FOGLIE n.3/2020

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Agricoltura • Agroalimentare • Turismo RURALE

INNOVAZIONE AGGREGAZIONE INFRASTRUTTURE Le ricette per l’ortofrutta da FruitLogistica 2020

agricoltura

Varietà vegetali e diritti di proprietà, tema di importanza strategica Legge Caporalato, capiamone di più agroalimentare

Vino: mercato Usa nel caos per i dazi, paga anche l’Italia (-7%)

N° 3 • 15 FEBBRAIO 2020



EnoliExpo In Fiera del Levante dal 19 al 21 marzo EnoliExpo di Bari, due filiere (olio e vino) in un’unica grande rassegna espositiva

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ARI - Quasi 200 espositori, 16 mila metri quadrati di superficie con la partecipazione dei maggiori nomi legati ai macchinari per frantoi e cantine, oltre che per la gestione dell’oliveto e del vigneto. Un susseguirsi di stand dove trovare anche i principali marchi delle macchine agricole, le innovazioni migliori per la raccolta, la potatura, i trattamenti, ma anche per l’imbottigliamento e il packaging. E poi ancora un susseguirsi di incontri di aggiornamento professionale con la partecipazione dei più autorevoli ricercatori italiani sull’olivicoltura e sulla vitivinicoltura. L’EnoliExpo di Bari, che

torna alla Fiera del Levante dal 19 al 21 marzo 2020, si conferma come un evento assolutamente unico nel panorama nazionale per il settore olivicolo-oleario e il principale per il centro-sud Italia per quello viticolo-enologico. Chi oggi lavora le olive o le uve, chi oggi produce olio o vino, può essere assolutamente certo di trovare all’EnoliExpo tutto quello che di più innovativo il mercato è oggi in grado di offrire sia per l’attività in campo che per la trasformazione. Al centro dell’attenzione le tante novità che riguardano i due settori: da un lato, quello olivicolo, le fitopatie con l’addio

al dimetoato, le nuove linee guida per la rigenerazione in area Xylella, le innovazioni tecnologiche in frantoio, le politiche olivicole a livello comunitario e nazionale, le problematiche legate al sottocosto; dall’altro, quello vitivinicolo, con le tematiche legate al vigneto (innesti e portinnesti resistenti), al lavoro in cantina (quante novità sui rosati), al mercato (con un occhio particolare alle nuove frontiere, tra dazi e sviluppo della capacità comunicativa). Il programma completo su www.enoliexpo.com



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ditoriale

15 FEBBRAIO 2020 - n. 3 - Anno 15

Quindicinale di Agricoltura Agroalimentare Turismo RURALE

OLIO: SENZA CENTRI DI STOCCAGGIO E PROMOZIONE PUGLIA INDIETRO

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Iscritto all’Albo Cooperative a Mutualità Prevalente N.A182952 Editrice

G.Ed.A. Giovani Editori Associati Soc. Coop. Via Alcide De Gasperi 11/13 - 70015 - Noci (BA) Direttore responsabile Vito Castellaneta Grafica e impaginazione G.Ed.A. Giovani Editori Associati Hanno collaborato Donato Fanelli, Antonio Resta, Rocco Resta, Nicola Trisolini, Paola Dileo, Micaela Cavestro, Rino Pavone, Mara Coppola Pubblicità G.Ed.A Rino PAVONE r.pavone@foglie.tv 380 6328672 Stampa Grafica 080 - Modugno (BA) Registrato al Registro Nazionale della Stampa Tribunale di Bari N. 61/06 del 15/11/2006 www.foglie.tv redazione@foglie.tv 347 9040264 Iscritta al Registro Operatori Comunicazione ROC n.26041 TESTATA GIORNALISTICA ACCREDITATA

egli ultimi 10 anni, dal 2009 ad oggi è cresciuta la produzione media in Puglia di olio del 21,5%, a cui non ha corrisposto alcuna visione strategica, a differenza di quanto avvenuto in Spagna, rispetto alla realizzazione dei centri di ammasso e stoccaggio dell’olio. E’ quanto emerge dall’analisi di Coldiretti Puglia sull’andamento del settore olivicolo e oleario in Puglia, in merito all’andamento dei prezzi di olive e olio e sull’ammasso privato dell’ olio d’ oliva. L’ ammasso privato dell’ olio, codificato dal Regolamento di Esecuzione (UE) 2019/1885, assegna pochi spiccioli agli oli vergini, per cui non risolve il problema di imprenditori olivicoli, cooperative, frantoiani. Certamente non è uno strumento che risponde alle caratteristiche della produzione italiana e soprattutto non si può pensare di modificare i regolamenti comunitari solo quando si è in emergenza. L’ ammasso privato è uno strumento in antitesi con il nostro progetto di dare valore all’olio che deve essere considerato come un alimento e non più come una commodity. Piuttosto che rimbalzare il problema a livello comunitario e preoccuparsi delle quisquiglie, la Regione Puglia potrebbe

e dovrebbe realizzare campagne quinquennali di comunicazione, strutturali e adeguatamente finanziate, che promuovano in maniera strategica e coordinata il prodotto simbolo della Puglia che è l’olio. C‘è bisogno di una programmazione di lungo periodo per fronteggiare la crisi di mercato di olive e olio in Puglia, perché dall’anello più debole della catena fino alla trasformazione, tutta la filiera dell’olio è strozzata da pratiche commerciali che hanno fatto crollare del 40% il prezzo dell’olio, con l’ennesima occasione persa dalla Regione Puglia che non ha ancora consentito a cooperative e frantoi in tutta la Puglia di utilizzare oltre 40 milioni di euro del PSR Puglia per le strutture di stoccaggio che avrebbero potuto far fronte all’attuale stagnazione di mercato per eccesso di produzione. Il brand IGP Olio di Puglia è un progetto di trasparenza e valorizzazione che, come dimostra il disciplinare, punta decisamente sulla qualità e sulla distintività in una regione che produce oltre il 50% dell’olio extravergine italiano nell’urgenze di un piano olivicolo nazionale (da quando se ne parla la Spagna ne ha già fatti 5!) e di rivedere i rapporti all’interno della filiera.



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ommario

5 editoriale

5 OLIO Senza centri di stoccaggio e promozione Puglia indietro

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FITTO SU EMILIANO 15 Parla di fondi europei ma è l’unico che li ha persi” COLDIRETTI PUGLIA 18 Pietro Piccioni nuovo Direttore Regionale

19 IlUNAPROL tarantino Di Noia nuovo Direttore Generale L’ ABBATE 29 Deleghe per Cipe e Conferenza Stato Regioni

9 DIRITTI DI PROPRIETA’INDUSTRIALE

Nasce il distretto

24 STRACCHINO DI CAPRA

Nasce nuovo prodotto lattiero caseario

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agroalimentare

10 LEGGE CAPORALATO

12 LE RICETTE PER L’ ORTOFRUTTA

PAC POST 2020 13 Prioritario dare certezza giuridica e continuità

20 VINO

Capiamone di più

21 MURGE BRADANO

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AGRICOLTURA Tema di importanza strategica

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Innovazione, aggregazione, infrastrutture Mercato Usa nel caos per i dazi

zootecnia FIERAGRCOLA 8 Protagonista la zootecnia pugliese


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ootecnia

Durante Fieragricola

ZOOTECNIA PUGLIESE PROTAGONISTA A VERONA di Rino PAVONE

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a zootecnia pugliese da latte si sta ponendo sempre più alla ribalta nazionale per il livello genetico di grande valore dei suoi animali e per la grande professionalità dei suoi allevatori. Ne abbiamo avuto prova all’ultima Fieragricola di Verona, dove nell’ambito dei due concorsi riservati alle vacche da latte, rispettivamente l’European Championship della razza Bruna e il Dairy Show della razza Frisona, dei venticinque animali complessivamente provenienti dalla Puglia e in particolare dall’area murgiana barese e tarantina, ben 5 fra manze e vacche sono risultate Campionesse di categoria e 5 Riserve assolute o di categoria. “E’ un risultato importante – riferisce il Presidente dell’ARA Pietro Laterza – che evidenzia sempre più come la zootecnia pugliese, in particolare quella da latte, sia ormai la più qua-

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lificata di tutto il centro sud Italia per la qualità dei soggetti e per la qualità delle produzioni che a breve saranno certificate dalla DOP “Mozzarella di Gioia del Colle”. Stiamo dunque toccando con mano il lavoro di miglioramento genetico fatto in questo ultimi anni dai nostri allevatori, in particolare da quelli più giovani che hanno creduto nelle potenzialità di questa attività che, nonostante i notevoli sacrifici che richiede, riesce ancora a dare prospettive di futuro e soddisfazioni importanti come quelle che i giovani allevatori pugliesi hanno toccato con mano su un palcoscenico internazionale quale è quello di Verona, competendo a testa alta con colleghi allevatori che vantano ben altra tradizione, quali quelli di Svizzera, Austria e di tante Regioni del Nord Italia. Tutto questo, prosegue il Presidente Laterza, impone a noi Associazione di essere sem-

pre al passo con i tempi e all’altezza di accompagnare gli allevatori verso una moderna zootecnia in grado di soddisfare la domanda di un consumatore sempre più esigente non solo riguardo alla qualità ma anche rispetto alle modalità di allevamento, al benessere degli animali, agli elementi di biosicurezza e, più in generale, alla sostenibilità ambientale degli allevamenti stessi. Ringraziamo infine gli allevatori che a Verona hanno portato in alto il nome della Puglia e ci aspettiamo che le Istituzioni regionali, dopo questi importanti successi, possano sostenere sempre più e meglio, anche attraverso una sburocratizzazione degli interventi, questo settore importante della economia regionale, supportando i sacrifici e gli sforzi compiuti da chi, attraverso la sua presenza, contribuisce a mantenere vivo e fruibile il nostro territorio.” www.foglie.tv


Tema di importanza strategica

Nuove varietà vegetali e diritti di proprietà industriale di Avv. Francesco Chiarappa

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a lettura combinata del Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 26 novembre 2019 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2020) e del Codice della Proprietà Industriale (D.lgs. n. 30/2005), offre lo spunto per fornire un sintetico quadro circa la tutela giuridica delle nuove varietà vegetali. Il termine varietà vegetale individua all’interno di una data specie (ad esempio il kiwi) più insiemi limitati in grado di essere distinti, per peculiarità di natura morfologica e fisiologica, da altre varietà appartenenti alla stessa specie (ad esempio il kiwi a polpa gialla “Soreli”). Quando parliamo di privativa in relazione alle varietà vegetali, in estrema sintesi, intendiamo il diritto che permette al relativo titolare (definito “costitutore”) di utilizzare in via esclusiva la varietà, opponendosi a qualsiasi utilizzo non autorizzato di terze parti. Il tema è di importanza strategica. Una più vasta varietà di colture, in grado di meglio reagire alle intemperie e alle malattie, da un lato permette una migliore sostenibilità dell’ecosistema e degli esseri che lo abitano e, dall’altro lato, offre nuove e interessanti porzioni di mercato. Complici le drammatiche sfide che sorgono dal rapporto sempre più conflittuale tra natura e uomo (scarsità di cibo, aumento della popolazione, inquinamento, cambiamenti climatici, ecc.), il legislatore ha offerto opportuna tutela a favore degli operatori del settore della ricerca e sviluppo di nuove varietà vegetali. Per poter accedere alla tutela prevista dal Codice della Proprietà Industriale, la varietà vegetale deve essere nuova, distinta, omogenea e stabile. Il requisito della “novità” è integrato se il coN° 2 - 1 febbraio 2020

stitutore non ha messo in commercio in Italia la varietà che intende sfruttare (o i frutti di raccolta) da oltre un anno dal deposito oppure, se in altro paese, da oltre quattro o sei anni. La caratteristica della “distinzione”, invece, si configura quando la varietà si contraddistingue chiaramente da ogni altra varietà conosciuta. La varietà inoltre deve essere “omogenea”, vale a dire uniforme nei propri caratteri pertinenti e rilevanti. Infine deve sussistere il requisito della “stabilità”, cioè i caratteri pertinenti e rilevanti devono restare invariati in seguito alle successive moltiplicazioni o riproduzioni oppure alla fine di ogni ciclo. Sussistendo i requisiti normativi, la nuova varietà vegetale può formare oggetto di una domanda di privativa ai sensi del Codice della Proprietà Industriale oppure di natura comunitaria ai sensi del Regolamento CE n. 2100/94. Le domande per l’ottenimento della tutela (ai sensi del Codice della Proprietà Industriale oppure della normativa comunitaria), complete dell’indicazione della denominazione varietale e di allegati tecnici volti ad illustrare le caratteristiche fisiologiche e morfologiche distintive della nuova varietà, devo essere depositate presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi oppure presso l’Ufficio Comunitario delle Varietà Vegetali. Il ventaglio dei diritti di privativa su una nuova varietà vegetale è ampio. In particolare, nel caso di produzione o riproduzione della varietà, condizionamento a scopo di riproduzione o moltiplicazione, vendita o altra forma di commercializzazione, esportazione o importazione e detenzione, i terzi dovranno ottenere l’autorizzazione del costitutore. Il diritto di costitutore non si estende però ad atti

compiuti da terzi in ambito privato, a scopi non commerciali ad atti compiuti a titolo sperimentale e ad atti compiuti allo scopo di creare altre varietà. Il diritto di privativa concesso dal Codice della Proprietà Industriale dura venti anni a decorrere dalla data della sua concessione e trenta anni per gli alberi e le viti. La privativa comunitaria, invece, ha una durata di trenta anni a partire dalla concessione per le varietà a fusto legnoso (alberi e viti) e di venticinque anni per le varietà non legnose. In conclusione, al fine di dare effettivo impulso allo sviluppo di nuove varietà vegetali, tenuto conto dell’importanza che riveste il tema, sarebbe auspicabile l’implementazione di forme di aggregazione tra i diversi operatori del settore agricolo (Università, enti di ricerca scientifica e imprenditori agricoli) in grado di dare vita a forme di collaborazione sinergiche e filiere virtuose.

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gricoltura

DOPO POLEMICHE MESI SCORSI

LEGGE CAPORALATO CAPIAMONE DI PIU’

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a legge 199 del 29 ottobre 2016 ha introdotto le disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo. Con l’entrata in vigore delle legge 199, il reato di cui all’art. 603 bis c.p., ha subito una rivisitazione nel suo trattamento sanzionatorio ; infatti, la nuova disciplina, prevede una pena per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, che andrà da 1 a 6 anni di reclusione. Pene aumentabili fino ad 8 anni se il fatto viene commesso mediante violenza o minaccia e una multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. L’elemento di novità della presente legge risiede nel fatto che il reato sarà configurabile, non solo nei confronti dei caporali, ma anche nei confronti dei datori di lavoro che sfruttano questo tipo di intermediazione e quindi di manodopera. Infatti la legge stabilisce testualmente che commette il reato di caporalato

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di avv. Gabriele ROMAGNUOLO chiunque utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al precedente punto, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno Gli elementi sintomatici che il legislatore individua, cd. “indici di sfruttamento”, per definire il reato di caporalato sono i seguenti: - reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; - la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; - sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; - sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza

o a situazioni alloggiative degradanti. Sono aggravanti specifiche e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà: - il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; - il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa; - l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo. Avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro. In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti diventa obbligatoria - anziché discrezionale - la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato o che siano il prezzo, il prodotto o il profitto del reato stesso. Confisca obbligatoria anche del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza. I proventi ricavati verranno assegnati al Fondo anti-tratta, che a sua volta le destinerà anche per l’indennizzo delle

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vittime del reato. Previsto durante il procedimento penale il possibile controllo giudiziario dell’azienda, misura che può sostituire il sequestro preventivo quando l’interruzione dell’attività possa compromettere i livelli occupazionali e diminuire il valore economico dell’impresa. In questo caso gli amministratori nominati dal giudice dovranno occuparsi dei controlli sulle condizioni di lavoro, della regolarizzazione dei lavoratori che prestano la propria opera in nero nonché delle misure per prevenire il ripetersi delle violazioni. Il Legislatore, modificando il quadro normativo introdotto dal D.L. 13 Agosto 11/138, ha tentato di arginare questo odioso fenomeno allargando la sanzione repressiva anche alle aziende che utilizzano la manodopera in condizioni di sfruttamento. L’intento repressivo è stato sicuramente centrato. Quello che invece la legge non distingue, almeno nel suo impianto costitutivo, sono le violazioni lievi e meramente formali della normativa contrattuale rispetto ai comportamenti più gravi che invece devono trovare una risposta ferma da parte dello Stato. Occorrerebbe, altresì, potenziare gli stru-

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menti di intermediazione lecita per assistere i produttori nella ricerca della manodopera che diventa indispensabile nei campi durante i cicli produttivi. Infatti, molto spesso, il caporale diventa l’unico strumento utile per le aziende al fine di reclutare manodopera da utilizzare sui propri terreni; il ricatto e la minaccia, in alcuni casi, è duplice e finisce per colpire tanto i lavoratori quanto le aziende, in particolar modo se consideriamo le piccole realtà produttive. Da ultimo servirebbero interventi normativi mirati alla gestione dei prezzi della

grande distribuzione che determinano, per ovvie ragioni, una filiera malata e distorta. Qualcuno ha parlato di “etichetta narrante” che racconti la storia della filiera produttiva di un alimento sino alla sua, eventuale, trasformazione e commercializzazione; descrivere, quindi, una filiera etica che consapevolizzi il consumatore finale e sensibilizzi il mercato restituendo dignità, e quindi prezzo, ai prodotti della nostra terra. Ma questo è un discorso a parte che merita il giusto approfondimento.

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groalimentare

A Berlino

Fruit logistica, “Innovazione, aggregazione, infrastrutture per la crescita del settore ortofrutticolo”

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l mondo dell’ortofrutta si è incontrato all’Ambasciata d’Italia a Berlino all’ottava edizione dell’appuntamento organizzato da Confagricoltura con Messe Berlin (Fiera di Berlino) e ICE Agenzia, alla presenza del ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova. In occasione di Fruit Logistica, la più importante fiera di settore , Confagricoltura, che ha consolidato negli anni le relazioni internazionali, è stata promotrice, insieme all’Ambasciata e a Fruitimprese, di un confronto tra il mondo della produzione italiana e quello della distribuzione tedesca, insieme ai massimi rappresentanti di istituzioni, enti e imprese. “In un anno caratterizzato da Brexit, dazi ed emergenze fitosanitarie – ha detto il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti – dobbiamo più che mai lavorare insieme. Le

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aziende vogliono fare strategia e sono pronte, quindi bene il Tavolo dell’ortofrutta ed andiamo avanti”. “Se c’è una nazione che ha lavorato bene sulla sicurezza alimentare, questa è l’Italia. In un mondo di pandemie, saper garantire sicurezza e standard elevati può essere un vantaggio”, ha aggiunto Giansanti in relazione alle conseguenze dell’emergenza Coronavirus sul settore agricolo. A Fruit Logistica si è respirata una generale voglia di crescita per un comparto che per la nostra Penisola rappresenta un quarto del valore della produzione agricola. L’Italia è il Paese più rappresentato in fiera, con uno spazio dedicato ulteriormente ampliato e realtà imprenditoriali, da Nord a Sud, fortemente innovative. Spiccano i valori della sostenibilità ambientale, delle produzioni certificate di cui siamo leader e del packaging ‘plastic free’. A fianco delle produzioni standard ci

sono poi quelle di nicchia: antiche varietà valorizzate in chiave moderna o prodotti trasformati innovativi. La bilancia commerciale registra qualche segno meno nelle esportazioni, ma il mondo dell’ortofrutta ha un alto livello di aggregazione, elemento fondamentale per competere sui mercati internazionali. “Tra le priorità da affrontare segnalo migliori infrastrutture, materiali e immateriali – ha ribadito Giansanti- oltre a una food policy europea affinché le norme sugli standard di sicurezza siano uguali per tutti”. E riguardo alla cimice asiatica, Confagricoltura ha ribadito la necessità di attivare tempestivamente un fondo europeo a sostegno delle aziende colpite, attraverso il ricorso all’articolo 221 dell’OCM, che prevede la possibilità di varare misure eccezionali per settori in crisi. www.foglie.tv


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gricoltura

Agrinsieme

Pac post2020, prioritario dare certezza giuridica e continuità strumenti esistenti

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’obiettivo principale dei regolamenti transitori della PAC post2020 deve essere quello di garantire la certezza giuridica agli agricoltori comunitari, così da dare continuità per tutto il 2021 a misure fondamentali per il perseguimento delle loro attività, quali ad esempio i pagamenti diretti, ma anche i Programmi Operativi e i Piani di Sviluppo Rurale-PSR, tutti strumenti fondamentali anche in termini di integrazione del reddito”. Lo ha sottolineato il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, intervenendo in audizione in Commissione agricoltura della Camera dei deputati su uno dei regolamenti transitori della PAC

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per prorogare le attuali regole, in scadenza nel 2020. “E’ poi fondamentale difendere a ogni costo i fondi comunitari a disposizione del comparto primario, così da dare agli agricoltori e alle cooperative le risorse necessarie ad affrontare le importanti sfide che li attendono ed evitando al contempo che questi ultimi si vedano costretti a dover perseguire obiettivi più ambiziosi con meno risorse; in tal senso, occorre rispettare la disposizione volta a garantire un equo tenore di vita agli agricoltori, sancita dal trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”, ha osservato Agrinsieme. “Il reddito dei produttori agricoli è inferiore alla media degli altri settori ed è su questa già critica condizione che pesano gli annunciati tagli ai fondi agricoli

comunitari; il nostro Paese, infatti, per il solo 2021 rischia di perdere circa 370 milioni di euro, derivanti da un taglio del 3,9% dei pagamenti diretti e del 15,6% dei fondi per lo sviluppo rurale”, ha ricordato il Coordinamento. “In una situazione in cui sono ancora in corso i negoziati sul nuovo Quadro Finanziario Pluriennale-QFP, che fisserà i limiti di spesa dell’UE per il settennato 2021-27, è parimenti importante garantire che nella fase di transizione gli stanziamenti rimangano inalterati, così da evitare che gli ambiziosi impegni in termini ambientali della PAC post2020, per il raggiungimento dei quali gli agricoltori vogliono giocare un ruolo attivo e da protagonisti, vadano a ricadere unicamente sulle spalle del primario”, ha concluso Agrinsieme.

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iceviamo e

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ubblichiamo

Secondo Presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali

“LA REGIONE PUGLIA PENALIZZA L’AGRICOLTURA TARANTINA”

a cinque anni nell’Ufficio Provinciale Agricoltura di Taranto della Regione Puglia, in Via Tirrenia n.4 nel capoluogo jonico, è in atto un vero e proprio esodo di personale andato in pensione, una situazione che in questo 2020 è destinata a diventare drammatica! A lanciare l’allarme è Gianrocco De Marinis, Presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Taranto, confermando che «numeri alla mano la situazione dell’Ufficio è agghiacciante: se nel 2015 si contavano circa 50 persone, oggi se ne contano 27 ed a fine 2020 saranno solo 17, perchè altre 10 unità sono in procinto di andare in pensione; praticamente in soli 5 anni l’organico risulterà ridotto di due terzi!». È una problematica che l’Ordine professionale segue da tempo: «in tempi non sospetti, già dal 2018, abbiamo denunciato questa situazione che – continua Gianrocco De Marinis – lede gravemente la nostra attività e quelle delle aziende agricole che seguiamo. A noi dottori agronomi e dottori forestali interessa esclusivamente la soluzione di questo problema che ormai è diventato una vera e propria emergenza». Più volte gli Agronomi e Forestali hanno chiesto ai vertici regionali, dapprima nel 2018 come Federazione Puglia e da ultimo a settembre scorso come Ordine provincia-

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le, il potenziamento del personale dell’UPA di Taranto, ridotto ormai ai minimi termini. Gianrocco De Marinis conferma infatti che «il 13 settembre del 2019, in particolare, abbiamo inviato una nota al Presidente Michele Emiliano e a tutti i consiglieri regionali della provincia ionica, sia di maggioranza che di minoranza, oltre che ai vari funzionari regionali interessati dalla problematica, illustrando la grave situazione legata alla carenza di personale che si registra ormai da diversi anni negli uffici periferici di Taranto». Sono passati più di 4 mesi senza che nulla sia cambiato: il personale continua ad andare in pensione, gli uffici si svuotano sempre più e le istanze restano inevase per mesi, con gravi danni per le aziende agricole e per i loro consulenti dottori agronomi e forestali. «Oltre questa situazione – ha poi tuonato Gianrocco De Marinis – l’Ufficio Provinciale Agricoltura di Taranto è penalizzato anche dall’esser diretto da un dirigente ad interim, persona sicuramente capace ma che, suo malgrado, è poco presente essendo dirigente anche delle strutture periferiche di Brindisi e Lecce; tutti noi apprezziamo comunque l’encomiabile lavoro che, nonostante l’esiguo personale di cui dispone, questi riesce a svolgere». Pertanto c’è urgente necessità che l’Ufficio Provinciale Agricoltura di

Taranto della Regione Puglia venga potenziato con nuovo personale tecnico e qualificato, anche perché oggi, per ovviare alla mancanza di unità, si assegnano istanze a funzionari privi delle competenze specifiche. Mentre tutti dichiarano di voler aiutare Taranto e il suo territorio ad uscire dalla monocultura industriale, assistiamo invece alla penalizzazione dell’agricoltura jonica, uno dei settori più importanti per la realizzazione di un nuovo modello di sviluppo economico. Il territorio tarantino, ricco di un’agricoltura straordinariamente fiorente, basti pensare alla zootecnia del versante nord-ovest, alle pregiate produzioni frutticole ed orticole della costa, oltre che alla ricchezza dei boschi e della macchia dell’entroterra, merita tutto il rispetto, che oggi, purtroppo, ci vediamo mancare. Gianrocco De Marinis Presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Taranto

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FRATELLI D’ITALIA: “SCAPPA DALLE ACCUSE”

FITTO: EMILIANO PARLA DI FONDI EUROPEI DOPO CHE E’ L’UNICO PRESIDENTE AD AVERLI PERSI!

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econdo Raffaele Fitto , possibile candidato del centro destra alle prossime regionali (anche se la Lega sembra voglia convergere su altri nomi al vaglio) : “Incredibile, ma davvero Michele Emiliano ha il coraggio di girare per le aziende agricole pugliesi parlando di Fondi Europei e come questi devono essere spesi, dopo che per la prima volta nella storia della Puglia il 31 dicembre scorso sono stati restituiti 86 milioni di euro all’Europa per la sua incapacità di spenderli??? “Senza contare che i Fondi europei è vero che favoriscono l’organizzazione economica del mondo agricolo facilitando gli accordi di filiera, ma soprattutto servono per il potenziamento e l’ammodernamento dell’azienda agricola ed è qui che si sono commessi gravi errori nella formulazione del Bando iniziale che poi ha mandato tutto in tilt, come ammesso dalla stessa struttura dell’Assessorato all’Agricoltura. Emiliano, quindi, si risparmi il tour elettorale fra gli agricoltori… Dopo i danni che ha provocato al settore dovrebbe solo chiedere scusa”. N° 3 - 15 FEBBRAIO 2020

Rincara la dosa il gruppo consiliare regionale di Fratelli d’Italia: “L’ex assessore Leo Di Gioia ribadisce le pensati accuse già formulate in Consiglio regionale, ma ancora una volta il presidente Michele Emiliano, chiamato in causa come assessore all’Agricoltura, non solo scappa, ma manda al ‘sacrificio’ dirigenti e funzionari del Dipartimento e dell’Avvocatura regionale. Il dottor Gianluca Nardone, la dottoressa Rosa Fiore e l’avvocatessa Rossana Leanza sono stati “costretti” a dover rispondere alle puntuali domande/ accuse cercando di difendere decisioni politiche del quale solo Emiliano è tenuto a dare risposte che prima o poi dovrà fornire. Di Gioia aveva e ha ribadito il sospetto che ci fossero aziende che non avevano diritto al contributo PSR, anzi che avevano già ricevuto risposta di rigetto e che invece erano state ripescate. La struttura ha confermato il dato sostenendo che sono ben 137, sulle prime 680 in graduatoria, le aziende alle quali è stato revocato l’avviso di rigetto. Perché? Con quale criterio? E’ vero che questo recupero, come è stato ipotizzato fuori

microfono, è stato operato durante la campagna per le ultime Primarie, facendo intendere che si trattassero di aziende vicine a Emiliano? Sempre Di Gioia aveva e ha ribadito il sospetto che al tavolo per la concertazione con il partenariato possano sedersi sigle, i cui rappresentanti, hanno vicinanza con studi tecnici che elaborano le pratiche. La struttura ha dichiarato di non sapere. Ma Emiliano quasi sicuramente qualche risposta in più sarebbe in grado di darla. Infine, sempre la struttura ha confermato il disimpegno al 31 dicembre di 86 milioni di fondi europei (quota Fears del Psr) e la richiesta alla Commissione Europea di deroga (per due anni) a causa dei ritardi provocati dall’enorme mole di ricorsi al Tar. La stessa struttura ha ammesso che questi ritardi sono stati provocati per un errore compiuto in fase iniziale nella formulazione dei criteri richiesti nel bando che hanno prodotto una graduatoria completamente errata e quindi da rifare. Che ad ammettere l’errore sia un dirigente, fa a questo onore…noi aspettiamo che lo faccia su tutto e per tutto Emiliano”.

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Organizzazioni di produttori agricoli

OP&AOP: perché contano nello scenario della PAC di Daniela Toccaceli

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e Organizzazioni di produttori agricoli (OP e loro associazioni AOP) non sono una novità, soprattutto in alcuni comparti dell’agricoltura europea e nazionale. Nuovo è invece lo spazio di azione che gli viene assegnato nel quadro di riforma della PAC, già a partire dal Regolamento Omnibus. Le OP sono gruppi di produttori agricoli che intendono cooperare e si costituiscono legalmente per gestire in comune le fasi a valle della produzione primaria. Gruppi di OP possono associarsi in AOP per svolgere in modo più efficace ed efficiente alcune funzioni o per svolgere su una scala territoriale più vasta. Le OP e AOP hanno interessato inizialmente alcuni settori, in particolare orto-frutta, latte e derivati, e olio di oliva. L’attenzione del policy maker europeo si è rivolta a questi strumenti per la loro funzione economica di realizzare il coordinamento orizzontale della filiera attraverso la pianificazione, concentrazione e gestione dell’offerta degli aderenti. In altri termini, le imprese di produzione primaria che cooperano per gestire in comune l’offerta e collocarla sul mercato, riescono a superare la strutturale e storica debolezza nei rapporti di filiera e nelle relazioni contrattuali, attivando un meccanismo che permette di spuntare prezzi più remunerativi, così redistribuendo valore verso le fasi a monte della filiera. L’ OP può svolgere anche attività che permettono di stabilizzare i prezzi, razionalizzare i costi e offrire accesso a servizi altamente qualificati, a mercati e tecnologie che sarebbero altrimenti di più difficile raggiungimento per l’impresa singola. Accanto all’efficienza economica, l’OP permette anche di collocare sul mercato produzioni di qualità intrinseca superiore e prodotte con metodi più rispettosi dell’ambiente. Nel complesso, si tratta di uno strumento che, se ben utilizzato, consente di conseguire maggiore efficienza e competitività alle filiere agro-alimentari e maggior forza alla componente agricola nei rapporti con le componenti a valle. Per potenziare ed estendere l’efficacia di tale strumento di cooperazione, il Regolamento Omnibus ha introdotto la deroga alla concorrenza (art. 101 del TFUE) per

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le OP di tutti i settori, purché riconosciute dallo Stato membro, che svolgano per i propri aderenti la funzione economica di concentrare l’offerta e immetterla sul mercato. Il quadro europeo tra cooperazione consolidata e nuovi schemi organizzativi Lo studio “Study of the best ways for producer organisations to be formed, carry out their activities and be supported” EU Commission, DG-AGRI, May 2019 , che permette di conoscere meglio le OP europee, è stato reso noto dalla Commissione al termine di un articolato percorso che ha attraversato l’ultimo settennato, alla ricerca degli strumenti migliori per rendere più efficiente la filiera agroalimentare, innalzare e tutelare la posizione dei produttori agricoli nella filiera. Basata su un’indagine diretta, la dettagliata analisi rivela, come spesso accade, un quadro a macchia di leopardo che non facilita interpretazioni di carattere generale. Dopo una notevole crescita dal 2013 al 2017 (+33%), sono circa 3.500 le OP e AOP riconosciute, presenti in 25 Stati Membri, ma con numerose differenze. Oltre 2500 sono in Germania, Spagna, Francia e Italia. Dal punto di vista settoriale, è ovvio che oltre la metà operi nel settore ortofrutta,

seguito da latte e prodotti lattiero-caseari, olio di oliva e olive da tavola e vino. Complessivamente sono state riconosciute OP in 22 dei 24 settori riconducibili alle OCM, e in Italia interessano con varia intensità 16 settori. La dimensione economica delle OP è stata fornita solo per il settore orto-frutta rivelando una distribuzione su un ampio spettro. Sono solo 40 le OP e AOP che superano i 100 milioni di euro di valore della produzione commercializzata (VPC), dieci delle quali in Italia. In generale, prevalgono le dimensioni più contenute, con circa un terzo delle OP che non supera i 5 milioni di euro e quasi la metà che si colloca al di sotto dei 50 milioni di euro, mentre solo un quinto ha una VPC tra 50 e 100 milioni di euro. Anche in termini di numerosità dei membri le piccole dimensioni prevalgono: circa il 38% ha meno di 100 membri ma complessivamente il 90% ne ha meno di 1.000. Spicca in controtendenza la situazione italiana, dove circa il 25% delle OP ha più di 2.000 membri. Oltre la metà delle OP riconosciute ha la forma giuridica di società cooperativa agricola, ma in alcuni Stati - tra cui l’Italia – questa percentuale è nettamente maggiore. Ciò corrisponde alla natura specifica di questa storica forma di cooperazione, ma vi sono molte altre forme utilizzate www.foglie.tv


allo scopo di dare una veste legale all’OP. Resta indubbio che un profondo radicamento della tradizione cooperativa agricola ha favorito la diffusione delle OP e AOP. I principali obiettivi delle OP in tutti i settori riguardano la pianificazione della produzione per il suo adattamento alla domanda, la concentrazione dell’offerta e la collocazione del prodotto sul mercato. Tra le altre funzioni, quelle di tipo negoziale per la definizione di contratti collettivi, caratterizza in particolare le OP del settore latte. Accanto a queste sono svolte anche attività per l’ottimizzazione dei costi di produzione o l’adozione di pratiche più rispettose dell’ambiente o l’ottimizzazione dei vantaggi conseguenti all’adozione di pratiche che tutelano il benessere animale. Il futuro è oggi: salti culturali da superare e sfide da vincere Gli studiosi che hanno condotto l’indagine stimano che solo il 9% delle forme aggregative che svolgono funzioni di OP e AOP siano state riconosciute dallo Stato o dalle Regioni. Considerato il ruolo e il sostegno di cui potranno godere nel nuovo quadro della PAC, sembra ragionevole l’aspettativa che tale numero possa incrementare significativamente in tutti i settori. A fronte di ciò, alcune considerazioni possono essere spese con riferimento ai salti culturali che sono richiesti e alle principali sfide che ci pare di intravedere. Alcuni salti da compiere riguardano la crescita della cultura imprenditoriale. Come emerge nitidamente dall’indagine diretta di cui lo studio riferisce, la paura di perdere la propria identità e autonomia di scelta è uno dei principlai fattori limitanti l’aggreN° 3 - 15 febbraio 2020

gazione delle imprese in OP. Accanto a ciò vi è anche la scarsa conoscenza dei benefici potenziali che ne possono derivare, in particolare quelli di natura economica e tecnica, così come dei reali costi, o la conoscenza di esempi di successo. Per favorire la crescita delle fiducia in tali organizzazioni collettive basate sulla cooperazione, potrebbe aiutare l’adozione di strutture di governance democratiche e di procedure trasparenti nell’assunzione delle decisioni. Tra le sfide, una ci pare che possa certamente riguardare la questione della taglia economica. Sebbene l’Italia rientri tra quei Paesi in cui sono presenti anche OP di dimensioni economiche e numeriche più importanti, la questione resta un fondamentale fattore di successo in rapporto al settore in cui operano e alla tipologia di obiettivo che le imprese cooperanti si prefiggono. Con riferimento ai settori, per quanto riguarda l’Italia, vi sono ulteriori potenzialità di crescita delle OP in quelli che oggi non le utilizzano (ancora), in particolare quello del vino. Se fino a due anni fa si contavano solo 4 o 5 OP di tale comparto, alla fine del 2018 erano più che raddoppiate. La peculiare normazione specifica del settore, in particolare per le produzioni di qualità riconosciuta, ha probabilmente offuscato le potenzialità di uno strumento che potrebbe suscitare ulteriori e nuovi interessi nel quadro della prossima programmazione. Anche con riferimento alle attività che le OP e AOP possono svolgere vi sono ulteriori spazi di evoluzione e qualificazione delle loro funzioni. La domanda sociale all’agricoltura chiede che i processi produttivi siano capaci di “impastare” terra, acqua, semi, equità sociale, tutela dell’ambiente,

contrasto al cambiamento climatico, per fornire cibo sano e sicuro. E l’adozione di risposte adeguate dipende sempre più dall’innovazione tecnologica e organizzativa. A tale riguardo, vi sono attività meno esercitate oggi, che guardano decisamente al futuro. In particolare la ricerca, ambito che richiede spesso sforzi congiunti per appropriarsi di vantaggi competitivi che riguardano sia le tecniche di produzione, sia nuovi prodotti, non solo più graditi al consumatore, ma anche più adatti a essere realizzati nel contesto ambientale e climatico che cambia. Inoltre, anche la gestione in comune dei rifiuti è una tipologia di attività che potrà avere maggiore attrattività con riferimento all’affermazione di modelli di economia circolare che si fondano sul rinnovato valore di quelli che non saranno più inutili “scarti” da rigettare nell’ambiente, ma nuove preziose materie prime. Proprio a queste tipologia di attività potrebbero essere obbligatoriamente destinate parte delle azioni dei programmi operativi delle OP di tutti i settori che, come già accade per quelle dell’orto-frutticolo, dovrebbero trovare specifico sostegno nella PAC 2021-2027.

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Subentra ad Angelo Corsetti

NOMINE: COLDIRETTI PUGLIA, E’ PIETRO PICCIONI IL NUOVO DIRETTORE REGIONALE

ambio di guardia alla direzione di Coldiretti Puglia. E’ Pietro Piccioni il nuovo direttore della Federazione regionale e provinciale di Bari che raccoglie il testimone da Angelo Corsetti, nominato, dopo 6 anni in Puglia, direttore di Coldiretti Toscana. Il passaggio di consegne è avvenuto alla presenza del Capo Area Organizzazione, Giovanni Benedetti, nel corso dei Consigli Direttivi di Coldiretti Puglia e Bari, coordinati dal presidente di Coldiretti Savino Muraglia. Classe 1965, marchigiano di Ascoli Piceno, Pietro Piccioni ha una esperienza professionale interamente targata Coldiretti, maturata in Veneto, Toscana, Marche, Umbria, Calabria. Passa alla guida di Coldiretti Puglia che rappresenta 50mila aziende agricole e agroalimentari. “è un incarico di grande responsabilità quello che raccolgo dal direttore uscente - ha dichiarato all’insediamento il direttore Piccioni – perché la Puglia è una regione a forte vocazione agricola, dove sono tuttora aperte delicate vertenze, dal PSR Puglia alla sburocratizzazione, dai consorzi di bonifica al tema del lavoro in agricoltura e alla gestione della Xylella, sapendo di doverci confrontare con una burocrazia matrigna. Il 2020 sarà l’anno del rafforzamento degli accordi di filiera, a partire da quello dell’olio extravergine, e di strategie ambiziose per lo sviluppo agricolo e agroalimentare della Puglia, nel solco del valore d’uso che Coldiretti rappresenta in Puglia, soggetto promotore ‘in solitudine’ di un progetto di sviluppo territoriale che tiene conto di tutte le componenti della filiera, con una visione propositiva e lungimirante di crescita del settore agricolo in Puglia”.

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Nuovo direttore generale del consorzio olivicolo italiano

OLIO: MURAGLIA “DI NOIA AD UNAPROL NOMINA STRATEGICA’

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a nomina di Nicola Di Noia alla direzione di UNAPROL è una scelta strategica in un momento cruciale per la filiera olivicola italiana e pugliese. Il 2020 sarà l’anno degli accordi di filiera e la competenza e la conoscenza del mondo dell’olio del Direttore Di Noia saranno essenziali per costruire percorsi lungimiranti e virtuosi”, commenta il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia, alla notizia della nomina di Nicola di Noia, nuovo Direttore Generale di UNAPROL - Consorzio Olivicolo Italiano. L’incarico è stato conferito all’unanimità da parte del Consiglio di Amministrazione su proposta del Presidente David Granieri in considerazione delle sue rilevanti competenze nel settore olivicolo. Nato a Taranto nel 1973, Dottore Forestale laureato presso la Facoltà di Agraria di Bari, Nicola Di

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Noia ha maturato la propria esperienza presso la Confederazione Nazionale Coldiretti in qualità di responsabile nazionale del settore olio di oliva e come Direttore del Centro di Assistenza Agricola Coldiretti. Assaggiatore professionista di olio e Capo Panel COI, di Noia è impegnato da anni nella diffusione della cultura dell’olio extravergine di qualità e delle olive da tavola, è inoltre membro del gruppo di lavoro “Olio d’oliva e olive da tavola” del Copa-Cogeca di Bruxelles e partecipa al Comitato consultivo per l’olio d’oliva e delle Olive da Tavola del Consiglio Oleicolo Internazionale di Madrid. “Ringraziamo il direttore uscente Pietro Sandali per il lavoro svolto negli ultimi anni. Resta ora l’urgenza di costruire finalmente il Piano Olivicolo Nazionale, quando in Spagna ne hanno già fatti 5 e di rivedere i rapporti all’interno della filiera, coinvol-

gendo in prima istanza proprio la grande distribuzione, affinché i prezzi allo scaffale dell’olio evo 100% italiano diano reale dignità alle produzioni di qualità. La Puglia avrà a disposizione lo strumento della IGP Olio che dovrà saper sfruttare al meglio. Serve una nuova cultura dell’olio, su cui UNAPROL sta lavorando anche grazie alla EVO School, uno strumento che rappresenta la risposta più efficace ai bollini allarmistici e a semaforo fondati sui componenti nutrizionali che alcuni Paesi, dalla Gran Bretagna al Cile alla Francia, stanno applicando su diversi alimenti della dieta mediterranea sulla base dei contenuti in grassi, zuccheri o sale. Un marchio infamante che favorisce i prodotti artificiali e colpisce già oggi ingiustamente le confezioni di extravergine Made in Italy, il prodotto simbolo della dieta mediterranea”, conclude Muraglia.

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PER LA FRANCIA ULTIMO BIMESTRE 2019 A -36% NEI VINI FERMI

VINO: MERCATO USA NEL CAOS PER I DAZI, PAGA ANCHE L’ITALIA (-7%)

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dazi aggiuntivi statunitensi mettono nel caos l’export del vino. E a farne le spese, a dicembre, non sono solo i Paesi penalizzati in dogana ma anche l’Italia. È quanto rilevato dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che ha elaborato i nuovi dati delle dogane Usa sui 12 mesi del 2019. Secondo l’Osservatorio, la guerra commerciale Usa-Ue ha creato negli ultimi mesi una serie di dinamiche negative, e a farne le spese è stata anche l’Italia che a dicembre ha perso il 7% a valore rispetto al pari periodo dello scorso anno, con un -12% per i suoi vini fermi. In questo circuito vizioso i produttori Ue segnano il passo, con la Francia che negli ultimi 2 mesi vede i propri fermi cadere a -36% e la Spagna a -9%. Per contro, volano le forniture da parte del Nuovo Mondo produttivo, con la Nuova Zelanda che sale a +40% a valore e il Cile, a +53%. «Assistiamo a un mercato confu-

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so», ha detto il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani, «contrassegnato prima da una corsa alle scorte e poi da grandi incertezze. Un clima che certo non giova agli scambi, fin qui molto positivi, e che speriamo possa cambiare il prima possibile. Per questo confidiamo nell’odierna missione negli Usa del commissario al Commercio, Phil Hogan, e nell’ottimismo rappresentato in questi giorni dal commissario all’Economia, Paolo Gentiloni. La speranza è poter arrivare al prossimo Vinitaly in un rinnovato regime di pace commerciale con il nostro storico partner». Secondo il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini: «Ciò che emerge è uno scenario di forte incertezza sui principali mercati mondiali della domanda di vino, e questo è un fattore chiave da affrontare nell’anno in corso. Gli Stati Uniti ci consegnano un mercato che nel 2019 è aumentato

nell’import globale - probabilmente anche più di quanto sia la reale crescita dei consumi – per effetto di aumento scorte a scopo precauzionale. Anche l’Italia chiude in crescita, sebbene continui a mantenere un prezzo medio nei fermi più basso della media, e con un traino forte degli spumanti». È di 5,55 miliardi di euro il valore complessivo del vino importato dagli Usa nel 2019, in crescita del 5,7% sull’anno precedente grazie alla corsa della domanda di spumanti (+11,1%). Tra i principali fornitori, è sempre testa a testa tra la Francia, a 1,92 miliardi di euro (+7,7%), e l’Italia (+4,2%) a 1,75 miliardi di euro, mentre è ottima la performance della Nuova Zelanda anche nei 12 mesi (+11,9). Tra le tipologie, faticano ancora i fermi&frizzanti italiani, in positivo dell’1,7% mentre sono convincenti una volta di più gli sparkling tricolori, anche lo scorso anno in doppia cifra a +13,7%.

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Dopo tre anni di concertazione

Nasce il distretto Murge Bradano

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ovranità alimentare dei popoli, mercato democratico, filiera etica, sostenibilità ambientale, salubrità e sicurezza alimentare, prodotti a Km.0, partecipazione dei cittadini alla formulazione delle politiche del cibo e alla certificazione dei prodotti, redditi equi per i produttori agricoli e per i lavoratori, agroecologia quale metodo e filosofia di strutturazione del territorio rurale, economia civile, sussidiarietà circolare, realizzazione del bene comune: queste le parole chiave che qualificano il progetto di Distretto Agroecologico delle Murge e del Bradano. Il progetto raccoglie e intende rilanciare, in ottica di sviluppo territoriale, la sfida che l’ONU ha lanciato con Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile: un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità. Criterio guida e ispiratore nella costruzione del progetto di Distretto è la partecipazione democratica e collaborativa non solo del mondo delle imprese agricole e alimentari ma anche della società civile, costituita da associazioni operanti nel settore del welfare, dell’istruzione, della ristorazione, del consumo, della ricerca, della cultura, della religione, dell’informazione e delle istituzioni pubbliche secondo il modello della sussidiarietà circolare. Altro elemento

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di Rino PAVONE

distintivo e innovativo del Distretto è costituito dalla sua territorialità che è delineata secondo principi di continuità legati alle tradizioni, alla vocazione economica, alla geografia, alla storia della popolazione, piuttosto che da principi di mera appartenenza a circoscrizioni amministrative. Per questa ragione il progetto di Distretto nasce con l’inclusione dei territori delle Murge Appulo-Lucane e del Bradano che ne rappresentano un unicum coerente ed inscindibile. L’appuntamento costitutivo avvenuto nei giorni scorsi ha rappresentato l’atto conclusivo di un processo di concertazione che da tre anni vede coinvolti diversi soggetti quali: l’Associazione AltragricolturaBIO e Altragricoltura, il Movimento Liberi Agricoltori, l’Associazione Rete per la Terra, la Confcon-

sumatori di Gravina e la Confconsumatori di Altamura, l’Università degli Studi di Bari – Aldo Moro, la Diocesi di Altamura, Gravina in Puglia e Acquaviva delle Fonti, la Soc. Coop. L’Associazione Cuochi e Pasticceri della BAT, la Fondazione Ettore Pomarici Santomasi, la coop. Agricola Silvium, il Consorzio della Lenticchia di Altamura IGP, l’Associazione Ri-puliamoci, l’Ordine dei dottori agronomi e forestali della provincia di Bari, nonché L’Officina GBS Soc. Coop. e S.A.GE.CO. Sant’Ambrogio General Contractor oltre a numerose aziende agricole e privati cittadini. Il Comitato intende mettere insieme tutte quelle imprese, associazioni e istituzioni, del territorio che liberamente condividano gli obiettivi del progetto e ne vogliano attuare i contenuti.

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Balneari: “Più garanzie per il settore”

Urge una gestione integrata della costa pugliese di Paola DILEO

“L’impresa balneare: prospettive e rischi per il settore”: i temi affrontati in un incontro pubblico promosso da CNA Balneari ( Provincia di Bari ) e dal Comune di Monopoli. L’evento, organizzato lo scorso 30 gennaio, al Castello Carlo V di Monopoli, ha visto l’intervento di professionisti del settore e rappresentanti della categori

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a moderato il dibattito Anna Maria Amodio (presid. CNA Balneari BA); tra i relatori l’avv.to Morena Luchetti (amministrativista), l’ing. Antonello Antonicelli (dirigente Area Ambiente Comune di Monopoli), la dott.ssa Sabina Cardinali (portavoce nazionale CNA Balneari) e Cristiano Tomei (coordinatore nazionale CNA Balneari). Un ordine del giorno attento ai problemi vecchi e nuovi della categoria, in testa la direttiva comunitaria Bolkestein che rischia di vanificare gli sforzi, anche economici, fin qui compiuti dalle imprese balneari e di

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precludere gli investimenti futuri “nonostante il settore sia stato investito negli ultimi anni da uno da un notevole sviluppo, generando un’economia vera e propria, con una vasta gamma di servizi, un indotto e diversi posti di lavoro” - ha premesso Annamaria Amodio di CNA”. Eh, alla luce delle ultime novità in materia fiscale sulle concessioni demaniali (ordinanza della Cassazione n.27006 del 24.10.2019 – applicabilità TARI anche alle spiagge, in quanto non considerate pertinenze dello stabilimento e quindi non suscettibile a riduzione), l’avv.to Morena Luchetti ha

ricordato: ”Occorre prestare la massima attenzione alla concessione demaniale, è come l’atto di compravendita di un immobile, in questo caso tra un’amministrazione pubblica e un privato, per l’occupazione e uso di una porzione del demanio marittimo a fini balneari e/o turistico-ricreativi”. Un titolo che in base all’art. 36 del Codice della Navigazione, deve riportare una serie di elementi, come l’esatta ubicazione, lo scopo, la durata, la forma, la natura, le dimensioni delle opere pubbliche, le modalità di esercizio delle concessioni, a cui devono essere allegati relazione www.foglie.tv


tecnica, planimetrie e altro. “Di estrema rilevanza – ha precisato Luchetti – sono i confini dell’area da utilizzare, perché è facile incorrere in contenziosi anche di carattere penale, per abusivismo, occupazione di area pubblica. E sempre in temi di fiscalità, un’unica tariffa Tari per area coperta e area scoperta, in base ad una risoluzione Agenzia dell’Entrate del 98’, quindi anacronistica, evidenzia tutta la sua contraddittorietà e incostituzionalità, perché diversa è l’attitudine degli spazi a produrre rifiuti”. Se da un lato la fiscalità concessioni appare inadeguata e suscettibile di correzioni, dall’altro la direttiva *Bolkestein genera apprensione fra gli operatori. “Siamo imprenditori turistici generatori di PIL e di lavoro per il nostro paese –ha esordito Sabrina Cardinali sempre di CNA nel rivendicare più garanzie per il settore e una risposta chiara del Governo Italiano-. È un nostro diritto poter continuare ad esercitare l’attività e procedere con una programmazione economico-finanziaria di lungo respiro. A chiederlo 30.000 imprese e il suo indotto”. In continuità Cristiano Tomei ha invocato per il settore una gestione integrata della costa: “Urge una ricognizione a livello nazionale del demanio costiero, anche per dire al legislatore europeo quali sono le aree a maggiore capacità imprenditoriale. Serve quindi un riordino complessivo della materia, anche perché il turismo balneare/costiero è, almeno per 6 mesi l’anno, uno dei più grandi traini del turismo nazionale”. La tutela delle coste e la sinergia pubblico- privato: gli interventi del Comune di Monopoli “Il turismo balneare: un segmento con una valenza significativa nella capacità di produrre reddito e lavoro, in linea con le dinamiche di tutela ambientale”: la premessa dell’Ing. Antonello Antonicelli nel ribadire l’importanza che il settore riveste per la città di Monopoli, di qui l’avvio di una sinergia tra pubblico e privato per affrontare alcune emer-

genze, primo fra tutti l’erosione della costa. “La manutenzione ordinaria di alcune spiagge con arretramento della linea di costa, in seguito a mareggiate, si è resa inderogabile anche per motivi di sicurezza” - ha spiegato il dirigente dell’Area Ambiente comunale portando all’attenzione il caso di Porta Vecchia, spiaggia ad ingresso libero nella cinta urbana, alle porte della città antica, da tempo punto nevralgico per la balneazione dei monopolitani e oggi meta di tanti turisti. “Lo scorso anno - proseguesiamo intervenuti con un progetto di manutenzione staordinaria dell’arenile Porta Vecchia. Un progetto di ripascimento urgente, anche per la sicurezza del sistema viario sovrastante la caletta”. In linea con le direttive regionali in materia, una pompa ha aspirato acqua e sedimenti al largo della linea di costa per farli poi decantare e ripristinare l’arenile, drasticamente eroso dalle mareggiate. “In tempi record – continua Antonicelli – la spiaggetta con la sua identità culturale è stata restituita ai suoi fruitori, assolvendo lo strategico ruolo per l’economia del quartiere e della città”. Un intervento di manutenzione straordinaria sperimentale

(oggetto di monitoraggio da parte del Politecnico di Bari), che non è stato spazzato via dal mare. Una soluzione che può essere replicata sia dal sistemo pubblico che dal privato, ha aggiunto Antonicelli. Non solo, con questo precedente e sempre in linea con le direttive regionali, apprendiamo, il Comune si è fatto carico di un progetto di ripascimento della costa sabbiosa di Monopoli, per la manutenzione ordinaria degli arretramenti a causa delle mareggiate invernali, un modo per consentire ai privati d’intervenire a proprie spese. Inoltre con la delibera comunale del 31 dicembre 2019, si è dato seguito ad un progetto di “rischio erosione” per interventi strutturali a difesa della costa, che vede come interlocutore scientifico, il Politecnico di Bari, sempre armonizzando le esigenze di difesa della costa con quelle di tutela ambientale e paesaggistica dei luoghi. “A giorni seguirà il protocollo d’intesa tra il Comune di Monopoli e il Politecnico di Bari, per rispondere ad una serie di obiettivi a breve, medio e lungo termine, al fine di assicurare un destino di ampio respiro alle identità economiche del territorio – conclude il dirigente -.

***Direttiva Bolkestein: presentata dalla Commissione Europea nel 2004 ed approvata nel 2006, impone la messa a bando di tutte le concessioni pubbliche nel territorio UE, tra cui appunto quelle dei litorali. Nell’inerzia dei governi che dal 2009 prorogano per legge la validità dei permessi, a far applicare la Direttiva Servizi ci ha pensato la Cassazione con una sentenza per i balneari italiani: “le leggi che prorogano le concessioni marittime non si applicano ai rapporti nati prima della legge 88 2001, quando vigeva ancora il rinnovo automatico”

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Nell’ambito del progetto MeDInno

Presentato il nuovo prodotto lattiero-caseario “Stracchino di capra” di Micaela Cavestro

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tilizzare le risorse, i prodotti, la cultura e le tradizioni per creare qualcosa di nuovo e rinnovare il mercato lattiero-caseario italiano. E’ stato questo il tema di discussione, del convegno di presentazione del progetto MeDInno - “Joint development of Innovative processes and products back on local dirty and meat traditional pertaining to ruminant farming and relevant agri-food sectors”, avuto luogo a Bari in Villa De Grecis. Il progetto, di cui Confagricoltura e UpiPuglia sono partner, ha come obiettivo quello di rilanciare

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l’allevamento dei ruminanti delle zone rurali rientranti nell’area di programma ‘INTERREG ITALIA-GRECIA’, attraverso lo sviluppo di processi innovativi basati sulla tradizione locale. Ad aprire il convegno il presidente di Confagricoltura Bari-BAT, Michele Lacenere, che ha spiegato: “Questo è un progetto che si rivolge a tutte quelle aziende situate in territori particolari (dove per particolari identifichiamo come “svantaggiati”), che potrebbero trovare un vantaggio notevole con la trasformazione e creazione di prodotti di nicchia, che valu-

tiamo molto sulle nostre tavole; ma che poi, quando si tratta di produrre, siamo sempre leggermente spaventati da quelle che sono le prospettive del mercato. Un buon esempio della finalità di questo progetto, può essere un’azienda del murgiano che, trovandosi in una situazione di svantaggiato, ha avuto il coraggio di affrontare la trasformazione dei propri prodotti, in maniera tale da garantirsi una buona posizione sul mercato di nicchia. I mercati di nicchia non posso ovviamente risolvere i problemi presenti all’interno del mercato del settore, ma possono eswww.foglie.tv


sere dei spiragli all’interno dei quali singole aziende o piccoli gruppi di aziende, possono inserirsi valorizzando le proprie produzioni; e, valorizzando anche quella che è la biodiversità che l’Italia garantisce nelle produzioni agricole; da sempre vettore di valutazione della nostra regione”. Inoltre il progetto MeDInno - come ha spiegato in un notevole dibattito il relatore e conduttore dell’evento, il dott. Gianluigi De Pasquale, project manager per Confagricoltura Bari e ricercatore dell’Università di Foggia - è finanziato dal Programma di Cooperazione Territoriale Europea Interreg V-A Grecia-Italia 20142020, ovvero da un piano di fondi europei

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indiretti, mirati a valorizzare prodotti locali del territorio greco e italiano (particolarmente favorevole all’agricoltura dei ruminanti), ma su scala internazionale. Prodotti locali ottenuti attraverso i criteri di transumanza di una volta, i quali possono consentire la creazione di prodotti lattici-caseari di qualità innovativi, e un approvvigionamento di biodiversità nella nutrizione; rappresentando così un’alternativa nell’economia e un modo per alleviare la disoccupazione e la povertà rurali. A dimostrazione di ciò, è stato presentato lo “Stracchino Goat - Stracchino di Capra”, realizzato dall’ agriturismo Piana delle Mandrie Bovino di Foggia, proprio

nell’ambito di MeDInno; e proiettato il video sponsorizzativo del progetto, realizzato da UpiPuglia, teso a esaminare i parametri chiave della produzione e del marketing dei ruminanti e di far visionare il possibile sviluppo di un settore innovativo per la carne e il formaggio, del mercato e del turismo rurale.

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ASSEGNATE DA BELLANOVA LE DELEGHE DI COMPETENZA

PER L’ABBATE CIPE E CONFERENZA STATO - REGIONI

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a Ministra delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, scioglie le riserve e attribuisce le deleghe al Sottosegretario Giuseppe L’Abbate, nominato dal premier Giuseppe Conte lo scorso 16 settembre. Al deputato pugliese del MoVimento 5 Stelle sono attribuite le funzioni relative alla promozione e allo sviluppo delle Commissioni Uniche Nazionali nel settore agroalimentare; allo sviluppo delle filiere apicola, brassicola, frutta in guscio e canapa; alla promozione ed incentivazione della produzione di biocarburanti di origine agricola e allo sviluppo delle agroenergie; ai servizi fitosanitari ed utilizzo di fitofarmaci nella produzione agricola; allo sviluppo del settore ippico e delle attività connesse all’organizzazione dei giochi e delle scom-

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messe delle corse dei cavalli; alle attività relative al settore tabacchicolo a livello nazionale e comunitario nonché al contenimento della fauna selvatica e delle attività venatorie per quanto di competenza del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. “Rinnovo il mio massimo impegno per i settori di competenza, assegnatimi per delega dalla Ministra Bellanova che ringrazio – commenta il Sottosegretario Giuseppe L’Abbate – Il comparto primario ha bisogno di risposte immediate e concrete per poter affrontare al meglio le sfide che gli vengono poste davanti sia dal mercato globale sia dal Green New Deal europeo. Sono fermamente convinto che il Ministero delle Politiche Agricole sia in grado, con le sue profes-

sionalità dalle alte capacità, di poter accompagnare e sostenere l’agroalimentare italiano, fiore all’occhiello della nostra economia Made in Italy e vanto tricolore nel mondo. La mia porta in via XX settembre è sempre aperta – conclude L’Abbate – a tutti coloro che intendano superare problematiche nonché ritengano di avere idee e soluzioni nell’interesse del Paese e del comparto primario”. Il Sottosegretario L’Abbate rappresenterà la ministra Bellanova, poi, nei lavori di Camera e Senato, nelle interrogazioni parlamentari, alle sedute della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nonché al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE).

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Dal 20 al 22 febbraio a Lecce la VI edizione

Tutto pronto per BTM 2020, la Puglia turistica a 360 gradi

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Incontri, formazione, workshop, strategie di marketing, seminari, food, hospitality, produttori, organizzatori di eventi culturali, tour operator e agenzie di viaggi. Ma anche startup e nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale. Queste le tante parole chiave con cui aprirà la VI edizione di BTM - Business Tourism Management, una delle più interessanti manifestazioni internazionali sul turismo. Da giovedì 20 al sabato 22 febbraio, Lecce (Lecce Fiere) metterà in comunicazione i principali attori del settore turistico quali buyer e seller, enti, esperti, operatori turistici, consentendo un confronto fra domanda e offerta per pianificare nuove strategie di marketing per la crescita del territorio pugliese. “Un evento che cresce di anno in anno. Sono tante le novità di questa edizione – dichiarano Mary Roberta Rossi e Nevio D’Arpa di Btm - come BtminLove dedicata al destination wedding tourism. Il mondo del wedding, infatti, rappresenta una straordinaria opportunità̀ di sviluppo e di internazionalizzazione per tutto il territorio regionale. Un giro di affari stimato in 440 milioni di euro con oltre un milione di presenze, in cui la nostra regione si posiziona come terza a livello nazionale, sia per bellezza che per qualità̀ dei servizi offerti. È

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proprio per questo che BTM ha scelto di aprire un focus dedicato al wedding, con momenti di formazione e workshop”. Un focus particolare sarà poi riservato al turismo enogastronomico nella sezione BtmGusto (la Puglia risulta essere la terza regione italiana preferita dai turisti enogastronomici). Aziende produttrici e di servizi del settore presenteranno e racconteranno anche con showcooking e degustazioni un territorio unico, la Puglia, come destinazione sempre più ambita da turisti stranieri identificati come foodies. Da questa edizione BTM si avvarrà̀ di un comitato scientifico composto da professionisti dei macrosettori turistici che hanno selezionato gli

argomenti più̀ interessanti in termini di travel and tourism e nuove tecnologie. Inoltre, altro punto di forza sarà il B2B che aprirà la strada all’incontro tra buyer e seller. Al BTM parteciperanno ben 80 buyer internazionali provenienti da tutto il mondo. Insomma, una tre giorni ‘in giro per la Puglia’ alla scoperta di destinazioni originali, trend emergenti, nuovi modi di vivere il viaggio con tante idee per i viaggiatori di ogni tipo. BTM, organizzato dall’agenzia 365 giorni in Puglia, è rivolto al pubblico e agli operatori professionali del settore turistico. Per informazioni: wwwbtmpuglia.it

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