FOGLIE n. 22/2017

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Agricoltura • Agroalimentare • Turismo RURALE

AGRICOLTURA 4.O INNOVAZIONE E TRADIZIONE ALLA BASE DEL 2018 agricoltura

Export verso il Canada: novità in arrivo Richiesta calamità: errori dei Comuni nelle domande Terreni Ismea in vendita per 1629 h

N° 22 • 15 dicembre 2017





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ditoriale

15 dicembre 2017 - n.22 - Anno 12

Quindicinale di Agricoltura Agroalimentare Turismo RURALE

Iscritto all’Albo Cooperative a Mutualità Prevalente N.A182952 Editrice

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Contratti di Filiera e Fieragricola Verona “insieme” a Bisceglie

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i è tenuta presso la Centrale Ortofrutticola di Bisceglie, il convegno sui contratti di filiera e la tappa pugliese del roadshow di prentazione di Verona Fieragricola ‘18 (in programma dal 31 dicembre al 3 febbraio). La parte sui contratti di filiera è stata organizzata da Agrinsieme, con l’iniziativa finalizzata alla presentazione del bando “Contratti di filiera e di distretto 2015-2020”, emanato dal Ministero per le Politiche agricole e forestali per sostenere investimenti nel settore agricolo, agroalimentare e delle agroenergie promuovendo l’integrazione delle politiche di investimento dei diversi attori della filiera. Ad aprire i lavori, dopo i saluti Istituzionali, l’assessore regionale all’Agricoltura, Leonardo di Gioia, che ha “lanciato” i lavori dei tecnici di Agrinsieme Puglia e la relazione del direttore di Dipartimento, Gianluca Nardone. A dare un taglio nazionale all’evento gli interventi dei massimi livelli del MIPAAF, il dott. Alessandro Apolito, Direttore dell’Ufficio

dirigenziale - Politiche di filiera e il sottosegretario dott. Giuseppe Castiglione. Agrinsieme, il coordinamento che rappresenta le aziende e le cooperative di Cia, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari (che a sua volta ricomprende Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative e Legacoop Agroalimentare), si muove ancora una volta all’unisono per organizzare eventi di grande spessore e funzionali al raggiungimento di obiettivi strategici per il settore primario e suo indotto. Il Roadshow di Fieragricola contemporaneo ha invece visto la presentazione della fiera da parte di Luciano Rizzi area menager di Veronafiere Spa e la distribuzione dei relativi biglietti. Importante la presenza degli imprenditori agricoli non solo per l’interesse specifico del “doppio” momento , ma anche per dimostrare che il mondo agricolo pugliese è sempre unito, compatto e crede nella crescita di tutto il sistema attraverso la valorizzazione dei singoli segmenti produttivi.



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ommario

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In vendita per 1629 ettari

editoriale

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A BISCEGLIE Contratti di filiera e Fieragricola 2018

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12 CONSORZIO VINI GIOIA DCOLLE

AGRICOLTURA

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EXPORT CANADA Cambiano le regole

Azienda 100% a energia pulita

15 grano

Accordo quadro Coldiretti / Divella

22 XYLELLA IN PUGLIA Focus a Monopoli

“Su xylella UE non faccia Ponzio Pilato”

pesca

19 ACQUACOLTURA

Puglia prima regione per numero impianti

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RICHIESTE CALAMITà Errori dei Comuni nelle domande

24 COLDIRETTI

eventi

Nicola Insalata nuovo presidente

14 PASTIFICIO MAFFEI

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agroalimentare

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24 TERRENI ISMEA

rassegna stampa

20 NEXT GEN

Disporanno di cibo sufficiente?

16 NEW.CO VERONA /PARMA

L’ Italia del wine and food guarda lontano

27 EDITORIA

Aumentano le fake news

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PUGLIESI NEL MONDO I premiati dell’ottava edizione

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zootecnia

18 IGP BURRATA ANDRIA

Aperto dialogo per centralità territorio


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gricoltura

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Con il nuovo sistema le verifiche su operatori

Export verso Canada, cambiano le regole

al 1 gennaio 2018 per gli esportatori che intendono effettuare scambi preferenziali con il Canada e con Paesi SPG (Sistema delle preferenze generalizzate) sarà obbligatorio registrarsi in un database denominato REX. Con riferimento al CETA (accordo bilaterale UE-Canada), gli esportatori dovranno dunque dichiarare il codice REX in dogana al momento dell’export facendo sempre molta attenzione al rispetto delle regole di origine dei prodotti. In caso contrario si rischia di incorrere in profili sanzionatori particolarmente rigidi e con risvolti anche di natura penale. Per cui è bene che le aziende selezionate per l’esportazione di Uva da tavola ed altri prodotti agricoli in Canada si attivino quanto prima. Il nuovo sistema permette all’autorità doganale di monitorare in forma telematica la platea di operatori che pongono in essere scambi con Paesi con i quali l’Unione Europea ha sottoscritto accordo di libero scambio o ai quali sono concesse preferenze daziarie unilaterali. Negli accordi di

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nuova generazione viene capovolto il sistema cosiddetto tradizionale: da un controllo sulle merci si passa infatti ad un controllo sugli operatori i quali devono essere riconosciuti e registrati al sistema Rex. Una volta ottenuto il numero di registrazione, questo potrà essere apposto sulle fatture o su altre fatture commerciali o di trasporto per certificare il carattere delle merci movimentate e beneficiare di riduzioni daziarie al momento dell’importazione nel mercato di destinazione. Nell’ambito del Ceta e quindi dell’export verso il Canada gli esportatori dovranno registrarsi nel Rex e dichiarare il relativo codice in dogana. L’interesse alla registrazione, specie per gli esportatori unionali, è enorme essendo obbligatorio procedere con il Rex se si vuole proporre le proprie merci sul mercato canadese , presentandole come preferenziali, senza dazio all’importazione e con maggiore interesse per i clienti. Per ottenere il proprio numero REX, l’operatore dovrà compilare un modulo scaricabile direttamente dal sito della

Commissione europea e inviarlo alle rispettive autorità doganali competenti. Una volta ricevuto il numero, lo stesso dovrà essere indicato sulla dichiarazione d’origine da allegare al documento commerciale che descrive il prodotto da esportare. Il trattamento preferenziale verrà concesso sulla base della dichiarazione di origine corredata dal numero REX. In caso di mancata registrazione alla banca dati REX entro il 31 dicembre 2017, mette in guardia il MiSE, non sarà possibile beneficiare, dal 1° gennaio 2018, delle tariffe preferenziali previste dal CETA. L’accordo economico e commerciale globale (Comprehensive Economic and Trade Agreement, CETA) tra l’Unione europea e il Canada è entrato in vigore a titolo provvisorio il 21 settembre 2017. Secondo le stime della Commissione UE, il CETA consentirà un risparmio annuo di 590 milioni di euro per le imprese esportatrici UE, grazie al taglio dei dazi doganali sul 98% dei prodotti esportati dalle aziende europee verso il Canada.

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“CORREGGERE LE IMPRECISIONI NELLE DOMANDE”

CALAMITA’ DI GENNAIO, LA COPAGRI SCRIVE AI COMUNI

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i sono imprecisioni nelle domande che i comuni hanno predisposto per la concessione dei benefici previsti per i danni subiti dalla calamità di gennaio scorso e si possono ingenerare inutili aspettative negli agricoltori interessati. A segnalarlo è la Copagri Puglia in una lettera del presidente regionale Tommaso Battista inviata agli uffici comunali competenti. La questione riguarda la concessione degli aiuti anche alle aziende agricole che non hanno attivato le polizze assicurative. Le modifiche normative prevedono che i contributi in conto capitale fino all’80% (elevato al 90% per le zone svantaggiate) potranno essere concessi esclusivamente in caso di danni alle strutture, infrastrutture zootecniche e alle scorte. E’ stato anche modificato il calcolo del danno sulla produzione lorda vendibile media ordinaria e non più del triennio precedente secondo le modalità e le procedure previste dagli orientamenti e dai regolamenti comunitari in materia di aiuti di stato. Secondo quanto ha avuto modo di veri-

ficare la Confederazione dei Produttori Agricoli di Puglia le domande predisposte dai Comuni fanno intendere, invece, che i contributi riguardano tutti causando così vane aspettative anche negli operatori agricoli che non possiedono strutture e/o scorte. Inoltre, con riferimento ai prestiti di ammortamento, la Copagri specifica che gli oneri relativi alla “concessione del contribu-

to degli interessi maturati nell’anno 2017, conseguenti alla proroga delle rate delle operazioni di credito agrario di cui all’art. 7 del d.lgs 102/2004”, si riferiscono ai prestiti già in atto e non da concedere. Di qui la richiesta dell’organizzazione di categoria ai Comuni di provvedere alla correzione delle domande di ammissibilità per l’accesso alle agevolazioni previste.




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groalimentare

PRODUZIONE DEL 2017 8.000 QUINTALI DI UVA, UN TERZO IN PIÙ DEL 2016

INSALATA NUOVO PRESIDENTE DEL CONSORZIO DEI VINI “GIOIA DEL COLLE” DOC di Rino PAVONE

è

Nicola Insalata il nuovo presidente del Consorzio di Tutela dei Vini “Gioia del Colle” DOC, fondato nel 2000 e impegnato in azioni di promozione, tutela, controllo e valorizzazione della denominazione di origine oltre che in un’azione di vigilanza per bloccare eventuali frodi in commercio. Produttore di vini a Denominazione di Origine Controllata “Gioia del Colle” con la cantina di Castellana Grotte “Terrecarsiche”, Insalata è stato eletto in occasione dell’assemblea ordinaria del consorzio. Lo affiancherà nella gestione del Consorzio il vicepresidente Filippo

Cassano, a capo delle Cantine Polvanera di Gioia del Colle. Il Consorzio dei Vini “Gioia del Colle” DOC conta diciotto cantine associate, oltre 400 ettari di vigne, 250 dei quali dedicati al vitigno Primitivo. Si stima che nel 2017 la produzione di uva DOC supererà gli ottomila quintali, un terzo in più dei seimila quintali circa del 2016. L’ente partecipa a grandi eventi nazionali e internazionali dedicati al vino per supportare e promuovere le aziende consorziate anche sui mercati non europei, assistendo i soci anche in termini di formazione e ricerca. Il neopresidente Insalata lavorerà in con-

tinuità con quanto realizzato finora dal Consorzio e dal precedente presidente, Vito Donato Giuliani. “L’obiettivo principale – dichiara Insalata - è quello di tutelare e controllare la denominazione di origine controllata «Gioia del Colle», attualmente riservata a vini rossi, rosati e bianchi, che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dalla legge. Inoltre lavoreremo per rinnovare il disciplinare di produzione che definisce i requisiti produttivi e commerciali dei vini della DOC “Gioia del Colle”: un passo importante per la tutela degli interessi e della salute dei consumatori”.

A Montecitorio giunge a conclusione la discussione della legge

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UNA LEGGE A DIFESA DEL PANE DI QUALITÀ

a Camera si accinge ad approvare la proposta di legge “Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane”, con obiettivi di particolare rilievo per la trasparenza del mercato e la tutela dei consumatori. Dopo la legge n. 248 del 4 agosto 2006 che introduceva per la prima volta la distinzione tra “pane fresco” e “pane conservato”, il decreto attuativo che doveva essere adottato dal Governo entro 12 mesi dall’entrata in vigore della normativa non vide mai la luce. Una situazione che con questa legge, oggi, il Parlamento cerca di risolvere definitivamente: infatti, ad oggi al consumatore è negata la possibilità di riconoscere se il pane che acquista è fresco o conservato mentre ai panificatori non viene data l’evidenza oggettiva

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del valore aggiunto fornito dalla lavorazione artigianale. Diverse le proposte dei 5 Stelle accolte durante la discussione in Commissione Agricoltura a Montecitorio: dalla definizione delle differenti tipologie di lievito commerciale e di lievito naturale, tenendo in considerazione che nell’accezione generale “pasta madre”, “pasta acida”, “lievito naturale” e “lievito madre” sono impiegate come sinonimi alla definizione di una classificazione merceologica delle varie tipologie di pane e lievito che non si presti a ingenerare confusione, disorientamento e frodi o sofisticazioni e, soprattutto, che sia in grado di salvaguardare la qualità del prodotto e la consapevolezza del consumatore. “Il pane è un cibo antichissimo ed è

uno degli alimenti più diffusi e consumati in Italia. Si dice ‘buono come il pane’ perché non esiste pane che non sia buono, che non sia nutrimento per chi lo mangia. In Italia – sostiene il M5S – esistono circa 250 tipi di pane che per ogni Regione descrivono le tante diversità che hanno fatto grande il nostro Paese in campo culinario. Per tutte queste ragioni, abbiamo l’obbligo di difendere il pane, quello vero, con una legge che lo tuteli”.

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groalimentare

Azienda 100% a energia pulita

Pastificio Maffei: 2° produttore in Italia di pasta fresca non ripiena

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affei, pastificio di Barletta (BT) specializzato in pasta fresca di qualità Made in Italy, annuncia di aver completato il percorso di innovazione sostenibile che l’ha portata a diventare un’azienda 100% a energia pulita e il secondo produttore di pasta fresca non ripiena in Italia. Con una produzione, in crescita, di 15,5 milioni di kg di pasta fresca nel 2016, un incremento dell’export del 150% e 90 dipendenti, Maffei è riuscita a coniugare la filosofia “di mangiar bene e sano” nel rispetto delle tradizioni artigianali che sin dal 1960 ha contraddistinto l’azienda familiare con una continua innovazione di processo che la ha portata nel 2016, tra i principali investimenti, a dotarsi di un innovativo impianto energetico ad alta efficienza ed emissioni near-zero. Primo sistema energetico in Puglia con tecnologia a turbina oil-free, brevetto di derivazione aerospaziale dell’americana Capstone, ha consentito al pastificio di produrre tutta l’energia elettrica e il vapore necessari allo stabilimento produttivo, facendolo così diventare un’azienda 100% ad energia pulita. “La svolta green, coerente con i valori che ci hanno contraddistinto sin dalla fondazione, che l’azienda ha intrapreso - hanno dichiarato Savino Maffei, Presidente, e Ignazio Maffei, General Manager dell’azienda - oltre ad un’accurata ricerca di prodotto che ci ha portato a rafforzare l’offerta di pasta biologica, integrale e senza glutine, ha favorito la nostra espansione sui mercati italiani ed esteri. Secondo varie ricerche infatti, oltre il 70% dei consumatori preferisce oggi acquistare pro-

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di Rino PAVONE

dotti da aziende sostenibili”. Grazie al nuovo impianto, l’azienda risparmia oggi oltre 600 tonnellate di CO2 all’anno non immesse in atmosfera che equivalgono all’assorbimento di CO2 di 15.000 alberi in un anno e a 350 automobili in meno circolanti all’anno che percorrono mediamente 10.000 km/anno ciascuna. L’applicazione è stata sviluppata da IBT Group, partner esclusivo dell’americana Capstone, ed è composta da una turbina oil-free da 600 kWe che, tramite la cogenerazione, produce elettricità e, grazie all’impiego di una tecnologia di postcombustione dei fumi della turbina e ad un generatore di vapore produce anche il vapore saturo necessario alle linee di produzione, massimizzando così il recupero termico. Non

avendo liquidi lubrificanti al suo interno (oilfree), la turbina genera fumi talmente puliti e ricchi di ossigeno da poter essere utilizzati, infatti, in toto come aria comburente. Il risultato è un’alta efficienza complessiva dell’impianto, oltre l’85%, e quindi di risparmio sia in termici economici che di emissioni nocive. Il progetto sarà oggetto di una campagna di sensibilizzazione promossa da Maffei che comprenderà anche la veicolazione di strumenti divulgativi, come il nuovo video istituzionale (www.youtube.com/ watch?v=Otq6KHuScQI), nonché l’organizzazione di visite in azienda per spiegare cosa significa essere oggi un’azienda sostenibile ed i benefici che si possono ottenere per la collettività ed il territorio.

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FILIERA GRANO DURO SI CONSOLIDA PER LA PASTA MADE IN ITALY

GRANO: ACCORDO QUADRO COLDIRETTI/DIVELLA

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tretto l’accordo di filiera tra il pastificio Divella, azienda leader del settore in Italia, Coldiretti Puglia e Consorzio agrario del Centro Sud, grazie al quale è stato fissato un prezzo del grano duro realmente remunerativo e sono state gettate le fondamenta per un percorso di qualità che porti sulle tavole degli italiani la pasta 100% ‘made in Puglia’. L’accordo prevede l’acquisto di una prima partita di 30mila tonnellate di grano duro dalla provincia di Foggia e Bari al prezzo minimo di euro 28 al quintale, con una premialità per grani che superino la percentuale in proteine pari a 14,5. Se l’andamento di mercato dovesse far lievitare i prezzi oltre i 28 euro al quintale, comunque la Divella riconoscerà valori più alti in linea con i mercuriali. “L’origine del grano è divenuta elemento obbligatorio sulle etichette di pane e pasta – commenta con soddisfazione il Presidente di Coldiretti Foggia, Giuseppe De Filippo – e la scelta del Tar di respingere l’istanza di sospensione del decreto ha accolto le richieste dell’81% degli italiani che chiedono maggiore trasparenza su quel che portano in tavola. Fare pasta con grano 100% italiano evidentemente si può, come ampiamente testimoniato dalla concreta volontà espressa dal gruppo Divella e dalla proliferazione di marchi che fanno pasta con grano 100% italiano. Parliamo di un percorso iniziato nei primi anni della crisi sotto la spinta dell’iniziativa del progetto di Filiera Agricola Italiana (FAI) che si è esteso ad alcune catene della grande distribuN° 22 - 15 DICEmbre 2017

zione, ai marchi più prestigiosi quali Ghigi, Valle del grano Jolly Sgambaro, Granoro, Armando, fino all’annuncio del marchio napoletano “Voiello” del Gruppo Barilla che ora vende solo pasta fatta da grano italiano al 100% di varietà “aureo””. Nella sola provincia di Foggia la superficie coltivata a frumento duro è pari a 240.000 ettari e una produzione media di grano duro di 7.200.000 quintali. L’accordo è partito in fase sperimentale già nella scorsa campagna cerealicola e il prezzo riconosciuto ha raggiunto in media i 30 euro al quintale, in controtendenza con l’andamento del mercato in assoluto ribasso. Al contempo gli agricoltori, tecnicamente

sostenuti, hanno garantito un livello qualitativo elevato, a dimostrazione che fare grano di qualità in Puglia è una certezza. L’accordo con Divella rientra nella nuova forma di rappresentanza in cui Coldiretti, sempre più sindacato imprenditoriale di filiera, insieme a campioni industriali nazionali dei rispettivi settori, compresi i mezzi tecnici per l’agricoltura e la tecnologia avanzata per la trasformazione alimentare, sono uniti per la realizzazione di accordi economici e commitment concreti finalizzati ad assicurare la massima valorizzazione della produzione agricola nazionale anche attraverso la realizzazione di contratti di filiera.

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venti

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VPE, AL VIA LA NEW.CO DI VERONAFIERE E FIERE DI PARMA

L’ITALIA DEL WINE&FOOD GUARDA LONTANO

i chiama VPE (Verona Parma Exibitions) la nuova società creata da Veronafiere e da Fiere di Parma che insieme rappresentano il primo organizzatore diretto di rassegne dedicate al settore agricolo e agroalimentare in Italia e si classificano ai vertici in Europa nel segmento. Le due Spa sono il secondo polo fieristico nazionale sia per fatturato consolidato nel 2016 con 127 milioni di euro (88 Verona, 39 Parma), sia per superficie lorda coperta con 283 mila metri quadrati complessivi (153 Verona, 130 Parma). Verona e Parma nel 2016 hanno organizzato complessivamente 91 tra fiere ed eventi in Italia e all’estero (67 Verona, 24 Parma) per 1,8 milioni di visitatori (1,3 Verona, e 0,5 Parma) e 21.350 espositori (14.000 Verona e 7.350 Parma). E sono due piattaforme internazionali per l’export agroalimentare del Paese, con brand riconosciuti nel comparto food&wine quali: Vinitaly, Sol&Agrifood, Enolitech, OperaWine, Vinitaly International Academy (Veronafiere) e Cibus, Cibus Tec, Cibus Connect e Cibus Market Check (Fiere di Parma). L’agroalimentare è un comparto trainante dell’economia italiana e quest’anno, secondo i dati di Nomisima Agrifood Monitor, supererà i 40 miliardi di euro di export con una crescita di oltre il 6% sul 2016, per un valore complessivo di 130 miliardi di euro, dalla produzione agricola alla ristorazione. La new company, con quote paritetiche tra Verona e Parma, è stata presentata in conferenza stampa alla presenza del sindaco di Verona, Federico Sboarina, dei presidenti e dei Ceo delle Spa di Verona e Parma, rispettivamente, Maurizio Danese, Gian Domenico Auricchio, Giovanni Mantovani, Antonio Cellie, e del presidente di Agenzia ICE, Michele Scannavini. Primo passo della società è l’organizzazione di una nuova rassegna, WI.BEV – International Wine&Beverage Technologies Event – dedicata al settore delle tecnologie per il wine&beverage (www. wibev.com) che guarda all’Italia con la sua eccellenza manifatturiera nel comparto, ma anche a importanti aree geoeconomiche in forte sviluppo –Asia e

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Africa –, oltre che ai mercati di consolidata tradizione come il Nord America. All’anteprima in corso nell’ambito di wine2wine, la piattaforma di aggiornamento, formazione e networking di VinitalyVeronafiere, tenutasi nei giorni scorsi nel PalaExpo di Veronafiere, sono state

fornito la propria competenza per l’aggiornamento degli operatori della filiera. Sul fronte della promozione estera le prime azioni di VPE saranno l’acquisizione di una quota significativa di un player fieristico, operante in Europa e Nord America, del settore Food&Beverage, e

una ventina le aziende presenti, tutte top player del mercato, mentre per la parte tecnico-scientifica Assoenologi ha

lo sviluppo di un format Cibus&Vinitaly per nuove iniziative fieristiche o collaterali ad eventi consolidati.

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ootecnia

AD UN ANNO DA ETICHETTATURA

IGP BURRATA ANDRIA: APERTO DIALOGO PER CENTRALITA’ TERRITORIO

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n anno fa l’UE ha iscritto la ‘burrata di Andria’ nell’elenco delle IGP (Indicazione Geografica Protetta). Finalmente è stato aperto il dialogo con i trasformatori per ridare centralità al latte e al territorio, perché bisogna uscire dalla grande ambiguità di commercializzare un prodotto che può fregiarsi di un marchio comunitario così fortemente distintivo del territorio, valorizzando così i caseifici che già usano latte pugliese, senza che il valore aggiunto sia adeguatamente esaltato. Il disciplinare di produzione, essendo stato redatto precedentemente, non contempla l’origine del latte utilizzato per fare la burrata e non tiene conto delle importanti novità introdotte dal decreto che obbliga ad indicare in etichetta l’origine del latte da utilizzare per fare i prodotti lattiero – caseari ‘made in Italy’ . Poiché il Decreto prevede che i prodotti IGP e DOP non riportino in etichetta l’origine del latte, è evidente che i consumatori continueranno ad acquistare convinti che sia fatta con latte del territorio, quando, invece, il Disciplinare non contiene alcuna indicazione in tal senso. Avviare, anche se a posteriori, un percorso di trasparenza e promozione del latte locale è una occasione che il territorio di Andria non può perdere e che andrà a beneficio di artigiani, industriali, consumatori e della sana imprenditoria zootecnica pugliese. Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori. L’intera filiera sta lavorando per superare la sostanziale contraddizione di rendere appetibile a livello commercia-

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le un prodotto fatto con latte estero. Il disciplinare caratterizza solo la qualità del prodotto (% di grasso, di proteine, carica batterica, ecc…) che potrebbe, quindi, provenire da qualsiasi parte del mondo. Una filiera produttiva così importante e riconosciuta non poteva non cogliere la grande opportunità data dall’etichettatura obbligatoria che di fatto è un grande successo per tutto il mondo agricolo e per gli allevatori che versano in una grave situazione per colpa del prezzo del latte troppo basso e delle importazioni di latte e prodotti semilavorati dall’estero, utilizzati per fare mozzarelle e formaggi spacciati per ‘Made in Puglia’. L’etichettatura obbligatoria deve diventare una infallibile cintura di sicurezza per i nostri allevatori che devono poter competere alla pari e per la salute dei nostri consumatori debbono poter scegliere in maniera consapevole quello che acquistano e mangiano. Sono ben 80mila mucche da

latte presenti in Puglia che possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, formaggi e yogurt che è garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore, grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello nazionale e comunitario con 2 DOP (canestrato pugliese e mozzarella di bufala) e 17 formaggi riconosciuti tradizionali dal MIPAAF (burrata, cacio, caciocavallo, caciocavallo podolico dauno, cacioricotta, cacioricotta caprino orsarese, caprino, giuncata, manteca, mozzarella o fior di latte, pallone di Gravina, pecorino, pecorino di Maglie, pecorino foggiano, scamorza, scamorza di pecora, vaccino). In Puglia a fronte dei 1.939 allevamenti che producono 3,6 milioni di quintali di latte bovino, le importazioni di latte dall’estero raggiungono i 2,7 milioni di quintali e i 35mila quintali di prodotti semi-lavorati.

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La prima regione meridionale per numero di impianti

PESCA: CRESCE IN PUGLIA L’ACQUACOLTURA

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erza regione italiana per quantitativo di catture di specie ittiche nonché, addirittura, seconda per fatturato sul territorio nazionale, la Puglia si difende bene anche sul versante dell’acquacoltura. Stando ai dati del report Centro Studi Confagricoltura, il quadro mondiale è in forte crescita e registra un +629% dei volumi nel 2015 rispetto al 1990, mentre l’Europa segna incrementi più contenuti (+285%). In Italia gli andamenti dei volumi produttivi sono sensibilmente contrastati (154mila tonnellate nel 1990, 217mila nel 2000, 149mila nel 2015), che rappresentano comunque quote notevolmente decrescenti della produzione mondiale e continentale (nel 1990 l’1,26%, nel 2015 appena lo 0,25%). In questo scenario, la Puglia è la regione meridionale con il maggior numero di impianti di acquacoltura (ben 131 al 31 agosto 2017), seguita da Campania (123) e Sardegna (50), e si piazza all’8° posto nazionale, in costante crescita negli ultimi anni. Gli allevamenti finalizzati all’ingrasso per il consumo finale, invece, sono 1.346 in Italia, quasi per la metà presenti in Veneto (617), con al secondo posto la Puglia (126) stando all’elaborazione del CSConfragricoltura sui dati forniti dalla BDN dell’Anagrafe Zootecnica istituita dal Ministero della Salute presso il CSN dell’Istituto “G. Capo-

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rale” di Teramo. Circa il 70% della produzione complessiva dell’acquacoltura proviene da quattro regioni, tra cui la Puglia dove si sono prodotte un totale di 11.568 tonnellate nel 2014: 10.605,2 molluschi; 956,8 pesci e appena 6 di crostacei. “Un comparto in crescita nella nostra Puglia ma che non prende, a livello nazionale, quello slancio necessario a sostenere la domanda dei consumatori italiani sul mercato – dichiara il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera – Con l’imposizione del “fermo pesca biologico” e degli stock

sempre più deficitari nei nostri mari, l’acquacoltura è necessariamente una strada da perseguire con decisione assieme al pescaturismo e all’ittiturismo per dare nuove fonti di reddito al mondo della pesca. Un comparto che continua a pagare lo scotto di politiche non lungimiranti in attesa che la ‘legge delega per il riordino della normativa in materia di concessioni demaniali per la pesca e l’acquacoltura e di licenze di pesca’ produca presto gli effetti previsti, dopo l’approvazione della Camera lo scorso settembre. Il comparto, infatti, ha bisogno di provvedimenti per il suo rilancio”.

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Un numero sempre crescente di umani cercheranno cibo migliore

LE PROSSIME GENERAZIONI DISPORRANNO DI CIBO SUFFICIENTE?

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ei prossimi venti-trenta anni un numero sempre crescente di umani cercheranno un cibo più disponibile e qualitativamente migliore anche perché in molte aree oggi sottosviluppate l’aumento del benessere sociale si tradurrà specialmente nell’aumento di questa richiesta. Ma nel frattempo le condizioni ambientali potranno essere divenute sempre più limitanti: meno disponibilità di suolo fertile ed acqua dolce per produrre il cibo richiesto e condizioni ambientali generali sempre più problematiche. Una domanda sorge spontanea: cosa dovrebbero fare i nostri Governanti per fronteggiare tale problema? Non si può dimenticare che le varie attività coinvolte nella produzione alimentare sono di gran lunga le più importanti perché la continua disponibilità di alimenti è un fattore essenziale per la sopravvivenza di tutta l’umanità. Non dimentichiamo, anche come cristiani, che nel Padre Nostro si chiede di disporre di “pane, cioè di cibo, ogni giorno”! Inoltre non dimentichiamo che il cibo può essere anche un fattore che spesso contribuisce ad originare disturbi individuali e sociali sempre più importanti, sia per mancanza che per eccesso (anoressia ed obesità). In molti Paesi oggi non è un problema, ma in futuro? Occorre infatti considerare che la disponibilità di suoli produttivi nel mondo sarà sempre più limitata, come pure l’acqua dolce, altro fattore naturale indispensabile per la produzione degli alimenti di origine terrestre. Infatti il concetto di “sicurezza alimentare” come dichiarato dalle Nazioni Unite, afferma che “ogni umano dovrebbe disporre di mezzi tecnici ed economici per procurarsi un cibo sufficiente e sano, prodotto senza danneggiare i necessari fattori di produzione”. La mancanza di alimenti, da tempi remoti, è sempre stata un elemento che scatena inevitabilmente rivoluzioni e guerre. Ormai è evidente che anche l’attuale “primavera araba” sia stata

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di Alessandro BOZZINI

certamente favorita dalla difficoltà di quelle popolazioni di procurarsi il cibo quotidiano, non prodotto autonomamente in sufficienza nei vari Paesi coinvolti del Nord Africa e Medio Oriente, dove la penuria di acqua dolce rappresenta un importante fattore limitante della produzione alimentare. Certamente in alcuni Paesi del Mondo esiste una ampia disponibilità di alimenti, specialmente dove vi è abbondanza di terreni fertili ed un numero relativamente limitato di abitanti: esempi sono l’Australia, gli USA, il Canada, l’Argentina, l’Usbekistan ecc. Ma sono molto più numerosi i Paesi in cui, a causa dell’elevato numero di abitanti e di una limitata disponibilità di terreni produttivi, la disponibilità di cibo rappresenta un problema molto grave: ne sono esempi l’Egitto, il Pakistan, l’India, la Cina, la Repubblica Popolare del Congo e numerosi altri Paesi specialmente africani ed asiatici. La globalizzazione del commercio, che da diversi anni è stata estesa anche ai generi alimentari di base, ha

permesso a Paesi benestanti, ma con insufficienti produzioni alimentari, di poter acquistare tutti gli alimenti necessari. Ma molti Paesi poveri non possono permettersi di acquistare ed importare grandi quantità di alimenti, specie se improvvisamente divengono più cari, per una anche temporanea diminuzione delle produzioni o per un aumento del costo dei prodotti da importare. Le più verosimili previsioni stimano che alla metà del presente secolo la popolazione mondiale possa aumentare del 30-40% (e quasi tutto l’aumento si verificherà nei Paesi emergenti!) e quindi ci dovrebbe essere una produzione alimentare aumentata almeno di altrettanto, se si dovrà mantenere la situazione alimentare attuale, del resto, in molti casi, già insufficiente. Tuttavia, si può presumere che, anche in diversi Paesi emergenti, possa verificarsi un miglioramento del potere di acquisto anche alimentare, con particolare riferimento ai cibi più “ricchi” (carne, latte ed uova in particolare) che già

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oggi, secondo dati FAO, usano per la nutrizione animale oltre il 40% delle granaglie che potrebbero essere usate per l’alimentazione diretta delle persone (cereali, leguminose da granella, oleaginose ecc). A tutto ciò si aggiunge che, nei prossimi decenni, assisteremo ad una continua crescita dell’urbanizzazione, in quanto nelle città sono presenti molti più servizi sociali oggi ritenuti sempre più importanti dalla popolazione, diminuendo così sempre più l’occupazione nelle aree rurali che sono quelle che producono gli alimenti per tutti. Inoltre si deve considerare che nelle città si perde sempre di più il rispetto e la considerazione per il cibo e per chi lo produce, dando per scontata, anche per semplice ignoranza, la sua disponibilità. Inoltre nelle città vi è una molto maggiore frazione di alimenti che non vengono consumati, finendo nella spazzatura. Considerando l’insieme di tutti questi fattori non dobbiamo meravigliarci se la FAO ha stimato che nei prossimi 3-4 decenni la domanda di alimenti possa aumentare del 60-70%! Inoltre, mentre alla fine del secolo passato la classe media era presente per il 60% in Europa e Nordamerica, a metà del secolo attuale si stima che l’80% di tale classe sarà dislocata in Asia. Quindi, particolarmente in Africa, ma fors’anche in Europa, si potrà verificare una carenza di cibo, causata anche da un aumento dei costi, sia di produzione che di importazione, con conseguenze purtroppo facilmente prevedibili, visto quanto è recentemente successo in Africa e Medio Oriente, in cui le aree subdesertiche e quindi improduttive, N° 22 - 15 dicembre 2017

sono molto estese e la popolazione è sempre crescente. Inoltre l’attuale produzione alimentare è sempre più legata a modalità che richiedono un uso massivo di lavorazioni del suolo, di fertilizzanti e di pesticidi che contribuiscono a deprimere la fertilità e la qualità dei suoli e la sanità dei prodotti ottenuti. Modalità di produzione “sostenibili” dovranno essere sviluppate ed adottate più diffusamente per mantenere ed anche migliorare la fertilità e quindi la continua produttività dei suoli agrari. Infine non bisogna sottovalutare gli effetti dei cambiamenti climatici recentemente verificatisi un po’ in tutto il mondo ed anche in Europa. In pochi anni si sono verificati periodi molto più aridi e molto più piovosi, molto più caldi e molto più freddi delle medie dell’ultimo secolo, con ovvie conseguenze anche sulle produzioni alimentari locali. Non vi è dubbio che solo la promozione di una ricerca specificatamente orientata e l’applicazione estesa di nuove tecnologie idonee, saranno in condizione di ovviare e porre rimedio ad una serie di problemi che si accavalleranno in un prossimo futuro riguardo la disponibilità dei principali generi alimentari. La nostra classe politica e dirigente dovrà rendersi conto del problema e dei conseguanti pericoli per la società e provvedere adeguatamente alla promozione di tali attività. Speriamo che se ne rendano conto in tempo e provvedano di conseguenza, tenendo anche in considerazione dei tempi, spesso lunghi, necessari per la soluzione di problemi di sempre maggiore importanza e difficoltà, man mano

che passa il tempo. Purtroppo la classe politica, dovendo affrontare le elezioni mediamente ogni 4 anni, tiene nella massima considerazione programmi ed investimenti che potranno dare risultati da presentare all’elettorato entro 2-3 anni. Purtroppo la biologia che riguarda la produzione alimentare ha anche a che fare con numerose piante ed animali che hanno un ciclo biologico ben più lungo di 3-4 anni, per cui i risultati della ricerca necessitano numerose stagioni ed anche diversi anni per le verifiche necessarie per l’ottenimento dei risultati positivi desiderati. Certo, in questo, come anche in numerosi altri campi, è un problema che richiederebbe un supporto politico ed economico di più lungo respiro. Da questo punto di vista è certo più vantaggioso, per la popolazione, un sistema politico più stabile e duraturo nel tempo. Speriamo, comunque, che la nostra classe politica attuale si renda conto dell’importanza della ricerca pluriennale richiesta per fronteggiare questo problema di straordinaria importanza per il Paese e si comporti di conseguenza.

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Presentato il libro sul tema dell’agronomo Stefano Carbonara

Xylella in Puglia: un focus con illustri relatori a Monopoli di Paola DILEO

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ylella in Puglia, il dramma, i fatti, le responsabilità, le risposte del mondo scientifico”: i temi dibattuti in un convegno ad hoc, lo scorso 4 dicembre a Monopoli. Un’attenta disamina sul “benedetto e maledetto patogeno” che dal 2013 tiene sotto scacco l’olivicoltura pugliese (anno d’identificazione della causa di disseccamento nella xylella fastidiosa, sottospecie pauca), sebbene i primi segnali nel Salento siano da ricondurre al 2009. Al tavolo dei relatori autorevoli ospiti, portatori di esperienze dirette sulla “questione xylella” in Puglia, come Giovanni Martelli (prof. emerito di Microbiologia all’Università di Bari, anche direttore del Centro Studio CNR Virus di Bari), Mauro Giuseppe Ferro (già direttore del Dipartimento Agricoltura/Regione Puglia, nonché membro dell’Accademia dei Georgofili), Gianluca Nardone (direttore Dipartimento Agricoltura della Regione Puglia), Michele Lacenere (presidente Confagricoltura Bari), Giovanni Cantele (presidente Coldiretti Puglia), Leonardo Capitanio (Vivai Capitanio e Giardino Botanico Lama degli Ulivi). Ha moderato gli interventi l’agronomo monopolitano Stefano Carbonara (professore di Scienze naturali e cultore, scrittore di storia locale) che per l’occasione ha presentato il suo ultimo libro “Xylella in Puglia”- Aga Editore; un puntuale lavoro di ricerca, documentazione cronologica dei fatti accaduti con

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supporto grafico e cartografico. “ è dura da accettare – ha premesso Carbonara – ma l’avanzamento del batterio è stato galoppante, ha viaggiato alla velocità di 30km all’anno, fino a raggiungere Oria, Cisternino e Ostuni. Un pericolo che incombe anche sulla olivicoltura barese e sull’irripetibile patrimonio degli ulivi secolari con inevitabili ricadute sull’economia, il paesaggio e l’ambiente”. Uno scenario desolante , evitabile, secondo il mondo scientifico, accusato su più fronti di complottismo: “dimenticando che la scienza non è democratica e non segue la regola della maggioranza, ma si regge su dati sperimentali. Il recente convegno scientifico a Palma di Maiorca (coordinato dall’EFSA) e a carattere internazionale, dimostra quanto il problema xylella sia di interesse mondiale e non solo della Puglia”. In continuità il prof. Giovanni Martelli ha evidenziato che 51 unità scientifiche operative su scala planetaria lavorano per una soluzione “Vuol dire che il problema esiste – ha spiegato, ricordando che gli americani da 150 cercano un rimedio alla batteriosi Xylella fastidiosa sulla vite, senza risultati – . Se una pianta suscettibile è stata infettata è destinata progressivamente alla morte. Possiamo solo bloccare l’avanzamento della malattia attraverso le misure del Piano Silletti ,quindi abbattimento degli esemplari colpiti nel raggio di 100 mt dalla zona focolaio e con la

lotta al vettore. Un altro rimedio può essere quello di puntare su cultivar resistenti come leccino e favolosa, perché reagiscono diversamente al batterio, in quanto continuano a vegetare e produrre. Il destino dell’olivicoltura pugliese è solo nelle mani dei ricercatori – ribadendo la massima fiducia nella scienza –“. Nel confermare un quadro estremamente drammatico, il dott. G. Mauro Ferro ha posto l’accento sulla importanza del settore olivicolo nella nostra regione “un investimento economico-produttivo notevole con risvolti non trascurabili di tenuta del territorio, in termini paesaggistici, ambientali e turistici. Il danno causato dal batterio nel Salento è incommensurabile. La maggior parte della nostra olivicoltura è persa. Certamente il futuro dell’agricoltura pugliese

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è imprescindibile da una presa d’atto degli errori commessi sul caso. Urge, come sottoscritto nella Carta di Galatina, una responsabilità corale degli attori sociali , produttori, cittadini, istituzioni, a quest’ultimi anche l’invito ad essere più rassicuranti”. Eh in tema di responsabilità, Gianni Cantele di Coldiretti punta il dito anche sull’Europa e sui sistemi di controllo alle importazioni di piante dai paesi extra UE “nel sentirmi amareggiato e sconfitto – ha commentato – sento il dovere di mettere in guardia le altre province pugliesi a non ripetere gli stessi errori e a denunciare con forza chi mistifica la realtà per ragioni diverse. Stiamo perdendo l’idea di bene comune. Dobbiamo saper ascoltare chi ha le competenze”. Gli fa eco Michele Lacenere di Confagricoltura”Non esistono soluzioni miracolose, dobbiamo solo affidarci alla scienza ai comprovati sistemi di contrasto”. A rievocare lo stato di assoluta complessità in cui ha dovuto agire la Regione Puglia è stato il dott. Gianluca Nardone del Dipartimento Agricoltura” Una serie di ostacoli hanno rallentato le operazioni di monitoraggio – avvisi di garanzia a tre dirigenti, avvio della procedura d’infrazione dell’UE per mancanza di un monitoraggio sistematico della zona infetta, vari ricorsi al TAR da parte di privati per il Piano Siletti, la sentenza della Procura di Lecce – . Salvo riprendere dopo due anni circa N° 22 - 15 diceMbre 2017

con organicità il controllo di una vasta area che si estende dall’Adriatico allo Ionio, grazie anche alla formazione di oltre 200 agenti fitosanitari. Dopo la messa in sicurezza vogliamo dare risposte concrete agli olivicoltori in sofferenza “. In programma azioni di ristoro attraverso il fondo di calamità e in particolare 12.000.000 di euro da erogare tramite i comuni; si attingerà inoltre alla sottomisura 5.1 del PSR per fronteggiare il contenimento della malattia, a sostegno di spese di potatura e trattamenti fitosanitari . In chiusura il vivaista Leonardo Capitanio ha ricordato che il patogeno xylel-

la non ha investito solo l’olivicoltura pugliese “Perché oltre 200 piante tra specie fruttifere e ornamentali (nella lista mandorlo, ciliegio, oleandro , lavanda, rosmarino e tanti altri) possono ospitare il batterio. Di qui una serie di divieti a movimentare questi esemplari, con limitazioni al commercio e ripercussioni sulle vendite, nonostante provenienti da aree diverse da quelle infette. Per ovviare a queste discriminanti già partire da marzo anticipa Capitanio - in tutti paesi UE le piante in vaso della lista suscettibile al contagio saranno sottoposte ad ulteriori controlli in fase di vendita”.

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TAVOLO REGIONALE PER COORDINAMENTO E COMUNICAZIONE STRATEGIE

XYLELLA: “UE NON FACCIA COME PONZIO PILATO”

osto che le responsabilità dei ritardi sulla Xylella fastidiosa sono a 360 gradi e finalmente pare ci sia la presa d’atto della gravità della situazione, serve un tavolo regionale permanente che si occupi di coordinare attività di prevenzione, contrasto e comunicazione, e che dia risposte concrete al mondo olivicolo sul futuro dopo gli abbattimenti. A livello nazionale è necessario che vengano adottate norme straordinarie urgenti che superino le lungaggini e le strettoie normative che finora hanno di fatto impedito alla Regione Puglia di procedere in molte aree agli abbattimenti stessi. Pur condividendo la posizione di Andriukaitis, l’UE non può fare come Ponzio Pilato sugli indennizzi da riconoscere agli olivicoltori che hanno subito e dovuto affrontare in solitudine l’aggressione del patogeno da quarantena Xylella Fastidiosa e devono fare i conti con ingenti perdite di reddito presenti e future. Perchè è drammatica la conta dei danni sia per il valore inestimabile degli ulivi colpiti perché millenari e centenari e in caso di estirpazione per il valore del soprassuolo distrutto”. E’ il commento del Presidente della Coldiretti Puglia, Gianni Cantele, alla dichiarazione del commissario Ue alla salute Vytenis Andriukaitis, al termine della riunione di alto livello sulla Xylella a Parigi che ha evocato conseguenze “disastrose” che il patogeno si propaghi a nord se non si darà seguito ad un serio programma di abbattimenti. “L’UE ha gravi responsabilità – incalza il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti - circa gli inaccettabili ritardi nell’affrontare l’emergenza fitosanitaria causata dalle frontiere colabrodo. La mancanza di efficaci misure di controllo alle frontiere e del doveroso embargo avverso le aree da cui proviene il batterio che sta distruggendo gli ulivi salentini, come ad esempio il sud America al fine di bloccare il

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commercio di materiale vegetale infetto, hanno causato un danno irreparabile all’olivicoltura salentina. Ora l’UE non può lavarsene le mani come se nulla fosse accaduto, anche perché finora molto ha fatto per la ricerca, ma non ha ancora neppure ipotizzato concrete misure di sostegno ai territori colpiti”. Le aziende agricole salentine sono per il 92% dedite alla coltivazione dell’olivo, che occupa il 60% della SAU provinciale. Le piante di olivo presenti sono quasi 11milioni, pre-

valentemente delle cultivar Cellina di Nardò, Ogliarola Salentina, Leccino e Pizzuta, mentre è piuttosto bassa la presenza della cultivar Coratina. La gran parte delle aziende olivicole salentine, oltre 51mila unità (il 77% del totale), sono specializzate nella coltivazione dell’olivo, ossia ricavano da questa coltura più di due 2/3 del proprio reddito. Queste aziende detengono circa 92mila ettari di superficie, pari al 95% della SAU olivicola provinciale.

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MUTUO IPOTECARIO PER ACQUISTO SOLO PER GIOVANI IMPRENDITORI

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LAVORO: 1629 ETTARI ISMEA IN VENDITA

ono 1629 gli ettari di terreno di proprietà di ISMEA in vendita in Puglia, un primo lotto acquistabile, sottolinea Coldiretti Puglia, anche attraverso l’accensione di un mutuo ipotecario solo a beneficio dei giovani imprenditori agricoli. “E’ stato aperto lo sportello telematico della Banca nazionale della Terra agricola – spiega il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – a cui va inviata una manifestazione d’interesse. Il maggior numero di ettari in vendita è nelle province di Foggia, BAT e Taranto. Si tratta di una opportunità che va a beneficio soprattutto dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, considerato che è già cresciuto nel primo semestre del 2017 di un ulteriore 6,6% in Puglia il numero delle imprese agroalimentari under 35 sul totale delle aziende agricole”. La “Banca delle terre agricole” è stata istituita dall’art. 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154, e costituisce l’inventario completo dei terreni agricoli che si rendono disponibili anche a seguito di abbandono dell’attività produttiva e di prepensionamenti, raccogliendo, organizzando e dando pubblicità alle informazioni necessarie sulle caratteristiche naturali, strutturali ed infrastrutturali dei medesimi, sulle modalità e condizioni di cessione e di acquisto degli stessi. Tutti possono accedere alla Banca gratuitamente. “Si tratta di una occasione da non perdere, perché il costo della terra in Puglia – aggiunge il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti - ha raggiunto mediamente i 14/16mila euro per il seminativo irriguo, i 20/25mila euro ad ettaro per i suoli olivetati, 33/37mila euro ad ettaro per i terreni ad uva da tavola, 15/18mila euro ad ettaro per il frutteto, valori medi decisamente superiori addirittura a quelli di Germania e Francia. La dismissione della proprietà pubblica dei terreni agricoli toglie allo Stato il compito improprio di coltivare la terra e rende disponibili risorse per lo N° 22 - 15 diceMbre 2017

sviluppo, ma soprattutto dà un impulso alla crescita, all’occupazione e alla redditività delle imprese che realizzano performance migliori in agricoltura quando sono condotte da giovani”. Una volta individuato il terreno se si desidera acquistarlo è necessario inviare una Manifestazione d’interesse (MDI), non impegnativa all’acquisto ma necessaria per partecipare alla procedura di vendita che avviene attraverso un’offerta economica di importo non inferiore a quello della base d’asta. A riguardo si ricorda che per la vendita dei terreni ISMEA non si applica il diritto di prelazione agraria e che è necessario per poter effettuare una Manifestazione d’interesse avere un indirizzo PEC. Intanto, la IV commissione consiliare, presieduta da Donato Pentassuglia, ha approvato all’unanimità il disegno di legge relativo alla “Modifica e integrazione dell’art., comma 5, della L.R. 29 maggio 2015 n. 15

(disposizioni per favorire l’accesso del giovani all’agricoltura e contrastare l’abbandono e il consumo dei suoli agricoli)”. “L’iniziativa legislativa – dichiara Serena Minunni, leader regionale di Coldiretti Giovani – che favorirà certamente il processo di rigenerazione del settore agricolo che ha nei giovani imprenditori agricoli gli attori principali, il quale va accompagnato da mirate azioni incentivanti che diano risalto alle professionalità esistenti e promuovano un nuovo modo di fare impresa”.

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In preoccupante crescita le fake news

Censis: continua il calo dei consumi editoriali

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olo il 35% degli italiani legge un quotidiano. I lettori stanno traslocando sempre piu’ in internet, dove pero’ a piu’ della meta’ degli utenti e’ capitato di dare credito a notizie false circolate nel web. Le cosiddette fake news. E’ quanto si legge nel 51/o rapporto del Censis che interpreta i piu’ significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase congiunturale che stiamo attraversando. Per tre italiani su quattro (77%) quello delle fake news e’ considerato un fenomeno pericoloso. Soprattutto per le persone piu’ istruite, che ritengono le bugie sul web create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74%) e favorire il populismo (69%). Nel giro di quindici anni le copie di quotidiani vendute giornalmente sono passate da quasi 6 milioni, nel 2000, a meno di 3 milioni, nel 2016, con una perdita di oltre il 50%. I tg restano ancora il mezzo d’informazione piu’ utilizzato dagli italiani (60%). I giornali continuano a soffrire per la mancata integrazione nel mondo della comunicazione digitale. Per i periodici nell’ultimo anno si

e’ registrata una piccola ripresa, sia dei settimanali (+1%) che dei mensili (+2%). A sostenere l’editoria in Italia sono soprattutto le donne, in particolare quelle piu’ istruite, con il 61% di lettrici diplomate o laureate. Meno della meta’ della popolazione (il 42%) legge libri, mentre gli e-book, nonostante una leggera crescita (dal 2% del 2007 al 9% nel 2017) viaggiano ancora su numeri piuttosto bassi. Come fonti d’ informazione, gli italiani si affidano ai social network come Facebook che viene utilizzato dal 35% degli italiani

(e la percentuale sale al 48% tra i giovani). I motori di ricerca come Google vengono consultati per informarsi dal 21% della popolazione, YouTube da oltre il 12%. Anche lo svago e’ sempre piu’ all’insegna del digitale. Sempre secondo il Censis, la quota degli italiani che guardano film online aumenta di oltre 4 punti percentuali rispetto al 2015, passando dal 19% all’attuale 24%, spingendosi fino al 47% nel caso degli under 30. Anche ascoltare la musica attraverso il web e’ una pratica comune al 39% degli utenti (tra gli under 30 si sale a circa il 60%).

Il Forum a Milano

I Giovani Imprenditori pugliesi puntano alla Borsa

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on 8 società partecipanti al progetto Elite che fatturano più di 600 milioni di euro ed hanno più di 3700 dipendenti, la Puglia si candida a diventare una delle regioni del Sud più presenti nel progetto per le imprese ad alto potenziale lanciato da Borsa Italiana in collaborazione con Confindustria nel 2012. Ulteriore dimostrazione del dinamismo delle imprese della nostra regione la quotazione di successo sul mercato Aim di Finlogic, prima azienda pugliese entrata in Elite nel 2012 che oggi ha partecipato come testimonial all’evento.” Lo ha dichiarato il presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Gabriele Menotti Lippolis in occasione del Forum “La Borsa ed i nuovi strumenti finanziari per le pmi” organizzato questa mattina a Milano dai Giovani Imprenditori di Confindustria Puglia ed Assolombarda a cui hanno partecipato tra gli altri il ceo di Finlogic Dino Natale, l’Head of ELite Growth Marta Testi, l’head of Mid&Small Caps Origination di N° 22 - 15 diceMbre 2017

Borsa Italiana Fabio Brigante, il ceo di KT& Partners Kevin Tempestini e il responsabile relazioni istituzionali di Elite Roberto Race. “Come Giovani Imprenditori di Confindustria Puglia - ha continuato Menotti Lippolis - puntiamo a supportare i nostri associati nel loro percorso di crescita e strumenti come Elite possono rientrare in pieno nell’Agenda di Confindustria Puglia. Se l’identikit dell’impresa che partecipa ad Elite è quello di un’azienda che ha grandi ambizioni e potenzialità di crescita di sicuro il territorio pugliese può esprimere molte realtà di altissima qualità.”

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VIII edizione del premio

“Pugliesi nel mondo”: i premiati

ono stati 15 i pugliesi premiati durante la manifestazione “Pugliesi nel Mondo” giunta la sua VIII edizione che si è tenuta lo scorso 16 dicembre nel prestigioso Teatro Curci di Barletta. Organizzata dall’Associazione Internazionale “Pugliesi nel Mondo” (con sede a Gioia del Colle) e dal suo presidente Giuseppe Cuscito, l’evento ha visto la presenza del Sindaco Pasquale Cascella e dell’Assessore al Turismo Giuseppe Gammarota del comune di Barletta. Testimonial dell’Edizione 2017, il cantautore pugliese Tony Santagata mentre la conduzione è stata dalla presentatrice Rai ed ex Miss Italia Manila Nazzaro ( fra gli ospiti la giovane cantautrice Giulia Miccoli, vincitrice del Festival Cantagiro 2017 e il comico e cabarettista Santino Caravella; durante la cerimonia premiazione anche per la società del Foggia Calcio e per i suoi dirigenti, per la promozione in Serie B.). I premiati sono stati lo stilista Domenico Vacca (originario di Andria), l’ambasciatore Nicola Bellomo

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(Bari), il ricercatore Umberto Berardi (Troia), la salentina (di Salve) Maria Teresa Chirivì responsabile dell’academy ed espansione internazionale della gloriosa squadra calcistica dell’Atletico di Madrid, la ricercatrice barlettana Vincenza Conteduca , il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Giuseppe De Tomaso (nato a Turi), il dirigente d’azienda barese Andrea Fabiano, Massimo Fasanella d’Amore di Ruffano vice presidente marketing internazionale di Pepsi (nato a Ugento), il direttore del dipartimento di nanochimica all’istituto italiano di tecnologia di Genova Liberato Manna (Palo del Colle), la fasanese Vita Marisa Lisi Melpignano imprenditrice turistica (Borgo Egnazia , Masseria San Domenico) con strutture incluse nei circuiti internazionali più importanti, l’ammiraglio di squadra Donato Marzano (Taranto), l’attore e regista leccese Mario Perrotta, il pilota motociclistico Michele Pio Pirro (San Giovanni Rotondo), la docente di fisica presso la facoltà di ingegneria del Politecnico di Bari e ricercatrice presso Cern

di Ginevra Gabriella Pugliese (originaria di Canosa di Puglia), l’attrice Nina Soldano (Vieste, lanciata dal programma cult di Renzo Arbore “Indietro Tutta” , di cui si sono festeggiati i 30 anni in questo periodo su RaiDue). Un’edizione del premio ben riuscita, un modo importante di far emergere le eccellenze di Puglia, intese non solo come persone ma anche come territorio, cultura, enogastronomia , turismo.

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