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Agricoltura • Agroalimentare • Turismo RURALE
I VERI PADRONI DEL CIBO
Come la grande distribuzione organizzata ha superato gli agroindustriali agricoltura
Giovani agricoltori, parte l’esonero contributivo Canapa, dalla Puglia un milione e mezzo di euro agroalimentare
Marche in ortofrutta: la top ten degli italiani
N° 11 • 15 GIUGNO 2017
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ditoriale
15 giugno 2017 - n.11 - Anno 12
Quindicinale di Agricoltura Agroalimentare Turismo RURALE
Iscritto all’Albo Cooperative a Mutualità Prevalente N.A182952 Editrice
G.Ed.A. Giovani Editori Associati Soc. Coop. Via Alcide De Gasperi 11/13 - 70015 - Noci (BA) Direttore responsabile Vito Castellaneta Grafica e impaginazione G.Ed.A. Giovani Editori Associati Hanno collaborato Donato Fanelli, Antonio Resta, Rocco Resta, Nicola Trisolini, Paola Dileo, Nica Ruospo, Rino Pavone, Donatello Fanelli Pubblicità G.Ed.A Rino PAVONE r.pavone@foglie.tv 380 6328672 Stampa Grafica 080 - Modugno (BA) Registrato al Registro Nazionale della Stampa Tribunale di Bari N. 61/06 del 15/11/2006 www.foglie.tv redazione@foglie.tv 347 9040264 Iscritta al Registro Operatori Comunicazione ROC n.26041 TESTATA GIORNALISTICA ACCREDITATA
I nuovi “industriali” della Grande Distribuzione Organizzata
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di Vito CASTELLANETA
hi sono gli attori principali nell’universo della distribuzione alimentare? Quando percorriamo la corsia di un supermercato siamo travolti da una vastità di colori, insegne, lattine, barattoli, confezioni risparmio. Per ognuno di questi prodotti esiste chi ha coltivato la materia prima (l’agricoltore), chi l’ha trasformata (l’industriale), chi la vende (la gdo) e chi la consuma (il cittadino). I fornitori cercano di vendere al prezzo migliore. I responsabili delle catene di supermercati spesso determinano i costi al ribasso. Ognuno di loro gioca una partita non sempre ad armi pari in cui ci rimette sempre chi ha meno potere contrattuale. La distribuzione organizzata in Italia è nata come risposta dei dettaglianti di piccola e media dimensione per contrapporsi alla concorrenza dei grandi gruppi francesi e tedeschi entrati nel mercato della distribuzione alimentare con superfici di grandissima dimensione e una presenza capillare. Oggi, attraverso la gdo passa circa il 70% degli acquisti alimentari. Dal punto di vista di chi produce (gli agricoltori e gli industriali) è di conseguenza il canale di distribuzione più importante, spesso l’unico, per stare sul mercato. In questo 70% ci sono gli ipermercati, enormi punti vendita con una superficie di almeno 2.500 metri quadri; i supermercati classici, di dimensioni medie tra 400 e i 2.500 m² ; e le cosiddette superette, la cui estensione normalmente non supera i 400 m². Sommati tra loro, costituiscono un universo diffuso forte di 27mila punti vendita. Il primo gruppo in Italia per fatturato è Coop, seguito da Conad. Il primo per performance è Esselunga, che riesce a registrare la cifra record di 16mila € di vendite per metro quadro. Ci sono poi i discount, guidati da Lidl ed Eurospin e i colossi francesi (Carrefour e Auchan). Negli ultimi vent’anni la gdo ha sostituito i piccoli commerci. Si tratta di un’evoluzione
inarrestabile, segnata però sempre più da una forte guerra tra i vari operatori. La concorrenza è spietata ed è così che la principale strategia per catturare i consumatori è quelle delle offerte, dei volantini, del 3x2, fino ai “sottocosto”. Ma chi paga veramente il prezzo delle offerte? In capo a chi vanno i costi degli sconti proposti ai consumatori finali? Ci sono gli “sconti di fine anno”, spesso imposti retroattivamente dopo la firma del contratto. O altri sconti che le catene decidono di far scattare e impongono a posteriori ai fornitori. Sono stati identificati sei tipi di “sconti” (sconti incondizionati; sconti target; altri sconti condizionati; sconti logistici; sconti finanziari; recupero marginalità) e nove tipi di “contributi” (servizi di centrale; fee di accesso del fornitore; gestione e mantenimento dell’assortimento; inserimento nuovi prodotti; esposizione preferenziale; contributi promo-pubblicitari e di co-marketing; anniversari, ricorrenze ed eventi vari; nuove aperture/cambio insegna; altri vari, come controllo qualità, cessione dati). Sconti e contributi costano alle singole aziende fornitrici il 24,2% del fatturato con la catena cliente. In pratica, un quarto del prezzo effettivo di listino: i rapporti di forza tra industria e gdo si sono quindi rovesciati ed è quest’ultima a dettare le condizioni. Ed il prossimo passo per aumentare il divario è già in forte divenire: trattasi dei “prodotti della casa”. Pasta, pomodori, biscotti, gelati, detersivi, basta entrare in un qualunque punto vendita per toccare con mano questa evoluzione: i prodotti con il marchio del distributore (Coop, Conad, Carrefour, etc) sono sempre di più, in posizioni sempre migliori, e sempre più concorrenziali rispetto ai marchi più noti. Il volume d’affari della private label, si chiama così in gergo, ha raggiunto i 9,5 miliardi di €, circa il 18% dei prodotti di largo consumo confezionati.
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ommario
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editoriale
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gDO I nuovi padroni del cibo
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coldiretti & f.lli d’italia “Enpasse su PSR Puglia”
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eventi
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AGRICOLTURA
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giovani agricoltori Parte l’esonero contributivo
agroalimentare
13 canapa
marche in ortofrutta La Top Ten degli italiani
19 caporalato
a ruba i superfood Fra questi le Carote di Polignano
Dalla Puglia un milione e mezzo di euro
Nei campi UE 25% di illegalità
23 NASCE CAI
Dalla Bernardina eletto presidente
Festa ciliegie conversano Presente il governatore Emiliano
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la puglie è servita Nasce Noi di Sala Puglia
turismo rurale
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terra delle gravine Meta per un turismo di qualità
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groalimentare
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Secondo indagine Italiafruit
Marche in ortofrutta: ecco la top ten degli italiani
l sito Italiafruit.net ha chiesto al consumatore quali sono le marche di settore che più conosce e riconosce. In testa alla classifica svettano i brand delle mele e delle grandi multinazionali. Nel dettaglio, con l’obiettivo di comprendere la percezione e il vissuto degli italiani nei confronti della marca in ortofrutta, il Monitor Ortofrutta di Agroter, in partnership con Toluna, ha chiesto a mille responsabili acquisto, tramite intervista Cawi indotta (Computer-aided-web-interview) di riconoscere un campione di 40 marche, indicando di volta in volta se la riconoscevano come “marca di ortofrutta”, “marca non di ortofrutta”, oppure se non la conoscevano proprio. I risultati vedono ai primi posti le marche dei produttori di mele, fiore all’occhiello del settore italiano, che occupano tre dei primi cinque posti del podio. Melinda ha il primato assoluto nella testa del consumatore: il 96%
dei rispondenti, infatti, l’ha riconosciuta come “marca di ortofrutta”. Seguono a ruota due brand di multinazionali, Chiquita (95%) e Del Monte (90%). Scendendo sotto il 90% di notorietà, troviamo poi Marlene (88%), Val Venosta(84%) e MelaPiù (81%). Il ranking prosegue con Bonduelle, che registra una notorietà dell’80%, Valfrutta (78%) e Selenel-
la(77%). Chiude la top ten “Pachino” (76%): a questo proposito è interessante notare come il consumatore, posizionando così in alto nella classifica Pachino, che non è una marca nel senso stretto del termine, faccia capire quanto ancora ci sia bisogno in ortofrutta di chiarezza e di informazione per quanto riguarda le operazioni di branding, se si vuole creare distintività e valore.
FORUM SU FRUTTA ESOTICA
MACFRUT PER IL 2018 PUNTA AL 27% DEI VISITATORI ESTERI
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biettivo internazionalizzazione. Questa la parola d’ordine nel Comitato Macfrut che a Cesena Fiera ha riunito una sessantina di operatori per tracciare un bilancio dell’edizione appena alle spalle e fissare gli obiettivi di quella del 2018 in programma in Fiera a Rimini dal 9 al 11 maggio dell’anno prossimo. L’obiettivo che la Fiera si è dato per la 35a edizione è arrivare al 27% di visitatori esteri (appena quattro anni fa erano il 18%) e 1500 buyer invitati (250 nell’edizione 2014). Già pronto il piano delle missioni internazionali che interesserà Colombia (Paese Partener dell’edizione 2018), Cile, Kazakistan, Uzbekistan, Etiopia, Angola, con l’aggiunta di altri road show nell’Est Europa insieme a UniCredit, partner strategico della fiera. In particolare, come è stato suggerito da diversi operatori, attenzione sarà riservata ai buyers della Gdo europea e ai mercati dell’Est Europa.
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di Rino PAVONE Grandi novità sono previste anche sul fronte dei contenuti. Prima di tutto con il Tropical & Exotic Fruit Forum, focus a tutto tondo sul tropicale tradizionale e sull’esotico, con approfondimenti su produzione, lavorazione, commercializzazione, gestione del prodotto e consumi. Un evento in grande stile pensato per aumentare l’attrattività della fiera verso buyer (Gdo e importatori) e produttori di questa tipologia di frutta. In questa direzione va la rinnovata proposta del New Retail Solution che avrà come focus l’esposizione della frutta esotica e tropicale nel punto vendita. Anche la parte espositiva vedrà diverse novità a partire dall’area del pre-raccolta con la realizzazione di un salone ad hoc dedicato: Macfrut Field Solution. Altra novità sarà una maggiore caratterizzazione di Macfrut Bio, con la valorizzazione di un segmento produttivo di cui l’Italia è leader nel mondo. “Per trasformare le
proposte in progetti concreti – dichiara il presidente di Cesena Fiere, organizzatore dell’evento, Renzo Piraccini - abbiamo istituito due gruppi di lavoro tematici: uno dedicato al pre-raccolta coordinato da Luciano Trentini e l’altro al Tropical & Exotic Fruit Forum con Enrico Turoni che terrà le fila delle proposte”.
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Pubblicata dall’Inps la circolare
Giovani agricoltori, parte l’esonero contributivo
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ubblicata dall’Inps la circolare con le istruzioni per richiedere di essere esonerati dal pagamento dei contributi previdenziali. Beneficiari i coltivatori diretti e gli Iap iscritti nel 2017 e quelli iscritti nel 2016 in zone montane o svantaggiate. Con la circolare 85 dell’11 maggio 2017 l’Inps fornisce le istruzioni sull’esonero contributivo per i giovani agricoltori, annunciato a febbraio tra i provvedimenti previsti nella Legge di bilancio del 2017. A beneficiare di questo provvedimento sono i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali, che abbiano iniziato una nuova attività imprenditoriale agricola nel periodo compreso tra il primo gennaio e il 31 dicembre 2017 e che non abbiano compiuto quaranta anni d’età alla data d’inizio della nuova attività imprenditoriale agricola. Possono però essere ammessi al beneficio anche i giovani coltivatori diretti e gli Iap sotto i quaranta anni che abbiano iniziato una nuova attività agricola nel periodo compreso tra il primo gennaio 2016 e il 31 dicembre 2016 in territori montani o in zone svantaggiate così come definite dal Dpr 601/1973 e dalla Legge 984/1977. Potranno beneficiare dell’esonero anche i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali con iscrizione provvisoria, fatto salvo il successivo controllo del possesso dei requisiti.
In ogni caso è fondamentale il concetto per ‘nuova realtà imprenditoriale’. Viene infatti considerata come tale quella ulteriore e diversa rispetto ad altre eventualmente già esistenti, e l’Inps prevede controlli specifici per verificarlo. L’esonero permette di non versare per intero il contributo relativo all’assicurazione generale obbligatoria, per la vecchiaia e per i superstiti per 36 mesi. L’esonero copre anche i contributi per maternità e i contributi Inali, questi ultimi dovuti solo per i coltivatori diretti. Passati i 36 mesi, l’esonero è ridotto del
66% del contributo per altri 12 mesi e poi del 50% per un ulteriore periodo di un anno. La domanda di esonero deve essere inoltrata all’Inps esclusivamente per via telematica tramite i moduli disponibili all’interno della pagina web Cassetto previdenziale per autonomi agricoli. Qui sarà possibile scaricare la modulistica relativa alla richiesta di esonero per i giovani agricoltori iscritti nel 2017 (CD/IAP2017) e per quelli iscritti nel 2016 in zone montane e svantaggiate (ZM 2016 e CD/IAP ZS).
Riceviamo e Pubblichiamo
DOPO LO SCHIAFFO AI NOSTRI PRODUTTORI LAVORIAMO PER SOSTENERE IL SETTORE CEREALICOLO
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a protesta messa in atto in queste ultime ore dai produttori agricoli pugliesi, contro l’arrivo nel porto di Bari di 50mila tonnellate di grano proveniente dal Canada, è legittima e comprensibile. Per un settore come quello cerealicolo che vive da tempo una situazione complessa, dovuta al crollo del prezzo del grano, l’arrivo di prodotto dall’estero per la realizzazione di pasta italiana rappresenta un vero e proprio oltraggio.
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Alla luce di tutto ciò, sentiamo il dovere di manifestare tutta la nostra vicinanza e solidarietà agli agricoltori pugliesi. Crediamo sia necessario, oggi più che mai, mettere in campo interventi utili a sostegno del settore per scongiurare il rischio che molti agricoltori si trovino costretti, la prossima stagione, a rinunciare alla semina. Sarebbe un danno per la Puglia e per l’Italia intera. Così come sarebbe un danno per una produzione di eccellenza del made in Italy esportata in tutto il
mondo e che tutto il mondo ci invidia. Lavoriamo con serietà, dunque, ognuno con gli strumenti che ha a disposizione, per ribadire la necessità di politiche serie e condivise a sostegno del comparto e capaci di valorizzare e tutelare il prodotto italiano. Ernesto Abaterusso - Presidente Gruppo consiliare Articolo 1 – MDP - Regione Puglia
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PRESSO L’ANFITEATRO BELVEDERE
EMILIANO ALLA FESTA NAZIONALE DELLE CILIEGIE DI CONVERSANO
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stato il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano a concludere a Conversano l’11ma edizione della Festa Nazionale delle Ciliegie. L’appuntamento s’è tenuto presso l’ Anfiteatro Belvedere con la cerimonia di premiazione degli espositori e del vincitore del concorso “La Cilegia d’oro” ( chi, con 50 ciliegie “Ferrovia” raggiunge il maggior peso). La serata finale è stata aperta da una passeggiata a cavallo lungo le vie del centro cittadino e si è conclusa con due spettacoli: la sfilata di “Moda sotto le stelle” e, in contemporanea lungo tutta l’area della festa, lo spettacolo musicale itinerante degli “Aria Corte”. Il programma dei giorni precedenti aveva invece previsto una ciclopedalata tra ciliegeti e siti rurali mentre in Anfiteatro è andato in scena il “Talent
Festival Conversano”, uno show realizzato dalla Cooperativa sociale “Occhi nuovi con loro” che ha avuto come protagonisti gruppi e artisti locali. Ampia l’area espositiva che ha compreso l’intero centro storico intorno al castello e altre piazze con spazi dedicati non solo agli stands di ciliegie: gastronomia, mercatini artigianali e macchine agricole e movimento terra con degustazioni di prodotti tipici a base di ciliegie con il coinvolgimento di bar, pub, pizzerie e ristoranti. Di grande attrazione l’apertura straordinaria di chiese, monumenti, pinacoteca del Castello e polo museale dell’Antica Norba dove è custodito un patrimonio storico-artistico-culturale di inestimabile con visite guidate a cura di Pro Loco e Cooperativa “Armida”. In particolare si sono potute ammirare la chiesa e la cripta del monastero di San Benedetto in fase di
restauro. Non solo di festa, ma anche momento per riflettere come dichiarato dal sindaco di Conversano, Giuseppe Lovascio, che ha sottolineato come la Festa delle Ciliegie rappresenti una vetrina, ma al contempo un’occasione di grande confronto. A tal proposito, ha aggiunto, “il Comune di Conversano di concerto con la Città Metropolitana di Bari, sta cercando di rilanciare il centro di cerasicoltura presente sul nostro territorio con lo scopo di metterlo al servizio delle aziende agricole locali attraverso la ricerca e lo studio delle varietà di ciliegie, nonché attraverso lo sviluppo del loro adeguamento genetico ai luoghi ed al clima”. Infine ricordiamo che la Festa Nazionale dell’Associazione delle Città delle ciliegie è andata in abbinamento con la Sagra della Ferrovia disputatasi nel week end successivo a Turi.
Grazie ai romani la coltivazione si diffuse in tutto l’impero
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La ciliegia: storia e curiosità
linio narra che le ciliegie furono portate in Italia da Lucullo, dalla regione del Ponto, quando tornò a Roma dopo la vittoriosa campagna contro Mitridate (74-23 a.C.). Il generale avrebbe portato da Cerasunte (oggi Kiresum), località che si affaccia sul Mar Nero, insieme ad altri trofei di guerra, anche alcune piante che dal nome della località dettero al loro frutto il nome latino di “cerasus”. Lucullo utilizzò quelle piante sia come prezioso ornamento dei giardini delle sue meravigliose ville sia per coltivarle a frutto. Fu grazie ai Romani se la coltivazione del ciliegio si diffuse in tutto l’impero, fino alla Gran Bretagna. Il primo riferimento storico certo sulla coltivazione del ciliegio nel nostro territorio si ha il 6 giugno 1553 quando Donno Francesco Longho, procuratore del Capitolo di San Leone Magno di Castellana Grotte, nell’aggiornare i registri contabili, riporta la spesa occorrente per mandare alla “Signora
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Abbadessa” del Monastero di San Benedetto a Conversano un carico di ciliegie: “pese tre di cerase ed rotola dudeci”. Risale inoltre al 17 maggio del 1565 una lettera del vicario badessale in Castellana don Pietro Mancini in cui si cita l’invio di ciliegie in omaggio alla Signora Badessa del monastero di San Benedetto di Conversano, donna Isabella Acquaviva d’Aragona. Un testo medioevale raccomanda, per evitare un’indigestione vista la loro bontà, oltre che di mangiarle a digiuno, di annaffiarle con un buon vino rosso. Quanto alle amarene è antica consuetudine accompagnarle con mandorle e uva passa. Con le ciliegie si preparano famosi liquori: il cherry Brandy, il Kirsch, il Maraschino di Zara e squisiti vini liquorosi come il Kische-wein danese. Per gli antichi Sassoni i vecchi alberi di ciliegio ospitavano divinità campestri capaci di proteggere i campi. Per i giapponesi il ciliegio rappresenta l’educazione, l’amabilità, le buone maniere. www.foglie.tv
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gricoltura
Si finanziano nel triennio 2017/2019 dai progetti di filiera alla ricerca
Canapa, dalla Puglia un milione e mezzo di euro
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l Consiglio regionale della Puglia ha approvato una legge di incentivo alla coltivazione della canapa da fibra, volta a promuovere anche la ricerca applicata e i progetti di filiera ed ha stanziato un milione e 500 mila euro nel triennio 2017-2019. Per l’anno 2017 si stanziano 100mila euro, ma per gli esercizi finanziari successivi sono previsti 600mila euro per il 2018 e 800mila euro per il 2019. Per il concreto finanziamento di queste due successive annualità, si provvederà con le risorse stanziate in fase di bilancio di previsione. Con la nuova legge si intende promuovere la coltivazione e la trasformazione della canapa nel territorio pugliese e la sua successiva commercializzazione, come coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, della desertificazio-
di Rino PAVONE
ne e della perdita di biodiversità. Gli interventi finanziabili sulla canapa in Puglia Gli interventi, che possono essere finanziati con i contributi messi a disposizione dalla Regione, riguardano vari aspetti. Si va dalle attività di ricerca per l’individuazione delle varietà di canapa più idonee alla coltivazione nel territorio regionale alla coltivazione, raccolta, movimentazione, stoccaggio e realizzazione di impianti per la lavorazione e trasformazione al fine di creare delle filiere produttive dedicate alla coltivazione della canapa. Contributi sono previsti anche per l’impiego della canapa nei settori della bioedilizia, alimentare e farmacologico. Incentivi anche per la coltivazione della canapa finalizzata alla bonifica dei terreni inquinati, l’elaborazione di progetti specifici per la formazione di ope-
ratori specializzati nella coltivazione. I soggetti beneficiari dei contributi sulla canapa in Puglia I soggetti beneficiari dei contributi previsti per la realizzazione degli interventi specificati sono le aziende agricole, cooperative agricole e consorzi, e associazioni di produttori agricoli costituite ai sensi di legge. E’ anche possibile finanziare società e associazioni costituite tra imprenditori del settore agricolo, industriale, alimentare ed ambientale, dipartimenti universitari, istituti scolastici o altri enti pubblici e privati di istruzione e ricerca, associazioni di promozione sociale iscritte nel registro che abbiano come obiettivo statutario quello di svolgere attività di tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e naturale, anche mediante attività di ricerca.
Difendere la vite dalla Peronospora E’ lo spauracchio degli agricoltori. Una malattia che ogni anno, soprattutto in alcuni periodi dello sviluppo vegetativo della vite, tiene in apprensione anche tecnici ed addetti ai lavori.
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ndubbiamente l’avvento nel settore dell’uva da tavola delle coperture con i teli di plastica ha attenuato questo senso di ansia ma, d’altra parte, l’esperienza di alcuni anni (tra gli ultimi 2014 su tutti, senza dimenticare il 2016) ci ha insegnato a non dover mai abbassare la guardia. Soprattutto, come dicevamo prima, in alcuni momenti dello sviluppo vegetativo della coltura come, per esempio, la fase pre fiorale e dell’allegagione, quando è indispensabile proteggere foglie e grappoli in fase di sviluppo ed accrescimento. Questo, di fatto, ci suggerisce che una delle prime regole per cominciare a contenere la peronospora è adottare corrette pratiche agronomiche. Senza scendere nel dettaglio, ma con lo scopo di non dimenticarle, ricordiamo che caratteristiche dei suoli di coltivazione (pedologia ed idrologia), impiantistica in generale del vigneto (sesto di impianto e di allevamento), sua localizzazione (esposizione ed altitudine in primis), portinnesto e varietà, tecnica di lavorazione o non lavorazione, concimazioni, irrigazioni e defogliazioni sono sicuramente scelte basilari essenziali da attuare correttamente per permettere una migliore e più efficiente difesa con i mezzi chimici. Poi, indubbiamente, dovremo tener conto delle condizioni meteorologiche che influenzano notevolmente l’instaurarsi e lo svilupparsi della malattia con la loro evoluzione - ultimamente bizzarra - contraddistinta da andamenti termici in continua evoluzione ed altalena e accompagnata da eventi piovosi che, per quantità e distribuzione, creano non poche difficoltà a chi deve decidere ed operare nella difesa. Quasi abbandonata la regola dei tre dieci, oggi la diagnosi parte sempre dal modello del Goidanich (stima della durata del periodo di incubazione e della sua percentuale in funzione di temperatura ed umidità) e, parallelamente, deve tener conto di tutti gli aspetti citati finora e, perciò, non sempre le osservazioni di campo e la valutazione dello sviluppo della ma-
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lattia sono di facile lettura ed interpretazione per tutti gli operatori. I sintomi iniziali della malattia li rileviamo sulla pagina superiore delle foglie in accrescimento con macchie sui bordi decolorate, clorotiche e giallastre, che poi diventano traslucide (macchie d’olio) e infine imbruniscono e si necrotizzano: in condizioni di forte pressione dell’umidità le foglie possono necrotizzare addirittura senza evidenziare le macchie d’olio. Quando l’umidità è elevata, poi, nella pagina inferiore della foglia si formano efflorescenze biancastre che sono le strutture riproduttive del fungo. La anticipata filloptosi (caduta delle foglie) si verifica quando gli attacchi di peronospora sono molto gravi. Se la peronospora si manifesta a fine estate, sulle foglie vecchie, le macchie sono piccole e poligonali, delimitate tra le nervature, e prende il nome di peronospora a mosaico. Anche i tralci possono essere attaccati in prossimità dei nodi: si notano, in questi casi, aree con molto liquido che poi diventano violacee e, infine, necrotizzano. Talvolta si evidenziano spaccature con sporificazione di efflorescenza biancastra, la sporulazione del fungo. Classica in questi casi la forma ad “S” dei tralci erbacei da cui, successivamente, può partire l’infezione dei grappoli e, come per i tralci, i raspi assumono una forma ad “S” o ad uncino.
I grappoli, che si ricoprono con efflorescenze biancastre, alla fine disseccano. Marciume grigio e bruno sono le sindromi rilevabili dopo l’allegagione: il primo è la tipica manifestazione primaverile dei raspi erbacei e degli acini piccoli che diventano grigio-scuri; il secondo, caratteristico dei grappoli vecchi che diventano bruni in estati fresche e piovose, si presenta senza fruttificazioni – da cui il nome di peronospora larvata – che determinano l’avvizzimento dei grappoli: in questo caso il micelio del fungo resta intrappolato nell’acino e non si ha la l’evasione degli organi sporulanti. La peronospora oltre a ridurre la produzione dell’anno, a causa della riduzione delle riserve nutritive della pianta, può determinare perdita di vigore e bassa produzione anche nell’anno successivo. Originaria dell’America del Nord si diffuse in Europa a partire dalla fine del XIX secolo e, casualmente, nel 1885 Millardet (viticoltore francese della zona di Bordeaux) osservò che trattando le viti con una soluzione di latte di calce preparata in recipienti di rame queste restavano immuni dalla peronospora. In realtà lo scopo era di difendere i grappoli dai passanti molto golosi e truffaldini ma nacque così, casualmente, la poltiglia bordolese, un composto complesso derivante dalla reazione del solfato di rame con idrato
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di calcio che deve il nome alla provincia di Bordeaux, dove appunto fu compiuta la fortunata scoperta. Da allora ci vollero più di 60 anni perchè l’industria chimica arrivasse alla scoperta degli effetti antiperonosporici del rame ma poi, nei 60 anni successivi, le scoperte sono state sempre più rilevanti, alla ricerca di molecole con caratteristiche e comportamenti differenti (Tabella 1). Una volta analizzato l’andamento climatico e le condizioni di sviluppo della malattia (oggi ci aiutano in questo anche alcuni strumenti tecnologici di supporto alla decisione in fase di affinamento sempre maggiore) di fatto è proprio questo l’aspetto saliente a cui bisogna guardare nell’ottica della gestione della difesa antiperonosporica dei vigneti: conoscere le peculiarità dei prodotti, sfruttarle adottando le diverse soluzioni presenti sul mercato con combinazioni di sostanze attive più pertinenti – in funzione di stadio fisiologico della coltura e di eventuale sviluppo del patogeno – per permettere il miglior risultato quanti qualitativo all’agricoltore. La gestione delle infezioni primarie, da questo punto di vista, è un buon viatico per permettere il miglior e più facile controllo dei successivi processi infettivi, quelli che poi arrecano i danni maggiori. Fortunatamente il “carniere” a disposizione di antiperonosporici e ricco di soluzioni che, in base alle modalità di comportamento sulla pianta possiamo dividere tra: - prodotti di superficie (ai più noti come prodotti di contatto): rimangono sulla superficie esterna degli organi vegetativi e possono impedire l’incontro di spore e conidi di patogeno ed ospite qualora usati tempestivamente e preventivamente; purtroppo queste sostanze si dilavano dopo piogge importanti e consecutive; - prodotti citotropici-translaminari: riescono a penetrare la cuticola e ad essere traslocati in zone limitrofe dell’organo vegetale trattato dove inibiscono la formazione delle oospore e, alcuni di essi, controllano anche la successiva sporulazione; si tratta di prodotti che hanno una maggiore persistenza e non vengono dilavati; - prodotti sistemici: assorbiti dagli organi trattati vengono traslocati rapidamente entrando nel circolo della linfa grezza (molto attiva nelle foglie già dall’inizio ma che, nei grappoli, inizia in fasi avanzate della sua crescita) e producendo la mal-
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formazione delle ife fungine bloccano la successiva formazione di austori e spore; per quanto appena esposto si intuisce che queste sostanze, una volta assorbite ed entrate, non vengono influenzate dalle piogge. Per una corretta strategia di difesa l’alternanza di molecole con diverso meccanismo e modalità d’azione è il presupposto anche per una corretta strategia antiresistenza. Su questo si basa lo sviluppo della ricerca BASF che ha prodotto di recente due soluzioni che combinano e traducono in pratica questi concetti. Enervin Duo ed Enervin Pro (Tabella 2) contengono tre sostanze attive con le caratteristiche peculiari (Tabella 3) per proteggere la produzione agricola: - ametoctradin: sostanza attiva con alto valore di lipofilia, infatti il suo log P (coefficiente di ripartizione ottanolo/acqua) è tra i più alti e consente l’adesione e la redistribuzione del prodotto con le umidità successive (rugiada e/o pioggia); - dimetomorf: prodotto dalle spiccate caratteristiche citotropico-traslaminari e dotato di attività antisporulante sul fungo; - fosfonato di potassio: soluzione che associa alla sua sistemia acropeta e basipeta (molto richiesta nella fase di rapida crescita della pianta) la possibilità di attivare le difese naturali della pianta. Da non trascurare la buona efficacia che la molecola offre anche dal punto di vista del controllo dell’oidio che, da prove sperimentali mirate, possiamo valutare vicina al 60%. Questi due prodotti, quindi, ben si inseriscono nella strategia di difesa dell’uva da tavola potendo essere utilizzati proprio nelle fasi più critiche della malattia,
quando sono necessarie le valenze fisico chimiche di queste sostanze attive, nelle fasi fenologiche più suscettibili e cioè alla differenziazione dei grappolini, in prefioritura ed allegagione. Resta da capire, questo il dilemma di chi lavora dovendosi districare tra i vari capitolati dei supermercati, come possiamo fare a gestire in maniera ottimale la peronospora escludendo alcune sostanze attive e dovendo rincorrere l’obiettivo di avere un basso numero di residui sull’uva da tavola e con bassissime percentuali di sostanza attiva rilevata. Dal nostro punto di vista stiamo cercando di guardare un pò più da vicino a questi aspetti (chi fosse interessato può contattare i nostri referenti sul territorio per maggiori e puntuali informazioni) con attività mirate alla valutazione dell’efficacia delle strategie e di un’ottimizzazione della gestione della residualità delle sostanze attive. Compito non facile e complesso nella sua eterogenicità di discipline e condizioni operative. Dovremo sforzarci tutti, operatori interessati alla filiera, dovremmo farlo nell’ottica della difesa sostenibile del reddito degli agricoltori ed a salvaguardia dei consumatori: ma spesso gli obiettivi non riescono a trovare comunione di intenti e, talvolta, non si riesce proprio ad aprire un fronte dialogativo su questi temi. Ma questa è storia nota agli addetti ai lavori su cui, probabilmente, dovremo tornare a discutere con maggiore responsabilità e chiarezza soprattutto in un futuro che si prospetta sempre meno ricco di soluzioni.
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Open day all’Istituto Majorana con una selezione di prodotti pugliesi
Mordi la Puglia in festa con la Puglia nel cuore di Paola DILEO
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ordi la Puglia in festa per il suo 2° compleanno e, come sempre, con la Puglia nel cuore. Il giovanissimo movimento non “demorde” e continua la sua corsa nella promozione e valorizzazione della Puglia buona , onesta e plurale. Un progetto ambizioso a breve, medio e lungo termine che inizia a prendere forma, intrecciando relazioni virtuose tra enti, associazioni, persone, imprese in diversi campi d’attività, dal Gargano a S. Maria di Leuca. Quindi, una rete articolata fra coloro che hanno a cuore le sorti della propria terra, per accrescerne l’immagine e l’economia, attraverso iniziative diverse, conferendo slancio e visibilità anche alla Puglia minore, agli occhi di viaggiatori, turisti, gastronauti, ecc. Forte di un brand accattivante, il network Mordi la Puglia è riuscito tramite FB, ad ingranare consensi: è seguito da 1856 persone e la comunità sfiora oggi i 4000 membri. Risultati lusinghieri che lasciano presagire un incremento della compagine da parte di soggetti diversi che collaborano in modo libero
e autonomo per il decollo delle eccellenze di Puglia tout court. La festa di compleanno del 5 giugno scorso all’Istituto Alberghiero Ettore Majorana di Bari, non poteva non dare voce alla rete di Mordi la Puglia , tramite workshop, cooking show, mostre, corner book, talk show e tanto altro. Una straordinaria occasione formativa per gli studenti dell’Istituto Alberghiero che ha ospitato l’evento, ma anche per gli amanti del-
la Puglia e delle sue bellezze /bontà. L’iniziativa nata da un’idea del giornalista-enogastronomico Sandro Romano, col patrocinio dell’Accademia Italiana di Gastronomia e Gastrosofia, dell’IPSSAR di Bari, coi contributi di Michelangelo Romano (fondatore e coordinatore di MLP), Stefano Pentassuglia dell’ASS. U Panarìdd, e media partner come Sinestesie Mediterranee, Oraviaggiando.it, LSD Magazine .
Un ‘acqua oligominerale sostenibile al 100%
Tra le eccellenze di Puglia si fa notare l’acqua minerale Orsini
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’open day del 5 giugno scorso , targato Mordi la Puglia, si è concluso con la “Cena degli amici”, un momento di puro piacere gourmet con gli allievi del Istituto Alberghiero Majorana e il corpo docente. A loro il compito di predisporre e preparare un menù completo, attingendo a una selezione di eccellenze pugliesi , dalla pasta fresca ai vini, dagli ortaggi all’olio , finanche all’acqua. Si , l’Acqua minerale Orsini, rivelazione della serata, che si è fatta notare e apprezzare dagli addetti ai lavori , ma non solo. Lady “Orsini”, la nuova acqua minerale made in Puglia, nasce nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia , precisamente nel comune di Poggiorsini, un paesino di poche anime in un territorio naturalistico di straordinaria bellezza e con un ricco bacino idrogeologico. La società “Sorgente di Puglia”srl, nuova proprie-
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di Paola DILEO taria della concessione mineraria, mira a valorizzare un’ attività strategica per l’intera economia regionale, spinta sempre più all’acquisto di acque extraregionali. La Puglia infatti , soddisfa solo il 3% del proprio fabbisogno con acque minerali estratte e imbottigliate in situ, il restante 97% è coperto da acque di altre regioni italiane. Acqua Orsini punta anzitutto alla qualità e alla sostenibilità del prodotto, grazie anche all’utilizzo di PET VEGBOTTLE, una bottiglia riciclabile al 100%, composta fino al 30% da materiale di origine vegetale (canna da zucchero in sostituzione delle sostanze non rinnovabili derivati dal petrolio e risorse fossili. Un’acqua minerale classificata come oligominerale per il suo equilibrato residuo fisso (298mg/L), insieme al bassissimo contenuto di sodio (pari allo 0,001%) e ad una buona dose di
bicarbonato (225mg/L) che le conferiscono un gusto gradevole, ideale per chi pratica sport e non trascurabile , favorisce la diuresi .
www.foglie.tv
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gricoltura
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Fenomeno non solo del Sud
Nei campi Ue il 25% dei lavoratori sono illegali
’Italia porta a Bruxelles il problema dello sfruttamento del lavoro in agricoltura che, nonostante la sua maggiore diffusione in alcuni paesi del Mediterraneo e nel Sud Europa, ha respiro europeo. Tanto che in Ue si stima che il 25% dei lavoratori nei campi sia illegale. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Best Practices against Work Exploitation in Agriculture’, realizzato dal Milan Center for Food Law and Policy in collaborazione con Coop e presentato al Parlamento europeo nell’ambito del progetto ‘Be Aware’, sulle buone prassi contro lo sfruttamento del lavoro nell’agricoltura. Forme di lavoro illecito e sommerso, si legge nel rapporto, riguardano una “minoranza significativa” del totale dei lavoratori del settore in tutta l’Ue, soprattutto negli Stati del Mediterraneo e dell’Est europeo. In alcuni contesti, come in Romania e Portogallo, le stime parlano rispettivamente del 40 e del 60% di irregolari sul totale dei lavoratori in agricoltura. In Polonia si stima un dato superiore al 25%, in Italia si va oltre il 30%. La legge italiana contro il caporalato, sottolinea lo studio, arriva appena cinque anni dopo un’iniziativa analoga, segnale della “necessità di disciplina di quello che è un fenomeno molto diffuso nel nostro Pa-
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ese”. D’altro canto in Germania e Austria, la percentuale è al di sotto del 10%. Il fenomeno è difficile da misurare, a causa dei diversi parametri che sono adottati nei diversi paesi, a partire dalle differenze nella definizione giuridica di azienda agricola. Una disomogeneità normativa che coincide con un cono d’ombra nella legislazione europea, per diventare anche barriera tecnica al commercio e fattore di distorsione della concorrenza nel mercato interno. Le differenze tra le realtà nazionali si spiegano con la diversità strutturale dei sistemi agricoli, la presenza più o meno significativa di produzioni stagionali e quella più o meno forte dell’immigrazione, il numero di aziende agricole e la loro capacità di innovare dal punto di vista dei processi tecnologici, capaci di incidere sulla quantità e la qualità della manodopera necessaria a svolgere le lavorazioni in azienda. Ma, anche, con diversi modi di considerare dal punto di vista giuridico, e misurare da quello statistico, definizioni essenziali a tracciare il quadro generale del problema come “lavoratore” o “azienda” agricola. Non è semplice individuare le vittime di lavoro informale, sommerso o gravemente sfruttato, e chi prova a occuparsi del fenomeno a livello europeo si trova davanti a una “zona grigia”, non solo in
riferimento alla presenza di comportamenti illegali, ma anche per la difficoltà di reperire dati omogenei. Le buone prassi tuttavia esistono, come in Italia con la Campagna “Buoni e giusti” della Coop e i progetti della Caritas, in Francia grazie alle regole sulla raccolta dell’uva o in Spagna nel settore dell’ortofrutta nella regione dell’Almeria, dove l’agricoltura funziona da strumento di integrazione di immigrati e non di emarginazione. FOCUS EUROPARLAMENTO CONTRO CAPORALATO Uniformare le normative dei diversi paesi Ue sul lavoro nero per aggredire a livello europeo il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura. È quanto si propongono il Milan Center for Food Law and Policy e Coop con il progetto “Be Aware”, sulle buone prassi contro lo sfruttamento del lavoro nell’agricoltura, che è stato presentato al Parlamento europeo. All’evento di presentazione dell’iniziativa c’è stata la partecipazione del presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani, di diversi eurodeputati come Paolo De Castro, Patrizia Toia, Elena Gentile e Maria Arena, del presidente Ancc-Coop Stefano Bassi e della presidente del Milan Center for Food Law and Policy Livia Pomodoro.
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CAROSELLO MANDURIA E POPUNEDDHA CORIGLIANO ALTRI ELISIR DI SALUTE E GUSTO
SUPERFOOD: A RUBA I ‘BIODIVERSI’ COME LE CAROTE DI POLIGNANO
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n grande spolvero i ‘superfood’ della nonna, i prodotti ‘biodiversi’ a rischio di estinzione che riscuotono uno straordinario e rinnovato successo per le proprietà salutistiche e il gusto ‘sincero’ a cui vengono associati. Dalla carota viola di Polignano, alla testa di morte, ai peperoncini ‘guardacielo’, alle albicocche ‘cafone’, alle susine bianche, sono i ‘supercibi’ che un consumatore su quattro (25%) ha acquistato almeno qualche volta durante l’anno. E’ quanto emerso dall’indagine Coldiretti/Ixe’ presentata in occasione dell’incontro su “Le vacanze tra cibo e cultura con i superfood della nonna” nell’anno dedicato dall’Onu al turismo sostenibile. La Puglia può contare su 632 varietà vegetali a rischio estinzione oltre ai 251 prodotti riconosciuti tradizionali dal MIPAF, 9 prodotti DOP (5 oli extravergini, Pane di Altamura, canestrato pugliese, mozzarella di bufala e oliva Bella di Cerignola) e 29 vini DOC, oltre a. E’ tra le prime 3 regioni produttrici di cibo biologico con 4.803 produttori e la prima per numero di trasformatori con 1.796 operatori. Le carote viola di Polignano sono considerate un vero e proprio elisir di lunga vita anche grazie alle elevate quantità di polifenoli, flavonoidi e antocianine dal potere antiossidante, mentre il barattiere, antica varietà di cetriolo pu-
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gliese, è l’ideale per chi è a dieta, poiché assicura un elevato contenuto in potassio e basso di zuccheri e sodio. Barattieri, popuneddha di Corigliano, carosello di Manduria sono calorici (contengono solo 13 calorie per 100 grammi di parte edibile), digeribili, ricchi in acqua (90%), vitamine A e C e sali minerali (potassio, sodio, calcio e fosforo), sono ideali nelle diete ipoglicemiche ed ipocaloriche. Alcuni medici consigliano l’assunzione di peperoncini fino a cinque volte la settimana anche ai bambini dai 7 ai 16 anni. Il peperoncino ha un forte potere antiossidante, e questo gli è valso la fama di antitumrorale. Inoltre, il peperoncino si è dimostrato utile nella cura di malattie da raffreddamento come raffreddore, sinusite e bronchite, e nel favorire la digestione. Sono solo alcuni esempi di ‘superfood’ offerti negli agriturismi di Campagna Amica di Coldiretti che gli agrichef ripropongono ai turisti italiani e stranieri, grazie alla riscoperta delle ricette della nonna. La Puglia, tra l’altro, può contare su 245mila ettari di aree naturali protette, di cui il 75,8% rappresentato da parchi nazionali - del Gargano e dell’Alta Murgia - e l’8,3% da aree naturali e riserve naturali marine. Le provincie che presentano la più alta percentuale di territorio soggetta a protezione sono quella di Foggia (51,5%) e Bari (27,7%). In
questi luoghi protetti la varietà vegetale comprende 2.500 specie. Va rispettato il modello di agricoltura costruito attorno al territorio e alla certezza di sicurezza alimentare e ambientale da garantire ai cittadini-consumatori, perché il territorio è lo strumento per offrire bellezze, bontà e genuinità, quindi, anche occasione di autentico miglioramento della qualità della vita, non sacrificabile sull’altare di uno sviluppo apparente e non sostenibile. Il turismo enogastronomico è il vero traino dell’economia turistica pugliese anche grazie alle strutture agrituristiche che hanno fatto del cibo il vero testimonial di una Puglia da scoprire. Quasi un anno fa è stata approvata la legge per la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare. La nuova legge prevede l’Istituzione di un Sistema nazionale della biodiversità agraria e alimentare, l’avvio di un Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo, l’Istituzione di un Fondo di tutela per sostenere le azioni degli agricoltori e degli allevatori. Inoltre, all’interno del piano triennale di attività del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) sono previsti interventi per la ricerca sulla biodiversità agraria e alimentare, sulle tecniche necessarie per favorirla, tutelarla e svilupparla.
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Presidente il veronese Gianni Dalla Bernardina
NASCE LA CONFEDERAZIONE AGROMECCANICI E AGRICOLTORI ITALIANI
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l 27 maggio scorso a Milano Marittima è nata ufficialmente la Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani (Cai), nel corso di un’assemblea che ha nominato alla presidenza il veronese Gianni Dalla Bernardina e alla vicepresidenza Sandro Cappellini di Mantova. Il nuovo sindacato rappresenta 18mila imprese di contoterzisti agrari e alcune migliaia di imprese agricole su tutto il territorio nazionale, per un valore alla produzione di 3,7 miliardi di euro (fonte: Istat). “Completiamo un percorso di integrazione che è iniziato il 5 dicembre 2013, con la costituzione del Coordinamento Agromeccanici Italiani – dichiara Gianni Dalla Bernardina -. Assumo la presidenza della Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani con la consapevolezza che per raggiungere obiettivi di crescita sostenibile, il mondo agricolo deve puntare a livelli sempre più alti di integrazione: in questo senso, le imprese agromeccaniche rappresentano un potente strumento per creare spazi di incontro e di collaborazione tra i differenti protagonisti del mondo rurale”. Il dialogo, per il vicepresidente vicario, Sandro Cappellini, “dovrà investire anche le istituzioni, affinché si definiscano le regole per nuove politiche di sviluppo rurale, che favoriscano la cooperazione tra diversi protagonisti del mondo rurale, senza discriminazioni, ma con l’obiettivo di rilanciare concretamente i diversi sistemi territoriali”. Oggi il settore del contoterzismo agricolo è rappresentato da circa 18.000 imprese, di cui 10.000 professionali,
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che operano in favore di circa 1 milione di aziende agricole, effettuando oltre 65% delle operazioni agricole eseguite con mezzi meccanici e con punte che superano il 98% per la raccolta dei cereali, il 70% per la raccolta delle colture industriali (come pomodoro da industria o barbabietola) e il 70% dei trattamenti fitosanitari. Secondo i dati dell’ultimo censimento in agricoltura, 212.000 aziende agricole (13% del totale) hanno affidato completamente la gestione a imprese di meccanizzazione agricola, affidando in toto ai contoterzisti una superficie di 1 milione di ettari. Tra le attività di supporto e quelle secondarie, il contoterzismo genera un valore complessivo di 10,6 miliardi di euro (dato: 2015, fonte Crea), in crescita del 24,8% rispetto al 2010. La Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani (Cai) è l’ultima tappa di un percorso nel contoterzismo agricolo che ha visto la nascita nel 2013 del Coordinamento degli Agro-
meccanici Italiani, formato da Unima e Confai (nata nel 2004). Unima e Confai, con l’assemblea che ha completato l’unificazione, di fatto non esistono più. La Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani (Cai) rappresenta oltre l’85% dell’impresa sindacalizzate ed è costituita da sei federazioni regionali (Lombardia, Veneto, EmiliaRomagna, Piemonte, Toscana, Marche), 55 associazioni territoriali, dall’unione nazionale frantoi oleari (a sua volta costituita da 24 strutture provinciali) il numero di imprese singole sparse su tutto il territorio nazionale. “Tra gli obiettivi del nuovo sindacato unitario delle imprese agromeccaniche e agricole – afferma Gianni Dalla Bernardina – il raggiungimento della definizione legislativa della figura dell’agromeccanico professionale e l’avvio di un dialogo fra sistema agricolo e istituzioni e la collaborazione fra tutti i soggetti del comparto primario”.
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Empasse Assessorato su Psr, semplificazione, fauna selvatica
Coldiretti Puglia: “Manca strategia condivisa e ascolto del territorio”
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ue anni di occasioni mancate per la Puglia – denuncia il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – e non si può più sottacere l’assoluta mancanza di strategia regionale condivisa per il settore agricolo. Dal PSR, alla semplificazione, dalla gestione dell’acqua alla fauna selvatica, gli agricoltori pugliesi aspettano provvedimenti e sostegni finanziari di cui non si ha certezza alcuna. Basti pensare che 5mila giovani aspettano da un anno, che sia finalmente attivo il portale per presentare le domande di primo insediamento per 40milioni di euro, dotazione finanziaria assegnata ad un Bando aperto nel lontano luglio 2016. Il mancato funzionamento del portale inibisce l’inserimento dei business plan anche su altri bandi. Gravissimo – continua Cantele - il ritardo accumulato anche sul fronte della semplificazione in agricoltura. La burocrazia fa perdere fino a 100 giorni di lavoro all’anno che vengono sottratte all’attività degli agricoltori in un difficile
momento di crisi. Eppure il provvedimento ‘azzera burocrazia’ è stato approvato con delibera di Giunta regionale n. 243 nel lontano 18 febbraio del 2013. Purtroppo, a distanza di 4 anni non sono state scritte le determine di attuazione, tranne una che è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale e frettolosamente ritirata. Intanto, gli agricoltori sono in balia di cinghiali e predoni, in un clima da far west per l’assenza di sicurezza e presidio delle aree rurali”. Il resoconto del mancato ascolto del territorio – secondo Coldiretti Puglia – attiene anche altre spinose questioni aperte che sono emerse nel corso di una Giunta d’urgenza dei Presidenti di Coldiretti della Puglia che ha esaminato l’attuale stato del settore agricolo. “E’ rimasta inascoltata la nostra richiesta di convocazione del tavolo di filiera lattierocasearia – incalza il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti – necessità dovuta all’attuale situazione del mercato del latte in Puglia, soprattutto alla luce dell’entrata
in vigore del Decreto sull’etichettatura obbligatoria che impone scelte chiare sotto svariati aspetti. Il sostegno ai sistemi produttivi e della trasformazione in termini promozionali e, più in particolare, in termini di programmazione di fondi pubblici, debbono, a nostro avviso, concentrarsi su aziende e filiere che esaltino il valore del Made in Puglia. Caduto nel dimenticatoio anche il tavolo cerealicolo, che si è riunito su nostra sollecitazione – continua Corsetti - l’anno scorso solo una volta, in occasione della ‘guerra del grano’. Altrettanto pericolosa la mancata offensiva, aldilà dei rapporti di collaborazione con il Commissario dei consorzi di bonifica, che doveva essere già stata organizzata per la governance dell’acqua in Puglia tra Consorzi, Arif e Aqp, con lo spauracchio della gestione pubblica che, oltre ad aggravare i costi a carico degli agricoltori del 10%, non potrà sfruttare appieno i finanziamenti pubblici messi a disposizione dai Piani Nazionali”.
“Emiliano e Di Gioia smentiscano o agiscano”
Fratelli d’Italia: “La Puglia non sblocca i fondi del Psr”
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l presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e l’assessore regionale alle Politiche agricole, Leonardo Di Gioia, prendano atto della situazione che vede bloccati i fondi del PSR (Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020) destinati al comparto agricolo e agroalimentare pugliese che di fatto non consentono agli operatori del settore di fruire delle risorse per poter avviare nuove aziende e ristorare le perdite dovute alle calamità naturali ad altre aziende. I tre esponenti pugliesi di Fratelli d’Italia, Erio Congedo (consigliere regionale), Marcello Gemmato (coordinatore regionale) e Filippo Melchiorre (coordinatore provinciale di Bari), hanno presentato in conferenza N° 11 - 15 giugno 2017
stampa un loro documento con le Misure e i relativi importi che allo stato attuale non sono stati evasi.“Ben 1.637.880.992 di fondi della programmazione 2014-2020 – hanno detto – sono sciaguratamente chiusi nel cassetto invece di essere messi a disposizione e quindi sottratti al comparto agricolo in questi anni fortemente provato da calamità naturali, emergenza Xylella, vincoli dell’unione Europea, crollo del prezzo dei prodotti e concorrenza dei Paesi esteri. “Ci smentiscano –hanno dichiarato inoltre Congedo, Gemmato e Melchiorre- oppure, come noi riteniamo, mettano in campo le somme spettanti agli operatori agricoli e agroalimentari pugliesi che costituiscono
una componente importante dell’economia territoriale”. “Assordante – hanno concluso è il silenzio delle altre forze politiche che non si sono esposte sul tema. Questi atteggiamenti danno il senso di quanto le dinamiche politiche nazionali stiano incidendo fortemente sulla politica locale”.
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A cura del consorzio La Puglia è Servita
Noi Di Sala sbarca in Puglia
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l consorzio La Puglia è Servita porta a casa un importante risultato per il mondo dell’ospitalità nella ristorazione pugliese: ha infatti dato vita alla delegazione regionale di Noi di Sala, prestigiosa associazione che riunisce i migliori camerieri e sommelier d’Italia. Noi di Sala affida così a La Puglia è Servita i propri valori fondanti, operando insieme per diffondere e promuovere la cultura dell’accoglienza e del servizio nell’ambito della ristorazione. In un momento di grande ascesa turistica per la Puglia, acclamata dalle più prestigiose testate internazionali come una delle mete più interessanti da visitare, La Puglia è Servita vuole puntare all’eccellenza con le proprie strutture socie, formando personale specializzato per accompagnare i clienti in un’esperienza a 360 gradi nell’accoglienza, nel gusto e nell’ospitalità di alto livello. La
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squadra pugliese di Noi di Sala si occuperà proprio di fare da trait d’union tra l’associazione nazionale e il nostro territorio, portando in Puglia percorsi di formazione specifica con docenti di prestigio e attività che valorizzino le professionalità del mondo della ristorazione, potenziando le capacità ricettive delle strutture socie. La squadra pugliese di Noi di Sala è stata presentata a Bari presso la sede de La Puglia è Servita in via Giuseppe Sangiorgi, 15. Per l’occasione sono intervenuti il presidente nazionale di Noi di Sala Marco Reitano, Chef Sommelier del ristorante La Pergola dell’Hotel Rome Cavalieri di Roma, e il direttore amministrativo Matteo Zappile, Restaurant Manager del Ristorante Il Pagliaccio** Roma. La delegazione pugliese sarà guidata da Antonello Magistà (ristorante “Pashà”, Conversano) e composta da: Gianni De
Bellis (“MyWine”, Monopoli) come responsabile dei corsi, Michele Matera (ristorante “Corteinfiore”, Trani) come responsabile eventi, Francesca Mosele (ristorante “La Bul”, Bari) per l’ufficio stampa e social network e Daniela De Cosmo (ristorante “Biancofiore”, Bari) come responsabile amministrativo. La giornata suggella così un importante accordo, che permetterà ai soci de La Puglia è Servita di eccellere nell’accoglienza e di portare anche in Puglia le attività dell’associazione “Noi di Sala”, che comprendono corsi di formazione specifici sulla presentazione dei prodotti, il servizio in sala, l’accoglienza del cliente tenuti dai più importanti esperti del settore a livello nazionale, eventi e attività di promozione.
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T R urismo
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Tv e stampa nazionale alla scoperta di ceramica e bellezze naturalistiche
La Terra delle Gravine nuova meta per un turismo di qualità
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a Puglia anche quest’anno si conferma una Regione attrattiva. Sono ottime le performance registrate nel 2016: complessivamente 3,7 milioni di arrivi (3,4 milioni nel 2015) e 14,4 milioni di presenze (13,5 milioni nel 2015). I dati diffusi in occasione della Borsa del Turismo di Milano riportano, rispetto al 2015, un incremento sia degli arrivi (+ 9%), sia dei pernottamenti (+7%). In questo quadro si inserisce la proposta di raccontare una Puglia che del turismo ha fatto la sua naturale declinazione economica e culturale, la Terra delle Gravine. Un territorio ampio che va da Laterza sino a Grottaglie, le due città unite anche nel segno della ceramica e della tradizione maiolica, passando da Ginosa, Palagianello e Castellaneta. Nel mezzo un mondo straordinario da raccontare, fatto di eccellenze naturalistiche, come la Gravina, ovvero il più grande Canyon naturale con i suoi villaggi neolitici, che riprende la bellezza dei sassi di Matera, e con un’offerta per N° 11 - 15 giugno 2017
un turismo variegato: amanti della natura, dello sport estremo o chi è alla ricerca della bellezza delle permanenze storiche e architettoniche. Una vacanza su misura insomma, da modulare sulla base delle esigenze del turista che ha voglia di scoprire una Puglia nuova. «C’è una ricchezza naturalistica che è ormai patrimonio indiscusso e autentico – spiega Gianfranco Lopane, sindaco del comune di Laterza capofila dell’unione dei comuni che si ritrovano, appunto, nel nome della Terra delle gravine. Basta arrivare a Grottaglie dove le cave di Fantiano sono lo scrigno di un parco naturalistico in cui olivi secolari e boschi di Pino d’Aleppo sono la cornice di un sistema di grotte e antichi insediamenti spettacolari; o ancora il villaggio neolitico incastonato nella porzione di gravina nell’are di Ginosa». Un percorso alla scoperta della cultura e delle tradizioni di questa terra che da ormai qualche anno si sta imponendo non solo per la sua offerta culturale e turistica, ma anche e soprattutto per una
proposta gastronomica che del chilometro zero e delle produzioni di qualità sta facendo la sua bandiera gastroalimentare. «Abbiamo deciso di fare rete – continua il sindaco Lopane – di vivere realmente il bisogno di una strategia comunicativa comune che metta insieme le risorse e aumenti la forza propositiva di piccoli comuni che hanno grandi storie da raccontare». È per questo che dal 3 al 6 giugno sono arrivati nei cinque comuni alcuni giornalisti espressione di testate nazionali che si occupano di turismo che hanno avuto la possibilità di scoprire le opportunità offerte da questa porzione di Puglia che, in vista di Matera 2019, vuole ricoprire un ruolo da protagonista nelle politiche dell’accoglienza e del turismo di qualità. Bell’Italia, Plein Air, Il Giornale, Dove viaggi del Corriere della Sera, le telecamere di Mediaset e Rai oltre a un importante tour operator nel settore luxury, sono stati gli ospiti per i tre giorni di “racconto” di questa terra straordinaria.
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