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3. La felice stagione delle committenze Caetani

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Fig. 10. Giovanni Battista Della Porta, Monumento ad Alessandro Guarnelli, post 1591, Roma, Santo Spirito in Sassia.

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DELLA PORTA E LA CULTURA ARTISTICA DEL SECONDO CINQUECENTO

Fig. 11. Giovanni Battista Della Porta, Monumento ad Alessandro Guarnelli, post 1591, Roma, Santo Spirito in Sassia, particolare.

Fig. 12. Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord, 1513-1579, Loreto, Basilica.

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Fig. 13. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Ellespontica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.

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DELLA PORTA E LA CULTURA ARTISTICA DEL SECONDO CINQUECENTO

Fig. 14. Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla Frigia, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.

LA FAMIGLIA DEGLI SCULTORI DELLA PORTA 35

Fig. 15. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Tiburtina, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.

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DELLA PORTA E LA CULTURA ARTISTICA DEL SECONDO CINQUECENTO

Fig. 16. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Persica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete sud.

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Fig. 17. Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla Cumana, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete sud.

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Fig. 18. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Eritrea, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete sud.

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Fig. 19. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Samia, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est.

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DELLA PORTA E LA CULTURA ARTISTICA DEL SECONDO CINQUECENTO

Fig. 20. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Cumea, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est.

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Fig. 21. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Libica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete ovest.

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DELLA PORTA E LA CULTURA ARTISTICA DEL SECONDO CINQUECENTO

Fig. 22. Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla Delfica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete ovest.

LA FAMIGLIA DEGLI SCULTORI DELLA PORTA 43

Fig. 23. Tommaso Della Porta il Giovane, Profeta Balaam, 1578, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est.

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DELLA PORTA E LA CULTURA ARTISTICA DEL SECONDO CINQUECENTO

Fig. 24. Tommaso Della Porta il Giovane, Profeta Balaam, 1578, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est, particolare.

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Fig. 25. Giovanni Battista Della Porta, Profeta Isaia, 1578, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.

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Fig. 26. Tommaso Della Porta il Giovane, Deposizione di Cristo, 1600 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso.

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Figg. 27-28. Tommaso della Porta il Giovane, Sibille (Vecchio e Nuovo Testamento), 1583 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso.

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Fig. 29. Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla (Vecchio Testamento), 1583 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso.

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Fig. 30. Tommaso Della Porta il Giovane, Deposizione di Cristo, 1600 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso.

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Fig. 31. Giovanni Battista Della Porta, Cristo e due angeli, 1576, Roma, San Giovanni in Laterano, cappella Colonna (foto Pierluigi Mulas).

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Fig. 32. Giovanni Battista Della Porta, Cristo e due angeli, 1576, Roma, San Giovanni in Laterano, cappella Colonna (foto Pierluigi Mulas).

Fig. 33. Marcantonio Ciappi, altare, 1596, disegno, in Compendio delle heroiche et gloriose attioni, et santa vita di Papa Gregorio XIII, Roma 1596, p. 9.

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Figg. 34-35. Giovanni Battista Della Porta, Angelo e Cristo, 1576, Roma, San Giovanni in Laterano, cappella Colonna (foto Pierluigi Mulas).

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LA FELICE STAGIONE DELLE COMMITTENZE CAETANI

Rientrato a Roma dopo i cantieri di Tivoli e di Loreto, lo scultore proseguì la carriera sotto l’egida di illustri mecenati come i Gonzaga (Cesare, Scipione e Vespasiano) e i pontefici che si susseguirono nel ventennio 1572-1592 (Gregorio XIII, Sisto V, Gregorio XIV). Ma furono alcuni membri della famiglia Caetani ad inaugurare la felice stagione di committenze prestigiose affidate allo scultore, stranamente taciuta dal biografo Baglione1. Nell’ambiente colto e raffinato di quella corte romana, gestita in gran parte dal dotto segretario Giovan Francesco Peranda, Della Porta seppe muoversi con agio, lavorando, oltre che come ‘statuario’, anche in qualità di esperto e procacciatore di marmi antichi e lasciando miglior prova come ritrattista2. Gli studi di Laura Gori sul mecenatismo Caetani mettono in luce l’impegno della famiglia nel campo delle arti sul fronte del collezionismo delle antichità, della realizzazione di imprese architettoniche – nella decorazione delle loro residenze (da palazzo Caetani all’Orso alla villa al Quirinale, al Palazzo di Cisterna) – della promozione di cantieri scultorei. Spetta al cardinale Niccolò Caetani il merito di aver dato lustro al casato di Sermoneta, favorendo i nipoti, Enrico, Onorato IV e Camillo, nelle rispettive carriere politiche ed ecclesiastiche. In questo clima culturale – sull’esempio del mecenatismo Farnese – stimolato dal fiorire degli studi antiquari, pervaso dal gusto delle ornamentazioni policrome, secondo un’ideale continuità con il mondo aulico delle antichità classiche, i cantieri artistici promossi dai Caetani rispondevano alla progressiva tendenza della strategia di comunicazione dell’immagine del potere, e contribuirono di fatto all’affermazione del Casato. Cantieri in cui fu all’opera un’équipe eterogenea di architetti, sculto-

1 BaGlione 1642, p. 74. Laura Gori ha dedicato la sua tesi di dottorato e alcuni contributi alla committenza dei Caetani nel Cinquecento: Gori 2007, 2011, 2012. Inoltre cfr.: caetani 1933; De caro, 1973, pp. 148-155, 197-201, 205-209; lutz 1973, pp. 137-141; auriGemma 2004, pp. 198-199; neGro 2007, pp. 193-235; picozzi 2007, pp. 267-282; parlato 2009, pp. 143-164. 2 Sul Peranda vd. Gori 2011, pp. 97-106.

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ri, scalpellini, stuccatori, mosaicisti, fonditori e pittori capeggiata dal volterrano Francesco Capriani e da Giovanni Battista Della Porta e Pietro Paolo Olivieri.

Si è già discusso sui possibili intermediari che avrebbero aiutato lo scultore Della Porta a giovarsi della protezione dei Caetani e si è avanzata l’ipotesi che ciò probabilmente avvenne per il tramite dello zio Tommaso Della Porta il Vecchio. Nel contesto della corte Gonzaga di Mantova e di Guastalla Tommaso, infatti, potrebbe aver conosciuto il segretario Peranda e l’architetto Capriani entrambi poi al servizio dei Caetani. Il primo incarico assegnato al Della Porta si data all’anno 1578: si tratta della tomba del cardinale Niccolò Caetani destinata alla Basilica di Loreto e realizzata interamente a Roma sotto la vigile supervisione dello stesso cardinale (fig. 36). L’opera, montata a Loreto nel 1580, fu il risultato della stretta collaborazione fra il Della Porta e l’architetto volterrano Francesco Capriani che seppero assecondare le volontà del committente Caetani. Della Porta realizzò le due statue allegoriche poste ai lati del monumento e commissionò ad Antonio Calcagni (1536-1593) la fusione in bronzo della statua centrale del cardinale Niccolò3 . Le linee asciutte e sintetiche del volto della statua (fig. 39) rispondono allo stile severo dei ritratti dellaportiani e presuppongono forse un disegno dello scultore, come già intuito da Gelasio Caetani4. Il Caetani è raffigurato quasi di prospetto, inginocchiato su di un cuscino, con il viso rivolto verso la Santa Casa. La mano sinistra è raccolta sul petto, mentre con il braccio destro indica il tabernacolo dell’eucarestia che allora si trovava nell’altare adiacente al monumento funebre. Secondo le disposizioni del cardinale indicate dal segretario Peranda, l’opera doveva rivolgersi alla Santa Casa; disposizioni che avevano destato perplessità all’architetto Giovanni Boccalini (1520 ca.-1580)5 poiché in questa posizione la statua avrebbe voltato le spalle al Santissimo Sacramento, quanto di più inammissibile in quella Basilica. Anche il Capriani nel suo disegno aveva ideato la statua volta al Santissimo Sacramento. La soluzione finale sembra essere un compromesso fra le parti. Niccolò Caetani rivolge lo sguardo alla Santa Casa mentre con la mano destra indica il Sacramento. Nelle statue laterali, raffiguranti le virtù cristiane della Fede e della Carità (figg. 37-38, 40), Della Porta reinterpreta la scultura classica e pare allinearsi al linguaggio lagunare inaugurato dalla bottega di Jacopo Sansovino, recepito probabilmente nel corso dei suoi primi viaggi al Nord; dal paradigma veneto sembra derivare la morbidezza ariosa del panneggio della Fede.

Dopo aver realizzato per volere di Gregorio XIV il ritratto del cardinale Federico Cornaro (fig. 97) ed aver visto a Sabbioneta la statua in bronzo di Leone Leoni raffigurante Vespasiano Gonzaga, Della Porta sarà di nuovo al servizio dei Caetani

3 Sui dati archivistici cfr. schede nn. 7, 7a, 7b. 4 caetani 1933, p. 172. 5 ceccarelli 2002, pp. 162-176; firpo 1969, pp. 6-8.

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per eseguire il raffinato busto di Onorato IV Caetani (fig. 41)6. Uno State portrait, come direbbero gli anglosassoni, è ciò che realizza lo scultore7 . Onorato è esibito alla posterità con una sontuosa lorica squamata, spallacci ornati di teste leonine, la fusciacca rossa tipica dei capitani e una ricca lattuga di foggia spagnola che sottolinea i lineamenti del volto, dallo sguardo fermo e diretto. Evidente è il richiamo alla cultura antiquaria nel sapiente accostamento dei marmi policromi, nonché alla produzione contemporanea – dal naturalismo di Ludovico Lombardi (1509-1575) nel busto in bronzo di Liechtentsein alla poetica del ritratto di Roberto Altemps8 – ed il riflesso della ricercata severità decorativa delle opere di Leone e Pompeo Leoni, imperanti ritrattisti del tempo e scultori di corte di Carlo V e Filippo II di Spagna9. Della Porta e Leone Leoni lavorarono per lo stesso committente: Vespasiano Gonzaga Colonna, il primo fornì al Duca sculture antiche per la sua collezione ed eseguì poi il monumento nella chiesa dell’Incoronata a Sabbioneta (fig. 114), il secondo realizzò la nota effigie del Duca fusa in bronzo il 1574-1577 ed eretta di fronte al Palazzo Ducale nel 1588 (fig. 117)10. Le rotte di alcuni membri della famiglia Caetani s’intrecciarono con quelle di Filippo II e proprio dalla corte spagnola pare originarsi e poi diffondersi il gusto di quella cultura tardo-cinquecentesca che insegue la raffinatezza formale nei limiti della sobrietà e del decoro11 .

Onorato IV Caetani (1542-1592), duca di Sermoneta, capitano generale delle fanterie pontificie, cognato di Marcantonio Colonna, aveva combattuto tenacemente nella battaglia di Lepanto contro i Turchi (almeno sino alla seconda spedizione del 7 ottobre 1571), dimostrando la rettitudine morale del ‘buon cristiano’; ciò gli valse non solo la menzione di Torquato Tasso, fra gli italiani illustri, nei versi della Gerusalemme conquistata, ma anche il riconoscimento, tanto ambito, di Filippo II di Spagna, nell’investitura dell’ordine del Toson d’Oro (28 ottobre 1587) e, al seguito, ‘laude immortali’ di principi d’Italia e d’Europa12. I versi del Tasso e l’epi-

6 Cfr. scheda 18.

7 jenkinS 1947. 8 venturi 1936, p. 710; torreSi 1976, pp. 159-170, 167, nota 22. 9 mezzateSta 1980; urrea 1994; Gatti perer 1995; conti 1995, pp. 388-393; carrara 1998, pp. 219-225; pérez De tuDela 2000; cupperi 2005, pp. 594-598, 610-612; SchröDer 2012. 10 mezzateSta 1980, pp. 267-278.

11 checa cremaDeS 1992; iD. 1998; pérez De tuDela 2000, pp. 249-266; maroto, in checa cremaDeS 2001, pp. 11-41. 12 AC, Fondo generale, 3029, 28 ottobre 1587. Il conte Enrico Olivares de Guzman comunica al cardinale Enrico Caetani che Filippo II ha concesso ad Onorato il Tosone d’oro. De caro 1973, pp. 205-209: 207. Nel 1613 il cardinale Bonifacio Caetani ricordava in merito al titolo che: «Il Tosone fu gran mercede a nostro padre (Onorato) perché l’hebbe in tempo che il Re non l’havea dato se non a principi liberi in Italia et in Roma a Marc’Antonio Colonna et al conte di S.to Fiore in Napoli alli principi di Bisignano et di Solmona et al marchese del Vasto. Ma hora (1613) l’hanno havuti molti che i più in quel tempo erano cavalieri privati». Il passo è citato in caetani 1933, p. 183, nota a.

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sodio della vittoria a Lepanto del duca Onorato, si rileggono simbolicamente sullo sfondo della pala marmorea (1597-1599) di Pietro Paolo Olivieri nella cappella Caetani in Santa Pudenziana a Roma: le vele delle galee si dispiegano fra le onde e al di sopra trionfa, con la corona d’alloro, l’aquila gloriosa, emblema del casato Caetani. Sebbene sia noto che il Tasso ebbe buoni rapporti con i figli di Onorato, Antonio e Bonifacio, la menzione del Caetani nel poema si spiega probabilmente in quella forte adesione alla fede cattolica che animò tanto il poeta, nella revisione del suo poema, quanto il capitano nell’impresa bellica13. Fede che affiora dal racconto godibile, questa volta di Onorato, della battaglia di Lepanto, nelle lettere scritte allo zio, il cardinale Niccolò Caetani, in cui il duca decantava la sua armata, in toni da epopea, come la più bella che mai sia stata ai tempi dei cristiani. E facendosi portavoce delle raccomandazioni di Pio V, Onorato riferiva allo zio che sopra le galee non si sarebbero condotti giovani senza barba né si sarebbe bestemmiato, perché «le genti di Sua Santità dovevano vivere con tanto zelo di religione e di bontà che dovevano essere esempio a tutti gli altri»14. Messe e benedizioni, presagi celesti e profezie si reiterano nel racconto, quasi nel ricorso all’elemento poetico tassesco del ‘meraviglioso cristiano’. Il segretario di Onorato, Muzio Manfredi, si compiaceva dello spettacolo offerto dall’armata del suo signore e, nel giugno del 1571, scriveva a Giovan Francesco Peranda, segretario di Niccolò:

«Il signore [Onorato Caetani] non si armò quella mattina, ma ieri nella mostra della compagnia di Sua Eccellenza si fe’ vedere armato in compagnia del signor Michele [Bonelli]; e certo chi non lo vide in quel suo abito di raso bianco, sotto quelle armi che sono certo belle, e con la picca in spalla, ha perduto di vedere una cosa rara»15 .

Il ritratto in arme di Onorato restituito dal Manfredi agevola la lettura formale del busto in marmi colorati dello stesso Onorato (fig. 41) realizzato da Giovanni Battista Della Porta, probabilmente dopo il 1592, a celebrazione del duca dopo la sua morte. Costruito in un sapiente equilibrio cromatico, il ritratto restituisce l’effigie del duca in una forma più duratura e tangibile di quanto avrebbe fatto un corrispettivo in pittura, e si annovera fra i pochi busti in marmo della ricca collezione di ritratti dei Caetani. I lineamenti del viso, leggermente volto a sinistra, disegnano l’imperturbabilità del condottiero valoroso. La barba, segno di virilità e rettitudine morale secondo Pio V, è costruita con brevi segni interrotti di scalpello, meno profondi sulle guance e più incise sul mento. Le arcate sopraciliari accentuano i grandi bulbi oculari, l’iride è cesellata da una doppia trapanatura. La fattura accurata

13 caetani 1933, pp. 181-182. 14 carinci 1893, p. 16. 15 Ibidem, p. 21.

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della medusa scolpita sul petto, che doveva essere nascosta dal toson d’oro (fig. 44), presuppone la realizzazione del busto per sovrapposizioni dei materiali. La collana in marmo giallo, a maglie quadrate e ovali, sarebbe dovuta terminare con il vello d’oro: un ciondolo a forma di ariete simbolo dell’onorificenza del toson d’oro, oggi disperso. Una foto pubblicata nella Domus Caietana, dimostra che fino al 1933 il busto era ancora provvisto del prezioso ciondolo (fig. 42)16 .

A contatto con il raffinato ambiente di corte Caetani, in quel momento filospagnolo, venne rafforzandosi nello scultore una certa sensibilità per il particolare decorativo come dimostra il trattamento analitico e la rifinitura attenta delle superfici. Non sarà insensato ricordare che fu proprio il fratello di Onorato, Camillo Caetani, inviato come nunzio apostolico in Spagna (1593-1600), a consacrare la chiesa di San Lorenzo all’Escorial (30 agosto 1595) dove ancora oggi si conservano le opere leoniniane17. Camillo Caetani ebbe contatti con la famiglia Della Porta risolvendo le trattative economiche con i fratelli di Giovanni Battista, Tommaso e Giovanni Paolo, per le commissioni eseguite dallo scultore18. Enrico e Camillo intrapresero la carriera ecclesiastica sulle orme dello zio, il cardinale Niccolò Caetani che ottenne il porporato da adolescente, grazie al papa Paolo III Farnese, cugino in primo grado del padre Camillo Caetani. Enrico divenne cardinale nel 1585 e fu affiancato dal fratello Camillo nella legazione in Francia. Camillo ottenne la nunziatura in Spagna e non spezzò mai il legame con la corte romana stabilendo un intenso dialogo epistolare con Enrico, il nipote Pietro (figlio di Onorato IV Caetani), e il cardinale Pietro Aldobrandini19 .

Il legame diretto di Camillo Caetani con Filippo II, la nobiltà composta e severa che si ravvisa anche in alcuni ritratti pittorici dei membri Cateani (Enrico e Pietro) di derivazione pulzonesca, le tangenze stilistiche con le opere di Leoni sono dati che possono almeno in parte spiegare l’eco di una cultura spagnoleggiante nella produ-

16 caetani 1933, p. 129. 17 Sulla nunziatura in Spagna vd. ibidem, pp. 287-299. Presso l’Archivio Caetani di Roma si conserva un minutario di lettere scritte dal patriarca Camillo Cateani al cardinale Pietro Aldobrandini relative agli affari della nunziatura. AC, Miscellanea, 63 bis, 20061: «All’Ill.mo Card.nale, 9 settembre 1595, Addi 30 di agosto fu consacrata la chiesa di San Lorenzo et durante la cerimonia sua maestà fu sempre presente, et dui altri giorni fece il medesimo alla consacrazione di dui altri altari, hora sedendo, hora in piedi, et mi pare, et nilli altri mi parse di trovarlo con buon colori et con carne nel viso, si bene mi li gambe et pridi la debolezza evidente, fra un mese li partirà dall’escuriale». In un’altra lettera di Camillo del 5 settembre 1595 si legge: «Alli 26 del passato andai a S. Lorenzo perché S.M.tà mi fece dire che voleva che io facessi la dedicatione di quella chiesa, come ho fatto. Mi son trattenuto là dieci giorni, perché oltre la Chiesa, ha anco bisognato consacrare alcuni altari. L’attione è stata fatta con ogni solennità, et S.M.tà ha voluto sempre star presente ad ogni cosa. Ho avuto audienza molto comodamente, et ho trattato de negotii» (AC, Fondo generale, 23655, 22028). 18 Doc. 105. 19 De caro 1973, pp. 148-155; lutz 1973, pp. 137-141.

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zione più tarda di Della Porta. Probabilmente egli aveva osservato attentamente le rifiniture della statua in bronzo di Vespasiano Gonzaga a Sabbioneta fusa da Leone Leoni nel 1574-1577 (fig. 117). Lo stesso zio Tommaso Della Porta il Vecchio – vero e proprio maestro dello scultore – pare avesse avuto in mano una medaglia di Leoni (1556) per poter realizzare il proprio ritratto in marmo di Ferrante Gonzaga (ca. 15611562, fig. 8)20. In occasione dei suoi ripetuti ritorni in patria Della Porta potrebbe aver osservato anche il celebre monumento del Medeghino realizzato da Leoni e ora nel Duomo di Milano. Il panneggio della fusciacca di Onorato che si dispiega in un elegante nodo dimostra un’acquisita dimestichezza dello scultore nel trattamento delle superfici rispetto ai ritmi ‘normalizzati’ delle vesti delle sibille lauretane. La manifattura del busto di Federico Cornaro (1591, fig. 97) credo vada anteposta al busto del Caetani che rivela una più acuta maturità nelle cesellature. Prendendo come termine post-quem la costruzione del monumento sabbionetano e il busto Cornaro, la forbice cronologica per la datazione del ritratto di Onorato si stringe sullo scadere del 1592, pertanto dopo la morte del Caetani (9 novembre 1592)21 .

In quella stessa occasione Della Porta fu incaricato di realizzare anche la lastra tombale (fig. 45) del duca Onorato decorata con placchette bronzee raffiguranti trofei militari (1592); la lastra fu dapprima destinata alla chiesa di Santa Maria della Vittoria a Sermoneta (ora nella navata sinistra della Basilica di Santa Pudenziana) insieme ad un elegante stemma (fig. 46) realizzato dallo scalpellino Marcantonio Buzzi (ora nella sala grande del castello di Sermoneta)22 .

Il cardinale Enrico Caetani appena fu nominato canonico di Santa Pudenziana (15 gennaio 1586) ne avviò lavori di ristrutturazione edificando il sacrario di famiglia (fig. 48) sul luogo più antico della basilica23. Sontuoso esempio di architettura

20 Il busto di Tommaso Della Porta il Vecchio è pubblicato da GaSparotto, in BarBieri - olivato 2007, p. 132, n. 83. In una lettera del 16 agosto 1556, indirizzata al Leoni, Ferrante Gonzaga ringraziava l’artista per la medaglia (plon 1887, pp. 127, 267). Sulla medaglia di Leone Leoni si leggono le seguenti iscrizioni: r/: «FER · GONZ · PRAEF · GAL · CISAL · TRIB · MAX · LEGG · CAROLI · V · CAES · AVG», v/: «TV NE CEDE MALIS». attwooD 2003, vol. 1, pp. 108-109, nn. 50-51; zanuSo, in franGi - moranDotti 2002, p. 74, n. 13. 21 De caro 1973, p. 208. 22 Scheda 19. 23 Come scrisse anche Felini: «Questa Chiesa (…) essendo molto mal ridotta, Henrico Cardinal Caetano Titolare di questa la rinovò del tutto, non sparagnando à spesa alcuna, facendovi una Cappella tanto nobile, e magnifica, tenuta delle più belle di Roma, la quale ha più dell’Imperiale, che del Cardinalicio, e elesse quella per se, e suo fratello Patriarca per sepoltura, la tavola dell’Altare è di marmo di basso rilievo di mano dell’Olivieri, la quale rappresenta l’adorazione delli tre Magi, opera molto bella, vicino alla pradella di quest’Altare vi è una graticola d’ottone, sotto la quale vi è la forma d’un Hostia con segno di sangue, per rispetto d’un Prete, il quale celebrando dubitò se in quell’Hostia vi fosse il vero corpo di Christo, e mentre stava in tal dubbio, l’Hostia gli sfuggì di mano, e cadde in terra lasciandovi quel segno» (felini 1610, pp. 188-189).

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privata, riflesso del gusto antiquario del committente, la cappella balza agli occhi del visitatore inavvertito dalla sobrietà della basilica che la accoglie e conserva ancora oggi l’assetto seicentesco progettato dall’architetto Carlo Maderno in quella fase dei lavori definita da Oreste Ferrari «il secondo tempo della cappella Caetani»24. Dal ruolo di scultore e ritrattista, Giovanni Battista Della Porta è ora chiamato in veste di ‘marmista appaltatore’ dovendosi occupare del rivestimento marmoreo della cappella per il quale elaborò un importante progetto di decorazione a commesso25. Ancora oggi è possibile ammirare il fastoso arredo di rilievi e intarsi marmorei inseriti nell’ossatura di fasce e lesene che raffigurano aquile con panni (fig. 51), angeli con serti, elementi ovali, croci con monti, vasi con spugne e sangue di Cristo (fig. 52), sull’esempio dell’antica tecnica dell’opus sectile. Nei disegni dell’architetto Capriani, conservati a Stoccolma, tale decorazione non era prevista, salvo cartelle ed «ovati» schematici appena accennati; pertanto la presenza dello scultore fu decisiva anche nella fase progettuale dell’ornamentazione26. Celebri sono inoltre le colonne di lumanchella che incorniciano l’altare messe in opera da Della Porta come riferito in una lettera di sua mano27. Da un’altra lettera del 22 ottobre 1594, questa volta scritta dal servitore Fabio Angelico al cardinale Enrico, in quel momento a Cisterna, si chiarisce lo stato dei lavori della cappella:

«A Santa Pudenziana è finito il pilastro quando si entra a man dritta, et lunedì se gli mette il Capp.ello, ‘altro di contro è mezzo fatto, e si lavora. Il pilastro all’altare a mano dritta è finito, et è messo anco tutta la breccia in opera conto. L’altare, che fa bellissima vista, da tutte e due le bande, et l’altro pilasteo ne è fatto un quarto: talche spero la settimana che viene saranno a buon posto tutti doi li mezzi fatti. La pidocchiosa da metter canto le sepolture, si sega con buona diligenza et le armi ancora si lavorano, et già se il lapislazzaro a lavorare all’orefice in Strada Giulia, per commetterlo nel campo dell’aquile sono a bon termine. La Colonna della contessa di Santa Fiora, come dissi fu segata, et lunedì si metterà mano per pigliare quello che bisognerà: altro non ho che dire a Vostra Signoria Illustrissima et humilmente le bacio le mani, che Dio la conservi sana»28 .

La trabeazione e il timpano spezzato coronano l’altare sul quale è posta la pala marmorea di Pietro Paolo Olivieri; sul fine bassorilievo è raffigurata l’Adorazione dei Magi con un ampio paesaggio marino che si apre nel fondo29. Giovanni An-

24 ferrari 1996, pp. 73-80. 25 Appellativo datogli da caetani 1933, p. 325. Sulla cappella si rimanda ai contributi recenti di parlato 2009, pp. 143-164; Gori 2012, pp. 263-298. 26 cozzi Beccarini 1976, pp. 143-158. 27 Doc. 90. 28 ACR, Fondo generale, 71938. 29 L’opera fu rifinita dai parenti dello scultore fra i quali Marcantonio Olivieri e lucidata nell’agosto 1599 da un tal Giovanpietro lustratore. caetani 1933, p. 325.

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tonio Paracca detto il Valsoldino, contribuì anche alla decorazione marmorea, fu autore di due angeli in marmo, di uno stemma, di un bassorilievo posto in uno dei monumenti sepolcrali con al centro un serafino e ai lati festoni e aquile30 . Come scrive Gelasio Caetani nei primi anni del Seicento lo scultore Guglielmo Mido scolpì il cherubino in marmo con due aquile, posto sulla sepoltura di destra, simile a quello eseguito dal Valsoldino, sopra la sepoltura di sinistra31. Alla cappella lavorò anche lo scalpellino Francesco de’ Rossi (documentato a Roma fra il 1577-1605)32. Il 29 aprile 1601 viene pagato Matteo Castello per l’epitaffio della sepoltura del cardinale Enrico33. Fra gli stuccatori invece, Stefano Fucheri e Ambrogio Buonvicino lavorarono rispettivamente agli stucchi che incorniciano i mosaici della volta e alle armi. Molti anche gli scalpellini, scultori e fonditori che parteciparono all’impresa i cui nomi sono stati recuperati da Laura Gori34. È presente Bastiano Torrigiani (ca. 1542-Roma 1596) impegnato nella realizzazione di alcuni capitelli di bronzo, gli scalpellini Marco Stati, Francesco de’ Rossi, Stefano Longhi, Pace Naldino, Matteo Castello, Stefano Buzio35. Un’équipe eterogenea dunque per la più impegnativa e onerosa impresa Caetani diretta da Francesco Capriani per la struttura architettonica, Stefano Fucheri, Ambrogio Buonvicino per la decorazione in stucco e da Giovanni Battista Della Porta per l’arredo marmoreo.

Se per i nomi dei principali collaboratori ci affidiamo alle annotazioni segnate sul Libro Mastro, altre fonti c’informano della partecipazione dei fratelli di Gio-

30 Come attesta il documento datato 11 novembre 1600, recante la stima effettuata da Giovanni Battista Bianchi e Silla Longhi: cozzi Beccarini 1976, pp. 153, 158; sul Valsoldino cfr. Di

Giammaria 2010. 31 I lavori furono stimati da Silla Longhi e Carlo Maderno, le sculture probabilmente andarono distrutte nel 1668 quando alla tomba del patriarca Camillo fu sostituita quella del duca Filippo: caetani 1933, p. 325. 32 lomBarDi, in maDonna 1993, p. 556. 33 Documentato a Roma fra il 1588-1612 e in Polonia nel 1632 (ACR, Fondo generale, 153168); su Matteo Castello cfr. lomBarDi, in maDonna 1993, p. 554. Nelle quattro nicchie ai lati dei due monumenti sepolcrali si trovano le statue delle virtù cardinali: la Prudenza (del lorenese Claude Adam), la Fortezza (Giovanni Antonio Mari), la Giustizia (Vincenzo Felici) e la Temperanza (Carlo Malavista) tutte eseguite verso il 1650. montini 1959, n. 50, p. 81. 34 Fucheri è documentato a Roma dal 1581 al 1598 (lomBarDi, in maDonna 1993, p. 558). Buonvicino (Milano 1522-Roma 1622) vd. ibidem, p. 553 oltre al contributo di Durini 1958, pp. 98-104. 35 Su Torrigiani: lamouche 2012, pp. 203-223. Su Longhi: fratarcanGeli 2003, pp. 103-104. Su Matteo Castello, Francesco De’ Rossi, Pace Naldino (Firenze?-documentato a Roma 1567-1596) cfr. le voci: lomBarDi, in maDonna 1993, pp. 554, 556, 551; su Stefano Buzzi (1563-a Roma sino al 1610) cfr. fratarcanGeli 2003, pp. 96-97. Come sottolinea Gori, gli scalpellini s’impegnarono anche nell’accurata ricerca dei marmi che impreziosirono il sacello: Gori 2012, p. 272.

LA FELICE STAGIONE DELLE COMMITTENZE CAETANI 61

vanni Battista al cantiere36. Le stime intestate al Cavaliere o ai fratelli, suoi eredi, mostrano la straordinaria varietà dei marmi impiegati, e le alte cifre riportate in calce (scudi 3366; scudi 4751,60; scudi 1066) attestano l’importanza di una tale opera nel quadro complessivo della sua attività.

Della Porta fu affiancato da Pietro Paolo Olivieri in qualità di supervisore: la collaborazione era stata già sperimentata nei cantieri sistini37. Senza dubbio un ruolo di primo piano nell’impresa fu rivestito dal segretario di Casa Caetani, Giovan Francesco Peranda, sempre attento nel vigilare i lavori, anche lui impegnato nel recupero di marmi38 .

Solo il clima culturalmente elevato della corte Caetani – sull’esempio Farnese – avrebbe potuto attirare a sé una cerchia di dotti ed esperti d’antichità impegnati nella ricerca dei materiali più pregiati dando al sacello l’aspetto armonico e maestoso che tuttora conserva. Gremita di marmi e di sculture, la cappella Caetani può essere considerata ancora oggi uno dei più alti esempi di cultura tardo-cinquecentesca romana, espressione delle alte ambizioni della committenza.

In questo cantiere s’inserirono, probabilmente, due giovani scultori: il vicentino Camillo Mariani (Vicenza 1567-Roma 1611) e il lorenese Nicolas Cordier (Lorena 1567-Roma 1612)39. Secondo l’ipotesi di Maria Teresa De Lotto, rapporti di amicizia univano i Caetani ai Gualdo (primi committenti del Mariani), confermati dalla presenza di un ritratto del cardinale Caetani nel Palazzo Gualdo di Vicenza. Forse per il tramite del cardinale Enrico Caetani e Camillo Mariani entrerà nella bottega di Pietro Paolo Olivieri in quel momento impegnato nel cantiere di Santa Pudenziana40 .

Il tramite invece per Nicolas Cordier fu probabilmente lo stesso Giovanni Battista Della Porta. L’ipotesi di Sylvia Pressouyre è argomentata sulla base di Lanciani e Moroni che fra gli scultori presenti nel cantiere ricordano un «lorenese»41 .

Nell’ambito dei cantieri promossi dai Caetani in cui fu coinvolto il Della Porta, la costruzione della cappella di Santa Pudenziana non fu un episodio isolato. Un

36 Ai fratelli furono intestati molti pagamenti per la risoluzione delle trattative con la famiglia Caetani: docc. 99, 100, 103, 108-110). 37 Secondo una notizia che la studiosa Marcucci desume da Lanciani, Pietro Paolo Olivieri potrebbe esser stato coinvolto nella realizzazione di una delle quattro fontane del qaudrivio per via dei rapporti tra i Mattei e lo scultore. Marcucci aggiunge poi che nel 1588 alcuni pezzi del Settizonio furono portati dal carrettiere, pagato dai deputati alle fabbriche capitoline a casa dei «due scultori cavaliere Della Porta e Pier Paolo Olivieri per servitio del popolo romano» (in marcucci 2007, pp. 95-139: 129). Credo il cavaliere Della Porta non sia da identificare con Guglielmo (che non ebbe l’onorificenza) ma con Giovanni Battista, viste anche le collaborazioni con Olivieri. 38 Gori 2011, pp. 102-103. 39 De lotto 2008, pp. 21-223; preSSouyre 1984. 40 De lotto 2008, pp. 58-60. 41 preSSouyre 1984, p. 77.

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dato archivistico avvalora l’ipotesi che Della Porta possa aver preso parte della decorazione marmorea della cappella Orsini-Caetani nella chiesa della Santissima Trinità dei Monti a Roma (fig. 53). Si tratta del mandato di pagamento, datato 22 dicembre 1601, in cui veniva stabilito che i fratelli di Della Porta, Tommaso e Giovanni Paolo, avrebbero dovuto ricevere dai Caetani più di mille scudi per i lavori «tanto fatti dal detto Cavaliero [scil. Giovanni Battista Della Porta] vivente quanto da detti soi fratelli dopo la sua morte», e cioè: la lapide con inserti in bronzo per la sepoltura di Onorato IV Caetani, i marmi per la cappella in Santa Pudenziana e «quanto fatto» per la cappella in Trinità dei Monti42. Rappresentante e firmatario di parte Caetani era Camillo Caetani (1552-1602), patriarca d’Alessandria, terzogenito di Bonifacio Caetani e Caterina Pio di Savoia, fratello di Onorato IV ed Enrico43. Camillo fu nunzio apostolico in Spagna a partire dal 1592, rientrò a Roma nel giugno del 1600, ed essendo il membro più anziano della famiglia si dedicò quasi esclusivamente all’amministrazione dei beni del casato e al risanamento delle finanze. Fu dunque Camillo a saldare con gli eredi di Della Porta i conti lasciati in sospeso dai fratelli. Ai lati della cappella Orsini-Caetani si conservano ancora oggi le sepolture di Cecilia Orsini e Rodolfo Pio da Carpi (figg. 54-55). Cecilia Orsini (1493-1575) era la nonna (di ramo materno) di Camillo, Enrico ed Onorato IV Caetani. La loro madre, Caterina Pio di Savoia, era infatti figlia di Cecilia Orsini e Alberto III Pio da Carpi, zio quest’ultimo del noto collezionista il cardinale Rodolfo Pio da Carpi44. Nei confronti di Cecilia il nipote Rodolfo Pio, essendo rimasto orfano di madre in tenera età, dimostrò un affetto filiale. Rodolfo ebbe cura, infatti, di dotare e maritare le figlie di Cecilia e ordinò nel suo testamento di essere sepolto accanto alla sua «amatissima zia» nella Chiesa della Santissima Trinità dei Monti45. Cecilia morì alla veneranda età di ottantadue anni e fu sepolta di fronte alla tomba del nipote Rodolfo. Tornando al documento del dicembre 1601, il pagamento ai fratelli Della Porta sarebbe avvenuto tramite un mandato del banchiere Settimio Olgiati, originario di Como. Più avanti si specifica che il pagamento era relativo: «tanto per colonne, quanto per lapide, sepultura Cappella della Santissima Trinità et Santo Pastore, per qualsivoglia altra sorte di pietre lavori opere, et fatture, et mercede di qualsivoglia sorte tanto fatti dal detto Cavaliero vivente quanto da detti soi fratelli dopo la sua morte»46. Le colonne citate nel documento potrebbero essere identificate con quelle utilizzate

42 Doc. 105, c.1v. Cfr. scheda 5. 43 lutz 1973, pp. 137-141. 44 caetani 1933, p. 47. Per un approfondimento su Rodolfo Pio da Carpi: roSSi 2004 in part. il contributo di zanot 2004 alle pp. 85-108. 45 Ibidem, p. 87. 46 Doc. 105, c.1v.

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