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Agricoltura • Agroalimentare • Turismo RURALE
INCREDIBILE! SOLO 3,99 € Spiegateci come fanno a vendere l’olio a questi prezzI
agricoltura
Olio, annata no: il perchè e le prospettive future Credito all’agricoltura, si apre una nuova stagione? mondo gal
Accolto il ricorso del comune di Monopoli, sospesi 130 Mln di fondi Gal
N° 20 • 15 NOVEMBRE 2016
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UVA DA TAVOLA: PER ‘BIANCA’ CALAMITA’ PER ‘ROSSA’ BREXIT E EMBARGO RUSSO 15 novembre 2016 - n. 20 - Anno 11
Quindicinale di Agricoltura Agroalimentare Turismo RURALE
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na campagna assai complicata quella dell’uva da tavola in Puglia sia per le uve “bianche” che per le “rosse”. Il clima estivo aveva inizialmente fatto ben sperare e la produzione si presentava ottima per qualità e quantità. Successivamente bombe d’acqua e nubifragi hanno arrecato danni ad oltre il 65% dell’uva che in molti casi non è stata neppure raccolta. Il difficile momento congiunturale del commercio internazionale ha fatto il resto con lo stop a causa di Brexit ed embargo russo. Infatti le uve rosse soprattutto senza semi sono molto richieste dai mercati russo ed inglese, mentre le ‘bianche’, che si sono “salvate” dalla violenza di piogge e attacchi di muffe, sono pagate €0,40 al chilogrammo contro gli €0,80 dell’anno scorso. A fronte di ciò Coldiretti Puglia ha chiesto alla Regione Puglia di profilare una moratoria di mutui e finan-
ziamenti in essere per il consolidamento delle passività. La Puglia è il primo produttore in Italia di uva da tavola, con il 74% della produzione nazionale e, grazie all’enorme contributo pugliese, l’Italia è il primo produttore al mondo, con il 16% sulla produzione globale. Il Regno Unito è al settimo posto tra i partner della Puglia per le esportazioni – più di 369 milioni il valore dell’export pugliese verso questo Paese e la Brexit sta avendo un effetto negativo sugli scambi commerciali così come dal 2013, anno che ha preceduto l’embargo, ad oggi è stato registrato il crollo dell’export agroalimentare pugliese verso la Russia fino anche al 63%. Tutto ciò è avvenuto proprio quando gli sforzi dei nostri agricoltori avevano orientato la produzione su cultivar che per qualità fisiche e organolettiche riuscissero a soddisfare positivamente il mercato delle due nazioni.
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ommario
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uva da Tavola Problemi per bianca e rossa
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TURISMO RURALE
Regole e consigli per la raccolta
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AGRICOLTURA
CONFIMI Pietro Marcato nuovo presidente
Antitrust su accordi di filiera
“La prudenza non è mai troppa”
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olio Perchè il comparto è in crisi
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LECCE Seconda città italiana dove investire PUGLIA Puntare sulla destagionalizzazione
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CREDITO Si apre una nuova stagione?
FRUIT & VEG INNOVATION Dal 8 al 11 maggio 2017
coldiretti Malavita fa lievitare prezzi
GDO L’importanza della logistica
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xylella e vivaismo “Il piano di intervento attuato per il 20%
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Si teme ripetizione dell’annata 2014
Olio, un altro anno di crisi: ecco perché
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hi va al supermercato difficilmente si rende conto che i prodotti alimentari non sono delle commodity sempre disponibili. D’altra parte se sullo scaffale le arance si trovano tutti i mesi dell’anno perché mai bisognerebbe farsi tante domande? Se poi arrivano dalla Sicilia o dal Sudafrica, da piccoli produttori o enormi aziende, se sono trattati e in che modo, è un altro discorso. Ma diamine, sono questioni da gran pignoli, da gente che ha voglia di perdere tempo. Perché la spesa è diventata l’equivalente della benzina per l’auto: vai a fare il pieno. Le grandi industrie dell’alimentare dal boom economico in poi hanno lavorato forsennatamente proprio per rendere inutili queste domande e per staccare il collegamento tra terra e cibo. Dal loro punto di vista con ragione perché una cosa è dipendere da clima, insetti, lavorazioni e un’altra andare sul grande mercato mondiale e dire: se di fragole quest’anno in Italia ce ne sono poche e magari anche care, andiamole a prendere dove ci sono. L’Italia ne produce 110.000 tonnellate all’anno, ma in Spagna siamo a quota 280.000, in Egitto 240.000, in Turchia più di 300 mila, senza pensare agli Stati Uniti: 1,3 milioni di tonnellate solo in California. L’olio negli ultimi anni vive proprio questa situazione. In Italia si alternano annate buone ad altre cattive o perfino disastrose come il 2014 e come potrebbe essere il 2016. Ma state tranquilli: nei supermercati non mancherà mai. Cosa c’è den-
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di Rino PAVONE tro la bottiglia, per provenienza e qualità, è difficile dirlo, ma d’altra parte se la richiesta di elevare il livello del prodotto non arriva dagli stessi consumatori difficilmente se ne faranno carico le industrie del settore. Ancora non ci sono dati (la Coldiretti stima -38% di produzione) ma per capire che la situazione è pessima basta fare un giro tra esperti e produttori. Gaetano Avallone,capopanel e consulente di varie aziende, l’uomo che sta dietro i grandi oli di Cosmo Di Russo, ha il pregio di parlare sempre chiaro. Poca diplomazia, niente giri di parole. “L’altro giorno ho visitato la parte più vocata all’olivicoltura della Penisola Sorrentina, quella che guarda al Golfo di Napoli, e non c’era niente. Calabria e Sicilia sono un disastro, la Toscana è vuota. A memoria un anno così non me lo ricordo. Mi piacerebbe mettere i più grandi esperti del settore attorno a un tavolo e chiedergli: cosa sta succedendo? Da una parte c’è l’agricoltura industriale che guadagna, al lato opposto il contadino che si fa tutto da solo come una volta e in qualche modo fa tornare i conti, al centro schiacciati una miriade di produttori di qualità piccolissimi, piccoli e medi con margini di guadagno così risicati da rendere impossibile qualsiasi investimento in ricerca e perfino in trattamenti massicci. “Se devi pagare i fitofarmaci e poi giornate e giornate di lavoro per spargerli fai fatica…”, conclude Avallone. Pasquale Romano l’anno scorso ha fatto uno degli oli migliori della stagione, Le Sciare. Il frantoiano di
Bronte fa un quadro pessimo della situazione nel Sud Italia. “Ormai non dormo più nel tentativo di trovare una soluzione a un’annata catastrofica – racconta amareggiato – Qui da me non c’è niente ma il problema è generale: Sicilia, Puglia, Lazio, Basilicata, Calabria. Chi non ha trattato non ha raccolto nulla. A memoria devo tornare al 1990 per ricordare un anno altrettanto disastroso. Il prezzo dell’olio al consumatore? Se nelle annate normali un prodotto buono deve costare almeno 7 euro in una stagione così dovremmo arrivare a 10 e anche di più. Ma i consumatori sono preparati? Io temo che a sentire il prezzo prenderanno al supermercato la prima bottiglia che capita. Purtroppo in pochi conoscono davvero l’olio buono perché chi lo conosce non bada a spese”. E qui Romano tocca un tema delicato. La spinta alla qualità dovrebbe arrivare dal consumatore, solo lui
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può innescare un circuito virtuoso. Se il consumatore è disposto a pagare di più, i produttori si troveranno con margini più alti, invogliati a sperimentare o magari semplicemente a curare di più l’uliveto. “C’è qualcosa che non va nel nostro sistema – dice Avallone – Se vogliamo continuare così dobbiamo decidere che la nostra agricoltura non è una risorsa ma semplicemente una questione di tradizioni. Prendete l’olio. Tutti i gusti sono cambiati, dai cocktail al panettone, tranne l’olio, quello deve avere lo stesso sapore di 1000 anni fa. Certi produttori fanno oli con dei difetti perché altrimenti non glieli comprano! Il problema è l’uomo della strada che non fa una domanda di qualità. La qualità viene richiesta sulle auto, le scarpe, le cravatte ma non sull’olio”. Fausto Borella, degustatore, comunicatore e organizzatore di ExtraLucca: “Il
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problema è chiedersi dove vogliamo andare come Paese. La Puglia ha il 37% della produzione italiana ma vende il grosso delle olive, la Calabria non ha ancora capito come si fa l’olio di qualità, la Sicilia sì ma quest’anno di olive ne aveva poche. Allora che vogliamo fare? Gettare la spugna e dire viva la Tunisia, viva la Turchia, viva la Spagna? Facciamo gli uliveti intensivi anche noi? Io dico che sarebbe una follia, abbiamo la fortuna di avere 500 cultivar e dobbiamo lavorare per farle conoscere, i produttori di qualità devono fare da traino e convincere la gente di quanto è difficile, faticoso, costoso produrre olio buono. Allora forse si capirà che l’olio si può anche pagare tanto, come accettiamo di pagare tanto una bottiglia di champagne, un buon Brunello o un aceto balsamico”. Quindi cosa troveremo nelle botti-
glie? Borella lancia un messaggio di ottimismo: “Ci sono problemi ma tante aziende che ho visitato hanno un ottimo prodotto. Bisogna dirlo chiaro altrimenti anche chi è disposto a spendere si disamora perché tanto pensa che dentro c’è robaccia”. Certo, parliamo sempre di nicchie da esperti disposti a spendere 15 o 20 euro per mezzo litro d’olio. Il problema è sul prodotto medio-basso. “Beh, lì troveremo tanti oli difettati – dice con realismo Avallone – Pensate a olive attaccate dalla mosca, raccolte e portate con lentezza al frantoio. Cosa volete che diano? Chi può venderà le scorte dell’anno scorso. Che per carità vanno bene ma insomma non parliamo di oro perché l’olio col tempo non migliora ma perde piano piano le sue proprietà e da principe della tavola diventa servo!”. Un servo con tanti padroni (dalla Gdo ai consumatori).
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Dall’8 all’11 maggio
FRUIT&VEG INNOVATION 2017
ogliere le nuove tendenze per incentivare il consumo di frutta e verdura, questo l’obiettivo della nuova edizione di FRUIT&VEG INNOVATION, in programma dall’8 all’11 maggio 2017 a Fiera Milano, punto di incontro internazionale tra domanda e offerta dell’intero comparto. Il nuovo “concept” evolve da fiera convenzionale a luogo di relazioni ed esperienze in cui il prodotto ortofrutta si contamina con le evoluzioni più attuali del food&beverage e si valorizza come occasione di educazione allo “star bene” in sintonia coi nuovi stili di vita, sia nell’ambito del consumo domestico
che nel fuori casa. Un evento in grado di competere con le più forti iniziative a livello globale, attraendo in Italia i grandi player, grazie alla contemporaneità con TUTTOFOOD, la manifestazione internazionale del food&beverage e mettendo in mostra le eccellenze del sistema ortofrutticolo. Il Consorzio del Commercio Elettronico promuoverà l’eCommerce Food Lab, un hub di mille metri quadrati, in collaborazione con Digital Events che favorirà il networking tra operatori B2B e dove si svolgeranno workshop e conferenze. L’accordo sottoscritto con l’Alleanza Cooperative Italiane, incrementerà
invece la partecipazione di decisori d’acquisto qualificati dalle oltre 5mila coop aderenti, che abbracciano tutti i settori merceologici e includono primarie insegne della Gdo italiana. In parallelo, il dialogo fra filiere agroalimentari e mondo accademico sui temi del cibo sano sarà il cuore di ‘Spazio Nutrizione’, che declinerà in diverse aree tematiche un ricco programma di convegni sugli avanzamenti della scienza nutrizionale più interessanti nell’ottica di rispondere alle esigenze salutistiche dei consumatori, presentando anche dati inediti e case-history di aziende.
L’iniziativa di Unionbirrai
Birra made in Italy per sostenere i terremotati
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ella iniziativa di Unionbirrai, presentata alla Camera, di promuovere una birra artigianale solidale (denominata Arka 8.16) realizzata interamente con luppolo Made in Italy e con una mission sociale, quella di sostenere il comune di Montegallo, in provincia di Ascoli Piceno, tra le comunità colpite dal
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terremoto dello scorso 24 agosto. La birra artigianale ha finalmente ricevuto per legge una definizione che esclude dalle metodologie di produzione la pastorizzazione e la microfiltrazione. Risultato ottenuto anche per i piccoli birrifici indipendenti, i quali devono utilizzare impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio e la cui
produzione annua non deve superare i 200 mila ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi. Parametri fondamentali per tutelare questa eccellenza dell’agroalimentare Made in Italy, in forte crescita, dal magma della grande produzione industriale.
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Rinnovato interesse delle banche verso il settore agricolo
Credito all’agricoltura, si apre una nuova stagione? di Rino PAVONE
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l credito all’agricoltura sta vivendo una stagione di rilevante interesse per i finanziatori che annunciano l’espansione degli impieghi con il coordinamento del Ministero. Le due più grandi banche italiane – Unicredit e Intesa – hanno annunciato 6 miliardi di erogazioni ciascuna nei prossimi 3 anni, anni che vedranno anche l’attuazione dei tanto agognati Psr. L’auspicio è che banche e finanziarie si concentrino finalmente sull’impresa agricola, considerando adeguatamente la specificità della produzione, trasformazione e commercializzazione dei frutti della terra, e questo sia riguardo alle caratteristiche dei prodotti di finanziamento adottati, sia riguardo all’attribuzione dei rating e
più in generale al processo di valutazione del merito creditizio. Concretizzare con efficacia le decisioni di aumentare finalmente gli impieghi nel settore primario richiede lo sforzo, da parte di banche e finanziarie, di professionalizzarsi e scegliere i giusti strumenti di intervento, al di fuori di retaggi storici e tecnici che potrebbero pesare sui risultati finali. Poiché si propone di finanziare la capacità dell’agricoltura di innovare, sarebbe opportuno innovare anche i prodotti e i processi di finanziamento. Le prime indicazioni sembrano positive; infatti se Intesa San Paolo ha annunciato un nuovo metodo per valorizzare le peculiarità di ciascun indirizzo colturale e di ogni singola azienda, Unicredit
ha affiancato al suo programma di nuovi impieghi un corposo programma di formazione finanziaria gratuito in favore degli imprenditori agricoli. L’impeto favorevole dei nuovi impieghi, dettati per la prima volta nella storia da considerazioni di mercato, anziché dalle classiche leggi agevolative, dovrebbe liberare dalla pigrizia la cenerentola del credito, ovvero il credito all’agricoltura, attribuendogli finalmente tutta l’importanza che merita nel processo di sviluppo delle imprese. Fuor di metafora, occorre che l’approccio sia quello della conoscenza approfondita di ciascuna produzione/realtà aziendale, ma con strumenti che guardino al passato per ricavarne insegnamenti, non condizionamenti.
Il provvedimento del Tar di Bari
ACCOLTO IL RICORSO DI MONOPOLI, SOSPESI 130 MILIONI DI FONDI GAL
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essun problema, solo una scelta legittima, per quanto particolarmente restrittiva, che forse più che realizzata da un dirigente, era più normale che fosse oggetto di una discussione anche politica”. Questa la risposta dell’assessore all’agricoltura Leonardo Di Gioia all’interrogazione regionale delle consigliere Antonella Laricchia (M5S) e Rosa Barone (M5S) in merito ai ricorsi del comune di Monopoli a cui è seguito quello di Modugno sui bandi relativi ai GAL (Gruppo di Azione Locale) plurifondo
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pugliesi – ovvero che uniscono i finanziamenti FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) e FEAMP(Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) – che stanno bloccando l’intera programmazione 2014-2020. Ciò significa circa 100-130 milioni di euro sospesi, a cui avevano fatto richiesta 23 proposte pervenute dall’intera regione. Nei giorni scorsi è giunta la conferma dal TAR di Bari che, dopo la lunga Camera di Consiglio, ha accolto l’istanza del comune costiero barese contro la Regione Puglia e
l’Autorità di Gestione del PSR Puglia 2014-2020. Se da un lato solleciteremo quei Comuni – dichiara il deputato pentastellato Labbate - che ad oggi hanno tutto il diritto di accedere a quei fondi ma che, inspiegabilmente, non hanno fatto ancora ricorso come quello di Polignano a Mare (BA), guidato dal Sindaco Domenico Vitto (PD e presidente Anci Puglia in pectore) dall’altro chiediamo all’Assessore Di Gioia di valutare serenamente di fare un passo indietro”.
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I punti di forza e debolezza dei due sistemi distributivi
Gdo e Mercati all’ingrosso: tutto si gioca sulla logistica
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a logistica svolge un ruolo fondamentale all’interno del sistema agroalimentare, collocandosi al centro delle transazioni che legano il mondo della produzione a quello del consumo finale. Logistica non significa però solo movimentazione e trasporto delle merci, ma anche, e soprattutto, creazione di valore aggiunto. L’evoluzione del mercato richiede alle imprese di sapersi organizzare per rispondere adeguatamente alle richieste di prodotti e di servizi, ed è qui che la logistica può fare la differenza. Basta osservare
particolarmente attraenti in chiave marketing, o che si tratti di salvaguardare la freschezza del prodotto per esaltare qualità organolettiche e valori nutrizionali. In entrambi i casi, il problema resta il medesimo: assicurare ai propri clienti un livello qualitativo adeguato alle attese. “Nel canale moderno – spiega Valter Vannucci direttore del Centro Agro Alimentare di Rimini - il sistema della GDO trova nelle piattaforme distributive un anello centrale, e senza dubbio il sistema ha funzionato bene, e da tempo; ma restano ancora alcune disfunzioni che si
re sempre nuove proposte al consumatore finale. Elementi, questi, che indicano la dinamicità delle catene distributive moderne e l’energia importante in termini di risorse investite. Fatti che, invece, non trovano riscontro nell’altro Canale, quello tradizionale (o normal trade), dove invece i problemi sono altri: a fronte di una buona offerta del prodotto in termini qualitativi vi sono ancora troppe resistenze allo sviluppo dei mercati, alla aggregazione, alla creazione di nuovi servizi, agli investimenti, e soprattutto alla uni-
cosa è avvenuto nei due diversi Canali distributivi: il canale moderno e quello tradizionale. La Grande distribuzione ha tentato di saltare le strutture intermedie(Mercati all’ingrosso) approvvigionandosi il più possibile direttamente dalla produzione, mentre nel canale tradizionale (quello di ingrosso e dettaglio) i Mercati svolgono ancora un ruolo fondamentale di intermediazione tra produzione e consumo. La logistica diventa allora il punto discriminante. Chi saprà ridurre le inefficienze della logistica che inevitabilmente si trasferiscono sul prodotto (e sul consumatore) finale, vincerà certamente la sfida. Chi saprà dare maggiore valore aggiunto al prodotto conquisterà la fedeltà del consumatore finale, sia che si tratti di inventare confezionamenti
ripercuotono negativamente sulla gestione della filiera e di conseguenza anche sul risultato finale. E così il reparto ortofrutta è quello che presenta maggiori problemi per i supermercati e anche per il consumatore, non sempre soddisfatto in termini di rapporto qualità-prezzo”. Come dire che al grande sforzo organizzativo messo in atto non trova riscontro un adeguato livello di soddisfazione, né per il consumatore né per la catena distributiva. Anche se si deve rilevare che in questi anni sono stati fatti molti tentativi per migliorare l’offerta della GDO e in molti casi i risultati sono stati soddisfacenti. Va infine rilevato che, nonostante tutto, il Canale moderno risulta quello sicuramente più attivo sotto il profilo degli studi, delle analisi, delle ricerche di mercato, dell’innovazione, così da offri-
formità e costanza dei prodotti in termini qualitativi e di prezzo. Come dire che al mercato all’ingrosso la merce “può cambiare tutti i giorni” e il prezzo si adegua di conseguenza, a seconda della domanda e dell’offerta”. Non sempre c’è sensibilità, da parte dei commercianti e salvo rare eccezioni, a pianificare e programmare le attività, a sviluppare innovazione e progetti, a investire in nuove attività di impresa, a offrire nuovi servizi, ecc. perché talvolta prevalgono atteggiamenti di mantenimento delle posizioni acquisite senza rendersi conto che solo a partire dai risultati raggiunti si possono immaginare e realizzare nuove vie per il futuro. I limiti dei due canali possono così essere riassunti sotto il profilo della logistica: nella GDO il modello seguito in altri settori merceologici
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non ha ancora raggiunto i livelli di performances attesi, come dire che il modello vincente per latticini, carni, bevande, salumi, pasta, ecc. non dà gli stessi risultati nel reparto ortofrutta. Vannucci sostiene che “la frammentazione del mondo produttivo agricolo male si concilia con le esigenze di uniformità e standardizzazione richieste dalla GDO che presuppongono invece sistemi produttivi sempre più “industriali” – come appunto quello delle carni, latticini, pasta. Il risultato finale è che troppo spesso i prodotti ortofrutticoli “viaggiano” tra territori (di origine e di consumo) e piattaforme di stoccaggio per giungere “stanchi” al punto vendita.
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Ma anche una certa difficoltà a seguire la stagionalità e la variabilità della natura, non sempre allineata alle esigenze di rigida pianificazione degli assortimenti e stabilità di prezzi di vendita, per assicurare i quali diventa necessario attivare canali di approvvigionamento non sempre all’altezza delle aspettative di consumo”. Nel canale tradizionale, al contrario, troppo spesso prevale una certa “precarietà” dei sistemi organizzativi che trova riscontro, ad esempio in una scarsa uniformità degli imballi, scarsa attenzione al confezionamento, difficoltà a concepire le consegne come parte integrante del prodotto-servizio, controllo
qualità volontari poco diffusi, scarsa attitudine agli accordi commerciali di lungo periodo. “Nella stragrande maggioranza dei casi – precisa il direttore - le aziende di commercianti all’ingrosso sono nate come imprese familiari e non sempre sono disposte ad aggregarsi e comunque a crescere per raggiungere quel livello dimensionale cui corrisponde una certa organizzazione moderna, oggi indispensabile per competere in un mercato sempre più globalizzato”. All’interno di questi fenomeni, apparentemente diversi, si può scorgere come invece sia importante la logistica e come sia altrettanto decisiva tanto per il canale moderno come per quello tradizionale.
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Dove investire in Italia: le città italiane dal maggiore e minore ritorno sul capitale
Acquistare per affittare: Lecce 2° città italiana per convenienza
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a nord a sud, grandi città, città nell’entroterra e città sulla costa, ecco le città italiane con il maggiore e minore ritorno sul capitale investito. HomeToGo, il più grande metamotore di ricerca per case e appartamenti vacanza, offre il rapporto tra il prezzo medio di acquisto di un immobile e quello di affitto come casa vacanze nella stessa località, suggerendo in quali città è più conveniente investire. Infine un’analisi della stagionalità delle località turistiche italiane completa il quadro informativo con un tassello aggiuntivo ma importante. Le 15 città italiane con il maggiore ritorno sul capitale Tra le Top 15 città italiane con il maggiore ritorno sull’investimento vi è un interessante mix di città nell’entroterra e località sulla costa. Il prezzo medio per chi acquista è compreso tra i 1.009 €/m² di Trapani, la numero uno in classifica, e i 3.010 di Venezia, alla undicesima posizione, i cui prezzi medi di affitto di un alloggio vacanze sono anch’essi i più elevati, 4,4 €/m² a notte. Oltre un terzo delle città italiane dove acquistare per affittare conviene di più sono località sulla costa, a nord come a sud. Siracusa, seconda città siciliana in classifica, ha un prezzo di acquisto di 1.307 €/ m² e uno di affitto di soli 1,9 €/m². Trieste, poi, in Friuli-Venezia Giulia, dove acquistare un immobile costa in media 1.565 €/m² e prenderlo in affitto 3 €/m², è la quinta 5 città italiana con il miglior rapporto tra prezzo d’acquisto e prezzo di affitto di un immobile da acquistarsi a fini di investimento. Tropea, a dispetto di altre località calabresi, è tra le prime 10 città italiane in cui investire conviene, 1.839 €/m² per chi acquista e 2,8 €/m² per chi affitta. Rimini, nota località estiva sulla costa adriatica, dati i prezzi di acquisto ma anche affitto decisamente più elevati, 2.486 €/m² e 3,4 €/m², occupa la tredicesima posizione. Infine, Pescara con un
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prezzo di acquisto e affitto rispettivamente di 1.307 €/m² e 1,9 €/ m², è la quindicesima città italiana con il maggiore ritorno sul capitale. Tra le città nell’entroterra che si rivelano essere promettenti per chi desidera investire in Italia vi sono Lecce, in seconda posizione, con un prezzo di acquisto e affitto rispettivamente di 1.211 €/m² e 2,5 €/m², seguita da Perugia e Urbino, dove acquistare un immobile ha un costo medio di 1.329 €/m² e 1.646 €/m² mentre affittarlo di 2,7 €/m² e 3,3 €/m² a notte. Asti, al settimo posto, e ancora Como al nono, sono anch’esse città in cui il rapporto tra prezzo di acquisto e prezzo di affitto è buono. Nella città piemontese si acquista a 1.384 €/m² e si affitta a 2,2 €/m² mentre nella famosa cittadina lombarda i prezzi sono più elevati: 2.250 €/m² e 3,4 €/m² a notte. Per Termoli e Bergamo, rispettivamente al 12esi-
mo e 14esimo posto in classifica, i prezzi di acquisto e affitto sono di 1.479 €/m² e 2.220 €/m² e 2,2 €/ m² e 3 €/m² a notte. Le grandi città di Roma e Milano si classificano rispettivamente in 18esima e 22esima posizione. Nella capitale acquistare ha un prezzo medio di 3.259 €/m² e affittare come casa vacanze 4,1 €/m², mentre a Milano i prezzi di acquisto sono più alti, 3.413 €/ m², ma quelli di affitto inferiori, 3,6 €/m². Infine, i prezzi per acquistare e affittare un immobile a fini di investimento a Firenze sono di 3.559 €/m² e 3,7 €/m². Le 10 città italiane con il minore ritorno sul capitale Tra le 10 città italiane dove acquistare per affittare conviene meno vi sono perlopiù località nell’entroterra e località sulla costa, una sola la grande città, Cagliari, anch’essa, però, sul mare. I prezzi di acquisto sono compresi tra i 2.098 €/m² di Cagliari e gli 11.485 €/m² di Capri,
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dove si affitta in media rispettivamente a 2 €/m² e 6,3 €/m² a notte. Tra le città nell’entroterra vi sono località particolarmente famose per il turismo invernale come Livigno e Courmayeur, ultima in classifica, e una località sul lago, Riva del Garda. Le rimanenti sono località sulla costa, alcune delle quali tra le più popolari, e talvolta esclusive, in alta stagione, quali Bibione, Rapallo, Porto Ferraio, Sorrento, San Felice Circeo e Capri. Ciò che accomuna queste località è una forte stagionalità nei mesi estivi, o invernali. Sebbene il prezzo di affitto sia talvolta elevato, non lo è a sufficienza per un buon ritorno sul capitale investito nell’acquisto di un immobile, almeno nel breve-medio periodo. L’acquisto di un immobile ai fini di investimento per alcune di queste località, dai prezzi di acquisto e di affitto entrambi elevati – specialmente come nel caso di Ca-
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pri, Sorrento e Livigno – infatti, può rivelarsi vincente a lungo termine. La popolarità delle località italiane: come varia durante l’anno - Valutando il proprio investimento può essere interessante tenere presente anche la popolarità della località in cui si vorrebbe investire e il suo variare durante l’anno. Le città italiane sono interessate da una stagionalità particolare che varia in base alla loro localizzazione sulla penisola e al tipo di turismo che le interessa. Le grandi città – come Roma, Milano, Napoli o Firenze – sono mete di viaggio popolari durante gran parte dell’anno il che le differenzia dalle località sulla costa. Mentre nelle prime la stagione turistica è più lunga, estendendosi dalla fine di marzo, o i primi di aprile, a fine ottobre, le località sulla costa – come Capri, Rapallo, Bibione o Porto Ferraio – si distinguono per una stagionalità decisamente più breve, ma molto alta, che corrisponde ai mesi estivi di giugno, luglio e agosto. Le località nell’entroterra – come Como, Rovereto o Matera – hanno un turismo simile a quella delle località sulla costa, con un picco estivo, ma una stagione turistica più lunga, simile a quella delle grandi città.
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Convegno nell’ambito di “All Routes Lead To Rome - Tutti gli itinerari portano a Roma”
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Puglia, una scoperta tutto l’anno
a Puglia ha partecipato come eccellenza del turismo sostenibile alla manifestazione “All Routes Lead to Rome”. Un convegno organizzato dalla Regione Puglia - Assessorato al Turismo in collaborazione con PugliaPromozione, che mira a promuovere i progetti di eccellenza della regione Puglia e a presentare le linee programmatiche dei fondi europei 2014-20. La Puglia è pronta a scommettere su un turismo sempre più in espansione caratterizzato da sostenibilità e cultura. Il patrimonio inestimabile di bellezze naturali e antiche vie di storia, cultura e pellegrinaggio diventano nuove occasioni di attrazione per turisti e cittadini. Da qui nasce “Puglia una scoperta tutto l’anno”, slogan del convegno che ha visto, al Palazzo Massimo Alle Terme, la Puglia protagonista all’interno di un evento di carattere nazionale, “All Routes Lead To Rome - Tutti gli itinerari portano a Roma” manifestazione dedicata agli itinerari di storia, cultura e spiritualità che attraversano l’Italia. Destagionalizzare l’offerta turisti-
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ca e diffondere l’immagine della Puglia come luogo ricco di stimolanti scoperte da vivere per tutto l’anno: sono questi gli intenti con progetti che valorizzano la cultura, l’arte e la spiritualità. Diversificare il turismo è la parola chiave con lo scopo di evidenziare la Puglia non più solo come meta per il turismo balneare. L’incontro ha visto un susseguirsi di interventi da parte di personalità istituzionali e relatori: Loredana Capone, assessore Industria Turistica e Culturale della Regione Puglia; Aldo Patruno, direttore Dipartimento turismo della Regione Puglia; Paolo Verri, commissario PugliaPromozione, Mauro Paolo Bruno, dirigente Sezione Economia della Cultura - Regione Puglia, con “Le esperienze dei progetti internazionali CultRoutes e CultTour”; Gabriella Belviso, dirigente del Servizio Sviluppo del Turismo - Regione Puglia con “Il nuovo Progetto di Eccellenza interregionale South Cultura Routes”; Carmela Antonino responsabile Progetti Speciali - Puglia Promozione con “La via Francigena nel progetto di eccellenza Monti Dauni”.
Nel pomeriggio ha avuto luogo un workshop dal titolo “Itinerari culturali e cammini di fede in Puglia”, durante il quale sono state raccontate le esperienze dirette di percorsi di mobilità dolce. Testimonianze reali di coloro che continuano a coltivare questo tipo di risorsa: Renzo Infante e Michele Del Giudice con “Le Vie Francigene in Puglia”; Vito Palumbo, Cosimo Chiffi e Pasquale Farina con “Lungo la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese”; Cosimo Durante con “Turismo sostenibile in Terra D’Arneo: percorsi d’arte, cultura e religiosità”; Giovanni Colonna e Danilo Zaia con “Appiedi: il cammino da Brindisi a Matera sulla direttrice della Via Appia”; Antonio Ferrante con “Le Vie dei dinosauri in Puglia”; Don Lucio Ciardo e Don Gionatan De Marco con “Il Parco Culturale Ecclesiale, Terre del Capo di Leuca - De Finibus Terrae”; Pietro Guerra, Mario Di Puppo e Pino Cosacco con “Il ruolo delle Pro Loco di Puglia nella valorizzazione della Via Francigena” e l’esperienza “Cammini di Puglia, nuova frontiera di turismo durevole” illustrata da Anna Trono.
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groalimentare
Rinnovata anche la Giunta
Confimi Industria Alimentare ha rinnovato le cariche: alla Presidenza Pietro Marcato
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a categoria Alimentare di Confimi Industria ha un nuovo Presidente eletto all’unanimità. È Pietro Marcato, già Vice Presidente Vicario sotto la gestione precedente di Riccardo Boscolo che ora è diventato il Vice di Marcato. Pietro Marcato classe 1959 è Amministratore delegato della Gagliano Marcati srl. L’azienda produttrice di distillati e liquori nel 2019 festeggerà il suo primo secolo di vita con la quarta generazione ormai presente in azienda; è inoltre Socio del Pastificio Temporin srl altra storica azienda veronese . Entrambe le aziende sono PMI famigliari di Sommacampagna in provincia di Verona. “Il mio incarico – ha spiegato Marcato – sarà in continuità con l’azione intrapresa da Boscolo”. E ancora “Sono tre le principali diret-
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trici sulle quali la nostra categoria lavorerà: aiutare le aziende associate nel percorso dell’internazionalizzazione; incrementare i servizi alle imprese della categoria su temi specifici del nostro settore; interagire attivamente con le istituzioni facendoci portavoce delle istanze del comparto alimentare e segnalare iniziative e proposte concrete concordate con i nostri territori”. “Sarà mia cura – ha concluso il neo presidente di Confimi Alimentare - valutare con attenzione le esigenze delle nostre imprese con l’obiettivo di crescere e di creare filiere in grado di presentarsi insieme sui mercati esteri”. Rinnovata anche la Giunta così costituita: il Presidente Pietro Marcato (territoriale Verona); il Vice Presidente Riccardo Boscolo dell’azienda Il Ceppo (Vicenza), Piero Gale-
otti dell’azienda Poggio del Farro (Toscana), Sebastiano Di Pietro dell’azienda Terre di Capopassero (Sicilia). La Giunta verrà successivamente ampliata da altri rappresentati territoriali.
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gricoltura
Servizi di trasporto e cassette per imballaggio i punti più “sensibili”
Coldiretti: la malavita fa lievitare i prezzi della frutta
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’ ortofrutta è sottopagata agli agricoltori su valori che non coprono neanche i costi di produzione, ma i prezzi moltiplicano fino al 300% dal campo alla tavola anche per effetto del controllo monopolistico dei mercati operato dalla malavita in certe realtà territoriali. È quanto afferma la Coldiretti nel commentare l’operazione della Dia sulle infiltrazioni della criminalità sul patto tra casalesi e clan Riina nel settore agroalimentare dove si stima che il volume d’affari complessivo annuale delle agromafie sia salito a 16 miliardi di euro, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi. I punti più sensibili per le infiltrazioni malavitose – sottolinea la Coldiretti - sono costituiti dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta da e per i mercati; dalle imprese dell’indotto (estorsioni indirette quali ad esempio l’imposizione di cassette per imballaggio); dalla falsificazione delle tracce di provenienza dell’ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: così, prodotti del Nord-Africa vengono spacciati per comuni-
tari); dal livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e commercializzazione, secondo la Direzione Nazionale Antimafia. Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno infatti la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale. Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura e racket estorsivo, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei
guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma - conclude Coldiretti - compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto.
Episodio verificatosi alla Camera
Il giallo degli oneri burocratici (prima del referendum)
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iccolo giallo verificatosi alla Camera: il giorno 9 novembre è stato approvato in commissione Bilancio e Finanze congiunte l’emendamento (a firma Schullian, SVP) il cui obiettivo era, in principio, quello di abbattere i costi della burocrazia così da fare in modo che gli agricoltori non fossero più tenuti a fare dichiarazioni Iva al di sotto dei 7.000 euro. E risparmiare sui costi delle pratiche in mano ai Caf di qualche organizzazione agricola, pari a circa qualche decina di milioni di euro. Un emendamento che ha assorbito anche quello Gagnarli (M5S) che, a fronte dell’innalzamento della soglia a 20.000 euro, chiedeva di mantenere la dichiarazione annuale e non più trimestrale. Ma il giorno seguente, N° 20 - 15 NOVEMBRE 2016
l’emendamento Schullian è stato modificato ed addirittura stravolto, destinando l’agevolazione solamente alle aree cosiddette montane. Ciò significa che se qualche organizzazione agricola guadagnava su questo onere burocratico attraverso i propri Caf sparsi sul territorio, quest’anno (poco prima del referendum) va a quadruplicare le proprie entrate. E se le stime per lo scorso anno parlavano di circa 40 milioni di euro destinati ai Caf, oggi la cifra viene moltiplicata per quattro ovviamente sulle spalle di chi lavora la terra. Eppure, negli scorsi anni, le stesse organizzazioni come Confagricoltura, Cia, Copagri ed il mondo della cooperazione si erano detti a favore dell’abbattimento dell’onere burocratico che, invece, adesso lievita notevolmente.
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gricoltura
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Esposizione Internazionale Macchine Agricole 2016
Eima di Bologna, il bilancio
uperficie espositiva (150mila mq) come al solito esaurita già in primavera e circa 1.900 espositori provenienti da oltre 40 paesi. Anche la 42esima edizione dell’Eima ha fatto registrare nuovi numeri record. Per fare posto alle circa 1.900 aziende partecipanti sono stati allestiti, oltre ai 18 padiglioni fissi del quartiere fieristico di Bologna, altri 7 padiglioni temporanei, mentre nei piazzali all’aperto sono state attrezzate alcune aree per le prove dimostrative. Con questo livello di partecipazione, l’esposizione delle macchine agricole ha avuto anche quest’anno un impatto molto significativo sulla citta di Bologna, sia in termini economici sia in termini logistici. Caratura internazionale La manifestazione ha confermato inoltre la sua caratura internazionale. Le industrie espositrici hanno rappresentato oltre 40 Paesi e operatori economici sono arrivati da 140 Paesi, con la partecipazione
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di 80 delegazioni estere ufficiali da 70 Paesi. L’Ufficio Internazionalizzazione di FederUnacoma – la federazione aderente a Confindustria che rappresenta le industrie costruttrici italiane e che è organizzatrice diretta della rassegna – ha elaborato in collaborazione con l’Ice Agenzia uno speciale programma per le delegazioni estere, che ha previsto gruppi di operato-
ri economici provenienti dall’area europea, dalle Americhe, dal continente africano, dall’area asiatica nonché dall’Australia. Il programma per i delegati ufficiali ha previsto un fitto calendario di incontri con le industrie espositrici, organizzati in base all’interesse specifico degli operatori per le diverse tipologie di prodotto. Per l’edizione di quest’anno, dato
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il maggior numero di delegazioni presenti (80 appunto contro le 60 ufficiali Ice del 2014, alle quali si aggiunsero le oltre 10 delegazioni organizzate fuori dal programma Ice) c’è stato un incremento degli incontri “B2B” programmati. A questi si sono aggiunti gli incontri d’affari realizzati dagli operatori esteri che hanno visitato singolarmente con una propria agenda di incontri presso gli stand e con la volontà di vedere direttamente quanto la tecnologia può offrire per ogni tipo di lavorazione agricola (circa 50mila i modelli che sono stati in mostra all’interno dei 14 settori di specializzazione e dei quattro Saloni tematici di Eima Componenti, Eima Green, Eima Energy ed Eima M.i.A). Respiro internazionale hanno avuto anche molti dei convegni organizzati nell’ambito della manifestazione, che si è aperta con un meeting internazionale dal titolo “Meccanizzazione agricola: la
nuova agenda europea”, organizzato da FederUnacoma in collaborazione con il comitato europeo dei costruttori Cema e con l’associazione mondiale dei costruttori Agrievolution, che ha visto la partecipazione di politici e rappresentanti delle istituzioni comunitarie. Altri convegni sono stati incentrati sugli scenari economici globali e alla nuova geografia dei mercati, sulle esperienze di cooperazione italoafricana nel campo della meccanica agricola, al progetto di cooN° 20 - 15 NOVEMBRE 2016
perazione con il Mozambico”Africa Hand Project”. Numerosi altri incontri hanno toccato temi relativi ai mercati esteri e allo sviluppo delle relazioni commerciali tra i Paesi. Ricerca e innovazione in primo piano Al di là del concorso Novità Tecni-
che, la ricerca e l’innovazione sono state al centro di numerose altre iniziative. Nelle giornate di sabato 12 e domenica 13 novembre si sono svolte le sessioni della XXVII edizione del Meeting del Club of Bologna, l’assise di esperti a livello mondiale che si è confrontata sulle nuove tendenze della ricerca nel campo della meccanica e che ha puntato l’attenzione sui nuovi indirizzi e sulle tecnologie specifiche per le diverse aree del mon-
do. Tra gli appuntamenti promossi a livello universitario citiamo il convegno sul tema “Tecnologie informatiche per diffondere l’innovazione in agricoltura: testimonianze dall’Europa”, organizzato da Università di Milano, Università di Torino e Cadir Lab srl; e sempre in tema di applicazioni informatiche ed elettroniche avanzate e tecnologie Isobus l’incontro promosso dalla Fondazione Aef, da FederUnacoma e Unacma. “Meccanica agraria oggi: le sfide della ricerca e della sperimentazione” è infine il titolo del seminario promosso dalla Terza Sezione dell’Associazione Italiana di Ingegneria Agraria Aiia che ha rappresentato l’occasione per una ricognizione ad ampio raggio sui progetti più avanzati in questo specifico settore della meccanica. Convegno su PSR Puglia organizzato da Foglie - Sabato 12 Novembre a Bologna presso la Fiera Internazionale della Meccanizzazione agricola Eima, Foglie ha organizzato un incontro sul nuovo PSR Puglia. L’evento è stato realizzato in collaborazione con due degli Studi Tecnici più attivi in Puglia, Studio Finagri e Vueffe Consulting, che hanno presentato i più importanti bandi attivi del PSR Puglia 2014-2020. Accanto a questi relatori sono stati coinvolti anche professori universitari come Biagio Bianchi (Uniba) e rappresentanti istituzionali come Marco Pezzini di FederUnacoma.
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ivaismo
Xylella fastidiosa: non demorde e avanza nel brindisino
Il vivaista monopolitano Capitanio: il Piano d’intervento è stato attuato solo per il 20% di Paola DILEO
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pprensione non stop per olivicoltori e vivaisti pugliesi. L’individuazione in area ostunese di un ulivo risultato positivo al batterio Xylella fastidiosa, ha fatto temere il peggio per la piana degli ulivi monumentali di Puglia. La tempestiva eradicazione della pianta, che a verifiche nell’areale, si è rivelata l’unica minaccia, ha per il momento, pacato gli animi giustificatamente in tilt. Sull’argomento abbiamo sentito Leonardo Capitanio, vivaista, nonché vicepresidente ANVE (Associazione Nazionale Vivaisti Esportatori) e consigliere del Distretto Florovivaistico di Puglia. Il recente abbattimento di un ulivo infetto a Rosa Marina, ad appena 30 km dal barese, è un segnale di avanzamento del batterio, o trattasi di un caso isolato? Purtroppo è una notizia che ci aspettavamo. Per fortuna è stato un caso isolato, risolto in poco tempo, ma per noi costituisce un segnale importante, e cioè che la diffusione del batterio non fa sconti e preme per espandersi. Pur essendo un caso isolato, confermato dalle analisi eseguite ad alcuni chilometri dall’ulivo in questione, non possia-
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mo stare tranquilli nemmeno dopo l’abbattimento, in quanto non sono esclusi altri contagi. Speriamo solo che la grande attività di monitoraggio avviata praticamente solo due mesi fa, consenta l’individuazione immediata dei nuove piante infette e porti alla loro immediata eradicazione. L’ esemplare di ulivo eradicato ad Ostuni apparteneva a quale varietà? Stando alle ricerche scientifiche recenti possiamo escludere la varietà “leccino”. Ad oggi si può ritenere che il piano regionale di contenimento del patogeno ha funzionato? O ci sono delle falle? Se si quali? Il piano non sta dando alcun risultato in quanto attuato solo in parte,forse nemmeno il 20% . Le difficoltà sono molteplici. Come si può chiedere ai proprietari dei terreni di investire in pratiche agricole se fino a ieri quelle stesse attività erano state sospese? Perché insostenibili rispetto al prezzo di vendita dei prodotti agricoli. Si chiede agli agricoltori di essere sempre più tutori del territorio ma senza alcun sostegno economico aggiuntivo. Inoltre, la necessità di abbattere le piante infette non è stata ancora compresa
dal territorio, preda della continua disinformazione e di una debole volontà politica. Purtroppo come in tanti altri casi, il nostro Paese paga a caro prezzo le emergenze perché i tempi di risoluzione si dilatano. Le buone pratiche agronomiche, la profilassi e il monitoraggio costante possono mantenere il fenomeno sotto controllo? Certamente si! Ma non devono essere intese come la ricetta unica alla soluzione del problema. Le buone pratiche possono contribuire a rallentarne la diffusione ma non sono la cura. Inoltre appare inverosimile l’idea di ripulire e controllare ogni centimetro quadrato del nostro territorio, incluso le aree a macchia mediterranea non coltivata, i canali, le lame, le fasce di dune costiere, i pascoli e i piccoli boschi. Ambienti favorevoli alla diffusione di qualunque tipo di patologia. Si può convivere con la batteriosi da xylella fastidiosa? Un tecnico riconosciuto potrebbe rispondere meglio di me a questa domanda. Ma penso che la convivenza con un batterio a così ampio spettro di azione, sia difficile. Anche se riuscissimo ad attenuare i sintomi su alcune varietà coltivate sul
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nostro territorio, è impensabile una soluzione efficace per ogni singola varietà dal notevole interesse economico e paesaggistico. Le recenti notizie sull’efficacia degli innesti di varietà “leccino” su olivo infetto da Xylella fastidiosa,in realtà non riguardano la guarigione delle piante ma solo una tollerabile convivenza. Allo stesso tempo non possiamo immaginare di trovare varietà tolleranti e innestabili su ogni specie a notevole interesse paesaggistico ed economico tra le 200 altre specie suscettibili al batterio. Il territorio oramai infetto sembra profondamente compromesso, possiamo intervenire affinché l’infezione non si propaghi nelle aree limitrofe. Detto ciò, per consentirne una convivenza senza pesanti restrizioni al sistema economico dovremmo pensare di convincere migliaia di tecnici e ricercatori di tutto il mondo che il batterio non sia così pericoloso da meritarsi la classificazione di “organismo da quarantena” con tutti gli effetti legali che ne conseguono (è assurdo!) Ci sono novità sul fronte della ricerca? Il progetto del Ministero dell’Agricoltura italiano di cui si è parlato qualche mese fa purtroppo non è più partito, probabilmente perché i fondi erano ristretti e le parti da coinvolgere erano tantissime. Difatti, contrariamente a quanto normalmente dovrebbe accadere, la volontà politica era quella di accontentare chiunque volesse fare ricerche su Xylella, senza alcuna direzione scientifica decisa da un comitato di esperti. Alla fine, nel caos, non se N° 20 - 15 NOVEMBRe 2016
ne è fatto nulla. Invece, sul fronte europeo, è stato aggiudicato il progetto finanziato con il fondo Horizon 2020 che vede come coordinatore il CNR-IPSP di Bari, a capo di 30 partner, tra i quali i maggiori istituti di ricerca italiani e le più importanti Università estere, dalla Francia alla Spagna, all’Inghilterra, al Costarica, al Brasile, oltre che a rappresentanze del mondo vivaistico italiano come la nostra Associazione Nazionale Vivaisti Esportatori (ANVE) e CI-VI Italia. Il settore vivaistico pugliese risente ancora e in che misura dell’allarme xylella fastidiosa? L’azione in autotutela dell’ANVE è stata determinante ai fini del dialogo interistituzionale? Prossime mosse? L’ ANVE da interlocutore preferenziale siede a tutti i tavoli istituzionali sull’argomento. Partecipiamo sia a livello regionale che ministeriale; siamo stati invitati a rappresentare il settore anche in Commissione Europea. Purtroppo per noi è difficile ottenere dei risultati importanti se gli enti nazionali non riescono a far rispettare le prescrizioni europee. Abbiamo avanzato una serie di proposte per alleviare i problemi che stiamo subendo, ma verranno prese in considerazione solo quando l’Italia dimostrerà di poter tenere seriamente sotto controllo il fenomeno. I vivai ubicati in area infetta hanno visto crollare i fatturati di circa il 50%, non potendo più coltivare o commercializzare molte delle piante suscettibili all’attacco del batterio Xylella fastidiosa, considerato che sono circa 200 le varie-
tà coinvolte al pari dell’ulivo, molte delle quali di rilevante importanza per il mercato come ad esempio rosmarini, lavande, oleandri e mirti. Anche i vivai di altre regioni italiane stanno subendo danni economici e di immagine non indifferenti sia a causa della scarsa fiducia nel sistema italiano da parte dei clienti esteri, sia per limitazioni al commercio imposti da alcuni paesi del bacino del mediterraneo. Per questi motivi continueremo la nostra attività di persuasione nelle sedi istituzionali affinché vengano applicate le regole comunitarie. Insisteremo nel dire che chiunque contrasti questa risoluzione dovrà assumersi la responsabilità di un enorme danno ambientale e di un’ ingente perdita per il sistema economico nazionale. Un monito da indirizzare a chi? Buona parte delle colpe di questa mancata risoluzione sono da attribuire al clima di profonda confusione che si è creato. Tutte queste incertezze sono generate da una poco chiara ed efficace comunicazione ufficiale da parte delle istituzioni scientifiche e politiche, che non sono riuscite a contrastare l’immensa azione di protesta generata da chi, a modo suo, pensa di difendere il territorio cercando le cause nei complotti. Andrebbe ristabilito un ordine tra chi è davvero in possesso di competenze scientifiche certificate, tali da poter stabilire tecnicamente se la strategia di lotta fitosanitaria è giusta o sbagliata, e chi invece si nutre di sensazioni e voci colte qua e là tra la gente e i social network.
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“I consumatori non vogliono essere più beffati”
Granosalus ribatte a Coldiretti: sarà l’ Antitrust a pronunciarsi sugli accordi di filiera
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oldiretti dovrebbe prendere coscienza che i consumatori non vogliono essere più beffati dagli spot o dagli slogan e che l’ etichettatura se racconta solo quello che interessa all’industria non apporta alcun beneficio alla salute pubblica. “I consumatori sono sovrani e vogliono sapere cosa c’è dentro la busta, non fuori”. “E solo noi di Granosalus gli daremo queste risposte, non di certo Coldiretti, che grazie al suo collateralismo ha ridotto in questi termini l’agricoltura italiana”. Lo ha dichiarato l’Associazione Granosalus dopo le risposte che il sindacato Colduretti ha pronunciato durante il sit in a Foggia. “Non solo Coldiretti è silente sul tema delle contaminazioni, ma continua ad ignorare che la dinamica dei prezzi internazionali del grano convenzionale rispetto ai prezzi nazionali dimostra una forte divergenza a danno del mercato italiano e dei
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consumatori che solo Granosalus segnalerà nei prossimi giorni all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, a tutela dei suoi associati e dei consumatori – dichiarano i rappresentanti dell’associazione Non abbiamo visto nessuna attività di tutela a favore dei produttori da parte di questi organismi sindacali che adesso fanno pure melina sulla data di partenza della CUN, conquistata dai movimenti agricoli per garantire più trasparenza al mercato. Invece, la Coldiretti, da un lato, diserta la commissione prezzi della camera di commercio di Foggia, dall’altro, si prodiga in direzione di un supporto alla stesura di accordi di fileira anticoncorrenziali. Un comportamento illegale, adoperato per cagionare un controllo dei prezzi all’ origine e delle materie prime da parte di alcuni primari pastifici, che Granosalus contrasterà in tutte le sedi. Le norme del diritto comunitario sulla concorrenza
vietano infatti la fissazione di prezzi minimi garantiti o di prezzi massimi, che sono esplicitamente previsti in queste forme di contrattazione. Frenare la corsa al rialzo del prezzo del grano ci sembra, infatti, un’attività fortemente anticompetitiva e aniticomunitaria. I sindacati non possono prestare il fianco a queste operazioni, né possono permettersi di affermare, all’ indomani della venuta del ministro a Foggia, che la CUN, commissione unica nazionale, istituita per restituire trasparenza al mercato, dovrà partire nel 2018. E’ inaccettabile – conclude “Granosalus” - dilatare i tempi per gli agricoltori e per i consumatori che esigono chiarezza sulla qualità tossicologica delle granaglie e dei contenuti di contaminanti nei derivati del grano, di cui la CUN dovrà tener conto! Senza un meccanismo trasparente ed equo è impossibile tutelare la salute della gente e l’economia italiana”.
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ED ALTRI PRODOTTI SPONTANEI
REGOLE E CONSIGLI PER LA RACCOLTA FUNGHI
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seguito delle numerose richieste di chiarimenti su come procedere con coloro che si introducono nelle proprietà altrui per procedere alla raccolta, amatoriale o professionale, di funghi ed altri prodotti spontanei della terra, il presidente di Confagricoltura Bari Michele Lace-
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nere , ha stilato un documento con normativa, riflessioni e conclusioni sull’argomento. Queste le sue considerazioni finali: “in definitiva, si deve concludere che, da un punto di vista strettamente legale, l’introdursi su fondi altrui ed asportarne qualunque cosa è un illecito sanzionabile e
perseguibile anche penalmente, e quindi chi si introduce nei terreni altrui per raccogliere frutti spontanei lo fa a proprio rischio. Se asporta tali frutti, asparagi, funghi, more o altro può essere, infatti, accusato di furto. Ove sorpreso sul fatto, può essere chiamato a restituire quanto ha raccolto, trattandosi di cose che appartengono al proprietario del fondo essendo stati, i funghi o altri prodotti, staccati dal suolo al quale erano intimamente legati. Il proprietario del fondo può, per evitare spiacevoli alterchi legati alla necessità d’imporre il proprio diritto, procedere alla delimitazione dello stesso con tabelle recanti l’esplicito divieto di raccolta non autorizzata dei prodotti spontanei sulla base di quanto disposto dall’articolo 821 del Codice Civile. L’apposizione delle tabelle non richiede particolari autorizzazioni ma è opportuno verificare, all’interno delle aree protette o delle aree di Rete Natura 2000, quanto disposto da eventuali regolamenti”.
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L’Ass. “U Paprazz “corre in aiuto con un corso e una mostra a tema
Funghi: la prudenza non è mai troppa! di Paola DILEO
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’è chi ama immergersi nella natura e vivere intensamente quei momenti di singolare evasione che la ricerca dei funghi riesce a regalare e, magari, preferisce donarli ad amici e parenti. C’è poi il fungaiolo incallito, spesso e volentieri un esigente gourmet, che non disdegna portare a tavola le più pregiate infiorescen-
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ze di bosco, per un menù a tema. Ma per l’intera categoria, senza distinzione fra esperti fai date e dilettanti alla prima uscita, il problema del riconoscimento delle varietà edibili, da quelle tossiche e velenose/ mortali, si ripropone ogni anno in tutta la sua evidenza. Un problema ambivalente riconducibile a chi con troppa superficialità, o viceversa con troppa
sicurezza, decide la commestibilità degli esemplari raccolti , sottovalutando i rischi a cui va incontro. Puntualmente ogni anno, nonostante il monito delle ASL ad usare massima prudenza, si registrano diversi casi di intossicazione e avvelenamento da funghi. Di qui l’interesse della neofita Ass. “U Paprazz” di Monopoli, a replicare nel pieno della stagione fungina 2016, una serie di iniziative volte ad accrescere il sapere sul complesso mondo dei funghi. “In caso di dubbio sul riconoscimento e sempre bene farli visionare dal personale addetto della ASL o da un professionista abilitato – ricorda il micologo Vito Giliberti - “. L’allestimento di una mostra micologica dal vivo, con 100 varietà (talune rare) e, a supporto , un corso per il conseguimento e rinnovo del patentino, hanno permesso a un vasto pubblico curioso e interessato, di approfondire la materia. “Il nostro intento – ha osservato Giliberti – è quello di educare alla identificazione delle varie specie, focalizzando l’attenzione proprio su quelle pericolose per l’uomo”. Nella lista nera stilata dal micologo monopolitano, rientrano la tanto temuta Amanita Phalloides, al seguito l’Amanita Verna, l’Amanita Virosa, il Cortinarius Speciosissimus, il Cortinarius Orellanus, la Galerina Marginata, il Lepiota Brunneoincarna, il Clitocybe Nebularis e tante altre. www.foglie.tv
A Sannicandro di Bari
Arysta Lifescience Italia per l’olivicoltura
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resso il Castello Normanno a Sannicandro di Bari, Arysta Lifescience Italia ha presentato le sue molteplici soluzioni in favore dell’olivicoltura davanti ad una numerosa platea di olivicoltori. L’occasione è stata propizia per presentare anche gli altri prodotti della gamma Arysta, partner ideale che fornisce ai produttori soluzioni adatte all’agricoltura moderna e alla “terra” , perché in fondo, l’abbiamo ricevuta in prestito e dobbiamo restituirla integra. La mission aziendale di Arysta è infatti da sempre: “Aiutare gli agricoltori a produrre bene nel rispetto dell’ambiente”. La sessione è stata aperta dal Dott. Alberto Albertini marketing manager Arysta Lifescience Italia che ha illustrato il posizionamento del fungicida Syllit 355 Sc su olivo, ciliegio e pesco mentre il Dott. Marco Rigato Area Manager Sud Italia ed Isole di Arysta Lifescience Italia ha introdotto la nuova linea Biosolution di Goemar, nello specifico Folical, Bm 86, Calibra e Mag 20. Goemar Bm 86 è un fisioattivatore naturale liquido che svolge una N° 20 - 15 NOVEMBRE 2016
attività di sintesi delle poliammine, per avere una fioritura uniforme e una ottima allegagione. Consentito in Agricoltura Biologica. Calibra Goemar è un concime Ce – Miscela di microelementi Manganese (Mn) (cloruro) e Zinco (Zn) (cloruro), Confezione: Tanica da 5 litri. Per quanto concerne Folical, la particolare concentrazione di fisioattivatori associata al calcio favorisce i processi di assorbimento e traslocazione dell’ elemento nella pianta. La formulazione del prodotto ( “calcio soft”) consente l’ applicazione su pomacee in anticipo rispetto agli altri formulati, garantendo l’ alta traslocazione dell’ elemento all’ interno del frutto ed assicurando l’assenza di fenomeni di fitotossicità. Gli studi Goemar hanno dimostrato una maggiore efficacia di Folical rispetto all’ applicazione del singolo elemento nutritivo nel contrastare fisiopatie legate alla carenza di calcio. Su drupacee il prodotto assicura maggiore consistenza del frutto e maggiore resistenza alle manipolazioni, inoltre, riduce il danno legato al “Cracking”. Il prodotto non lascia residui sul-
le colture per tale motivo ben si adatta all’ utilizzo su orticole. Infine Mag 20, soluzione di cloruro di magnesio. La particolare concentrazione di fisioattivatori naturali associata al magnesio, favorisce i processi fotosintetici, consentendo una ottimale attività fogliare.
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