione bioattiva, per i quali sono state dimostrate numero-se azioni benefiche sula salute dell’uomo. I lipidi del latte sono spesso ricordati solo per il contenuto di acidi grassi saturi, ritenuti avere un’azione negativa sulle patologie cardiovascolari, dimenticando che all’interno del grasso del latte ci sono molti altri acidi grassi, anche insaturi, di cui è stata accertata un’azione positiva sulla salute umana. Sulla base delle evidenze scientifiche che si sono accumulate negli ultimi 15 anni, sembrerebbe che il bilancio complessivo dell’effetto relativo alle diverse molecole lipidiche contenute nel latte e nei formaggi sia del tutto positivo, riabilitando il grasso del latte, rispetto alla valutazione negativa che lo ha accompagnato per molti anni”. Giulio Cesare, Boccaccio, Tayllerand e i prodotti caseari “Il latte e i latticini nascono e si sviluppano come alimenti a breve, media e lunga conservazione di culture pastorali e in cucine popolari con connotazioni di tipo barbarico, ma fin dall’antichità soprattutto i formaggi assumono prerogative gastronomiche conquistando ruoli e significati identitari nelle diverse culture e società. In quest’ultima prospettiva - sostiene il Prof. Giovanni Ballarini - di particolare importanza sono i matrimoni che nelle dif-ferenti epoche i prodotti caseari contraggono con il vino, le carni, i pesci, le verdure, le paste e i dolci. I testimoni autorevoli del valore in cucina e in tavola dei prodotti caseari sono stati tanti: leggenda narra che Giulio Cesare pronunciò la famosa frase “De gustibus non disputandum est” mangiando un piatto di asparagi al burro durante una cena offertagli da Valerio Leone, Boccaccio nel “Decamerone” descrive il paese di Bengodi come un luogo
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www.foglie.tv formato da una montagna di Parmigiano-Reggiano e il Ministro francese Tayllerand, durante un convito tra ambasciatori, organizzò una gara per presentare un formaggio di loro scelta proveniente dal paese natale. Si sa che la Francia portò il Brie, l’Inghilterra lo Stilton e il Regno di Sardegna uno stracchino di alta qualità ben stagionato; il Gorgonzola”. La cosmesi col latte d’asina “Il latte d’asina in campo estetico è conosciuto fin dall’antichità perché ricco di minerali e proteine che donano un effetto morbido alla pelle, acidi grassi polinsaturi come Omega 3 e Omega 6 che hanno azione nutriente, Vitamina C, Retinolo che accelera la produzione di col-lagene mantenendo la pelle elastica e Lisozima che lenisce le malattie cutanee. Nella nostra azienda - conclude Chiara Caggiula - abbiamo scelto una particolare razza di asine, le ragusa-ne, che hanno dimensioni piuttosto grandi e sono quelle che producono la maggior quantità di latte, circa 300/750 ml di media, con picchi che arrivano fino a 1500 ml. Nel nostro caso abbiamo sempre messo al primo posto il benessere animale dando la priorità allo svezza-mento del puledro e limitandoci all’utilizzo esclusivo del latte in eccesso per la cosmesi. Per questo motivo la nostra produzione di cosmetici ogni tanto subisce qualche battuta di arresto, i prodotti vengono realizzati solo quando abbiamo disponibilità di latte, ma siamo fieri di aver inserito le nostre asine in un consorzio territoriale laziale, dove abbiamo l’azienda, che lavora al fine di proteggere e promuovere la razza ragusana che rientra tra le razze a rischio di estinzione.”
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Agroalimentare
1 Giugno 2021
TUTTA LA PUGLIA DICE NO AL VINO ANNACQUATO DELLE MULTINAZIONALI Le reazioni da Bari, Bat, Foggia, Brindisi, Lecce e Taranto alla proposta della UE CIA Puglia: “In questo modo si distruggono un comparto identitario e una storia millenaria” L’espressione “pane al pane, vino al vino” significa parlare in modo chiaro e dire le cose come stanno, senza mistificazioni. “Altrettanto chiaramente, all’Unione Europea e al suo tentativo di snaturare millenni di cultura enologica dobbiamo dire che il vino annacquato e senza alcool non è vino”, ha di-chiarato Raffaele Carrabba. Il presidente di CIA Agricoltori Italiani della Puglia ha commentato con queste parole la proposta emanata dalla Commissione Europea per l’introduzione dell’acqua nella produzione e la dealcolizzazione del vino. “Sotto il mantello di un’esigenza ‘salutista’ non comprovata da alcuna ricerca scientifica, si vuol far passare altro, vale a dire la possibilità di snaturare un prodotto storico millenario a tutto vantaggio delle multinazionali del Food and Beverage, libere in questo modo di utilizzare la definizione ‘vino’ anche per bevande che nulla hanno a che fare con il vino e per quelle fermentate da frutti diversi dall’uva”, ha aggiunto Michele Ferrandino, presidente di CIA Capitanata. Sulla stessa lunghezza d’onda, i presidenti di tutte le declinazioni territoriali della Cia, come testimonia Felice Ardito, presidente dell’area Levante. “Da millenni si produce vino in tutta l’area metropolitana barese. Se non ci fossero motivi per piangere, la proposta della Commissione Europea sarebbe da accogliere con sonore risate davanti a un bel bicchiere di rosso. Il problema, però, è che non c’è niente da ridere. Proposte come questa possono distruggere un tessuto produttivo fatto
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Sanche di piccoli produttori, di aziende vitivinicole con una storia pluricentenaria, di imprese che negli ultimi 20 anni hanno fatto innovazione, ricerca, raggiungendo una qualità talvolta straordinaria, ottenendo successi anche nei mercati internazionali grazie alle possibilità aperte dall’e-commerce”. Stessa fortissima contrarietà è espressa dall’area Due Mari (Taranto-Brindisi) e naturalmente dal Salento. “Le aziende vitivinicole di Brindisi e Taranto hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni”, ha dichiarato Pietro De Padova, “cominciando un lavoro importantissimo sul ‘terroir’, e non solo sul rapporto che lega un vitigno al microclima e alle caratteristiche minerali del suolo in cui è coltivato, ma anche alla promozione di un intero territorio attraverso i propri vini”. Un lavoro, quello sul ‘terroir’, che nel Salento ha portato frutti importantissimi, basti pensare al Primitivo di Manduria. “Siamo esterrefatti”, ha detto Benedetto Accogli, presidente di CIA Salento. “Se la proposta dovesse passare, il mercato del vino sarebbe stravolto, di fatto sarebbero legalizzate pratiche che oggi sono giustamente considerate frodi e contraffazioni. Il Testo Unico della Legge 238 del 12 dicembre 2016 vieta chiaramente l’introduzione dell’acqua e di altre sostanze nella produzione del vino”. “La proposta della Commissione Europea è irricevibile, totalmente inaccettabile – ha concluso Carrabba - a meno che l’obiettivo non sia quello di radere al suolo un intero comparto, distruggendo quanto è stato faticosamente creato in centinaia di anni. Gli effetti sulla Puglia, e sull’Italia più in generale, sarebbero devastanti da ogni punto di vista: economico, sociale, occupazionale, perfino dal punto di vista dell’identità culturale e paesaggistica dei territori. La Puglia è la terra degli ulivi, del grano e dei vigneti: stiamo già combattendo una battaglia drammatica sul fronte dell’olivicoltura, se ad essa si aggiungesse una ‘guerra’ sul vino le conseguenze sarebbero davvero tragiche. L’Italia e tutta l’Europa del Mediterraneo non possono avallare una proposta scellerata, se questa partita dovessero vincerla le multinazionali vedremmo scomparire nell’arco di qualche anno un comparto che è parte integrante della nostra identità e della vita di milioni di persone”.
Approfondimento
NON SOLO API PRODUTTRICI DI MIELE. L’IMPOLLINAZIONE È IL RISULTATO DI UNA ATTIVITÀ COMPLESSACHE COINVOLGE NUMEROSI ANIMALI Il declino degli impollinatori e l’incremento delle aree destinate a colture dipendenti dall’impollinazione incrociata osservati negli ultimi decenni a livello globale, richiedono una transizione in agricoltura a gestioni agronomiche che favoriscano la presenza degli impollinatori e che rendano il loro servizio più efficace. Inoltre, la promozione di habitat-rifugio per gli impollinatori (siepi, muretti a secco con vegetazione spontanea, incolti anche marginali, boschetti, fasce floreali appositamente pensate e realizzate, ecc.) può aumentare la quantità di risorse floreali in grado di attrarre e sostenere popolazioni di impollinatori ed incrementare l’entità del servizio da loro offerto a favore di una maggiore produzione agricola. Quando pensiamo agli impollinatori, ci torna facile e rapido pensare all’ape domestica produttrice di miele e ai suoi alveari. Quasi sempre dimentichiamo, però, che l’impollinazione è il risultato di una attività complessa che coinvolge numerosi animali, seppure con una netta prevalenza degli insetti (api sociali, semisociali e solitarie, bombi, farfalle, ecc.). Le ricerche compiute in ecosistemi poco disturbati come le praterie ed i pascoli, suggeriscono che esista una competizione tra api domestiche e selvatiche per le risorse floreali disponibili, con effetti negativi sull’abbondanza di queste ultime e sulla produzione di semi da parte delle piante spontanee, cosa che appare particolarmente evidente in caso di scarsità di risorse. Se
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Foto di Onofrio Panzarino
questo accadesse nei sistemi agricoli, ne conseguirebbe un ulteriore indebolimento dell’attività degli impollinatori selvatici e una riduzione delle produzioni. Infatti, esistono evidenze che suggeriscono come molte colture dipendenti dall’impollinazione incrociata ricevano maggiore vantaggio dall’azione degli impollinatori selvatici rispetto all’ape domestica. La tipologia di interazioni tra queste diverse entità sembrano però dipendere anche dai contesti considerati (es. coltura considerata, complessità del paesaggio circostante etc.), passando da negativa a positiva fino a sinergica. L’interazione ecologica tra le api domestiche, gli impollinatori selvatici, le piante spontanee e coltivate è estremamente complessa e difficile da interpretare per le molte variabili in gioco, richiedendo numerose e dettagliate indagini su larga scala e
in condizioni colturali ampiamente diversificate. Alcuni ricercatori statunitensi si sono occupati di valutare quanto le piante da fiore possano effettivamente favorire la presenza e l’azione degli impollinatori selvatici su fragola e zucca allorquando si fa ricorso all’introduzione di alveari in coltura. L’indagine è stata pubblicata da poco sulla rivista Scientific Reports facente parte del portfolio Nature. Gli autori sono partiti dalla considerazione che molti produttori agricoli predispongono fasce di piante da fiore nei loro campi con lo scopo di garantire aree rifugio e attrattive per gli impollinatori selvatici, mitigarne il declino e favorire l’impollinazione delle colture vicine. Gli autori hanno osservato anche come spesso gli stessi produttori introducano alveari di api mellifere a supporto dell’impollinazione della coltura. In realtà, gli studi che valutino la competizione
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fra la laboriosa ape domestica e la comunità dei ben meno noti, ma molto vari, impollinatori selvatici sono molto rari e complessi da compiere. La realizzazione di queste fasce floreali rappresenta un’ulteriore variabile che interagisce tra gli impollinatori e tra questi e la coltura, e il loro impatto è stato poco valutato. I dati raccolti hanno indicato come il numero delle specie di apoidei selvatici (biodiversità dell’ecosistema) sia aumentata con la densità della fioritura delle fasce, anche se la numerosità degli impollinatori non ha mostrato differenze significative tra frutteti con fasce e senza fasce.
L’aspetto rilevante è stato l’aumento del numero di frutti prodotti nei frutteti provvisti di fasce, almeno in uno dei due anni di studio. L’introduzione degli alveari, invece, in questi contesti ha cambiato i risultati. Infatti, la numerosità degli apoidei selvatici coinvolti (abbondanza) si è ridotta del 48%, la numerosità (ricchezza) delle specie del 20% e la produzione di fragole del 18%, indipendentemente dalla presenza delle fasce di fiori. Con questo studio gli autori suggeriscono che la presenza di abbondanti e altamente competitive api da miele può indurre una riduzione della
presenza di impollinatori selvatici e conseguentemente della produzione, e che la presenza di fasce fiorite potrebbe non compensare questa situazione. Tuttavia, questi risultati, seppure interessanti, richiedono approfondimenti e numerose repliche nei diversi ecosistemi agricoli/rurali e nelle condizioni pedo-climatiche. Sicuramente pongono l’attenzione sulla necessità di intensificare lo studio della sostenibilità economica e ambientale. Per conoscere questo magico ambiente iscriviti al gruppo su Facebook Pollin Actor.
Rosa Porro
UE DIVISA SULLA RIFORMA PAC, STOP AI NEGOZIATI E’ rottura nel negoziato sulla riforma della Politica agricola comune. A quanto apprende l’ANSA, Pe e Consiglio non hanno trovato un compromesso sull’architettura verde della nuova politica agricola. Dopo quasi quattro giorni di colloqui, nella notte eurodeputati e presidenza portoghese si sono scambiati nuove proposte negoziali che invece di avvicinare le parti le hanno allontanate. “I negoziati riprenderanno a giugno”, ha twittato il ministro dell’agricoltura finlandese Jari Leppa. “Sono molto deluso che i negoziati siano stati interrotti, pensavo che avremmo potuto trovare un accordo”, ma “la presidenza del Consiglio Ue sembrava essere sorpresa dal fatto che non ci siamo semplicemente limitati ad accettare la loro proposta. Mi aspetto che il Consiglio ci rispetti come co-legislatori”. Così il presidente della commissione Agricoltura del Parlamento
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Ue, Norbert Lins (Partito Popolare Ue), parlando in conferenza stampa dopo lo stop ai negoziati fiume sulla riforma della Pac. La battuta d’arresto di oggi “è un male per l’equilibrio istituzionale Ue ma prima di tutto per gli agricoltori e per l’ambiente”, ha detto Lins, sottolineando che da parte del Consiglio “c’è una mancanza di certezza in termini di pianificazione” e che il Parlamento richiede “misure da adottare”. “Il nostro obiettivo è sempre stato quello di lavorare a beneficio degli agricoltori” e “dobbiamo tutti ricordare che la Pac è nell’interesse di tutti”, ha aggiunto il politico tedesco, sottolineando che “ora c’è bisogno di una pausa per vedere cosa può essere fatto a giugno, sempre sotto la presidenza portoghese” e auspicando che si arrivi a una “soluzione costruttiva”.
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L’ORO ROSSO DELLE NOSTRE TERRE: LE CILIEGIE! Le ciliegie, le annate e l’indescrivibile gusto Finalmente, ecco la regina indiscussa tra le novità di questo periodo dell’anno: la ciliegia! Dopo annate in cui si sono visti raccolti decimati a causa di gelate primaverili, piogge, venti burrascosi, grandinate e sbalzi di temperatura che hanno messo a dura prova i fiori di ciliegio prima e i frutti dopo, questo 2021 ci regala una stagione ricca di questi splendidi frutti rossi. In realtà, ci sono state, purtroppo, anche quest’anno, a causa soprattutto della gelatura avvenuta la mattina del 9 aprile, delle zone colpite da correnti freddissime che hanno visto perdere i primi frutti con maturazione precoce che in genere sono rappresentati dalle varietà di ciliegie “Rita” e poco distante temporalmente dalle “Bigarreaux”. Ma, fortunatamente, al di là di alcune specifiche zone, gli alberi di ciliegie si sono colorati pian piano di rosso con ricche infruttescenze meravigliose. Se volessi descrivere il sapore della ciliegia che sia della varietà Bigarreaux, Giorgia, Ferrovia o Black Star, al di là del calibro o delle possibili differenti tonalità di colore, non sarei in grado di farlo. Trasmettere cosa si prova mangiando una ciliegia, di grosso calibro, fresca, rossa-marroncina e appena staccata dal ramo con le proprie mani penso sia una delle cose più impegnative da descrivere. Non a caso, il detto “una ciliegia tira l’altra” col suo gusto e sapore che incanta i palati e che crea dipendenza!
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Proprietà nutrizionali Se è vero che mentre si sta gustando una ciliegia, la mente sta già pensando di prenderne e mangiarne un’altra, dal punto di vista nutrizionale, fortunatamente, non abbiamo grossi problemi. Hanno poche chilocalorie circa 50-60 per 100 grammi che corrispondono a 8-12 ciliegie in base al peso di ognuna che in media è di 8-10 grammi fino ad arrivare anche a 15-18 grammi. Le ciliegie sono ricche di acqua, fibre, vitamine, tra cui la A e la C che sono antiossidanti, anti-age e benefiche per la salute della pelle ma anche vitamine del gruppo B come tiamina (vit. B1), riboflavina (vit. B2) e niacina (vit. B3). Inoltre, le ciliegie sono un mix di flavonoidi, tra cui gli antociani o antocianine che conferiscono al frutto il tipico colore rosso-marroncino, e contiene anche tannini, sali minerali come sodio, potassio, magnesio, ferro, calcio e fosforo ed
oligoelementi come zinco, rame, manganese e cobalto. Questi nutrienti contribuiscono a prevenire i più comuni disturbi cardiovascolari e l’ipertensione oltre che essere depurativi, antinfiammatori, disintossicanti e antiossidanti. Ed in più, le ciliegie hanno un minor indice glicemico cioè, innalzano meno i livelli di glicemia dopo la loro assunzione per cui potrebbero essere consumate, con assoluta moderazione, anche da chi soffre di iperglicemia o è a rischio diabete. Tuttavia, la presenza di fruttosio deve far stare attenti, in modo particolare, chi soffre di colon irritabile, in quanto un quantitativo eccessivo di ciliegie nonché di fruttosio può creare fermentazione, dolore addominale, gonfiore, eccessiva flatulenza e produzione di gas intestinali.
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Infatti, se si soffre di colon irritabile, è sconsigliato, in una prima fase di approccio dietetico, inserire nel piano alimentare cibi che producono molta fermentazione come quelli che contengono elevate quantità di fruttosio, tra cui proprio le ciliegie (*). Anche le amarene, che appartengono ad un’altra specie di ciliegi, hanno vari effetti benefici per salute: ad esempio, esse contengono, in particolare, una buona percentuale di melatonina che è un ormone fondamentale nella regolazione del ciclo sonno-veglia negli esseri umani. Non a caso, uno studio del 2012, pubblicato sull’European Journal of Nutrition, conclude che bere del succo concentrato di amarena potrebbe essere un aiuto per migliorare la durata e la qualità del sonno in uomini e donne sani e potrebbe anche essere di beneficio nella gestione del sonno disturbato. Interessante, vero?
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Ricetta Le ciliegie, in cucina, sono molto versatili per cui possono essere utilizzate in varie preparazioni sia di tipo dolce che salato. Ad esempio, le ciliegie possono accompagnare un secondo piatto fatto di selvaggina o regalare un tocco dolce/ acido a delle insalate con lattuga, indivia, spinaci crudi e carote. Invece, in versione dolce, solitamente, vengono utilizzate per preparare le più tradizionali crostate di ciliegie o torte di frutta, budini, marmellate o anche semplicemente aggiungendo le ciliegie alle macedonie. Ma, tutto questo, nulla a confronto con il modo più semplice ed unico di gustare realmente una ciliegia e cioè mangiarla fresca sotto l’albero tenendo gli occhi chiusi per amplificare il suo speciale sapore e per sentire le nostre papille gustative sprizzare di gioia!
(*) Per ulteriori informazioni in merito vi rimando ad una consulenza che, per te che stai leggendo la rivista Foglie ed il mio articolo, è completamente gratuita!
Dott. Raffaele Cicorella Biologo Nutrizionista Conversano (BA) dottor.raffaelecicorella@gmail.com
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DENOMINAZIONI COMUNALI D'ORIGINE (DE.C.O.): OPPORTUNITÀ DI VALORIZZAZIONE CULTURALE ED ECONOMICA DEL NOSTRO TERRITORIO Le De.C.O (Denominazioni Comunali di Origine) o le De.CO (Denominazioni Comunali) come alcuni preferiscono spiegare l'acronimo, sono certificazioni del settore agroalimentare che hanno la funzione di legare un prodotto o le sue fasi realizzative ad un particolare territorio comunale. Da un punto di vista normativo trovano radici nella Legge n.142 dell'08/06/1990 che attribuisce ai Comuni la facoltà di disciplinare, nell'ambito dei principi sul decentramento amministrativo, la valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali e nel D.Lgs. n.267/2000 dove il Comune viene definito come “l'Ente Locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo, il progresso civile, sociale ed economico” partecipando “con ogni possibile iniziativa, ivi compresa la promozione della funzione sociale dell'iniziativa economica, pubblica e privata, anche attraverso lo sviluppo di forme di associazionismo economico e di cooperazione”.Sul piano culturale l'idea di tali denominazioni nacque a seguito dell'intuizione dell'enogastronomo e giornalista Luigi Veronelli che alla fine degli anni'90 iniziò un nuovo percorso di valorizzazione e promozione di quelle produzioni di “nicchia” esclusive e caratterizzanti uno specifico comprensorio comunale che mai avrebbero potuto ottenere i più noti marchi di tipicità come DOP,IGP e STG. Esistono tre gruppi di De.C.O.: 1) il primo comprende la tutela
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di un prodotto tipico come quello coltivato in un determinato territorio, adattatosi nel tempo e conservato come coltura dagli abitanti di quel luogo, o un prodotto dell'artigianato alimentare locale in grado di rappresentare un valore identitario di un determinato paese oppure un prodotto dell'artigianato nato dallo sviluppo di un sapere particolare; 2) il secondo comprende la tutela di una ricetta solitamente legata ad una tradizione che ha istituito una sagra, una festa che leghi la tradizione di un piatto o di un prodotto a momenti di aggregazione popolare con una certa storicità e che può avere per oggetto anche un sapere, una tecnica di pesca, di coltivazione o di artigianato; 3) il secondo comprende il filone delle De.C.O. multiple che tutelano tradizioni che riguardano sia elementi del primo che del
secondo gruppo. Ne consegue che le caratteristiche che devono avere le De.C.O. sono 1)la storicità, per evitare improvvisazioni a scopo commerciale e 2)la certificazione quale espressione di un patrimonio collettivo non a vantaggio di una singola azienda. Gli strumenti attuativi per l'istituzione della denominazione in parola, da parte di ciascun Comune sono:1) la DELIBERA del Consiglio Comunale che è tenuto ad adottare il regolamento in forza del D.Lgs 267/2000 che individua negli “Enti Locali i soggetti che devono assumere un ruolo decisivo, al fine di favorire le condizioni di future sostenibilità dello sviluppo locale,principalmente attraverso la valorizzazione dei patrimoni ambientali,territoriali e culturali propri a ciascun luogo” ;
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2) il REGOLAMENTO che deve contenere le finalità e le direttrici per attivare la protezione delle specifiche attività e delle produzioni agroalimentari, allo scopo di garantire il mantenimento delle loro qualità, come pure suggerito dall'ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani -www.anci.it); 3) l'ALBO comunale dove devono essere iscritte le segnalazioni relative alle iniziative e manifestazioni riguardanti le attività e le produzioni agroalimentari che per le loro caratteristiche e per l'interesse culturale dalle stesse destato, sono meritevoli di particolare attenzione e rilevanza pubblica, purchè svolte nel territorio comunale per almeno due anni; 4) il REGISTRO dei prodotti De.C.O che è un documento nel quale vengono iscritti i prodotti tipici agroalimentari segnalati che abbiano ottenuto la denominazione a seguito di un'apposita istanza corredata da un'adeguata documentazione che evidenzi le caratteristiche del prodotto con particolare riferimento a quelle analitiche e di processo.Requisito e presupposto per l'accoglimento dell'istanza è la verifica, da parte della Commissione, della presenza di tutti gli elementi contenuti nel disciplinare di produzione. Una volta iscritti nel Registro, I prodotti tipici agroalimentari possono fregiarsi del logo De.C.O. completato dal relativo numero d'iscrizione; 5)il DISCIPLINARE di produzione che deve contenere la regolamentazione specifica, riferita
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al singolo prodotto o a categorie di prodotti, dei requisiti tecnici necessari per l'ottenimento della De.C.O. Gli elementi richiesti al fine di verificarne la conformità con le prescrizioni del disciplinare sono: il nome del prodotto, le sue caratteristche e le metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidate nel tempo in base agli usi locali, uniformi e costanti, i materiali e le attrezzature specifiche utilizzate per la loro preparazione e per l'imballaggio, la descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura. In sintesi, la De.C.O. può considerarsi un marchio privato ad uso collettivo di proprietà del Comune ma che può essere utilizzato dai privati I quali, condividendo ed aderendo al Disciplinare di produzione ed al Regolamento comunale di uso e gestione del marchio, dimostrino di possedere le caratteristiche individuate e stabilite, per iscriversi al Registro dei produttori. In realtà, nulla vieta che più Comuni possano aderire ad un unico progetto come recentemente realizzato in Provincia di Foggia dove è stata istituita la De.C.O. Sovracomunale “Laghi del Gargano” con la partecipazione dei Comuni di Apricena, Cagnano Varano, Carpino, Ischitella, Lesina, Poggio Imperiale, San Nicandro Garganico e Vico del Gargano (www.partecipazione.regione.puglia.it).
In forza del Regolamento costituito da 16 articoli è stato creato il perimetro di operatività del predetto marchio finalizzato alla valorizzazione delle attività agroalimentari e artigianali tradizionali, sagre, fiere, feste ed eventi religiosi locali. Se inizialmente la De.C.O. è nata per la valorizzazione di prodotti e territori sopratutto sotto l'aspetto culturale, è di tutta evidenza che oggi, pur implementandosi questa nobile finalità, la si può sicuramente considerare anche un valido strumento di marketing per lo sviluppo del territorio e della sua crescita economica. Ne consegue che puntando sulla collaborazione tra produttori ed amministrazioni comunali ed investendo in risorse ed energie per il raggiungimento di obiettivi comuni, si potrà puntare ad una promozione integrata di successo. Occasione da non perdere ed incentivare in un momento storico in cui la specificità territoriale, la tutela delle diversità, il turismo di prossimità, esperienziale e sostenibile, può diventare importante elemento trainante della nostra economia con conservazione di identità culturali non replicabili. A cura di Avv. Angela Quatela
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UN PRODOTTO INNOVATIVO E SOSTENIBILE Plastic-Puglia presenta la “seminiera ecologica” Promuovere un’economia circolare, investire in tecnologie rispettose per l’ambiente: sono gli “obiettivi inderogabili” che l’Unione Europea si accinge a perseguire nei prossimi anni, nel frattempo le risposte del mercato green non si fanno attendere. Quest’oggi vogliamo focalizzare l’attenzione su un esempio virtuoso di gestione del problema alla fonte: quello di un contenitore fortemente impattante sia in termini di smaltimento per l’utilizzatore finale che in termini ambientali: la seminiera in polistirolo (EPS), un imballaggio ancora oggi diffusamente utilizzato in agricoltura e non di rado abbandonato sui cigli stradali di campagna, perché un rifiuto speciale da trattare secondo regole specifiche di smaltimento. Una prassi, quella dell’abbandono indiscriminato, che sottrae il consumatore dal costo di smaltimento ma lo espone a rischi di illecito con sanzioni civili e penali. Oltre a casi estremi, in cui si pensa di dare fiamme alle seminiere liberando nell’ambiente la micidiale diossina con risvolti inquinanti anche per gli orti circostanti. Una risposta risolutiva a queste pratiche illegali, devastanti per l’agricoltura e l’ambiente, giunge dalla Plastic- Puglia di Monopoli (azienda leader nella produzione di sistemi d’irrigazione in polietilene) con la messa a punto di una “seminiera ecologica” in polipropilene. Un prodotto presente sul mercato già da cinque anni, ma oggi rimodulato grazie ai suggerimenti degli operatori del settore (in testa florovivaisti). Ad illustrare la nuova seminiera
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icon le sue performanti funzioni e caratteristiche tecniche, è stato un convegno lo scorso 18 maggio presso la sede aziendale, alla presenza del fondatore nonché presidente del Gruppo Industriale, il barone Vitantonio Colucci, di esponenti regionali e addetti ai lavori. Il neonato plateau per la semina, realizzato in plastica rigida è dotato di 228 alveoli, termoformata per l’utilizzo vivaistico, sia orticolo che floristico, adatto per processi produttivi manuali o meccanizzati, è inoltre resistente agli urti e al calore. Una caratteristica importante: è totalmente sovrapponibile (il polistirolo ha un volume tre volte maggiore) con il vantaggio di occupare poco spazio sia nello stoccaggio che nel trasporto, riducendone i costi. È totalmente riciclabile e riutilizzabile per 10 anni. Inoltre la dotazione di alveoli lisci a tronco di piramide consentono la facile estrazione della zolla con la piantina evitando il danneggiamento delle radici capillari, come avviene con i vecchi semenzai il polistirolo (le pareti lisce degli alveoli
evitano l’ancoraggio delle radici e l’assorbimento di eventuali contaminanti, specie nel caso piante di prezzemolo, sedano, finocchio, lattuga e basilico), requisiti che permettono una maggiore crescita dell’apparato radicale e un rapido attecchimento in fase di trapianto; le radici integre consentono poi una veloce ripresa vegetativa; il colore nero è resistente ai raggi ultravioletti. Indubbiamente i molteplici utilizzi ne ammortizzano il costo iniziale. A fine ciclo di vita conserva ancora valore in quanto riciclabile. Trattandosi di un “bene strumentale” senza inquinamento ambientale può essere finanziabile da leggi regionali e comunitarie. Così come nel convegno del 18 maggio scorso, facciamo nostra l’istanza unanime di poter sfruttare i PSR 2021-2022 a sostegno delle imprese agricole, in particolare incentivandole nel passaggio verso un’agricoltura sostenibile, e quindi più attenta all’ambiente.
Paola Dileo
Agricoltura
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LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE, NASCE L’APP PER RECUPERARE CIBO NEI MERCATI MILANESI Ciò che perde valore economico, può ritrovare valore sociale. È questa la filosofia seguita dall’Associazione Recup che recupera il cibo dai mercati stradali di Milano e lo ridistribuisce alla comunità e che ha trovato in WWG, software house italiana, il partner digitale che amplierà la presenza tra le bancarelle della città meneghina grazie a una nuova app. Un fenomeno, quello dello spreco alimentare, che ha radici profonde e che necessita una svolta. A testimoniarlo è uno studio di Fondazione Barilla che ha dimostrato che ogni italiano spreca 65 kg di cibo all’anno, 7 kg sopra la media europea di 58 kg. Se lo spreco alimentare fosse un Paese sarebbe responsabile tra l’8 e il 10% delle emissioni a livello globale, al terzo posto dopo Stati Uniti e Cina e occuperebbe un’area pari alla superficie di quest’ultima. È questo il triste quadro emerso dalle ultime indagini dell’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Il Belpaese, come il resto del mondo, continua ad essere complice dello spreco: il Food Sustainability Index realizzato da Fondazione Barilla ha infatti dimostrato che ogni italiano spreca 65 kg di cibo all’anno, 7 kg sopra la media europea di 58 kg. Nonostante il dato sia ancora troppo alto, il lockdown ha favorito il diffondersi di buone pratiche nella gestione del cibo fra le mura domestiche. Secondo la Fondazione, questo fenomeno è destinato a perdurare nel tempo, il che indicherebbe un beneficio in termini ambientali ed economici, visto che lo spreco in Italia vale circa 10 miliardi di euro, ovvero quasi
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5 euro a famiglia alla settimana. Una problematica che ha portato startup e giovani ideatori allo sviluppo di numerose iniziative che cercano di limitare i danni. Una di queste è l’associazione no profit Recup, un progetto che agisce nei mercati scoperti sparsi nel territorio milanese per contrastare lo spreco alimentare e l’esclusione sociale. Il cibo viene recuperato e diviso tra commestibile e non, infine viene ridistribuito. Lo scorso anno grazie a questo sistema, l’associazione ha salvato 25 tonnellate di cibo edibile che hanno permesso di aiutare quasi 5000 famiglie beneficiarie nel contesto del progetto coordinato dalla Food Policy del Comune “Milano aiuta”. Ad oggi Recup conta più di 230 volontari e per continuare ad essere efficiente si è affidata a WWG, innovativa software house presente in Italia da oltre 20 anni e riconosciuta da Clutch, piattaforma di valutazione e revisione di servizi offerti in ambito B2B, come uno dei principali fornitori italiani in ambito sviluppo web, servizi IT e sviluppo app. “Per molte persone il cibo che viene scartato è una fonte di sostentamento, ma Recup nasce con l’intento di condividere il cibo con tutti, a prescindere da status sociale, età, etnia. Il cibo non deve essere sprecato, se ancora commestibile. Leggi l’articolo completo su www.foglie.tv
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GLI STRUMENTI PER LA GESTIONE DEL RISCHIO NEL SETTORE ZOOTECNICO DI FRANCESCO MARTELLA Le politiche di gestione del rischio in agricoltura contempla strumenti dedicati al settore zootecnico; il piano di gestione dei rischi in agricoltura (PGRA 2021) prevede la possibilità di sottoscrivere da parte dell’allevatore, polizze assicurative, fondi di mutualità e strumenti per la stabilizzazione del reddito settoriale. Tutti gli strumenti sono agevolati, ovvero l’allevatore che li adotta riceve un contributo pubblico a parziale copertura dei costi di adesione. Tale contributo ammonta fino al 70% per gli strumenti sostenuti con i fondi della Politica di Sviluppo Rurale e fino al 50% per la polizza smaltimento carcasse sostenuta con fondi nazionali (tabella 1). Gli strumenti Nell’ambito dello strumento assicurativo, il mondo allevatoriale ha a disposizione due tipologie di coperture assicurative. Una per gestire i rischi derivanti da epizoozie e dagli effetti dell’andamento climatico avverso, questa tipologia di polizza è sostenuta con un contributo del 70% con le risorse del Programma di Sviluppo Rurale Nazionale (PSRN). Con una seconda tipologia di polizza si possono coprire i costi necessari per lo smaltimento carcasse degli animali morti indipendentemente dalla causa che l’abbia generata. Questa copertura è sostenuta con un contributo fino al 50% del costo, con risorse nazionali del Fondo di Solidarietà Nazionale (FSN). Il PGRA individua tra le specie assicurabili tutte quelle alleva
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bili, dalle vacche da latte, bovini da carne, bufalini, ovicaprini, avicoli, conigli, suini, equidi, api, camelidi. Per ogni specie sono individuate la garanzie che è possibile sottoscrivere (tabella 2), e nell’ambito della garanzia epizoozie sono individuate quelle specifiche per ogni specie suddivise in obbligatorie e facoltative (tabella 3). Accanto allo strumento assicurativo sono previsti gli altri due strumenti, il Fondo di mutualità (misura 17.2 PSRN) con il quale si possono coprire i danni da epizoozie (stessi rischi che si possono coprire con le polizze), e una seconda tipologia di fondo, lo Strumento di stabilizzazione del reddito settoriale (Misura 17.3 bis del PSRN) con il quale si può gestire il rischio legato al calo drastico di reddito. In campo zootecnico, secondo quanto previsto dal PGRA è attivabile per quattro comparti: latte bovino, latte
ovicaprino, avicolo e suinicolo. Ad oggi sono stati riconosciuti dal Mipaaf e quindi già operanti due ISTs entrambi per il latte bovino (tabella 4). Per comprendere al meglio il funzionamento degli strumenti menzionati è opportuno descriverne la differenza. Con lo strumento assicurativo l’allevatore esternalizza il rischio a terzi, di fatto cede ad una compagnia di assicurazione il rischio legato alle garanzie sottoscritte, il costo del trasferimento del rischio è rappresentato dal premio assicurativo che è a carico dell’allevatore. In conseguenza la compagnia di assicurazione, si impegna a risarcire l’allevatore qualora si verifichi un sinistro secondo quanto previsto dal contratto assicurativo. Il Fondo di mutabilità così come l’ISTs è uno strumento di condivisione del rischio tra gli allevatori che autonomamente costituiscono
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ovicaprino, avicolo e suinicolo. Ad oggi sono stati riconosciuti dal Mipaaf e quindi già operanti due ISTs entrambi per il latte bovino (tabella 4). Per comprendere al meglio il funzionamento degli strumenti menzionati è opportuno descriverne la differenza. Con lo strumento assicurativo l’allevatore esternalizza il rischio a terzi, di fatto cede ad una compagnia di assicurazione il rischio legato alle garanzie sottoscritte, il costo del trasferimento del rischio è rappresentato dal premio assicurativo che è a carico dell’allevatore. In conseguenza la compagnia di assicurazione, si impegna a risarcire l’allevatore qualora si verifichi un sinistro secondo quanto previsto dal contratto assicurativo. Il Fondo di mutabilità così come l’ISTs è uno strumento di condivisione del rischio tra gli allevatori che autonomamente costituiscono il fondo. La partecipazione al fondo è annuale ed il costo è rappresentato dal premio mutualistico. Con l’adesione al fondo l’allevatore condivide con i suoi colleghi il proprio rischio e viceversa. Altra differenza tra gli strumenti è in merito al ristoro dei danni. Mentre la compagnia assicurativa si impegna a garantire il pagamento degli indennizzi indipendentemente dall’andamento dei sinistri nella sua totalità; il fondo di mutualità risarcisce fino a capienza, se gli indennizzi stimati dovessero essere superiori alle risorse disponibili, l’indennizzo per
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singolo allevatore sarà riproporzionato fino alla capienza del fondo. Per le specie dove tra i rischi assicurabili, vi sono il mancato reddito e abbattimento forzoso, queste garanzie sono agevolabili solo se la copertura prevede anche le garanzie per i rischi derivanti dalle epizoozie obbligatorie (previste per quella determinata specie), alle quali possono essere aggiunte in parte o tutte le epizoozie facoltative. La garanzia mancato reddito può coprire anche la diminuzione di reddito dovuta ai provvedimenti previsti dalle autorità sanitarie per le aree perifocali ovvero le aree di protezione e sorveglianza nelle quali l’attività economica viene limitata (ad esempio, in caso di focolai epizootici). Dalla campagna 2021 viene introdotto anche per il settore zootecnico lo standard value (Sv), che rappresenta il valore massimo assicurabile per capo, il valore standard di fatto sostituisce i prezzi massimi assicurabili. La Sv rappresenta un forte elemento di semplificazione, sia in fase di copertura, sia in fase di definizione della spesa ammessa a contributo e il versamento dello stesso all’allevatore. Polizze agevolate, requisiti ed iter per accedere all’agevolazione pubblica. Per poter beneficiare del sostegno pubblico l’allevatore deve essere in possesso dei seguenti requisiti soggettivi: - essere imprenditore agricolo secondo quanto previsto
dall’articolo 2135 del codice civile, iscritto nel registro delle imprese o, nel caso degli operatori della Provincia di Bolzano, iscritti all’anagrafe delle imprese agricole; - essere agricoltore attivo (medesimo requisito necessario per poter beneficiare dei contributi PAC); - essere titolare del fascicolo aziendale, nel quale deve essere dettagliata la composizione zootecnica e devono essere individuate le consistenze zootecniche oggetto di assicurazione. - i capi per essere assicurabili, devono essere registrati nella banca dati dell’anagrafe zootecnica nazionale (BDN). L’allevatore può sottoscrivere la copertura assicurativa in forma singola (polizza individuale) o aderire ad una polizza collettiva il cui contraente è il Condifesa. Affinché la copertura assicurativa possa essere agevolata deve seguire un iter ben preciso, prima di sotto scrivere il contratto è necessario che l’allevatore si faccia rilasciare da parte del proprio CAA (Centro di assistenza agricola) il Pai (Piano assicurativo individuale). Prima del rilascio del Pai è necessario allineare la consistenza della mandria con i dati contenuti nella banca dati nazionale, elemento oggetto di controllo da parte di Agea nella fase di erogazione del contributo pubblico. Leggi l’articolo completo su www.foglie.tv Francesco Martella
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Agricoltura
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RINNOVATO IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA BCC CONVERSANO
ANTONIO LARUCCIA È IL NUOVO PRESIDENTE, DONATO FANELLI ENTRA NEL CDA
Rinnovato il Consiglio di Amministrazione della Bcc (banca credito cooperativo) Conversano. Nuovo presidente è il dott. Antonio Larruccia che succede all’ex presidente Giuseppe D’Orazio, scomparso qualche mese fa. Del Consiglio fanno parte Gianvincenzo Maria Angelini de Miccolis (ex sindaco di Puti-gnano), Michele D’Attoma, Felice Giuseppe Gungolo, Angela Lorusso, Donato Magistà, Andrea Rotolo, Annamaria Spada e Donato Fanelli (gia Presidente Nazionale Giovani Coldiretti e Vice Presidente del Ceja, il consiglio dei giovani agricoltori europei , nonché editore con la G.ED.A di Foglie e FoglieTV ed imprenditore nel settore ortofrutti-colo) . “Affronto questa nuova sfida – dichiara Fanelli - in un momento difficile dopo la crisi causata dalla pandemia con entusiasmo e consapevolezza di poter dare a questa prestigiosa istituzione un contributo di idee per lo sviluppo in particolare dei settori agricolo e agroalimentare”. Del Collegio sindacale fanno parte: Giuseppe Lofa-no (Presidente), Angelo Sciannamblo e Maria Losavio (sindaci effettivi), Vito Fanel-li e Rosa Volza (sindaci supplenti).
Del Collegio dei Probiviri fanno parte: Angelo Donato (Presidente), Vito Cerri e Monica Falcone (membri effettivi), Antonia Lamascese e Andrea Minoia (membri supplenti). Il direttore Generale è il rag. Donato Venerito, il vice direttore De Vivo Roberto. Fondato nel 1958 da 64 artigiani e agricoltori, il Banco di Credito Cooperativo di Conversano ha sedi in sette città (oltre naturalmente Conversano (direzione generale, sede centrale e due agenzie) , le altre sono Mola di Bari, Rutigliano, Putignano, Bari, Triggiano e Noci, e il 1° gennaio 2019 è entrato nel gruppo Cassa centrale Banca. Espressione del territorio in cui opera Bcc Conversano è una banca legata alle famiglie e alle piccole e medie imprese, agisce da volano per l'economia del territorio, creando un circolo virtuoso che ha inizio con la rac-colta e la gestione del risparmio della clientela privata, si alimenta con il reinvestimento di queste risorse nell'economia locale attraverso l'erogazione di finanziamenti alle imprese e alle famiglie, e si chiude con il sostegno alla crescita e all'occupazione nelle comunità lo-cali.
ISTAT: COLDIRETTI PUGLIA, IL 55% AGRICOLTORI HA RISPOSTO AL CENSIMENTO; PRIMA VOLTA NEI CAA l 55% delle imprese agricole ha già risposto al settimo censimento generale dell’agricoltura che servirà a capire come sta cambiando il settore agricolo anche in considerazione dell’emergenza Covid e al suo impatto sull’economia, raccogliendo i dati indispensabili alle future politiche di sviluppo di un comparto strategico per gli approvvigionamenti alle famiglie, per l’export e per la sovranità alimentare della Puglia e del Paese. E’ quanto spiega la Coldiretti Puglia, con riferimento al censimento che sta coinvolgendo le imprese agricole che per la prima volta possono rivolgersi ai CAA (Centri di Assistenza Agricola) della Coldiretti in tutta la Puglia per assistenza e supporto nella compilazione dei questionari Istat in formato esclusivamente digitale. Tale attività di assistenza è un ulteriore esempio di attività di affiancamento delle imprese che la legge – spiega Coldiretti - assegna al CAA in un’ottica di semplificazione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione e di supporto per gli adempimenti burocratici. Grazie ad una profonda conoscenza della realtà agricola il CAA Coldiretti può contribui
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re, svolgendo le interviste che costruiscono il censimento, a realizzare la fedele fotografia del patrimonio agroalimentare del Paese. I dati richiesti serviranno per conoscere le caratteristiche generali delle aziende agricole italiane, l'utilizzo dei terreni, la consistenza degli allevamenti, la forza lavoro utilizzata ed eventuali attività connesse. La rilevazione è prevista dal Regolamento (UE) 2018/1091 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 luglio 2018 relativo alle statistiche integrate sulle aziende agricole e Regolamento di esecuzione (UE) 2018/1874 della Commissione del 29 novembre 2018 sui dati da presentare per l’anno 2020 a norma del Regolamento (UE) 2018/1091 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 luglio 2018. Il censimento dovrà concludersi entro il 30 giugno 2021 e tenuto conto delle restrizioni dovute alla pandemia, tempi e modalità delle rilevazioni dovranno essere previamente concordati dagli imprenditori con gli operatori dei CAA. Per tutte le informazioni ci si può rivolgere alle sedi dei CAA Coldiretti distribuite su tutto il territorio regionale.
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