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6. Corrispondenze con i Gonzaga
«FACEVA DEI RITRATTI ASSAI BENE» 113
Fig. 92. Giovanni Battista Della Porta (Ritratto), Giovanni Battista Della Porta e collaboratore (Monumento di Pierfrancesco Ferrero), 1585 ca., Roma, Santa Maria Maggiore.
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Fig. 93. Tommaso Della Porta il Giovane? (Ritratto), Tommaso Della Porta il Giovane e collaboratore? (Monumento di Guido Ferrero), 1585 ca., Roma, Santa Maria Maggiore.
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DELLA PORTA E LA CULTURA ARTISTICA DEL SECONDO CINQUECENTO
Fig. 94-95. Disegni dai monumenti dei cardinali Pierfrancesco e Guido Ferrero, 1766-1792, ASB, Fondo Ferrero, Corrispondenza, b. XXII, cc. 5,51.
«FACEVA DEI RITRATTI ASSAI BENE» 115
Fig. 96. Giovanni Battista Della Porta (Ritratto), Domenico Fontana, Murzio Quarta, Melchiorre Cremona, Monumento a Federico Cornaro, 1591, Roma, San Silvestro al Quirinale (foto Pierluigi Mulas).
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Fig. 97. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Federico Cornaro, 1591, Roma, San Silvestro al Quirinale, particolare (foto Pierluigi Mulas).
Fig. 98. Leonardo Sormani, Busto di Paolo Odescalchi, 1585 ca., Roma, San Girolamo della Carità.
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Fig. 99. Leonardo Sormani (Ritratto), Leonardo Sormani e collaboratori (Monumento a Paolo Odescalchi), 1585 ca., Roma, San Girolamo della Carità.
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Fig. 100. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Scipione Gonzaga, 1590 ca., San Martino dall’Argine, Chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano, cappella di Santa Croce (foto Guglielmo Tonini).
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I CANTIERI SISTINI
Nel novembre 1584, Giovanni Battista Della Porta progettava l’altare della cappella Falconi (o della Pietà) in Santa Maria dei Monti di cui rimane il disegno autografo (fig. 101-104)1. Tale disegno architettonico allegato al contratto, conservato negli atti del notaio Francesco Silla degli anni 1584-1585, è l’unico esempio noto del corpus grafico di Della Porta. Altri disegni di Della Porta vengono esplicitamente indicati nei documenti: il progetto per la memoria al cardinale Francesco Alciati, quello per la cappella di San Pietro in Santa Pudenziana e i disegni per il medaglione in onore di Sisto V2 .
Nel disegno per la cappella Falconi, la costruzione rigorosamente geometrica di tutti gli elementi che compongono l’altare (basamento, colonne ioniche, architrave spezzato, cornici e modanature) dimostra l’importanza data dallo scultore al progetto architettonico piuttosto che agli apparati decorativi. Non a caso, Della Porta nel contratto veniva citato come architetto e scultore fra Roma e Milano («Mediolanensis Architetto seu sculptore in Urbe»). Dalla lettura del documento e dal confronto fra il disegno e l’opera, che fortunamente non ha subito rimaneggiamenti, si deduce che Della Porta seguì alla lettera le volontà del committente, Giulio Pietro Falconi, che preferì colonne corinzie a quelle ioniche, volle aggiungere i cherubini sopra l’architrave e diede indicazioni su tutti i materiali da impiegare, in prevalenza marmi colorati. Nello stesso cantiere della chiesa dei Monti aveva già lavorato l’architetto Giacomo Della Porta e, grazie ad un documento inedito, sappiamo ora che il fratello minore di Giovanni Battista, Giovanni Paolo Della Porta,
1 Guerrieri BorSoi, in maDonna 1993, p. 231. Il documento con disegno allegato è noto a SchwaGer 1975, pp. 111-141: 117, n. 51 che attribuisce il disegno a Giovanni Battista Montano restituito a Giovanni Battista Della Porta da Guerrieri Borsoi. Cfr. scheda 10. 2 Cfr. docc. 70, 96, c. 660r, doc. 78.
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sarà pagato ben ottocento scudi per pietre e marmi mischi destinati al pavimento della medesima chiesa3 .
Il 24 aprile 1585, saliva al soglio pontificio il francescano Felice Peretti con il nome di Sisto V che, nel breve periodo di reggenza, avrebbe restituito a Roma un nuovo assetto urbano avvalendosi delle competenze del ticinese Domenico Fontana (1543-1607) denominato il «cavaliere della guglia» per il trionfale trasporto dell’obelisco vaticano4. Insieme ad un programma di manutenzione e restauro delle chiese, mete di visite e pellegrinaggi, e delle due colonne di Traiano e Antonino Pio, il pontefice ordinò il ripristino di antichi acquedotti e la costruzione di nuove strade, ponti, fontane5 .
Nel settembre del 1585, Della Porta si presentò al consiglio generale di Camerino con disegni per «una medaglia di Sua Santità con alcuni ornamenti»: si trattava probabilmente del progetto di un medaglione in onore di Sisto V al posto della statua in bronzo che sarà poi preferita dal consiglio e commissionata a Tiburzio Vergelli6. Da Roma, Della Porta andava verso Loreto e, insieme ai disegni, portava al consiglio di Camerino alcune lettere del cardinale Mariano Pierbenedetti (il Martorano) che invitava la comunità a prendere qualche iniziativa a favore del nuovo pontefice.
«(…) il Cav. Gio. Battista della Porta statuario, partito ultimamente da Roma per la volta di Loreto, si sia qui presentato quasi rinviato et indirizzato da alcuni signori della Camera et accompagnato con le lettere di Monsignor reverendissimo di Martorano et del nostro agente con mostrare et lassare qui alcuni suoi disegni fatti da esso circa il far qui una medaglia di Sua Santità con alcuni ornamenti largamente, hora si propone quel che par di fare in nome pubblico di questa città per dimostrazione memoria et devozione più degna che sia possibile verso Sua Santità»7 .
3 «E più furono vendute dalo Giovanni Pauolo varie Pietre et marmi mischi per fari il Pavimento della Chiesa della Madonna delli Monti, che con il partito di metter in opera il detto Pavimento importo intorno a scudi ottocento di moneta per accordo et Istrumento rogato per il Notaro della Chiesa cioè dico scudi 800» (doc. 115). Nel giugno 1590 Giacomo Della Porta cominciò la costruzione della chiesa della Madonna dei Monti a Roma, finanziata da Gregorio XIII. Nel 1587 curò la decorazione plastica dell’interno e nel 1588 si pose il lanternino della cupola, suo è anche il disegno della seconda cappella sinistra, i cui lavori iniziarono nel luglio 1581: BeDon 1989, p. 165. 4 Donati 1939, pp. 15-17; matthiae 1970, pp. 431-444; BeneDetti 1992, pp. 395-417; Barroero 2000, pp. 266-270; pittoni - lautenBerG 2002; villata 2007; verDe 2008, pp. 81-96. 5 Spezzaferro 1983, pp. 353-405; Simoncini 1990; manieri elia 1991, pp. 3-13; maDonna 1993; hiBBarD 2001, pp. 24-27. 6 GrimalDi 2011, p. 111. 7 Doc. 78; su Mariano Pierbenedetti cfr. zannini, in Dal poGGetto 1992, pp. 115-117.
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Lo scultore fu coinvolto in almeno due dei numerosi cantieri promossi a Roma da Papa Peretti: la cappella Sistina (fig. 105) nella basilica di Santa Maria Maggiore e la fontana del Mosè (fig. 107) in piazza San Bernardo8. Sei statue di Santi decorano le nicchie della sontuosa cappella liberiana eseguite da Prospero Bresciano e Leonardo Sormani (San Pietro e San Paolo), Pietro Paolo Olivieri (Sant’Antonio da Padova), Giovanni Antonio Peracca detto il Valsoldo (San Pietro Martire), Flaminio Vacca (San Francesco d’Assisi) e Giovanni Battista Della Porta (San Domenico)9. Fra tutte le statue quella del San Domenico (fig. 106) non gode di un giudizio critico positivo; secondo Petraroia, essa è un tipico «saggio di classicismo controriformato»10. Il panneggio cadenzato del San Domenico è di certo più convenzionale rispetto alle altre statue della Sistina e l’inespressività del Santo sostiene l’attribuzione al Della Porta.
Per la fontana del Mosè, Giovanni Battista Della Porta realizza il rilevo istoriato con Aronne che conduce il popolo ebreo a dissetarsi (fig. 108)11. I due rilievi ai lati della statua centrale del Mosè raffiguranti episodi del Vecchio Testamento, sono apparentemente simili e, ad uno sguardo d’insieme, non rivelano il modus operandi di diverse mani. A progettare la decorazione del cantiere furono gli scultori Flaminio Vacca, Pietro Paolo Olivieri, Lorenzo Sormani e Pospero Bresciano gli stessi ai quali erano state affidate le sei statue di Santi nelle nicchie della Sistina12 . Scultori che, nei lavori di équipe, seppero coniugare le proprie inclinazioni verso un risultato tanto equilibrato quanto omogeneo. Ma anche in questi casi, dove l’abbassamento tonale del proprio timbro stilistico rappresentava una conditio sine qua non per l’adempimento al progetto, l’osservazione molto ravvicinata consente di riconoscere le peculiarità stilistiche del singolo scultore. Della Porta dispone le figure su due piani, tutte però alla medesima altezza, tranne le due donne chinate ai piedi di Aronne e i due nudi fanciulli che chiudono l’angolo in basso a destra. Nella fascia più alta inserisce un albero e due file di capanne. Le due donne in basso, nella posa e nel gesto del braccio proteso, si rivolgono alla scena sottostante che rappresenta la sorgente sgorgata miracolosamente dal deserto dalla quale il popolo ebreo, condotto da Aronne, si sarebbe dissetato. Il panneggio di Aronne, nella tunica e nelle maniche, ha una ritmica fin troppo simmetrica e innaturale. Più dinamico è invece il rilievo con Giosuè che fa attraversare agli ebrei il Giordano
8 Per un approfondimento si veda il catalogo: maDonna 1993. Per i nomi e le biografie degli scultori, scalpellini e fonditori coinvolti nelle imprese sistine: pittoni - lautenBerG 2002, p. 58; lomBarDi, in maDonna 1993, pp. 551-566. 9 Cfr. le relative schede in maDonna 1993. 10 Cfr. scheda 11. petraroia, in maDonna 1993, p. 393. 11 Scheda 12a. 12 D’onofrio 1986, pp. 210-220.
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asciutto di Flaminio Vacca e Pietro Paolo Olivieri. Entrambe le scene ricordano i rilievi di Marco Aurelio dell’Arco di Costantino. In particolare il rilievo di Giosuè, nella convulsa disposizione di animali e soldati, sembra citare la scena della lustratio exercitu, nella facciata dell’Arco rivolta verso il Palatino, le cui teste di soldati furono rifatte da Pietro Bracci fra il 1732-173313. Grazie ad un recente restauro sulla fontana del Mosè (promosso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Roma) sul rilievo di destra è emersa la firma di Flaminio Vacca (fig. 110). In realtà dai documenti di pagamento risulta che, per quel rilievo, furono pagati sia Pietro Paolo Olivieri sia il Vacca e in una nota del 29 agosto 1589 compare solo il nome del Vacca14. È abbastanza singolare il fatto che su un’opera a doppia mano il Vacca decise di lasciare la sua firma. D’altro canto, i documenti in cui si registra il saldo dei conti non sempre attestano il reale esecutore dell’opera. E per il naturalismo dei personaggi, a volte aggrottati nell’espressione, e l’ariosità dell’intera composizione, a mio parere, è più logico supporre la sola mano del Vacca. Probabilmente l’incarico fu affidato da principio all’Olivieri e poi interamente realizzato dal Vacca. C’è poi da considerare un altro importante elemento: presso il Teylers Museum di Haarlem è conservato un disegno con al centro Aronne che conduce gli Israeliti a raccogliere l’acqua (fig. 109), giustamente attribuito da Meijer e van Tuyll al pittore Cesare Nebbia per l’esplicita iscrizione sul verso, oltre che per ragioni stilistiche15. Gli studiosi hanno inoltre messo a confronto il disegno di Haarlem con il rilievo di Aronne nella fontana del Mosè realizzato da Della Porta per le evidenti analogie compositive. Quasi identica la costruzione spaziale con al centro la figura di Aronne, in basso a sinistra una donna intenta a raccogliere l’acqua, sulla destra un’altra donna inginocchiata che regge un vaso, un israelita in piedi accanto ad Aronne (nell’atto di bere nel rilievo e in dialogo con Aronne nel disegno), le donne sullo sfondo che sorreggono le anfore in capo. Le leggere varianti (nel disegno la presenza del fanciullo al centro e in primo piano, la posa di Aronne più concitata, la figura maschile sulla destra che si rivolge alla donna inginocchiata) hanno indotto gli studiosi a ipotizzare che si tratta di un disegno d’après, ma che probabilmente fosse il progetto per l’altorilievo. L’ipotesi è persuasiva, Nebbia fu di fatto responsabile insieme a Giovanni Guerra di altre imprese sistine. Dunque, un caso interessante che attesta la collaborazione di un pittore, attraverso i disegni, alla realizzazione di un cantiere prettamente scultoreo
13 penSaBene - panella 1999, pp. 150-151. 14 ASR, Camerale I, Fabbriche, b. 1527, f. 49, c. 10: la segnatura archivistica è indicata in D’onofrio 1977, p. 228. D’Onofrio indica il fascicolo 40, il pagamento è invece inserito nella documentazione del fascicolo 49. L’errore è ripetuto in iD. 1986, p. 216, nota 8. 15 meijer - van tuyll 1983, pp. 162-163, n. 70; meijer, in De lieDekerk 1995, p. 54, n. 78.
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ed architettonico, e che potrebbe far capo ad una pratica molto diffusa e, purtroppo, scarsamente documentata.
«Fece a Termine nella mostra del’acqua Felice, su l’alto dell’Arme del pontefice Sisto, un Angelo; e nella nicchia, collaterale a quella del Moisè, la storia del Testamento vecchio in bassorilievo verso la strada Pia»16 .
In questo passo tratto dalle Vite di Baglione, il biografo attribuisce a Della Porta, relativamente ai lavori per la mostra dell’acquedotto Felice, oltre al rilievo di sinistra anche uno dei due angeli in alto che sostengono lo stemma papale (fig. 111)17. I nomi degli esecutori degli angeli e dei rilievi che compaiono nei registri dei Mandati Camerali non corrispondono però a quelli citati da Baglione. Dai documenti, gli scultori che complessivamente ricevono in tre mandati 500 scudi per i due angeli risultano Flaminio Vacca e Pietro Paolo Olivieri; in alcuni fogli è segnato il nome di un certo Giovanni Paolo Olivieri, forse solo un errore del computista18. In particolare nel mandato del 14 maggio 1588 è specificato che sarebbero stati pagati duecento scudi agli scultori, Flaminio Vacca et Giovanni (?) Paolo Olivieri, «a conto delli due angeli di marmo che da essi si fanno per tener le nostre armi in su la fontana dell’acqua Felice a Termini in luogo di quelli di stucco che al presente vi si trovano»19. Dunque, gli angeli in marmo avrebbero rimpiazzato i modelli in stucco. L’osservazione diretta mi ha persuasa sulla possibile attribuzione al Della Porta per l’angelo di sinistra, corrispondente al suo rilievo; nonostante le sue imprecisioni, sarei tentata di seguire le parole di Baglione non fedeli al dato documentario20. Anche Cesare D’Onofrio conviene con le parole del biografo; lo studioso pur definendo le Fame opere «legnose, nonostante gli svolazzi» indica
16 BaGlione 1642, p. 74. 17 Ibidem. Giovanni Battista Mola segue l’indicazione del Baglione: «Listoria de basso rilievo verso strada assieme con un Angelo acanto larme, e de Giovan Batta dela Porta» (mola 1663, p. 80). 18 Doc. 79, c. 48r; doc. 80, cc. 53, 110. 19 Doc. 80, c. 53. 20 In BaGlione 1639, p. 117, a proposito della cappella di San Giovanni Evangelista del Battistero lateranense, Giovanni Baglione scrive: «Nell’altare la statua di metallo, che rappresenta San Giovanni Evangelista, è modello di Giovanni Battista della Porta», mentre nelle Vite cita la statua come opera di Ambrogio Buonvicino, riferisce il modello in piccolo a Taddeo Landini e la fusione in bronzo ad Orazio Censore: iD. 1642, vol. 1, p. 325. Più precisamente nella biografia di Tommaso Della Porta il Giovane, Baglione scrive: «fece il modello della statua di metallo di San Giovanni Evangelista in atto che scriva, messo in San Giovanni in Fonte» (ibidem, p. 152), ma si corregge in coda alle Vite: «non fu il Porta, ma il Landino e il Buonvicino» (ibidem, vol. 1, p. 310, vol. 3, pp. 491-492). Per Filippo Titi l’opera è di Giovanni Battista Della Porta (titi 1763, pp. 4, 145, 211). Non è emersa documentazione relativa alla statua (corBo 1970, pp. 139-144: 140), e nella voce di Gerardo Doti essa è attribuita a Taddeo Landini: Doti 2004, pp. 425-428: 427.
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come esecutori i nomi di Vacca e Della Porta21. Ad un esame ravvicinato i due angeli (figg. 112-113) risultano molto diversi: le folte ciocche ondulate, il panneggio aderente, l’espressione più naturale rendono l’angelo di destra più elegante, più rifinito nei dettagli – e nel complesso più proporzionato – rispetto al suo pendant. In alcuni dettagli, l’angelo di sinistra richiama lo scalpello di Della Porta (fig. 112). La resa asciutta e legnosa del panneggio è di simil fattura alle pieghe delle vesti delle figure del rilievo sottostante. La capigliatura, a ciocche larghe, così come le ali stilizzate che si chiudono in un semplice ovale ricordano gli angeli lateranensi di Della Porta (fig. 34). Il collo taurino che marca i ritratti dei Dodici Cesari Borghese è qui oltremodo enfatizzato. La gamba sinistra poco riuscita non giustificherebbe lo scalpello di Pietro Paolo Olivieri o del Vacca che invece è di certo, per armonia di linee, l’autore dell’angelo di destra (fig. 113). Suppongo sia uno di quei casi in cui i destinatari dei pagamenti non sempre coincidono con i reali esecutori delle opere e l’ipotesi diventa più plausibile se si pensa al fatto che nei lavori d’équipe non sempre vi è concordanza fra coloro che riscuotono il pagamento (a volte anche solo il capomastro) e le diverse mani impegnate nel cantiere.
21 D’onofrio 1986, p. 220.