FOGLIE n.18/2019

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Agricoltura • Agroalimentare • Turismo RURALE

DATA DI SCADENZA SULLE PROMESSE

BELLANOVA: “300MLN A DISPOSIZIONE DI AGRICOLTORI E FRANTOIANI ENTRO 1° GENNAIO 2020” agricoltura Spesa Psr, Puglia ultima in Italia

AGROALIMENTARE 4 prodotti a rischio su 5 provengono dall’estero Tasse su merendine, le esperienze delle altre nazioni

N° 18 • 15 OTTOBRE 2019





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ditoriale

15 ottobre 2019 - n.18 - Anno 14

Quindicinale di Agricoltura Agroalimentare Turismo RURALE

Iscritto all’Albo Cooperative a Mutualità Prevalente N.A182952 Editrice

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4 prodotti a rischio su 5 provengono dall’estero

el 2019 in Italia è scoppiato fino ad oggi più di un allarme alimentare al giorno, per un totale di 281 notifiche inviate all’Unione Europea durante l’anno. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata al Forum Internazionale dell’agroalimentare a Cernobbio dove è stata apparecchiata la tavola dei cibi più pericolosi venduti in Italia nel 2019 sulla base delle elaborazioni del sistema di allerta Rapido (Rassf) relative ai primi nove mesi. Sul totale di 281 allarmi che si sono verificati 124 provenivano da altri Paesi dell’Unione Europea (44%) e 108 da Paesi extracomunitari (39%). In altre parole oltre quattro prodotti su cinque più pericolosi per la sicurezza alimentare provengono dall’estero (83%). I pericoli maggiori per l’Italia sono infatti venuti dal pesce spagnolo, come tonno e pescespada, con alto contenuto di mercurio e dal pesce francese, sgombro in primis, per l’infestazione del parassita Anisakis, ma sul podio del rischio ci sono anche i materiali a contatto con gli alimenti (Moca), per i quali si riscontra la cessione di sostanze molto pericolose per la salute del consumatore (cromo, nichel, manganese, formaldeide ecc.), in particolare per quelli importati dalla Cina. Nella black list alimentare ci sono poi i pistacchi dalla Turchia e le arachidi dall’E-

gitto per l’elevato contenuto di aflatossine cancerogene, presenti anche nei pistacchi dagli Stati Uniti e la salmonella enterica nelle carni avicole polacche. Sul podio dei Paesi da cui arrivano in Italia il maggior numero di prodotti rischiosi al primo posto c’è la Spagna con 54 notifiche, riguardanti principalmente la presenza di mercurio nel pesce, seguita dalla Cina con 28 segnalazioni, soprattutto per migrazione di metalli nei materiali a contatto con alimenti e dalla Turchia con 22 avvisi, maggiormente per aflatossine nella frutta in guscio. La Cina e la Turchia rappresentano rispettivamente appena il 2% e l’1% del valore delle importazioni agroalimentari in Italia (e questa percentuale parametrata con il livello di qualità di ciò che arriva deve indurre più di una serie riflessione sull’export da tali nazioni) mentre la Spagna arriva circa al 10%. Ancora una volta invece i dati evidenziano il primato del Made in Italy nella sicurezza alimentare a livello internazionale ed europeo, dove la media delle irregolarità è del 2,5%, ma preoccupa la presenza sul territorio nazionale di alimenti di importazione con elevati livelli di residui. Ciò dimostra l’importanza di una informazione corretta con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine nazionale dei prodotti che va esteso a tutti gli alimenti.



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ommario

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5 editoriale

rischio 5 4A prodotti su 5 provengono dall’estero

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alimentazione agroalimentare

9 dazi

Cosa accadrebbe per prodotti made in Italy

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uomini e donne Longevità diversa (anche) per cibo

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16 TAssA merendine

Le esperienze delle altre nazioni

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AGRICOLTURA

8 pac 2020-2027 Verso la flat rate?

10 psr, puglia ultima A rischio 160 mln €

12 green Le iniziative pugliesi

20 verona fiere

13 bellanova

26 buyer internazionali

Xylella, 300 mln entro 1/1/2020”

La rassegna sul vino in Sud America Vogliono il made in Italy

pesca pugliese 29 Invenzione Da posidonia in calcestruzzo contro l’erosione costierali


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gricoltura

Il sistema dei pagamenti diretti potrebbe subire una riforma epocale

PAC 2021 – 2027: VERSO LA FLAT RATE? di Avv. Gabriele Romagnuolo

Il quinquennio previsto dalla PAC 2014 – 2020 è oramai prossimo alla sua conclusione. Il sistema dei pagamenti diretti potrebbe subire una riforma epocale con l’abolizione dei titoli e l’affermazione di un principio teso alla semplificazione dei procedimenti amministrativi. Infatti con il superamento dei titoli, l’abolizione del premio “greening” che rientrerà automaticamente per via del rafforzamento degli impegni inclusi nella condizionalità, il concetto di pagamento base verrà superato lasciando spazio ad una nuova dicitura: sostegno di base al reddito per la sostenibilità. Quindi il premio disaccoppiato potrebbe non essere più associato ai titoli ma alla semplice superficie per ettaro ammissibile.

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on la nuova Pac 20212027 anche l’Italia avrà la possibilità di superare il regime dei titoli all’aiuto per passare al pagamento annuale uniforme per ettaro ammissibile (flat rate), attualmente in vigore nei paesi dell’est Europa. Gli agricoltori presentano annualmente la domanda con le superfici ammissibili e ricevono un pagamento uniforme ad ettaro, senza la necessità di possedere i titoli. Una riforma che, superando la logica dei titoli, mira a semplificare in maniera sostanziale l’iter amministrativo teso alla concessione dei pagamenti diretti; infatti la grande difficoltà per l’Italia in questi anni è stato ridistribuire, in maniera equa, i pagamenti attraverso il Sian che risulta essere un concentrato di insidie ed anomalie.

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I principi dettati dal legislatore comunitario, e lo dico per esperienza professionale, in tantissimi casi sono stati calpestati da un programma telematico che con i suoi algoritmi finisce per frustrare i diritti del singolo produttore che, da un anno all’altro, si spacca la schiena per quadrare le proprie economie e guadagnarsi “il pane”. Pertanto, se è vero che il Sian è un generatore di anomalie, è pur vero che semplificare la modalità di pagamento potrebbe costituire una forte agevolazione per il nostro Organismo Pagatore. Potremmo assistere all’estinzione del registro titoli nazionale e con esso semplificare anche i trasferimenti di conduzione dei terreni senza dover disporre, contestualmente, anche i trasferimenti dei titoli con tutte le insidie del caso. Il tema, a parere di chi scrive, è semplice. Occorre riconoscere il dirit-

to al sostegno del reddito per i nostri produttori semplificando in maniera più profonda possibile il procedimento amministrativo, oramai completamente telematico, teso al riconoscimento del pagamento. Infine sarebbe opportuno delocalizzare gli uffici Agea presso tutte le regioni italiane, al netto di quelle che già godono di propri organismi pagatori, creando dei servizi a sportello per aiutare i produttori, ed eventualmente i CAA mandatari, nella risoluzione delle problematiche legate alla gestione del fascicolo aziendale. In buona sostanza, e lo dico per esasperare il concetto, occorre superare l’era in cui per una lettera sbagliata nel codice fiscale il produttore, che magari s’è visto penalizzata la produzione per un evento climatico nefasto, si vede bloccato il sostegno.

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groalimentare

Se Trump darà via libera

Cosa accadrebbe con i dazi per alcuni prodotti made in Italy di Rino PAVONE

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na bottiglia di prosecco da 5-6 euro a bottiglia in Italia nella grande distribuzione degli Stati Uniti può costare l’equivalente in dollari di 10-15 euro. Con un dazio del 100% il prezzo arriverebbe a 20-30 euro. L’export del prosecco ha messo a segno nel 2019 un più 17%. Negli Usa le esportazioni sono cresciute del 10%. Un chilo di grana padano che si trova oggi al supermercato a 1215 euro al chilo negli Usa può costare l’equivalente di 30-35 euro. Con dazi al 100% domani si potrebbe arrivare a 60-70 euro al chilo «e in questo caso saremmo fuori mercato», dicono al consorzio. Se i dazi si fermassero al 30%, il prezzo toccherebbe 45 euro.

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Il prezzo di un pacco di pasta che in Italia costa 1,5 euro al chilo, negli Usa sale a 2,75 euro al chilo che, con l’applicazione dei dazi al 100% — calcola Coldiretti — passerebbe a 3,75 euro al chilo. Ora sulla pasta le tariffe sono in media di 6 centesimi al chilo. Nel 2018 l’export di pasta negli Stati Uniti è stato di circa 305 milioni. Il prezzo di un pacco di pasta che in Italia costa 1,5 euro al chilo, negli Usa sale a 2,75 euro al chilo che, con l’applicazione dei dazi al 100% — calcola Coldiretti — passerebbe a 3,75 euro al chilo. Ora sulla pasta le tariffe sono in media di 6 centesimi al chilo. Nel 2018 l’export di pasta negli Stati Uniti è stato di circa 305 milioni.

La mozzarella di bufala Campana Dop costa in Italia in media 18 euro al chilo. Negli Usa il prezzo al chilo è equivalente a 41,3 euro, che salirebbe a 82,6 euro — secondo Coldiretti — nel caso fossero applicati dazi pari al 100% del prodotto. Ora le tariffe sulla mozzarella sono di 2 euro al chilo. L’export di formaggi vale 273 milioni. Un etto di prosciutto di Parma o di San Daniele oggi nei supermercati Usa costa dai 35 ai 60 dollari al chilo. Lo stesso etto di prosciutto in Italia costa 28-34 euro al chilo. Se i dazi arrivassero al 100% si supererebbero i 70-90 euro al chilo. Nel primo semestre ’19 l’export del San Daniele negli Usa è cresciuto del 4%.

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gricoltura

PSR 2014-2020 Puglia

Caroppo (LEGA): “A rischio 160 mln di € dei pugliesi, terribile irresponsabilità politica” «Quello che sta accadendo con il mancato utilizzo dei fondi comunitari non certifica solo una indicibile incompetenza amministrativa, ma una terribile irresponsabilità politica. Sono seriamente preoccupato per gli agricoltori che - in un contesto già drammaticamente segnato dalla piaga della Xylella - rischiano di perdere ben 160 milioni che dovevano tornare nelle tasche dei pugliesi», commenta così l’On. Andrea Caroppo, la Tabella Agea con i dati relativi all’avanzamento della spesa (pubblica e quota Feasr) di Regioni e Province autonome al 31 agosto 2019 e al conseguente disimpegno automatico dei fondi al 31.12.2019. «I dati relativi all’utilizzo dei fondi europei agricoli per lo sviluppo rurale vedono la Puglia regione “canaglia”, all’ultimo posto con indicatori pessimi. Non si tratta - spiega Caroppo - di commentare sterilmente una classifica, ma di coglierne le conseguenze drammatiche: da una parte, i fondi comunitari non vengono utilizzati e gli agricoltori attendono da anni che i loro progetti vengano finanziati, dall’altra la Puglia rischia di dover restituire il 31 dicembre ben 160 milioni di €, denari che dovevano tornare nelle tasche dei pugliesi. Mi pare che nessuno, a cominciare dal Presidente e Assessore all’agricoltura, Emiliano, abbia chiara la portata del disastro che si sta abbattendo sulla Puglia e sui pugliesi. Esattamente come è accaduto con la Xylella. Mi auguro - conclude Caroppo - che anche in questo caso non ci si voglia ricordare del malato dopo che è morto: anziché occuparsi della sua personale ricandidatura, Emiliano individui immediatamente un assessore all’agricoltura con il precipuo compito di evitare questa ennesima catastrofe». PSR, FDI E DIT: PEGGIO DI COSI’ E’ DAVVERO DIFFICILE FARE, UNA VERGOGNA SENZA PRECEDENTI L’ Agricoltura pugliese? Peggio di così è davvero difficile fare. Quando pensavamo di aver visto di tutto di più: Xylella, alluvioni, gelate, paesaggi cancellati, frantoi chiusi, produzione di olio dimezzata… ecco che arriva il flagello peggiore: la Regione Puglia. Il presidente Michele Emiliano e la sua Giunta, invece, che essere di supporto e sostegno è invece il killer di un settore che vive un momento di crisi senza precedenti. “La Puglia è ultima

nella spesa dei fondi comunitari! Una posizione mai toccata prima. Dei Fondi messi a disposizione dal PSR 20142020 sono stati spesi solo poco più del 20% e l’Europa punisce chi non riesce a utilizzare le risorse messe a disposizione, questo significa che se la situazione rimane questa a fine anno la Puglia dovrà restituire oltre 157 milioni di euro. Un danno di proporzioni inenarrabili: giovani agricoltori, aziende agricole, masserie e agriturismo che sperava-

no di veder finanziati i loro progetti di ristrutturazione o miglioramento non vedranno 1 solo euro! “Ma com’era quella storiella raccontata dal presidente Emiliano e dall’ex ministro al Sud Lezzi sulla Puglia ‘regione virtuosa’ sulla spesa comunitaria? La Lezzi non è stata neppure riconfermata dal ConteBis, il presidente Emiliano ci conceda il Bis della conferenza stampa, oppure venga in aula a riferire su questa VERGOGNA SENZA PRECEDENTI”.

PSR, FITTO: LA PUGLIA E’ ULTIMA! NON E’ MAI SUCCESSO PRIMA! SE NE TRAGGA LE CONSEGUENZE Il co-presidente del gruppo europeo ECR-FRATELLI D’ITALIA, on. Raffaele Fitto, commenta gli ultimi dati relativi al 31 agosto: “PUGLIA ULTIMA! Un vero colpo mortale per l’Agricoltura pugliese: la Rete Rurale Nazionale certifica che la Puglia, al 31 agosto scorso, è la Cenerentola delle Regioni italiane per la spesa dei fondi pubblici e quota FEASR. In soldoni significa che c’è il rischio concreto che oltre 157 milioni di euro, del Programma di Sviluppo Rurale (PSR), rischiano di essere restituiti all’Europa, perché la Regione Puglia non è stata in grado di spenderli! Per questo presenterò alla Commissione Europea un’inter-

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rogazione urgente per conoscere le eventuali misure da mettere in atto per cercare di scongiurare questo danno incommensurabile per tutti coloro che sono in attesa che i progetti presentati vengano finanziati. “Ma non posso non ricordare che per molto meno, in passato, sarebbero saltate le teste dei politici responsabili di un disastro di queste dimensioni, che con il presidente Michele Emiliano sono diventate enormi sciagure. La Puglia era penultima con Di Gioia, ora con lui è ultima. Ne dovrebbe trarre le conseguenze! “Insomma, al disastro ambientale-politico-socio-economico che l’Agricoltura pugliese sta vivendo

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si aggiunge la catastrofe burocratica di una Regione che con i suoi vertici politici e la struttura dell’Assessorato non è stata in grado di sfruttare l’opportunità che gli investimenti europei garantiscono per lo sviluppo rurale. “I dati sono davvero sconfortanti: si registrano notevoli differenze fra le varie Regioni (si allega tabella AGEA): la Puglia ha speso circa il 21,71% al 31 agosto scorso, un dato notevolmente inferiore sia alla media nazionale al 34,84% che a quella delle Regioni del sud , che sono al 30,32%. La Regione Puglia è anche ultima, a notevole distanza dalle altre Regioni, come percentuale di realizzazione delle spese

degli anni di impegno 2015/2016 con appena il 60,46%. Mi sarei aspettato che fosse lo stesso Emiliano a rendere pubblici questi dati, magari con una di quelle conferenze stampa alle quali ci ha abituati, nella quale racconta ai pugliesi che tutto va benissimo e che i fondi europei sono spesi tutti magari oltre il 100%!!! Non è vero, i finanziamenti li perdiano, mentre … la Xylella avanza e un intero territorio è distrutto per sempre. Che dire, complimenti davvero al presidente Emiliano: da assessore all’Agricoltura ha raggiunto un record mai stabilito prima dai suoi predecessori: ULTIMO NELLA SPESA DEI PSR DELLE REGIONI ITALIANE!”

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gricoltura

A Cernobbio in occasione dell’apertura del Salone

MANOVRA: DA ECONOMIA CIRCOLARE BUSINESS DA 88 MLD

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ai mobili di fichi d’india alle bambole e bomboniere con la lana di pecora che da rifiuto speciale diviene anche materiale pregiato per occhiali contadini all’ultima moda, anche dalla Puglia arriva un contributo importante all’economia circolare, il cui valore sale a 88 miliardi in Italia grazie alla crescita delle attività green che vanno dall’uso degli scarti per la produzione di oggetti alla condivisione di beni e servizi, dalla riparazione dei prodotti domestici al trattamento dei rifiuti e alla raccolta differenziata. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti su dati Ambiente Italia diffusa a Cernobbio in occasione dell’apertura del “Salone dell’Economia Circolare” dove sono state mostrate le esperienze imprenditoriali più innovative legate al Green New Deal della manovra economica del Governo con gli interventi salva clima. Gli esempi di economia circolare anche in Puglia sono tanti. Due belle e giovani sorelle di Altamura – continua la Coldiretti - Rosa e Paola hanno deciso di trasformare la lana da rifiuto speciale in bambole e bomboniere contadine. Le bambole sono

completamente realizzate a mano, con la lana cardata delle loro pecore, colorata con i pigmenti estratti dalle piante tintoree del loro territorio. Ma dalla loro lana nascono anche sciarpe e cappelli, indumenti per bambini e oggetti vari, alcuni dei quali, come il manto delle pecorelle, vengono lavorati con gli utensili di un tempo. O ancora chi come Donato nella sua fattoria dà alla lana di scarto una seconda vita e da rifiuto speciale da smaltire a pagamento diventa materiale necessario per la montatura di caratteristici occhiali contadini. Un’idea che vale

il rilancio della lana autoctona, dalla pecora Gentile di Puglia è una nuova strada per l’allevatore che sbarca nel mondo dell’alta moda direttamente da Altamura. I colori sono quelli naturali del vello delle pecore. Ma c’è anche un vero e proprio agri-

mobiliere, Marcello che a Lecce con le pale di fico d’india, frutto che più caratterizza il selvaggio e caldo paesaggio pugliese, crea la prima linea di mobili e complementi d’arredo interamente rivestiti dalla fibra delle pale della pianta mediterranea che altrimenti sarebbero destinate allo smaltimento.

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XYLELLA: “SUBITO RIPARTIZIONE”

BELLANOVA: “300MLN A DISPOSIZIONE DI AGRICOLTORI E FRANTOIANI ENTRO 1° GENNAIO 2020”

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econdo il Ministro delle Politiche Agricole Bellanova “entro il 1° gennaio 2020 saranno a disposizione di agricoltori e frantoiani i 300 milioni di euro stanziati dal Decreto Emergenze per rimettere in moto la più grande fabbrica green del Sud Italia”. “L’analisi dell’andamento della produzione olivicola, elaborata da Coldiretti sulla base dei dati del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN), fornirà al Ministro una fotografia reale che consentirà di procedere con la ripartizione delle risorse. Il danno al patrimonio olivetato nelle 3 province di Lecce, Brindisi e Taranto è salito ad oltre 1,6 miliardi di euro. Da quando è stata confermata la presenza della Xylella fastidiosa a Lecce, la produzione di olio ha subito un trend negativo irreversibile, con il minimo storico di 5.295 tonnellate prodotte nell’ultima campagna 2018/2019 e un crollo del 90%, mentre a Brindisi la produzione di olio è diminuita del 38%, seguita a ruota dal calo della produzione in provincia di Taranto dove c’è stata la virata della malattia”, hanno denunciato i presidenti di Coldiretti Lecce e Brindisi, Cantele e De Miccolis, alla riunione con il Ministro Bellanova, sostenuta anche dal Premier Conte che ha annunciato un lavoro condiviso del Governo per mettere a disposizione immediatamente le risorse già stanziate. “La ripresa dell’agricoltura e la rigenerazione del paesaggio passano attraverso l’attivazione immediata dei decreti attuativi per l’emergenza Xylella per dare sostegno alle imprese olivicole e ai frantoi e la liberalizzazione dei reimpianti anche nell’area vincolate, perché serve in N° 18 - 15 ottobre 2019

Puglia una massiccia ripresa produttiva. Il Salento sta morendo da 6 anni di Xylella e soprattutto di burocrazia”, hanno insistito i presidenti di Coldiretti. Al contempo bisogna fermare il contagio che sta avanzando inesorabilmente verso nord ad una velocità di più 2 chilometri al mese – denuncia Coldiretti Puglia – dopo aver già provocato con 21 milioni di piante infette una strage di ulivi lasciando un panorama spettrale. “Da Brindisi a Santa Maria di Leuca ci sono intanto 100 chilometri di patrimonio olivicolo devastato, con ritardi, errori

e scaricabarile regionali che hanno favorito l’avanzata della malattia, con la prima condanna della Corte di Giustizia Europea per inadempienza nella gestione della Xylella. Se pretendiamo di farci aiutare dall’UE perché il danno è tale da non poter essere gestito con le sole risorse nazionali, le istituzioni regionali devono ottemperare agli obblighi comunitari sugli espianti nelle zone contenimento e cuscinetto, in caso contrario continueremo ad accumulare solo condanne e potremo dimenticarci di essere aiutati”, hanno concluso i presidenti di Coldiretti.

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limentazione

Valutando le abitudini alimentari delle donne i consigli agli uomini

PERCHÉ LE DONNE VIVONO PIÙ A LUNGO DEGLI UOMINI?

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econdo i dati Istat, gli uomini italiani hanno un’aspettativa di vita media di 80,8 anni e le donne di 85,2 anni. La diminuzione del tasso di natalità e il contemporaneo aumento della capacità di sopravvivenza hanno determinato l’invecchiamento della popolazione. Tra i modulatori dell’invecchiamento precoce grande importanza rivestono sicuramente la nutrizione e lo stile di vita, ai quali si correlano la prevenzione, l’instaurarsi o l’aggravarsi di diverse patologie, soprattutto nel soggetto anziano. Avere una maggiore speranza di vita significa anche aumentare le possibilità di contrarre malattie invalidanti che fanno invecchiare precocemente, mentre la speranza di tutti è di poter vivere bene, quindi con la maggiore salute possibile anche in età avanzata. Per aumentare la possibilità di benessere in età anziana la prevenzione ha un ruolo molto importante, ruolo che probabilmente ha

influito sulla maggiore attesa di vita delle donne italiane. Per questo motivo l’Osservatorio nutrizionale Grana Padano ha analizzato le abitudini alimentari degli over 40 e valutato le differenze nutrizionali e di stile di vita tra i due sessi, differenze che possono, in qualche modo, predisporre a un miglior invecchiamento. Dall’analisi dei dati rilevati di circa 4000 persone intervistate è emerso che effettivamente le donne mangiano diversamente dagli uomini, in particolare mangiano in modo significativo più proteine, più vitamina A, acido folico e vitamina C, mangiano più verdura e pranzano più spesso a casa, rispetto agli uomini che di frequente consumano il pranzo fuori casa. I ricercatori ipotizzano che il beneficio sia dato prevalentemente dal maggiore consumo di verdura delle donne, probabilmente per l’azione antiossidante data dai polifenoli, ca-

rotenoidi, vitamine e sali minerali. L’indagine mette anche in evidenza che gli uomini del campione utilizzato hanno un comportamento meno virtuoso che influisce maggiormente sulla loro salute. Infatti, gli uomini intervistati utilizzano più alcolici, in quantità tripla rispetto a quella consumata delle donne, più bibite zuccherate e fumano di più. Il 69% delle donne intervistate non ha mai fumato, mentre tra gli uomini intervistati circa la metà è o è stata fumatrice. Se l’alcol è un fattore che predispone all’invecchiamento precoce, il fumo è sicuramente una cattiva abitudine che assicura danni permanenti che possono dimostrarsi molto pericolosi in età anziana. Uno studio della dott.ssa Barichella, pubblicato di recente sulla prestigiosa rivista Neurology, dimostra che l’integrazione nutrizionale abbinata all’attività fisica migliora la performance motoria e riduce l’inabilità.

I CONSIGLI DEGLI ESPERTI AGLI UOMINI PER EVITARE L’INVECCHIAMENTO PRECOCE •

Garantire il fabbisogno proteico. Si raccomanda almeno 1,1 grammo di proteine al giorno da assumere con il secondo piatto (carne, pesce, formaggio) per assicurare una buona massa muscolare.

Mangiare più verdura a foglia verde per garantire l’acido folico.

Utilizzare latte, latticini e yogurt

Limitare l’ alcol a non più di 2 bicchieri di vino (125 cl cad.) al giorno.

Non fumare

Praticare ogni giorno attività fisica aerobica a bassa e media intensità, esercizi di rinforzo muscolare, senza esagerare ed evitare stress fisici eccessivi nello sport.

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groalimentare

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Dopo la recente ipotesi di alcuni membri del governo

Tassa sulle merendine: le esperienze di altri Paesi e i possibili effetti in Italia

a recente ipotesi di alcuni membri del governo di introdurre una “tassa sulle merendine”, con la quale reperire risorse per scuola e università, ha sostanzialmente diviso l’opinione pubblica in due: da un lato, coloro che la considerano negativamente giudicandola poco più di una boutade, e dall’altro lato coloro che sono favorevoli, soprattutto perché incentiverebbe stili di vita più sani. E’ fuor di dubbio che tra i principali fattori di rischio di numerose patologie vi siano lo stile di vita e l’alimentazione, e che quindi sia anche interesse dello Stato (e del sistema sanitario nazionale) promuovere corrette abitudini alimentari. Ma una nuova imposta può essere la soluzione? In realtà, il dibattito sulla cosiddetta “sugar tax”, e cioè su una imposta che colpisce bevande zuccherate, merendine e così via (e sulla cosiddetta “fat tax”, che colpisce invece i cibi ricchi di grassi saturi) si sviluppa da almeno un decennio, ed anzi è proprio attorno al 2010-2011 che tali imposte sono state introdotte in diversi Stati. Nondimeno, nel 2014 e nel 2015 si sono occupate del tema anche l’Unione Europea e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso due report che hanno evidenziato chiaramente luci ed ombre delle “tasse sul cibo”. Pertanto, a distanza di qualche anno si possono certamente già ottenere alcune indicazioni sull’efficacia di tali misure. Le esperienze dei Paesi che hanno introdotto queste imposte ci forniscono risultati contrastanti. Ad

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esempio, Finlandia ed Ungheria hanno avuto buoni risultati in termini di diminuzione del consumo degli alimenti tassati (principalmente, bevande zuccherate e junk food) e anche di riformulazione di tali alimenti secondo standard più “sani” da parte dei produttori, che hanno ridotto o sostituito gli ingredienti tassati. D’altra parte, nel 2011 la Francia ha introdotto un’imposta sulle bevande zuccherate, che ha comportato un decremento solo temporaneo del consumo degli alimenti tassati, tant’è vero che dopo poco tempo i livelli di consumo sono tornati a quelli precedenti. Inoltre, questa imposta è stata traslata quasi interamente sul consumatore finale, che quindi ha subito interamente, quale ultimo “anello” della catena produttiva, il rincaro di tali beni. Più complessa invece l’esperienza della Danimarca, che ha introdotto e poi abrogato nel 2012 un’imposta sui grassi saturi, imposta che aveva sì comportato una riduzione dei consumi di grassi saturi ma che allo

stesso tempo aveva contribuito ad una significativa perdita di posti di lavoro e alimentato l’acquisto transfrontaliero di tali beni, con i Danesi che “eludevano” l’imposta facendo spese nella vicina Germania. Alla luce di questi risultati, che cosa potremmo aspettarci in Italia dall’introduzione di forme di tassazione simili? E’ difficile dire a priori se un tale sistema di tassazione sia effettivamente in grado di raggiungere lo scopo, sia esso meramente di gettito fiscale o di incremento della salute della popolazione. L’impressione è che le criticità tecniche nella introduzione di una “tassa sulle merendine” siano maggiori dei risultati previsti. Ciò perché la strutturazione di una simile imposta deve tenere in considerazione il principio fondamentale della progressività del sistema tributario, e una “tassa sulle merendine” rischierebbe di essere non solo non progressiva, ma persino regressiva, cioè i contribuenti più poveri

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sosterrebbero il “peso” dell’imposta in misura maggiore rispetto ai contribuenti con un reddito più elevato. Alcuni studi hanno infatti evidenziato che le fasce più povere della popolazione da un lato spendono in cibo una percentuale maggiore del proprio reddito rispetto ai soggetti con redditi più alti, e dall’altro lato consumano decisamente più junk food (e in particolare il cibo ad alto contenuto di grassi saturi) rispetto alle fasce di popolazione più abbienti. In altri termini, l’effetto combinato di queste due circostanze finirebbe per penalizzare quasi solamente le fasce più povere della popolazione, lasciando un quadro sostanzialmente immutato per le fasce a più alto reddito. Questo di per sé non vorrebbe dire che una imposta del genere sarebbe “automaticamente” incostituzionale: nel nostro sistema tributario non è necessario che tutte le imposte siano progressive per rispettare il dettato costituzionale, ma è necessario che lo sia il sistema nel suo complesso (e nel nostro sistema fiscale, com’è noto, la progressività è assicurata dalle aliquote Irpef). Tuttavia, innestare una imposta tendenzialmente regressiva nel nostro Paese, che ha già una tassazione nel complesso poco progressiva (stante la presenza, tra l’altro, di numerose imposte soN° 18 - 15 ottobre 2019

stitutive proporzionali e di un’elevata tassazione indiretta) pone sicuramente qualche problema in termini di ragionevolezza del sistema fiscale e di equità. Il caso della Danimarca mette inoltre in evidenza il rischio di causare penalizzazioni e distorsioni nell’industria alimentare e nel commercio. In Danimarca si è avuto un netto aumento dei costi amministrativi delle imprese per la gestione di tali imposte (in particolare per le piccole e medie imprese) e una riduzione dei posti di lavoro: sindacati e associazioni di categoria danesi avevano lamentato una perdita di oltre mille posti di lavoro nell’industria alimentare a seguito dell’introduzione del tributo. E’ pur vero che ogni Paese (e ogni imposta) fa storia a sé, ma l’esperienza danese ci mostra

due rischi che, visto l’attuale contesto economico, sarebbe imprudente correre. In conclusione, quindi, è probabile che l’introduzione di una “tassa sulle merendine” non sia il modo migliore né per soddisfare esigenze di gettito, né per incentivare stili di vita sani e corretta alimentazione nel contesto italiano. Le difficoltà tecniche di strutturare una tassa equa, non distorsiva e compatibile con il tessuto economico italiano sono molte, e sembrano comportare più rischi che benefici. Delegare l’educazione ad una corretta alimentazione alle imposte e al sistema fiscale, già piuttosto pervasivo nel nostro Paese, invece che a programmi di informazione e di educazione, tutto sommato non sembra essere la strada più efficiente.

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Nella contea di Orangeburg, nel cuore della Carolina del Sud

Cerimonia per la posa della prima pietra dello stabilimento di Valagro negli Stati Uniti

Valagro, azienda leader nella produzione e commercializzazione di biostimolanti e specialità nutrizionali per le colture, ha ufficializzato la costruzione dello stabilimento di Orangeburg, negli Stati Uniti, con una cerimonia per la posa della prima pietra alla quale hanno partecipato stimati ospiti, esponenti delle autorità locali e dello Stato della Carolina del Sud, e alcuni rappresentanti del governo federale. In linea con la sua attenzione per l’innovazione, lo stabilimento vedrà l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia per la produzione di micronutrienti chelati e biostimolanti negli Stati Uniti. L’apertura del sito produttivo inoltre comporterà la creazione di quasi 50 nuovi posti di lavoro destinati ad una manodopera altamente specializzata. Grazie all’impianto di produzione di Orangeburg, Valagro sarà in grado di rispondere meglio all’attuale e futura domanda americana di soluzioni innovative per l’agricoltura sostenibile, di servire più efficacemente i clienti nordamericani e di promuovere l’uso di prodotti biologici in agricoltura.

Giuseppe Natale CEO di ValagrO

“Il nuovo stabilimento americano è una parte fondamentale della strategia di produzione globale di Valagro ed è un’ulteriore prova della continua e solida crescita dell’azienda a livello globale. Ma al di là di

questo, vorrei sottolineare il ruolo dello stabilimento rispetto al più ampio obiettivo di creare le condizioni per lo sviluppo dell’agricoltura del futuro in un mercato come quello degli Stati Uniti che è essenziale per noi come lo è per il settore agricolo globale in generale.


Per questo abbiamo associato questo evento al nostro progetto globale Valagro for Future Farming: lo stabilimento di Orangeburg sarà un presidio di innovazione, dove la scienza è applicata all’agricoltura per produrre soluzioni in grado di aiutare i produttori agricoli a ottenere raccolti più abbondanti e di migliore qualità in maniera più efficiente. Questo è il nostro impegno.”

del Sud, un’ulteriore testimonianza del nostro clima favorevole alle imprese e di una forza lavoro ben addestrata. Mi congratulo con Valagro e la Contea di Orangeburg per questa straordinaria nuova partnership e non vedo l’ora di vederla prosperare per gli anni a venire”.

Henry McMaster

“Quando una nuova attività arriva nella Carolina del Sud, questo la dice lunga non solo sul clima economico, ma anche sulla nostra forza lavoro. Non vedo l’ora di scoprire cosa riserva il

Governatore dello Stato della Carolina del Sud

“Celebriamo l’ennesima azienda internazionale che sceglie di fare affari in Carolina

Michael C. Butler Sindaco di OrangeburG

“Mi unisco al Consiglio comunale di Orangeburg per accogliere Valagro, leader nella produzione e commercializzazione di biostimolanti e specialità nutrizionali per le colture. Il loro impegno trova un riscontro positivo nella nostra forza lavoro e fornirà percorsi di carriera di

Bobby Hitt Segretario al Commercio, Dipartimento del Commercio della Carolina del Sud

qualità ai nostri cittadini. Creando questi posti di lavoro, 47 famiglie ne trarranno beneficio e la nostra comunità continuerà a prosperare. Non vediamo l’ora di lavorare con l’azienda e di celebrarne il successo.”

Mike Brenan Presidente Central South Carolina Alliance

futuro a Valagro e alla loro nuova casa nella Contea di Orangeburg.”

Johnnie Wright Sr. Presidente del Consiglio della Contea di Orangeburg

“La Contea di Orangeburg accoglie Valagro nella sua comunità. Siamo grati che l’azienda abbia scelto la Contea di Orangeburg come sede del primo stabilimento di produzione negli Stati Uniti. È una dimostrazione della nostra forza lavoro qualificata, della nostra posizione e del nostro ambiente favorevole per le imprese. Vi ringraziamo per il vostro investimento nella nostra Contea e nei nostri cittadini.”

“Siamo lieti che Valagro abbia scelto la Contea di Orangeburg per il suo stabilimento.L’espansione dell’azienda nella Contea di Orangeburg è un vantaggio per l’economia e la forza lavoro locale, e conferma ulteriormente la forte competitività della Carolina del Sud nell’attrarre aziende internazionali che cercano di far crescere la propria attività negli Stati Uniti.”


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groalimentare

Si è chiusa a Bento Gonçalves la rassegna sul vino più importante del Sud America

VERONAFIERE RAFFORZA LA SUA PRESENZA IN BRASILE E NEL MERCOSUR di Rino PAVONE

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ltre 300 aziende espositrici da tredici Paesi e 6.600 operatori professionali provenienti da 21 nazioni. Con questi numeri ha chiuso la seconda edizione di Wine South America , la fiera del vino organizzata dal gruppo VinitalyVeronafiere attraverso la sua controllata Veronafiere do Brasil a Bento Gonçalves nello Stato di Rio Grande do Sul. L’evento ha superato del 10% il pubblico totale registrato nell’anno precedente e, soprattutto, ha visto crescere la rappresentanza dei partecipanti internazionali, con un +30%. La rassegna è nata con l’obiettivo di

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unire nel nome del vino quest’area con l’Europa, da una parte favorendo le esportazioni del vecchio continente verso il Mercosur, dall’altra agevolando la creazione di joint venture e collaborazioni tra aziende brasiliane e italiane, e non solo. Organizzato nel Bento Gonçalves Event Park in uno spazio espositivo di 10mila metri quadri, Wine South America si conferma il più grande evento enologico professionale dell’America Latina. Protagonisti oltre 300 espositori, di cui 180 brasiliani, tra cantine, esportatori, distributori, rappresentanti, produttori di macchinari per la vitivinicoltura,

accessori per il consumo e aziende fornitrici di servizi specializzati. Tra le merceologie, un’area è stata dedicata anche ai prodotti agroalimentari. Al progetto Buyer hanno partecipato 230 professionisti provenienti dal Brasile e dall’estero, che sono stati messi in contatto con le imprese con l’obiettivo di stringere nuovi accordi commerciali. Agli incontri B2B erano presenti buyer stranieri in arrivo da Perù, Cile, Colombia, Paraguay, Stati Uniti, Europa e Cina. “Veronafiere vuole giocare un ruolo da protagonista nei Paesi in cui la domanda di prodotti come il vino e il

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food è in forte espansione e dove il made in Italy ha ancora ampi margini di crescita”, osserva il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani. “E se in Brasile abbiamo lanciato Wine South America, nel 2020 promuoveremo Wine to Asia a Shenzhen in Cina: piattaforme permanenti di promozione, create grazie al nuovo piano industriale di Veronafiere, che prevede 105 milioni di investimenti, destinati al rinnovo dei nostri spazi ma anche allo sviluppo di nuovi prodotti in Italia e all’estero, con una forte spinta alla

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internazionalizzazione”. Mercato - L’Italia è il quinto maggior esportatore dell’Unione Europea di prodotti agroalimentari verso l’area del Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay e Venezuela) per un totale di 266 milioni di euro. Una regione, il Sud America, in cui il made in Italy detiene tra il 10 e il 20% del mercato e dove, anche a fronte del recente accordo Ue-Mercosur, si preannuncia un’intensificazione degli scambi commerciali, dovuta all’abolizione dei dazi. Per quanto riguarda il mercato

del vino, secondo l’Osservatorio Vinitaly - Wine Monitor Nomisma, tra i Paesi emergenti ritenuti più promettenti al primo posto figura proprio il Brasile, con i suoi 324,9 milioni di euro di vino importato a livello globale e con un balzo in avanti in dieci anni del 156% dal 2007. Nei primi sette mesi del 2019, in particolare, il Brasile ha importato vino dal mondo per un valore complessivo di 171,86 milioni di euro (+0,8% rispetto allo stesso periodo del 2018), di cui 18,05 milioni dall’Italia (-2,7%).

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gricoltura

Invitato il prof. Scortichini a relazionare sul tema

Il Rotary Distretto 2120 inaugura un programma di eventi su xylella fastidiosa di Paola DILEO “La tutela del patrimonio naturale dalla xylella e da altri batteri”, un’iniziativa promossa dal Rotary Club – Distretto 2120 – Puglia e Basilicata, nell’a mbito del Progetto Pluriennale “Trulli – Mare”, che oggi conta 21 club associati (Ostuni, Brindisi, Brindisi Appia Antica, Brindisi Valesio, Ceglie Messapica,Fasano, Francavilla Fontana, Alto Salento, Grottaglie, Manduria, Martina Franca, Monopoli e Putignano).

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n incontro pubblico tenutosi lo scorso 3 ottobre a Masseria S. Teresa di Monopoli, il primo di una serie, a cadenza mensile, per la programmazione 2019 -2020, che individua la xylella fastidiosa come traccia da affrontare con evidente priorità, per l’incessante progressione del fenomeno, dapprima circoscritto alla sola area salentina, ora alle porte della Piana degli Ulivi Secolari. Nel ribadire le finalità dell’ultratrentennale progetto “Trulli –Mare”, ossia la valorizzazione integrata del territorio, mettendo a sistema le risorse culturali, turistiche, paesaggistiche esistenti, puntando a uno sviluppo sostenibile dei luoghi, preservando quindi lo straordinario habitat naturale e il suo tessuto sociale, i rotariani si sentono chiamati in causa, in prima linea, a fornire un contributo concreto alla risoluzione del problema,

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facilitando il dialogo e non lo scontro, fra i vari indirizzi scientifici. “Noi come Rotary abbiamo il dovere di favorire tutte le iniziative possibili per convivere con il patogeno xylella fastidiosa – ha premesso il delegato distrettuale del Progetto Trulli-Mare Gianni Lanzillotta - ; ma abbiamo anche il dovere di tutelare il paesaggio, non possiamo tollerare questo clima di scontro tra le diverse anime del mondo scientifico e, soprattutto non possiamo accettare dalla scienza ufficiale come unica soluzione l’eradicazione delle piante infette che porterebbe alla progressiva distruzione del paesaggio regionale”. In continuità Sandra Tanzarella, neo presidente del “Progetto TrulliMare”, già alla guida del Rotary Club di Ostuni, Rosamarina e Valle d’Itria ha rimarcato: “Il nostro contributo alla traumatica tematica xylella fastidiosa, non sarà solo di tipo informa-

tivo, ma individueremo le migliori strategie operative per affrontare il problema, perché immane sarebbe il danno per l’economia e il paesaggio se il patogeno continuasse a mietere altre piante. Prevediamo il pieno coinvolgimento degli enti pubblici, delle associazioni, degli operatori, dei ricercatori con esperienze direttamente sul campo”. A seguire la parola è andata al prof. Marco Scortichini del CREA - Roma (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria) che ha esordito: ”In un contesto del genere, in piena emergenza fitosanitaria, è buona regola far tesoro delle esperienze di tutti i ricercatori invece di demonizzare e screditare taluni lavori. In questa situazione non è pensabile, come con una bacchetta magica, debellare il batterio, piuttosto la soluzione è nell’individuare una strategia di convivenza, che permetta di ridurwww.foglie.tv


re la popolazione del patogeno e al tempo stesso consenta alla pianta di continuare a produrre”. Un richiamo è andato alla peronospera, che 150 anni fa sembrava pregiudicare irrimediabilmente la sorte della vite. ”Oggi – ha aggiunto Scortichini – è impensabile fare viticoltura senza quei 5-6 trattamenti annuali, secondo l’andamento climatico, contro la peronospera, trattamenti che non eliminano il batterio. Questo – continua – potrebbe essere l’approccio da riservare anche alla xyella fastidiosa, ma parliamo sempre di controllo e cura e non di eliminazione del patogeno”. Ma anche sulla scelta del prodotto da utilizzare il ricercatore del CREA ripete: ”Occorre far tesoro degli studi scientifici altrui. Di quelle conoscenze scientifiche di base. Nel nostro caso di xylella fastidiosa, abbiamo visto che c’erano lavori molto qualificati negli Stati uniti dove questo batterio era stato affrontato già da tempo rispetto a noi – che individuavano nello zinco e nel rame gli ioni più efficaci nel ridurre il patogeno. Certamente in un contesto di emergenza fitosanitaria, dove il tempo è prezioso, anche la scelta del prodotto viene dettata dallo stesso principio, se c’è già in commercio un prodotto a costi contenuti, si punta su N° 18 - 15 ottobre 2019

quello; in particolare ci siamo concentrati su uno con brevetto internazionale, depositato in Israele e venduto già in Europa e Italia, il DENTAMET”. In sintesi, gli studi americani asseriscono che gli elementi minerali della pianta ospite se presenti in certe quantità, si rivelano letali per il batterio. “Questo perché - spiega ancora Scortichini – questi elementi sono per loro natura battericidi”. Si è fatto così riferimento alla cimice asiatica, trattata sempre con lo stesso prodotto dall’Università di Torino, ovviamente il DENTAMET ha agito sulle uova e non sull’insetto. Invece, sempre per la xylella fastidiosa, a dimostrazione dell’efficacia del protocollo in questione, ci si è soffermati su un campo sperimentale a Nardò, in particolare su un uliveto di 10 ettari, rappresentativo della ripresa vegetativa, a differenza di quelli non trattati e in fase avanzato di disseccamento. L’applicazione su campo di DENTAMET prevede una soluzione al 4% di zinco, al 2% di rame e in più acido citrico per veicolare più efficacemente i minerali nei vasi xylematici della pianta. “Questo prodotto va usato con consapevolezza, non è acqua fresca come qualcuno potrebbe pensare – ha precisata il ricercatore -, sicuramente non va

utilizzato in pieno caldo perché la pianta è già in sofferenza; sono indispensabili tre trattamenti endovenosi a due mesi di distanza, senza lasciare traccia nell’oliva e nell’olio. Il DENTAMET agisce su piante che presentano un disseccamento al 40%, oltre il 50-60% è molto difficile che ci sia una ripresa sul metabolismo. Naturalmente la risposta all’inoculo di zinco e rame, non esclude l’integrazione con buone pratiche agronomiche, quindi con il controllo del vettore tra febbraio e aprile, il ripristino della fertilità del terreno, assicurare il drenaggio in caso di ristagno a seguito di piogge abbondanti – il rischio è che le radici rimangano a lungo sena ossigeno per la presenza di acqua -. In conclusione, sempre a sostegno dello studio presentato, il prof. Scortichini ha precisato:”Questo lavoro di ricerca erroneamente bollato come la cura Scortichini, in realtà è uno studio interdisciplinare durato tre anni, con il contributo di 21 autori e la collaborazione dell’Università del Salento, della California, del CREA di Caserta e di Roma”. E ai suoi detrattori manda a dire: “Al pari di altri studi è stato pubblicato su riviste scientifiche internazionali specializzate di fitopatia vegetale, quindi validato a tutti gli effetti”.

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groalimentare

DA FILIERA CORTA

CONSUMI: BUYER INTERNAZIONALI A CACCIA DI CIBO 100% MADE IN ITALY

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l z a Bologna buyer internazionali a caccia di prodotti agroalimentari 100% Made in Italy da filiera corta e garantita per le tavole di Spagna, Francia, Sud America, nord ed est Europa. è quanto riferisce Coldiretti Puglia, a margine di un incontro in cui le aziende agricole hanno potuto spiegare proprietà organolettiche e certificazioni di prodotti da agricoltura convenzionale e bio richieste dai mercati internazionali, a partire proprio dall’olio extravergine di oliva. “Le battaglie di Coldiretti per tutelare il patrimonio del ‘made in Italy’ agroalimentare e bloccare lo scippo di identità che il territorio quotidianamente subisce ad opera dei famigerati agropirati nazionali ed internazionali trovano ragion d’essere proprio nel valore delle principali filiere agroalimentari di eccellenza del

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territorio italiano. L’agricoltura nazionale è la più green d’Europa con l’Italia che può fare da apripista nella Ue sulla trasparenza dell’informazione ai consumatori estendendo a tutti i prodotti l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti e

superare l’atteggiamento incerto e contradditorio dell’Unione Europea che obbliga a indicare l’origine in etichetta per le uova ma non per gli ovoprodotti, per la carne fresca ma non per i salumi, per la frutta fresca ma non per i succhi e le marmellate, per

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il miele ma non per lo zucchero”, ha spiegato Carmelo Troccoli, Direttore della Fondazione Campagna Amica nella presentazione delle eccellenze raccontate ai 40 buyer internazionali. “L’olio è il terzo prodotto pugliese più esportato – spiega il Presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia – e rappresenta il 9% dell’export di olio dall’Italia. La Puglia produce oltre il 50% dell’olio extravergine di oliva italiano, con un grande sforzo da parte di olivicoltori e frantoiani di arrivare sui mercati nazionali ed esteri con un prodotto di alta qualità e una rinnovata immagine e visibilità, rispondendo alla crescente domanda mondiale su cui incide la maggiore consape-

volezza degli effetti positivi sulla salute associati al consumo di olio di oliva, provati da numerosi studi scientifici che hanno fatto

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impennare le richieste di quel segmento di popolazione che nel mondo è attento alla qualità della propria alimentazione”, com-

menta il presidente Muraglia. L’export del vino è vitale per la provincia di Lecce che recupera nel 2018 un ragguardevole 14,60% rispetto all’anno precedente, aggiunge Coldiretti Puglia. Buona posizione della provincia di Foggia, rileva Coldiretti Puglia, quinta nella classifica delle esportazioni di frutta e ortaggi lavorati e conservati con 158 milioni di euro nel 2018, sul totale regionale di 186 milioni di euro. “Oltre agli scambi storici e consolidati verso la Germania – con-

clude il presidente Muraglia - la Puglia si è imposta negli ultimi anni in Tunisia, Francia, Polonia, Regno Unito e Svizzera, oltre a Benelux, Scandinavia, Spagna, Albania, Grecia. La specializzazione strutturale dell’orticoltura pugliese, legata alla spiccata vocazione pedoclimatica, flessibilità e tradizione imprenditoriale, consente di proporre una amplissima gamma di prodotti e si manifesta anche in termini di performance produttive. Tutto ciò va tutelato e promosso sui mercati italiani e mondiali”. La specializzazione strutturale dell’orticoltura pugliese, legata alla spiccata vocazione pedoclimatica, flessibilità e tradizione imprenditoriale, consente di proporre una amplissima gamma di prodotti e si manifesta anche in termini di performance produttive. Ancora bassa invece la capacità di esportazione nelle Americhe, in Cina, in Russia, in Giappone un tema su cui impattano problematiche di conservazione degli alimenti, complessità logistica e lontananza dei mercati. L’Italia grazie al pressing della Coldiretti è all’avanguardia in Europa per la trasparenza delle informazioni sulle etichette degli alimenti ma questo primato rischia di essere cancellato dall’entrata in vigore nell’aprile 2020 delle norme europee fortemente ingannevoli per i consumatori.

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gricoltura

Assoproli Bari fa il punto sulle problematiche

“CAMPAGNA OLIVICOLA 2019 ALL’INSEGNA DELLA QUALITà E QUANTITà”

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i è riunito il 9 ottobre il Consiglio di Amministrazione dell’ASSOPROLI BARI, una delle più grandi Organizzazioni di Produttori olivicole italiane, che raggruppa oltre 20.000 soci e 15 cooperative. La riunione, che ha visto la partecipazione dei presidenti delle cooperative socie oltre ad altre importanti aziende olivicole di riferimento del territorio, ha stabilito il punto sulla campagna olivicola ormai alle porte. Sono stati analizzati i nodi mai sciolti, provocati da anni di disattenzione istituzionale nei confronti di un settore strategico del nostro magnifico Paese. La crisi organizzativa e finanziaria generata dalla gelata del febbraio 2018 e i problemi finanziari delle aziende dovuti ai ritardi ingiustificabili con cui la Regione Puglia sta gestendo i fondi per gli investimenti del PSR. “Alla luce di questa difficile congiuntura - dichiara il Presidente dell’ASSOPROLI BARI Pasquale Mastandrea

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- non vorremmo che una produzione di qualità e abbondante come quella che ci apprestiamo a raccogliere, si trasformi in un alto grande problema per gli olivicoltori e per l’economia pugliese”. Per far fronte a quest’ultima eventualità, sono state illustrate le importanti linee di credito richieste ed ottenute dalla ASSOPROLI BARI per far fronte ai conferimenti dei propri soci. Le garanzie offerte dalla ampia base associativa e la ingente capitalizzazione dell’organizzazione hanno consentito di spuntare tassi di interesse molto bassi che consentiranno di rispondere alle esigenze dei soci delle cooperative associate. Sono state inoltre definite le esigenze di stoccaggio grazie ad accordi con Il Consorzio Oliveti d’Italia e Italia Olivicola, di cui l’ASSOPROLI BARI è partner e socia al fine di far fronte all’importante campagna ormai alle porte che, finalmente, dopo tante traversie, si preannuncia davvero generosa. Nello specifico solo

per quanto attiene la produzione strettamente riferita alle cooperative più importanti coinvolte si attesterà oltre i 60000 quintali di olio extra vergine, di ottima qualità. È importante infatti evidenziare che la disponibilità di stoccaggio può ammortizzare gli eventuali capricci del mercato. Sul piano squisitamente tecnico, inoltre, sono state definite le specifiche commerciali di prodotto che verranno applicate per classificare le differenti qualità dell’olio extra vergine di oliva prodotto, al fine di remunerare i trasformatori e quindi gli olivicoltori sulla base degli sforzi agronomici e tecnologici compiuti. A conclusione dei lavori, tutti i presidenti delle cooperative socie hanno dato mandato al Presidente Mastandrea di richiedere con urgenza un incontro con il ministro Bellanova e il governatore Emiliano, nel quale poter illustrare le problematiche emerse e richiedere un ulteriore impegno per il comparto olivicolo-oleario.

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Presentato il progetto Eco-Smart Breakwater, che ricicla la pianta acquatica in materiale per barriere protettive

L’invenzione pugliese che trasforma la posidonia in calcestruzzo contro l’erosione costiera

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hi frequenta le coste italiane la conosce bene: la posidonia oceanica è una pianta acquatica (erroneamente confusa con un’alga) che gioca un ruolo fondamentale nella protezione dei litorali dall’erosione costiera. Eppure questa pianta, quando si spiaggia in grandi quantità a seguito di mareggiate, rappresenta anche un disagio per le amministrazioni comunali e i titolari di stabilimenti balneari, che devono rimuoverla in fretta per evitare il fuggi fuggi di turisti, e che spesso non sanno come smaltirla. A risolvere il problema ci penserà un’invenzione tutta pugliese chiamata “Eco-Smart Breakwater“, che mira alla realizzazione di un composto di calcestruzzo cementizio realizzato riciclando la posidonia oceanica spiaggiata e gli scarti lapidei derivanti dalle attività di costruzione e demolizione. Tutti i dettagli del brevetto sono stati resi noti durante la presentazione ufficiale nella sede del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a Roma, ed è già evidente che l’invenzione potrà rivoluzio-

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nare la gestione di questa pianta tanto importante quando si trova in acqua, quanto problematica se si trasforma in rifiuto. Il progetto in questione, infatti, non intende affatto raccogliere la posidonia che si accumula lentamente e in piccole quantità (formando un detrito fondamentale per la protezione della costa), bensì si occupa solamente dei grandi cumuli di posidonia che si spiaggiano a seguito di mareggiate importanti, e che attualmente vengono raccolte con le ruspe e smaltite in discarica come rifiuto. Nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di ingegneria dell’innovazione dell’Università del Salento, l’associazione Federbalneari Salento e il Centro di ricerche Cetma, il progetto “EcoSmart Breakwater” è finanziato dalla Regione Puglia e ha tra gli obiettivi lo sviluppo di una miscela di calcestruzzo cementizio ecosostenibile che integra resti di posidonia oceanica spiaggiata e aggregati riciclati, realizzando un nuovo elemento in calcestruzzo cementizio per la formazione delle dighe marittime a scogliera

di difesa dei porti o a difesa delle coste dall’erosione. Il progetto è attualmente in fase di sperimentazione, e presto appariranno nel porto di Otranto i primi tre massi campione per le misurazioni accurate. Sono intervenuti alla presentazione Donato Carlea (presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici), Antonio Ficarella (direttore del Dipartimento di ingegneria dell’innovazione dell’Università del Salento), Francesco Saponaro (presidente Cetma), Raffaele Giampetruzzi (direttore tecnico Athanor Consorzio Stabile), Giuseppe Roberto Tomasicchio (professore ordinario nel Dipartimento di ingegneria dell’innovazione dell’Università del Salento), Wanda Arena (marketing & project manager Cetma), Orazio Manni (senior director Rina), Giovanni Coppini (direttore divisione Opa del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici), Domenico Laforgia (direttore del Dipartimento sviluppo economico e innovazione della Regione Puglia) e Mauro Della Valle (presidente Federbalneari Salento).

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Presso il centro accreditato Agri 2000

Cimice asiatica?.. Bioagrotech scende in laboratorio per trovare una soluzione U n a s o l u z i o n e p e r n e u t ra l i z za r e la c i m i c e asiatica e salvaguardare la resa del pat r i m o n i o ortofrutticolo italiano. È questa la sfida che Bioagrotech Srl sta raccogliendo in questi giorni presso il centro accreditato Agri 2000.

L’ azienda sanmarinese - specializzata nello studio di fertilizzanti, substrati organici e minerali per l’ agricoltura biologica - sta eseguendo test specifici per verificare la capacità di contrasto della zeolite cubana nei confronti della cimice asiatica, protagonista in questa estate 2019 di un invasione senza precedenti e che, in questi giorni, sta presentando all’ agricoltura italiana e alla relativa filiera un conto salatissimo. Secondo l’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, la diffusione del parassita originario della Cina e del Giappone, avrebbe provocato danni per 350 milioni di euro nel Nord Italia e di 250 milioni nel resto del paese. Un fenomeno allarmante e che fa registrare al comparto agricolo e in particolar modo

frutticolo, perdite consistenti. Basti pensare che in Emilia Romagna dove si producono il 70% delle pere italiane e il 30% di tutte le pere europee, quest’anno, i 5mila produttori della regione raccoglieranno 250mila tonnellate di pere, la metà del 2018. Da qui l’esigenza dell’intervento di Bioagrotech Srl, da sempre

In natura si possono distinguere diverse tipologie, ciascuna differente per composizione chimica e mineralogica. La Zeolite Cubana Bioagrotech - pura al 100% e costituita da clinoptilolite al 67,5% e mordenite al 32,5% - si è dimostrata, secondo gli studi e le ricerche dell’azienda sanmarinese, efficace contro i parassiti di diverse colture tra cui: Tignoletta della vite (Lobesia Botrana), Mosca e cocciniglia dell’olivo (Bactrocera Oleae- Seissetia Oleae), Lepi-

dotteri su Orticole (Helicoverpa Armigera, Mamestra Brassicae), Tripide su Uva da tavola (Drepanothrips reuter). Ora, dunque, non resta che aspettare i risultati dei test per capire se la Zeolita Cubana Bioagrotech potrà rappresentare nei prossimi anni un valido alleato per gli agricoltori di tutta Italia che, oggi più che mai, necessitano di una soluzione efficace per salvaguardare le proprie coltivazioni dal “temibile” parassita asiatico.

impegnata nella tutela delle coltivazioni e della biodiversità, di avviare delle sperimentazioni con la Zeolite Cubana, un prodotto biologico che deriva dalla lavorazione meccanica di una roccia sedimentaria di origine vulcanica formatasi a Cuba milioni di anni dall’incontro della lava incandescente con l’acqua di mare.




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