FOGLIE n.11/2019

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Agricoltura • Agroalimentare • Turismo RURALE

N° 11 • 15 GIUGNO 2019

UN ANNO SENZA CILIEGIE? Martoriate dal maltempo, tante guaste o con tendenza a spaccarsi: si spera nella “Ferrovia” agricoltura Lavoro, più semplificazione in arrivo? Agrumi, allerta per fungo macchia nera

AGROALIMENTARE Birre, al top quella agricola





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ditoriale

LAVORO: PIU’ SEMPLIFICAZIONE CON DECRETO INTERMINISTERIALE

15 GIUGNO 2019 - n.11 - Anno 14

Quindicinale di Agricoltura Agroalimentare Turismo RURALE

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G.Ed.A. Giovani Editori Associati Soc. Coop. Via Alcide De Gasperi 11/13 - 70015 - Noci (BA) Direttore responsabile Vito Castellaneta Grafica e impaginazione G.Ed.A. Giovani Editori Associati Hanno collaborato Donato Fanelli, Antonio Resta, Rocco Resta, Nicola Trisolini, Paola Dileo, Nica Ruospo, Rino Pavone, Donatello Fanelli Pubblicità G.Ed.A Rino PAVONE r.pavone@foglie.tv 380 6328672 Stampa Grafica 080 - Modugno (BA) Registrato al Registro Nazionale della Stampa Tribunale di Bari N. 61/06 del 15/11/2006 www.foglie.tv redazione@foglie.tv 347 9040264 Iscritta al Registro Operatori Comunicazione ROC n.26041 TESTATA GIORNALISTICA ACCREDITATA

tretta sulla semplificazione in materia di lavoro in agricoltura con la firma della bozza di Decreto interministeriale dei Ministeri della Salute e dell’Agricoltura con capofila il Ministero del Lavoro. Ad annunciarlo l’onorevole Giuseppe L’Abbate, componente della XIII Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, che ha partecipato all’incontro voluto dal presidente regionale Coldiretti Savino Muraglia con i parlamentari pugliesi. “Due le anticipazioni decisive che ci ha illustrato l’Onorevole l’Abbate che alleggeriscono tempi, costi e peso della burocrazia, le visite mediche che diventeranno biennali per i lavoratori agricoli e saranno fatte presso le ASL o gli enti bilaterali e la semplificazione degli adempimenti legati alla formazione, allentando costi e tempi, anche in considerazione dei tanti lavoratori stranieri stagionali impiegati nelle aziende agricole pugliesi. I contenuti della bozza di Decreto, alla cui definizione ha collaborato attivamente il responsabi-

le nazionale Lavoro e Relazioni Sindacali di Coldiretti Magrini, è stato condivisa dal mondo delle imprese agricole e dai sindacati dei lavoratori ed è un grande passo avanti lungo il percorso di semplificazione e sussidiarietà necessarie a recuperare lo spread di competitività delle imprese agricole pugliesi in Europa, considerato che l’attività legislativa rimanda spesso a provvedimenti amministrativi che alimentano una tecnocrazia insopportabile”, commenta Muraglia. Lo snellimento delle procedure con la semplificazione, il dialogo tra le amministrazioni e l’informatizzazione è insieme alla trasparenza dell’informazione ai consumatori uno dei migliori investimenti che può fare l’Italia per sostenere la crescita del settore primario e suo indotto con la consapevolezza che vada garantita con ogni mezzo dignità del lavoro sia alle imprese agricole che ai lavoratori (che significa prezzi adeguati ai prodotti agricoli in campagna e pagamenti degni per gli operai).



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ommario

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27 canapa

Si controlli, no speculazione

editoriale

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Più semplificazione con decreto

8 AGRICOLTURA

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agrinsieme L’evento a Matera

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PSR

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dl crescita

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ortofrutta italia

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birra

Martoriate dal maltempo

agrumi

Allerta per fungo macchia nera

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ciclovia adriatica

Dal Veneto alla Puglia

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Gdo sfrutta produttori

Accise ridotte del 40% a micro birrifici

birre

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ue

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castellaneta marina

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turismo rurale

Misure per comparto agroalimentare

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Puglia peggiore in Italia

ciliege

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agroalimentare

lavoro

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Al top quella agricola

rassegna stampa

18 zootecnia

L’impatto dei cambiamenti climatici

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Per controllo alimenti va bene

A scuola di e-commerce

olio di famiglia I vincitori dell’ VIII edizione

vivaismo

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regime fitosanitario ue Il focus a Monopoli

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gricoltura

CON I MINISTRI CENTINAIO E LEZZI

“GROW!”, A MATERA L’ACTION TANK DI AGRINSIEME

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e regioni del Mezzogiorno, pur rappresentando grandi bacini di produzione agroalimentare, non spiccano tra le regioni top exporter e questo anche a causa dell’orografia che caratterizza i traffici commerciali del territorio; l’export agroalimentare del Meridione, infatti, è ‘geograficamente’ concentrato nei mercati di prossimità e raggiunge solo in minima parte i mercati più distanti. Anche in ragione di ciò, l’export agroalimentare delle regioni del Mezzogiorno, seppur in aumento nell’ultimo decennio, è cresciuto ad un tasso inferiore rispetto a quello delle regioni del Nord: nel decennio 2008-2018, infatti, a fronte di una crescita dell’export delle regioni settentrionali pari al 62% circa, quello delle regioni meridionali è aumentato ‘solo’ del 46%, arrivando a superare di poco i 7 miliardi di euro di export nel 2018. Muove da queste premesse il terzo appuntamento di “Grow!”, l’Action Tank del coordinamento di Agrinsieme che riunisce CiaAgricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle

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Cooperative Agroalimentari, che si è tenuto a Matera. L’incontro, che ha visto gli interventi del Ministro delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo Gian Marco Centinaio e del Ministro per il Sud Barbara Lezzi, è stato incentrato sull’importanza delle infrastrutture materiali e immateriali del Meridione per la competitività dell’agricoltura italiana nel contesto comunitario e globale. I collegamenti, i trasporti, la digitalizzazione e il sistema idrico del Meridione sono state alcune delle tematiche al centro dello studio “Il sistema infrastrutturale a servizio dell’agricoltura italiana: focus territoriale Mezzogiorno”, realizzato da Nomisma per Agrinsieme, che è stato presentato per l’occasione dal responsabile dell’Area Agricoltura e Industria Alimentare della società di ricerca Denis Pantini. A questo importante appuntamento, come già avvenuto nei precedenti, ha partecipato una corposa delegazione di rappresentanti delle aziende e degli organi territoriali delle associazioni facenti parti del Coordina-

mento: sono intervenuti oltre al coordinatore nazionale di Agrinsieme Franco Verrascina e ai copresidenti del coordinamento Dino Scanavino, Massimiliano Giansantie Giorgio Mercuri, il coordinatore della Commissione agricoltura della Conferenza delle Regioni Leonardo Di Gioia, l’assessore all’agricoltura della Regione Basilicata Francesco Fanelli, l’assessore all’agricoltura della Regione Siciliana Edy Bandiera, il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale Ugo Patroni Griffi e il presidente di Federalimentare Ivano Vacondio. A questo terzo appuntamento di “Grow!”, l’innovativa piattaforma attraverso la quale Agrinsieme intende mettere a disposizione dei decisori pubblici e dei propri associati un innovativo laboratorio di riflessione sulle policy che influenzano il futuro del settore, farà seguito, nei prossimi mesi, un incontro analogo durante il quale l’attenzione sarà dedicata alla situazione infrastrutturale del Settentrione del Paese.

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gricoltura

ETERNO INCOMPIUTO, TUTTO BLOCCATO

PSR PUGLIA PEGGIORE IN ITALIA

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uglia ultima in Italia per l’avanzamento della spesa del PSR 2014 -2020, ferma al 19,60%, secondo i dati della Rete Rurale Nazionale, con il rischio – divenuto ormai quasi certezza - di perdere i fondi comunitari per lo sviluppo rurale, denuncia Coldiretti Puglia. “La Puglia è la peggiore in Italia nella spesa dei fondi del PSR e lo scenario a tinte fosche è anche più grave perché finora la Regione Puglia ha evitato il disimpegno (n+3) grazie esclusivamente alle misure a superficie, mente è risibile la spesa sulle misure strutturali, legata tra l’altro al trascinamento del PSR 2007/2013. Per evitare il disimpegno automatico delle risorse del PSR al 31 dicembre 2019, l’Assessorato regionale all’Agricoltura dovrebbe spendere 176 milioni di euro nei prossimi mesi, impresa ardua, soprattutto se si continua di questo passo, con l’Assessore regionale che guarda il dito che

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indica la luna”. Dopo la paralisi provocata dai ricorsi al TAR, fioccano le esclusioni delle imprese dalla graduatoria del bando del PSR per gli investimenti a causa di DURC e documenti bancari. “E’ l’ennesima beffa ai danni degli agricoltori che aspettano dal 2016 un sostegno agli investimenti che, ad 1 anno dalla chiusura del PSR, non si concretizza. Come se non bastassero i criteri per cui si sono moltiplicati ricorsi e ricorrenti avverso un bando datato 2017 oggi per DURC negativi per disallineamento o mancato aggiornamento dei dati, anche per bancabilità e cantierabilità le aziende sono escluse dalla graduatoria, senza contare che molti agricoltori hanno già iniziato ad investire a spese proprie, aspettando Godot”. “Neppure con il PSR l’Assessore regionale Di Gioia – dichiara il presidente Coldiretti Puglia Muraglia - è riuscito ad aiutare gli olivicoltori dell’area infetta da

Xylella, con 536 aziende finanziabili con il bando per la ricostituzione del patrimonio olivicolo che, dopo mesi di istruttoria, non hanno ricevuto ancora 1 euro di sostegno per cavilli, incroci con multe elevate dai Carabinieri Forestali e ogni altro intoppo burocratico, di cui in Puglia ormai facciamo collezione. Tutto serve a non fare. Ancora al palo la misura 4.1C per gli investimenti delle imprese olivicole dell’area infetta per il funzionamento a singhiozzo del portale e sofismi burocratici e il bando per le strutture di trasformazione, frantoi cooperativi, aziendali e industriali, altri 50 milioni di euro tuttora inutilizzati”. “Oltre alla scure della Corte dei Conti sull’avanzamento della spesa del PSR Puglia per i giovani in agricoltura, ferma al 3% – conclude - secondo i dati della Rete Rurale Nazionale è stato speso solo l’11,6% delle risorse utili ad evitare il disimpegno automatico”.

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groalimentare

Contrasto dell’Italian sounding, tutela dei marchi storici e sostegno all’internazionalizzazione

DL CRESCITA: LE MISURE PER IL SOSTEGNO DEL COMPARTO AGROALIMENTARE

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nizia a Montecitorio l’iter di discussione del decreto Crescita, contenente diverse misure volute dal Governo Conte per rilanciare l’economia. Alcune di queste sono dedicate alla tutela del comparto agroalimentare: dalla lotta all’Italian sounding, all’incentivo per il deposito di marchi e brevetti, al credito d’imposta per la partecipazione delle piccole e medie imprese a fiere internazionali all’estero. L’imitazione dei prodotti italiani attraverso l’evocazione del nostro Paese su prodotti con origine estera colpisce in maniera molto forte le eccellenze del made in Italy . Per contrastarlo e tutelarsi le nostre imprese devono agire per via giudiziaria con rilevanti costi da sostenere che a volte rendono difficile perseguire questa strada. Per essere al loro fianco, si è pertanto previsto un credito d’imposta in grado di coprire il 50% delle spese sostenute per la tutela legale dei propri prodotti. Il contrasto all’Italian sounding viene poi rafforzato anche attraverso l’estensione della relativa competenza al Consiglio nazionale Anticontraffazione la cui composizione vie-

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ne arricchita con l’inserimento tra i membri effettivi anche di un rappresentante del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca vista la crescente necessità di coinvolgere le giovani generazioni in attività di formazione e sensibilizzazione sul tema della contraffazione e della falsa evocazione dell’origine italiana dei prodotti. Alla valorizzazione e alla riconoscibilità dei nostri prodotti è finalizzata la promozione sui mercati esteri di marchi collettivi o marchi di certificazione privati nonché sono previste misure specifiche per favorire il deposito di brevetti da parte delle imprese, delle start up innovative in particolare. Il Dl Crescita contiene, inoltre, misure per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale, con la creazione di un logo dedicato, rivolto ai titolari o licenziatari esclusivi di marchi d’impresa italiani registrati da almeno 50 anni o per i quali sia possibile dimostrare l’uso continuativo da mezzo secolo. Molti marchi fanno parte infatti della nostra storia e sono pertanto patrimonio del nostro Paese con fortis-

simi contenuti di immagine e di know how. Prima della chiusura o della delocalizzazione di uno stabilimento, le imprese dovranno avvisare il Ministero dello Sviluppo economico che le guiderà alla ricerca di un acquirente o all’individuazione di attività sostitutive per la reindustrializzazione e l’utilizzo del marchio storico stesso. Viene istituito un fondo di 30 milioni di euro per il 2020 ai quali si aggiunge lo stanziamento di 400.000 euro per l’assunzione dal 2020 di personale specializzato (10 unità) presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi. Infine, per incrementare il livello e la qualità di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane viene riconosciuto un credito d’imposta pari al 30% delle spese sostenuto fino ad un massimo di 60.000 euro per la partecipazione a manifestazioni fieristiche internazionali di settore che si svolgono all’estero. Sono sostenute le spese relativa all’affitto degli spazi espositivi e al loro allestimento, alle attività pubblicitarie, di promozione e di comunicazione connesse alla partecipazione.

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groalimentare

Il presidente di Italia Ortofrutta: “Per prendersi meriti agli occhi dei consumatori”

“La GDO sfrutta l’impegno dei produttori”

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attuale legge sul caporalato generalizza e mette sullo stesso piano gli imprenditori disonesti con i criminali. Fa passare allo stesso modo chi sfrutta gli operai con chi ha versato con un giorno di ritardo i contributi o non ha i bagni chimici a norma”. Lo ha affermato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura nazionale, durante la tavola rotonda svoltasi nell’ambito del convegno di Italia Ortofrutta La legge sul caporalato è da tempo sottoposta ad analisi perché, pur essendo nata con le migliori intenzioni, manca di buon senso, mettendo sullo stesso piano azioni gravi come lo sfruttamento e leggerezze di tipo burocratico. “Vengono penalizzate le imprese oneste - ha aggiunto Giansanti - mentre chi opera nell’illegalità totale riesce spesso a farla franca”. La tavola rotonda, coordinata da Duccio Caccioni, ha visto la partecipazione di Gianluca Lelli (Coldiretti), Cristiano Fini (Cia), Gennaro Velardo (presidente Italia Ortofrut-

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ta) Gianmarco Guernelli(Conad). Gennaro Velardo, presidente Italia Ortofrutta, ha affermato che “non possiamo parlare di etica se poi si vedono offerte a 0,20 euro/kg, quando i costi di produzione sono 0,30. Che c’è di etico in tutto questo? Anche la GDO deve fare la propria parte, dando visibilità al prodotto e a chi lo ha coltivato. E’ facile prendersi tutti i meriti della qualità senza averla prodotta e senza avervi investito, e rischiato, nulla. Spesso, non sempre ma spesso, la GDO usa l’impegno dei produttori per prendersi i meriti agli occhi dei consumatori”. “Per noi, la legalità del lavoro in agricoltura è un valore fin da tempi non sospetti - ha detto Guernelli - e i nostri fornitori sono sempre controllati e con loro vi è un rapporto di massima fiducia. Per quello che ci compete, noi cerchiamo di valorizzare la produzione: ad esempio non facciamo aste, che è una politica sleale, e rispettiamo i tempi di pagamento a norma dell’articolo 62. Siamo favorevoli a porre un veto su

tutte le aste”. Gianluca Lelli ha affermato: “Tutti i nostri imprenditori sono eccezionali, perché vendono a prezzi mondiali pur con costi italiani. Sono degli eroi. Abbiamo dei costi di produzione elevatissimi, eppure riusciamo a stare sul mercato”. Cristiano Fini ha posto l’accento sulla mancanza di organizzazione logistica e di infrastrutture, sottolineando che “mancano anche le infrastrutture digitali, non solo quelle viarie. Dobbiamo aumentare la competitività delle aziende, mettendole nelle condizioni di concorrere ad armi pari”.

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gricoltura

VOLUMI E PREZZI IN CADUTA LIBERA

CILIEGIE MARTORIATE DALLA PIOGGIA E PURE DALLA NEVE

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a campagna cerasicola, come risaputo, è cominciata con grandi difficoltà in tutta Italia, causa maltempo inaspettato per questa stagione. Il raccolto è fermo e i produttori sperano che il tempo migliori. I clienti si accontentano delle ciliegie in commercio, sempre più rare e delicate. Le ciliegie quest’anno hanno dovuto combattere contro la pioggia, la grandine e in certi casi addirittura la neve. Un tempo da castagne e funghi, piuttosto che da ciliegie; il 22 e il 23 maggio si è tenuto l’International Cherry Symposium a Rocca di Vignola, che ha fatto incontrare i maggiori esperti di ciliegie a livello mondiale, permettendo il dialogo sulla questione. L’obiettivo

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era quello di parlare di questa coltivazione che ancora manifesta un grande interesse da parte dei produttori e dei tecnici di tutta la filiera ma viste le condizioni meteo dell’annata 2019 ci si chiede perfino se la campagna per questi frutti sia cominciata. L’inverno freddo ha rallentato la maturazione delle ciliegie e, nel momento in cui bisognava dedicarsi alla raccolta, il vento, la pioggia e il gelo hanno colto tutti impreparati. In Puglia, la Bigarreau Burlat e la Giorgia, le varietà più precoci, sono state colpite dal freddo e l’umido durante l’invaiatura e la maturazione, hanno così avuto danni irreversibili. La Ferrovia, della famiglia dei duroni, è ancora salva, poiché allora era acerba. La particolarità della

cerasicoltura pugliese è quella di produrre soprattutto una sola varietà di ciliegie e dunque di lavorare per un mese fra le pianure e le colline per questa qualità così buona che (forse) riuscirà a salvare la stagione. In altre regioni è assai peggio con, per esempio, il Veneto con almeno il 70% di prodotto in meno da vendere e quello in vendita anche poco gratificante per l’orgoglio commerciale, perché è importante vendere roba buona al cliente e quella di quest’anno è sotto gli standard. Le prospettive degli addetti ai lavori sono comunque fiduciose affinchè la situazione nel prossimo periodo e con l’arrivo (finalmente) del caldo possa portare ad un (parziale) recupero per qualità e vendite.

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ivaismo

Focus ai Vivai Stefano Capitanio nella XI Giornata Nazionale del Vivaismo Mediterraneo

Nuovo Regime Fitosanitario UE di Paola Dileo

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XI Giornata Nazionale del Vivaismo Mediterraneo tenutasi ai Vivai “Stefano Capitanio”, lo scorso 1° giugno, ha portato all’attenzione degli operatori del settore, i contenuti del nuovo Reg. 2016/2031 (Misure di protezione contro gli organismi nocivi delle piante) in vigore dal 14 dicembre 2019. All’evento, promosso da ANVE (Associazione Nazionale Vivaisti Esportatori) sono intervenuti Michele Emiliano (Presidente Regione Puglia), Angelo Annese (Sindaco di Monopoli), Leonardo Capitanio (Presidente ANVE), Sabrina Diamanti (Presidente Consiglio Ordine Nazionale Dottori Agronomi e Dottori Forestali), Anna Percoco (Servizio Fitosanitario Regione Puglia), Giacomo Carreras (Presidente Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Bari), Joseph M. Pages (Segretario Generale ENA – European Nursery Stock Association), Audrey Gerber (Orna-

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mental Production Committee Alph -International Association of Horticultural Producers). Il presidente Michele Emiliano intervenuto per i saluti istituzionali, ha colto l’occasione per ribadire e difendere l’operato della amministrazione regionale, nella gestione dell’emergenza xylella fastifdiosa, grazie al lavoro prezioso di ricercatori pugliesi e dell’ARIF per il puntuale monitoraggio. Per il presidente una grande conquista per gli olivicoltori salentini, è stata la concessione dall’UE del diritto al reimpianto con cultivar più resistenti al batterio, sebbene non se ne conosca la durata. A ciò si è aggiunta la possibilità di assimilare le fitopatie alle calamità naturali, per assicurare un indennizzo ai coltivatori colpiti. Ma il dramma xylella fastidiosa in questi anni ha fatto emergere una nuova consapevolezza: l’importanza strategica del settore vivaistico pugliese, trainante non solo per il

futuro agricolo regionale ma per l’evoluzione dell’umanità intera. Un’agricoltura finora sviluppatasi spontaneamente che esige oggi una codificazione e un sistema di sicurezza, necessari per affrontare le emergenze (es. fitopatie come i patogeni da quarantena), ha commentato Emiliano. In continuità Leonardo Capitanio ha rimarcato il ruolo del vivaismo italiano e pugliese, in grado di esprimere una capacità produttiva che non ha rivali al mondo per quantità e qualità. Determinante all’affermazione del settore nell’ultimo decennio, il sostegno dell’ANVE, attraverso progetti di ricerca e di certificazione, inoltre assistenza, tutela nelle sedi istituzionali, promozione in fiere specializzate. Un settore vivo, che più di altri ha fatto sentire la sua voce nelle scelte politiche di contrasto alla xyllela fastidiosa, un settore che più di altri ha subito ripercussioni immediate nel ciclo www.foglie.tv


produttivo, con una serie di restrizioni alla movimentazione delle piante che richiamano quella di una sala operatoria – come ha fatto notare lo stesso presidente Emiliano -. Il ginepraio di norme che disciplina l’agricoltura a livello europeo e nazionale, sarà a breve potenziato da nuove regole che impatteranno in modo radicale sull’organizzazione del lavoro in serra, ma anche in campo. L’esigenza di un nuovo regime fitosanitario all’interno dell’Europa, si è reso inderogabile a causa di un commercio globale molto spinto, anche delle piante e, le vecchie direttive non erano più sufficienti a salvaguardare l’inte-

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ro territorio UE. Con il Reg. 2016/ 2031, ha spiegato la dott.ssa Anna Percoco, sarà più facile spostare le piante ricucendo i rischi fitosanitari ad un livello accettabile. Il nuovo regime UE permetterà tutti gli spostamenti di piante e prodotti vegetali verso e nell’Europa, ad eccezione di alcuni divieti. Gli operatori professionali, tra cui produttori e commercianti di piante, avranno nuove responsabilità ed adempimenti, tra cui la tracciabilità in ingresso e in uscita e, fra i diversi siti aziendali. Inoltre per l’emissione di passaporti dovranno dimostrare adeguate conoscenze sugli organismi nocivi e trasmetterle anche ai

collaboratori. Il passaporto inoltre deve essere fornito di etichetta, da cui si evinca il codice di tracciabilità, anche per eventuali controlli. L’operatore professionale in caso di presenza di un organismo nocivo, dovrà essere in grado di ritirare i prodotti dal mercato e informare i soggetti della catena commerciale del rischio presente su alcune piante. Al vivaista compete, tra le altre novità, di attuare indagini annualmente, stilare un piano d’emergenza e programmi, esercizi di simulazione, prevedere stazioni da quarantena. Cambieranno in modo decisivo anche le responsabilità per le amministrazioni pubbliche.

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gricoltura

Blocco delle importazioni di arance e limoni dalla Tunisia

ALLERTA SUL RISCHIO CONTAMINAZIONE AGRUMI DEL FUNGO MACCHIA NERA

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l ministero delle Politiche Agricole Centinaio ha confermato durante la risposta ad una interpellanza urgente del deputato Luciano Cillis (M5S), la massima allerta per evitare che gli agrumi prodotti in Italia siano contaminati dal pericolo Phyllosticta citricarpa, comunemente conosciuto come “fungo macchia nera”. Il ministero ha confermato che le autorità le autorità francesi lo scorso marzo hanno intercettato il patogeno in sette spedizioni di arance e limoni provenienti dalla Tunisia, che ha interrotto l’export in via precauzionale disponendo delle verifichi interne. I controlli alle frontiere sono stati rafforzati e si sta interagendo anche con il Comitato fitosanitario permanente

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della Commissione europea a Bruxelles, che si è relazionato con le autorità tunisine. Le indagini in corso in Tunisia saranno seguite anche dalla Commissione europea, al fine di valutare la situazione, il rischio fitosanitario e l’efficacia delle misure previste, prima di ipotizzare “l’adozione di precise misure fitosanitarie all’importazione di agrumi dalla Tunisia, in aggiunta a quelle già in vigore per i frutti di agrumi provenienti dagli altri Paesi terzi contaminati”. Bisogna evitare che al danno dell’importazione a prezzi troppo bassi di 162mila kg di arance dalla Tunisia, si aggiunga la beffa che insieme al frutto coltivato in nord Africa si importi anche il pericoloso fungo, causa di una

macchia nera sugli agrumi che ne vieta la commercializzazione. Il fungo macchia nera ha già contaminato il Sudafrica, l’Argentina, l’Uruguay e il Brasile, Paesi dai quali è già in vigore un blocco dell’importazione per evitare la diffusione del patogeno anche in Europa. Se malauguratamente arrivasse in Italia, sarebbe un colpo pesantissimo per il comparto agroalimentare nazionale, già vessato dall’emergenza Xylella, dal virus “tristeza”, dal moscerino killer, dal cinipide del castagno e da tre anni di eventi meteorologici disastrosi, un mix di fattori che ha determinato una situazione economica insostenibile per le aziende agricole, già vessate da una serie di pratiche burocratiche quasi insostenibili.

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assegna

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IMPATTO DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SUI SISTEMI ZOOTECNICI INTENSIVI di Umberto Bernabucci

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a crescente preoccupazione per il comfort termico degli animali zootecnici è giustificabile, non solo per i paesi che occupano le zone tropicali, ma anche per le nazioni in zone temperate dove le alte temperature ambientali stanno diventando un problema (Nardone et al., 2010; Segnalini et al., 2013; Vitali et al., 2019). Lo stress da caldo influenza negativamente la produttività degli animali da allevamento e, quindi, compromette la catena di approvvigionamento alimentare e l’economia del settore zootecnico. Si sono ottenuti progressi nelle strategie di gestione per alleviare in parte l’impatto dello stress termico sulle prestazioni degli animali durante le stagioni calde. Tuttavia, gli effetti negativi dello stress termico saranno più evidenti in futuro se i cambiamenti

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climatici continueranno e, come previsto, se la popolazione e la necessità di alimenti aumenterà a livello mondiale. Inoltre, i programmi di miglioramento genetico che esaltano le caratteristiche di produzione degli animali di allevamento possono aumentare la suscettibilità dell’animale alle alte temperature ambientali a causa della stretta relazione tra la generazione di calore metabolico e livello di produzione (Kadzere et al., 2002). Gli animali omeotermi (secondo il loro stato fisiologico) hanno una zona termica in cui il dispendio energetico per mantenere la temperatura corporea normale è minima, costante ed indipendente dalla temperatura ambientale. Quando variabili ambientali, quali la temperatura ambiente, l’umidità, la circolazione dell’aria e la radiazione solare si combinano per raggiungere

valori che superano il limite superiore della zona termica, gli animali entrano in una condizione nota come stress termico. Lo stress da caldo si verifica quando la temperatura corporea di una data specie supera il range per la normale attività, questo è dovuto ad un aumento di carico termico totale (produzione interna e ambiente) superiore alla capacità di dissipazione del calore stesso. Ciò induce risposte fisiologiche e comportamentali per ridurre lo stress. Risposte comportamentali e fisiologiche sono inizialmente quelle di aumentare la perdita di calore e ridurre la produzione di calore interna nel tentativo di mantenere la temperatura corporea nell’intervallo di normalità. Le risposte iniziali sono considerate: meccanismi omeostatici e comprendono una maggiore assunzione di acqua, aumento della sudorazione e della rewww.foglie.tv


spirazione, frequenza cardiaca ridotta e riduzione della assunzione di alimenti (Bernabucci et al., 2010). Se l’esposizione è prolungata, la risposta di acclimatamento è ottenuta attraverso processi di omeostasi (Horowitz, 2002). Queste riposte portano a modificazioni del metabolismo e delle performance (produttive e riproduttive), alla alterazione della risposta immunitaria fino alla morte degli animali (Vitali et al., 2009; 2011). L’impatto del cambiamento climatico sulla produzione animale è stato classificato come segue: i) disponibilità di alimenti sotto forma di concentrati, ii) pascolo e produzione e qualità delle colture foraggere, iii) salute, crescita e riproduzione e, iv) malattie e diffusione di queste (Rotter e Van de Geijn, 1999). In futuro potrebbero esserci notevoli impatti dei cambiamenti climatici sui sistemi agricoli, ma è chiaro che il cambiamento climatico è solo uno dei numerosi fattori chiave del cambiamento. Altri fattori come la crescita della popolazione, la globalizzazione, l’urbanizzazione, le mutevoli aspettative socioeconomiche e le preferenze culturali, ad esempio, possono avere un impatto considerevole sul sistema e sulla sicurezza alimentare (Ruth, 2019). La maggiore difficoltà nella gestione dell’allevamento animale nel mondo corrisponderà al crescente fabbisogno di prodotti animali. Le risposte dei sistemi di allevamento a questi requisiti saranno diverse. I sistemi di produzione basati sul pascolo o su sistemi misti, che contano sulla disponibilità di pascoli e colture agricole, saranno i più danneggiati dai cambiamenti climatici (Nardone et al., 2010).

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La tendenza positiva, sia nel numero di capi sia nella produttività che è stata osservata negli ultimi decenni, potrebbe rallentare o addirittura diventare negativa, se non si fa uno sforzo per adattare i sistemi di produzione. I danni potrebbero essere considerevoli, dal momento che nei sistemi a pascolo e misti si alleva quasi il 70% di tutti i ruminanti nel mondo. In tutto il mondo si producono quasi i 2/3 del latte e della carne da ruminanti. Inoltre, più del 50% di questa produzione è allevata nei paesi in via di sviluppo in cui il fabbisogno di prodotti animali aumenterà di più. Al momento sembra difficile valutare se le aree perse o meno dalla desertificazione a causa dei cambiamenti climatici, saranno compensate dalle zone che saranno favorite dal cambiamento climatico. La necessità di raddoppiare la quantità di prodotti animali nei prossimi 4 decenni dovrebbe essere soddisfatta essenzialmente dai sistemi irrigui e industrializzati. Come può accadere? Un aumento degli animali allevati e della produttività in questi sistemi è prevedibile. Pertanto, avremo, probabilmente, più suini e avicoli. Questa previsione sarebbe confermata dalla crescente tendenza della produzione di carne di maiale e pollame in corso. Inoltre, a causa delle difficoltà del pascolo e dei sistemi misti, possiamo prevedere un aumento della produzione di latte e carne da parte dei sistemi industrializzati, anche se questo aumento sarà più moderato rispetto agli avicoli e ai suini. L’alta correlazione (r = 0.93) tra densità di popolazione umana e densità di popolazione animale, trovata in un’analisi condotta in 23 paesi mediterranei, supporta questa

possibilità (Nardone et al., 2004). La ricerca scientifica può aiutare il settore zootecnico in questa battaglia contro i cambiamenti climatici. Tutti i ricercatori che operano nel campo delle produzioni animali devono collaborare strettamente con colleghi di altre discipline, prima con agronomi, fisici, meteorologi, ingegneri, economisti, ecc. Lo sforzo nella selezione di animali che fino ad oggi è stato principalmente orientato verso caratteri produttivi, da ora in poi, deve essere orientato verso la robustezza e soprattutto l’adattabilità allo stress da caldo. In questo modo la biologia molecolare potrebbe consentire di ottenere direttamente i genotipi con le caratteristiche fenotipiche necessarie. La ricerca deve continuare a sviluppare nuove tecniche di sistemi di raffrescamento, isolamento termico e così via, concentrandosi più che in passato su tecniche che richiedono un basso dispendio energetico e idrico. Nuovi indici più completi del temperature-humidity index per valutare gli effetti climatici su ogni specie animale devono essere sviluppati, e anche i rapporti meteo devono essere sviluppati con questi indici, per informare gli agricoltori in anticipo. Soprattutto per battere il cambiamento climatico o in ogni caso per non lasciare che il clima batta i sistemi di allevamento, i ricercatori devono essere molto consapevoli delle tecnologie di conservazione dell’acqua. In futuro possiamo trarre profitto, più che nel passato, dagli anni di esperienza delle persone che vivono in zone aride applicando le nostre conoscenze scientifiche a pratiche tradizionali utili.

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ARRIVA L’OK DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA

BIRRA: ACCISE RIDOTTE DEL 40% AI MICROBIRRIFICI

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al Ministero dell’Economia e delle Finanze giunge la tanto attesa conferma della firma del decreto ministeriale che prevede la riduzione di accisa pari al 40% per i piccoli birrifici indipendenti con produzione annua inferiore ai 10.000 hl e delle modifiche alla

metodologia di accertamento utile al pagamento dell’accisa stessa. Una misura che interessa i circa 25 microbirrifici presenti in Puglia e che si va a sommare all’ulteriore riduzione a 2,99 euro dell’accisa per ettolitro e per grado-Plato inserita con l’ultima Legge di Bilancio.

Secondo i dati 2016 dell’Agenzia dei 775 produttori ben 744 rientrano nella prima fascia di produzione fino a 5.000 hl/anno, mentre gli altri sono sotto i 20mila e solo una decina va oltre i 200mila ettolitri, che è anche il limite massimo di produzione per poter definire la propria birra “artigianale”.

A Cellino San Marco

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I 30 anni di Cantine Due Palme

uccesso del 30esimo anniversario di Cantine Due Palme di Cellino San Marco. All’evento hanno partecipato diversi rappresentanti delle istituzioni locali, provinciali, regionali, nazionali e comunitarie. Oltre a un migliaio di clienti e soci. Gli onori di casa sono stati fatti dal presidente Angelo Maci, dall’amministratore delegato Melissa Maci, dal direttore generale Assunta De Cillis e da Antonella Maci responsabile ufficio soci e viticolo. Tanti i premi che sono stati consegnati nella serata, presentata da Federico Quaranta in arte Fede, ai protagonisti dei successi di Cantine Due Palme. Durante la serata il presidente Angelo Maci ha ringraziato tutti i soci per la partecipazione nel sodalizio e la coesione dimostrati in questi 30 anni di attività. Particolarmente significativi i video che sono stati trasmessi con attestazioni di stima e riconoscenza verso questa bella realtà sociale da parte di diversi soci produttori. In occasione del trentesimo anniversario

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di Cantine Due Palme è stato prodotto “Mille e Trenta”, uno spumante ottenuto con il Metodo Classico di 12 gradi. Il nome è un connubio tra millesimato e i trent’anni della costituzione della Cantina. Le fasi del processo produttivo iniziano ad agosto quando vengono vendemmiate le uve Negroamaro. Una volta in cantina inizia il processo di vinificazione in bianco, condotta con la fermentazione del solo mosto senza la macerazione delle parti solide del grappolo. Si procede, quindi, con il tiraggio cioè si imbottiglia la base spumante mettendo il lievito con il tappo a corona. Questo prodotto si lascia affinare per 4 anni. Successivamente la bottiglia è inserita in appositi contenitori alveolati. Dopo 36 mesi è fatto il remoige, ossia la rotazione di un quarto della bottiglia, tramite macchinari per fare decantare i lieviti nel “bidule”. Poi va fatta la sboccatura. Si tratta della fase che prevede l’eliminazione del tappo a corona insieme ai residui di fermentazione contenuti nel bidule (tappo

di plastica disposto sotto il tappo corona). Anche in questo caso vale la pena di ricordare le metodologie più tradizionali. Questa pratica, un tempo, veniva condotta da operatori abilissimi che effettuavano manualmente la stappatura delle bottiglie (à la volée). In questa delicata operazione si doveva garantire che il tappo con la bidule venisse espulso insieme ai residui fissi della fermentazione e allo stesso tempo ridurre al minimo la fuoriuscita del pregiato liquido. Infine, si aggiunge liqueur e il tappo in sughero con gabbietta. Lo spumante, così ottenuto con Metodo Classico, è pronto per essere immesso nel mercato globale.

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A BIRRA: UNA AL GIORNO PER 5,2% PUGLIESI groalimentare

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n Puglia il consumo quotidiano di birra riguarda il 5,2% dei residenti, taglia trasversalmente tutta la popolazione, secondo una analisi di Coldiretti Puglia sulla base dei dati Istat sui consumi di birra, perché a seconda che sia bionda, rossa o scura è gradita da giovani e meno giovani, uomini e donne, qualunque sia la professione, è meno amata solo dalle casalinghe. I microbirrifici in Puglia stanno sfiorando quota 100, con le province di Bari e Lecce che guidano la classifica regionale delle aree dove l’attività birraria ha preso piede, con rispettivamente 32 e 26 aziende, seguite da Foggia con 14 birrifici, Taranto 13 e Brindisi 4. La nuova tendenza è la ‘birra agricola’, un prodotto sempre più ‘smart’ inventato dalle aziende agricole pugliesi, che se la gioca bene sul fronte del gusto e dell’innovazione, come la birra al carciofo a Brindisi, la birra di grano ‘Cappelli’ a Corato, la birra di fichi a Mariotto, piuttosto che la birra alla canapa made in Conversano. Anche il calciatore Francesco “Ciccio” Caputo ha investito (con al-

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AL TOP QUELLA AGRICOLA

cuni soci) nel settore con “Birra Pagnotta” , la prima birra con Pane di Altamura Dop fra gli ingredienti (l’attaccante è originario proprio di Altamura). La birra piace a quasi la metà degli adulti con un consumo pro capite medio di 31,8 litri all’anno, il più alto sempre di sempre con una spesa totale delle famiglie che nel 2018 si stima raggiungerà per la prima volta il miliardo di euro se sarà mantenuto il trend di crescita del primo semestre. Oltre a dare un contributo utile all’economia, la birra artigianale rappresenta anche una forte spinta all’occupazione soprattutto tra gli under 35 che risultano i più attivi nel settore con profonde innovazioni che vanno dalla certificazione dell’origine a chilometro zero al legame diretto con le aziende agricole, ma anche la produzione di specialità altamente distintive o forme distributive innovative come i “brewpub” o i mercati degli agricoltori di Campagna Amica. Il consumo è diventato negli anni sempre più raffinato e consapevole con la ricerca di varietà particolari e

una produzione artigianale Made in Italy, una voglia di gusto che è andata di pari passo con il boom dei birrifici artigianali, quadruplicati negli ultimi dieci anni, passando da poco più di 200 a oltre 860 fra brew pub, dove è anche possibile consumare sul posto la birra prodotta e micro birrifici di cui 1 su 4 agricolo con 55 milioni di litri prodotti. Stanno nascendo anche nuove figure professionali come il “sommelier delle birra” che conosce i fondamentali storici dei vari stili di birre ed è capace di interpretarne, tramite opportune tecniche di osservazione e degustazione, i caratteri principali di stile, gusto, composizione, colore, corpo, sentori a naso e palato e individuarne gli eventuali difetti, oltre a suggerire gli abbinamenti ideali delle diverse tipologie di birra con primi piatti, carne o pesce e anche con i dolci. La birra è sempre più bevanda di degustazione con richiami al territorio e al Made in Italy, due caratteristiche evocate, non sempre a proposito, da etichette e pubblicità anche dai grandi marchi industriali.

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FIRMATO IL PROTOCOLLO D’INTESA

LA CICLOVIA ADRIATICA DAL VENETO ALLA PUGLIA

l cicloturismo in Europa genera ricadute per circa 47 miliardi di euro e rappresenta un’espressione innovativa del cambiamento dell’industria turistica. Una innovazione che coinvolge anche la Puglia dove si registrano tassi di crescita elevati sia nel numero di pernottamenti che nel valore aggiunto generato sul territorio. Il target è in massima parte straniero (80%), over 55 d’età, con una capacità di spesa medio-alta ed un elevato livello culturale: coppie o piccoli gruppi di amici che scelgono di restare in Puglia per 5/7 giorni con la bicicletta che rappresenta il mezzo ideale di esplorazione del territorio del Gargano, Salento e Valle d’Itria. Vista la sua importanza strategica per il si-

concludersi, dopo 820 km, sul Gargano. Proprio su quest’ultima arrivano buone notizie da Roma dove, presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), è stato siglato il protocollo d’intesa per la sua progettazione preliminare come confermato dal sottosegretario Michele Dell’Orco a Montecitorio nel corso di una interrogazione parlamentare. “Esprimiamo grande soddisfazione per la sottoscrizione del protocollo d’intesa perché si procede speditamente, con un altro fondamentale passo, nella direzione di dotare il nostro Paese delle infrastrutture che consentono un turismo green e consapevole, con importanti ricadute anche economiche sul territorio – commentano i deputati pugliesi Emanuele Scagliusi

coordini quanto prima con l’ente capofila per comprendere l’utilizzo dei fondi a disposizione e per definire la tratta conclusiva nel proprio territorio, ovvero il punto esatto dove far concludere sul Gargano la Ciclovia Adriatica. Al contempo, ci auguriamo che la Regione Puglia mantenga la parola data sulla Ciclovia dell’Acquedotto e si giunga alla sigla del nuovo Protocollo d’intesa entro il 30 settembre prossimo, come richiesto al MIT. Su questo progetto la Regione Puglia è ente capofila e avrebbe già dovuto da tempo consegnare il progetto preliminare che ricomprende anche le parti del percorso relative alla Campania e alla Basilicata per procedere alla stipula del protocollo d’intesa. Attendiamo fiduciosi anche

stema turistico, il Ministro Toninelli ha stanziato la cifra complessiva di 361,78 milioni di euro per la realizzazione del Sistema Nazionale delle Ciclovie Turistiche. Dieci percorsi di rilevanza nazionale ritenuti prioritari e strategici, due dei quali attraversano la regione Puglia: la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese che da Caposele (AV) giunge sino a Santa Maria di Leuca (LE) con un percorso di circa 500 km e la Ciclovia Adriatica che parte da Lignano Sabbiadoro per

e Diego De Lorenzis (M5S), rispettivamente capogruppo e vicepresidente in Commissione Trasporti a Montecitorio – Ora si aspetterà il parere della Corte dei Conti per il primo stanziamento di 1,185 milioni di euro alla Regione Marche (capofila) affinché sia poi presentato al MIT, entro il 31 dicembre 2020, il Progetto di fattibilità tecnico economica unitamente all’individuazione dei primi lotti funzionali come da Protocollo d’intesa. Auspichiamo che la Regione Puglia si

perché, per il Governo del Cambiamento – concludono De Lorenzis e Scagliusi (M5S) – la creazione di un sistema di ciclovie turistiche è strategico e rappresenta un ulteriore elemento di sviluppo e valorizzazione turistica del nostro Paese e di una mobilità veramente sostenibile. In sede parlamentare, infine, ci batteremo per trovare nuovi fondi affinché le due ciclovie turistiche vengano unite nel percorso, con un raccordo dal Gargano a Santa Maria di Leuca”.

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groalimentare

Una delle poche cose che funziona

L’UE GARANTISCE UN’ALIMENTAZIONE SaNA? SI di Rino PAVONE

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a politica agricola comune (PAC), iscritta nel trattato di Roma e istituita nel 1962 è la più antica delle politiche comuni. Da allora, Bruxelles regola tutti gli anelli della catena alimentare, al fine di renderla sicura, dal campo alla tavola. Oltre alla pace, l’alimentazione è una politica fondante dell’Unione europea. Non bisogna dimenticare che, dopo la guerra, la PAC ha permesso di stabilire le condizioni e i mezzi per produrre abbastanza da sfamare la popolazione. L’Unione europea ha consentito qualità, disponibilità e varietà. La politica agricola, il cui bilancio 2014-2020 vale 408 miliardi di euro, è un tema spinoso. Il commissario europeo per l’agricoltura, Phil Hogan, l’ha difesa ancora una volta. A seguito di diverse crisi sanitarie, in particolare quella della mucca pazza negli anni ‘90, Bruxelles si è dotata di una regolamentazione

ambiziosa per proteggere i consumatori del Vecchio Continente. Nata con il regolamento 178/2002, la legge alimentare europea è ora utilizzata come modello. Abbiamo raggiunto uno dei più alti livelli di sicurezza e protezione alimentare nel mondo. Bruxelles ha stabilito un quadro rigido che impone una responsabilità forte e solidale a

tutti gli attori della catena e li costringe a immettere sul mercato beni estremamente sicuri. Negli Stati Uniti, il modello è diverso. I controlli sono più rari e l’unico vero strumento a disposizione dei

consumatori è quello della famosa “class action”. L’estrema tracciabilità richiesta ai produttori consente di risalire rapidamente all’origine di un problema. I servizi veterinari degli Stati tengono una riunione settimanale per evitare o contenere eventuali nuove allerte. Il regolamento del 2002 ha anche creato un’autorità europea per la sicurezza alimentare, l’Efsa che fornisce indicazioni nutrizionali e sulla salute, rigorosamente controllate. Poi, in termini di ingredienti nocivi alla salute e additivi l’Europa ha limitato molto e, spesso, ha vietato. La tentazione di rinazionalizzare la politica alimentare non è la soluzione giusta. L’unica critica da fare all’Europa è la lentezza delle decisioni. Prossimo punto all’ordine del giorno: l’introduzione di un’informazione nutrizionale semplificata. Un modo essenziale per rendere le informazioni alimentari più leggibili e quindi più credibili.

Una delle poche cose che funziona

AGRICOLTURA SENZA TERRA

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i chiama agricoltura aeroponica e in Italia l’idea è stata avviata da una start up milanese Consente di far risparmiare risorse, non necessita di antiparassitari e si può praticare anche in spazi interni e in uffici, dove il tema del benessere lavorativo è sempre più avvertito. Il progetto consiste in moduli per la coltivazione di piante “con le radici in aria”. L’acqua e i nutrienti vengono ne-

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bulizzati sulle piante. I semi non devono essere trattati con antiparassitari. Si risparmia fino al 90% di acqua rispetto all’agricoltura tradizionale e fino al 30-40% di sostanze nutritive. In un mondo sempre più minacciato dall’aridità dei cambiamenti climatici, l’aeroponica diventerà sempre più importante. La cura delle piante è automatizzata e varia in base al tipo di vegetale. Con questo sistema modu-

lare si possono far crescere germogli, insalate, verdure a foglia verde e frutti rossi, ma in futuro verranno fatte ricerche anche su altre piante e in altri ambiti. Attraverso il sistema si possono produrre fino a 24 cespi di lattuga o 96 piante di basilico contemporaneamente. I moduli agricoli sono già in funzione in un hotel a Milano e presto ne arriveranno altri, in uffici e altre strutture ricettive. www.foglie.tv


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NON SOLO FUMO I MILLE USI DELLA CANAPA

CANNABIS: BENE CONTROLLI STOP SPECULAZIONI

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on solo fumo, il boom della coltivazione della cannabis in Puglia è stato contraddistinto dal moltiplicarsi di terreni e produzione, oltre ad idee innovative nella trasformazione della canapa, ‘pianta’ dai mille usi, dalla birra alla ricotta e agli eco-mattoni isolanti, dall’olio antinfiammatorio alle bioplastiche, fino a semi, fiori per tisane, pasta, taralli, biscotti e cosmetici e ancora vernici, saponi, cere, detersivi, carta o imballaggi, oltre al pellet di canapa per il riscaldamento che assicura una combustione pulita. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia nel commentare la decisione restrittiva presa dalle sezioni unite penali della Cassazione che rischia di frenare un settore in grande sviluppo in tutto il mondo e che In Italia nel giro di cinque anni ha registrato l’aumento di dieci volte dei terreni coltivati a cannabis sativa, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018 nelle campagne dove sono centinaia le aziende agricole che hanno investito nella coltivazione. La diffusione e l’accresciuta consapevoN° 11 - 15 giugno 2019

lezza internazionale delle opportunità che possono venire da queste coltura impongono su un tema così delicato l’intervento del Parlamento. Bene i controlli che stanno interessando il settore della canapa che in Puglia negli ultimi anni ha avuto uno sviluppo importante che va salvaguardato da frodi e speculazioni. Sono numerose le imprese agricole che stanno segnalando e denunciando dal 2017 fenomeni distorsivi e speculativi. La Legge italiana c’è, va rispettata e fatta rispettata, magari completandola, in modo da renderla ancora più efficace e rispondente alle esigenze produttive e di mercato reali degli imprenditori agricoli. L’affermarsi di stili di vita più ecologici ha favorito la diffusione della canapa che è particolarmente versatile negli impieghi, ma anche in grado dal punto di vista colturale a basso impatto ambientale di ridurre il consumo del suolo, la percentuale di desertificazione e la perdita di biodiversità. Considerata l’importanza economica del settore, occorre formare le aziende agricole per favorire la

qualità della produzione nazionale e supportarle nella trasformazione del prodotto, scongiurando l’alterazione della legge italiana di riferimento anche attraverso un sistema di controllo nei confronti degli operatori delle filiere per favorire la legalità e prevenire truffe e comportamenti illeciti. Valorizzare la canapa italiana, di nostra tradizione, considerato che negli anni Quaranta eravamo il secondo Paese mondiale a produrla, dopo la Russia e promuoverla all’estero per sostenere le aziende italiane anche nelle esportazioni. Si tratta in realtà del ritorno ad una coltivazione che fino agli anni ‘40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica). Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un’ombra su questa pianta.

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A scuola di e-commerce agroalimentare da Masseria Fruttirossi

Fondazione ITS Agroalimentare Puglia in visita a Castellaneta Marina

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possibili futuri manager pugliesi dell’e-commerce agroalimentare hanno visitato Masseria Fruttirossi per studiare il modello dell’azienda innovativa di Castellaneta Marina, il primo produttore italiano di melagrana, che commercializza prodotti anche online su Amazon. Sono tutti studenti diplomati che stanno frequentando, presso la sede di Rutigliano, il Corso “E-Commerce Manager nel Settore Agroalimentare” della Fondazione ITS Agroalimentare Puglia di Locorotondo. Questo percorso formativo di Alta specializzazione tecnica post diploma ha l’obiettivo di formare tecnici superiori con specifiche conoscenze

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di Rino PAVONE

e competenze nell’ideazione, nella promozione e nella gestione del commercio elettronico delle produzioni delle filiere agroalimentari. Gli esperti così formati saranno in grado, sulla base delle peculiarità dei prodotti agroalimentari, di individuare la soluzione di e-commerce più idonea alla promozione e vendita del singolo prodotto. Gli studenti erano accompagnati, oltre che dal tutor d’aula Alessandro Chiarelli, dal docente Nicola Calabrese, Ricercatore dell’ISPRA-CNR (Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari CNR) di Bari, che ha giudicato la visita altamente formativa in quanto «nell’azienda Masseria Fruttirossi troviamo, raggruppati in un’uni-

ca realtà fortemente innovativa, tutti gli attori della filiera: la produzione, la trasformazione e il confezionamento e, infine, la commercializzazione, sia mediante canali tradizionali che ecommerce». Gli studenti hanno visitato prima le coltivazioni, guidati dal production manager Davide De Lisi, e poi il modernissimo stabilimento di trasformazione e confezionamento accolti dal sales manager Dario De Lisi. Alla fine della visita tutti hanno potuto gustare le spremute di melagrana che, con il brand Lome Super Fruit, Masseria Fruttirossi commercializza insieme alle bacche di goji essiccate e al frutto fresco selezionato: melagrana, bacche di goji e di aronia.

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Il concorso monopolitano si apre al bacino del Mediterraneo

Olio di Famiglia: proclamati i vincitori dell’VIII edizione di Paola DILEO

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on la tradizionale festa di fine concorso si è chiuso il sipario su “Olio di famiglia 2019”, il concorso monopolitano dedicato agli olivicoltori non professionisti, dilettanti e hobbisti. Nella serata del 1° giugno in una cornice immancabilmente rurale, la Masseria Lama dei Taveri delle sorelle Barnaba, nel cuore della piana ulivetata di Monopoli, sono stati proclamati i vincitori in un clima di accogliente famigliarità. A meritare il podio, un olio che viene da lontano: infatti per il Bacino del Mediterraneo si è meritato il primo posto l’Associacion de Productores Ecologicos Oleai” (Spagna), ha ritirato il premio Martin Morena Mellina -; per gli oli italiani invece, si è classificato primo Gabriele Grossi (Andria); al 2° posto sempre per la categoria oli italiani, Angelo Ciurcina di Buccheri (Sicilia); a pari merito terzi classificati Andrea Arrivabene di Castel San Pietro Terme (Emilia Romagna) e Leonardo Sgura (Fasano); a pari merito anche i quarti classificati con menzione speciale “Miglior Fruttato”, Isabel Palau di San Tedoro (Sardegna) e Vitantonio Angiulli (Monopoli). Come di rito la premiazione è stata anticipata da un N° 11 - 15 giugno 2019

dibattito pubblico sulla campagna olivicola 2019, spunto per affrontare le criticità vecchie e nuove del settore, investito negli ultimi anni anche dall’uragano xylella fastidiosa. Tra i relatori moderati da Mimmo Lavacca (dell’Ass. Terra Sud, nonché ideatore dell’evento), Anna Neglia (dell’Ass. Terra Sud e responsabile del Gruppo di Assaggio), Tommaso Battista (Copagri Puglia), Valentina Cardone (Chemiservice), Giuseppe Labbate (M5S , membro della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati), Antonio Giampietro (Ass. Talenti del Gusto)“La cura amorevole e ancestrale degli olivicoltori anche non professionisti, è un input a fare rete e a far conoscere il loro prodotto”- ha commentato Anna Neglia -. In continuità Antonio Giampietro, assaggiatore professionale di olio, ha evidenziato l’importanza del concorso Olio di Famiglia per affrontare i problemi della filiera olivicola e anche dei piccoli produttori che rappresentano un’entità numericamente importante nel panorama italiano. Gli ha fatto eco Tommaso Battista che ha ricordato l’utilità di questa iniziativa per informare i consumatori sulla qualità dell’olio extravergine d’oliva e

per i piccoli produttori a migliorare la produzione e la qualità. Nell’apprezzare la bontà della manifestazione sia per i produttori che per i consumatori, l’On. Labbate ha informato che in commissione si sta lavorando alla stesura del Piano Olivicolo Nazionale “La Spagna ne ha già approvati cinque – ha lamentato -; inoltre prevediamo d’ inasprire le sanzioni per le truffe di olio d’oliva”. E sulla qualità degli oli in concorso, Valentina Cardone ha esordito: ”Per l’annata poco propizia tutti i 70 partecipanti meritavano di vincere, infatti tutti i campioni pervenuti sono risultati extravergini e ritenuti idonei a partecipare. Abbiamo anche registrato miglioramenti nel corso di questi anni, significa che le buone pratiche e gli accorgimenti tecnici sono stati recepiti”. E all’insegna dei rapporti autentici, quelli di “famiglia”, la serata si è conclusa con un brindisi di “fine concorso”, accompagnato dal più classico finger food pugliese: il panzerotto e tanta buona musica folk. L’appuntamento è alla prossima campagna olivicola sempre nel solco del dialogo tra culture e cultivar diverse, alla stregua dell’olio evo, rigorosamente di qualità.

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