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Musica e natura:
Il rapporto tra natura e musica, intesa nel significato di «suono umanamente organizzato» proposto ormai molto tempo fa dall’antropologo John Blacking, è una costante universale che attraversa diverse culture umane, epoche storiche e contesti sociali. Almeno per quanto riguarda la cosiddetta Western art music, i termini per una lettura di questa relazione sono stati impostati con chiarezza dal compositore R. Murray Schafer, iniziatore dell’ecologia acustica, nel suo famoso saggio The Tuning of the World (1977).
Sulle orme di John Constable, 2019 (immagine fotografica del Greenwich Park di Londra)
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Nell’Interludio del suo libro Schafer avanza una prospettiva radicale per leggere alcune direttrici lungo cui si è sviluppata l’arte musicale. Considerata non solo nei suoi oggetti estetici – vale a dire nelle opere, nelle composizioni che ascoltiamo – ma anche come somma di pratiche performative e di fruizione, la musica viene letta come traccia indiretta dei mutamenti dell’ambiente acustico, di tutti quei suoni prodotti e/o uditi dall’uomo, e ancor più del rapporto che egli ha con essi. La deriva della dimensione antropizzata da quella naturale, la separazione tra civiltà urbana ed extra-urbana – che per Schafer culminava nel suo tempo – si può leggere nella progressiva segregazione della musica in spazi chiusi, destinati all’ascolto: «la musica entra nelle sale da concerto quando non è più possibile un suo ascolto soddisfacente in uno spazio all’aperto». Il raccoglimento osservato in questi spazi diviene altresì una condizione perfetta per tramutarla in un mezzo – al pari della pittura di paesaggio – con cui imitare la natura, traducendone in un apposito codice sonoro, coi suoi clichés e la sua grammatica, i suoni più caratteristici.
Ma gli effetti imitativi che ascoltiamo ne La chasse di Haydn o nel Gardellino di Vivaldi, o ancor più la musica a programma di soggetto naturalistico (un esempio su tutti: Eine Alpensymphonie di Strauss) non sono che una delle relazioni possibili tra musica e natura. C’è poi quella romantica della natura come doppio del sentimento del compositore – Schafer cita apposta Der Lindenbaum di Schubert –, figlia in un certo qual modo di quell’autonomia tra