FOGLIE n.16/2017

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Agricoltura • Agroalimentare • Turismo RURALE

E’ TUTTA UNA BUFALA L’inutile “guerra” delle mozzarelle agricoltura

Xylella: l’olio pugliese mantiene qualità e non diffonde batterio Inps: modifiche ai contributi agricoli agroalimentare

Il “caso” dell’uva da tavola e la sua comunicazione

N° 16 • 15 settembre 2017





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ditoriale

15 settembre 2017 - n.16 - Anno 12

Quindicinale di Agricoltura Agroalimentare Turismo RURALE

S Iscritto all’Albo Cooperative a Mutualità Prevalente N.A182952 Editrice

G.Ed.A. Giovani Editori Associati Soc. Coop. Via Alcide De Gasperi 11/13 - 70015 - Noci (BA) Direttore responsabile Vito Castellaneta Grafica e impaginazione G.Ed.A. Giovani Editori Associati Hanno collaborato Donato Fanelli, Antonio Resta, Rocco Resta, Nicola Trisolini, Paola Dileo, Nica Ruospo, Rino Pavone, Donatello Fanelli Pubblicità G.Ed.A Rino PAVONE r.pavone@foglie.tv 380 6328672 Stampa Grafica 080 - Modugno (BA) Registrato al Registro Nazionale della Stampa Tribunale di Bari N. 61/06 del 15/11/2006 www.foglie.tv redazione@foglie.tv 347 9040264 Iscritta al Registro Operatori Comunicazione ROC n.26041 TESTATA GIORNALISTICA ACCREDITATA

“Guerra” delle mozzarelle: è tutta una bufala!

embrava quasi fatta e invece i problemi cominciano prima ancora di arrivare in Commissione europea: la Regione Campania e il Consorzio della mozzarella di bufala si oppongono fortemente al riconoscimento della denominazione di origine protetta Mozzarella di Gioia del Colle e hanno dichiarato che porranno in essere tutte le azioni necessarie per tutelare la Mozzarella di bufala campana Dop, prodotto di punta del comparto agroalimentare campano. E’ dunque scoppiata la “guerra delle mozzarelle”, un conflitto tutto italiano e meridionale che vede incredibilmente contrapposte due tipicità vanto del made in Italy, una di latte di bufala l’altra di latte vaccino, per presunti equivoci e confusioni che potrebbero ingenerarsi nei consumatori nazionali e internazionali. Ma piuttosto che disperdere energie in inutile e fuorvianti ricorsi e intraprendere una insensata guerra all’interno del comparto caseario, non sarebbe più utile e proficuo per l’intero comparto zootecnico e agroalimentare del Mezzogiorno adoperarsi per promuovere le singole filiere? E’ paradossale che la genericità del termine ‘mozzarella’ sia stato fortemente voluta in passato proprio dagli stessi produttori di mozzarella di bufala per contrastare le contraffazioni di chi utilizzava latte vaccino o mischiava i due latti per la loro realizzazione. Ora si punta a mettere in contrapposi-

zione, per polemica politica o per insensati campanilismi, due filiere di latte importanti, una bufalina e l’altra vaccina, che andrebbero sostenute come espressione tipica dei territori campani e pugliese. Quella dei campani, fra l’altro, è una posizione assolutamente infondata e pretestuosa: per definizione il riconoscimento di una DOP si fonda sull’unicità della materia prima e della tecnica produttiva, e non v’è dubbio che la mozzarella di Gioia del Colle sia unica per la materia prima (il latte vaccino), per la tecnica produttiva (a siero-innesto), e per la documentata storia commerciale. Ricordiamo che il lungo cammino intrapreso dall’associazione pugliese «Treccia della Murgia” assistita dal Gruppo Azione Locale «Trulli e Barsento» per l’ottenimento della Dop, farebbe sì che non solo i trasformatori di Gioia del Colle, alla quale si è riconosciuto il merito di aver fatto nascere il prodotto e di averlo fatto conoscere in tutto il mondo, ma anche quelli di altri comuni del barese (Acquaviva, Alberobello, Altamura, Casamassima, Cassano, Castellana Grotte, Conversano, Gravina, Locorotondo, Monopoli, Noci, Putignano, Sammichele, Santeramo, Turi) e del tarantino (Castellaneta, Crispiano, Laterza, Martina Franca, Massafra, Mottola) possano aderire al Consorzio e che quindi sarebbe praticamente l’intero comparto pugliese a essere fortemente penalizzato nel caso la procedura fosse bloccata.



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ommario

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editoriale

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è tutta una bufala! L’inutile guerra delle mozzarelle

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25 INPS

Modifiche ai contributi agricoli

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Il portinnesto “miracoloso”

zootecnia

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AGRICOLTURA

agroalimentare

L’ Europa fissa i paletti

L’olio pugliese mantiene qualità e zero batterio

22 economisti agrari Riuniti a Bisceglie

24 Cassette in legno

Nel 2016 prodotti 400 mln di pezzi nuovi

17 ACCORDI in ortofrutta 18 xylella

21 COLdiretti

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CAMPANIA VS PUGLIA: è SCONTRO Polemiche sulla DOP pugliese

10 due filiere di latte importanti Una bufalina e l’altra vaccina

11 la dop di gioia è indispensabile Il parere del prof. Michele Faccia

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Origine su tutti i derivati

28 slow food

rassegna stampa

Per la prima volta in Fiera del Levante

29 BIRRA

Museo dedicato a Bari

14 il caso dell’uva da tavola Comunicazione molto tecnica


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Il consorzio campano annuncia battaglia

“Guerra” delle mozzarelle tra Campania e Puglia: scontro sul Dop

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a pubblicazione del riconoscimento Dop assegnato alla mozzarella di Gioia del Colle non piace al Consorzio campano della mozzarella di bufala: “il marchio Dop per la mozzarella di Gioia del Colle non s’ha da fare” dichiara Franco Alfieri, consigliere per l’agricoltura della regione Campania. Secondo il portavoce regionale il riconoscimento “denominazione di origine protetta” assegnato al prodotto caseario pugliese violerebbe la normativa europea, e annuncia battaglia per tutelare la mozzarella di bufala campana.

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La posizione della regione Campania e del Consorzio. Lo scorso 28 agosto sulla Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il riconoscimento della Denominazione d’origine protetta, abbreviata con la sigla Dop, alla treccia di Gioia del Colle. A questo riconoscimento è possibile opporsi entro 30 giorni dalla pubblicazione. Tale contrasto deve essere però documentato. Trascorso questo termine, la proposta viene notificata e registrata dagli organismi comunitari. Ciò che contesta Alfieri è che il simbolo europeo Dop compaia sia sulla mozzarella

pugliese sia sulla mozzarella di bufala tutelata, prodotta solo con latte di bufala, e ancora sulla treccia pugliese, fatta con latte vaccino della Murgia. L’utilizzo di questa sostanza non permette, secondo Alfieri, di distinguere l’origine del latte utilizzato. L’utilizzo esclusivo del latte di bufala per la mozzarella campana, invece, rappresenta un simbolo di unicità, da tutelare appunto con un marchio. La replica dell’assessore pugliese all’agricoltura L’assessore regionale pugliese all’Agricoltura, Leonardo Di Gioia, non crede che “si possa

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prefigurare chissà quale danno a un settore importante quale è quello campano. Noi difenderemo e tuteleremo le scelte dei produttori pugliesi, ma più che l’idea di fare una guerra, dobbiamo insieme aggredire mercati, cogliere opportunità per tutti”, dice l’esponente della giunta di Michele Emiliano. Di Gioia ha ribadito che il nome mozzarella non può essere “dichiarato giuridicamente utilizzabile in esclusiva” e sottolinea come il vero oggetto del contendere sia la trasformazione del marchio collettivo “Treccia della Murgia e dei Trulli” in “Mozzarella di Gioia del Colle”. Questa scelta può creare confusione nel consumatore e fargli credere che “anche a Gioia del Colle ci siano le mozzarelle di N° 16 - 15 settembre 2017

bufala”. La trattativa con il ministero per la richiesta del marchio Dop per il prodotto pugliese è iniziata nel 2011, ma solo nel 2015 è diventata pressante. In quell’anno sono apparsi i primi cambiamenti. La prima bozza del disciplinare di produzione, indispensabile per ogni richiesta di Dop, subisce qualche rimaneggiamento, compare il nome “mozzarella” e vengono incluse diverse forme: all’articolo 2 si parla di “sferoidale”, “nodo” e “treccia”. “Ma - sottolinea Di Gioia nella sua riflessione - in ballo c’è una partita economica non piccola”. I numeri della mozzarella campana contro quella pugliese Infatti, le differenze economiche tra i due prodotti caseari sono notevoli. Il Consorzio

campano ha chiuso il 2016 con 44.270 tonnellate di mozzarella di bufala prodotte e vendute, segnando un +7% rispetto al 2015. Per il 2017 si prevede una chiusura di fatturato con un +8/9%. In due anni, dunque, si è registrato un incremento delle vendite del 15%, diventando l’unico prodotto agroalimentare che in piena crisi ha visto crescere i suoi profitti. All’estero nel 2016 è andato il 32% della produzione totale, con un aumento delle vendite del 10% rispetto al 2015. Principali acquirenti: Francia, Germania e Regno Unito. In totale, il mercato della mozzarella di bufala vale circa 500 milioni di euro: numeri maggiori rispetto a quelli del comparto caseario pugliese.

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La genericità di “mozzarella” è sostenuta da Giurisprudenza e normative nazionali

L’ INUTILE GUERRA DELLE MOZZARELLE

a Regione Campania si oppone fortemente al riconoscimento della denominazione di origine protetta Mozzarella di Gioia del Colle e ha già dichiarato che porrà in essere tutte le azioni necessarie per tutelare la Mozzarella di bufala campana Dop, prodotto di punta del suo comparto agroalimentare. Al contempo, il deputato Paolo Russo (FI) ha lanciato una petizione online nonché presentato una interrogazione parlamentare per chiedere al Ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina di sospendere la procedura per il riconoscimento del marchio DOP al prodotto caseario della Murgia pugliese. Insomma, è scoppiata la “guerra delle mozzarelle”, un conflitto tutto italiano e meridionale che vede incredibilmente contrapposte due tipicità vanto del made in Italy, una di latte di bufala l’altra di latte vaccino, per presunti equivoci e confusioni che potrebbero ingenerarsi nei consumatori nazionali e internazionali. Ma piuttosto che disperdere energie in inutile e fuorvianti ricorsi e intraprendere una insensata guerra all’interno del comparto caseario, sarebbe più utile e proficuo per l’intero comparto zootecnico e agroalimentare del Mezzogiorno adoperarsi per promuovere le singole filiere . Peraltro, è paradossale che la genericità del ter-

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mine ‘mozzarella’ sia stato fortemente voluta in passato proprio dagli stessi produttori di mozzarella di bufala per contrastare le contraffazioni di chi utilizzava latte vaccino o mischiava i due latti per la loro realizzazione. Ora si punta a mettere in contrapposizione, per polemica politica o per insensati campanilismi, due filiere di latte importanti: una bufalina e l’altra vaccina che andrebbe sostenute come espressione tipica dei territori campani e pugliese. Ad oggi, infatti, l’unica “mozzarella di bufala” è quella campana Dop. Chiunque altro produca in Italia o nell’Unione europea una mozzarella con latte bufalino non Dop può farlo ma solamente utilizzando la formula del doppio genitivo “mozzarella di latte di bufala” alla quale non può essere associata in alcun modo una denominazione geografica. Il termine “mozzarella”, peraltro, è privo di tutela e può oggi essere utilizzato liberamente anche per indicare formaggi freschi prodotti al nord con latte vaccino come ribadito sin dal 1982 dai professori universitari Cortesi e Maranelli nel loro studio “Fiordilatte e Mozzarella: Considerazioni di ordine igienico e normativo”. Inoltre, è l’allora ministro delle Politiche agricole, il salernitano Michele Pinto (PPI), ad aver riscostruito la storia terminologica dei prodotti

caseari realizzati con latte di bufala o con latte vaccino. Rispondendo ad una interrogazione parlamentare nell’ottobre 1998, Pinto ricorda il decreto del Presidente della Repubblica del 1979 volto a proteggere il prodotto ottenuto con latte di bufala rispetto al prodotto ottenuto prevalentemente o solamente con latte di vacca. Nonché la volgarizzazione del termine “mozzarella” sostenuta anche da numerose sentenze di Cassazione passate in giudicato che ne permettono l’uso a chiunque. La soluzione ideale per venire incontro alle richieste di riconoscibilità esclusiva dei produttori di Mozzarella di bufala campana Dop potrebbe effettivamente essere quello di sottolineare graficamente nel marchio l’origine vaccina del latte della Mozzarella di Gioia del Colle Dop. Avremo così due filiere in grado di sostenere l’agroalimentare del Sud Italia, ognuna con proprie specificità e caratteristiche e senza che una sia tacciata di essere la bella o brutta copia dell’altra.

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La parola all’esperto tecnologo alimentare prof. Michele Faccia

“La DOP della Mozzarella di Gioia del Colle: era ed è indispensabile”!

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na incomprensibile contesa tra due regioni amiche, che auspichiamo si risolva in tempi celeri x la migliore tutela della “Mozzarella di Gioia del Colle”, che invoca da tempo maggiore dignità e visibilità, un’eccellenza gastronomica al pari della consorella bufalina campana. Al prof. Michele Faccia, docente di Scienze e Tecnologie Alimentari (Università degli Studi di Bari) anche referente scientifico del comitato promotore funzionale alla stesura del disciplinare di produzione (scritto dal medesimo per la parte tecnologica e dai tecnici dell’Ass. Allevatori per la parte zootecnica) chiediamo: Il 28 agosto scorso la pubblicazione su Gazzetta ufficiale della proposta di riconoscimento della DOP “Mozzarella di Gioia del Colle”, ha scatenato la furia della Regione Campania e del Consorzio DOP “Mozzarella di bufala campana”. Si ritiene che la denominazione “Mozzarella di Gioia del Colle”possa generare confusione tra i consumatori e disorientarli all’acquisto del superlativo prodotto campano, con conseguenti danni economici per il comparto. è così? Io sono un Tecnologo Alimentare, esperto in chimica e tecnologia del latte, con competenze nella normativa di settore. Posso dunque dare risposte a quesiti di tipo tecnico-scientifico. La domanda posta riguarda invece aspetti socio-economici, che a mio avviso non hanno rilevanza giuridica ai fini del riconoscimento di una DOP. Posso però fornire la mia opinione. Sostanzialmente la mia risposta è che no, non vedo rischi di confusione, perché i due prodotti sono profondamente diversi e non si fanno concorrenza, come dimostrato dalla ottima tenuta di mercato di entrambi, anche in tempodi crisi. Il consumatore li distingue con chiarezza, i relativi mercati di vendita esistono già, e sono solidi e paralleli, in Italia N° 16 - 15 settembre 2017

di Paola DILEO come all’estero. Un esempio: nella Grande Distribuzione inglese, con cui ho contatti da tempo, i due prodotti esistono sugli scaffali con referenze diverse, e sviluppano business diversi. La Mozzarella Bufala viene acquistata da caseifici del Consorzio di Tutela, quella vaccina da diversi fornitori di altre aree geografiche in tutto il mondo, inclusa la Puglia. La confusione potrebbe forse sussistere su mercati nuovi, extraeuropei, anzi direi extra-occidentali, visto che americani, giapponesi, australiani conoscono molto bene le differenze tra le due mozzarelle. Ma anche in tal caso non vedo dove sia il problema: i nuovi mercati si creano, si conquistano, si seducono proprio spiegando le differenze, e il consumatore impara a coglierle assaggiando e scegliendo secondo i propri gusti. Come succede per mille altre prodotti, anchea Denominazione di Origine: si pensi al Primitivo di Manduria e al Primitivo di Gioia del Colle, al Prosciutto di Parma e al Prosciutto San Daniele, e tanti altri ancora… . Dalla Regione Campania promettono ferma opposizione nelle sedi preposte, perché la DOP “Mozzarella di Gioia del Colle” violerebbe per parziale omonimia quanto stabilito dalla normativa europea. Le risulta? Gli amici campani hanno tutto il diritto di fare opposizione, ma sanno benissimo che il termine “mozzarella” è generico e nessuno può rivendicarne un uso esclusivo. Esistono normative e sentenze in merito che non lasciano alcun dubbio: mozzarella è sia quella vaccina che quella bufalina. Se si aggiunge anche il nome geografico (“Gioia del Colle”), l’omonimia scompare del tutto. Cosa dovrebbero dire i produttori di Pecorino ? Pecorino Romano, Sardo, Toscano, Siciliano, di Filiano, Crotonese, di Picinisco, e così via… . Tutti prodotti a D.O.P. fatti da latte di pecora, in cui cambia solo il nome geo-

grafico. Nel caso della mozzarella addirittura la tipologia di latte è diversa… . No, se opposizione sarà, mi aspetto che venga sostanziata con altri argomenti. “Un incidente di percorso” che può rallentare l’iter di perfezionamento della DOP? Quando la troveremo in distribuzione e dove? In caso di opposizione certamente un ritardo ci sarà, e non si può dire nulla sui tempi. Attendiamo che l’opposizione venga formalizzata, poi potremo dare un giudizio. In fase preliminare dei lavori il nome “Treccia della Murgia dei Trulli” era dato per favorito. Perché questo cambio? Perché la storicità del termine “Treccia” è stata ritenuta debole, e ancor di più l’associazione con i termini Murgia e Trulli. E non mi sento di contestare questa interpretazione: esistono documenti locali del XIX secolo che parlano di “mazzi di mozzarelle”, non di trecce o fior di latte… . La storia è storia, e non la si può cambiare per esigenze di mercato. Come nasce l’esigenza di una DOP per la mozzarella pugliese? Perché identificarla solo con il territorio di Gioia del Colle? L’esigenza della DOP non è cosa recente: sono quasi 50 anni che si sta lavorando, finora senza successo. Il comparto lattiero caseario locale ne ha bisogno e ne ha diritto. Ne ha bisogno perché deve competere con le armi della qualità, che indubbiamente possiede e

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devono esserle riconosciute. Competere solo sul prezzo, come si è fatto per troppo tempo, svendendo il prodotto, svilendolo, abbassandone la qualità, significa decretare la morte del comparto zootecnico da latte (ma anche della trasformazione) pugliese. Ne ha diritto perché la mozzarella di Gioia del Colle ha una storia, ed ha caratteristiche qualitative superiori al prodotto “industriale”. L’identificazione esclusiva con Gioia del Colle, poi, è solo nel nome (perché lo dice la storia), mentre l’areale geografico di produzione è più ampio e comprende una ventina di comuni circostanti, in provincia di Bari e Taranto. Ed anche questo lo dice la storia: nulla è stato inventato. La mozzarella di Gioia del Colle come tutte le DOP sarà realizzata secondo un disciplinare di produzione. Quali sono le caratteristiche organolettiche previste e i passaggi salienti di trasformazione? E qui veniamo al punto dolente. Queste informazioni sono purtroppo poco note, anzi, il tempo le ha sommerse, lasciandole cadere nell’oblio… La mozzarella di Gioia del Colle ha caratteristiche innegabilmente superiori al prodotto industriale che, attenzione, non significa necessariamente prodotto in caseifici di grande dimensione !!!! Stiamo parlando del metodo di ottenimento, ed in questo la dimensione aziendale non significa nulla. Per intenderci, la lavorazione deve essere fatta senza impiego di acidificanti o di altri coadiuvanti diversi da caglio, sale e fermenti lattici naturali (cioè autoctoni, diretta espressione del territorio). Questi fermenti lattici sono contenuti nel “sieroinnesto” che viene preparato nello stesso caseificio dal siero del giorno prima e poi viene aggiunto al latte prima della lavorazione.I fermenti lattici fanno “maturare” la materia prima, lentamente: sono necessarie 3-4 ore prima di arrivare a “filare la pasta” in acqua bollente.Tutta un’altra storia rispetto al prodotto convenzionale, in cui non vi è alcuna maturazione, niente fermenti

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lattici, niente fermentazioni, niente tradizione, niente cultura,niente gusto. Fare un prodotto del genere a Bari o a Tokio non fa differenza: nessuna peculiarità, solo tanto sale per mascherare la povertà nel gusto e tanta acqua da far assorbire e poi far rilasciare al taglio, creando un effetto-spettacolo. In realtà fa molta scena, ed il consumatore inesperto crede sia latte, e scioccamente associa il fenomeno ad una tradizionalità che in realtà non è in alcun modo legata a questa performance !!!! E’ solo questione di umidità del prodotto, “trucchetti” in lavorazione, che nulla a che vedere con la garanzia di genuinità e con la tradizione, che solo l’uso del siero innesto può assicurare. La mozzarella di Gioia del Colle ha un gusto più ricco (anche senza l’aiuto del sale, infatti se ne usa di meno), presenta migliore digeribilità (per la presenza di batteri lattici e lo scarso contenuto in lattosio, meno della metà di una mozzarella convenzionale). Volendo fare un parallelo, è un po’ come fare il pane con il lievito madre: la differenza è che il lievito madre è una miscela i cui prevalgono i lieviti sui batteri lattici, nel sieroinnesto è esattamente il contrario.Il procedimento stava scomparendo, perché troppo laborioso,più costoso, difficilmen-

te standardizzabile e poco industrializzabile. Eppure, lavorare a sieroinnesto è una garanzia di salubrità, perché dove vivono i fermenti lattici non possono esservi residui di antibiotici, fitofarmaci, detergenti e sanificanti, etc. Ecco perché proteggere questo prodotto era ed è indispensabile. Pensa che una DOP della mozzarella pugliese possa arginare, in parte, il fenomeno diffuso della contraffazione e l’introduzione nei nostri caseifici di semilavorati di dubbia provenienza? Certamente si. Checché se ne dica, attualmente nessuno può vietare ad un caseificio di usare cagliata importata o latte estero, se in etichetta non vi è alcuna rivendicazione di origine geografica. Le autorità preposte ai controlli fanno quello che possono, ma su questo argomento hanno le armi spuntate. Nel caso di approvazione della DOP, invece, queste pratiche diventerebbero reato penalmente perseguibile. E la musica cambierebbe, eccome !!! In aggiunta, non dimentichiamo che verrebbe fondato un Consorzio di Tutela che andrebbe ad aumentare i controlli. Insomma, le ragioni per questa DOP sono serie, giuste e numerose. Si è lavorato con estrema serietà nell’interesse e nel rispetto di tutti. Speriamo il tempo lo riconosca.

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tampa

Si parla molto a livello tecnico e poco a livello di consumatore

Lo strano caso dell’ uva da tavola e della sua comunicazione di Alessandra Ravaioli - RP Circuiti - in collaborazione con Talkwalker

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a stagione dell’uva è cominciata da un po’ e possiamo già analizzare il sentiment dei consumatori sul web, la diffusione di informazioni sui social e i vari commenti presenti in rete sia in Italia che all’estero. Ebbene: siamo di fronte a un vero paradosso rispetto ai molti altri prodotti che abbiamo analizzato in questa rubrica; infatti di uva si parla tantissimo a livello tecnico-professionale ma pochissimo a livello di consumatore. L’uva da tavola viene citata genericamente sui social con post di Facebook ed Instagram come ingrediente di ricette salutistiche di varia natura, dolci, salate o smoothie, ma quasi mai è l’ingrediente protagonista cui si attribuiscono proprietà nutraceutiche o altro. C’è una differenza sostanziale con la comunicazione di altri prodotti tipo la fragola, il cocomero, la mela, l’arancia e

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tutto questo è sorprendente. Nell’analisi dell’ultima settimana, su Talkwalker sono 14 milioni le citazioni relative all’uva da tavola (in italiano). E le citazioni in lingua italiana riguardano molti paesi tra cui principalmente citiamo gli Stati Uniti, l’Ungheria e la Russia. I principali hastag riguardano argomenti tecnici e lontani dai consumatori. Nel mondo, le citazioni sono miliardi, meno tecniche rispetto all’Italia e più legate al consumo con le solite ricette e foto su Instagram, i commenti su Facebook. Serve più comunicazione La chiave di lettura di questa situazione un po’ paradossale è senz’altro legata a una forte esigenza di comunicazione del settore. Chiaramente penso a una comunicazione orientata ai consumatori, perché è di questo che c’è bisogno. Il mondo dell’uva da tavola, di cui l’Italia è leader produttivo

incontrastato, ha vissuto nell’ultimo decennio una importante rivoluzione varietale con la comparsa, sempre più incisiva, dell’uva senza semi. E’ un prodotto “SENZA”, come quelli più di moda di questi tempi. Ha in generale caratteristiche straordinarie di gusto, sapore, consistenza, resistenza alle manipolazioni. I consumatori l’acquistano e l’apprezzano: e infatti raggiunge una penetrazione di quasi il 50% del totale dell’uva. Manca però la conoscenza del prodotto: requisiti, provenienza, proprietà, unicità. C’è tanto spazio da questo punto di vista per le aziende italiane che potrebbero spingersi un po’ più avanti sui contenuti di comunicazione collegati al prodotto per conquistare visibilità e mercato. I marchi in vista sui social Nel panorama italiano di questi giorni, sui social si rileva, con il monitowww.foglie.tv


raggio Talkwalker, la comunicazione sull’uva senza semi Timson dalla Puglia di Almaverde Bio grazie all’hastag FruttaWeb, la piattaforma di vendita online attivissima sui social e grazie anche alla pagina facebook dedicata alle Isole Almaverde Bio che riporta con tempestività tutte le promozioni del momento sul fresco Almaverde Bio. Di rilevante entità comunicativa su social e web risulta anche il Festival dell’Uva da Tavola IGP di Mazzarone con una buona diffusione sui social (vivace la pagina Facebook) e sulla versione online di testate giornalistiche anche importanti. Non c’è molto altro, in questi giorni, dedicato all’uva, tranne un’interessante citazione dedicata all’uva in cono da passeggio presentata dall’azienda Cantatore di Ruvo di Puglia con un grande appeal per i consumatori esteri. Il futuro è senza semi E’ dal mondo delle uve senza semi che si gioca il futuro di questo settore in Italia ed è molto importante in questa fase anche la comunicazione. N° 16 - 15 settembre 2017

Anzi, è fondamentale perché è lo strumento principale con il quale si arriva al consumatore finale. Finora si sono preparate le produzioni, come dimostrano ad esempio i buoni risultati di Arra, la senza semi del Gruppo A.V.I. in partnership per l’Italia tra la Dr. Rino Storelli Srl e la RK Growers Srl. Oppure la Grape&Grape Group costituita da OP Secondulfo, Frudis, Sop, Fra.Va., Dr. Franco Pignataro e F.lli Laporta con le nuove interessanti varietà costituite e gestite in modalità club. Il modello internazionale di riferimento, anche per la comunicazione e non solo per le ottime varietà costituite e gestite con la formula club è rappresentata dalla Sun World, la compagnia che opera nel settore della frutta e della verdura dal 1976. Oggi la Sun World è un gruppo californiano produttore, commerciante e selezionatore di varietà di uva, con un assortimento completo di uve senza semi, oltre che peperoni dolci, drupacee e altra frutta e verdura. Per comunicare bene l’uva e i suoi valori consiglio di visitare la pagina web di

Sun World. I toni, il linguaggio, i colori, il mood del sito web sono perfetti per capire cosa serve per l’uva da tavola. Pur trattandosi di costitutori, si rivolgono ai consumatori, offrono spunti, ricette, story telling. Presentano il prodotto strettamente legato all’azienda che lo coltiva, usano immagini emozionanti, raccontano i valori della loro unicità. Insomma un esempio brillante per partire con una comunicazione adeguata sull’uva e non limitarci alle discussioni tecniche ed economiche a taglio più trade. E a proposito del trade, teniamo conto che l’obiettivo di tutti è quello di vendere e, soprattutto, vendere bene. Chi acquista è il consumatore: quindi anche la comunicazione al trade deve avere ingredienti e appeal che possano attirare il consumatore. Serve una comunicazione più strategica, che dia veramente spunti al trade e ai consumatori per scegliere il nostro prodotto piuttosto che un altro, rendendolo unico.

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gricoltura

Cosa si puo’ fare e cosa no

Accordi e concorrenza in ortofrutta: l’Europa fissa i paletti

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o storico accordo tra le due principali organizzazioni di produttori trentine - Melinda e La Trentina - ha suscitato grande eco mediatica nella stampa di settore. Un accordo tra imprese, un tempo rivali, per la commercializzazione dei prodotti è un aspetto sempre delicato, in ragione delle severe regole che disciplinano la concorrenza in ambito europeo. Il sistema giuridico europeo è fondato sulla scelta liberista. Il mercato deve essere regolato dal meccanismo della concorrenza, pur contemperato da una politica sociale rivolta a conseguire obiettivi non solamente economici. Le imprese sono, pertanto, tenute a competere fra loro e a non cooperare allo scopo di influenzare le condizioni di mercato a danno della concorrenza e, in ultima istanza, dei consumatori. A tal fine sono vietati gli accordi fra imprese, decisioni di associazioni d’imprese e pratiche che abbiano come finalità o risultato quello di impedire la concorrenza nel Mercato comune. Le peculiarità del settore agricolo, vincolato a fattori biologici, meteorologici, climatici e ambientali, hanno indotto gli estensori del Trattato di Roma a stabilire regole specifiche per il comparto. In ragione di ciò è stata riconosciuta nell’ambito UE la priorità della politica agricola rispetto a quella della concorrenza, affidando al Consiglio il potere di decidere in quale misura le regole anti trust si applichino al settore. Però, attenzione, ciò non toglie che, in materia, le norme che tutelano la concorrenza rimangano pur sempre particolarmente severe. Il manteN° 16 - 15 settembre 2017

nimento di una concorrenza effettiva sui mercati dei prodotti agricoli è, infatti, tra gli obiettivi della PAC e della OCM. D’altronde, se i produttori non trovano il modo di aumentare il proprio potere contrattuale sono penalizzati da una situazione di mercato che presenta distorsioni di rilievo: i processi di concentrazione attuati nel settore della distribuzione commerciale, sia attraverso forme strutturali di aggregazione, sia mediante accordi, quali quelli relativi alle centrali di acquisto, hanno generato gruppi di acquisto intermediativo che hanno alterato significativamente gli equilibri di mercato. Inoltre i nostri agricoltori sono messi in crisi dalla concorrenza di prodotti cui è assicurata competitività attraverso risparmi di costi ottenuti con lo sfruttamento di lavoratori e con metodi inammissibili sotto il profilo ambientale, sociale, etico. Tanto è che si parla di “dumping sociale”. Il processo di globalizzazione richiede con urgenza l’elaborazione e la fissazione di regole nuove in materia.

Le debolezze strutturali del sistema agricolo dimostrano che il mercato, se non è adeguatamente governato, non è in grado di funzionare. Un intervento Antitrust sul lato dell’offerta aggiungerebbe al danno la beffa! Dell’argomento si sta occupando anche Paolo De Castro, primo vice presidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo, impegnato sulla parte agricola del Regolamento Omnibus. L’esame del provvedimento è alle fasi finali con l’inizio dei confronti tra Parlamento, Commissione e Consiglio che devono accogliere o respingere le proposte di modifica approvate dal Parlamento. Tra i vari argomenti in esame vi è la questione di stabilire la prevalenza delle norme dell’organizzazione comune di mercato sulle Op rispetto a quelle della concorrenza per evitare che le Antitrust dei vari Paesi membri possano intervenire nei confronti delle Organizzazioni per violazione di regole sulla concorrenza. Il negoziato dovrebbe concludersi il prossimo 12 ottobre.

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gricoltura

Secondo l’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio di Spoleto

XYLELLA: L’OLIO PUGLIESE MANTIENE LA QUALITÀ E NON DIFFONDE IL BATTERIO di Rino PAVONE

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entre le associazioni di categoria dipingono previsioni alquanto preoccupanti sulla prossima stagione olearia a causa sia della siccità che ha imperversato negli ultimi mesi sia della Xylella fastidiosa che non accenna a bloccare la propria diffusione sul territorio pugliese con una progressione di 40 km l’anno, crescono i timori che venga messa in atto una vera e propria “guerra commerciale” ai danni dell’olio della Puglia. A denunciarlo è il presidente di Confagricoltura Puglia e produttore olivicolo e oleario di Canosa Donato Rossi che ha dichiarato che “sostenere una correlazione tra la Xylella e la qualità dell’olio equivale a una totale inesattezza in quanto le qualità organolettiche dell’olio restano inalterate nel caso in cui l’ulivo si

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ammali”. Una vicenda su cui si erano accesi i riflettori in Parlamento già nel giugno 2015 ma chiarita solo successivamente dalla Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio di Spoleto. Infatti interpellata direttamente e in maniera formale dal Movimento Cinque Stelle, l’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio ha inviato una nota ufficiale che evidenzia “come l’infezione da Xylella fastidiosa non pregiudica le qualità chimiche ed organolettiche degli oli estratti da alberi infetti e, questi stessi oli, non sono veicolo della infezione”. I proff. Serviti (Univ. Perugia) e Martelli (Univ. Bari) nonché il Consiglio accademico sottilineano che : “Vi è l’assoluta impossibilità di crescita e diffusione dell’eventuale batterio Xylella fastidiosa nel prodotto

finito, olio extravergine, in grado di contaminare la pianta. Di conseguenza oli provenienti da aree considerate infette non potranno essere considerati fonti di contaminazione batterica per altre piante di olivo e tanto meno per il consumatore. In definitiva, non vi è alcun rischio che l’olio estratto da olive prodotte da alberi infetti possa diventare veicolo di Xylella fastidiosa”. Inoltre, “tutte le tipologie commerciali di oli estratti dalle olive provenienti da materie prime prodotte in Italia sono da ritenersi sicure dal punto di vista di eventuali contaminazioni biologiche comprese quelle di fatto impossibili da Xylella fastidiosa e quindi idonee al consumo umano e non vi sono evidenze di modifiche qualitative nel profilo dell’olio causate dal batterio”. www.foglie.tv


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groalimentare

LO CHIEDE L’84% DEGLI ITALIANI

ETICHETTA, COLDIRETTI: “ORIGINE SU TUTTI DERIVATI, DAL POMODORO AI SUCCHI”

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’importante lavoro per arrivare al più presto all’etichetta di origine sui tutti derivati del pomodoro va esteso a tutti i vegetali trasformati, dai succhi alle confettura come chiede l’84% degli italiani che hanno partecipato alla consultazione pubblica indetta dallo stesso Ministero delle Politiche Agricole. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel commentare positivamente l’annuncio del Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina di voler estendere anche ai prodotti derivati dal pomodoro l’etichettatura obbligatoria dell’origine delle materie prime come fatto con latte, pasta e riso. Ad oggi – sottolinea la Coldiretti – l’obbligo di etichettatura di origine è in vigore in Italia solo per le passate ma non per pelati, polpe, sughi e soprattutto concentrati che l’Italia ha importato dalla Cina nel 2016 per un totale di 91 milioni di chili che riportato al fresco significa attorno il 20% della produzione nazionale. Un fiume di pomodoro che viene poi spacciato nel mondo come italiano per la mancanza di un sistema di etichettatura di origine obbligatorio. Ma il problema riguarda tutta l’ortofrutta trasformata, dai fagioli all’arancia che

spesso arrivano da Paesi lontani per essere lavorati in Italia e diventare magicamente Made in Italy senza alcuna indicazione per il consumatore. Di fronte all’atteggiamento incerto e contradditorio dell’Unione Europea che obbliga ad indicare l’origine in etichetta per le uova ma non per gli ovoprodotti, per la carne fresca ma non per quella trasformata in salumi, per l’ortofrutta fresca ma non per i succhi, le conserve o le marmellate per il miele ma non per il riso, per il pesce ma non per il grano nella pasta, l’Italia che è leader europeo nella trasparenza e nella qualità ha il dovere – conclude Coldiretti – di fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie anche con una profonda revisione delle norme sul codice doganale.

Tracciabilità genetica del cibo

IL DNA È LA CHIAVE DI VOLTA CONTRO LE TRUFFE ALIMENTARI

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l gruppo Nanobiointeractions & Nanodiagnostics dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), in collaborazione con l’università di Milano Bicocca, ha pubblicato uno studio sulla rivista internazionale Angewandte Chemie nel quale viene presentato un nuovo test genetico semplice e a basso costo in grado di smascherare frodi alimentari. Il team di ricerca guidato da Pier Paolo Pompa ha sviluppato un test genetico semplificato, denominato NanoTracer, che permette la tracciabilità genetica del cibo. Questa tecnica permette di individuare i codici a barre genetici, frammenti di Dna che identificano univocamente una

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specie, fornendo, in poco più di due ore e con strumentazione minima un risultato colorimetrico facilmente interpretabile a occhio nudo. “Grazie a questa tecnologia è possibile anche per personale non specializzato riconoscere in poco tempo se ad esempio ci troviamo davanti a un pesce persico o a un pangasio oppure a zafferano puro o mischiato a altre spezie meno nobili - ha detto Paola Valentini, ricercatrice Iit e prima autrice dello studio pubblicato su Angewandte -. Nel caso dello zafferano riusciamo a identificare anche piccole quantità, vicino all’1% di spezia falsa”. Il test si può applicare a qualsiasi alimento, è molto

economico (circa 10 euro) e richiede una strumentazione semplice. La tecnologia ha già suscitato l’interesse alcune realtà di rilievo in campo alimentare che stanno valutandone l’utilizzo sperimentale e potrebbe arrivare sul mercato in pochi anni. Per trasformare questa ricerca in prodotto commerciale, infatti, il team dell’Iit sta costituendo una startup che inizialmente offrirà questa tecnologia alle aziende che hanno piccoli laboratori di controllo qualità, ma in un secondo momento si rivolgeranno anche al piccolo produttore, che potrebbe avere in tempo reale l’analisi genetica dell’ingrediente che sta acquistando.

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della ricerca Fertenia di origine vegetale

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atural Wax è un prodotto della ricerca Fertenia di origine vegetale, innovativo, non tossico, biodegradabile, ottenuto da una miscela di selezionati estratti vegetali, estratto di agrumi e cere naturali. Questi costituenti presentano una naturale attività tensioattiva e umettante, in grado di migliorare la penetrazione ed efficacia dei trattamenti fitosanitari e di ridurre il contenuto di umidità sulle lamine fogliari. Questo aspetto è molto importante specialmente nelle specie a foglia liscia come agrumi, olivo, vite, po-

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Natural Wax

macee e drupacee, cachi, cipolla, peperone, ficus, banano, etc. Nella maggior parte dei casi, i parassiti animali arrecano ingenti danni alle coltivazioni agrarie sia sotto il profilo estetico (produzione di melata, fumaggini, ecc.) che sotto quello produttivo. La produzione di melata, in genere è dovuta alla presenza di insetti (afidi, cocciniglie, ecc.) i cui escrementi ricchi di zuccheri imbrattano la vegetazione, danneggiano le foglie e formano una pellicola che riduce gli scambi gassosi. Inoltre sulla melata di solito crescono microscopici funghi saprofiti (fu-

maggini) che, creando una patina scura, ostacolano la fotosintesi ed aggravano il già precario scambio gassoso. L’utilizzo di Natural Wax determina un irrobustimento delle lamine fogliari, un aspetto brillante dei frutti e una maggiore tolleranza agli stress abiotici, biotici e parassitari. Infatti, gli estratti vegetali in esso contenuti esplicano un’azione di naturale repellenza verso alcuni parassiti animali. Risulta pertanto un ottimo “Coadiuvante” quando viene utilizzato in associazione ai Fitosanitari distribuiti per nebulizzazione fogliare potenziandone l’efficacia.

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gricoltura

A Bisceglie

Valore e sostenibilità, summit economisti agrari in Puglia

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conomisti agrari provenienti da ogni parte d’Italia e dall’estero si sono incontrati a Bisceglie, dal 13 al 16 settembre, per discutere di “Strategie cooperative e creazione del valore in una filiera alimentare sostenibile”. Questo è il tema del primo convegno congiunto Sidea-Siea, le società di economisti agrari che si sono poste come obiettivo di fare della cooperazione la chiave di volta per il decollo del settore agroalimentare in un territorio, quello pugliese, in grado di affermarsi e competere sugli scenari internazionali per prodotti di qualità e dinamiche produttive. L’evento, organizzato dal Dipartimento di economia dell’Università degli studi di Foggia e patrocinato da Crea, Regione Puglia, Città Metropolitana di Bari, Province Bat, Brindisi, Foggia e Lecce, Comune di Bisceglie e Gal Ponte Lama, è stato articolato in quattro giornate e ha visto la partecipazione di illustri relatori. I lavori si sono aperti a Palazzo Tupputi con la terza sessione del “Think Tank”, luogo che favorisce l’incontro e lo scambio di idee di cittadini attivi, ricercatori, professionisti, economisti, imprenditori, docenti, studenti, operatori del volontariato e del terzo settore, nato a valle del Forum “Economia e Povertà” – organizzato dalla Regione Puglia in concomitanza del G7 Economico Finanziario.

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La serata del 13 settembre è stata dedicata all’ economia circolare e innovazione del settore agroalimentare, nel Teatro Garibaldi, con la finalità di mettere a confronto e favorire la cooperazione fra coloro che approfondiscono scientificamente il tema dell’economia circolare e chi opera sul territorio facendo della “rigenerazione” il proprio impegno quotidiano concreto. Le due giornate successive sono state riservate rispettivamente ai soci della Sidea e della Siea, con la realizzazione di sessioni di confronto plenarie e parallele. All’interno delle sessioni plenarie si è riflettuto sulle più opportune scelte per migliorare la competitività del settore alimentare nell’ottica di una crescita sostenibile della filiera. All’interno delle sessioni parallele approfondito, invece, il tema della conferenza nei suoi aspetti più specifici: dall’analisi dei principali modelli di produzione e consumo, fino ai modelli organizzativi, alle forme di cooperazione territoriale, settoriale e ambientale e alle politiche con cui aggiungere valore alla filiera. L’ultima giornata dei lavori ha avuto luogo invece nella sala convegni del padiglione Agrimed della Fiera del Levante, dove si è affrontato il tema della “Cooperazione tra Università e Pubblica Amministrazione” per lo sviluppo del settore agroalimentare, alla presenza di policy

maker, ricercatori, rappresentanti del mondo agricolo e stakeholder dell’agroalimentare. Gli ospiti sono stati poi invitati a visitare il padiglione fieristico dell’agricoltura, così da verificare nell’immediato le nuove frontiere dell’agroalimentare pugliese. Sono intervenuti: Kostas Karantininis (docente di Business administration – Swedish University of Agricultural Sciences), Leonardo Becchetti (docente di Economia politica - Uni Roma Tor Vergata), Marco Frey (docente di Economia e gestione delle imprese - Scuola Superiore di studi universitari S.Anna di Pisa), monsignor Luigi Renna (vescovo di Cerignola), Maurizio Ricci (rettore Università di Foggia), Francesco Marangon (presidente Sidea), Pietro Pulina (presidente Siea), Leonardo Di Gioia (assessore alle Politiche agricole – Regione Puglia) e Gianluca Nardone (direttore Dipartimento agricoltura Regione Puglia).

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groalimentare

Moncalvo, Puglia regione a forte rischio infiltrazione criminale

Agromafia:Coldiretti,in Puglia più furti

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n Puglia le azioni criminose più significative messe in campo nel settore agricolo sono costituite dalla sofisticazione, soprattutto dell’ortofrutta e dell’olio: è quanto emerso dal convegno della Coldiretti nella Fiera del Levante, al quale partecipa, tra gli altri, il presidente nazionale della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel corso

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del quale è stato presentato il dossier ‘Su le mani dell’agromafia nel piatto dei pugliesi’. Si assiste anche ad una escalation di furti nelle campagne di mezzi agricoli, prodotti, fili di rame e tutto - è stato spiegato - inibisce il sano svolgimento dell’attività agricola nelle aree rurali. La Puglia - ha detto Moncalvo - è una regione a

forte rischio ed è al terzo posto della classifica nazionale, con un livello di infiltrazione criminale pari all’1,31%, preceduta solo da Calabria (2,55%) e Sicilia (2,08%). Il fenomeno delle agromafie, nel corso degli ultimi 5 anni, in Puglia è aumentato: palma nera a Bari seguita da Taranto, Bat, Lecce, Brindisi e Foggia.

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L’ ATTIVITÀ DI RILEGNO

CASSETTE IN LEGNO, NEL 2016 PRODOTTI 400 MLN DI PEZZI NUOVI

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ungi dall’andare in pensione le cassette di legno continuano ad essere l’imballaggio più utilizzato nel settore ortofrutticolo, perché il legno per sua natura è un materiale sano e adatto al contatto alimentare. Sono state ben 400 milioni le cassette immesse al consumo in Italia nel 2016 e gli utilizzatori come grossisti, commercianti, cooperative, centri di trasformazione, compratori della grande distribuzione possono contare, nella gestione del fine vita, sull’attività di Rilegno, il Consorzio nazionale per la raccolta, il recupero e il riciclo degli imballaggi di legno, che vigila, controlla e incentiva i flussi del recupero e riciclo e assicura che le cassette non più utilizzabili non finiscano in discarica, ma diventino nuova materia prima, come succede per altri materiali. “Oggi sembra che l’utilizzo di imballaggi monouso sia diventato un delitto. In realtà non è così – dichiara Nicola Semeraro, Presidente di Rilegno – come dimostra il lavoro svolto e i risultati ottenuti dal sistema Conai in questi 20 anni. I rifiuti di imballaggio vengono raccolti, viene riconosciuto ai Comuni un corrispettivo economico e si genera-

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di Rino PAVONE

no anche posti di lavoro. Rilegno – aggiunge Semeraro – insieme ai propri consorziati crede, inoltre, possibile una nuova crescita del mercato. Crescita che può avvenire facendo sistema e investendo in ricerca e innovazione. Sono due i progetti a cui Rilegno sta lavorando, il primo riguarda una ricerca scientifica sul legno a contatto con gli alimenti, il secondo è un’innovazione tecnologica di sistema legata all’Industria 4.0. Le cassette in legno andranno oltre la loro natura di contenitori per ortofrutta e diventeranno veicoli di informazioni digitali utilizzabili da tutti gli attori della filiera. La tracciabilità è alle porte”. “Il mercato delle cassette in legno è in crescita perché sono il vero imballaggio sostenibile e green”, gli fa eco Mauro Mastrototaro, Consigliere incaricato del Gruppo ortofrutticoli di Assoimballaggi-Federlegno. “L’Italia è tra i primi produttori di ortofrutta in Europa e nel mondo con circa 25 milioni di tonnellate prodotte e conta su un gran numero di imprese d’eccellenza di dimensioni medie e piccole sparse su un vasto e variegato territorio. L’imballaggio monouso è l’unico che permette costi e performan-

ce sostenibili. Grazie al Consorzio Rilegno le cassette vengono recuperate e il legno torna a nuova vita in un’ottica di vera economia circolare.” Nel 2016 l’attività di Rilegno, svolta capillarmente su tutto il territorio nazionale, ha portato ad una crescita sostanziale del flusso dei rifiuti di legno avviato a riciclo. Sono state riciclate 1.627.000 tonnellate, 47mila in più rispetto all’anno precedente, pari a un +3,64%. Oltre all’incremento dei flussi avviati al riciclo tradizionale, si è registrata la continua crescita nel settore della rigenerazione dei pallet, arrivato a superare le 721mila tonnellate recuperate, equivalenti a circa 45 milioni di unità reimmesse al consumo previa cernita e/o riparazione. Complessivamente, sommando riciclo, riutilizzo e recupero energetico la quota complessiva di recupero dei rifiuti di imballaggio è salita al 63,52%, consolidando il fondamentale contributo di Rilegno nel perseguimento degli obiettivi del sistema italiano. Una quantità enorme di nuova materia prima che si trasforma in pannello truciolare, semilavorato per l’industria del mobile, un vero ‘nutrimento’ per il comparto dell’arredo nazionale, utile anche in settori come l’edilizia. Il sistema di recupero e riciclo può contare su un network di 410 piattaforme private, capillarmente diffuse sul territorio, al servizio del tessuto industriale e commerciale. www.foglie.tv


ECCO TUTTE LE NOVITA’

INPS, MODIFICHE AI CONTRIBUTI AGRICOLI

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’Inps ha comunicato che a decorrere dalla prossima scadenza di pagamento dei contributi agricoli unificati, il prossimo 16 settembre, non invierà più ai domicili dei datori di lavoro agricolo la lettera contenente tutti i dati per il pagamento dei contributi. I contribuenti, pertanto, non si vedranno più recapitare al proprio domicilio la lettera contenente tutti i dati per

il pagamento di quanto dovuto, ma dovranno reperire tali informazioni nel proprio “Cassetto previdenziale aziende agricole” direttamente o attraverso gli intermediari abilitati. Tale modifica è stata fortemente criticata da Confagricoltura in quanto avrebbe meritato tempi e modalità di comunicazione diversi e soprattutto un più ampio preavviso nell’attuazione del nuovo adempimento.

Il Vice Presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo

DE CASTRO: “OCM, PROPOSTE DI EMENDAMENTO ANCHE PER TERRITORI ORTOFRUTTICOLI”

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u trasparenza del mercato, gestione delle crisi e aggregazione dell’offerta, i territori europei più organizzati e competitivi nella produzione di ortofrutta riconoscono che abbiamo fatto un buon lavoro, ci auguriamo che questo tipo di condivisione possa esserci anche con Commissione e Consiglio Ue”. Questa la dichiarazione del Primo Vice Presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro al termine della presentazione a Bruxelles, del Libro Bianco sull’Ocm ortofrutta redatto da AREFLH, l’Assemblea delle re-

gioni europee dei prodotti ortofrutticoli, presieduta dall’Assessore all’agricoltura della Regione Emilia Romagna Simona Caselli. “L’evento – prosegue De Castro – non è stato solo utile ad analizzare i punti di forza e le debolezze di un settore che dovrebbe essere valorizzato dalle politiche per la salute dell’Ue, ma anche ad avere la certezza che le proposte di emendamento della legislazione per le organizzazioni comuni di mercato (Ocm) che, come Europarlamento, abbiamo inserito nel Regolamento Omnibus, sono considerate strategiche dai territori vocati a queste produzioni”.

INTENSIFICARE PATTUGLIAMENTO CONTRO FURTI AREE VOCATE UVA

LAVORO: PIU’ FORMAZIONE E COMUNICAZIONE NELLE CAMPAGNE PER SICUREZZA

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iamo a disposizione per organizzare più formazione e maggiore comunicazione a beneficio degli imprenditori agricoli e del loro personale in modo da garantire le corrette condizioni di lavoro”. Così il Presidente di Coldiretti Taranto Alfonso Cavallo che continua: “Ancora da risolvere la problematica delle visite mediche, un appesantimento che grava sulle imprese agricole pugliesi. Su richiesta di Coldiretti 2 anni fa erano state impostate delle convenzioni con le ASL territoriali di competenza che avrebbero permesso agli operai di sottoporsi alle visite mediche direttamente presso le aziende sanitarie e Coldiretti sta continuando a lavorare per concretizzare questa

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opportunità ancora in discussione, soluzione che potrebbe trovare corpo e sostanza attraverso la collaborazione tra la ASL e l’ente bilaterale”. Coldiretti Taranto ha anche chiesto più sicurezza per gli imprenditori agricoli, perché i furti sono praticamente quotidiani e, oltre alla perdita di reddito, a rischio è la stessa incolumità degli agricoltori che non è certamente un problema trascurabile. Considerata la gravità del fenomeno, nelle aree della provincia di Taranto a forte vocazione agricola con un patrimonio ingente di uva da tavola e uva da vino di particolare pregio, Coldiretti Taranto ha chiesto sul territorio un intervento per il pattugliamento delle aree più sensibili.

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gricoltura

SALVERÀ IL COMPARTO DALLA MORÌA?

KIWI, IL PORTINNESTO “MIRACOLOSO”

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n portainnesto miracoloso che potrebbe sconfiggere la morìa del kiwi, malattia che da almeno quattro anni sta flagellando il comparto. Sav 1, abbreviazione di Saver, “il Salvatore” in inglese,è la risposta alla morìa che in poche stagioni ha spazzato via tanti ettari coltivati a kiwi. L’auspicio è che questo portainnesto possa far riemergere le aziende e risollevare un comparto ormai al collasso e sull’orlo del baratro. Dopo molte sperimentazioni si è notato la forte resistenza di questo portainnesto, di cui ha fatto moltiplicare le piante. Come esperimento è stata pianta-

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ta una pianta di Sav1 e una di Hayward da vaso, una vicino all’altra. Il risultato è stato stupefacente. Mentre quella di Hayward è morta dopo pochi giorni, l’altra cresceva rigogliosa. Poi si è provveduto a distribuire alcune migliaia di piante ad alcuni abituali fornitori di kiwi su terreni dove era già ben radicata la morìa. Si è subito notato che la pianta una volta innestata si sviluppava in maniera straordinaria, notando come le piante innestate crescevano molto meglio di quelle normali. Il Sav 1, da anni studiato e usato diffusamente in Nuova Zelanda dove però non hanno problemi di morìa,

può contare su una radice molto forte e un apparato radicale indistruttibile che si sviluppa in senso verticale(fittonante). È molto resistente sia alla siccità che ai ristagni d’acqua (con relativo risparmio idrico). È adatto a terreni pesanti ed argillosi. La minore vigoria della pianta con internodi più stretti consente anche una maggiore percentuale di gemme a frutto con possibilità di avere rese maggiori. Permette un leggero anticipo della raccolta, con aumento della sostanza secca, alta resistenza del portainnesto alla Psa. Sav 1 è adatto ad essere innestato con tutti i tipi di kiwi, sia giallo che verde.

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groalimentare

Nel Padiglione 18 incontri e dibattiti su Cibo e Salute

SLOW FOOD PER LA PRIMA VOLTA ALLA FIERA DEL LEVANTE

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isognerebbe parlare di cibo in qualsiasi occasione – afferma il fiduciario della Condotta di Bari di Slow Food, Leonardo Manganelli. E quale migliore occasione della Fiera del Levante? Slow Food è stata infatti quest’anno per la prima volta presente alla Campionaria barese grazie all’iniziativa dell’Apulian Life Style, il progetto avviato dalla Regione Puglia per mettere insieme aziende agroalimentari con requisiti di standard nutrizionali, ambientali, sociali e salutistici. Una rete che possa garantire il connubio cibo-salute, alla base dei valori di Slow Food. Nell’ambito della Fiera del Levante, la Condotta di Bari di Slow Food in collaborazione con la casa editrice Latitudine 41 ha promosso incontri e dibattiti finalizzati a stimolare la consapevolezza e la conoscenza del cibo prodotto e consumato. E chi è

convinto che il “mangiare piano” sia appannaggio di pochi, Manganelli risoluto risponde che “non esiste il cibo di nicchia, ma solo produttori e consumatori consapevoli”. E’ questo in sintesi il principio che ha spinto la Condotta di Bari ad aderire al progetto Apulian Life Style e ad organizzare incontri formativi ed informativi sul mangiare bene ma soprattutto sul mangiare sano. Gli incontri si sono svolti tutti i pomeriggi dal 10 al 17 settembre nel padiglione 18 dove Slow Food con Latitudine 41 ha “difeso” il cibo seguendo la linea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità

che definisce l’educazione alimentare come un processo informativo ed educativo per mezzo del quale si prosegue il generale miglioramento dello stato di nutrizione degli individui, attraverso la promozione di adeguate abitudini alimentari, l’eliminazione dei comportamenti alimentari non soddisfacenti e un efficiente utilizzo delle risorse alimentari. “Il cibo come un valore e non come un costo – conclude Manganelli – è questo che abbiamo cercato di far capire per la prima volta negli incontri in Fiera. Peccato non averlo fatto prima”.

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L’internazionalizzazione delle imprese in Fiera del Levante

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iutare le Piccole e Medie imprese pugliesi nel processo di internazionalizzazione fondamentale per una maggiore competitività all’interno di un’economia globale che richiede sempre più specifiche competenze. Anche quest’anno, presente in Fiera del Levante il padiglione dell’Internazionalizzazione (Pad.110). Organizzato dalla Sezione Internazionalizzazione della Regione Puglia, il padiglione si pone nell’ambito delle strategie regionali di intervento a favore della promozione dell’internazionalizzazione delle imprese e dei sistemi produttivi locali. All’interno del padiglione, grazie alla presenza di una serie di desk, presidiati da esperti di settore e/o di Paese, è stato possibile per le PMI pugliesi esplorare e conoscere le opportunità presenti sui numerosi mercati esteri. In particolare, all’interno del Padiglione Internazionalizzazione sono stati

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presenti desk informativi attrezzati e presidiati da personale qualificato di: ICE-(Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane); MISE (Ministero dello Sviluppo Economico); PUGLIASVILUPPO (Società in house della Regione Puglia, che gestisce le agevolazioni regionali a favore degli investimenti produttivi); SACE (Servizi e prodotti per l’assicurazione, il finanziamento e la gestione dei crediti all’estero); SIMEST (Società Italiana per le Imprese all’Estero che offre Servizi di assistenza e agevolazioni nello sviluppo di progetti d’internazionalizzazione). Presenti anche Country desk che hanno ospitato gli addetti commerciali delle Rappresentanze Diplomatiche in Italia e i referenti delle Camere di Commercio miste e che hanno fornito alle imprese pugliesi, informazioni utili per la ricerca e l’individuazione di nuovi mercati esteri. Agli operatori pugliesi

è stata offerta la possibilità di avere colloqui mirati con esperti di mercato, per approfondire le modalità con cui operare ed esportare nei Paesi delle aree geografiche più dinamiche a livello mondiale. Ai desk informativi e ai Country Desk, si è affiancato uno spazio presidiato dall’Ufficio Pugliesi nel Mondo della Regione Puglia, concepito come un’area in cui i visitatori della Fiera, hanno potuto comunicare con i pugliesi residenti all’estero, così da mantenere vivi e intensificare i rapporti con la comunità regionale, coniugando questo legame nella prospettiva dello sviluppo delle relazioni economiche e della promozione culturale. I Country Desk hanno riguardato 22 Paesi (Canada, Costa Rica, Cuba, Eritrea, Sudan, Sud Africa, Azerbaijan, Francia, Regno Unito, Russia, Svizzera, Bulgaria, Macedonia, Bielorussia, Slovenia, Moldavia, Malesia, Hong Kong, Iran, Vietnam, Cina e Giappone).

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Sezione dedicata al protettore San Nicola

Il Museo dedicato alla birra in Fiera del Levante

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alla Mesopotamia alla Roma Antica senza dimenticare gli egizi, i monaci trappisti e la rivoluzione industriale. E’ stato un percorso lungo secoli quello che ha disegnato la storia della birra all’interno del museo realizzato in occasione dell’81esima edizione della Fiera del Levante da una idea dell’associazione MondoBirra.info di Taranto e realizzata dall’associazione De Gustibus Vitae di Bari, all’interno del padiglione 126 del Birrificio Bari. “Abbiamo ripercorso tutte le tappe fondamentali sia attraverso pannelli divulgativi che con esperienze sensoriali, dove i quattro ingredienti chiave acqua, luppolo, lievito e malto l’hanno fatta da padroni. I visitatori hanno potuto materialmente macinare il luppolo, osservare al microscopio i lieviti, sentire lo scrosciare dell’acqua e toccare il malto. Nei 150 metri quadrati del museo è stato possibile partecipare a laboratori e apprendere tutte le tecniche del perfetto home brewer, per potersi fare in casa la propria birra. Senza dimenticare la sezione dedicata a San Nicola, protettore dei bottai e dei birrai. All’esterno del padiglione 126, che ospita il birrificio, per tutta la durata della Campionaria è stato allestito il BeerGarden dove è stato possibile assistere a concerti dal vivo degustando una delle cinque birre “Made in Bari”, la Mollotutto bionda, una ipa agrumata; la rossa una doppelbock con un retrogusto

di caramello e le tre dedicate a San Nicola: la 1087 Nicolaiana, una lager di ispirazione tedesca; l’Arabica con

sentori di caffè tostato e cacao e la Originale, definita anche bohemien pilsner.

Alla Fiera del Levante un intero salone dedicato al meglio della tradizione siciliana

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La Sicilia dall’enogastronomia

n viaggio alla scoperta della Sicilia, dei suoi gusti e dei sapori, delle tradizioni e dell’artigianato tipico. Un percorso gustato con calma nel padiglione 139 dell’81^ Fiera del Levante dedicato ai Prodotti Tipici dalla Sicilia. Una storia da osservare e ammirare attraverso la produzione regionale di delizie per il palato e di oggetti di uso quotidiano e decorativo della tradizione

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popolare. La Sicilia è una regione tra le più ricche d’Italia in fatto di tradizioni. Una molteplicità di usi e costumi che trovano nei prodotti della tavola quel particolare intreccio di civiltà e culture. I produttori siciliani, infatti, hanno portato i visitatori della Fiera in una grande esperienza sensoriale grazie alle cassatelle, ai cannoli, ai babà. Ma anche grazie ai salumi tipici, alle

arance rosse e al pistacchio. Bontà infinite, come il gelato al pistacchio, preparate in tempo reale e offerte negli stand del salone 139. Un vero e proprio cammino attraverso la cultura enogastronomica siciliana, alla scoperta delle influenze dei tanti popoli che l’hanno dominata per secoli e che hanno fatto di quella regione una tra le più affascinanti del nostro Paese.

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