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Pubblicazione realizzata con il contributo di Masi Agricola SpA
Anno 20 - Numero 59 -Dicembre 2024 - pubblicazione quadrimestrale Registrata presso il Tribunale di Verona il 24 giugno 2005, n. 1669
SOMMARIO CONTENTS
1 La bellezza può cambiare il mondo? Can beauty change the world? di Isabella Bossi Fedrigotti
2 L’Opera che vuole essere luce per tutti
The Opera that wants to be a light for us all di Lucio Bussi
8 Ma quanto vale in vigna e cantina l’altra metà del cielo
How wonderful the other half of the world is in winemaking di Marisa Fumagalli
14 La pazienza e il gusto di un audace perfezionista
The patience and the taste of a daring perfectionist di Paolo Possamai
18 Sassolino: la bellezza che fluttua nell’istante Sassolino: beauty floating in the moment di Luca Illetterati
22 Sara Segantin: “Nella biodiversità il futuro nostro e del pianeta” Sara Segantin: “Our future and the planet’s future in biodiversity” di Elena Filini
26 Il dialogo con l’Oriente nel destino di Venezia Dialogue with the East in the destiny of Venice di Sergio Frigo
30 Prosecco, viaggio nella storia di un vino letterario Prosecco, a dive into the history of a literary wine di Enrico Zucchi
34 Il miracolo di San Biagio: la Glera spuma senza tempo
The miracle of San Biagio: Glera’s timeless sparkle di Carlo Cambi
40 Alla Capitolare di Verona ascolti i secoli che parlano At the Capitolare you listen to the centuries speaking di Bonifacio Pignatti
44 Trasparenze di vetro per gocce di rugiada sul loto The transparency of glass for drops of dew on the lotus a cura della Redazione
48 In cammino nel tempo: il neolitico in Valpolicella A walk through time: the Neolithic in Valpolicella di Chiara Boracchi
52 Mario Bagnara, una vita per la cultura delle Venezie Mario Bagnara, a life spent in culture for the Venetian regions a cura della Redazione
54 Dalla Fondazione Masi: flash Flash news from the Masi Foundation
LA BELLEZZA PUÒ CAMBIARE IL MONDO? CAN BEAUTY CHANGE THE WORLD?
Afarci coraggio nella scelta della bellezza come linea guida del quarantatreesimo Premio Masi, sono forse stati i versi di un poeta inglese secondo il quale chi sa vedere le bellezze intorno a sé, anche quando non sono davvero visibili, chi le sa cogliere dove non tutti colgono, chi le sa apprezzare quando non tutti apprezzano, vuol dire che la bellezza la porta dentro di sé.
E ciascuno dei nostri premiati dell’anno 2024 appartiene a questa categoria speciale e privilegiata di portatori di bellezza. Viceversa, ci siamo interrogati, può la bellezza avere influenza sull’indole, sul carattere sulla storia di un uomo? In altre parole, può la bellezza – se non salvare il mondo come audacemente suggeriva Dostoevskij – rendere un poco migliori? Per trovare una risposta credibile abbiamo capovolto la domanda chiedendoci quale effetto faccia su di noi la bruttezza.
Osservare una città bombardata, vivere in una periferia miserabile e degradata, ritrovare devastato un paesaggio un tempo meraviglioso possono forse provocare altro se non rabbia, disgusto, paura, aggressività? Cioè, bruttezza.
Perciò osiamo credere che il contrario, un territorio perfettamente preservato, un’opera d’arte riuscita, una poesia commovente, perfino soltanto una radiosa giornata possano indurre contentezza, serenità, speranza, cioè bellezza.
It was, perhaps, the words of an English poet that encouraged us to choose beauty as the theme for the forty-third Masi Prize, when the poet said that those who can see beauty around them, even when it’s not really visible, and can discern its presence when others cannot, and can appreciate it when others do not, these people carry beauty within themselves. All of our 2024 Prize winners belong to this special and privileged category of being the bearers of beauty. Conversely, we asked ourselves, can beauty have an influence on a man’s temperament, character and history? In other words, can beauty – if not save the world, as Dostoevsky boldly suggested – make it a little better? To find an authoritative answer, we turned the question on its head and asked ourselves what effect ugliness has on us.
Can viewing a bombed-out city, living in a miserable and degraded suburb, or finding a once beautiful landscape destroyed, cause anything other than anger, disgust, fear and aggression? In other words, ugliness.
So we dare to believe the opposite, that a perfectly preserved landscape, a successful work of art, a moving poem, or even just a radiant day can induce contentment, serenity, and hope: in other words, beauty.
https://www.fondazionemasi.com/premio-masi
di Isabella Bossi Fedrigotti
Da
L’OPERA
CHE VUOLE
ESSERE LUCE PER TUTTI THE OPERA THAT WANTS TO BE A LIGHT FOR US ALL
Verona al mondo: il Grosso d’Oro Veneziano assegnato all’Opera Don
Calabria
From
Verona to the world: the Grosso d’Oro Veneziano goes to Opera Don Calabria
Una fede profondissima che si trasforma in opere concrete di carità, questo è il cuore della vita e del carisma di san Giovanni Calabria: azioni concrete che cambiano il corso della vita delle persone, soprattutto di quelle indigenti, di quelle povere, di ogni età. E non solo della povertà materiale, ma anche di quella spirituale, del contesto in cui vivono. L’Opera Don Calabria ha dato ascolto, sostegno, protezione a moltitudini di persone fragili, povere, svantaggiate in molti angoli del mondo, partendo dal carisma di don Giovanni Calabria, santo dal 1999, che nel novembre 1907 le diede vita accogliendo sette bimbi abbandonati in una piccola casa in vicolo Case Rotte a Verona. Dall’anno successivo i bimbi accolti si moltiplicarono, a San Zeno in Monte, in quella che è diventata la casa madre che “è il faro a cui tutta la famiglia calabriana guarda e aspira a divenire. Lo sentono come un punto di riferimento” dice fratel Gedovar Nazzari, economo dell’Opera e presidente dell’Ospedale Sacro Cuore di Negrar, che dal 2018 è anche istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) per le malattie infettive e tropicali.
A very deep faith transformed into practical works of charity, this is the heart of the life and spirit of Saint Giovanni Calabria: actions that change the course of people’s lives, especially the destitute and the poor, of all ages. And poor not only in terms of material poverty, but also spiritual poverty, the environment surrounding their lives. The Opera Don Calabria organisation has listened to, supported and protected legions of vulnerable, poor and disadvantaged people in many corners of the world. It all started with the strong personal appeal of Don Giovanni Calabria, beatified in 1999, when he took in seven abandoned children in a small house in vicolo Case Rotte in Verona in November 1907. From the following year, more children were taken in and welcomed in what has become the mother house, San Zeno in Monte.
L’istituzione, fondata nel 1907 dal sacerdote veronese, è presente in Italia e all’estero Founded in 1907, the institution founded by a priest from Verona works in Italy and abroad
‘This is the lighthouse for the whole Calabria family, a point of reference that they all look up to and where they all want to come,’ says Brother Gedovar Nazzari, Bursar of the Opera and President of the Sacro Cuore Hospital in Negrar, which has specialised in treating infectious and tropical diseases since 2018.
PREMIO MASI MASI PRIZE
di Lucio Bussi
A nome dell’Opera Don Calabria, l’economo fratel Gedovar Nazzari firma la botte di Amarone presso le Cantine Masi
On behalf of Opera Don Calabria, its bursar, Brother Gedovar Nazzari, autographs the Amarone barrel in the Masi Cellars
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Statua di San Giovanni Calabria a San Zeno in Monte, Verona Previous page.
Statue of St. Giovanni Calabria at San Zeno in Monte, Verona
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The Prize-winners’ talk show held in the Agorà of the new ‘Monteleone21’ building
Il talk show con
premiati presso l’Agorà della nuova struttura di Masi ‘Monteleone21’
“L’Opera deve essere luce e non solo per noi, figli di san Giovanni Calabria, ma per la società”. Tantissimo è stato fatto negli anni seguenti da quell’inizio di Novecento. Don Calabria, che era stato consacrato sacerdote nel 1901, fondò molte altre Case e scuole con un’attenzione particolare per gli orfani e i ragazzi in difficoltà, da lui chiamati ‘Buoni Fanciulli’. E iniziò a dedicarsi anche alle parrocchie, all’ecumenismo, all’assistenza agli ammalati, alla formazione dei sacerdoti. L’Opera ha due pilastri evangelici: la vivenza del carisma e la carità che si manifesta nella cura e nell’attenzione alle persone più fragili, ai bambini, ai disabili e agli ammalati.
“L’Opera non lo fa per coprire un bisogno sociale e sostituirsi o sopperire a carenze della mano pubblica, ma perché questo è il mandato evangelico, è la forma di vivere il carisma di san Giovanni Calabria” puntualizza fratel Nazzari. “La sua opera è fondata sulla testimonianza che Dio è Padre, colui che cammina assieme, che si prende cura di tutti noi. Dio è Padre
“The Opera must be a beacon and not only for us, the children of Saint Giovanni Calabria, but for society as a whole.” A great deal has been achieved since foundation in the early 20th century. Don Calabria, who had been consecrated a priest in 1901, founded many other Houses and schools with a special focus on orphans and children in difficulty, his ‘Good Children”. He also began to devote himself to parishes, ecumenism, care for the sick and the training of priests. The Opera has two pillars of evangelism: the life of the spirit and the charity that shows itself in the care and attention given to the weakest people –children, the disabled and the sick.
“The Opera does not do this to make up for social inadequacies or public shortcomings, but because this is the mandate of the Gospel, a way of living in the spirit of Saint Giovanni Calabria,” says Brother Nazzari. “Its work is founded on the testimony that God is the Father, the one who walks with us and cares for us all. In fact, God is the Father and the Mother and
INSIEME PER ‘COTTI IN FRAGRANZA’
Da cinque anni la Fondazione Opera Don Calabria per il Sociale e Masi Agricola collaborano nel progetto Cotti in Fragranza, un’opera sociale finalizzata alla formazione e al reinserimento lavorativo di minori e giovani dell’area penale che possono così scrivere un nuovo racconto della propria vita. Lavorare in laboratori di panificazione e pasticceria costituisce un’importante occasione di crescita per i ragazzi, li chiama ad un impegno costante, a prendere decisioni, a conoscere il valore di ogni prodotto nonché all’impatto sociale, ambientale e territoriale del proprio operato. Il primo laboratorio Cotti in Fragranza è stato avviato all’interno del carcere minorile Malaspina di Palermo. Un secondo laboratorio è nato, in collaborazione con la cooperativa Rigenerazioni, nel Casertano, e ha preso il nome di Cotti a Casale. In occasione del Natale, Masi ha scelto di veicolare un messaggio di speranza a tutti i nostri contatti nel mondo proprio attraverso l’invio delle specialità prodotte da questi ragazzi (sbrisolona, biscotti, frollini).
e Madre e noi figli siamo fratelli e sorelle e l’umanità è una famiglia. E nelle famiglie sane si dà maggiore attenzione ai più deboli, ai più fragili e ai più poveri”.
La scuola e la formazione sono anch’esse centrali nel messaggio calabriano, spiega fratel Nazzari. “Vogliamo formare persone responsabili, buoni cittadini e buoni cristiani. La scuola deve creare cittadinanza”. Centrali sono la cura e l’assistenza di malati e disabili come si manifestano in una grande realizzazione dell’Opera Don Calabria: l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, dove obiettivo è “l’umanizzazione dell’accoglienza unita ad alta professionalità e alta tecnologia. Don Calabria voleva una cura olistica della malattia che guardava al malato nella sua interezza e anche nei fattori esterni che possono essere importanti come la famiglia, la necessità di assistenza, i problemi economici e di alloggio”. È una presenza nel mondo che fa dell’Opera “la Multinazionale del Bene”, una definizione che piace a fratel Nazzari il quale ne elenca l’attività e la presenza nei cinque continenti: numeri che testimoniano “con soddisfazione” le molte persone assistite, “persone che sono al centro dell’azione dell’Opera”.
Oltre alla sede centrale di San Zeno in Monte, a Verona, ci sono case filiali in 14 Paesi. Accanto a 300 religiosi e 100 religiose ci sono oltre 8.000 collaboratori laici che rappresentano la spina dorsale di tutta l’organizzazione. In Italia le Case sono in Veneto, Lom-
TOGETHER FOR ‘COTTI IN FRAGRANZA’
For five years the Opera Don Calabria Social Foundation and Masi Spa have worked together in conjunction with local institutions and social organisations on the Cotti in Fragranza project, a charitable enterprise that trains young offenders and reintegrates them into society to start a new chapter in their lives. Working in baking and pastry workshops gives youngsters an important chance to develop: it’s a daily commitment, it compels them to make decisions, and to know the value of each product in detail; and to understand the social, environmental and territorial impact of their labours. The first Cotti in Fragranza workshop was located inside the Malaspina juvenile prison in Palermo. A second one was launched in collaboration with the Rigenerazioni co-operative in the Casertano district and has taken the name Cotti a Casale. For Christmas this year, Masi has decided to share a message of hope with all our international contacts by sending gifts of biscuit specialities produced by these young people: sbrisolona, biscotti and frollini.
we children are brothers and sisters, and humanity is a family. And healthy families pay more attention to the weakest, the frailest and the poorest.”
Schools and education are also central to the Calabrian message, explains Brother Nazzari. “We want to train people to be responsible. Good citizens and good Christians. The school has a duty to nurture citizenship.” The care of the sick and disabled is central to this and can be seen in the Opera’s successful Don Calabria Sacro Cuore Hospital in Negrar, where the objective is ‘the humanisation of care combined with high professionalism and advanced technology. Don Calabria aimed at a holistic treatment of illness that looked at the sick person in his or her entirety and also at external factors that might be important, such as the family, the need for assistance, money problems and housing.” This is what makes the Opera a “Multinational of Good Works”, a definition that pleases Brother Nazzari, who lists its activities and presence in the five continents “with satisfaction” and talks about the many people assisted as “people are at the centre of the Opera’s actions.”
As well as the headquarters at San Zeno in Monte, Verona, there are branch houses in 14 countries. Flanking the 300 male and female clerics there are more than 8,000 lay collaborators who are the backbone of the entire organisation. In Italy, the Opera Don Calabria Houses are in the Veneto, Lombardy, Emilia Romagna,
bardia, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia. All’estero ci sono comunità calabriane in Uruguay, Argentina, Paraguay, Brasile, Repubblica Dominicana, India, Filippine, Angola, Kenya, Guinea Bissau, Papua Nuova Guinea, Romania e Portogallo.
A livello socio-educativo, l’Opera porta avanti oltre 100 attività tra scuole, asili, centri diurni e centri di accoglienza, raggiungendo un totale di circa 140.000 beneficiari all’anno nelle aree più povere del pianeta, di cui 84.000 adulti, 44.000 minori e 9.000 anziani. Grande attenzione è dedicata alle disabilità, in cui l’Opera è stata pioniera in Italia e ora lo è in terra di missione. Attualmente, in questo campo l’Opera lavora in nove centri, il più importante dei quali è il Centro Polifunzionale Don Calabria di Verona, accompagnando circa 5.300 persone con disabilità ogni anno. Nel settore sanitario l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar rappresenta il cardine per l’Opera a cui fanno riferimento altri tre ospedali in Angola, Filippine e Brasile. Nel complesso di queste strutture, ogni anno i ricoveri sono circa 43.000 e 2,4 milioni le prestazioni fornite tra visite, tests diagnostici e terapie.
Lucio Bussi, giornalista, capo della redazione Economia del quotidiano ‘L’Arena’ di Verona per circa 25 anni fino al 2015. Oggi si occupa di consulenza giornalistica per imprese e istituzioni. Dal 2011 al 2021 è stato consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e in questa veste si è occupato della riforma dei documenti deontologici della professione.
Sandro Boscaini, Federico Castellucci e Stefano Lorenzetto consegnano il Grosso d’Oro Veneziano a Gedovar Nazzari per l’Opera Don Calabria
Sandro Boscaini, Federico Castellucci and Stefano Lorenzetto present the Grosso d’Oro Veneziano to Opera Don Calabria, represented by Gedovar Nazzari
Lazio, Campania, Calabria and Sicily. Abroad, there are Don Calabria communities in Uruguay, Argentina, Paraguay, Brazil, Dominican Republic, India, Philippines, Angola, Kenya, Guinea Bissau, Papua New Guinea, Romania and Portugal. On the socio-pedagogic side, the Opera runs more than 100 schools, kindergartens, day care centres and reception centres, reaching a total of about 140,000 beneficiaries a year in the poorest areas of the planet, including 84,000 adults, 44,000 minors and 9,000 elderly people. Great attention is dedicated to those with disabilities; the Opera was a pioneer in this field in Italy and is now a leader in mission lands. Disability work is currently undertaken in nine centres, the most important of which is the Don Calabria Multipurpose Centre in Verona, working with about 5,300 people every year. In the health sector, the Sacro Cuore Don Calabria hospital in Negrar is the cornerstone for the Opera, heading a group of three other hospitals in Angola, the Philippines and Brazil. In all these facilities, 43,000 admissions are made each year and 2.4 million examinations, diagnostic tests and therapies undertaken.
Lucio Bussi, journalist, head of the Finance editorial department for the Verona newspaper ‘L’Arena’ for about 25 years until 2015. Today, he works as a journalistic consultant for businesses and institutions. From 2011 to 2021, among other responsibilities, he was a national board member for the Ordine dei Giornalisti, dealing with the review of the profession’s deontological documentation.
MA QUANTO VALE IN VIGNA E CANTINA L’ALTRA METÀ
DEL CIELO HOW WONDERFUL THE OTHER HALF OF THE WORLD IS IN WINEMAKING
Donatella Cinelli Colombini: “Le donne, un valore aggiunto nel settore del vino”
Donatella Cinelli Colombini: “Women an added value in the wine sector”
Quando si dice ‘Le Donne del vino’ ecco lei, la sua immagine e la sua storia: Donatella Cinelli Colombini (classe 1953), nata a Siena, laureata in Storia dell’arte, discendente da uno dei casati storici del Brunello di Montalcino. Mondo del vino e intraprendenza femminile si intrecciano nel percorso di vita e di impresa della vignaiola toscana. Esponente di primo piano dell’Associazione ‘Le Donne del Vino’ (è stata presidente nazionale, oggi guida il gruppo della sua regione), Cinelli Colombini ha inventato ‘Cantine Aperte’ (1993), la giornata che ha notevolmente contribuito al successo dell’enoturismo in Italia. Nella sua azienda di Montalcino, ‘Casato Prime Donne’ (da qui l’omonimo Premio da lei istituito), l’organico è tutto al femminile. E alla Fattoria del Colle a Trequanda, oltre a produrre Chianti, ha creato un centro agrituristico modello. Nel 2003 ha vinto l’Oscar di miglior produttore italiano; nello stesso anno ha pubblicato Manuale del turismo del vino. Fermiamoci qui, nell’introduzione al colloquio con la vincitrice del Premio Internazionale Masi per la Civiltà del Vino. Sottolineo che il tema della 43° edizione del Premio è davvero affascinante: ‘Il Circolo virtuoso della Bellezza’.
Talk about ‘Le Donne del vino’, and here we have one, her picture and her story: Donatella Cinelli Colombini (born in 1953 in Siena), is a graduate in the History of Art and descendant of one of the historic families of Brunello di Montalcino. The worlds of wine and of women in business come together in the career of this Tuscan winemaker. A leading player in the ‘Le Donne del Vino’ association (she was national president, today she is the regional head for Tuscany), Cinelli Colombini was the inventor of ‘Cantine Aperte’ (1993), the winery open-day that has helped the success of wine tourism greatly in Italy.
Parla l’‘ideatrice’ di Cantine Aperte, che riceve il Premio Civiltà del Vino
The ‘creator’ of Cantine Aperte and winner of the Civiltà del Vino speaks
At her winery in Montalcino, ‘Casato Prime Donne’, the workforce is all female. And at Fattoria del Colle in Trequanda, in addition to producing Chianti, she has set up a model agritourism centre. In 2003 she was voted best Italian wine producer and in the same year she published the Manual of Wine Tourism. Let us stop here for a moment, as the winner of the Masi 2024 International Civiltà del Vino Prize is interviewed and the theme of the 43rd edition of the Masi Prize – ‘The Virtuous Circle of Beauty’ – is discussed.
PREMIO MASI MASI PRIZE
di Marisa Fumagalli
Donatella Cinelli Colombini in visita al fruttaio per l’appassimento delle uve per l’Amarone
Donatella Cinelli Colombini visiting the fruttaio where grapes are dried for Amarone
Pagina precedente. ‘Casato Prime Donne’: vino e arte tutti al femminile
Previous page. ‘Casato Prime Donne’: wine and art, all female
Donatella, come si esprime la bellezza nel paesaggio vitivinicolo?
“La bellezza si esprime mantenendo l’integrità e l’armonia, difendendo il paesaggio da interventi che finiscono per snaturarlo. In sostanza, occorre preservare le tracce storiche, evitando gli insediamenti industriali che creano squilibrio e dissonanza. Bando alle devastazioni”.
Oltre il paesaggio, dalla vigna al vino. C’è bellezza anche in un calice di vino?
“Qui, la bellezza riguarda la forma e la dimensione del calice. Insomma, c’entra l’estetica. Il fatto è che a volte le scelte di bellezza non coincidono con quelle salutistiche. Il calice grande è sicuramente bello, ma spinge a eccedere. Al riguardo cito uno studio dell’Università di Cambridge che ha dimostrato come la scelta di non usare un grande bicchiere aiuti a frenare il consumo di alcol a vantaggio della salute della popolazione”.
Donatella, how is beauty expressed in the wine landscape?
“Beauty is expressed by maintaining integrity and harmony, defending the landscape from the kind of change that ends up ruining it. Historic remains must be preserved and industrial development creating imbalance and visual conflict must be avoided. Destruction is banned.”
From the landscape to the vineyard to the wine. Can a wine glass be beautiful too?
“Here, beauty is about the shape and size of the glass – aesthetics, in other words. The fact is that sometimes beauty does not accord with health. The large glass may be beautiful, but it encourages excess.
There’s a study by the University of Cambridge that shows how the choice not to use a large glass helps curb alcohol consumption, to the benefit of the health of the population.”
L’Ensemble Unixono
ha
e
The Unixono Ensemble of the Orchestra dei Colli Morenici graced the evening with music by Ennio Morricone and Venetian classical composers
dell’Orchestra dei Colli Morenici
allietato la serata con musiche di Ennio Morricone
brani veneziani classici
Il lato femminile della viticoltura è da anni ben rappresentato dall’Associazione ‘Le Donne del Vino’, con Donatella Cinelli Colombini in prima linea. Tra l’altro, nella sua azienda il personale è tutto femminile. Quale è il tratto che contraddistingue l’approccio al settore vitivinicolo da parte delle donne?
“C’è, lo confermo. Ed è palese. Come è noto, il cervello delle donne è diverso da quello degli uomini. Le donne, per dirne una, sono più portate ai lavori di relazione. Fatto sta che, nel mondo del vino, questa caratteristica ha determinato un potenziamento dei settori che stanno tra le bottiglie, i consumatori, il mercato. Risultato? Le donne nelle cantine sono più della metà. Pur minoritarie nell’area produttiva, dominano in altri comparti: enoturismo, marketing. E soprattutto nel campo della comunicazione, femminile all’80%. E il 75% si occupa di ospitalità. Grazie a ciò, il merito delle donne è quello di accrescere il valore del settore, facendolo diventare più forte”. Bellezza, armonia e integrità dei distretti vitivinicoli. Come si preservano, posto che il turismo del vino è in crescita?
“I distretti vitivinicoli si trovano per lo più in centri minuscoli, in piccoli insediamenti; se non si sta attenti al carico turistico, sempre più pressante, addio armonia”.
Ospitalità
TARGA GIORGIO BOSCAINI
Il tradizionale riconoscimento intitolato al familiare prematuramente scomparso, è andato quest’anno a George Hadjikyriacos, Managing Director di SPECTUS Wine and Spirits Merchants “per la pluridecennale amicizia e collaborazione con la famiglia Boscaini nel costruire il successo del marchio Masi e promuovere la conoscenza dei valori veneti a Cipro”.
GIORGIO BOSCAINI PLAQUE
This year, this traditional award, given in memory of a family member who died prematurely, went to George Hadjikyriacos, Managing Director of SPECTUS Wine and Spirits Merchants, “for his friendship and partnership with the Boscaini family over many decades of building the success of the Masi brand and promoting the values of the Veneto in Cyprus”.
The female side of viticulture has been well represented by ‘Le Donne del Vino’ for years, with Donatella Cinelli Colombini at the forefront. Is there anything that particularly distinguishes a woman’s approach to the wine sector?
“Yes, there is; it’s quite obvious. We know that men and women think differently. Women, for one thing, are better at forming relationships. The fact is that, in the world of wine, this characteristic has strengthened the connection between bottles, consumers, and the market. The result? More than half the workforce in wineries is female. Although a minority in the production field, women are the majority in other sectors: wine tourism and marketing, for example. Above all in the field of communications 80% are female. And 75% in hospitality. Thanks to this, women have been responsible for making the wine world stronger.”
Beauty, harmony and integrity of wine districts. How are they preserved, given that wine tourism is on the rise?
e comunicazione nel
mondo
del vino: basilare l’apporto femminile Hospitality and communications in the wine field: the female contribution is crucial
“Wine districts are mostly located in small centres; if you are not careful about the ever-increasing tourist load, harmony will be lost.” Tourists are swarming, to vineyards and wineries. What are they looking for, in terms of wine?
Tra vigneti e cantine vi sono molti turisti. Nel percorso enologico, che cosa apprezzano maggiormente?
“Le categorie sono varie. C’è chi cerca svago e cose buone; ci sono gli esperti, i professionisti, le coppie, i gruppi. E i vip. Ognuno fa la sua scelta: natura, novità, rarità, cose esclusive e costose”.
Come si prospetta il futuro del turismo del vino?
“Diversificato e su misura. Cito un esempio lodevole che mi ha colpito e che riguarda la Tenuta Canova dell’azienda Masi, dove spicca un grande tino di legno; i visitatori entrano immergendosi in un’esperienza sensoriale completa”.
‘Overturismo’ insidia per la bellezza e l’armonia del paesaggio. Tra vigneti e aziende, come si concilia lo sviluppo economico con la tutela ambientale?
“È sbagliato puntare sul commercio, tout court. Evitare le speculazioni; le scorpacciate non lasciano nulla. Attenzione non solo alla cantina ma anche a ciò che sta attorno. È importante preservare i vecchi negozi, mantenere lo stile del luogo. Penso ai materiali e agli arredi. Tra l’altro, l’identità locale è molto apprezzata dal turista”.
Marisa Fumagalli, milanese, giornalista del ‘Corriere della Sera’ dal 1985 per le pagine di attualità e cronaca, ma anche di enogastronomia in chiave di costume. Dopo un soggiorno a Venezia, ha raccontato il Nordest e ha seguito i maggiori premi culturali, come Campiello e Nonino. Vivace il suo blog sul ‘Corriere’: Il dito nel piatto
Donatella Cinelli Colombini firma la botte di Amarone
Donatella Cinelli Colombini autographs the Amarone barrel
“Many things. There are those who are looking for relaxation and enjoyment of the good things in life; there are experts, professionals, couples and groups. And the VIPs. Everyone makes their own choice: nature, novelty, rarities, exclusive and expensive purchases.”
What does the future of wine tourism look like?
“Diversified and tailor-made. There’s an excellent example that I’ve seen myself in Masi’s Tenuta Canova, where a large wooden vat is centre-stage; visitors go into it to be immersed in a complete sensory experience.”
‘Overtourism’ undermines the beauty and harmony of the landscape. With vineyards and wineries, how do you reconcile economic development with environmental protection?
“It is wrong to focus on commerce as an end in itself. Avoid boom and bust; bust gets no-one anywhere. Pay attention not only to the winery but also to what surrounds it. It is important to preserve old shops to keep the character of a town. I’m thinking of fittings and furnishings. Another thing, local identity is much loved by tourists.”
Marisa Fumagalli, from Milan, journalist for the ‘Corriere della Sera’ since 1985, covering news and current affairs, but also the traditions of food and wine. After a time living in Venice, she started reporting on the North-East, covering major cultural awards such as the Campiello and the Nonino. Her blog in the ‘Corriere’ – The Finger in the Dish – is much frequented.
LA PAZIENZA E IL GUSTO DI UN AUDACE PERFEZIONISTA THE PATIENCE AND THE TASTE OF A
DARING PERFECTIONIST
Riccardo Illy: il Premio Civiltà Veneta a un imprenditore che ama volare Riccardo Illy: the Civiltà Veneta Prize for a businessman who loves flying
Non porta grisaglia, anzi è stato fra i primi ad abolire la cravatta. Forse in questo tratto iconoclasta – riguardo alla ‘divisa’ della sua categoria – ci sta l’indizio del suo abito mentale. Difatti, se interpreta con il suo cognome un’azienda di famiglia di grande tradizione, quando ne ha tenuto per mano il timone ha sempre cercato rotte nuove. Classe 1953, si chiama Riccardo Illy. Proveremo a dipingerlo per aggettivi. Il primo di questi è ‘esigente’. Lei si ritiene esigente, insomma tendenzialmente un perfezionista?
“Esigente lo sono, in primis verso me stesso. Ma domandando molto a me stesso, tendo anche a essere esigente verso i collaboratori e verso coloro che vivono con me. Esigente lo sono verso i progetti. Qualcuno in passato mi ha descritto come perfezionista, in coerenza con il mio segno zodiacale, che sarebbe Bilancia. A me pare una fesseria, a dire il vero. Per me è importante la disciplina, la dedizione ai progetti con i quali mi misuro, che siano di lavoro o meno. Sono attento ai
dettagli, ma in maniera selettiva; su quelli operativi sono convinto siano più bravi i collaboratori che operano nelle varie società. Ma riguardo ai dettagli della strategia, alla coerenza fra le azioni e questa, alla comunica-
He does not wear ties, indeed he was among the first to give them up. Perhaps there’s a clue to his personality in this iconoclastic trait with regard to the ‘uniform’ of his profession. In fact, even if his family name comes from a very traditional business world, once in charge he has always been an innovator. Born in 1953, his name is Riccardo Illy. We will try to describe him in words. The first of these is ‘demanding’. Do you consider yourself as being demanding, in short, a perfectionist?
“Il senso dell’avventura fa parte della mia forma mentis”
“A
sense of adventure is part of my mindset”
“I am demanding, first and foremost of myself. But by demanding a lot of myself, I also tend to be demanding of my co-workers and those who live with me. I am demanding with regard to work. And I have been described as a perfectionist in the past, which fits my zodiac sign of Libra. But that sounds like rubbish to me, actually. What is important to me is discipline, dedication to the projects that are important to me, whether they are work projects or not. I pay attention to detail, but selectively. As far as operational details are concerned, I am sure the people on the ground in the various companies are better. But with details of strategy, with the correlation between action and strategy, and with communica-
PREMIO MASI MASI PRIZE
di Paolo Possamai
Il Premio Masi Civiltà Veneta assegnato all’imprenditore triestino Riccardo Illy
The Masi Civiltà Veneta Prize goes to Trieste entrepreneur Riccardo Illy
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Incantalia: il negozio delle eccellenze assolute food&beverage ideato da Illy
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Incantalia: the store of absolute food&beverage excellence designed by Illy
zione nelle sue varie forme, rientro nel campo della persona esigente”.
Lei si ritiene tanto audace nella pratica sportiva quanto nella vita?
“Ammetto che il senso dell’avventura fa parte della mia forma mentis. Ma sempre con raziocinio. Sono maestro di sci e di vela. Sono autodidatta del volo con deltaplano, ho invece preso la licenza di volo per parapendio. Ho praticato questi sport perché mi piacevano, mai per spirito di sfida. Se ho volato è perché mi pareva lo sport più bello, sfruttando le correnti termiche, in aria per ore con il parapendio vicino alle aquile. Ma sfidare la natura ritengo sia pericoloso e vedo l’uomo perdente. Allo stesso modo, il bravo imprenditore assumendo debiti e investendo, sfida apparentemente la legge di gravità, ma sta esercitando razionalmente il suo progetto ed esprimendo la sua creatività”. Lei si ritiene un imprenditore e un uomo paziente?
“Penso che nella politica e in azienda occorre avere lo stesso atteggiamento di chi pianta una vigna. Per il Brunello occorrono dieci anni dalla barbatella alla prima bottiglia vendibile e poi altri dieci anni per affermare commercialmente quel vino. Sono relativamente pochi gli imprenditori disponibili a investire in termini generazionali, ma è normale ragionare in termini lunghi nelle imprese familiari. Nelle società di capitali magari quotate, i tempi tendono ad accorciarsi, arrivando all’assurdo delle trimestrali come termine di valutazione. In politica è accaduta la stessa
tion in its various forms, I fall into the category of being a demanding person.”
Do you think of yourself as being as daring in sport as in life?
“I admit that a sense of adventure is part of my mindset. But always judiciously. I am an expert skier and sailor. I am self-taught in hang gliding, and I have a licence for paragliding. I took up these sports because I liked them, never just as a dare. If I flew it was because I thought it was the most beautiful sport, taking advantage of thermal currents, in the air for hours with the paraglider close to the eagles. But I believe challenging nature is dangerous, and man is the loser. In the same way, the good businessman apparently defies the law of gravity by taking on debts and investing, but actually he is acting rationally and expressing himself creatively.”
Do you see yourself as an entrepreneur and a patient man?
“I think that in politics and in business you need the same attitude as someone who plants a vineyard. Brunello takes ten years from the vine to the first saleable bottle and then another ten years to establish the brand commercially. Relatively few entrepreneurs are willing to invest in periods of time that last generations, but family businesses usually do. In corporations that are perhaps listed, timeframes tend to shorten, reaching the absurdity of valuations based on quarterly reports. The same thing happened in politics, when
cosa, quando siamo passati dalla politica come arte e scienza di governare lo Stato alla politica degli annunci con l’obiettivo di ottenere i voti alle prossime elezioni. Da sindaco e da imprenditore ho provato a pensare cosa avrei lasciato a chi mi fosse succeduto”. A Riccardo Illy appartiene uno spirito innovatore?
“Innovare è una delle chiavi del Polo del gusto, sviluppando una collezione di marchi come Domori, Damman, Pintaudi, Agrimontana e Achillea, impegnati a produrre beni di qualità dirompente, con l’obiettivo di soddisfare il consumatore più esigente. Mi sono ispirato alla storia di mio nonno Francesco, che produceva cioccolato e caffè, ma aveva anche un’azienda agricola con piante da frutta per ricavarne confetture. Anche il tè era stato proposto dagli anni ’60 da mio padre Ernesto. I biscotti invece sono una novità. Il Polo del gusto riscopre e innova le nostre radici ed è fondato su imprese che possono sviluppare sinergie di prodotti di comunicazione e di distribuzione. Tutte le società che fanno parte del Polo hanno l’ambizione di diventare globali. Quando avremo consolidato gli investimenti fatti, allora potremmo pensare a ulteriori marchi da acquisire nel campo delle caramelle e poi nel salato”.
Paolo Possamai, già direttore di vari giornali del gruppo GEDI, da 20 anni scrive per ‘Affari&finanza’ di ‘Repubblica’. Collabora con Rai Storia e Rai Radio 3. Ha collaborato con Fondazione Nord Est e tenuto corsi presso gli Atenei di Bocconi-Milano, Venezia, Padova, Trieste e al Cuoa di Vicenza. È autore di saggi in materia storica e politica.
‘Monteleone21’: gli applausi finali ai vincitori e alla Fondazione Masi ‘Monteleone21’: closing applause for the winners and the Masi Foundation
we went from politics as the art and science of governing the state to the politics of policy announcements based on attracting votes at the next election. As a mayor and an entrepreneur, I have always tried to think what I would leave to my successor.”
Does Riccardo Illy have an innovative spirit?
“Innovation is one of the keys to the Polo del Gusto and has made a collection of brands – Domori, Damman, Pintaudi, Agrimontana and Achillea – committed to producing goods of disruptive quality, good enough for the most demanding consumer. I was inspired by the story of my grandfather Francesco, who produced chocolate and coffee, but who also had fruit trees for making jam. My father Ernesto started selling tea in the 1960s. The biscuits, on the other hand, are a new development. The Polo del Gusto goes back to our roots and then innovates: it’s based on developing synergies, with products, communications and distribution. All the Polo del Gusto companies aim to be global. When we have consolidated the investments we have made, then we will be able to think about further confectionery and savoury food brands to be acquired.”
Paolo Possamai, former editor for various newspapers in the GEDI group, contributor to the ‘Business & Finance’ section of ‘Repubblica’ for 20 years. Works with Rai Storia and Radio 3. Has collaborated with Fondazione Nord Est and taught at the Universities of Bocconi-Milan, Venice, Padua, Trieste and Cuoa in Vicenza. Author of various works on history and politics.
SASSOLINO: LA BELLEZZA
CHE FLUTTUA NELL’ISTANTE
SASSOLINO: BEAUTY FLOATING IN THE MOMENT
Il Maestro vicentino oggi è una delle figure più significative della scena artistica
The Maestro from Vicenza is one of the most important figures on the art scene today
È rischioso parlare di opere d’arte muovendo dalla biografia degli artisti. È però irresistibile la tentazione di connettere le strepitose macchine vitali di Arcangelo Sassolino, la potenza poetica dei movimenti imprevisti e mai del tutto controllati che scaturiscono dalle situazioni-limite che egli produce, all’immagine di un ragazzotto della provincia veneta, studente di ingegneria, che a fine anni Ottanta decide di vendere la moto e lavorare qualche mese nel bar di famiglia al fine di racimolare il denaro necessario per volare negli Usa con l’intento di mostrare ai grandi produttori di giocattoli americani i marchingegni ludici che fin da adolescente aveva progettato e costruito dentro il garage di casa. Quel viaggio temerario lo porterà, invece, a lavorare come progettista in una grande azienda americana, a vivere per alcuni anni a New York, e a scoprire, lì, per merito di una ragazza che lo porta al MoMa alla grande retrospettiva di Matisse del 1992, il proprio destino. Poco dopo, quel ragazzo si iscriverà infatti alla School of Visual Arts di New York e capirà che quella forma del fare che è l’arte, sarà l’unica in cui davvero si riconoscerà. E che da lì non potrà più tornare indietro.
Nelle sue opere il riflesso di un territorio “ferito ma al tempo stesso sempre vitale” In his works: traces of a “wounded but at the same time always vigorous region”
It is always risky to talk about works of art with relation to the lives of their creators. However, the temptation is irresistible to connect Arcangelo Sassolino’s amazing moving machines, embodying the poetic power of the unforeseen and never entirely controlled movements that spring from the endless conformations he produces, to the image of a young boy from the countryside in the Veneto, an engineering student, who decides to sell his motorbike and work for a few months in the family bar at the end of the 1980s in order to scrape together the money needed to fly to the United States to show big American toy manufacturers the playful contraptions that he had designed and built in his garage at home since he was a teenager. That reckless journey, however, led him to work as a designer in a large American company, to live in New York for a few years, and to discover, thanks to a girl who took him to the great Matisse retrospective in the MoMa in 1992, his own destiny. Shortly afterwards, in fact, this young man enrolled at the School of Visual Arts in New York and realised that creations made in the name of art were his true metier. And that he
PREMIO MASI MASI PRIZE
di Luca Illetterati
Lo scultore vicentino lascia una memoria nel libro dei premiati
The sculptor from Vicenza signs the Masi Prize record book
Pagina precedente. Marco Vigevani, segretario della Fondazione Masi, consegna il premio ad Arcangelo Sassolino
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In realtà, un ritorno ci sarà. Dopo gli anni newyorkesi, infatti, Sassolino decide di rientrare in Italia, prima a Pietrasanta per lavorare il marmo e poi di nuovo a Trissino, nel Vicentino, dove tutto ebbe inizio e dove ancora opera. E non poteva che essere così, a pensarci, perché tutti i suoi lavori sono anche il riflesso del territorio da cui provengono, del paesaggio insieme devastato e vitale in cui sorgono. Sassolino è oggi, senza dubbio, una delle figure più significative della scena artistica internazionale. La consacrazione, per così dire, è avvenuta con l’opera realizzata all’interno del Padiglione Malta alla ‘Biennale d’Arte di Venezia’ nel 2022. Si entrava in una stanza semibuia dove in fondo c’era una lastra di acciaio della stessa grandezza della Decollazione di San Giovanni Battista di Caravaggio a cui il Padiglione si ispirava. A terra c’erano sette vasche, tante quante i personaggi del dipinto e, in ognuna, cadevano scie di luce ardente prodotte dalla fusione di cavi di acciaio nascosti sopra il soffitto. Nessuna allusione esplicita a Caravaggio, se non, certo, al conflitto tragico tra oscurità e luce e a quella temporalità istantanea che il dipinto riesce a catturare. Sassolino radicalizza la tensione, giocandola tutta tra l’aleatorietà e la provvisorietà della luce e il buio opaco in cui precipita. Lavorando sul cambiamento di stato – la fusione dell’acciaio che, trasformato in goccia quando entra nell’acqua, recupera la sua solidità – Sassolino portava così a manifestazione quell’istante di meravigliosa inquietudine in cui qualcosa, spezzando l’equilibrio di partenza, diventa qualcosa d’altro, focalizzandosi su quel momento contraddittorio e intimamente tragico, che annoda insieme l’apparire e lo scomparire. Gli esiti più recenti della sua produzione possono essere esemplificati da No memory without loss, opera presentata a fine 2023 nella basilica Palladiana di Vicenza. Si tratta di un grande disco metallico ruotante su se stesso, messo in verticale e ricoperto da un olio industriale ad alta viscosità. Il moto circolare consente all’olio di rimanere avvinghiato alla superficie, rallentando così la caduta e l’inevitabile esito che pure è inscritto nella sua costituzione. Colando, l’olio crea sulla superficie del disco forme quasi floreali, geometrie bizzarre, petali dall’imprevedibile disegno che sono, al contempo, segni di una resistenza che
could never go back from there. In reality, though, he did come back. After his years in New York, Sassolino decided to return to Italy, first to Pietrasanta to work with marble and then back to Trissino in the Vicenza region, where it all began and where he still works. And it could only be that way, come to think of it, because all his works are also a reflection of their territory of origin, of the landscapes that remain both living and devastated where they stand.
No memory without loss indicativa degli attuali percorsi di ricerca artistica dello scultore
No memory without loss clearly shows the sculptor’s current way of thinking
Sassolino is undoubtedly one of the most significant figures on the international art scene today. His consecration, so to speak, came with the work he created inside the Malta Pavilion at the ‘Venice Art Biennale’ in 2022. The visitor entered a darkened room with a steel slab at the back of it the same size as Caravaggio’s Beheading of St John the Baptist, which was the inspiration for the Pavilion. On the floor were seven basins, representing the seven figures in the painting, and trails of burning light fell into each one of them, produced by the fusion of steel cables hidden above the ceiling. There is no explicit allusion to Caravaggio, except, of course, to the tragic conflict between darkness and light and that instantaneous temporality that the painting manages to capture. Sassolino radicalises the tension, contrasting the randomness and temporariness of light with the opaque darkness into which it plunges. Working on the change of state – the drops of steel that recover their solidity when they fall into water –Sassolino shows that moment of marvellous restlessness when something ruptures an initial point of equilibrium to become something else, focusing on that contradictory and intimately tragic moment that knots together appearance and disappearance. His most significant recent work is No memory without loss, installed inside the Basilica Palladiana in Vicenza at the end of 2023. It consists of a large metal disc, rotating in a vertical plane and covered with a high-viscosity industrial oil. The circular motion allows the oil to cling to the surface, thus slowing its fall and the inevitable outcome its conformation leads to. As it drips, the oil creates almost floral shapes on the surface of the disc, bizarre geometries, petals of unpredictable design that are at the same time signs of a resistance that can only happen at the price of a loss. The drops dripping to
può realizzarsi solo al prezzo di una perdita. Le gocce che colano a terra costituiscono, infatti, la dissipazione che l’opera deve accettare per poter esistere. La poetica di Sassolino rinvia sempre a dimensioni di incertezza, instabilità e squilibrio che, rigorosamente esplicitate, consentono come poche di toccare e sentire la dimensione temporale ed effimera dell’esistenza. Le sue opere vivono sempre nel conflitto e all’iterno dello stesso; sembrano dire che tutto ciò che assume corpo, forma e consistenza si muova dentro quella condizione mai risolta e pacificata in cui l’essere lotta con il non essere, il movimento con la quiete, la forma con ciò che non è forma. Fuori dalla tensione tra resistenza e dissoluzione, tra persistenza e annichilimento non c’è spazio, sembra dire Sassolino, per quella ricerca di senso che è il vivere. La vita – sembrano dire quelle opere – non è una sostanza, ma l’azione insieme felice e disperata che resiste all’esito cui pure è destinata, la forza che caparbiamente si avvinghia a ciò che comunque non può che svanire. E se solo qui si dà vita, altrettanto, solo in questo spazio assurdo, indeciso e fluttuante può darsi qualcosa, come un istante di bellezza.
Luca Illetterati è professore ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Padova. Al centro dei suoi interessi scientifici la filosofia classica tedesca e il problema della comprensione filosofica della natura fra pensiero moderno e contemporaneo. Con Arcangelo Sassolino ha pubblicato per la Padova University Press 6 words 20 works
No memory without loss, il disco metallico rotante installato nella basilica palladiana a Vicenza
No memory without loss, the rotating metal disc installed in the Basilica Palladiana in Vicenza
the ground, in fact, represent the loss that the work must accept in order to exist. Sassolino’s rationale always refers back to dimensions of uncertainty, instability and imbalance that, rigorously delineated, allow us to touch and feel the temporal and ephemeral dimensions of existence like few others. His works always live in, and from, conflict and seem to say that everything that takes on body, form and consistency moves within a never-to-be resolved condition in which being struggles with non-being, movement with stillness, form with formlessness.
Outside the tension between resistance and dissolution, between survival and destruction, there is no room, Sassolino seems to say, for that search for meaning that is part of life. Life – his works seem to say – is not a substance, but an action, which is both happy and desperate at the same time. It struggles against the outcome to which it is destined, and stubbornly clings to that which can only vanish. And if this is the only reality for life, equally, it is only in this absurd, unformed and fluctuating space that something like a moment of beauty can be discerned.
Luca Illetterati, Professor of Theoretical Philosophy at the University of Padua. His scientific interests focus on classical German philosophy and the problem of the philosophical understanding of nature in modern and contemporary thought. Co-author with Arcangelo Sassolino of 6 words 20 works (Padua University Press).
SARA SEGANTIN: “NELLA BIODIVERSITÀ IL FUTURO NOSTRO E DEL PIANETA”
SARA SEGANTIN: “OUR FUTURE AND THE PLANET’S FUTURE IN BIODIVERSITY”
La giovane scrittrice e attivista ambientalista in campo per la giustizia climatica
A young writer and environmental activist fighting for climate justice
‘Un’erbaccia non è altro che un fiore in incognito”. Il pensiero di Sara Segantin è già chiarito sullo stato di WhatsApp. Premio Masi Civiltà Veneta, sa travolgere con le parole e l’entusiasmo. Scrittrice, conduttrice, coscienza critica della giustizia climatica, crede che il futuro dovrebbe restituirci (anche) le piante e i fiori selvatici nei campi insieme alle coltivazioni. Si chiama biodiversità ed è l’unica vera strada di salvezza. “Viviamo nella cultura dello scarto delle cose e delle persone. Diamo valore alle persone in base al profitto che generano e questo ci porta a non vedere la bellezza che spesso si cela dietro l’apparenza. Mi sono innamorata spesso di storie nascoste, mimetizzate nella bolgia caotica di questo presente. In questo senso quelle che consideriamo erbacce sono spesso i fiori più belli”. Ventisette anni, tra le fondatrici di ‘Fridays For Future’ in Italia, ha pubblicato vari romanzi: gli ultimi Non siamo eroi e Il cane d’oro per Rizzoli, una storia che profuma di selvatico e racconta di una femmina di sciacallo dorato del Carso. In divenire il nuovo libro, sempre dedicato alle sfide climatiche attuali. Iniziamo da dove tutto è partito…
“Sono nata a Cavalese, avevo la natura dietro casa. Andavo a studiare nei boschi e in montagna appena potevo. Proprio in Val di Fiemme sono nate le prime esperienze di comunità, ho sempre avuto una grandis-
“A weed is nothing more than a flower in disguise” –Sara Segantin’s thoughts on the matter are already clear on WhatsApp. A winner of the Masi Civiltà Veneta Prize, she knows how to make her point, with eloquence and enthusiasm. As a writer, presenter and advocate for climate justice, she believes that the future should restore plants and wild flowers in the fields along with the crops. And that this is called biodiversity and is the only true road to salvation. “We live in a culture of discarding things and people. We value people according to the profit they generate and this leads us to fail to see the beauty that is often hidden behind appearances. I have often fallen in love with hidden stories, camouflaged in the chaotic bedlam of the present. In this sense, what we consider weeds are often the most beautiful flowers.” Twenty-seven years old and one of the founders of ‘Fridays For Future’ in Italy, Segantin has written several novels: the most recent are Non siamo eroi and Il cane d’oro (Rizzoli), a story that reeks of the wilderness and is about a female golden jackal from the Carso region. A new book is in the making, once more about climate change. Let’s start where it all began…
“I was born in Cavalese, with nature in my back garden. I went out to learn about the woods and the mountains as soon as I could. It was in Val di Fiemme
PREMIO MASI MASI PRIZE
di Elena Filini
sima passione per le storie e per l’avventura. Ho iniziato giovanissima a esplorare, a scoprire. E più scopri più ti rendi conto di quanto è meraviglioso e fragile questo mondo. Ma ti rendi conto anche del coraggio di tante persone che sanno costruire esempi davvero concreti di altri mondi possibili. Ho imparato a inserire il mio rapporto con il mondo naturale in una cornice più teorica. Alla fine le due cose essenziali: testa e cuore, dati e pratica, teoria ed esperienza vissuta”.
Sara Segantin, scrittrice ed esploratrice trentina, attivista a difesa del Bello e del Buono della natura
Sara Segantin, writer and explorer from Trentino, an activist in defence of the Beautiful and the Good in nature
Pagina precedente. Non siamo eroi (Fabbri editore), una storia emozionante di coraggio, legami e sogni
Previous page. We are not heroes (Fabbri editore), an exciting story of courage, relationships and dreams
that I had my first experiences of community. I have always had a great passion for stories and adventure. I started exploring, and discovering, at a very young age. And the more you discover, the more you realise how wonderful and fragile this world is. But you also understand the courage of so many people who know how to build really concrete examples of other possible worlds. I have learnt to place my relationship with the natural world in a more theoretical frame-
Poi sono venuti Yellowstone e l’Alaska.
“Ho continuato gli studi a Trieste, sul Carso e poi alla Montana State University, a Yellowstone sulle montagne rocciose. Lì, e poi in Alaska, ho conosciuto gli orsi e i lupi, ma non ho mai avuto paura perché mi hanno fornito fin da subito le conoscenze e gli strumenti per gestire la convivenza. Quello che è importante nel nostro rapporto con il selvatico che, ricordo, è sempre più stritolato nel mondo iper antropizzato e urbanizzato di oggi, è la consapevolezza. Dobbiamo tener conto che la nostra vita – oltre al 50% del Pil mondiale – dipende dalla biodiversità.”
C’è stata una scintilla che l’ha portata a diventare attivista?
“È stato un percorso; io credo che essere attivi sia ciò che ci rende umani. La scintilla forse è scattata quando ho scoperto la barriera corallina. Avev otto anni, ero in Honduras e mi sono innamorata di quell’universo nascosto sotto il mare. Quando ho visto la devastazione a cui quela è soggetta, è stata per me una sofferenza viscerale. La stessa che ho provato, poi, vedendo i miei ghiacciai. Su questo si è innestata la consapevolezza della relazione inscindibile che esiste tra i diritti umani e le questioni ambientali. Così la giustizia climatica è diventata il mio campo di specializzazione”.
work. In the end, there are two essentials: head and heart, data and practice, theory and lived experience.” Then came Yellowstone and Alaska.
“I continued my studies in Trieste, in the Carso and then at Montana State University, at Yellowstone in the Rocky Mountains. There and later in Alaska I came across bears and wolves, but I was never afraid because they gave me the knowledge and tools to live with them right from the start. What is important about our relationship with the wild, which of course is increasingly strangulated in today’s hyperman-made and urbanised world, is understanding. We must remember that our lives – more than 50 per cent of the world’s make-up – depend on biodiversity.”
Dalla Val di Fiemme all’Alaska e Centroamerica: alla 27enne trentina il Civiltà Veneta
From Val di Fiemme to Alaska and Central America: a 27-year-old Trentino woman wins the Civiltà Veneta
Una riflessione sui ‘Fridays For Future’ che ha contribuito a fondare in Italia.
“ ‘Fridays For Future’ è stato una grandissima opportunità e ha davvero fatto la differenza, per migliaia (milioni!) di ragazze e ragazzi in tutto il mondo, ma anche nel cambio di narrazione riguardo le questioni climatiche e ambientali. Sicuramente ha avuto i limiti tipici dei grandi movimenti. Oggi ‘Fridays For Future’ non è spento, semplicemente si è evoluto e radicato in molti contesti locali”.
Tra ottobre 2023 e gennaio 2024 ha realizzato un progetto, ‘Diritto a REsistere’, che l’ha portata ad attraversare l’America Centrale.
“ ‘Diritto a REsistere’ è un progetto che ho realizzato con Alice Franchi in collaborazione con la Rai e le televisioni latino-americane, con il Muse e molti altri partner. È nato per portare le voci delle donne e delle comunità indigene che lottano nelle aree più remote del pianeta. Tre mesi, più di 4000 km a piedi, in bus in autostop, in bici, otto paesi attraversati vivendo
Was there a trigger point that led you to become an activist?
“It was a continuous path, I believe that being active is what makes us human. But the trigger point was perhaps when I discovered coral reefs. I was eight years old, I was in Honduras, and I fell in love with the hidden universe beneath the sea. So when I saw the devastation it had suffered, it was a visceral pain for me. The same pain I felt later when I saw what had happened to my glaciers. Out of this came an awareness of the inseparable link between human rights and environmental issues, and climate justice became my field of specialisation.”
Tell us about the ‘Fridays For Future’ that you helped found in Italy.
“ ‘Fridays For Future’ was fantastic, and it really made a difference, for thousands (millions even!) of girls and boys all over the world, and it also changed the narrative around climate and environmental issues. Sure, it had the typical limitations of large movements. But today ‘Fridays For Future’ has not died out, it has simply evolved and taken root in many local contexts.”
Between October 2023 and January 2024, you managed a project called ‘Right to REsist’, which took you across Central America.
“ ‘Diritto a REsistere’ is a project I carried out with Alice Franchi, partnering with RAI and Latin American television, and with Muse and many others. Its aim was to make the voices of women and indigenous communities heard as they struggled in the most remote areas of the planet. Three months, and more than 4000 km later – travelling on foot, by bus and by
sempre con le comunità e costruendo con loro una narrativa condivisa. Questo progetto si è rivelato un viaggio incredibile che ha ribadito come la forza dei legami possa davvero tenere insieme questo pianeta”. Lei auspica un percorso concreto e misurabile verso un modello rigenerativo di fare cultura ed economia. Come il mondo del vino italiano può contribuire al cambiamento?
“Credo sia arrivato il momento di avviare uno scambio di prospettive e di costruzione di alleanze, al di là dei pregiudizi. Auspico che sia l’inizio di un percorso verso una sostenibilità sociale, ambientale e anche economica ma in cui le persone e il pianeta vengono prima del profitto. Le grandi aziende hanno, più di tutte, la responsabilità di farsi portavoce concreto di un nuovo modello di sviluppo improntato su un’economia rigenerativa e non predatoria. Il vino è l’oro viola per l’Italia: dà impiego a più di 300.000 persone con un profitto complessivo di 45 miliardi di euro. Le stime ci dicono che se supereremo i due gradi (e questo è il trend attuale) in Italia potrebbe andar perduto il 90% dei vigneti. Bisogna affrontare la sfida climatica cercando nuovi modelli, ma sarebbe necessario farlo presto e farlo bene”.
Elena Filini, giornalista, vive tra Treviso e Milano. Scrive, tra gli altri, per ‘Vanity Fair’, ‘Dove viaggi’, ‘Il Gazzettino’. Specializzata in cultura e costume, viaggi e storie al femminile, è curatrice di progetti dedicati alla storia dell’opera per il teatro.
Sara Segantin firma la botte di Amarone del Premio Masi 2024
Sara Segantin signs the barrel of Amarone of the Masi Prize 2024
bike, hitchhiking too – we crossed eight countries and always lived with the communities and built a shared narrative with them. This project turned out to be an incredible journey that reaffirmed how the strength of association can really hold this planet together.”
You advocate a concrete and measurable path towards a regenerative model for cultural activities and the economy. How can the world of Italian wine contribute to change?
“I believe the time has come to start new ways of thinking and build new alliances, discarding old prejudices. I hope this can be the start of a path towards social, environmental and even economic sustainability, where people and the planet come before profit. More than anyone else, big business needs to advocate a new development model based on a regenerative, non-predatory economy. Wine is Italy’s garnet gold: it employs more than 300,000 people with a combined profit of 45 billion euros. But estimates tell us that if the climate warms by more than two degrees (which is actually happening now) 90% of the vineyards in Italy could be lost. We must confront climate change by looking for new models, but we must do it soon and do it well.”
Elena Filini, journalist. Lives in Treviso and Milan. She writes, among others, for Vanity Fair, Dove viaggi, and Il Gazzettino She specialises in culture and folklore, travel and women’s stories; she is also the organiser of projects dedicated to the history of the theatre.
IL DIALOGO CON L’ORIENTE NEL DESTINO DI VENEZIA DIALOGUE WITH THE EAST IN THE DESTINY OF VENICE
Il lascito culturale di Marco Polo secondo Gribaudi, la presidente dei Musei Civici Marco Polo’s cultural legacy according to the Gribaudi president of the Civic Museums
Fra le iniziative che quest’anno hanno celebrato Marco Polo nel settimo centenario della sua morte, avvenuta l’8 gennaio 1324, si è segnalata – per qualità e numero di visitatori (80.000) – la mostra ‘I mondi di Marco Polo’, organizzata a Palazzo Ducale dai Musei Civici di Venezia. A conclusione del ciclo di articoli che la nostra rivista ha dedicato quest’anno alla figura del veneziano più conosciuto nel mondo, ‘Le Venezie’ ha voluto parlare dell’attualità dell’autore de Il Milione e del suo lascito culturale con Mariacristina Gribaudi, dal 2015 presidente della Fondazione museale di Venezia e imprenditrice (oltre che madre di sei figli e… maratoneta). Quali sono a suo parere l’eredità più significativa di Marco Polo e la sua attualità?
“Se ancor oggi Venezia è una città inclusiva, dove la diversità culturale rappresenta una ricchezza sotto molteplici aspetti, lo si deve anche a Marco Polo. Ha saputo interpretare l’eterna tensione della Serenissima verso nuovi orizzonti, e questo suo aprirsi senza paura alla contaminazione dopo secoli permea ancora ogni angolo della città. Marco Polo è stato un viaggiatore, aveva capito
Among the events celebrating Marco Polo on the seventh centenary of his death (actually on 8th January 1324), ‘The Worlds of Marco Polo’ exhibition, organised by the Civic Museums of Venice at the Palazzo Ducale, stood out for the quality and number of its visitors (80,000). The last feature in this year’s series of articles in Le Venezie dedicated to the most famous Venetian in the world examines the relevance of the author of Il Milione and his cultural legacy in conversation with Mariacristina Gribaudi, President of the Venice Museums Foundation and businesswoman (as well as mother of six children and… marathon runner).
What, in your opinion, is Marco Polo’s relevance to us today and his most significant legacy?
In 80.000 alla mostra di Palazzo Ducale sul grande viaggiatore della Serenissima 80,000 visit the exhibition at the Doge’s Palace on the Serenissima’s great traveller
‘If Venice is still an inclusive city today, where cultural diversity is an asset in many respects, that is also thanks to Marco Polo. He was able to navigate the eternal tension felt in the Serenissima with respect to new horizons, and this fearless openness to outside influences still permeates every corner of the city, centuries later. Marco Polo was a traveller, he understood how the knowledge
MARCO POLO 700 1324-2024
di Sergio Frigo
come la conoscenza derivante dall’esperienza diretta sia importantissima. La sua attualità è legata proprio al significato e alla valenza del viaggiare. Oggi le tecnologie digitali hanno accorciato le distanze, facendoci credere che sia possibile conoscere tutto senza muoversi di casa. Non è così. Solo viaggiando, affrontando le insidie e le incognite di mondi lontani, si fa davvero esperienza della diversità. Io, che sono una grande viaggiatrice per lavoro e per diletto, mi riconosco fortemente in questa grande lezione”.
Avrà quindi visitato la Cina… “Si, è un paese che mi ha sempre incuriosito moltissimo. Nei primi anni Ottanta ho avuto la possibilità di visitarla, attratta da questa cultura così diversa dalla nostra. Ricordo le tante biciclette con a bordo famiglie intere. Un modo alternativo di vivere, anche nella vita di tutti i giorni. Vent’anni dopo, quando ci sono tornata una prima volta, e poi ogni volta successiva, l’ho trovata molto diversa, sicuramente più evoluta. Ho visto la grande trasformazione da città a metropoli, con quartieri che venivano abbattuti per essere sostituiti da enormi grattacieli. Tutto questo ha comportato un cambio di vita anche per loro, ma sono rimasti un popolo laborioso, fiero delle proprie radici e della propria cultura. La mostra di Marco Polo, secondo me, ha raccontato molto bene la ricchezza di questa civiltà”. Quali le somiglianze e le differenze nelle relazioni fra Occidente e Cina al tempo del viaggio dei Polo e oggi?
that comes from first-hand experience is very important. And his relevance today is linked exactly to the meaning and value of travel. Today, digital technology has shortened distances, making us believe that it is possible to know everything without moving from home. This is not the case. Only by travelling, by facing the pitfalls and unknowns of distant worlds, does one truly experience diversity. I’m a great traveller, for work and for pleasure, and I believe in this principle strongly.’
So you must have visited China…
‘Yes, it is a country that has always intrigued me greatly. In the early 1980s, I had the chance to go there; I was fascinated by a culture that’s so different to ours. I remember the many bicycles with whole families on board: an alternative way of living, even in everyday life. Twenty years later, when I went back for the first time, and then every time after that, I found it very different, it had developed. I saw the great transformation from city to metropolis, with whole neighbourhoods being torn down to be replaced by huge skyscrapers. All this meant a change of lifestyle for them too, but they remain an industrious people, proud of their roots and their culture. The Marco Polo exhibition, in my opinion, showed us the richness of this civilisation very well.’
How similar are the relationships between the West and China, comparing the time of Polo’s journey and the present?
Pagina precedente. Mariacristina Gribaudi, presidente della Fondazione Musei Civici Veneziani
Previous page. Mariacristina Gribaudi, president of the Venetian Civic Museums Foundation
Il Palazzo Ducale, simbolo di Venezia, uno degli undici musei visitabili
The Doge’s Palace, a symbol of Venice, one of the eleven museums that can be visited
“Oggi, come in passato, l’Occidente è stato profondamente attratto dalla cultura dell’Oriente. Possiamo dire, anche sulla scorta dell’insegnamento di Marco Polo, che si tratta di due mondi diversi, ma in qualche modo complementari. E quando accade, grazie a momenti geopolitici favorevoli, che tra le due realtà si inneschi un dialogo e una cooperazione, tutto il mondo se ne giova”. Non le sembra però che oggi, rispetto al passato, i rapporti economici eclissino completamente quelli culturali, cioè che si privilegino gli affari alla scoperta?
“Affari e cultura nella storia di Venezia sono sempre andati a braccetto. Quindi escludo che oggi rischiamo di avere della Cina un’immagine più parziale che ai tempi di Marco Polo. Il commercio è sempre stato ed è tuttora un binario dove corrono gli scambi culturali, non a corredo ma come supporto degli stessi rapporti economici. La percezione culturale, come si sa, è sempre soggettiva e mai esaustiva. L’importante è che sussista una concreta volontà di dialogo. Nella mia modesta esperienza posso dire che è stato così anche in occasione delle celebrazioni di Marco Polo”. Da imprenditrice cosa pensa della Via della Seta, e teme la concorrenza cinese o auspica più collaborazione?
“Le vie commerciali, come i cammini spirituali, possono portare grandi benefici al singolo come alla collettività. E la concorrenza è stimolante e non va temuta: importante è che vi sian0 correttezza e ri-
“Today, as in the past, the West is deeply attracted to the culture of the East. We can see that according to Marco Polo too, they are two different worlds, which are complementary in various ways. And when it happens, thanks to favourable geopolitical moments, when dialogue and cooperation is triggered between the two realities, the whole world benefits.”
Do you not think, however, that comparing today with the past, economic relations now completely overshadow cultural ones, so that business is favoured over discovery?
“Business and culture in the history of Venice have always gone hand in hand. So I don’t think we risk having a more distorted image of China than in Marco Polo’s time. Trade has always been a route whereby cultural exchanges run, not in parallel with, but as a support for exactly these business relations. Cultural understanding, as we all know, is always subjective and never comprehensive. What is important is that there is a real will for dialogue. In my limited experience, I can say that this was also the case with the Marco Polo celebrations.”
As a businesswoman, what do you think of the Silk Road, and do you fear Chinese competition or do you hope for more cooperation?
“Trade routes, like spiritual paths, can bring great benefits to the individual as well as the community. And competition is stimulating and not to be feared,
spetto delle regole. Credo che la competizione, oggi, non sia tanto tra Occidente e Oriente, ma tra il mondo e le grandi sfide che esso ha di fronte, a partire dal cambiamento climatico, a cui servono risposte universalmente condivise”.
Venezia ha ancora un ruolo come ponte verso l’Oriente?
“Assolutamente sì. È nella sua natura. Nelle settimane scorse è stato inaugurato il nuovo volo diretto Venezia-Shanghai. Esso segna l’inizio di una nuova stagione di scambi e relazioni con la Cina e l’Estremo Oriente che rafforzerà, ne sono certa, il dialogo con questo angolo di terra, in un momento di grande fragilità per il nostro pianeta. Venezia ne sarà protagonista, grazie alla sua storia e sulle orme di Marco Polo”. E i Musei Civici?
“I Musei Civici sono determinanti perché sono i custodi di una storia di rapporti internazionali avvenuti nel passato e quindi mantengono viva la condivisione di una testimonianza di come il passato possa aiutare a proseguire questo storico e reciproco dialogo tra Occidente e Oriente”.
Sergio Frigo, giornalista, autore de I luoghi degli scrittori veneti, presiede il Premio Rigoni Stern. Al suo attivo numerose collaborazioni e curatele editoriali. Tra i suoi libri: Noi e loro, Il Nordest tra emigrazione e immigrazione e Caro Zaia, vorrei essere leghista ma proprio non ci riesco. Ha vinto i premi Furegon per il giornalismo sociale e Lago per la cultura.
Pagina precedente I numerosi eventi celebrativi hanno attratto a Venezia milioni di visitatori internazionali
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The many celebratory events have attracted millions of international visitors to Venice
A lato. Leonardo Gavagnin, Il ritorno di Marco Polo, 1848, olio su tela, Venezia, Museo Correr
This page. Leonardo Gavagnin, The Return of Marco Polo, 1848, oil on canvas, Venice, Museo Correr
as long as there is fairness and respect for the rules. I believe that competition today is not so much between West and East, but between the world and the great challenges it faces, starting with climate change, for which we need answers that are shared universally.”
Does Venice still have a role as a bridge with the East?
“Yes, absolutely. That’s in its nature. Just a few weeks ago new direct flights started from Venice to Shanghai. This marks the beginning of a new season of exchanges and relations with China and the Far East that will, I am sure, strengthen dialogue with this part of the world at a time of great fragility for our planet.
Venice will have a leading role to play here, thanks to its history and the legacy of Marco Polo.”
And the Civic Museums?
“The Civic Museums are crucial, because they are the custodians of a history of international relations and thus keep the proof alive of how the past can help to progress this historic and reciprocal dialogue between the West and the East.”
Sergio Frigo, journalist, author of I Luoghi degli Scrittori veneti, chairs the Premio Rigoni Stern. Co-author of a guide to Venice, co-editor of the book series I grandi scrittori del Nordest, author of Noi e loro,Il Nordest tra emigrazione e immigrazione and Caro Zaia, vorrei essere leghista ma proprio non ci riesco. Winner of Premio Furegon for journalism and Premio Lago for culture.
PROSECCO, VIAGGIO NELLA STORIA DI UN VINO LETTERARIO PROSECCO, A DIVE INTO THE HISTORY OF A LITERARY WINE
Dal Pucino di Plinio il Vecchio alla ‘invenzione’ di un vescovo umanista di Trieste
From Pliny the Elder’s Pucinum to the ‘invention’
of a humanist bishop in
Trieste
Pochi sanno che il Prosecco è un vino con una storia lunghissima e assai articolata alle spalle; ancora meno, probabilmente, immaginano che la sua fama nasca e si consolidi per ragioni letterarie ancor prima che enologiche. Il Prosecco è infatti un vino che nasce nel Rinascimento dal genio di un grande uomo di lettere, Pietro Bonomo (1458-1546), umanista triestino e vescovo della città dal 1502, che proprio sulle colline del borgo di Prosecco aveva delle vigne. Il vino che là produceva, tuttavia, non avrebbe mai raggiunto la notorietà se Bonomo non lo avesse associato a un grande testo letterario latino, la Naturalis historia di Plinio il Vecchio, vissuto nel primo secolo d.C., in cui, fra le altre cose, si parlava dei vini prodotti nei territori posseduti dai romani. Plinio, in particolare, citava un vino, chiamato Pucino, che si produceva in poche anfore sui colli affacciati sul golfo di Trieste, amato particolarmente dall’imperatrice Giulia, moglie del grande Ottaviano Augusto. Giulia non soltanto amava il Pucino, ma non beveva altro che quello e, secondo Plinio, proprio grazie alle proprietà curative di questo miracolo-
La
‘trovata’
Few people know that Prosecco is a wine with a long and complicated history; even fewer know that its fame had literary origins before oenological ones. Prosecco is, in fact, a wine that was born in the Renaissance thanks to a great man of letters, Pietro Bonomo (1458-1546), a humanist from Trieste and bishop of the city from 1502, who actually owned vineyards on the hiplls of the village of Prosecco. The wine he produced there, however, would never have come to fame if Bonomo had not linked it to a great Latin text, the Naturalis historia of Pliny the Elder.
cinquecentesca di Bonomo ha segnato la storia enologica del Veneto Orientale
The 16th-century ‘discovery’ by Bonomo is a landmark in the winemaking history of the western Veneto
Pliny lived in the first century A.D. and wrote, among other things, about the wines produced in lands under Roman rule. He mentioned a wine called Pucinum, which was produced in a very limited quantities on the hills overlooking the Gulf of Trieste, and which was particularly loved by Empress Julia, the wife of the great Octavian Augustus. Julia not only loved Pucinum, she drank nothing else, and according to Pliny, it was thanks to its health-giving properties that she reached the venerable age of 86. Bono-
UN VINO UNA STORIA WINE STORIES
di Enrico Zucchi
Pagina precedente. La collina di San Biagio
Previous page. The hill of San Biagio
Proseccio, quartiere di Trieste, in una stampa antica del 1700
Proseccio, a district of Trieste, in an ancient print from the 1700s
so vino aveva raggiunto la veneranda età di 86 anni. Bonomo lesse le pagine di Plinio con gli occhi di un uomo del Rinascimento, epoca che mirava a far risorgere la grande civiltà romana in ogni sua forma, dalla poesia all’architettura, sino all’alimentazione, e rivendicò perciò una parentela del tutto inventata, ma che colpì gli uomini del tempo: Bonomo affermava che il suo vino, prodotto nel Cinquecento a Prosecco altro non era che il Pucino redivivo, lo stesso vino responsabile della longevità dell’imperatrice Giulia, con un’operazione che non era tanto di marketing – il vino che produceva era poco e destinato in buona parte all’autoconsumo – ma latamente culturale. Il successo fu garantito: tutti nel Cinquecento avvalorarono la parentela tra Pucino e Prosecco e celebrarono quel grande vino che saldava una volta per tutte, la relazione fra antichi e moderni.
Questo Prosecco era molto diverso dall’attuale: si trattava, infatti, di un vino dolce, probabilmente a base Ribolla, ottenuto da uve appassite in vigna e vendemmiate a metà ottobre. Più che identificare uno specifico vino con una base ampelografica fissa e un territorio di produzione delimitato, il nome Prosecco, tra
mo reads Pliny’s pages through the eyes of a man of the Renaissance, an era that aimed to resurrect Ancient Roman culture in all its forms, from poetry to architecture and food. His claim about Prosecco was complete invention, but it struck a chord with his contemporaries.
What he said was that his wine, produced in Prosecco in the 16th century, was none other than a resurrection of Pucinum, the wine responsible for the longevity of the Empress Julia. This was not so much marketing – the wine he produced was made in small quantities and largely destined for self-consumption – but cultural appropriation. Success was guaranteed: everyone recognised the so-called kinship between Pucinum and Prosecco in the 16th century and celebrated the great wine that linked the ancient and modern worlds. But this Prosecco was very different from today’s: it was a sweet wine, probably Ribolla-based, made from grapes dried in the vineyard and harvested in mid-October. Rather than identifying a specific wine with a fixed ampelographic base and a defined production region, the name Prosecco, between the 16th and 17th centuries, desig-
Cinque e Seicento, designava una tipologia di vino, dolce e prodotto appunto da uve passite: ancora a fine Settecento l’abate Alberto Fortis, nel suo Viaggio in Dalmazia, celebrava il Prosecco d’Almissa, un vino dolce prodotto nell’isola di Braç, di fronte a Spalato. Eppure, a quel tempo le cose stavano cambiando: il Prosecco trovò una nuova patria nel Veneto occidentale, come dimostrano i versi di Valeriano Canati, alias Aureliano Acanti, nel suo ditirambo Il Roccolo (1754) in cui non soltanto raccontava di come questo vino fosse prodotto nel vicentino, ma testimoniava che esso era diventato altra cosa rispetto al passato: non più un vino dolce, ma secco, dal forte aroma di mela e torbido, segno che i lieviti esausti rimanevano nei recipienti e nei bicchieri. Eravamo agli albori di quella tradizione del Prosecco ‘contadino’, da molti considerato il più autentico, che ancora oggi si produce senza il processo di sboccatura, diverso anche da quello spumante limpido che si comincerà a produrre soltanto a fine Ottocento con l’uso della tecnologia più moderna grazie agli sforzi dell’Accademia di Conegliano e poi della Società Enologica Trevigiana.
Enrico Zucchi è ricercatore presso l’Università di Padova dove tiene i corsi di Letteratura italiana e di Tecniche della narrazione gastronomica. Si occupa di letteratura teatrale dal Medioevo all’Ottocento e di storia del vino attraverso fonti letterarie. È inoltre esperto assaggiatore e docente ONAV nella sezione di Soave (VR).
Pagina precedente. Plinio il Vecchio (I sec.) e il suo
Naturalis Historia, il vescovo Pietro Bonomo (XVI sec) e Il Roccolo di Acanti (1724)
Previous page. Pliny the Elder (1st cent.) and his Naturalis
Historia, Bishop Pietro Bonomo (16th cent.) and Il Roccolo by Acanti (1724)
A lato. L’imperatrice Giulia Livia Augusta che amava bere solo Pucino (Louvre, Parigi)
This page. Empress Julia Livia Augusta whose favourite wine was Pucinum, Louvre, Paris
nated a type of wine that was sweet and made from raisined grapes. Even at the end of the 18th century, Abbot Alberto Fortis, in his Viaggio in Dalmatia, celebrated Prosecco d’Almissa, a sweet wine produced on the island of Braç, opposite Split.
But things were changing: Prosecco had found a new home in the western Veneto, as shown by the verses of Valeriano Canati, alias Aureliano Acanti, in Il Roccolo (1754), where he not only states that Prosecco was produced in the Vicenza area, but he also describes it in a new style: no longer sweet, but dry, with a strong apple aroma, and fizzy, a sign that the spent yeasts were not removed from the bottle.
We are at the dawn of the tradition of ‘peasant’ Prosecco, considered by many to be the most authentic, which is still produced today without the disgorging process, and is different even to the limpid sparkling wine that would only begin to be produced at the end of the 19th century with the use of more modern technology, thanks to the efforts of the Academy of Conegliano and, afterwards, the Treviso Oenological Society.
Enrico Zucchi is a researcher at the University of Padua, where he holds courses in Italian Literature and Techniques of Gastronomic Storytelling. He deals with theatre literature from the Middle Ages to the 19th century and the history of wine through literary sources. He is also an expert taster and ONAV lecturer in the Soave (VR) section.
IL MIRACOLO DI SAN BIAGIO: LA GLERA SPUMA
SENZA TEMPO
THE MIRACLE OF SAN BIAGIO: GLERA’S TIMELESS SPARKLE
Un
ABrut Nature che riporta agli spumanti di Valdobbiadene delle origini
Brut Nature that harks back to Valdobbiadene’s original sparkling wines
“…Mi portai alle labbra un cucchiaino di tè dove avevo lasciato ammorbidire un pezzetto di madeleine… Un piacere delizioso mi aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. Di colpo, m’aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità. Donde mi era potuta venire questa gioia potente? Bevvi un secondo sorso, in cui non trovai nulla di più che nel primo, un terzo che mi dette un po’ meno del secondo”.
Diversamente da Swan, o meglio di Marcel Proust, ho avuto la fortuna d’immergermi in un calice di Glera e di desiderarlo in eterno. Il vino amplifica i suoi effetti benefici al prolungarsi della degustazione e credo per due motivi: il primo perché la nostra memoria olfattiva è la più longeva e costante (ricordiamo il 75% di ciò che percepiamo al naso) e il secondo è la natura del vino. Mentre l’immenso francese va alla ricerca del ‘tempo perduto’, chi piglia confidenza col vino come prodotto culturale si trova a offrire ai propri sensi la parte interiore di un tempo preservato: mi capitò salendo sui colli di Valdobbiadene dalla piatta desolazione delle zone industriali del Veneto orientale, sfuggendo all’ansia della
“…I raised to my lips a spoonful of the tea in which I had soaked a morsel of the madeleine… An exquisite pleasure had invaded my senses, but individual, detached, with no suggestion of its origin. And at once the vicissitudes of life had become indifferent to me, its disasters innocuous, its brevity illusory. Whence could it have come to me, this all-powerful joy?… I drink a second mouthful, in which I find nothing more than in the first; a third, which gives me rather less than the second.”
Un vino antico nella prassi e contemporaneo nella degustazione
A wine that’s ancient in its method of vinification but has modern tastes
Unlike Swann, or rather Marcel Proust, I have been lucky enough to lose myself in a glass of Glera and to desire it forever. Wine amplifies its beneficial effects the more one tastes it, and I believe this is for two reasons: the first is because our olfactory memory is the most long-lived and constant (we remember 75% of what our nose tells us), and the second is the nature of wine. While the French literary giant goes in search of ‘lost time’ those who get to know wine as a cultural product find themselves offering their senses the essence of a moment in time that has been protected. This happened to me as I climbed the Valdobbiadene hills from the flat
UN VINO UNA STORIA WINE STORIES
di Carlo Cambi
selva di autovelox. Intravvidi l’anfiteatro di vigna che fa da proscenio a quella casa degli affetti che è Canevel e in me si procurò l’emozione dell’attesa, prodromo all’inebriarsi dell’amicizia. Mi stavano attendendo Sandro Boscaini che qui non è ‘mister Amarone’, ma un gentiluomo innamorato del vino e l’uomo che sussurra alla vigna, e Carlo Caramel che non è il produttore, ma l’interprete dei suoi luoghi. C’è un’economista, che le persone hanno colpevolmente dimenticato, autore di un libro manifesto della diversità positiva dell’Italia: la coscienza dei luoghi. Credo che il pensiero di Giacomo Becattini – egli lo applicò ai distretti industriali – debba essere riletto da chi fa impresa agricola: l’idea che siano i luoghi a determinare il prodotto in quanto contengono e perpetuano le comunità è l’innesco della comprensione del valore del vino. A me questo è capitato lì dove la via s’aggrappa all’altura e sguscia in mezzo ai filari fino a
desolation of the industrial areas of eastern Veneto, escaping the anxiety of multiple speed cameras. I caught sight of the vineyard amphitheatre that is the proscenium to the wonderful Canevel estate, and the kind of anticipation that precedes the delight of meeting friends takes hold of me. Waiting for me are Sandro Boscaini, who here is not Mr Amarone, but a gentleman in love with wine and the man who whispers to the vineyards, and Carlo Caramel, who is not the producer, but the interpreter of his site. There is a sadly long-forgotten economist, called Giacomo Becattini, who wrote about Italy’s positive diversity and whose thoughts about industrial districts, I believe, should be re-read by those whose business is in agriculture. His idea was that it is places that give character to the product since they are the locations for, and the means for perpetuation of, communities. This is the key to understanding the
farsi atrio di un incontro felice: quello con Carlo, con Sandro, ma anche e soprattutto con il San Biagio. Carlo Caramel mi spiega che l’idea è quella di recuperare l’origine dei vini spumanti di Valdobbiadene; di pigliare la Glera e lasciare che i lieviti in bottiglia facciano ciò che sanno: mangiare gli zuccheri, liberare la loro esuberanza in forma di perlage e restituirci gioia con gocce di spirito! Certamente, in fondo alla bottiglia si trova ciò che resta di questo ‘miracolo’. Sandro Boscaini sostiene che all’inizio non era convinto di questo vino, il quale si mostrava anche nel suo sedimento; ma alla degustazione gli venne da
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San Biagio Brut Nature, la nuova proposta di Canevel
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San Biagio Brut Nature, the new wine from Canevel
A lato.
Federico Girotto, AD di Masi Agricola, e Carlo Caramel, le anime dei progetti a marchio Canevel
This page. Federico Girotto, MD of Masi Agricola, and Carlo Caramel, the creators of Canevelbranded projects
value of wine. The thought came to me there, where the road winds round the hillside and slips between the rows of vines until it emerges into our meeting place, the meeting with Carlo, and Sandro, but also and above all with San Biagio.
Carlo Caramel explains to me that the idea is to go back to the origins of the sparkling wines of Valdobbiadene; to take the Glera grapes and let the yeasts in the bottle do their business: devouring the sugars, releasing their excitement in the form of the perlage, and giving us back joy in the form of drops of wine! Of course, the left-overs from this ‘miracle’ remain in
dire: “non avrai altra Glera al di fuori di me”. Così si capisce come – comprendendo l’anima di un territorio, il sedimento delle abitudini della comunità e proiettandole con la tecnica in una dimensione innovativa – si possa giungere a risultati eccelsi che tengono insieme tradizione, anzi che la resuscitano, e innovazione che da quelle ricordanze viene nobilitata. Carlo Caramel non ha fatto altro che prendere ciò che Federico Martinotti creò verso la fine dell ’800 con la fermentazione in autoclave lo aveva applicato a un uso remotissimo sulle colline di Valdobbiadene. Naque così il Brut Nature San Biagio: Glera e solo Glera a perfetta maturazione, ammostata e passata in fermentazione controllata per una decina di
the bottle. Sandro Boscaini says that he was not convinced by this wine-with-a-sediment at first, but once he tasted it he wanted no other expression of the Glera grape. This is how understanding the soul of a territory, the sediment of community traditions, and projecting these traditions into an innovative dimension can lead to sublime results that not only maintain tradition, but revive it and ennoble the innovation. Of course, Carlo Caramel has done nothing more than take Federico Martinotti’s late 19th-century invention of autoclave fermentation and use it in the far-away hills of Valdobbiadene. This is how San Biagio Brut Nature was born: Glera and only Glera, perfectly ripe, crushed and fermented under controlled
San Biagio sur lie: metodo ancestrale per uno spumante contemporaneo, fresco e profumato, ideale compagno di aperitivi, sfiziose insalate, crudités e picnic estivi
San Biagio sur lie: the ‘ancestral method’ contemporary sparkling wine – fresh and fragrant, and ideal as an aperitif, or with substantial salads, crudités and summer picnics
giorni. Ripulito per travasi dal deposito grossolano, il vino va in affinamento per un semestre e alla prima luna di marzo (ecco il rituale antico) va in bottiglia dove rifermenta affinandosi sui propri lieviti. Quando si risveglia nel bicchiere, offre un raggio di sole con riflessi smeraldo, appena velato, al naso inebria di fiorduva, di renetta, di misurato agrume, in bocca è confidente, brioso, freschissimo e pur tuttavia non esile, anzi sostenuto in un finale che torna a lungo tra l’agrume e il minerale. È un vino antichissimo nella prassi, contemporaneo nella degustazione. Per me è il vino della cucina orientale, del frutto di mare, del pesce anche crudo, del risotto, ma anche della polenta col formaggio cremoso: è un acceleratore di ricordi e un elisir di piacere. È un’interpretazione autentica di questi colli, della sua gente, della sua uva che può essere un bere leggero come l’aperitivo, un incontro con la gioia di vivere o un buon pensiero. Così mi vien fatto di ritenere che l’averlo chiamato San Biagio non sia del tutto casuale anche se San Biagio è il pezzo di vigna-collina su cui prosperano questa spuma di terra, questo soffio di vento, questo profumo di vite che diventa aroma di vita. C’è dentro a quel San Biagio un riferimento ancestrale: l’Armenia. Settemila anni fa in quella zona d’incanto, incastonata nel
Toponimi locali e suggestioni orientali nel nome di San Biagio
Local place names and oriental touches in the name San Biagio
conditions for about ten days. After racking off the roughest part of the deposit, the wine is aged for six months before bottling at time of the first moon of March (the ancient ritual!) where it referments and is matured on its own lees. Once reawakened in the glass, tasting notes show a ray of sunshine with emerald reflections; intoxicating aromas of grape skin, rennet apples, and subtle citrus fruit; and on the palate it’s firm, lively and very fresh without lacking weight. The finish is long, with hints of citrus back again and good minerality. The process for making this wine may be ancient, but the taste is very contemporary. For me it is the wine for oriental cuisine, seafood, fish, even raw fish, and risotto, but also for polenta with a melting cheese. It’s a creator of memories and an elixir of pleasure. It’s also an authentic interpretation of these hills, their people and their grapes that can even be an aperitif drunk without too much ceremony, a celebration of the joy of life or some passing satisfaction. So it occurs to me that naming it San Biagio is not entirely accidental, even though the hill of San Biagio is where this breath-of-air and fancy-free delight comes from. The San Biagio name is actually also an ancestral reference: to Armenia. Seven thousand years ago, in that far-away world, men
cuore del mondo remoto, gli uomini domesticarono le labrusche forse a imitazione di Noè che, incagliatosi con l’Arca alle pendici del monte Arat (domina il profilo dell’Armenia), aveva scoperto – così vuole la narrazione biblica – il vino. Biagio di Sebaste da quei monti biblici veniva portandosi dietro il profumo del mosto. Fu medico e fu vescovo e col vino curava il corpo e corroborava le anime. Di lui scrisse Camillo Tutini, eccelso agiografo napoletano cinquecentesco, “San Biagio perseguitato fuggì, e abitò nel monte Ardeni o Argias; e tutte le bestie dei boschi venivano a lui ed erano mansuete con lui; egli era di professione medico, ma con l’aiuto del Signore sanava tutte le infermità e degli uomini e delle bestie con il nome di Cristo. E se qualcuno inghiottiva un osso, o una spina, e questa si metteva di traverso nella gola di lui, il santo con la preghiera l’estraeva, e sino adesso ciò opera; se alcuno inghiotte un osso, o spina, col solo ricordare il nome di San Biagio subito guarisce dal dolore”. Ecco il ‘miracolo’ della madeleine di Proust: con un calice di San Biagio Brut Nature ogni spina dell’esistere si muta in sano piacere!
Carlo Cambi, inviato e caporedattore di ‘Repubblica’. Nel ’97 ha fondato i ‘Viaggi di Repubblica’ che ha diretto fino al 2005. È socio corrispondente dell’Accademia dei Georgofili, membro del comitato scientifico di Symbola e Unioncamere. È giornalista (QN, Libero, Bibenda), ricercatore e autore.
Pagina precedente. Le colline di Valdobbiadene, dal clima mite e ventilato, dove è coltivata l’uva Glera
Previous page. The hills of Valdobbiadene, with their mild, breeze-filled climate, where Glera grapes are grown
A lato. Il tempietto dedicato a San Biagio, tra i vigneti collinari
This page. The small temple dedicated to San Biagio, among hillside vineyards
domesticated the vitis labrusca, perhaps in imitation of Noah who, stranded with the Ark on the slopes of Armenia-facing Mount Ararat, had discovered – so the Bible-story goes – wine. Biagio of Sebaste came from these biblical mountains bearing the scent of grape must. He was a doctor and he was a bishop, and with wine he cured the body and invigorated the soul. Camillo Tutini, the amazing 16th-century Neapolitan hagiographer, tells us: “San Biagio fled persecution to live on Mount Ardeni or Argias; and all the beasts of the woods came to him and were tamed by him; he was a doctor by profession, but with the Lord’s help he cured all infirmities and those of men and beasts in the name of Christ. And if anyone swallowed a bone, or a thorn, and it stuck in his throat, the saint would remove it with prayer, which he has been doing ever since; so if anyone swallows a bone or a thorn, just by remembering the name of San Biagio he is immediately cured of the pain”.
Here is the ‘miracle’ of Proust’s madeleine: with a glass of San Biagio Brut Nature, every thorn of existence is transformed into a healthy pleasure!
Carlo Cambi, editor and correspondent for ‘Repubblica’. Founded ‘Viaggi di Repubblica’ in 1997 and managed it until 2005. Member-correspondent of the Accademia dei Georgofili, member of the Symbola scientific committee and of the Unioncamere. Journalist (QN, Libero, Bibenda), researcher and author.
ALLA CAPITOLARE DI VERONA ASCOLTI I SECOLI CHE
PARLANO
AT THE CAPITOLARE YOU LISTEN TO THE CENTURIES SPEAKING
La Biblioteca più antica al mondo pronta a scrivere nuove pagine della sua storia
The oldest Library in the world ready to write a new chapter in its history
In un piovoso e buio pomeriggio di ottobre, nella piazza della Cattedrale di Verona, l’ingresso della Biblioteca Capitolare sembra adeguarsi ai toni crepuscolari della stagione che spegne l’estate. Silenzio. Penombra. Ma varcata la soglia, ecco la sorpresa: dal salone nobile una colorata comitiva di visitatori, per lo più giovani e stranieri, sta transitando con il naso all’insù verso le nuove sale dell’allestimento museale. Monsignor Bruno Fasani, dal 2010 prefetto della Capitolare, è di passaggio ma sosta volentieri a fare da cicerone. I volumi più preziosi e celebri sono protetti all’interno di modernissime teche, finalmente visibili a tutti e fornite di supporti tecnologici per un’esperienza multimediale. Fasani si avvicina, indica come usare un touch screen ed ecco che il Sacramentario di Verona, il primo libro liturgico della chiesa, un messale di circa 1.500 anni fa, ingrandisce i suoi caratteri su uno schermo e in quel preciso istante una musica sacra si diffonde nella stanza.
Chiudendo gli occhi, ci si potrebbe immaginare nella biblioteca del Il nome della Rosa, in mezzo a uno strabiliante deposito di sapere. E pensare che nell’anno 1327, in cui Umberto
On a rainy dark October afternoon, in Verona’s piazza della Cattedrale, the entrance to the Capitolare Library blends in with the twilight tones of the season that snuffs out summer. Silence. Shadows. But just through the door there’s a surprise: a vibrantly-coloured group of visitors, mostly young and foreign, is making a bee-line to the new rooms in the museum layout.
Del 517 d.C. il primo documento che attesta l’esistenza
dello Scriptorium di Verona 517 AD first documentary evidence for the existence of Verona’s Scriptorium
Monsignor Bruno Fasani, Prefect of the Capitolare since 2010, is passing through, but happily stops to act as tour guide. The most famous and most valuable books are protected inside ultra-modern showcases, now at last visible to all and technologically equipped to provide multimedia experiences. Fasani approaches, shows how the touch screen works, and behold, the Sacramentario di Verona, a 1,500-year-old missal and the church’s first liturgical book, opens up in detail on the screen while sacred music starts to play in the room. If you closed your eyes, you could be back in the library of the Name of the Rose, in the midst of an astonishing repository of knowledge. And to think that in 1327, the year of Umberto Eco’s story about William of
di Bonifacio Pignatti
Eco colloca la storia di Guglielmo da Baskerville, la Capitolare aveva già almeno 800 anni di storia. Monsignor Fasani è il prefetto della Capitolare, nominato dal Capitolo dei Canonici – un consesso di 12 religiosi titolari della biblioteca – esattamente com’è sempre accaduto dal quarto secolo, l’epoca di San Zeno e delle prime testimonianze della Capitolare che consentono di attribuirle il titolo di biblioteca più antica del mondo funzionante, oltre che ‘regina’ delle collezioni ecclesiastiche. “Era uno scriptorium” spiega Fasani, “dove gli amanuensi copiavano i manoscritti antichi e si formavano i codici. Quello del chierico Ursicino è unico: il copista riporta la data – 1 agosto 517 – in cui terminò di scriverlo ed è la prova che in quell’anno esi-
Nella Capitolare l’Indovinello veronese, primo testo della lingua italiana in fieri
The Capitolare’s Indovinello veronese, first example of the developing Italian language
Baskerville, the Capitolare was already at least 800 years old.
Monsignor Fasani is the Prefect of the Capitolare, appointed by the Chapter of Canons – a group of 12 clergy who run the library –exactly as it has always done since the 4th century, which is the age of San Zeno and the date of the first recorded evidence about the Capitolare, making it the oldest library in the world as well the ‘queen’ of sacred collections. “It was a scriptorium ,” Fasani explains, “where amanuenses copied ancient manuscripts and created codices. One of them, called Ursicinus, dated the finish of his work as 1 August 517, proving that a scriptorium was already active in Verona, and in all probability was already a century old.”
steva a Verona uno scriptorium ben avviato, con ogni probabilità già da un secolo”. Ursicino è uno dei fiori all’occhiello della Capitolare; come l’Indovinello veronese, l’enigma contenuto in un codice del settimo secolo che di fatto è la prima testimonianza scritta degli albori della lingua italiana, alle Institutiones del giurista romano Gaio, alla più antica copia al mondo del De Civitate Dei di Agostino, scritta quando il santo era ancora in vita. Ma qualsiasi elenco non renderebbe giustizia ai tesori della Capitolare: i codici antichi sono circa 1.300, mi-
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Monsignor Bruno Fasani, prefetto della Capitolare
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Monsignor Bruno Fasani, Prefect of the Capitolare
A lato
Nel VI secolo la biblioteca nacque come scriptorium
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The Library has its origins as a scriptorium in the 6th century
Ursicinus’s codex is just one of the Capitolare’s jewels. Others include the Indovinello veronese, the enigma contained in a seventh-century codex that is in fact the first written testimony of the dawn of the Italian language, the Institutiones of the Roman jurist Gaius, and the world’s oldest copy of Augustine’s De Civitate Dei, written when the saint was still alive. But mere lists cannot do justice to the treasures of the Capitolare, considering that there are around 1,300 ancient codices, thousands of parchments, and one hundred thousand printed books. Thanks to
LA NOVITÀ
Nel museo della Capitolare, aperto nel marzo 2024, entrano 100-150 persone al giorno. Ammirano i codici in un ambiente che richiama la solenne e religiosa antichità del luogo, il complesso di edifici, cortili e chiostri che affianca la Cattedrale di Verona. Prima dell’esposizione museale, i codici si potevano vedere solo nel salone, e solo prelevati dal loro deposito inaccessibile. L’obiettivo è arrivare a numeri ancora maggiori e monsignor Fasani è fiducioso, pur consapevole di guidare un museo di nicchia, uno scrigno non compatibile con il turismo di massa. E soprattutto è molto attivo. “Siamo su Google” dice, “e il passaparola è già iniziato. Siamo sotto la lente di Discovery Channel, un servizio è andato in onda per il programma Freedom, sono arrivate diverse televisioni straniere. E la Rai ha girato qui alcune scene di una fiction tratta da un romanzo della veronese di adozione Alessia Gazzola”. La Capitolare ha anche vinto per due anni il premio ‘Italia patria della bellezza’, sostenuto dalla EssilorEssilor Luxottica. Risultato? Le immagini della biblioteca sugli schermi delle grandi città, da Milano a New York, e su 300.000 computer dei dipendenti e dei negozi EssilorLuxottica di tutto il mondo. b.p.
INNOVATIONS
The Capitolare Museum, which opened in March 2024, welcomes 100-150 visitors a day. They admire the codices in an environment that recalls the solemn and religious antiquity of the place, the complex of buildings, courtyards and cloisters that flanks Verona Cathedral. Before the museum was set up, the codices could only be seen in the library itself once retrieved from inaccessible storage. The goal now is to reach ever greater numbers of visitors, and Monsignor Fasani is confident of doing so, even though he is aware that he heads a niche museum with precious exhibits that are not compatible with mass tourism. Above all, he is very active. “We are on Google,” he says, “and spreading the news by word of mouth has already started. We have been on Discovery Channel, on the Freedom programme, and several foreign television stations have come. The RAI has filmed scenes here from a story based on a novel by Alessia Gazzola, who is Veronese by adoption.” The Capitolare has also won the EssilorLuxottica-sponsored ‘Italia patria della bellezza’ prize for two years running. Which means pictures of the library have been on advertising screens in big cities, from Milan to New York, and on 300,000 computers operated by EssilorLuxottica employees and shops all over the world. b.p.
gliaia le pergamene, oltre centomila i volumi a stampa. Grazie alla Capitolare, alla fine del primo millennio Verona era un centro culturale illuminato.
L’imperatore Carlo Magno la definì nuova Atene, lo scriptorium in riva all’Adige promosse la riforma carolina della scrittura e divenne nel tempo meta obbligata per intellettuali e studiosi, anche quando l’avvento delle università ridimensionò l’importanza dei copisti e si impose l’attività artistica, la miniatura. Non è pensabile che Dante, nel suo esilio a Verona, non abbia frequentato la Capitolare, e non solo perché declamò la sua disputa De aqua et terra nella chiesa di Sant’Elena vicino alla quale allora si apriva l’ingresso della biblioteca. Mentre è certezza storica la presenza del Petrarca, che qui trovò e tradusse le lettere di Cicerone.
E la Capitolare oggi? Due intuizioni sono state vincenti. La prima: convenzioni con prestigiose università mondiali per facilitare l’accesso di studiosi ai documenti.
“Dall’ateneo americano di Rochester”, spiega Fasani, “sono venuti a studiare i palinsesti portando una tecnologia nuova: bombardano i testi con atomi che reagiscono con colori diversi a seconda
the Capitolare, Verona was already an enlightened cultural centre at the end of the first millennium.
Emperor Charlemagne called it the new Athens, and the scriptorium on the banks of the Adige promoted the Carolingian reform of writing. Gradually, it became a must-visit destination for intellectuals and scholars, even when the advent of universities reduced the importance of copyists and the artistic activity of creating miniatures took over. It is inconceivable that Dante did not frequent the Capitolare while exiled in Verona, not just because he recited his disputation De aqua et terra in the courtyard of the nearby church of Sant’Elena, which opens onto the former Library entrance.
While the presence of Petrarch, who found and translated Cicero’s letters here, is a matter of historical fact.
And the Capitolare today? Two ideas have taken off. The first: agreements with leading international universities to facilitate access to documents for scholars.
“The American University of Rochester,” explains Fasani, “brought new technology to study the palimpsests we possess: they bombard the texts with atoms that
del materiale che incontrano. È stato così che in una pergamena è venuta alla luce la traccia di un testo di Apuleio finora conosciuto solo attraverso un codice vaticano del XIII secolo. E questo è del IV, quasi mille anni prima! E ora Rochester sta valutando di donare alla Capitolare quella tecnologia per fondare a Verona un centro mondiale di ricerca”.
La seconda idea è il museo. Dalla primavera scorsa un allestimento che innesta il meglio della tecnologia multimediale in ambienti pervasi dalla solennità della storia consente ai visitatori di accedere con un biglietto e ammirare i codici più famosi, farsi suggestionare dal salone nobile, ascoltare il respiro dei secoli. Una vera svolta, non ancora terminata – è previsto più che il raddoppio degli spazi espositivi – è iniziata nel 2019 con la creazione di una Fondazione alla quale partecipano il Capitolo dei Canonici e Bauli. “In un tempo in cui la memoria è debole”, conclude Fasani, “qui un percorso di 1.600 anni racconta come s’è formata la cultura europea. Qui c’è la storia che insegna. Ascolti i secoli che parlano”.
Bonifacio Pignatti, nato e cresciuto a Verona, è laureato in Lettere Antiche. Ha iniziato la sua attività di giornalista al ‘Nuovo Veronese’. Dal 1994 lavora a ‘L’Arena’, dove ha scritto soprattutto di cronaca politica e dove oggi ricopre la carica di caposervizio del settore ‘Cronaca e Spettacoli’.
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La digitalizzazione ha reso ordinati e fruibili innumerevoli preziosi documenti
Previous page. Digitisation has made countless precious documents safe and usable
A lato. Nelle sale sono custoditi manoscritti e incunaboli medievali
This page. Mediaeval manuscripts and incunabula are kept in the halls
react with different colours depending on the material they encounter. This is how they found traces of original work by Apuleius, hitherto known only through a 13th-century Vatican codex. But this is from the 4th century, almost a thousand years earlier! And now Rochester is considering donating the technology to the Capitolare to establish an international research centre in Verona.”
The second idea is the museum. Since last spring, multimedia technology has been installed in rooms pervaded by the solemnity of history to allow paying visitors to admire the most famous codices and the sumptuous hall, and to feel the presence of history. This is a real turning point, and it isn’t finished yet. Exhibition space will be doubled in a project that began in 2019 with the creation of a Foundation run jointly by the Chapter of Canons and Bauli.
“In a time when memories are failing,” Fasani concludes, “a 1,600-year-old institution records how European culture was formed. Here history is the teacher. You hear the centuries as they speak.”
Bonifacio Pignatti, born and brought up in Verona, has a degree in Classics. Began his journalistic career with ‘Nuovo Veronese’. Has worked at ‘L’Arena’ since 1994 covering mostly politics, and is currently head of the ‘Events and Culture’ desks.
TRASPARENZE DI VETRO PER GOCCE DI RUGIADA SUL LOTO THE TRANSPARENCY OF GLASS FOR DROPS OF DEW ON THE LOTUS
a cura della Redazione
Costasera Contemporary Art: da Berengo Studio l’opera della stagista Kuyuki Nitsu
Costasera Contemporary Art: the work of intern Kuyuki Nitsu in Berengo Studio
“Durante le due settimane di stage nella vetreria Berengo di Murano, ho capito che il fascino dell’arte del vetro sta nella trasparenza che non si trova in altri materiali, e nel suo essere cangiante quando esposto alla luce”. È entusiasta al termine della sua prima esperienza all’estero Kuyuki Nitsu, la diciottenne giapponese, segnalata del maestro d’arte nipponico Yasuhiro Asai, come assegnataria della borsa di studio del progetto Costasera Contemporary Art 2024. Proprio a partire da questa riflessione, sottolinea Kuyuki, “Ho deciso di creare un’opera d’arte che ricorda la lacca giapponese, ma che può essere espressa solo con il vetro”. La bacheca del progetto sostenuto dalla Fondazione Masi, giunto alla sua sesta edizione, si è così arricchita di una nuova opera d’arte realizzata dai maestri vetrai msuranesi su disegno della stagista nipponica. “I motivi della mia creazione sono foglie di loto e fiori, scelti come soggetti fin dall’inizio, e i colori sono il nero e il rosso, comunemente usati nella lacca: una combinazione che mi piace”, spiega Kuyuki. “Le tre gocce di rugiada sulle foglie nere sono una composizione che si può ottenere solo con il vetro; penso di esser stata in
“During my two-week internship at the Berengo glassworks in Murano, I realised that the fascination of working with glass lies in its transparency, which is not found in other materials, and in its iridescence when light shines on it.” The 18-year-old Japanese artist Kuyuki Nitsu, Yasuhiro Asai’s choice for the Costasera Contemporary Art 2024 project scholarship, has found something to be excited about at the end of her first experience abroad.
Due settimane a Murano per l’artista giapponese sponsorizzata da Masi
Two weeks in Murano for the young Japanese artist sponsored by Masi
Kuyuki continues, “This is why I decided to create a work of art that is reminiscent of Japanese lacquer, but which could only be made in glass.” Which is why the display case of the project sponsored by the Masi Foundation, now in its sixth year, has acquired a new work of art created by Murano master glassmakers after a design by the Japanese intern. “The motifs in my artwork are lotus leaves and flowers, which I always intended, and the colours are black and red, as seen frequently in lacquer: a combination I like,” Kuyuki explains. “The three dewdrops on black leaves is a composition that can only be done in glass; I think I was able to create a design where the leaves are the main attraction.”
Il maestro Yasuhiro Asai e la giovane artista
Kuyuki Nitsu che ha creato l’opera Fiori di loto, 2024
Maestro Yasuhiro Asai and the young artist
Kuyuki Nitsu who created Lotus blossoms, 2024
Sotto. Le creazioni dei giovani stagisti del progetto Costasera Contemporary Art
Below. Works of art created by the young interns of the Costasera Contemporary Art project
Björn Krogvig, Anatomia della
caraffa da vino di Murano, 2014
Björn Krogvig, The Anatomy of a Murano Wine Carafe, 2014
Véronique Marazzi, Meraviglia
della natura, 2016
Véronique Marazzi, One of Nature’s Marvels, 2016
Kelly Cannel, Il mio serpente a due teste, 2019
Kelly Cannel, My two-headed serpent, 2019
Irina Deryabina, Un uomo e una donna, 2022
Irina Deryabina, A man and a woman, 2022
grado di creare un design nel quale siano proprio le foglie a essere l’attrazione principale”.
“Lacca e vetro sono materiali all’apparenza quasi opposti ma anche in qualche modo simili”, aggiunge Kuyuki, diplomata all’Istituto di Formazione Tecnica per l’Arte della Lacca di Wajima e approdata allo studio di Yasuhiro Asai dopo un’esperienza di cinque anni di lavoro. “La lacca si può usare per riprodurre una superficie decorata come fosse di pietra o di ferro arrugginito, ma anche il vetro può riprodurre la ruggine o un’opera antica che sembri ritrovata in uno scavo archeologico”.
In realtà, prima di ‘incontrare’ la lacca, Kuyuki ambiva a lavorare nel mondo dell’animazione e dei manga, diventando illustratrice. “Ma mai avrei sognato di poter fare un’esperienza formativa in Italia. Presso Berengo Studio ho imparato una cosa molto importante: nella lavorazione del vetro occorre capire cosa farà il maestro dopo, quali siano le sue intenzioni e cosa gli si richieda; soprattutto bisogna agire rapidamente”, ricorda. “Con la lacca, in pratica, lavoriamo da soli, quindi qui ho dovuto ampliare la prospettiva per vedere gli altri. Più grande è il pezzo, più accuratamente si devono cogliere le intenzioni del maestro. Più pesante è il pezzo, più il vetro deve esser girato costantemente per non farlo gocciolare. Insomma – conclude Kuyuki – se la lacca è un gioco individuale, il vetro è un gioco di squadra”.
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La magia del vetro presso Berengo Studio, ove si svolgono gli stages
Previous page. The magic of glass in the Berengo Studio, where the internships are held
La soffiatura del vetro, un’arte veneziana trasmessa nei secoli e apprezzata in tutto il mondo
Glassblowing, a Venetian art passed down through the centuries and admired around the world
“Lacquer and glass are materials that are almost opposites in appearance but also quite similar,‘ adds Kuyuki, a graduate of the Technical Training Institute for the Art of Lacquer in Wajima, who came to Yasuhiro Asai’s studio after five years’ experience. “Lacquer can be used to reproduce a decorated surface as if it were stone or rusty iron, but glass too can reproduce rust or something that looks like it was found in an archaeological dig.”
In fact, before her conversion to lacquer, Kuyuki had hoped to work in the world of animation and manga, as an illustrator. “I never dreamed that I would have the chance of going on a training course in Italy. In Berengo Studio, I learnt something very important: in working with glass you have to understand what the maestro will do next, what his intentions are, and what is required of him, and above all you have to act quickly,” she says. “It’s quite different with lacquer, because we basically work alone, not as part of a team, so here I had to look around me at what others were doing and pay attention to the group dynamic. The larger the piece, the more precisely you have to grasp the master’s intentions. The heavier the piece, the more often the glass has to be turned so that it doesn't drip and distort. In other words,” Kuyuki concludes, “if lacquer is something crafted by an individual, glass is very much a team effort.”
IN CAMMINO NEL TEMPO: IL NEOLITICO IN VALPOLICELLA
A WALK THROUGH TIME: THE NEOLITHIC IN VALPOLICELLA
di Chiara Boracchi
Una passeggiata archeologica-naturalistica negli scavi di Colombare
An archaeological-naturalistic walk to the dig at Colombare
‘Un viaggio nel tempo, dal Neolitico a oggi’: questo il titolo della passeggiata archeologico-naturalistica svoltasi lo scorso 28 settembre, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, da Mazzano al sito di Colombare di Villa, nel territorio del comune veronese di Negrar di Valpolicella.
I cittadini, circa una quarantina, che vi hanno partecipato, hanno potuto fruire dell’apertura straordinaria del sito preistorico indagato dal PrEcLab, il Laboratorio di Preistoria, Protostoria ed Ecologia preistorica dell’Università di Milano, visitando, tra l’altro, i saggi archeologici aperti con le tracce ancora ben visibili di una casa costruita nel Neolitico, addossata al pendio. Due gli obiettivi del percorso studiato dall’Università con la sezione CAI di Verona: ricordare che il sito era al centro di una rete di scambi tra Neolitico ed età del Rame, ma anche ripercorrere gli ultimi 6.300 anni di storia della Valpolicella, per cogliere il momento esatto in cui le attività umane – agricoltura, allevamento, caccia e raccolta di frutti spontanei (tra cui l’uva) e sfruttamento dell’ottima selce lessinica – hanno plasmato territorio e paesaggio in senso ‘moderno’.
‘A journey through time, from the Neolithic to the present day’: this was the title of the archaeologicalnaturalistic walk held on European Heritage Day, 28 September last year. The route was from Mazzano to the Colombare di Villa dig, in Negrar di Valpolicella, near Verona.
Il sostegno della Fondazione
Masi alla ricerca nel sito preistorico di Colombare
The Masi Foundation’s support for research at the prehistoric site in Colombare
The forty or so people who took part benefited from a special opening day at the prehistoric site being investigated by PrEcLab, the Laboratory of Prehistory, Protohistory and Prehistoric Ecology of the University of Milan, seeing, among other things, the clearly visible traces of a house built in the Neolithic period, leaning against the slope. Excavations carried out by the University, together with the Verona branch of CAI, have two objectives: to confirm that the site was at the centre of a network of changes in the Neolithic and Copper Ages, and to retrace the last 6,300 years of Valpolicella’s history, so as to grasp the exact moment when human activities – agriculture, animal husbandry, hunting and gathering of wild fruits (including grapes) and the use of tools made with the excellent Lessinia flint – began to shape
Le analisi dei campioni di terreno raccolti alle Colombare dimostrano infatti che in questo luogo la pianta della vite veniva ‘accudita’ sin dal Neolitico, insieme ad altri alberi da frutto.
Non solo: qui gli scavi hanno restituito tracce di una struttura terrazzata lungo un pendio – databile alla fine dell’età del Rame, cioè tra 2500 e 2200 a.C. – realizzata con la tec nica del muretto a secco. Gli ar cheologi non possono parlare di vere e proprie “marogne”, i tipici muretti a secco di questo territo rio, eppure non si può non notare una certa continuità con questa pratica tipica della Valpolicella: segno che la modellazione del pae-saggio come lo conosciamo oggi è iniziata davvero nella preistoria. Al termine dell’escursione, Fondazione Masi e Masi Agricola SpA (sponsor delle ricerche archeologiche in loco dal 2022) hanno offerto un brindisi con un vino gioiello qual è il Toar. In attesa degli sviluppi delle ricerche, nel 2025 prenderanno forma altre attività didattiche ed escursionistiche rivolte a tutto il territorio della Valpolicella.
Il sito archeologico di Colombare di Villa, Negrar The archaeological site of Colombare di Villa, Negrar
the landscape in a ‘modern’ sense. In fact, analysis of soil samples from Colombare show that the vine had been ‘tended’ here since the Neolithic period, together with other fruit trees.
What’s more, excavations have uncovered traces of a terraced structure along a slope – datable to the end of the Copper Age (2500-2200 BC) – built using the dry stone wall technique. Archaeologists would not class them as ‘marogne’, the typical dry stone walls of this area, but there are certainly some similarities to this Valpolicella phenomenon. A sign that the shaping of the landscape as we know it today really began in prehistoric times. At the end of the walk, the Masi Foundation and Masi Agricola SpA (sponsors of archaeological research on site since 2022) offered participants a liquid jewel, in the form of a glass of Toar.
Pending research developments, other educational and visiting activities will be planned for the entire Valpolicella area in 2025.
Chiara Boracchi, archeologa e giornalista, coordina il team di comunicazione del Laboratorio di Preistoria, protostoria ed Ecologia preistorica dell’Università degli Studi di Milano ed è corresponsabile del progetto di archeologia pubblica alle Colombare di Negrar di Valpolicella insieme alla collega Chiara Reggio.
Chiara Boracchi, archaeologist and journalist, co-ordinates the communication team of the Laboratory of Prehistory, Protohistory and Prehistoric Ecology at the University of Milan and is co-director for the public archaeology project at Colombare di Negrar di Valpolicella together with her colleague Chiara Reggio.
MARIO BAGNARA, UNA VITA PER LA CULTURA DELLE VENEZIE
MARIO BAGNARA, A LIFE SPENT IN CULTURE FOR THE VENETIAN REGIONS
a cura della Redazione
La scomparsa del professore vicentino per 12 anni alla guida de ‘La Vigna’ Death of the professor from Vicenza who headed ‘La Vigna’ for 12 years
“La scomparsa di Mario Bagnara è stata molto sofferta da me e da tutti noi della Fondazione Masi: un collaboratore della nostra rivista, oltre che un amico, con il quale abbiamo avuto un lungo percorso di arricchente confronto. La sua gentilezza, la sua vasta cultura e la passione per il territorio rimarranno ricordi indelebili per noi. Un uomo di valore necessario per consolidare il passato e farlo fiorire per i posteri”.
Con queste parole Sandro Boscaini, presidente di Masi Agricola e vicepresidente della Fondazione Masi,
“The death of Mario Bagnara is deeply saddening for me and for all of us at the Masi Foundation. He was a contributor to our magazine, as well as a friend, and our relationship was long and valuable. His kindness, his wide sense of culture and his passion for the region will remain indelible memories for us. A great man, much needed to help us understand the past and make it flourish for the future.”
With these words Sandro Boscaini, President of Masi Agricola and Vice-president of the Masi Foundation,
ha ricordato il professore vicentino, morto a 84 anni lo scorso 25 settembre. Laureato in lettere classiche, oltre all’insegnamento, Bagnara ha coltivato anche l’attività di saggista e giornalista, e in queste vesti aveva collaborato con ‘Le Venezie’, curandone tra l’altro la sezione ‘Il mestiere dei campi e della vigna’.
A lungo consigliere comunale a Vicenza e assessore alla Cultura, era stato anche fondatore dell’Associazione Siti UNESCO italiani. Socio dell’Accademia Italiana della vite e del vino, dal 2006 al 2018 aveva ricoperto con particolare dedizione la carica di presidente della Biblioteca internazionale ‘La Vigna’ di Vicenza, voluta da un altro amico della ‘famiglia Masi’, Demetrio Zaccaria: oggi è centro di cultura attivo anche oltre confine. “Un unicum mondiale con il suo patrimonio di oltre 50.000 volumi sull’agricoltura, tra cui preziosi testi antichi”, la definiva Bagnara, sottolineando su questa rivista “l’armonica intesa culturale” e “fecondo connubio” tra questa istituzione e la Fondazione Masi nella “comune consapevolezza dell’importanza che l’economia rurale veneta e la strettamente connessa civiltà veneta hanno avuto, per il successivo sviluppo tecnologico-industriale non solo locale e nazionale, ma anche internazionale”.
Pagina precedente. Il professor Mario Bagnara (sopra); alla Biblioteca ‘La Vigna’ (sotto) la presentazione del volume della Fondazione Masi sull’Oseleta (2006)
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Professor Mario Bagnara (above); the presentation of the Masi Foundation’s book on Oseleta at ‘La Vigna’ Library in 2006 (below)
A lato. Lamberto Paronetto, Sandro Boscaini e Mario Bagnara
This page. Lamberto Paronetto, Sandro Boscaini and Mario Bagnara
recalled the life of the professor from Vicenza who died at the age of 84 on 25 September this year. With a degree in Classical Literature, Bagnara devoted his life to teaching and writing. His contributions to ‘Le Venezie’ included, among other things, the section on agriculture called ‘The lore of the fields and the vineyards’. A long-standing municipal councillor in Vicenza and Councillor for Culture, he was also a founder of the Association of Italian UNESCO Sites.
Sandro Boscaini ricorda “l’uomo di valore, amico della Fondazione Masi” Sandro Boscaini remembers “a great man, a friend of the Masi Foundation”
A member of the Italian Academy of Vine and Wine, Bagnara was particularly active as President of the ‘La Vigna’ International Library in Vicenza from 2006 to 2018, a position he held thanks to another member of the ‘Masi family’, Demetrio Zaccaria. The Academy is now a cultural centre of world importance.
“A one-off institution internationally with a collection of over 50,000 works on agriculture, including valuable ancient texts,” Bagnara called it, emphasising in this magazine the ‘harmonious cultural understanding’ and ‘fruitful alliance’ between the Academy and the Masi Foundation in the “common awareness of the importance that the rural economy of the Veneto and its closely-related culture have had for technological and industrial development, not only locally and nationally but also internationally.”
DALLA FONDAZIONE MASI FLASH NEWS FROM THE MASI FOUNDATION
AL GIOVANE FRANCESCO BOTTI IL ‘TERENZIO ZARDINI’ 2024
Il Premio Terenzio Zardini 2024 è andato al giovanissimo bresciano Francesco Botti, diplomato in organo al Conservatorio Dall’Abaco di Verona. Lo scorso 12 ottobre si è svolta la premiazione nella chiesa di San Bernardino (Verona), cui hanno fatto da corollario altri tre concerti dell’Ottobre Musicale, col sostegno della Fondazione Masi.
THE
YOUNG FRANCESCO BOTTI WINS THE ZARDINI PRIZE 2024
The Terenzio Zardini Prize 2024 has been awarded to the young Francesco Botti from Brescia, an organ graduate from the Conservatorio Dall’Abaco in Verona. The prize-giving ceremony took place on 12 October in the church of San Bernardino (Verona), and was followed by three further concerts in the Ottobre Musicale series, supported by the Masi Foundation.
‘SETTEMBRE MUSICALE’ CON LA FONDAZIONE MASI
Continua il sostegno della Fondazione Masi al progetto ‘Settembre Musicale’ proposto dal Comune e dalla Pro Loco di Marano di Valpolicella nella chiesetta di San Marco al Pozzo in Valgatara. Tutto esaurito nelle quattro serate dedicate ad un repertorio classico e romantico fino a Piazzolla, eseguite dagli ensemble SQVR e Quartetto Maffei.
‘MUSICAL SEPTEMBER’ WITH THE MASI FOUNDATION
The Masi Foundation’s support for the ‘Settembre Musicale’ project organised by the Municipality and Pro Loco of Marano di Valpolicella in the small church of San Marco al Pozzo in Valgatara continues. The four evening performances, dedicated to a classical and romantic repertoire up to Piazzolla, and played by the SQVR and Quartetto Maffei ensembles, where sold out.
FONDAZIONE MASI IN CAMPO PER IL CENTENARIO DI DE
BOSIO
Per ricordare il centenario della nascita di Gianfranco de Bosio (1924-2022, Premio Civiltà Veneta 1984), tra i maggiori registi italiani del XX secolo, il 5 settembre l’Università di Verona ha ospitato – con il sostegno anche della Fondazione Masi –la proiezione del suo Il Terrorista, un classico del cinema sulla Resistenza, e il convegno ‘Processo al processo di Verona - 1944’.
MASI FOUNDATION IN THE FIELD FOR DE BOSIO’S CENTENARY
To commemorate the centenary of the birth of Gianfranco de Bosio (1924-2022, Civiltà Veneta Prize 1984), one of the greatest Italian directors of the 20th century, on 5th September the University of Verona (helped by the Masi Foundation) screened his Il Terrorista, a classic film about the Resistance, and held a conference on the theme ‘Enquiry into the Trial of Verona - 1944’.
ROBERTO CITRAN È ALDO MORO NEL FILM ‘BERLINGUER’ DI SEGRE
Roberto Citran (Premio Civiltà Veneta 2019) interpreta Aldo Moro nel film di Andrea Segre Berlinguer. La grande ambizione (Jolefilm) che ha inaugurato la Festa del Cinema di Roma 2024. Il film ripercorre la vita del politico e leader del PCI interpretato da Elio Germano
ROBERTO CITRAN PLAYS ALDO MORO IN THE MOVIE ‘BERLINGUER’
Roberto Citran (Civiltà Veneta Prize 2019) plays Aldo Moro in Andrea Segre’s film Berlinguer. La grande ambizione (Jolefilm), which opened the 2024 Rome Film Festival. The film traces the life of the politician and PCI leader in a performance by Elio Germano.
A REINHOLD MESSNER IL PREMIO BAMBI-LA NOSTRA TERRA
Il 7 novembre a Monaco di Baviera Reinhold Messner (Premio Civiltà Veneta 2020) ha ricevuto il Premio Bambi 2024 categoria ‘La nostra Terra’, riconoscimento assegnato dal colosso tedesco dei media ‘Hubert Burda’ a “persone con visioni e creatività che nell’anno hanno colpito ed entusiasmato il pubblico tedesco”. Al ricevimento, Masi era presente con alcuni dei suoi vini.
TO REINHOLD MESSNER THE BAMBI-OUR EARTH PRIZE
On November 7th in Munich, Reinhold Messner (Civiltà Veneta Prize 2020) received the Bambi 2024 Prize in the ‘Our Earth’ category, an award given by the German media giant ‘Hubert Burda’ to “people whose vision and creativity have impressed and enthused the German public in the course of the year.” Masi wines were on display at the reception.
PREMIO CAMPIELLO ALLA CARRIERA PER PAOLO RUMIZ
Premio Campiello alla carriera a Paolo Rumiz (Premio Civiltà Veneta 2009). Questa la motivazione della Fondazione Campiello e di Confindustria Veneto: “Viaggiatore instancabile, attraverso la sua scrittura ha costruito ponti culturali solidi tra popoli e nazioni e attraverso i suoi viaggi ha mostrato quanto la conoscenza possa essere un potente strumento di comprensione e di unione”.
CAMPIELLO LIFETIME ACHIEVEMENT AWARD TO PAOLO RUMIZ
Paolo Rumiz (Civiltà Veneta Prize 2009) has been awarded the Campiello lifetime achievement award with the following citation from the Campiello Foundation and Confindustria Veneto: “Paolo is a tireless traveller, who has built solid cultural bridges between peoples and nations through his writing and shows how knowledge can be a powerful tool for comprehension and solidarity through his travels.”
FEDERICO FAGGIN IN LIBRERIA CON OLTRE L’INVISIBILE
Federico Faggin (Premio Civiltà Veneta 1997) torna in libreria con Oltre l’invisibile, dove scienza e spiritualità si uniscono, edito da Mondadori. Il fisico vicentino, inventore del microprocessore, dimostra l’unione profonda tra il mondo della fisica e la spiritualità umana, lanciando una nuova scienza che chiama ‘Nousym’ e ipotizzando un possibile nuovo Rinascimento.
FEDERICO FAGGIN TO BOOKSHOPS WITH BEYOND THE INVISIBLE Federico Faggin (Civiltà Veneta Prize 1997) returns to bookshops with Beyond the invisible, where science and spirituality meet, published by Mondadori. The Vicenza physicist, inventor of the microprocessor, demonstrates the profound union between the world of physics and human spirituality, launching a new science he calls ‘Nousym’ and hypothesising a possible new Renaissance.
CIÒ CHE CONTA DAVVERO PER DON ANTONIO MAZZI
Don Antonio Mazzi (Premio Civiltà Veneta 1996) pubblica Ciò che conta davvero (Solferino). Il racconto del fondatore del Progetto Exodus offre uno sguardo a centinaia di volti e percorsi formativi, una proposta indomita di un cammino di crescita interiore, per essere fonte di amicizia, di armonia, di solidarietà, di servizio e di gioia.
WHAT REALLY COUNTS FOR DON ANTONIO MAZZI
Don Antonio Mazzi (Civiltà Veneta Prize 1996) has published What really counts (Solferino). The founder of the Exodus Project shows us a glimpse of hundreds of people and training paths, and a radical proposal for a path of inner growth as a source of friendship, harmony, solidarity, service and joy.
In tempi angosciati dalle violenze che insanguinano anche quella Terra Santa che duemila anni fa vide nascere Gesù, risuoni più forte che mai il coro degli angeli di Betlemme: “Pace in terra agli uomini di buona volontà!”. È a questo fervido messaggio di speranza che la Fondazione Masi affida il proprio sincero augurio di buon Natale e di un più sereno Anno nuovo.
In times marred by violence, even in that same Holy Land where Jesus was born two thousand years ago, the chorus of the angels of Bethlehem resounds louder than ever: “Peace on earth to men of good will!” It is this fervent message of hope that the Masi Foundation endorses in its sincere wish for a Merry Christmas and a more serene New Year.
Icona nella Basilica della Natività a Betlemme, Palestina Icon in Bethlehem’s Basilica of the Nativity, Palestine
ALBO
D’ONORE DEL PREMIO MASI
MASI PRIZE ROLL OF HONOUR
CIVILTÀ VENETA
1981 Elio Bartolini
Biagio Marin
Giulio Nascimbeni
Alvise Zorzi
1982 I Solisti veneti
Uto Ughi
1983 Casa Marzotto
Bruno Visentini
1984 Antonio Cibotto
Gianfranco De Bosio
Anna Proclemer
1986 Casa Benetton
Ottavio Missoni
Luciano Vistosi
1988 Gaetano Cozzi
Giancarlo Ligabue
Pilade Riello
Fulvio Tomizza
1990 Claudio Magris
Zoran Musić
Hugo Pratt
1992 Fernando Bandini
Giuseppe Gozzetti
Demetrio Volcić
1994 Pier Giuseppe Cevese
Renato Olivieri
Ermanno Olmi
Apollinare Veronesi
1995 Isabella Bossi Fedrigotti
Cecilia Danieli
Paul Girolami
Lucia Valentini Terrani
Giuseppe Zigaina
1996 Ivano Beggio
Don Antonio Mazzi
Pierre Rosenberg
1997 Enzo Bettiza
Pierre Cardin
Federico Faggin
1998 Carlo Guarienti
Paola Malanotte
Luigi Meneghello
1999 Tullio Kezich
Cleto Munari
Giorgio Zanotto
2000 Fondazione Giorgio Cini
Tommaso Padoa-Schioppa
Marco Paolini
Giuseppe Sinopoli
2001 Mario Rigoni Stern
Renzo Rossetti
Wolfgang Wolters
Andrea Zanzotto
2002 Silvio Bertoldi
Ilvo Diamanti
Fulvio Roiter
Susanna Tamaro
2003 Gabriella Belli
Novello Finotti
Cesare Montecucco
2004 Ferruccio De Bortoli
Nadia Santini
Ettore Sottsass
2005 Guido Bertolaso
Gillo Dorfles
Francesco Macedonio
Alessandro Mazzucco
2006 Pino Castagna
Fondazione Cariverona
Marsilio Editori
2007 Antonia Arslan
Gianni Berengo Gardin
Milo Manara
2008 Bepi De Marzi
Lionello Puppi
Giovanni Maria Vian
2009 Lino Dainese
Carlo Mazzacurati
Paolo Rumiz
2010 Diana Bracco De Silva
Mario Brunello
Francesco Tullio-Altan
2011 Giuseppe Battiston
Arrigo Cipriani
Massimo Marchiori
2012 Andrea Battistoni
Giovanni Radossi
Gian Antonio Stella
2013 Giovanni Bonotto
Giacomo Rizzolatti
Sergio Romano
2014 Umberto Contarello
Mario Isnenghi
Alberto Passi per Associazione Ville Venete
2015 Massimiliano Alajmo
Carlo Rovelli
Elisa Toffoli
2016 Natalino Balasso
Giosetta Fioroni
Lorenzo Mattotti
2017 Emilio Franzina
Paola Marini
Elena Zambon
2018 Ferdinando Camon
Christian Greco
Carlo Nordio
2019 Roberto Citran
Pietro Luxardo
Nando Pagnoncelli
2020 Ilaria Capua
Reinhold Messner
Andrea Rigoni
Roberto Battiston
2021
Jane da Mosto
Paolo Fazioli
2023 Mario Cannella
Andrea Rinaldo
Gruppo Stevanato
2024 Riccardo Illy
Arcangelo Sassolino
Sara Segantin
CIVILTÀ DEL VINO
1987 Angelo Betti
1989 Emile Peynaud
1991 Zelma Long
1993 Hugh Johnson
1995 Noris Siliprandi
1996 Philippine de Rothschild
1998 Ezio Rivella
1999 Mondavi & Frescobaldi [Luce Joint Venture]
2000 Sirio Maccioni
2001 Fratelli Torres
2002 Famiglia Krug
2003 Nicolò Incisa della Rocchetta
2004 Andrea Muccioli [Comunità di S. Patrignano]
2005 Federico Castellucci
2006 Antonio Carluccio
2007 Peter Hayes
2008 Donald Ziraldo
2009 George Sandeman [Wine in moderation]
2010 Metropolita Sergi di Nekresi
2011 Jacques Orhon
2012 Lynne Sherriff [Masters of Wine Institute]
2013 Progetto Le Vigne di Venezia
2014 Andrea Bocelli
2015 Giuseppe Martelli
2016 Roger Scruton
2017 Luigi Moio
2018 Gerard Basset
2019 Jeannie Cho Lee
2020 Gruppo Riedel Glass
2021 Attilio Scienza
2023 Yuko e Shin Kibayashi
2024 Donatella Cinelli Colombini
GROSSO D’ORO VENEZIANO
2003 Milan Kucan
2005 Vartan Oskanian
2006 Alvise Zorzi
2007 Hans-Dietrich Genscher
2008 Sanjit Bunker Roy
2009 Luigi Luca Cavalli-Sforza
2010 Péter Esterházy
2011 Mons. Luigi Mazzucato
2012 Kuki Gallmann
2013 Marjane Satrapi
2014 Svetlana Aleksievič
2015 Marina Militare Italiana
2016 Ágnes Heller
2017 Yolande Mukagasana
2018 Cardinale Mario Zenari
2019 Alain Finkielkraut
2020 Filippo Grandi
2021 Elena Cattaneo
2022 Procuratoria di San Marco
2022 Great Wine Capitals
2023 Rakhshan Banietemad
CONSIGLIO DELLA FONDAZIONE MASI
MASI FOUNDATION BOARD
Presidente / President
Isabella Bossi Fedrigotti
Vicepresidente / Vice-President
Sandro Boscaini
Segretario / Secretary
Marco Vigevani
Consiglieri / Board Members
Michele Bauli
Francesco Benedetti
Bruno Boscaini
Marzio Breda
Franca Coin
Massimilla di Serego Alighieri
Federico Girotto
Maurizio Marino
Revisore / Auditor
Giovanni Aspes
COMMISSIONE DEL ‘PREMIO MASI PER LA CIVILTÀ VENETA’ ‘MASI CIVILTÀ VENETA PRIZE’ COMMISSION
Sandro Boscaini
Isabella Bossi Fedrigotti
Marzio Breda
Franca Coin
Gabriele Colleoni
Ilvo Diamanti
Massimilla di Serego Alighieri
Massimo Ferro
Andrea Kerbaker
Stefano Lorenzetto
Massimo Mamoli
Paola Marini
Pilade Riello
Paolo Possamai
Giovanni Maria Vian
Marco Vigevani
Stefano Zecchi
Filiberto Zovico
COMMISSIONE DEL ‘PREMIO INTERNAZIONALE MASI PER LA CIVILTÀ DEL VINO’ ‘INTERNATIONAL MASI