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Agricoltura • Agroalimentare • Turismo RURALE
N° 22 • 15 dicembre 2019
PROSPERO S ERENO E
20OST2R0I LETTORI
A TUTTI I N
L’AGRICOLTURA Dà I NUMERI Istat traccia il quadro del settore in Italia
agricoltura
Uva da tavola, a Rutigliano oggi e domani agroalimentare
Capitan Coldiretti, l’agenda in comune fra Salvini ed i “gialli” Azienda agroalimentare, lo scenario competitivo
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ditoriale
15 dicembre 2019 - n.22 - Anno 14
Quindicinale di Agricoltura Agroalimentare Turismo RURALE
Iscritto all’Albo Cooperative a Mutualità Prevalente N.A182952 Editrice
G.Ed.A. Giovani Editori Associati Soc. Coop. Via Alcide De Gasperi 11/13 - 70015 - Noci (BA) Direttore responsabile Vito Castellaneta Grafica e impaginazione G.Ed.A. Giovani Editori Associati Hanno collaborato Donato Fanelli, Antonio Resta, Rocco Resta, Nicola Trisolini, Paola Dileo, Nica Ruospo, Rino Pavone, Donatello Fanelli Pubblicità G.Ed.A Rino PAVONE r.pavone@foglie.tv 380 6328672 Stampa Grafica 080 - Modugno (BA) Registrato al Registro Nazionale della Stampa Tribunale di Bari N. 61/06 del 15/11/2006 www.foglie.tv redazione@foglie.tv 347 9040264 Iscritta al Registro Operatori Comunicazione ROC n.26041 TESTATA GIORNALISTICA ACCREDITATA
STRUTTURA E CARATTERISTICHE DELLE UNITÀ ECONOMICHE DEL SETTORE AGRICOLO
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stat presenta alcuni risultati preliminari relativi al 2017 sulla struttura e caratteristiche delle unità economiche del settore agricolo, derivanti dall’integrazione tra registri statistici e dati amministrativi. Nel 2017, sono poco più di 1,5 milioni le unità economiche che operano principalmente o come attività secondaria nel settore agricolo. La superficie agricola utilizzata (SAU) è di circa 12,8 milioni di ettari, hanno in media 8,4 ettari di SAU e realizzano in media una produzione standard di 38,7 mila euro. Le imprese agricole sono 413 mila (27,3%), le aziende agricole gestite o da imprese che operano in maniera prevalente in altri settori produttivi o da istituzioni pubbliche e da istituzioni non profit sono 86 mila (5,7%), le aziende agricole il cui conduttore è una unità economica non attiva, che possono operare occasionalmente per il mercato, sono 550 mila (36,3%) e infine le aziende gestite diret-
tamente da persone fisiche (famiglie), sono circa 466 mila (30,7%). Le aziende con coltivazioni sono il 97,4%. Le aziende agricole specializzate nelle colture permanenti rappresentano il 48,4% del totale nazionale, seguite dalle aziende specializzate nei seminativi (24,6%). Tra le aziende agricole, quelle con allevamenti sono 242 mila, circa il 16% delle aziende totali. La maggior parte delle unità produttive agricole è concentrata nelle regioni del Sud: Puglia, Sicilia, Calabria e Campania sono le prime quattro regioni, dove si concentrano oltre 700 mila aziende (46,9%). Le imprese agricole detengono oltre il 65% della superficie agricola utilizzata, attestandosi su una dimensione media di oltre 20 ettari, occupano in media circa 2 addetti e assorbono il 75,8% delle produzione standard complessiva. Il 61% è senza dipendenti.
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ommario
5 editoriale
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agroalimentare
AGRICOLO 5 LaSETTORE struttura economica
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EVENTI
Agende in comune fra Salvini e associazione
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11 nuTRISCORE
Contro il Made in Italy
LA PUGLIA DEGLI ULIVI Dopo la xylella, la presentazione
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AGRICOLTURA
8 uvA da tavola
A Rutigliano, oggi e domani
14 AGRICOLTORE ATTIVO
13 nutella
olio 24 Forti in produzione, deboli sui mercati
16 matera 2019
OLio di famiglia 26 Alla Camera a Roma
20 vino
Chi è?
L’ origine delle nocciole Cibo prima ricchezza del paese
Decimo anno consecutivo di aumento export
zootecnia BRUNA 18 RAZZA In Puglia prima degustazione verticale
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gricoltura
La pubblicazione monotematica
L’ uva da tavola a Rutigliano, oggi e domani P r e s e n tata a R u t i g lia n o la pu b b lica z i o n e m o n ot e mat ica sull’u va da tavo la n e l t e rri to ri o d e lla ci t tadi n a b ar e s e e d e ll’h i n t e rla n d d e l sud e s t, vo lu ta dall’A ss o cia z i o n e C ult ural e “A rco b al en o” e curata dal g i o r n alis ta di Ag ris o l e - I l S o l e 24Or e, Vi n c e n zo R u t i g lia n o.
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n oltre 100 pagine la pubblicazione, dal titolo “L’uva da tavola a Rutigliano, oggi e domani”, rappresenta un grosso sforzo documentale sullo stato dell’arte di questa coltura che ha fatto e fa la fortuna di questo territorio, diventato, nel tempo, un vero e proprio polo viticolo da mensa di fama nazionale ed internazionale. La pubblicazione rappresenta lo sforzo compiuto negli ultimi anni da amministratori locali, imprenditori agricoli, istituzioni camerali, organizzazioni di produttori, docenti universitari, esperti ricercatori, tecnici, di analizzare lo stato attuale della coltura e delle prospettive di questo comparto che dà lavoro a migliaia tra imprese ed operai agricoli. In 103 pagine sono stati ricostruiti gli aspetti storici della coltura con i primi impianti, le esigenze del mercato nazionale ed estero, lo sviluppo dell’export, l’importanza delle fiere di settore, sia in Italia che all’estero, come Fruit Logistica di Berlino e la Fiera di Madrid, le innovazioni varietali e dunque la ricerca pubblica e privata, gli aspet-
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ti legati ai cambiamenti climatici con esperti del Cnr, le tecniche di conservazione dei prodotti con docenti universitari della Basilicata, il packaging, le qualità nutrizionali dell’uva, le nuove frontiere della viticoltura 4.0 e della sostenibilità , e ancora la comunicazione di settore e l’importanza dei mass media nella promozione e diffusione di stili alimentari e di consumi corretti. La pubblicazione ricostruisce pure, in foto e testi, tutte le edizioni sin qui tenutesi, dalla nascita, del Premio Internazionale “Il Grappolo d’Argento-Città di Rutigliano”, delle sagre dell’Uva organizzate negli ultimi anni dall’amministrazione comunale e dal Comitato cittadino, le tante presenze all’estero di operatori e produttori come a Berlino e Madrid. La presentazione è avvenuta nella sede del Museo Archeologico di Rutigliano, con l’intervento del Vice Presidente della Giunta Regionale, dott. Antonio Nunziante, lo stesso che, nel 1979, come Commissario Prefettizio, bandì la prima edizione de Il Grappolo d’Argento; del Pre-
sidente dell’Associazione “Arcobaleno” e Vice Sindaco ed Assessore all’Agricoltura della cittadina barese, dal 2015 al 2019, Pinuccio Valenzano; dell’Assessore all’Agricoltura in carica del Comune di Rutigliano, dott. Tonio Romito. Durante la presentazione, coordinata dall’autore della pubblicazione e giornalista agricolo specializzato, dott. Vincenzo Rutigliano, vi è stato anche un collegamento skype con Rossella Gigli, Capo redattore di Fresh Plaza Italia, portale internet dedicato all’ortofrutta che ha sottolineato la strategicità della informazione e comunicazione di settore nello sviluppo del settore, ed è intervenuto anche Donato Fanelli, nella doppia veste di produttore viticolo e di editore della Geda, società editrice di Foglie e FoglieTV. Al termine la consegna della pubblicazione e gli attestati consegnati dal Presidente dell’Associazione, Pinuccio Valenzano, a tutti coloro che hanno ricevuto il Premio “Il Grappolo d’Argento”, agli imprenditori agricoli, e a coloro che hanno scritto alcuni interventitestimonianza sulla pubblicazione. www.foglie.tv
da Filiera 21
LA COMPETITIVITA’ DEL SETTORE AZIENDA AGROALIMENTARE
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ran parte delle imprese agricole italiane sta attraversando un momento di difficoltà generata anche dal mutamento dello scenario socio-politico-economico di riferimento. L’incertezza al collocamento dei prodotti agricoli e l’incapacità di utilizzo efficiente degli investimenti si intreccia con il fattore prezzi, sempre più stagnante per effetto della globalizzazione. Le relazioni commerciali all’interno delle filiere sono fortemente mutate in ragione delle nuove abitudini alimentari, più inclini ad un maggior consumo dei prodotti trasformati e ad alto contenuto di servizio, attenti ad un nuovo tipo di imballaggio decisamente più ecologico rispetto alla plastica e del tutto eco- friendly. In tale contesto la GDO, servendosi della sua posizione dominante acquisita sul mercato, impone ai produttori politiche contrattuali ispirati al “sotto costo” ed all’” offerta”, incurante, invece, degli elevati costi di produzione che ogni giorno soffocano i produttori. Si gioca, dunque, una partita non sempre ad armi pari in cui ci rimette sempre chi ha meno potere contrattuale, ossia il produttore la cui unica alternativa è spesso il delisting. Ed allora quali scelte dovrebbe adottare l’imprenditore? In realtà non esistono “ricette” comuni in quanto le soluzioni dipendono da molteplici fattori tra cui il territorio, la capacità e la funzionalità aziendale, l’andamento del mercato. Tuttavia esistono regole preliminari che si adattano alla diversificazione della realtà aziendale agricola e che mirano ad accrescere la competitività delle imprese tra cui quella basata sull’integrazione di filiera e sull’integrazione del sistema
di Avv. Valeria Marina Cellamare produttivo territoriale. La competitività basata sull’integrazione di filiera è da intendersi non più come concetto astratto ma quale spazio vivo di relazioni potenziali che allinea l’offerta agricola alle esigenze della domanda, mirando a ridurre i costi di produzione, di transazione e quelli organizzativi e restituendo dignità ai produttori, non più “gli ultimi” della catena agroalimentare. Ed allora, eliminando l’asimmetria contrattuale, non potrebbe più essere accettato il cd. gioco alla roulette delle aste in cui la prima offerta di prezzo di vendita diventa la base di riferimento per una seconda asta dove i partecipanti sono costretti ad offrire un prezzo ancor più basso per aggiudicarsi la commessa. Al contrario, una filiera così integrata riesce ad essere un interlocutore credibile per la Gdo anche per lanciare brand che vanno incontro alle istanze più evolute del consumatore. L’altra componente per la competitività, basata sull’integrazione del sistema produttivo territoriale, persegue, invece, la finalità di unire il successo dell’impresa al successo del territorio. Al fine di un efficiente utilizzo delle due strategie è necessario che gli attori del territorio diventino i principali protagonisti delle decisioni da prendere, in grado di avere una visione unitaria e non più circoscritta alla propria realtà aziendale, attraverso un atteggiamento aperto nei confronti dell’ambiente esterno, capaci di cogliere i punti di forza e di debolezza del territorio e fissare le strategie per il suo sviluppo. Si tratta di una “battaglia” prima di tutto di tipo culturale che non considera più il proprio vicino come una” minaccia” ma che lo accoglie per costruire insieme
un processo di valorizzazione del territorio e dei prodotti locali. Occorre partire da ciò che offre il territorio e da lì procedere in ragione del fatto che l’appetibilità e dunque l’attrattività di un territorio si crea valorizzando innanzitutto ciò che su quel territorio già esiste. La condizione necessaria per questo tipo di sviluppo è l’assunzione di un principio di integrazione attraverso la condivisione di un’azione individuale che si rende collettiva, sotto forma di vera e propria strategia aziendale territoriale, rivolta, come tale, agli obiettivi specifici delle rispettive aree di competenza della filiera. È certamente necessario anche l’intervento della politica che sappia mediare tra interessi confliggenti e realizzare un progetto comune che definisca gli obiettivi prioritari e sappia creare interazioni sinergiche positive tra gli operatori. Sempre meno l’impresa è un mondo a sé e la sua vitalità si esprime al meglio mediante le relazioni che riesce ad attivare in tutte le fasi del processo produttivo.
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groalimentare
Nel bene e nel male
Capitan Coldiretti C’è un politico in Italia che vanta consensi più che raddoppiati rispetto ai suoi avversari, che detta la linea mediatica di giornali e tv a lui favorevoli e contrari sia al Governo che dall’opposizione, che viene votato al Sud esclusivamente come persona e non come partito: il suo nome è Matteo Salvini detto il Capitano.
di Rino PAVONE
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on si può non osservare che su tanti temi le sue idee siano chiare e convincano la maggioranza degli italiani a differenza di quelle confuse e cangianti di altri protagonisti dello scenario politico. Sul tema agricoltura e agroalimentare Salvini però, nel bene e nel male, sembra quasi “eterodiretto” da Coldiretti, la più importante associazione agricola italiana (che del resto lo sta sostenendo abbastanza apertamente , basti guardare la linea editoriale del notiziario online dell’organizzazione). Due esempi negli ultimi periodi: la sacrosanta battaglia contro l’insulso nutri – score “minacciato” dall’Unione Europea che vor-
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rebbe far passare con il semaforo verde la Coca Cola e le patatine surgelate e fermare con il rosso l’olio d’oliva ed altri pregiati prodotti della dieta mediterranea (che fa, lo ricordiamo, degli italiani il popolo più longevo d’Europa), l’assai più discutibile “campagna” contro Ferrero per l’utilizzo di nocciole turche nella rinomata Nutella. Un’affermazione davvero particolare considerato che Ferrero (azienda alfiere del made in Italy) ha 6000 dipendenti in Italia a cui quest’anno riconosce un premio di 2000€, ha il 40% di dipendenti donne, stage per i figli dei dipendenti all’estero, un asilo nido e un’attenzione non comune al welfare aziendale ( oltrechè, sul tema in
questione, per sovraproduzione deve “per forza” rivolgersi anche a nazioni estere per le nocciole). Ebbene entrambe queste posizioni sono da tempo di Coldiretti che ha messo nel mirino nutri – score e Ferrero (quest’ultimo per problematiche interne derivanti da “Filiera Italia” alleanza tra agricoltura e industria cui Ferrero era stato socio fondatore per poi defilarsi completamente per incomprensioni con i vertici di Coldiretti mai chiarite a mezzo stampa) in tutti i suoi ultimi eventi ed incontri pubblici (assieme alla carne sudamericana altro tema agroalimentare caro al leader della Lega). Per la serie agenda in comune.
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La nuova etichettatura che Ue vorrebbe imporre
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Nutri-score, made in Italy sotto attacco? La nuova battaglia di Salvini
utri-score, made in Italy sotto attacco? La nuova etichettatura che l’Unione Europea vorrebbe imporre su cibi e bevande divide. Un sistema nato in realtà due anni fa in Francia e che presto verrà adottato anche nei Paesi Bassi. Ma in Italia avrebbe un senso? Cerchiamo di capire meglio. Il Nutri-score è un sistema di etichettatura stampata nella parte anteriore della confezione di alimenti e bevande. Un po’ come nella classificazione energetica di edifici ed elettrodomestici, anche qui si tratta di un voto espresso in lettere che vanno da A e E. La A, in verde, come nei semafori, significa via libera. Il C è giallo, quindi basso rischio potenziale. Il minimo invece è la E, in rosso a significare danni per la salute. Quello che però il sistema non dice, è quanto ne possiamo consumare. Per quanto un alimento in verde faccia bene, non ne possiamo abusare. Allo stesso modo un alimento in rosso, preso in piccole dosi può essere preso. E allora il made in Italy, a cominciare
dai nostri formaggi, dai salumi e molto altro, rischia di essere estromesso dal mercato? Matteo Salvini ha lanciato l’allarme a ‘Porta a Porta’ parlando di una trattativa segreta in corso presso l’Ue. Non c’è solo il leader della Lega contro il Nutri-score. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini è pronto per la battaglia. “Si rischia di sostenere, con la semplificazione, modelli alimentari sbagliati che mettono in pericolo non solo la salute dei cittadini ma anche il sistema produttivo di qualità del made in Italy”. Ma quando è nato e come funziona il sistema Nutri-score contro il quale si è scagliato Salvini? In Francia è decollato con lo scopo di facilitare l’opinione dei consumatori nella scelta dei prodotti. Indicando il loro valore nutrizio-
nale, sarebbe stato quindi più semplice. Elementi come fibre, proteine, frutta e verdura sono tutti ingredienti ‘buoni’ e quindi danno un punteggio positivo. Grassi saturi, zucchero e sodio invece sono potenziali cause di rischio e quindi danno un punteggio negativo. Di recente, tra i grandi produttori mondiali, è stato adottato da Nestlé ma ad esempio un concorrente diretto come Ferrero non ha nessuna intenzione di aderire. I Paesi Bassi la renderanno obbligatoria dal 2021 mentre l’Italia ha proposto un sistema di valutazione diverso. In pratica il giudizio va dato in base alla dose giornaliera consigliata nell’ambito di una dieta salutare e non a come è composto un cibo o una bevanda. Ma per ora l’Europa non ci sente.
Secondo Coldiretti
Etichetta a semaforo boccia 85% del Made in Italy “L’ etichetta nutrizionale a semaforo e il nutriscore sugli alimenti che rischia di affermarsi nell’Unione Europea sotto la spinta delle multinazionali boccia ingiustamente quasi l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine (Dop) che la stessa Unione Europea dovrebbe invece tutelare e valorizzare”. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in occasione dell’incontro sulle nuove tecnologie in Europa organizzato da EUnews presso l’Ufficio in Italia del Parlamento Europeo. Con l’inganno delle etichette a semaforo nutriscore si rischia di sostenere, con la semplificazione, modelli alimentari sbagliati che N° 22 - 15 DICEmbre 2019
mettono in pericolo non solo la salute dei cittadini ma anche il sistema produttivo di qualità del Made in Italy. Il sistema di etichettatura a semaforo è fuorviante, discriminatorio ed incompleto e – sottolinea Prandini – finisce per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta. Si rischia – precisa Prandini – di promuovere cibi spazzatura con edulcoranti al posto dello zucchero e di sfavorire elisir di lunga vita come l’olio extravergine di oliva considerato il simbolo della dieta mediterranea, ma anche speciali-
tà come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano ed il prosciutto di Parma le cui semplici ricette non possono essere certo modificate. È inaccettabile spacciare per tutela del consumatore un sistema che cerca invece di influenzarlo nei suoi comportamenti orientandolo a preferire prodotti di minore qualità anche perché – continua Prandini – l’equilibrio nutrizionale va ricercato tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e non certo sullo specifico prodotto. Occorre lavorare – conclude Prandini – affinchè si introduca un sistema diverso “a batteria” che tenga conto dell’insieme della dieta alimentare e non si focalizzi sul singolo prodotto”.
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Gestione del rischio
Mipaaf: 190 milioni di euro da Agea per assicurazioni agevolate nel quarto trimestre
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ifendere il reddito degli agricoltori è la nostra priorità assoluta. Per farlo abbiamo bisogno che anche gli strumenti di gestione del rischio funzionino meglio. I 190 milioni di euro concessi da Agea per le assicurazioni agevolate sono un segnale importante, ma abbiamo ancora molto da fare”. Così il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova commenta la concessione da parte di AGEA di oltre 190 milioni di euro di contributi sulle assicurazioni agevolate per le produzioni vegetali nel quarto trimestre dell’anno.
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Il primo decreto di pagamento sulle concessioni fatte nell’ultimo trimestre dell’anno 2019 sarà eseguito da AGEA entro l’anno per tutti gli agricoltori che presenteranno domanda di pagamento entro il 16 dicembre 2019. Nello stesso periodo dell’anno precedente le concessioni sono state di circa 165 milioni di euro, comprensivi di circa 35 milioni di euro relativi al Feaga per l’OCM vino. Con decreto del 12 dicembre 2019, infatti, Agea ha ammesso a sostegno 33.784 domande di contributo sulle assicurazioni agevolate, per un importo concesso pari a euro 51.013.214 che si vanno
ad aggiungere alle 71.618 domande ammesse con il primo lotto del 25 novembre scorso per un importo concesso pari a 140.465.672 euro. Il maggior importo concesso nel 2019, pari a oltre 25 milioni di euro, rappresenta il segnale che il sistema di erogazione degli aiuti sulla gestione del rischio si è evoluto e, che la collaudata sinergia tra tutti gli attori coinvolti nella realizzazione della misura contribuisce a favorire il velocizzarsi delle operazioni di interscambio dati consentendo, anno dopo anno, l’anticipazione delle erogazioni dei contributi spettanti agli agricoltori.
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groalimentare
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Dopo battute scorsi giorni
Nutella, l’origine delle nocciole
embrava un amore appassionato e invece è finito tra le polemiche. Parliamo del leader della Lega Matteo Salvini e di Nutella, la crema spalmabile di Ferrero più famosa al mondo. L’azienda usa per la produzione nocciole provenienti dalla Turchia e per questo durante un comizio l’ex vice premier ha annun-
ciato che starà perlomeno più attento a consumarla. Il fatto che Ferrero usi anche nocciole provenienti dalla Turchia non è né una novità né un segreto industriale. Tutt’altro. Il gigante di Alba ha acquisito nel 2014 la Oltan, storica azienda produttrice di nocciole in Turchia, e lo ha fatto per rafforzare la filiera e avere il controllo diretto su qualità
e selezione. Al di la di questo aspetto però, le dimensioni industriali di Ferrero – 10,7 miliardi di euro di fatturato, stabilimenti e presenza sui mercati di tutto il mondo il mondo – e la sua struttura da multinazionale, sebbene radicata in Italia, non consentirebbero l’utilizzo di materia prima proveniente soltanto dall’Italia, per svariati motivi.
Fabbisogno da record Il primo è che Ferrero e tra i principali trasformatori di nocciole al mondo. Una nocciola su tre di quelle globalmente vendute ogni anno
è acquistata da Ferrero ed entra nei processi produttivi dell’azienda come uno degli ingredienti base, accanto al cacao, al latte, allo zucchero.
L’intera produzione italiana di nocciole probabilmente non basterebbe a soddisfare il fabbisogno industriale di Ferrero.
Vigilanza Antitrust Secondo motivo, se un gigante del settore alimentare come la Ferrero di Alba acquistasse l’intera pro-
duzione made in Italy di nocciole o di qualsiasi altra materia prima provocherebbe la reazione dell’An-
titrust perché si tratterebbe di una pratica industriale e commerciale non sostenibile.
Ricadute in ItaliaRicadute In terza battuta, avere un gigante come Ferrero che non diversifica i mercati di acquisizione delle noccio-
le acquistando la stragrande maggioranza della produzione italiana metterebbe in difficoltà la filiera del
cioccolato e gli altri produttori che avrebbero serie difficoltà a recuperare materia prima coltivata in Italia.
Ferrero Hazelnut Company Il ramo del Gruppo che si occupa della coltivazione e della raccolta di nocciole, ha sottoscritto il progetto “Nocciola Italia” a sostegno della filiera italiana N° 22 - 15 dicembre 2019
della nocciola che prevede, tra le altre cose, l’impegno al riacquisto della materia prima su lungo periodo, e il sostegno alle filiere agricole grazie a tracciabilità
e sostenibilità delle produzioni. Sette finora le regioni italiane coinvolte, dal Piemonte alla Puglia, con circa ventidue aziende agricole coinvolte.
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gricoltura
Quali sono i requisiti che un produttore deve soddisfare per vedersi riconosciuti i pagamenti
Chi è l’agricoltore attivo?
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uante volte i produttori agricoli, nei propri CAA di appartenenza, hanno sentito parlare del concetto di agricoltore attivo? Chi è l’agricoltore attivo? Quali sono i requisiti soggettivi che un produttore deve soddisfare
di Avv. Gabriele Romagnuolo
per vedersi riconosciuto pacificamente i pagamenti? L’agricoltore attivo (active farmers) è un concetto nuovo, introdotto dalla Pac 2015 – 2020. Il produttore agricolo per vedersi riconosciuti, e quindi pagati, i benefit economici derivanti dalla PAC ed inseriti nei fondi FEA-
GA e/o fondi FEASR deve essere qualificato come agricoltore attivo. Pertanto, per beneficiare dei pagamenti diretti o per proporre domande di sostegno tese allo sviluppo rurale, il produttore deve soddisfare, alternativamente, uno dei seguenti requisiti.
1. pagamenti diretti percepiti nell’anno precedente sotto una certa soglia: 5.000 euro per le aziende prevalentemente ubicate in montagna e/o zone svantaggiate; 1.250 euro nelle altre zone; 2. iscrizione all’Inps, in qualità di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale (Iap) o colono o mezzadro; 3. titolari di partita Iva, attivata in campo agricolo prima del 1° agosto 2014; per le “altre zone”, a partire dal 2016, con dichiarazione annuale Iva; 4. proventi totali ottenuti da attività agricole nell’anno precedente pari ad almeno un terzo dei proventi totali ottenuti nell’anno precedente; 5. importo annuo dei pagamenti diretti pari ad almeno il 5% dei proventi totali ottenuti da attività non agricole nell’anno precedente; 6. la sua attività principale o il suo oggetto sociale è l’esercizio di un’attività agricola
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Il complesso di norme, nazionali e comunitarie, che definisco e specificano il concetto di agricoltore in attività, è stato riassunto nella Circolare Agea N.ACIU.2016.121 del 2016 che ha stabilito una sorta di vademecum sul punto. L’art. 9 del regolamento UE 1307/2013, che ha introdotto tale concetto, definisce,poi, le cause di esclusione dal pagamento diretto stabilendo, in combinato disposto con l’art. 4 paragrafo 2 lett.b), che le attività minime da svolgere sulle superfici agricole devono essere finalizzate al mantenimento delle stesse in uno stato che le renda idonee al pascolo o alla coltivazione. Il rimando al concetto di idoneità al pascolo ed alla coltivazio-
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ne ha convinto poco il legislatore italiano, a giusta ragione, che ha dovuto pertanto perimetrare meglio tale requisito soggettivo. Allo stesso modo il paragrafo due continua stabilendo l’esclusione dal pagamento a persone fisiche o giuridiche, o ad associazioni di persone fisiche o giuridiche, che gestiscono aeroporti, servizi ferroviari, impianti idrici, servizi immobiliari, terreni sportivi e aree ricreative permanenti. Tuttavia, molto spesso, l’Organismo Pagatore rileva anomalie inesistenti in tal senso. In un processo da me trattato, ancora oggi pendente, un produttore è stato posto in anomalia per inesistenza del requisito soggettivo analizzato. Questo produttore, operando in
una zona di montagna e ricevendo un premio inferiore ai 5.000, avrebbe dovuto vedersi riconosciuto automaticamente tale requisito soggettivo; invece, in un momento successivo in cui avrebbe dovuto percepire nuovi titoli, in virtù di un contratto di trasferimento, s’è visto sottrarre i diritti all’aiuto che sono spariti dal proprio portafoglio per questa assurda anomalia. In una situazione normale, con una telefonata e/o una istanza di rettifica, il produttore avrebbe dovuto vedersi risolta velocemente la questione. Tre anni di contenzioso e la sentenza sembra ancora lontana. Sarebbe opportuno che il concetto di attività fosse esteso anche al nostro organismo pagatore.
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Leva strategica per il Paese
Matera 2019: cibo prima ricchezza del Paese, vale 25% Pil Il cibo è diventato la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare estesa, dai campi agli scaffali e alla ristorazione, che raggiunge in Italia una cifra di 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil ed offre lavoro a 3,8 milioni di occupati.
è
quanto emerge dall’indagine Coldiretti sul “Il valore del cibo in Italia” presentata alla 1° giornata nazionale Cibo e cultura, il principale evento di chiusura del programma di Matera 2019, capitale europea della cultura. Si tratta di una leva strategica per la crescita del Paese, che cresce più e meglio degli altri e che in poco tempo è stato capace di diventare un traino per l’intera economia Made in Italy nei confini nazionali e all’estero, oltre ad essere di fondamentale importanza per l’ambiente e la salute degli italiani. Lo dimostra il fatto che mai così tanto cibo e vino italiano sono stati consumati sulle tavole mondiali con il record storico per le esportazioni agroalimentari Made in Italy che nel 2019 hanno registrato un aumento del 4% rispetto al record storico di 41,8 miliardi messo a segno lo scorso anno. Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentari interessano i Paesi
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dell’Unione Europea dove il principale partner è la Germania mentre fuori dai confini comunitari continuano ad essere gli Stati Uniti il mercato di riferimento dell’italian food. E l’andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare con una più efficace tutela nei confronti della “agropirateria” internazionale che fattura oltre 100 miliardi di euro miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale. Un’industria del falso sempre più fiorente che ha paradossalmente i suoi centri principali nei paesi avanzati, a partire dall’Australia al Sudamerica, dal Canada agli Stati Uniti dove una spinta importante e venuta dai dazi punitivi nei confronti dei formaggi e dei salumi italiani che hanno favorito le “brutte copie” locali. Ma il cibo italiano è diventato nel
mondo anche sinonimo di salute grazie anche alla Dieta mediterranea. Pane, pasta, frutta, verdura, carne, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari hanno consentito agli italiani di conquistare primati nella longevità. Un ruolo importante per la salute che è stato riconosciuto anche con l’iscrizione della Dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco il 16 novembre 2010. L’enogastronomia rappresenta poi un patrimonio anche per l’ambiente. Il paesaggio nazionale è, infatti, fortemente segnato dalle produzioni agricole, dalle dolci colline pettinate dai vigneti agli ulivi secolari, dai casali in pianura alle malghe di montagna, dai verdi pascoli ai terrazzamenti fioriti, che contrastano il degrado ed il dissesto idrogeologico. Si tratta di un valore aggiunto non solo ambientale ma anche di armonia e bellezza per l’Italia che rappresenta anche un elemento di attrazione tuwww.foglie.tv
ristica che identifica il Belpaese all’estero. Un successo ottenuto soprattutto grazie ai primati conquistati dall’agricoltura italiana, che è oggi la più green d’Europa, con 297 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, 5155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, la leadership nel biologico con oltre 60mila aziende agricole bio, la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati (ogm), 40mila aziende agricole impegnare
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nel custodire semi o piante a rischio di estinzione e il primato della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,8%) contro l’1,3% della media Ue o il 5,5% dei prodotti extracomunitari. E l’Italia è anche leader nella biodiversità. Sul territorio nazionale ci sono 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi e 533 varietà di olive contro le 70 spagnole. Ma per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia Made in Italy
serve anche agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. Una mancanza che ogni anno rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” legata ai trasporti e alla movimentazione delle merci.
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Serata evento a Bari
IN PUGLIA PRIMA DEGUSTAZIONE VERTICALE DI FORMAGGIO PER IL CENTRO SUD Il latte non è tutto uguale, c’è una grande differenza fra Made in Italy e Born in Italy, e cioè fatto in Italia oppure nato in Italia. E c’è una differenza ancora più importante, quella che fa la natura: il latte cambia a seconda della razza di vacche dal quale è prodotto.
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e aggiungiamo che la Puglia è il quarto polo zootecnico d’Italia, ed il primo nel Mezzogiorno, ecco che si sono stati tutti gli ingredienti giusti per la serata evento organizzata presso Villa Romanazzi Carducci. Per la prima volta nel Centro Sud Italia c’è stata una verticale di formaggio prodotto al 100% da vacche di razza Bruna, con ben sei annate diverse da approfondire, annusare, toccare e finalmente
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degustare con la regia di una delle maggiori esperte d’Italia. A condurre l’appassionante verticale è stata la vice presidente Onaf Maria Sarnataro, altresì vice presidente AIS (Associazione italiana Sommelier) Campania. Questa serata evento è stata la prosecuzione, anche nel Mezzogiorno, di un percorso di maggiore conoscenza del lavoro degli allevatori e del latte a km zero e, quindi, degli eccellenti formaggi con la pecularietà mono-
latte avviato dal Consorzio Valorizzazione Prodotti razza Bruna Italiana (CVPRBI) che nel Belpaese ha 26 soci. L’impegno quotidiano dell’Associazione nazionale allevatori di razza Bruna, che gestisce il libro genealogico della razza, nel circuito disolabruna® garantisce la rintracciabilità del latte. “La certezza che quel latte italiano sia da vacche di razza Bruna, sta facendo crescere il numero dei caseifici che – spiega il presidente Corrado Barella
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- per differenziare l’offerta, lavorano il latte delle brune remunerandolo adeguatamente agli allevatori. Ciò spiega perché si sta diffondendo nei grandi allevamenti di pianura e non solo”. All’evento barese ha partecipato il segretario del Consorzio, dott. Enrico Santus, nonché direttore Anarb (Associazione nazionale allevatori bovini della razza Bruna). Con coraggio, i 26 soci italiani del Consorzio dedicato al latte disolabruna®, sono impegnati nella grande sfida di far conoscere ed apprezzare questi formaggi ricchi di peculiarità (come il latte da cui hanno origine) agli addetti ai lavori ed agli appassionati di bontà casearie. Ma quali sono le differenze fra i for-
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maggi disolabruna® e tutti gli altri? La parola è stata data prima al palato con la degustazione verticale della più antica (ed anche la più imitata in tutto il mondo) Denominazione d’Origine Protetta d’Italia: il parmigiano reggiano Dop disolabruna®. Per immergersi pienamente nelle peculiarità di questo latte pregiatissimo, poi la parola alla scienza con la relazione del prof. Michele Faccia (Università di Bari). A conclusione una degustazione di formaggi disolabruna® che sono andati dal Bitto Dop della Valtellina (Sondrio) fino alla neonata Dop Mozzarella di Gioia del Colle. L’iniziativa è stata organizzata in collaborazione con l’ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formag-
gi) nata a Grinzane Cavour (Cuneo) nel 1989 e che da tre anni ha anche una delegazione in Puglia.
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groalimentare
DECIMO RECORDCONSECUTIVO PER EXPORTITALIA(6,36 MLD € MAFRANCIASUPERAI 10)
LE STIME 2019 DELL’OSSERVATORIO VINITALY NOMISMA WINE MONITOR
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’ export del vino italiano si prepara a festeggiare a fine anno il traguardo di dieci record storici consecutivi, con un controvalore di 6,36 miliardi di euro e una crescita del 2,9% sul 2018. Un quadro che consolida il vino del Belpaese al secondo posto tra le superpotenze enologiche mondiali (la Spagna, terza, perderà quasi il 7%) ma che lo allontana da una Francia sempre più leader grazie a un balzo commerciale fissato a +7,8% consentendole così di superare per la prima volta la soglia dei 10 miliardi di euro di export. Il computo finale sull’andamento del mercato del vino è stato anticipato dalle stime dell’Osservatorio VinitalyNomisma Wine Monitor su base doganale nel corso di wine2wine l’evento di formazione e networking targato Vinitaly. Secondo l’Osservatorio, che ha analizzato i trend dei primi 7 Paesi esportatori (Francia, Italia, Spagna, Australia, Nuova Zelanda, Cile, USA) incrociando i flussi dei 10 principali Paesi mondiali della domanda, il 2019 chiuderà in positivo per il commercio del vino italiano ma ancor più a livel-
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lo globale. L’incremento import delle ‘sette sorelle del vino’, nonostante l’incertezza sui dazi e le crisi congiunturali, sarà infatti del 3,6%, con punte di eccellenza di Nuova Zelanda (+10,2%) e Cile (+5,8%) mentre virano in negativo anche Australia (-0,3%) e Usa (-3,7%).
logie». La performance italiana indica ampi spazi di miglioramento, a partire dal prezzo medio (in calo del 2%) fino a una maggiore reattività sui mercati emergenti e a una minor dipendenza da piazze storiche sempre più mature (Germania e Regno Unito).
«L’osservazione dei mercati ci restituisce una fotografia altamente competitiva del settore – ha detto il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani –; una competizione cresciuta in maniera direttamente proporzionale a un business sempre più decisivo per le economie dei singoli Paesi. Il nostro compito è portare valore aggiunto al prodotto-Italia attraverso un’innovazione di processo e di sistema in grado di alzare le quote del nostro mercato.
«Inutile dire che la partita si gioca soprattutto in Asia – ha proseguito Mantovani –, dove vogliamo essere decisi e decisivi.
Come Vinitaly, sarà importante l’incremento di buyer statunitensi e cinesi previsti per la prossima edizione, in cui si avvierà tra l’altro il progetto Impact factor, che prevede un’interazione con le imprese per ottimizzare i flussi dei buyer, anche grazie alla tracciabilità garantita dalle nuove tecno-
Infatti, col nostro partner cinese abbiamo costituito una società compartecipata, la Shenzhen Baina International Exhibition, per l’organizzazione di WineToAsia, in programma dal 9 all’11 novembre 2020 nel nuovo quartiere fieristico Shenzhen World». La prima edizione di WineToAsia, evento b2b, prevede la partecipazione di 400 espositori e si configura fin dall’inizio di respiro internazionale, con una presenza di aziende italiane, europee ma anche dalla Cina e dal Nuovo Mondo, coinvolgendo anche le principali imprese delle tecnologie protagoniste a
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Enolitech. Per il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini: «Il 2019 vede un ulteriore incremento dell’export di vino italiano, con aumenti significativi nei mercati come il Giappone dove l’accordo di libero scambio con l’Unione Europea ha permesso una facilitazione degli scambi. Il tutto in uno scenario di mercato che all’opposto è dominato da rigurgiti protezionisti e guerre commerciali che non giovano affatto alla crescita dell’export, Italia compresa. Se infatti è assodato come lo sviluppo del commercio internazionale permette una crescita del Pil e dei redditi, è altresì dimostrato come il consumo di vino sia fortemente sensibile al variare dei redditi: dove questi crescono, il consumo aumenta in misura più che proporzionale e viceversa. In buona sostanza, il rischio che sembra emergere per i prossimi anni è quello di un rallentamento generale del commercio internazionale di vino che necessariamente interesserà anche i nostri vini». Complessivamente il made in Italy è dato in rassicurante recupero con i suoi vini fermi (+3,3%), N° 22 - 15 dicembre 2019
mentre gli sparkling – protagonisti dell’exploit negli ultimi anni – ‘rallentano’ a +5,8%, per effetto anche della contrazione in UK. Il calo del prezzo penalizza infine gli sfusi (-10%). Nel dettaglio, la domanda di vino italiano vedrà il Giappone campione di crescita, con un aumento a valore di oltre il 17% a quasi 200 milioni di euro, seguito dalla Russia – in forte ripresa (+11,1%) anche dopo la buona performance dello scorso anno – e dal Canada con +6,2%. Bene gli Usa (+5%), primo mercato al mondo con una chiusura prossima a 1,8 miliardi di euro, anche se l’incremento sarà inferiore alla media import generale (+7,5%) e soprattutto al +11,4% della Francia (vicinissima ai 2 miliardi di euro), condizionata però in positivo dalla corsa al prodotto in fase di pre-dazi aggiuntivi, che si faranno sentire specie sulla fascia media dei rossi e sui rosè soprattutto a partire dai primi mesi del 2020. Virano in negativo la Gran Bretagna (-2,8%), per effetto di una decisa diminuzione della domanda di sparkling italiani, la Svezia (-0,8%) e la Cina (-3,8%), dove però il Belpaese farà meglio della media import del Dragone grazie
a un buon recupero nella seconda parte dell’anno. Il modello economico-statistico utilizzato per le stime previsionali a tutto il 2019, lo stesso che lo scorso anno ha registrato uno scostamento rispetto ai dati finali ufficiali dello 0,46%, considera le importazioni di vino totale e per principale categoria nei diversi mercati target, di fonte doganale che registra i flussi per origine e non provenienza. Questa diversa metodologia di rilevazione, unita alle differenze insite nei prezzi all’export rispetto all’import (i primi FOB, i secondi CIF), alle discrasie temporali intercorrenti tra registrazione della spedizione e dell’arrivo del prodotto, spiegano le differenze esistenti tra il vino esportato in un mercato da un paese e l’import del vino dallo stesso paese nel mercato target. Inoltre, per una diretta ed immediata comparazione delle tendenze in atto da parte degli stakeholder del settore e degli operatori italiani, il modello restituisce valori in euro e non nella valuta locale del mercato analizzato. Ciò fa sì che le variazioni calcolate sull’export incorporino anche le fluttuazioni avvenute nel tasso di cambio con l’euro.
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IGP PUGLIA STRUMENTO PER RAFFORZARE FILIERA
OLIO: FORTI IN PRODUZIONE, DEBOLI SU MERCATI “Il brand IGP Olio di Puglia è un progetto di trasparenza e valorizzazione che, come dimostra il disciplinare, punta decisamente sulla qualità e sulla distintività in una regione che produce oltre il 50% dell’olio extravergine italiano. E’ stata data una risposta alla storica carenza di programmazione con un vero sistema di filiera che ha riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica un paradosso tutto pugliese, ovvero forti nella produzione, deboli sul mercato, un assioma per nulla decifrabile e comprensibile che la dice lunga sulla complessità del sistema produttivo indebolito da avventurieri”.
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quanto dichiara il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia, in occasione dell’incontro Torremaggiore sulle strategie di Promozione e comunicazione per i mercati emergenti della Peranzana, patrimonio della provincia di Foggia. “La Puglia è indietro anni luce rispetto alla necessità di disegnare una strategia coordinata e una programmazione di lungo periodo per fronteggiare la crisi di mercato di olive e olio in Puglia, perché dall’anello più debole della catena fino alla trasformazione, tutta la filiera dell’olio è strozzata da pratiche commerciali che hanno fatto crollare del 40% il prezzo dell’olio, con l’en-
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nesima occasione persa dalla Regione Puglia che non ha ancora consentito a cooperative e frantoi in tutta la Puglia di utilizzare oltre 40 milioni di euro del PSR Puglia per le strutture di stoccaggio che avrebbero potuto far fronte all’attuale stagnazione di mercato per eccesso di produzione”, ha detto il presidente Muraglia. “La Puglia è indietro anni luce – ha insistito Muraglia - e resta l’urgenza di costruire finalmente il Piano Olivicolo Nazionale, quando in Spagna ne hanno già fatti 5 e di rivedere i rappor ti all’interno della filiera, coinvolgendo in prima istanza proprio la grande distribuzione, perché i prezzi allo scaffale di olio extravergine di oliva a 3 euro a botti-
glia è inaccettabile”. La bolla speculativa che sta interessando il settore oleario si è allargata anche alla sansa che, non trovando mercato che l’acquisti, per essere smaltita può solo diventare rifiuto speciale a spese di agricoltori e frantoiani. I prezzi bassi dell’extravergine hanno fatto crollare anche quelli dell’olio di sansa, un sottoprodotto della lavorazione delle olive che al momento non vale niente. D’altro canto cooperative e frantoi devono ‘liberarsene’ perché par te finale del ciclo di produzione dell’olio. La sansa diventa quindi per gran par te dei frantoiani da risorsa a rifiuto speciale che, se mandata ai biodigestori, può costare anche 25 euro al
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quintale, oltre ai costi di traspor to. Per Coldiretti Puglia l’ipotesi di drenare i 5 milioni di euro destinati agli interessi sui mutui dal Decreto Emergenze per le gelate non ancora utilizzati, su interventi in de minimis a beneficio degli agricoltori che per il presidente Muraglia non risolverebbero in ogni caso i problemi strutturali del settore in Puglia. Accanto alla formula tradizionale del 3×2 ed ai punti a premio – aggiunge Coldiretti Puglia - si sono moltiplicate e differenziate le proposte delle diverse catene per renderle meno confrontabili tra loro e più appetibili ai clienti, dalle vendite sottocosto che devono seguire regole precise ai buoni spesa. Tra i prodotti alimentari venduti in offer ta più frequentemente ci sono N°22 - 15 dicembre 2019
quelli simbolo della dieta mediterranea che non possono mancare sulle tavole degli italiani e hanno un effetto calamita sui clienti a par tire proprio dall’olio di oliva. Per questo serve intensificare l’attività di controllo e vigilanza anche per evitare che vengano spacciati come nazionali prodotti impor tati ma è anche necessario al più presto il recepimento della direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali del 17 aprile 2019 per ristabilire condizioni contrattuali più eque lungo la catena di distribuzione degli alimenti, con l’introduzione di elementi contrattuali e sanzionatori cer ti rispetto a prassi che finora hanno pesantemente penalizzato i produttori. “La IGP Olio di Puglia riguarderà – spiega il presidente
di Coldiretti Torremaggiore, Salvatore Moffa - oli extravergine di alta qualità, con parametri chimico-fisici ed organolettici di assoluto valore a beneficio della salute, perché il disciplinare prevede che solo oli con un elevato livello di polifenoli - i più impor tanti antiossidanti naturali - possano diventare IGP, cer tificando le proprietà con un apposito claim salutistico in etichetta previsto dall’UE sia un olio sempre fresco, perché dovrà essere imbottigliato entro l’anno di produzione e sia di assoluta provenienza regionale, un olio cer tamente “Made in Puglia” sia per la produzione delle olive , sia per la trasformazione in olio, ma anche per il confezionamento che dovrà essere effettuato a una distanza definita dal luogo di produzione”.
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gricoltura
Mimmo Lavacca: “ L’olivicoltura famigliare merita più attenzione”
Olio di famiglia IX in conferenza stampa alla Camera dei Deputati di Paola DILEO
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“Olio di Famiglia - oli preziosi da olivicoltori dilettanti”, il lungimirante concorso monopolitano dedicato all’olivicoltura famigliare, un segmento rilevante della produzione agricola nazionale, conquista a pieni voti la IX edizione e forte di questo risultato continua la sua opera di sensibilizzazione, ai vari livelli istituzionali, sul ruolo socio-economico, culturale e ambientale, svolto con instancabile vitalità dalle famiglie italiane. Di qui la scelta di presentare l’edizione 2019-2020 dell’iniziativa alla Camera dei Deputati: sono intervenuti il sottosegretario al MIPAAF, On. Giuseppe Labbate, il Senatore Dario Stefano, il presidente COMAGRI, Filippo Gallinella, il presidente Copagri Nazionale Franco Verrascina , il presidente Copagri Regionale Tommaso Battista, il presidente Ass. Terrasud , Mimmo Lavacca, anche ideatore di Olio di Famiglia. A lui chiediamo:
re e nello specifico di quell’olivicoltura famigliare che di fatto costituisce la struttura portante della produzione olivicola nazionale, quindi di quel sistema di produzione agricola centrato sul lavoro e sulle capacità dei nuclei famigliari che vivono e lavorano la terra. Un modello produttivo che meglio di altri, può
scegliere di assicurare un uso sostenibile delle risorse e delle energie, promuovendo un’agricoltura e un’alimentazione legate alle specificità e alle varietà dei territori. È un lavoro molto lungo, fatto di informazione e sensibilizzazione, che ha però condotto ad un netto miglioramento sia su dati analitici che su quelli sen-
La conferenza stampa della IX edizione di Olio di Famiglia alla Camera dei Deputati, perché? Quali gli obiettivi e quali i risultati? L’ obiettivo principale del concorso è quello di parlare di agricoltura famiglia-
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soriali degli oli partecipanti al concorso sin dalla prima edizione. Olio di Famiglia è alla sua IX edizione, quanto è cresciuto il concorso monopolitano? Un bilancio… Nel corso degli anni, il concorso non solo è cresciuto in termini di numero di olivicoltori partecipanti ma sono aumentate anche le richieste di partecipazione da parte delle scuole e gruppi organizzati di consumatori. Non ultimo è cresciuto l’interesse da parte dei mass media verso il nostro concorso, così come le interazioni sulla nostra pagina FB. Siamo passati dall’edizione zero con una semplice cena a casa di amici, all’edizione IX con oltre 150 partecipanti da tutte le regioni italiani e da altre nazioni come Spagna e Grecia. Quali le novità di questa edizione?
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La grande novità di quest’anno è la collaborazione con il Festival Biosegura con sede a Beas de Segura in Andalusia, Spagna, grazie alla quale a fine aprile si terrà un weekend dedicato all’agricoltura e alla ruralità, attraverso la proiezione di film e documentari. Chiaramente tutte le iniziative della scorsa edizione come la scuola olivicola e gli incontri informativi- formativi con i consumatori sono confermati.
sala. I vari rappresentanti delle istituzioni intervenuti alla presentazione del concorso alla Camera dei Deputati, hanno espresso in coro unanime di pensare a norme e leggi che disciplinino e tutelino l’agricoltura famigliare.
Come i rappresentanti del Governo hanno accolto il Concorso Olio di Famiglia? Ci sono impegni a breve e medio termine per l’Olivicoltura Famigliare? Il concorso Olio di Famiglia per il tema che affronta e le iniziative che ogni anno vengono realizzate con il coinvolgimento di produttori olivicoli, scuole e consumatori, ha ricevuto diversi feedback positivi sia da parte dei relatori istituzionali che dai senatori e onorevoli presenti in
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gricoltura
Innovazioni e nuove problematiche
I TECNICI ORTICOLI SI CONFRONTANO SUL FUTURO DELLA PROTEZIONE DELLE PIANTE
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n’ agricoltura moderna e sostenibile è un’agricoltura in grado di coniugare e valorizzare le peculiarità e i punti di forza del territorio in cui opera. Esempio virtuoso e concreto è l’azienda Fri-El Greenhouse che ha intrapreso un percorso di valorizzazione nel settore del pomodoro idroponico sviluppando un progetto che ha previsto serre tecnologicamente all’avanguardia, in grado di proseguire la produzione di pomodoro anche nella stagione fredda grazie a una particolare illuminazione a LED e a un clima adeguato, per calore e umidità.
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In questo scenario, Certis Europe Italia ha organizzato una tavola rotonda coinvolgendo tecnici di rilevanti strutture orticole del nord Italia. È stata l’occasione per confrontarsi sulle novità relative alle strategie di difesa integrata e biologica delle colture orticole partendo dalle problematiche del terreno fino ad arrivare alla gestione dell’intero ciclo colturale. Oltre le aspettative il numero di tecnici partecipanti all’evento che hanno discusso approfonditamente di protezione delle colture evidenziando l’importanza della corretta e adeguata gestione dei prodotti fitosanitari in azienda al fine di garantire la sicurezza degli operatori e
la salvaguardia dell’ambiente ma anche le diverse esigenze dei consumatori e delle filiere agro-alimentari. Luca Volontè, Product Manager, ha sottolineato come Certis “sia impegnata a sviluppare soluzioni per la protezione delle colture che permettano di coltivare prodotti orticoli di qualità nel rispetto dei requisiti imposti dalle filiere”. Questa iniziativa è stata la prima di un percorso di condivisione tra tecnici che operano nel mercato delle colture orticole e che vedrà nuovi incontri in cui saranno affrontate tematiche di rilievo per il settore.
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Presentazione ad Alberobello del saggio-inchiesta di Piero Tateo
“La Puglia degli Ulivi. Dopo la Xylella”
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resso la Sala Consiliare del Comune di Alberobello (Ba) è stato presentato il libro “La Puglia degli Ulivi. Dopo la Xylella – 66 domande sulla vita e sulla morte della pianta sacra del Mediterraneo” di Piero Tateo. Sono intervenuti il Sindaco Michele Maria Longo, l’Assessore all’Agricoltura Antonella Ivone, il Capogruppo di Alberobello Futura Piero Carucci e il giornalista Francesco Pepe. Con questo saggio, edito dalla Fondazione Agriculture Onlus di cui l’autore è presidente, Piero Tateo scava nell’emergenza Xylella che sta colpendo gli ulivi monumentali della Puglia. “Attraverso la profonda conoscenza delle piante secolari e il sostegno ai contadini che le custodiscono, sarà possibile difendere e valorizzare l’olivicoltura e l’olio di qualità, i cui destini hanno da sempre segnato i processi
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di sviluppo della Puglia. Gli ulivi maestosi ci chiedono di trasmettere i messaggi che hanno scambiato con i nostri antenati ai nostri nipoti. Ascoltandoli capiremo perché il loro destino non è altro che il nostro”. Un’analisi puntuale e documentata della tragedia in atto che accompagna il lettore sotto la chioma di un grande ulivo, per riprendere l’ascolto delle parole sussurrate dalla pianta simbolo del Mediterraneo. Il carattere divulgativo del saggio mira a raggiungere tutte le persone che amano la regione Puglia e i suoi bellissimi ulivi. L’opera, con le sue 192 pagine e alcune immagini, è accompagnata da documenti e fotografie consultabili attraverso il sito della Fondazione. I proventi del libro, acquistabile ad un costo di euro 9,90, saranno interamente destinati alla Fondazione Agri-
culture, Onlus senza scopo di lucro che da anni è impegnata in progetti di ricerca atti a valorizzare gli ulivi monumentali, la biodiversità del territorio e i cereali antichi della Puglia.
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