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Agricoltura • Agroalimentare • Turismo RURALE
UNA MURAGLIA DI GIALLO
Dopo il successo del villaggio Coldiretti a Bari arriva quello dell’imprenditore andriese a New York
agricoltura
63% italiani con zappa in orti e giardini Boom cannabis in food and beverage agroalimentare
Le novita’ e i trend futuri del cibo
N° 9 • 15 MAGGIO 2018
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ditoriale
L’ OMBRA DELLA BREXIT SULLA PAC
15 MAGGIO 2018 - n.9 - Anno 13
Quindicinale di Agricoltura Agroalimentare Turismo RURALE
L Iscritto all’Albo Cooperative a Mutualità Prevalente N.A182952 Editrice
G.Ed.A. Giovani Editori Associati Soc. Coop. Via Alcide De Gasperi 11/13 - 70015 - Noci (BA) Direttore responsabile Vito Castellaneta Grafica e impaginazione G.Ed.A. Giovani Editori Associati Hanno collaborato Donato Fanelli, Antonio Resta, Rocco Resta, Nicola Trisolini, Paola Dileo, Nica Ruospo, Rino Pavone, Donatello Fanelli Pubblicità G.Ed.A Rino PAVONE r.pavone@foglie.tv 380 6328672 Stampa Grafica 080 - Modugno (BA) Registrato al Registro Nazionale della Stampa Tribunale di Bari N. 61/06 del 15/11/2006 www.foglie.tv redazione@foglie.tv 347 9040264 Iscritta al Registro Operatori Comunicazione ROC n.26041 TESTATA GIORNALISTICA ACCREDITATA
a Commissione Europea compensa il taglio del 5% ai fondi della PAC, previsto per il prossimo ciclo di bilancio, con un aumento degli investimenti nella ricerca sui temi dell’innovazione digitale a supporto della filiera agroalimentare. Si parla di 10 miliardi di euro destinati a ricerche sui temi dei Big Data in agricoltura, Agricoltura 4.0 e Tracciabilità di filiera: la ricerca dedicata al settore aumenterà da 6 miliardi di € di Horizon 2020, a 10 miliardi di € nel prossimo ciclo di bilancio. La notizia non placa le polemiche seguite “all’eredità” pesante della Brexit con Londra che non darà più il suo contributo e Bruxelles che è stata costretta a correre ai ripari per alimentare il suo budget da 1.279 miliardi “tagliando” anche all’agricoltura. “Sta diventando salato il conto della Brexit pagato dall’agricoltura e dall’agroalimentare ‘Made in Italy’ - dichiara Coldiretti - dall’ortofrutta ai formaggi la Brexit con la svalutazione della sterlina interessa 3,2 miliardi di esportazioni agroalimentari italiane in Gran Bretagna, con pesanti effetti proprio su settori fondamentali del Made in Italy già colpiti duramente dall’embargo russo. Bisogna evitare che la Brexit incida anche sul futuro della Politica Agricola Comune, considerato che la proposta
della Commissione Ue sul primo bilancio pluriennale dopo l’uscita della Gran Bretagna prevede una riduzione complessiva per le spese di Politica Agricola Comune (PAC) che ammonta al 9,5% a prezzi correnti”. MIPAAF - La partita di Governo si gioca anche sul piano agricolo con entrambe le forze politiche (Lega e 5Stelle) molto interessate al comparto considerato strategico per il rilancio del Paese. Da informazioni ricevute a “Foglie” risulta che il Mipaaf avrà un ministro della Lega, un viceministro M5S con delega agli enti e due sottosegretari, di entrambe le forze politiche. Per quanto riguarda la Lega la poltrona è contesa tra Barbara Saltamartini (già consigliere relazioni istituzionali di Alemanno) e Gian Marco Centinaio, attuale capogruppo al Senato. Improbabile che il posto vada a Zaia già “impegnato” con il Veneto, poche chanche anche per l’istituzione di un Ministero del Cibo, come era stato auspicato da più soggetti nelle ultime settimane. Come priorità la Lega vuole risolvere la questione quote latte, i cui crediti il governo dovrà riscuotere dagli allevatori come richiesto dall’Unione europea, e i pagamenti Agea. Il Movimento Cinque stelle, oltre ad Agea, vuole mettere il naso sulla gestione degli Enti vigilati.
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ommario
5 editoriale
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PAC L’ ombra della Brexit
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“CAPORALATO INVISIBILE” Focus a Bari
20 monopoli
Elezioni:l’agricoltura nei piani dei 5stelle
24 FUTURO DEL GRANO
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Boom della “zappa hobbystica”
14 OLIO EXTRAVERGINE PUGLIA Nuovo Igp per nuova campagna
Una serata alla corte di Federico II
22 CANNABIS
Cresce uso nel food and beverage
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26 vino
Il clima ne cambierà la “geografia”
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rassegna stampa
22 il sapore della temperatura Come influisce sulla percezione del gusto
LA CARICA DEI 600MILA Al Villaggio Coldiretti di Bari
13 63% ITALIANI IN ORTI E GIARDINI
18 GASTRONOMIA TIPICA MEDIEVALe
Protagonista a Taranto
AGRICOLTURA
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PALMA D’ORO ALL’OLIO PUGLIESE L’Antico Frantoio Muraglia gran protagonista
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Le novità e i trend futuri del cibo
turismo rurale
28 la sardegna Nell’immaginario degli italiani
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OCCORRE CAMBIO DI PASSO DELLA POLITICA
IN 600MILA AL VILLAGGIO COLDIRETTI A BARI
ltre seicentomila persone hanno visitato il villaggio contadino che ha portato su Piazza del Ferrarese e sul Lungomare Imperatore Augusto un chilometro e mezzo di mercato, cibo di strada contadino ed esposizioni ad hoc, dove è stato possibile acquistare direttamente dagli agricoltori, le eccellenze del made in Italy, ma anche gustare piatti di altissima qualità con i menu preparati dagli agrichef di Campagna Amica a prezzi popolari, per dare a tutti la possibilità di vivere un giorno da gourmet. E’ il bilancio di Coldiretti Puglia, confermato dalla Questura, che porta a casa anche importanti risultati politici, con l’impegno chiaro e dichiarato di un cambio di passo deciso della politica, soprattutto sul fronte della gestione del PSR Puglia. “Nessun tecnicismo deve frenare il coraggio e l’energia di migliaia di giovani che hanno scelto di investire in agricoltura” ha affermato il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, al Villaggio di Bari nel sottolineare che “si tratta di una risorsa strategica per un Paese che deve tornare a crescere. Un percorso - ha aggiunto Moncalvo - che deve essere ac-
compagnato da una decisa svolta verso la semplificazione con la sussidiarietà tra pubblico e privato”. Le priorità nella gestione delle risorse non possono che essere i giovani e gli investimenti, per cui i tempi delle imprese non sono quelli della burocrazia - secondo Coldiretti Puglia - che riconosce la volontà espressa nei fatti dal
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Presidente Emiliano di recuperare il gap burocratico superabile dalla rimodulazione del PSR che porterà nuove risorse ai giovani e ai progetti di investimento e dalla piena applicazione della semplificazione amministrativa, attraverso la delibera di applicazione dei ‘SuperCAA’. Certo la ‘giocata’ dei GAL è fatta, ma il Presidente Emiliano, ha concluso il Presidente Cantele, “ha promesso alle migliaia di giovani presenti al villaggio coldiretti a Bari di chiedere con educazione e non con prepotenza’ di rivedere alcuni passaggi, visto che già in passato i GAL non sono riusciti a spendere oltre 50 milioni di euro”. Nella tre giorni sono state raccolte anche le firme per la campagna #stopcibofalso per chiedere alla UE l’etichettatura d’origine su tutti i prodotti alimentari. Curiosità e folla di visitatori anche per il primo “Open day dell’agricoltura” con le storie, i volti e le idee dei giovani che hanno trovato nei campi un lavoro e un progetto di vita. Visitatori in Puglia da ogni parte d’Italia, ma anche dalla Francia, dalla Gran Bretagna, dalla Germania e dalla Spagna hanno affollato le due ali di stand con centinaia di prodotti tipici, assaggiando succhi di bergamotto, salumi, formaggi, dolci, biscotti, facendo acquisti e mangiando specialità del
Made in Italy al 100%. La palma di piatto più apprezzato – spiega Coldiretti – se la sono spartita ex aequo la patata fritta di Galatina, il tipico panino con il polpo ai ferri, il pesce fritto e crudo e le orecchiette con le cime di rapa e poi le fragole del Metaponto. Subito a ruota i gustosi secondi della braceria, tra hamburger italiani di carne di manzo e di maiale, bistecchine e galletti, tutto certificato Made in Italy. Grande entusiasmo anche per la pasta 100% di grano duro italiano al pomodoro, con funghi cardoncelli e all’amatriciana, per la popizza con un impasto fritto dolce di farina e acqua.Successo si è registrato anche per gli acquisti dei prodotti esposti nei vari stand con formaggi tipici come caciocavallo di grotta, mozzarelle, erborinati e ricotte, salumi, prodotti ortofrutticoli e conserve andate a ruba che hanno costretto i produttori di Campagna Amica a doversi rifornire anche più volte al giorno.
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L’Antico Frantoio Muraglia gran protagonista
PALMA D’ORO A NEW YORK A 4 OLI PUGLIESI
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alma d’oro alla Puglia ed in particolare alle province di Bari e BAT per la migliore produzione di olio extravergine di oliva dell’anno al NYIOOC, che si tiene ogni aprile a New York, il più grande e prestigioso concorso di olio d’oliva al mondo, organizzato dalla testata Olive Oil Times, da cui viene stilato l’elenco annuale dei vincitori, considerato come la guida autorevole per l’anno dei migliori oli extravergine d’oliva al mondo. Ad aggiudicarsi la medaglia d’oro due oli della Cooperativa della riforma fondiaria di Palo del Colle che dal 1992 è titolare del brand “PALADINO”, l’olio extravergine di oliva monocultivar Coratino che si distingue per la sua forte personalità per la grande presenza di aromi e l’olio extravergine risultato di un blend ottenuto dalla combinazione molto piacevole e particolare di varietà di olive Coratina e Ogliarola. Da Palo del Colle il NYIOOC si è spostato ad Andria, riconoscendo la medaglia d’oro all’olio extravergine di oliva “DENOCCIOLATO” dell’Antico Frantoio Muraglia, ottenuto da olive Coratina pressate a freddo, grazie ad una tecnologia innovativa che preliminarmente separa i pozzi dalla drupa per macina-
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re solo la polpa d’olivo. La composizione chimica, e il profilo nutrizionale e sensoriale dell’olio ottenuto da questa polpa è eccellente, fornendo all’olio un alto contenuto di polifenoli. Altra medaglia d’oro se l’è aggiudicata Guglielmi di Andria con l’olio extravergine di oliva ‘GUGLIELMI DAL 1954’ dalla varietà Coratina, intensamente fruttato con note piacevolmente amare e piccanti. Il suo sapore è in perfetta armonia con il suo ricco odore vegetale. Ha un retrogusto erbaceo di pomodori, mandorle e carciofi. La medaglia d’argento è stata assegna all’olio extravergine di oliva ‘ESSENZA’ fruttato intenso dell’Antico Frantoio Muraglia. “E’ la migliore risposta della Puglia olivicola che produce oltre il 50% dell’olio extravergine made in Italy – dichiara Gianni Cantele, Presidente di Coldiretti Puglia – alle vignette di Nicholas Blechman del New York Times dal titolo “Il suicidio dell’extravergine - l’adulterazione dell’olio di oliva italiano” che nel 2014 illustrò con una serie di 15 disegni la produzione nazionale di extravergine come un covo di truffatori che importano olio dall’estero da adulterare e miscelare con quello nostrano per, poi,
spacciarlo come Made in Italy”. Sotto il pressing di Coldiretti durato anni è stata approvata legge “salva olio Made in italy”, un risultato straordinariamente importante “raggiunto nonostante le tante ‘insidie’ di quanti – italiani e pugliesi - intendevano, senza esserci riusciti, ostacolare il percorso di trasparenza e legalità che il comparto olivicolo-oleario aspettava da anni. In Puglia si produce olio extravergine di oliva di inestimabile qualità che va protetto “contro politiche dissennate e ‘piccoli chimici’ che ne minano l’immagine”, ha concluso Cantele.
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La filiera agroalimentare e le sfide dei prossimi anni
LE NOVITA’ E I TREND FUTURI DEL CIBO
o stile dei consumi degli italiani, mutato anche a causa della crisi economica, si dirige verso il wellness, quindi verso benessere e food safety, accompagnato però dalla voglia di sperimentare nuovi gusti e sapori e dalla ricerca di gratificazioni personali. Questo è quanto emerso nel corso del convegno di IRI (Information Resourches Inc.), “Le Nuove Frontiere del Food”, tenutosi a Cibus. Il convegno ha evidenziato che l’alimentare si è imposto come elemento trainante dei consumi nella Grande Distribuzione: per ogni 100 euro spesi in prodotti confezionati di largo consumo in Gdo, oltre 68 sono destinati ad alimenti e bevande. Tra le macro categorie più richieste figurano: gelati e surgelati; freschi confezionati; drogherie e alimentari; bevande; ortofrutta confezionata. Il convegno ha sottolineato che il futuro del cibo passa anche attraverso cambiamenti nei comparti dell’allevamento e dell’agricoltura: dagli allevamenti sostenibili (animal welfare e zootecnia di precisione) alle proteine
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vegetali, dalle tecnologie idroponiche in agricoltura a LED e modulazioni di variabili come temperatura e umidità per portare i prodotti freschi in città grazie alla coltivazione verticale. I progressi del settore alimentare italiano dovranno essere difesi tramite un’attenta e corretta etichettatura dei prodotti e dal proliferare di fake news. Il tema delle etichette alimentari è stato al centro del convegno “Etichette alimentari nel caos: dai campioni nazionali a regole condivise in Europa”, organizzato da Agrisole, il quotidiano digitale del settore agroalimentare del Sole 24 Ore, e tenutosi nell’area talk di Cibus Innovation Corner (promosso dal Gruppo Food). Sono state presentate le ultime novità legislative sull’asse Roma-Bruxelles (con regole nazionali che spesso hanno anticipato quelle comunitarie) e le sovrapposizioni che a volte si sono venute a creare tra misure relative all’ambito della Salute e quelle invece legate alle Politiche agricole. Bruxelles, dopo il recente regolamento sull’indicazione in etichetta dell’ingrediente principale, sta valutando l’op-
portunità di varare regole nuove e ha invitato i protagonisti della filiera a individuare una posizione comune. Le fake news alimentari danneggiano sia i consumatori sia le aziende alimentari, come è stato sottolineato dai Giovani di Federalimentare, che hanno presentato a Cibus l’Osservatorio Alimentare, una piattaforma web per la corretta informazione alimentare. Collegandosi al sito Osservatorioalimentare.it, sarà possibile segnalare o chiedere informazioni su fake news sospette, che saranno analizzate da un team di esperti. Per sostenere e valorizzare il Made in Italy alimentare, la Coldiretti e alcune industrie alimentari italiane hanno dato vita a “Filiera Italia”, una nuova realtà associativa che difende i valori comuni dell’identità territoriale e il “saper fare” nazionale. Federalimentare ha tenuto a Cibus la sua Assemblea Nazionale annunciando che il fatturato delle industrie alimentari per il 2018 punta a 140 miliardi di euro, con un export lanciato verso i 34 miliardi, come ha sottolineato Luigi Scordamaglia, Presidente di
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Federalimentare. Federalimentare ha organizzato anche un incontro sul tema degli sprechi alimentari, cui ha partecipato l’eurodeputata Simona Bonafè, che ha spiegato come nella legislazione europea sia stato inserito per la prima volta un pacchetto sull’Economia Circolare per contrastare lo spreco alimentare e incentivare la donazione delle eccedenze. Confagricoltura ha presentato l’associazione per i progetti dell’agro industria “Agronetwork”, costituita da diverse imprese alimentari, vari centri di ricerca, e Confagricoltura stessa; una piattaforma per accelerare i processi innovativi e promuovere le nostre eccellenze all’estero. Il tema dei novel food è stato affrontato con il contributo di figure di spicco del mondo scientifico nel workshop di Confconsumatori che ha illustrato le frontiere della ricerca sui nuovi cibi, come i cibi a base di insetti e la carne coltivata. Confermando tutte le attese, alla diciannovesima edizione di Cibus hanno partecipato 3.100 aziende alimentari che hanno presentato una grande quantità di prodotti nuovi (oltre 1.300) a circa 82 mila visitatori. Presente tutta la filiera, dal campo al supermercato, con gli stand delle associazioni rappresentative del mondo agricolo e tante insegne della Grande distribuzione, italiana ed estera. Un risultato raggiunto grazie alla collaborazione dinamica tra N° 9 - 15 maggio 2018
Fiere di Parma e Federalimentare, con il sostegno di ICE-Agenzia e il contributo fattivo delle Regioni. “La soddisfazione delle aziende per questa edizione di Cibus è tangibile e prospettica – ha dichiarato Antonio Cellie, CEO di Fiere di Parma – perché conferma le enormi potenzialità, fortunatamente ancora inespresse, del Made in Italy alimentare. Da un lato, i buyer di tutto il mondo non vedono l’ora di tornare a Parma per continuare a manutenere e rinnovare i propri assortimenti, dall’altra le nostre imprese sono altrettanto impazienti di proporre loro nuove e continue soluzioni per far mangiare sempre meglio i consumatori
internazionali”. All’evento ha preso parte anche Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, che ha detto: “Sta nascendo una nuova generazione di gastronomi, che deve essere consapevole che il cibo nasce nella terra e non in cucina. E come tale deve essere studiato, trasformato, offerto e raccontato. Prima di tutto occorre conoscere i territori, poi studiare le tecniche, più naturali possibili, di coltivazione, allevamento e pesca. Seguono le tecniche di conservazione e trasformazione in cucina, infine la narrazione al cliente finale. Il tutto permeato dalla Storia, la tradizione e la cultura che provengono dai territori d’Italia”.
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1,2 mln di hobby farmers in piccole aziende agricole
63% ITALIANI CON ZAPPA IN ORTI E GIARDINI
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on più di sei italiani su dieci (63%) che con la zappa in mano dedicano parte del tempo libero alla cura di verdure, ortaggi, di piante e fiori in vaso o nella terra, cresce il popolo degli hobby farmers negli orti, nei giardini e anche su balconi e terrazzi. Se in passato erano soprattutto i più anziani a dedicarsi alla coltivazione dell’orto, memori spesso di un tempo vissuto in campagna, adesso la passione si sta diffondendo anche tra i più giovani e tra persone completamente a digiuno di tecniche di coltivazione. Un bisogno di conoscenza che è stato colmato con il passaparola e con le pubblicazioni specializzate, ma che ora ha favorito la nascita della nuova figura del tutor dell’orto con gli italiani che si dedicano al lavoro della terra in proprietà private, ma anche nei terreni pubblici o nelle aziende agricole con un comune denominatore che è la passione per il lavoro all’aria aperta, la voglia di vedere crescere qualche cosa di proprio, il gusto di mangiare od offrire a familiari e amici prodotti freschi, genuini e di stagione, ma anche in alcuni casi di risparmiare senza rinunciare alla qualità. Si tratta peraltro di un interesse che ha una diffusione trasversale tra uomini e donne, fasce di età e territori di residenza anche se dall’analisi emerge una percentuale piu’ alta tra i giovani rispetto agli anziani e tra le donne rispetto agli uomini. Accanto a chi esprime la propria passione in orti e giardini ci sono anche ben un milione e 200mila italiani maggiorenni
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di Rino PAVONE
che non si accontentano e coltivano almeno un ettaro di terreno a uso familiare o per avere un piccolo reddito integrativo e si possono definire veri e propri agricoltori hobbisti secondo Nomisma. Si tratta in larga maggioranza di famiglie che hanno ereditato aziende o pezzi di terreno da genitori e parenti dei quali hanno voluto mantenere la proprietà per esercitarsi nel ruolo di coltivatori e allevatori, piuttosto che venderli come accadeva spesso nel passato. Ma ci sono anche tanti che hanno acquistato terreni o piccole aziende agricole anche in aree svantaggiate per ristrutturarle e avviare piccole attività produttive, dall’olio al vino, dall’allevamento delle galline a
no prodotti di qualità. Da Sting alla Nannini, da Zucchero ad Al Bano, da Bocelli, a Ferragamo, da Cavalli a Renzo Rosso, da Illy ai Moratti, da Jarno Trulli a Andrea Pirlo, da Andrea Barzagli ad Alberto Malesani, da Francesco Moser a Massimo D’Alema fino a Renato Brunetta e Bruno Vespa sono solo alcuni dei nomi famosi che hanno investito tempo e denaro in aziende agricole. Il boom degli hobby farmers ha importanti effetti sul mercato e sull’occupazione. Secondo i dati diffusi da Comagarden le vendite di macchine per il giardinaggio nel 2017 hanno registrato un incremento delle vendite del 7,3% per i trattorini e addirittura del 18,5% per i rasaerba
quello dei cavalli. Una passione che ha contagiato anche Vip dagli attori ai cantanti, dai politici ai giornalisti, dagli sportivi agli stilisti fino ai grandi imprenditori che in molti casi si esercitano in vere e proprie attività imprenditoriali con aziende agricole all’avanguardia che producono e vendo-
robotizzati. Per non parlare delle serre e dei vivai dove gli italiani a inizio stagione vanno a rifornirsi di piante e fiori grazie ad un settore che in Italia vale complessivamente oltre 2,5 miliardi di euro e conta 100mila addetti in 27mila aziende impegnate nella coltivazione di oltre 2.000 specie vegetali.
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PER NUOVA CAMPAGNA
NUOVA IGP PER “OLIO EXTRAVERGINE PUGLIA” UGUALE PIù TUTELA di Rino PAVONE
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elle more della formalizzazione da parte dell’UE, già dalla prossima campagna in regime transitorio l’IGP Olio Extravergine di Puglia sarà sul mercato, per una maggiore tutela del prodotto simbolo della dieta mediterranea, patrimonio Made in Italy, e della Puglia, la regione più olivicola d’Europa. La notizia è stata annunciata da Pantaleo Piccinno, Presidente dell’Associazione per la tutela e la valorizzazione dell’olio extravergine di oliva di Puglia, promotrice della IGP, in occasione del CIBUS a Parma. “Abbiamo risposto alla storica carenza di programmazione e di un vero sistema di filiera ha riproposto all’attenzione
dell’opinione pubblica un paradosso tutto pugliese, ovvero forti nella produzione, deboli sul mercato, un assioma per nulla decifrabile e comprensibile che la dice lunga sulla complessità del sistema produttivo indebolito da avventurieri e speculatori”, ha detto Piccinno. E’ opinione diffusa che estendere i controlli alla tracciabilità significa ledere “gli interessi delle lobby e delle multinazionali che grazie alle ormai note operazioni di “chirurgia chimica” – ha aggiunto Piccinno - riescono a mantenere le loro quote di mercato disattendendo tutte le regole e le norme comunitarie in vigore. Queste situazioni hanno reso l’olio d’oliva uno dei prodotti più coinvolti nell’universo
delle frodi alimentari”. Il marchio ‘IGP Olio di Puglia’ sarà ben riconoscibile per il logo distintivo ripreso da un’antica moneta romana che simboleggia l’unità della regione Puglia ed il suo legame storico con la coltivazione dell’olivo. “E’ un’importante opportunità, da tempo sollecitata dal territorio e su cui sono riposte notevoli aspettative”, ha sottolineatoDavid Granieri, presidente nazionale di UNAPROL. “Si tratta di un progetto di valorizzazione che, come dimostra il disciplinare, punta decisamente sulla qualità e sulla distintività – ha aggiunto Granieri - in una regione che fornisce circa il 50% dell’olio italiano”.
Alla riscoperta dell’antico mestiere
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Una giornata con il pastore
o scorso 5 maggio il Centro Ricerche Biodiversità (Ce.R.B.) e l’Associazione di Promozione Sociale Polyxena hanno organizzato “Una giornata col pastore”. Le porte della Masseria Tre fratelli - Corte Cicero si sono aperte per una mattinata alla scoperta dell’antico ed affascinante mestiere del pastore: un’esperienza fuori dal tempo,
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da vivere con tutta la famiglia. Si è avuto modo di osservare da vicino gli animali, conoscere storie e aneddoti di questo affascinante lavoro, apprendere in prima persona l’arte della mungitura e della lavorazione del latte, ammirare la biodiversità lungo i sentieri del Parco Nazionale Alta Murgia e degustare, al termine delle attività, la “Colazione del pastore”.
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CRIMINALITA’ NELLE CAMPAGNE
A BARI FOCUS SU ‘CAPORALATO INVISIBILE’
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alle conserve di pomodoro cinesi all’olio, dall’ortofrutta sudamericana e quella africana in vendita nei supermercati fino ai fiori del Kenya, quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero non rispetta le normative in materia di tutela dei lavoratori – a partire da quella sul caporalato – vigenti nel nostro Paese. E’ quanto è emerso nel corso del workshop organizzato da Coldiretti a Bari, coordinato da Andrea Baldanza, consigliere della Corte dei Conti. Si stima che siano coltivati o allevati all’estero oltre il 30% dei prodotti agroalimentari consumati in Italia, con un deciso aumento negli ultimi decenni delle importazioni da paesi extracomunitari dove non valgono gli stessi diritti sociali dell’Unione Europea. Non è accettabile che alle importazioni sia consentito di aggirare le norme previste in Italia dalla legge nazionale sul caporalato ed è necessario, invece, che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo e solidale. ‘Caporalato invisibile’ e agromafie risultano le due facce della stessa medaglia.
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“Il contraffattore è un parassita rispetto a chi ha prodotto l’originale – ha detto Gian Carlo Caselli, Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare di Coldirettii - ciò significa che il contraffattore fa sempre un bilancio costi-benefici, da qui si origina la mafia”. “L’esigenza di una norma contro la tratta degli esseri umani è forte – ha detto l’ex Procuratore di Lecce, Cataldo Motta – perché diminuirebbe il delinquere sia a livello di caporalato che di delinquenza comune. Rispetto alla legge sul caporalato, merita un intervento modificatorio, perché contiene alcune parti che non risultano perfettamente applicabili”. I furti di olive, mandorle, rame e mezzi agricoli, fenomeni estorsivi con il taglio dei ceppi di uva sono all’ordine del
giorno: in questo scenario le aziende corrono il forte rischio di perdere competitività. Per questo abbiamo richiesto da tempo che il territorio sia maggiormente presidiato anche con l’intervento dell’Esercito – fa sapere Coldiretti Puglia – auspicando una collaborazione più stringente con i Consorzi nella vigilanza delle campagne, auspicando che non si interrompa il percorso già intrapreso di accorpamento dei Consorzi minori al fine di incrementare ed ottimizzare il servizio di vigilanza campestre reso all’utenza e un coordinamento delle attività di presidio e vigilanza tra le forze dell’ordine e la Federazione regionale dei Consorzi di Vigilanza campestre che annovera 2 consorzi a Taranto, 1 a Brindisi, 4 a Lecce, 12 a Foggia, 8 nella BAT e 30 a Bari”.
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Con tanto di musici, figuranti, mangiafuoco e gastronomia tipica medievale
Una serata alla corte di Federico II, sulle tracce della storia fasanese e pugliese di Paola DILEO
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lla mensa di Federico II”: una rievocazione storica degna di sua maestà, “stupor mundi”, quella organizzata lo scorso 11 maggio dall’Istituto Alberghiero “G. Salvemini” di Fasano. Eh, fra lo stupore e la meraviglia di oltre 400 partecipanti, l’intera comunità scolastica del “G. Salmeni”, presieduta dalla tenace prof. Rosanna Cirasino, ha dato seguito ad una rilettura della storia medievale, in chiave gastronomica, culturale e musicale. Un progetto didattico – educativo al termine del corrente anno scolastico. “La scelta dell’imperatore
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Federico II non è stata casuale – ha sottolineato la preside – perché con inventiva e lungimiranza seppe dialogare con tutte le culture, dimostrando che la tolleranza e la serena collaborazione tra i popoli, possono portare alla bellezza e alla prosperità. Una figura emblematica di unità e pace che ha caricato di significati e valori la coscienza dei nostri ragazzi”. A fare da quinta ai numerosi figuranti in costumi medievali, l’imponente Masseria Maccarone in agro fasanese – con caseggiati del XVI e XVIII sec. - evocativa di un passato lontano “certamente
non quello della Fasano romanica, del periodo normanno, quindi delle crociate e degli ordini cavallereschi – ha precisato nel suo intervento lo storico Nicola Racanelli - . Un periodo in cui la nostra regione diventa la Terra Santa d’Occidente, dopo la riconquista di Gerusalemme da parte di Saladino (1187 d.C.). La Puglia doveva alimentare le truppe crociate, fornire vettovaglie, cavalli e quant’altro, affinché potessero continuare a combattere”. Una funzione di sostegno strategico che si esaurisce nel 1291 d. C. con la disfatta dei crociati a S. Giovanni d’Acri: i tem-
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plari e i giovanniti vengono ricacciati con un cambio della destinazione d’uso delle masserie lungo tutta la costa pugliese.”Oggi però è doveroso riabilitare la storia di questi ordini cavallereschi – ha spiegato lo storico Racanelli – perché i templari e i giovanniti non erano solo i pretoriani del Papa, i combattenti, ma erano anche contadini. Sono stati loro gli artefici di quell’innesto agricolo nella nostra terra. Quella tradizione agricola che abbiamo portato ad esaltare, con eccellenze gastronomiche in tutto il mondo”. Ma sulla culinaria alla corte federiciana si è piacevolmente soffermato il gastronomo, giornalista Sandro Romano che ha premesso:”Il cibo era ostentazione della ricchezza, quindi il banchetto di corte era opulento, all’insegna di tante portate, mentre i poveri ahimè, facevano la fame. Per loro solo legumi e cereali , quest’ultimi anche presenti sulla tavola dei cortigiani ma solo per adornare l’arrosto, piatto principale”. Un’abbondanza a quanto pare scriteriata: per esempio, delle spezie, se ne faceva un uso smodato , alterando rovinosamente i sapori. Un aspetto trascurabile, se si considera che allora un pugno di cannella, noce moscata o cardamomo, costava quanto un bue o un cavallo. Sulle tracce di queste consuetudini, la rivelazione culminante della serata , è stata il banchetto, sontuoso come quello federiciano, frutto della professionalità e creatività dell’Istituto Alberghiero di Fasano: piatti a base vegetale dell’Italia medievale, meridionale, “che facevano un gran bene” , come riportano fonti storiche; ma anche a base di selvaggina, come uccelletti, colombacci e lepri, tanto graditi a Federico II. Ai commensali , oltre 400, non è dispiaciuto flirtare con piatti intriganti ma al tempo stesso gustosi, come cavolo verde secondo l’uso dell’imperatore (cavolo,carne e contorno di finocchio), funghi selvatici, sfoglia di foglie minute, scapece, fave secche infrante e cipolla, ciceri e tria, gallina piena, maiale arrosto, pasticcio di lepre, civet di uccelli selvatici, biancomangiare, frittelle dell’Imperatore il Magnifico. Immancabili i dolci: torta balconata (con mandorle, uva passa, noci, datteri e chiodi di garofano), pasticcio di pere; a corredo biscotti speziati, mostaccioli, scorzette e confetti. Il tutto accompagnato da vino speziato. N° 9 - 15 maggio 2018
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“Monopoli agricola” per il candidato sindaco “Movimento 5 Stelle”
“Agricoltura dimenticata da trasformare in risorsa” di Paola DILEO
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opo un trionfo inatteso alle ultime politiche, oltre le più rosee aspettative, il Movimento 5 Stelle di Monopoli concorrerà alle prossime Elezioni Amministrative , in programma il 10 giugno. L’associazione pentastellata che ha ottenuto l’agognata certificazione dai vertici nazionali, s’identifica nel candidato sindaco, dott. Bartolo Allegrini (medico chirurgo Omeopata e Omotossicologo, nonché direttore scientifico del centro monopolitano di Medicina Biologica Medibio ed organizzatore di seminari, eventi formativi olistici). Al dott. Allegrini chiediamo: Che ruolo ha l’agricoltura e lo sviluppo rurale nel programma politico del Movimento 5 stelle? è uno dei capisaldi del nostro programma, al centro di una visione più ampia, sia come tutela dell’ambiente che dell’individuo. Siamo per un sistema agricolo moderno, di tipo biologico e biodinamico. Quindi l’agricoltura come risorsa , perché nel nostro caso, abbiamo un territorio con grosse potenzialità agricole,penso all’olivicoltura, all’orticoltura, che rappresentano un patrimonio da tutelare e valorizzare insieme naturalmente alla pesca. L’agricoltura sarà quindi sostenuta nell’ambito di un progetto di economia circolare, con un occhio particolare alla green economy e un contributo ai terreni desertificati. Inoltre , prevediamo iniziative di qualificazione dei nostri prodotti agricoli, attraverso un marchio e l’indirizzare dei flussi turistici verso l’a-
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gro e non solo verso il mare, per una valorizzazione delle aziende agricole, del patrimonio rurale, penso alle masserie, agli agriturismi. Il fine ultimo è il potenziamento dei prodotti a km0, previa una bonifica dei terreni dagli inquinanti. In questi anni di governo del centro-destra, quanto, in una scala da 5 a 10, il settore primario cittadino ha goduto della giusta attenzione? Per me 5. è sotto gli occhi di tutti . L’unico settore cresciuto in modo esponenziale è quello edilizio. Gli ecomostri , quelli si,sono aumentati . L’istituzione di mercati a servizio dell’attività di pesca e ortofrutticola, è nel vostro programma? Assolutamente si. In una città di 50.000 abitanti con queste vocazioni sono di prioritaria importanza per i settori dell’agricoltura e della pesca, ma anche per il generale benessere della cittadinanza. Sono nel nostro programma.. Solo gli amministratori uscenti dicono di aver fatto tutto e bene. Quanto la salute pubblica può essere prioritaria per un amministratore? Quali le criticità riscontrate e quali le soluzioni? è al primo posto, giacché l’OMS (l’Organizzazione mondiale della Sanità) già dal 1946 recita che un buon stato di salute si raggiunge quando c’è una perfetta interazione tra benessere fisico, psicologico e sociale. Quindi il sindaco deve preservare la salute dei suoi cittadini , elevandone la qualità di vita. Monopoli è una bellissima città, ma si registra un aumento di malattie oncologiche ed
endocrine. Perché l’ambiente, quindi l’acqua, l’aria e il cibo sono fattori che incidono per il 35-40% su queste malattie. Come Movimento 5 Stelle attraverso una raccolte firme, già a partire dal 2016, abbiamo avanzato una richiesta di monitoraggio ambientale. La risposta è stata solo una APP Odorigena che non risolve il problema, perché la diossina, il nichel , il piombo, il cadmio, l’inox sono indori. Occorre monitorare i camini delle imprese impattanti presenti in città. Ritenete che il servizio di raccolta differenziata fornito in questi anni sia stato efficiente o deficitario? In questo secondo caso come migliorarlo? Una città che vuole crescere turisticamente non può non rispettare i limiti imposti dall’ Unione Europea di raccolta differenziata, ovvero il 65%. Noi siamo fermi al 20%, con un doppio danno per i cittadini, ecologico ed economico. La soluzione è in quelle dinamiche di economia circolare che prevedono il riciclo del rifiuto, attraverso bio compattatori, isole ecologiche ecc. Con un sistema di incentivi ai cittadini per differenziare , con sconto della TARI. Monopoli è una città a dimensione d’uomo? C’è da migliorare e molto. Monopoli è carente di viabilità alternativa e mobilità sostenibile. Il nostro modello è una città ricca di servizi , con al centro l’individuo, i suoi diritti, doveri, e io aggiungerei sogni, dove l’unica lobby possibile è quella dei cittadini.
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groalimentare
CANAPA: BOOM PRODUZIONE IN PUGLIA PER USI FOOD E NO FOOD
FOGLIE DI CANNABIS A TUTTA...BIRRA
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oom della canapa in Puglia, anche grazie alla legge regionale entrata in vigore il 14 gennaio 2017 che ha favorito il moltiplicarsi di terreni e produzione, oltre ad idee innovative nella trasformazione della pianta dai mille usi, dalla birra alla ricotta e agli eco-mattoni isolanti, dall’ olio antinfiammatorio alle bioplastiche, fino a semi, fiori per tisane, pasta, taralli, biscotti e cosmetici e ancora vernici, saponi, cere, detersivi, carta o imballaggi, oltre al pellet di canapa per il riscaldamento che assicura una combustione pulita. è una opportunità che si è sviluppata principalmente nelle province di Bari e Taranto e rappresenta una svolta soprattutto nelle aree violate dai disastri ambientali come Brindisi e Taranto, che possono diventare il distretto della canapa del Sud Italia, dove le imprese hanno il divieto di coltivazione di prodotti agroalimentari, per le emergenze ambientali causate per esempio dalla centrale di Cerano a Brindisi e dall’ILVA a Taranto. Dalle attività sulla canapa ed in particolare dalla selezione di nuove varietà stanno emergendo applicazioni in campo alimentare, cosmetico e nutraceutico che verosimilmente offriranno nuove possibilità di sviluppo di impresa e l’
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assunzione di nuovo personale. Può essere coltivata senza alcun impiego di diserbanti e insetticidi. Ha minime esigenze di fertilizzanti e lascia nel terreno una buona dotazione di sostanza organica, rappresentata da una gran parte dell’zzapparato fogliare, oltre all’abbondante e profondo apparato radicale. L’ affermarsi di stili di vita più ecologici ha favorito la diffusione della canapa che è particolarmente versatile negli impieghi, ma anche in grado dal punto di vista colturale a basso impatto ambientale, contribuisce alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità. Il seme di canapa e gli alimenti derivati contengono proteine che comprendono tutti gli aminoacidi essenziali, in proporzione ottimale e in forma facilmente digeribile. Dalla canapa si ricavano inoltre tessuti naturali ottimi sia per l’abbigliamento, poichè tengono fresco d’ estate e caldo d’ inverno, sia per l’arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra. Le colture che seguono la canapa rispondono positivamente, producendo sensibilmente di più. In alcuni casi il grano rende anche il 20 per cento in più rispetto ad una tradizionale rota-
zione con altre graminacee o bietola. I venti anni dedicati quasi esclusivamente a studiare questa pianta hanno consentito all’Italia di collezionare un catalogo di canapa selvatica e non, con più di 300 tipi diversi. Si tratta in realtà di un ritorno per una coltivazione che fino agli anni ‘40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica). Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta.
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gricoltura
“Quali scenari nel mercato del grano duro?”
Il futuro del grano di qualità protagonista a Taranto
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a tracciabilità “certificata” dell’intera filiera, dalla semina del frumento al conferimento del grano duro al mulino, è l’unico modo per garantire al consumatore finale la provenienza del grano con cui è stata prodotta la pasta che sta acquistando. Va in tale direzione il recente Decreto interministeriale che obbliga di indicare sull’etichetta l’origine del grano duro utilizzato, anticipando così il regolamento esecutivo UE che, dal 2020, renderà obbligatorio indicare sull’etichetta degli alimenti l’origine dell’ingrediente principale, indipendentemente dal luogo di produzione. Per i pastai italiani l’importazione di grano duro dall’estero è una necessità: infatti la produ-zione nazionale, 4 milioni di tonnellate, è inferiore del 30% al fabbisogno annuo di grano duro di 5,6 milioni di tonnellate. Peraltro non sempre il tenore proteico del grano italiano raggiun-ge il 14% richiesto dagli standard nazionali di alta qualità, tanto da costringere sovente i pa-stai a “miscelare” il prodotto nazionale con grano estero, più costoso, ma con una percentuale proteica maggiore. Ma non sempre gli agricoltori stranieri rispettano gli standard agronomici italiani: il Gruppo Barilla ha annunciato che non acquisterà più grano duro dagli agricoltori canadesi che utilizzano il glifosa-
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to per l’essiccazione… È un settore che a breve dovrà confrontarsi anche con la costituenda CUN (Commissione Uni-ca Nazionale) per il grano duro, un nuovo organismo composto dai rappresentanti dei produt-tori agricoli e degli acquirenti. Utilizzando un nuovo sistema capillare basato sull’acquisizione dei contratti di acquisto del grano duro, sarà la CUN a rilevare settimanalmente il prezzo delle principali qualità di grano duro: “Fino”, “Buono Mercantile” e “Mercantile”. Una distinzione che al momento non considera, nemmeno nella categoria apicale “Fino”, la tracciabilità dell’intera filiera di produzione che, come detto, è l’unica garanzia certa che in tutte le fasi siano stati rispettati determinati standard agronomici. Delle problematiche attuali e del futuro prossimo di questo importante settore cerealicolo si è parlato nel convegno “Quali scenari nel mercato del grano duro?” che si è tenuto presso la Sa-la Monfredi della Camera di Commercio di Taranto organizzato dal Consorzio Global Fresh Fruit in collaborazione con Confagricoltura Taranto. Il Consorzio Global Fresh Fruit, con sede a Massafra in via Chiatona è stato costituito oltre tre anni addietro da sei “soci fondatori” ai quali, con contratti di produzione annuale, si sono via via aggregate centinaia di altre aziende agricole, ubica-
te in un ampio areale che, partendo nella provincia jonica da Laterza, compren-de ormai tutto il Salento. Ogni anno i produttori cerealicoli che aderiscono al Consorzio Global Fresh Fruit sottoscrivono un “contratto di filiera” che li vede conferire la loro produzione di “grano aureo” al Gruppo Barilla. Per garantirsi un grano “top quality” le aziende leader italia-ne, come il Gruppo Barilla, da tempo hanno puntato sui cosiddetti contratti di filiera: da un lato gli agricoltori sono obbligati a coltivare frumento secondo precisi standard agronomici, da un altro i buyer si impegnano, fin da prima della semina, ad acquistare tutto il raccolto ad un “prezzo minimo garantito” prestabilito; in seguito questo potrà solo aumentare in base a un calcolo basato sulla media, in un determinato periodo, del prezzo del grano duro al listino della Borsa merci di Foggia. Ovviamente l’unica variabile è la quantità di frumento raccolto che dipenderà dalle capacità dell’agricoltore e dalle condizioni climatiche; il Consorzio Global Fresh Fruit fornisce anche una consulenza tecnica per “accompagnare” il produttore durante tutte le fasi della coltivazione, certificando così la qualità del prodotto al Gruppo Barilla, fatto-re che rappresenta una importante garanzia per il consumatore sulla tracciabilità e qualità del prodotto.
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gricoltura
Nuova Zelanda, costa pacifica degli Usa, Europa centro orientale le aree del futuro
Il clima cambia la ‘geografia’ del vino
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egetazione precoce, date della vendemmia nettamente anticipate, produzioni in calo: il vigneto è il ‘termometro’ dei cambiamenti climatici e il mondo vitivinicolo si interroga su come affrontare scenari futuri in cui, a fronte di un aumento delle temperature superiore ai due gradi, la geografia del vino è destinata a cambiare spostandosi verso l’alto e verso nord. Fallita l’ipotesi di contenere l’aumento della temperatura globale entro i due gradi al 2100, in un modello di ‘business ad usual’ il rischio è di andare verso i 5 gradi in più. La viticoltura mondiale potrebbe ‘alzarsi’ di circa 800 metri e spostarsi di 650 km di latitudine verso Nord. E ad essere a rischio non è solo la produzione ma anche la biodiversità. “L’ultimo decennio è stato il più caldo degli ultimi 2000 anni e stiamo entrando in una fase di clima inedito. E anche la fascia climatica adatta al vigneto si sta spostando. Nel futuro diventeranno adatte alla coltura della vite aree che finora non lo erano: l’Europa centro orientale, la costa pacifica degli Usa e la Nuova Zelanda”, spiega Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, in occasione dell’incontro “Vigneti sostenibili per climi insostenibili - Le risposte delle cantine cooperative europee ai cambiamenti climatici” organizzato dall’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari. In Italia, per fare un esempio, nel 2017 l’inverno mite e marzo
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e aprile caldi hanno portato le vigne a germogliare in anticipo, ma poi c’è stata la gelata seguita da un’estate siccitosa e, in alcuni zone, grandinate. Il risultato è stata una produzione di circa 40 milioni di ettolitri (-20% rispetto al 2016) con aumento dei prezzi, fino al 112% per alcuni bianchi. Il calo della vendemmia ha riguardato anche altri Paesi vicini come Spagna (-15%) e Francia (-18% sul 2016). Per rimanere in Francia, qui le superfici delle vigne sono da passate, negli ultimi 30 anni, da 1 milione di ettari a 754mila (-25%). E il 2017 è stato un anno catastrofico tra gelate e siccità che, in alcune zone, si sono combinate come in Alsazia. Vendemmia in anticipo anche di tre settimane come nel caso della regione dello Champagne. Dati che il settore non può ignorare. Per questo da qualche anno, le cooperative vitivinicole di Italia, Francia e Spagna (che rappresentano 320mila viticoltori e produ-
cono circa il 50% del vino europeo e il 25% di quello mondiale) si incontrano regolarmente per confrontarsi sul tema. Si cercano soluzioni e di punta a progetti di miglioramento genetico dei vitigni per renderli non solo più resistenti alle malattie ma anche ai cambiamenti climatici. Dieci i vitigni ottenuti dall’Università di Udine in collaborazione con IGA e con i Vivai Cooperativi Rauscedo che sono stati iscritti nel Registro Nazionale delle varietà autorizzate alla coltivazione. “Oggi – spiega Michele Morgante dell’Università di Udine - stiamo individuando i geni che aiutano le piante a meglio utilizzare l’acqua e i fertilizzanti e a proteggersi allo stesso tempo dagli agenti patogeni. Le nuove tecnologie di miglioramento genetico possono aiutarci a tradurre rapidamente questa conoscenza in nuove varietà che ci aiutino ad affrontare la grande sfida che ci attende del cambiamento climatico”.
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IL SAPORE DELLA TEMPERATURA
gradevole è un bicchiere di vino frizzante tiepido mentre piacevole è il pane caldo e se la temperatura non ha un sapore tuttavia permette d’apprezzare le caratteristiche di consistenza, aroma e sapore dei diversi alimenti e quindi il sapore della temperatura non è una falsità come la forma dell’acqua. La temperatura di un alimento influisce sulla percezione del gusto che avviene nelle papille gustative della lingua e si completa con l’aroma percepito dai ricettori della mucosa nasale. Nella bocca la temperatura del cibo o della bevanda modifica i canali microscopici delle papille gustative e l’invio del segnale al cervello attraverso i nervi gustativi. Sotto i 15 ºC le papille gustative sono quasi paralizzate mentre a 37 ºC la loro sensibilità aumenta di più di cento volte e per questo il gusto dolce di un gelato è percepito soltanto quando si fonde in bocca. Al contrario un cibo caldo emette vapori che arrivano alla mucosa nasale e per circa all’ottanta per cento contribuiscono alla percezione gustativa, ma se la temperatura supera i 35° C la percezione del gusto diminuisce perché la sensazione di bruciore nasconde le sfumature della degustazione. Importante è la temperatura della lingua che può dare a un cibo un sapore diverso. Se l’area frontale della lingua è calda attiva una sensazione più dolce, mentre se è fredda fa provare un sapore acido o salato e abbassando di quindici gradi la normale temperatura della bocca la punta della lingua comincia a sentire un sapore lievemente amaro e se si scende di altri dieci gradi il gusto si fa salato. Questo “gusto termico” varia a seconda delle zone e sulla punta è più facile percepire il dolce, mentre in fondo prevale l’amaro. Che la temperatura degli alimenti contribuisca all’apprezzamento del loro sapore è noto da tempo e per questo nei grandi banchetti ottocenteschi dopo una portata fortemente aromatizzata ad esempio di selvaggina si offriva un gelato o un sorbetto che abbassando
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Georgofili.info di Giovanni Ballarini la temperatura della lingua ane-stetizza le papille gustative e le rimette in grado d’apprezzare una successiva portata di gusto completamente diverso, per esempio di pesce. L’influenza della temperatura sul gusto e sull’apprezzamento dell’aroma è ben nota per le bevande e per questo ogni vino va servito a una temperatura ideale. Il vino servito a temperatura bassa sprigiona profumi provenienti dall’uva e sentori di fruttato, mentre il graduale riscaldamento accentua profumi più complessi. In un vino freddo il sapore dolce è meno accentuato, mentre è esaltato il sapore amaro, e per questo a 10 - 8 °C si servono i vini bianchi secchi aromatici, passiti, liquorosi, secchi, giovani e fruttati, e a 6 °C i vini spumanti, secchi e dolci. I vini rossi di grande struttura e quelli bianchi affinati in barrique sono ricchi di tannino, con un’astringenza esaltata dalle basse temperature, e per questo un grande vino rosso va servito a temperatura più elevata (circa 18 °C). I vini novelli con scarsa presenza di tannini, si possono servire freschi di cantina o di frigorifero. Allo stesso modo è per le birre e le più leggere vanno bevute fresche, non fredde o gelate, partendo da circa 7-8 °C per arrivare ai 12-14 °C per le birre forti e complesse. Non solo vini e birre, ma anche ogni categoria di cibi ha un sapore influenzato dalla temperatura e un interesse particolare riscuotono i cibi grassi con il loro oleogusto, detto anche fat, che sarebbe determinato da un gene, il CD36, che tra le diverse funzioni regola anche la percettibilità ai cibi grassi determinando un oleogusto. I grassi alimentari hanno una composi-zione complessa e soprattutto una diversa presenza di acidi grassi ognuno dei quali ha un differente oleogusto che contribuisce al gusto finale. Nei salumi per esempio diverso è l’oleogusto in relazione alla specie e alla parte dell’animale da dove proviene il grasso. Il grasso della gola, del lardo di pancia o di dorso, o perirenale di un maiale hanno una diversa composizione in acidi grassi e quindi differente aroma. Importante è
anche l’alimentazione del maiale che modifica la composizione dei grassi di depo-sito e allo stesso modo i processi di fermentazione dei salumi liberano gli acidi grassi che stimolano un oleogusto che a sua volta s’armonizza con gli altri sapori e che sono apprezzati in modo ottimale soltanto con una corretta temperatura. Per essere gustoso un salume deve avere una giusta quantità e qualità di oleogusto e quindi salumi troppo magri non saranno mai buoni. Come i vini, anche i salumi vanno gustati alla giusta temperatura, che non è certamente quella di un frigorifero. Alcuni salumi come gli zamponi, i cotechini e le spalle cotte che devono essere mangiati caldi, altri salumi vanno assaporati a una temperatura vicina a quella della bocca e cioè a circa 25 °C che permette di apprezzarne l’aroma e il sapore. Da evitare quindi la purtroppo diffusa abitudine di mangiare un salume appena tolto dal frigorifero ma bisogna dargli il tempo di adeguarsi alla temperatura ambientale più vicina a quella della bocca.
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La Sardegna nell’immaginario degli italiani
on una sola Sardegna ma “tante” Sardegne diverse, quanti ne sono i dialetti, le tradizioni, i canti e i racconti. Una ricchezza che si rispecchia nella capacità di attrarre segmenti diversi di popolazione, in cerca di esperienze differenti, sebbene tutte sulla linea di una identità unica e forte. È una delle tipicità che emergono dall’Indagine sulla percezione della Sardegna “A kentannos” realizzata dall’Eurispes con il contributo della Regione Sardegna. Uno studio che ha come finalità la rilevazione dell’immagine complessiva del territorio nel percepito degli italiani, distinguendone i contenuti di conoscenza e di emozione, e le componenti turistiche e produttive. L’indagine è stata condotta sulla base della convinzione che “in tempi di globalizzazione, l’identità locale torna ad essere un valore, solido, spendibile. Gli asset economici della Sardegna - Il sistema economico sardo è caratterizzato da imprese di piccola dimensione che rappresentano il 63% del tessuto imprenditoriale, rispetto a una media nazionale del 46%, operanti principalmente nei settori dell’agricoltura, del commercio e del turismo. L’economia della Sardegna è un’economia basata
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“A kentannos”
sui servizi, che contribuiscono al 76% del Pil regionale. Per quanto riguarda la sua vocazione agro-pastorale, nella regione vi sono circa 34.000 imprese (25,65% del totale), per lo più di allevamenti ovini, per un totale di oltre 20.250 allevamenti ovini e caprini pari al 13,7% del totale nazionale. Negli ultimi anni la pastorizia e la relativa industria lattiero-casearia hanno subìto una significa riduzione di valore da attribuirsi all’andamento dei prezzi di settore a livello nazionale.L’industria alimentare sarda è composta da circa 2.274 imprese attive, per lo più nel settore caseario e della produzione della carne, che nel 2015 ha contribuito all’1,4% del valore aggiunto regionale. Il turismo rappresenta il secondo grande asset produttivo dell’Isola. Le imprese iscritte presso il registro delle imprese e attive nel 2016 sono 4.648 per un totale di 209.896 posti letto, pari al 4,3% dell’offerta nazionale. I posti letto sono distribuiti equamente tra il comparto alberghiero (52%), rappresentato per lo più da alberghi 4 stelle (52% posti letto del totale alberghiero e 27% del totale regionale) ed extralberghiero (48%), rappresentato soprattutto da campeggi e villaggi turistici (58% posti letto del totale extralberghiero e 28% del totale regionale). L’offerta
ricettiva è concentrata prevalentemente nel Nord della Sardegna, Tempio-Olbia e Sassari pari a oltre 50% dei posti letto disponibili, seguita dal Sud che ha il 25% dei posti letto, con una particolare rilevanza di Cagliari, e dall’area centrale comprendente Nuoro, Oristano e l’Ogliastra pari al 22%. Rispetto alla distribuzione media dell’ospitalità a livello nazionale, la Sardegna si qualifica per una ricettività alberghiera di lusso ed extralberghiera rappresentata, quest’ultima, prevalentemente da campeggi. L’offerta alberghiera maggiormente qualificata, rappresentata da hotel 5 stelle e 5 stelle lusso, è concentrata nelle province di Tempio-Olbia, ovvero in Costa Smeralda, con 1.901 camere e 4.365 posti letto, pari al 58% dell’offerta alberghiera di lusso. A seguire Cagliari, in particolare Santa Margherita di Pula e Chia, con 1.037 camere e 2.500 posti letto, pari al 34% del totale, quindi le province di Oristano e Sassari, con rispettivamente 109 e 113 camere, pari a 332 e 266 posti, ciascuna con un peso del 4% circa sul totale. Il 54% degli arrivi e il 52% delle presenze sono rappresentati dagli italiani; per quanto riguarda gli stranieri, i più numerosi sono i tedeschi (11% arrivi, e 13% presenze), francesi (9% arrivi, 8,7% presenze), svizzeri (5%
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arrivi, 5,6% presenze) e inglesi (3,3% arrivi, 3,7% presenze). La Sardegna nell’imaginario degli italiani - Un italiano su due (45,3%) ha visitato la Sardegna: il 73,1% da una a tre volte per trascorrervi una vacanza e il 19,5% cinque e più volte, quest’ultimi sia per vacanza (38,8%) sia per fare visita a parenti ed amici(61,2%). Quasi 7 su 10 sono stati in Sardegna nel periodo estivo. Nell’immaginario degli italiani, la Sardegna è legata per lo più a fattori relativi all’offerta turistica. I principali punti di forza risultano essere la costa e il mare (98,6%), la presenza di posti da vedere e cose da fare (84,9%), l’attrattività delle città (74,5%), la disponibilità all’accoglienza dei residenti (74,5%). Tra i principali punti di debolezza: i collegamenti per raggiungerla (78,8%), il livello di sviluppo dell’industria (78,1%), il costo della vita (57,3%). I personaggi che vengono più spesso associati alla regione sono: Francesco Cossiga, Enrico Berlinguer, Mario Segni tra i politici; Grazia Deledda, Salvatore Niffoi, Michela Murgia tra i rappresentanti della cultura; Antonio Gramsci ed Eleonora D’Arborea tra i personaggi storici; Elisabetta Canalis, Pamela Prati, Valeria Marini, Geppi Gucciari, Marco Carta, Valerio Scanu, i Tazenda per quanto riguarda i personaggi dello spettacolo; Gianfranco Zola e Gigi Riva (pur non essendo quest’ultimo sardo, ma la cui immagine viene indissolubilmente legata alla Sardegna e al Cagliari) tra gli sportivi. Sardegna, l’immagine produttiva - Nel Top of Mind delle attività produttive associate alla Sardegna al primo posto si individuano N° 9 - 15 maggio 2018
le produzioni agroalimentari, bevande (per lo più vino, mirto e birra) e cibo che rappresentano il 65,4% delle risposte fornite dagli intervistati. Nell’ambito della categoria food la produzione di formaggio è quella più importante, rappresenta il 17,4% e, in particolare, il pecorino sardo; seguito dal pane, che si identifica con il pane carasau (9,4%), con il vino, che è per lo più cannonau (8,9%), i dolci, come le seadas e il torrone (7,1 %). Ma è certamente il turismo che caratterizza maggiormente l’immagine produttiva della Sardegna: il turismo è stato indicato dal 97% degli intervistati che ha attribuito un valore “molto” e “moltissimo” alla rappresentatività produttiva di questo settore; a seguire il settore artigianato (79,2% di valutazioni pari a molto e moltissimo); il vino (79,2% di valutazioni pari a molto e moltissimo); l’agroalimentare (78,5% di valutazioni pari a molto e moltissimo); la nautica (66,7% di valutazioni pari a molto e moltissimo). L’analisi dell’impatto dell’immagine produttiva percepita sulle scelte di acquisto è stata indagata chiedendo agli intervistati se e quali prodotti sardi acquistano nel loro luogo di residenza. Il 55,4% delle persone non acquista prodotti sardi innanzitutto perché non sono interessati a farlo (59,3% di chi non acquista) o perché non li conoscono (14,8%). Una persona su quattro, li vorrebbe acquistare ma afferma di non trovarli (25,1%) o di acquistarli ogni tanto, quando li trova al supermercato (2,8%). L’acquisto dei prodotti sardi (44,4% dei rispondenti positivamente) è, soprattutto, un acquisto alimentare di cibo e bevande. Si ac-
quista prevalentemente formaggio sardo, per lo più pecorino (23,5%), vino (16,1%), pane carasau (10,7%), mirto (10,6%), dolci (9,3%) e nello specifico torroni (6%) e birra Ichnusa (3,8%). Ciò che emerge è che l’immagine produttiva della Sardegna è un’immagine prevalentemente cognitiva basata sull’attrattività turistica e la notorietà e l’autenticità di alcuni prodotti tipici e vitivinicoli. Immagine rafforzata dall’unicità della cultura e dal fascino e dalla bellezza della terra sarda che ne esprimono la componente affettiva. Sardegna, l’immagine turistica - L’immagine turistica della Sardegna è caratterizzata da diversi luoghi rappresentativi, esclusivamente località di mare, con qualche riferimento alle aree interne del Gennargentu (0,27% del totale delle risposte) e alla cittadina di Orgosolo (0,61% del totale delle riposte). La città simbolo è Alghero, seguita da Cagliari e Porto Cervo. Tra le località note si rilevano anche Olbia, Sassari, Porto Torres, Santa Teresa di Gallura e Arbatax, queste ultime coincidenti con i principali porti di arrivo. La Sardegna nell’immaginario turistico è innanzitutto rappresentata dalla costa, in particolare la costa del Nord e dell’area centrale, sia del versante Est che di quello Ovest, rappresentata da città, località marine e dalle Isole (La Maddalena, Asinara, Caprera). La parte Sud della Sardegna è rappresentata, oltre che da Cagliari, da Chia, Capo Teulada, Iglesias, Isola di San Pietro e di Sant’Antioco. Le destinazioni turistiche più note sono la Costa Smeralda, La Maddalena e il suo arcipelago, Asinara e Caprera, Alghero e Stintino con la spiaggia de La Pelosa.
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