PALAZZO CAETANI Bollettino della Fondazione Camillo Caetani 7-8 (2019-2020)

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FONDAZIONE CAMILLO CAETANI ROMA

Presidente Antonio Rodinò di Miglione Vicepresidente Piero d’Amelio

Consiglio Tommaso Agnoni, Massimo Amodio, Luciano Arcangeli, Rita Cassano, Piero d’Amelio, Marina Formica, Lelio Fornabaio, Andrea Gentiloni, Duccio K. Marignoli, Maria Cristina Misiti, Cesare Pasini, Lucia Pirzio Biroli Stefanelli, Antonio Rodinò di Miglione, Bruno Toscano Giunta Antonio Rodinò di Miglione, Piero d’Amelio, Luciano Arcangeli, Andrea Gentiloni, Bruno Toscano

Via delle Botteghe Oscure, 32 – 00186 Roma Tel. 06 68 30 73 70 info@fondazionecamillocaetani.it www.fondazionecamillocaetani.it


PALAZZO CAETANI Bollettino della Fondazione Camillo Caetani

7-8 (2019-2020)

EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA


PALAZZO CAETANI Notiziario periodico

Direttore: Bruno Toscano Redazione: Rita Cassano, Caterina Fiorani, Giovanna Sapori, Massimiliano Tortora

Le schede non firmate sono a cura della redazione.

Edizioni di Storia e Letteratura via delle Fornaci 38, 00165 Roma Tel. 06.39.67.03.07 – Fax 06.39.67.12.50 e-mail: redazione@storiaeletteratura.it

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Sommario

 Un saluto e un augurio (anzi due) (A. Rodinò di Miglione), 7 studi in corso

Luoghi, dinamiche e strutture del monachesimo medievale sui monti Lepini (Giovanni Barco) 9; Notizie inedite sulla storia di palazzo Mattei Caetani «alle Botteghe Oscure» (Giulia Marzani) 11; Bandini, una famiglia tra Francia, Italia e Algeri (Antonino Campagna) 16; La famiglia Caetani e la famiglia Leopardi (Chiara Rotondi) 19; Gli album fotografici della famiglia Caetani (Adele Milozzi) 21; Cisterna agli inizi del XIX secolo: un esempio di Historical GIS per la ricostruzione degli antichi assetti territoriali (Diego Gallinelli) 31

 acquisizioni

Savants et découvertes: la Biblioteca di Giovannella Caetani Grénier (Dario Beccarini), 36

 Le collane, 38; Schede di libri, 40; Archivio, 42; Laboratori e Convegni, 49; Mostre, 56; Attività in collaborazione, 57; Borse di studio, 62; Rapporto statistico sito web, 63

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Un saluto e un augurio (anzi due)

L’uscita di questo numero del nostro Bollettino – numero doppio, per gli anni 2019 e 2020 – mi offre l’occasione di formulare un saluto e un augurio (in realtà, come si vedrà, gli auguri son due ma il secondo non è che un corollario del primo). Un saluto anzitutto, per seguire un ordine cronologico e non certo di importanza: è il primo numero che esce dopo la mia elezione a presidente della Fondazione, il 18 dicembre 2018, e desidero quindi, insieme al ringraziamento al Consiglio che mi ha eletto, rivolgere qui il mio saluto più cordiale agli amici della Giunta e del Consiglio stesso, ai nostri collaboratori e a tutti coloro che seguono le attività della Fondazione Camillo Caetani. E veniamo all’augurio: è rivolto di tutto cuore e a nome di noi tutti a Bruno Toscano che il 6 aprile 2020 ha compiuto 90 anni, lieta e importante ricorrenza che avremmo voluto degnamente festeggiare, ma che purtroppo la pandemia che ci ha afflitto, e ancora ci affligge sia pure come tutti auspichiamo andando ad esaurirsi, lo ha impedito. Auguri Bruno, per la tua attività che, anche se hai voluto lasciare la presidenza, è tuttora essenziale alla Fondazione di cui resti validissimo componente della Giunta, e soprattutto auguri per tutto quello che desideri. Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

I dieci anni di presidenza di Bruno Toscano hanno rappresentato, per suo impulso, un momento di crescita della Fondazione. La storia di essa è ormai lunga: sono 65 anni dalla sua istituzione nel 1956 da parte di Roffredo Caetani, duca di Sermoneta, per ricordare il figlio Camillo caduto in Albania nel 1940, e questa ricorrenza meriterebbe che – sia pure in ritardo – le si dedicasse, più che una celebrazione, un momento di ricordo e approfondimento, traendone spunto per una sempre maggiore e migliore attività; e lo si potrebbe fare in uno dei nostri Laboratori del prossimo 2022. All’iniziale presidenza del Fondatore, rimasta in realtà virtuale, hanno fatto seguito, da quando la Fondazione ha iniziato ad operare, quella della figlia Lelia (1964-1977), del marito di lei Hubert Howard (1977-1985), di Giacomo Antonelli (1985-2007), e quindi la brevissima presidenza di Gian Paolo Zanchini di Castiglionchio (20072008), purtroppo interrotta dalla sua scomparsa, e l’interim di Giacomo Antonelli in attesa della nuova elezione. Sotto la guida di costoro la Fondazione ha preso forma – sostanzialmente quella che ancor oggi vediamo, e tuttora nella sede allora assegnatale – e ha iniziato ad agire secondo le li7


nee tracciate nell’Atto costitutivo, sia con l’attività di conservazione e tutela del patrimonio immobiliare e soprattutto morale e documentario affidatole dal Fondatore, e poi da donna Lelia nel suo testamento, sia con l’attività culturale volta a far conoscere e proseguire l’opera condotta in questo campo da quelli che chiamiamo, con un certo eufemismo, i Caetani contemporanei: Leone, islamista, Gelasio, storico della Famiglia e riordinatore dell’Archivio, e lo stesso Roffredo, musicista. Continuando ad adempiere fedelmente a queste finalità, la presidenza di Bruno Toscano ha portato tuttavia ad una maggiore caratterizzazione della Fondazione come istituto culturale, potremmo dire ‘a tutto campo’, e ne ha ampliato la sede con due sale ed una saletta, una delle quali accoglie, in una bella sistemazione, la Biblioteca di Marguerite, mentre l’altra è stata attrezzata per lo svolgimento dei Laboratori e la saletta utilizzata per piccole esposizioni. In quest’opera di valorizzazione si inquadra anche la cura– come mai era stato fatto prima – del patrimonio artistico lasciato dalla Famiglia, oltre che promuovendone studi restaurando importanti opere: dall’impegnativo intervento sul fregio affrescato da Brill e collaboratori e sul cinquecentesco soffitto ligneo inta-

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gliato del salone del piano nobile, affittato come residenza dell’Ambasciatore del Brasile presso la Santa Sede, se non il più ampio certo tra i più belli delle residenze aristocratiche romane, ai restauri dei dipinti della Calunnia di Federico Zuccari, della Deposizione dello Stomer, per citarne solo i più rilevanti, e di molti altri quadri e ‘pezzi’ di arredo, tutti testimoniati nei precedenti numeri del nostro Bollettino. Sono queste le linee su cui ho cominciato e desidero continuare a muovermi, nel rispetto delle ovvie differenze che, pur nella piena consonanza di intenti, vi sono per formazione ed indole tra ognuno di noi, ed è questo il secondo e conclusivo augurio che formulo: di riuscire con l’aiuto degli amici della Giunta e del Consiglio, soprattutto con quello prezioso di Bruno, e con il sostegno dei nostri validi collaboratori, a continuare, possibilmente ampliandola (e penso in particolare alle nuove opportunità – ma anche alle sfide, a volta spinose – che i nuovi media informatici offrono, per una maggiore conoscenza e consultabilità del nostro Archivio) l’opera iniziata e portata avanti soprattutto nell’ultimo decennio dalla Fondazione Camillo Caetani. Buon lavoro a noi tutti! Antonio Rodinò di Miglione


Studi in corso Luoghi, dinamiche e strutture del monachesimo medievale sui monti Lepini La ricerca in corso, svolta nell’ambito del dottorato di ricerca in Storia, territorio e patrimonio culturale dell’Università degli studi Roma Tre presso l’Università di Roma Tre, affronta tematiche legate alla cultura materiale dei siti monastici sui monti Lepini, con particolare attenzione agli insediamenti presenti nella porzione occidentale della catena montuosa. Il lavoro si basa su campagne di raccolta in situ di dati materiali utili – ritengo – a tratteggiare una più dettagliata storia del monachesimo medievale, in questa porzione del Lazio meridionale. Si tratta di indagini che non presuppongono attività di scavo, incentrandosi sull’acquisizione di planimetrie, sul rilievo delle murature superstiti e sulla ricognizione intensiva presso tutti quei siti che sono noti solamente attraverso scarne attestazioni documentarie. La ricerca può beneficiare di una solida e ricca storia degli studi e su repertori di fonti documentarie già pubblicati, ma registra, oltre ad una notevolissima rarefazione di quelle antecedenti al XII secolo, una certa standardizzazione delle tematiche riguardanti il monachesimo medievale. Proprio i dati relativi alla cultura materiale, architettonica e artistica, Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

potrebbero dare nuove prospettive al dibattito sul territorio lepino. Attualmente i siti rinvenuti e sui quali sono stati eseguiti sopralluoghi sono tredici, fondati tra XI e XIII secolo e distribuiti nei territori comunali di Cori, Cisterna, Norma, Sermoneta, Carpineto, Bassiano, Sezze e Priverno. Questi occupano posizioni di sommità, in grotta o valle e in molti casi ripetono scelte stanziali che possono essere riscontrate in epoche precedenti, fin dall’età pre-protostorica: un aspetto della ricerca è effettivamente legato alla geografia del sacro in epoca medievale e a quanto questa si sovrapponga alla distribuzione demica propria di altre epoche; tutto ciò permette di dare spazio al tema delle dinamiche insediative nel territorio montano, di leggerne le costanti e le peculiarità. In particolare la ricerca affronta temi legati alle tipologie murarie reperibili sul territorio, implementando i casi recensiti nel corpus già esistente (D. Fiorani, Tecniche costruttive murarie medievali. Il Lazio meridionale, Roma 1996), e offre l’occasione di cogliere nel dettaglio gli interventi apportati negli insediamenti per i quali può documentarsi la successione di più fasi edilizie. Un esempio è fornito dalle tipiche architetture modulari di 9


scuola cistercense che si impongono, nel corso del XIII secolo, sulle strutture già esistenti nell’abbazia della Trinità di Cori (G. Barco, La Trinità di Cori e l’archeologia del monachesimo in territorio lepino, in Cori nel Medioevo, c.s.) o nel sito di Valvisciolo in territorio Carpinetano (G. Caetani, Regesta Chartarum I, p. 31 n. 1416; F. Caraffa, I monasteri medievali nella parte Nord-orientale dei Monti Lepini, «Bollettino dell’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale», XI, 1983, pp. 47-50): queste, leggibili al livello planimetrico, offrono supporto alla formulazione di una cronologia relativa, interna all’insediamento monastico, e a proporre datazioni assolute per le fabbriche del sito stesso. Più a sud, alcuni insediamenti che gravitano intorno alla valle dell’Amaseno come San Salvatore di Mileto a Roccasecca dei Volsci e Monte S. Angelo nel territorio di Priverno (O. Bucarelli, Insediamenti monastici nella media valle dell’Amaseno, in Le valli dei monaci. Atti del Convegno internazionale di studio, Roma-Subiaco, 17-19 maggio 2010, a cura L. Ermini Pani, Spoleto 2012, pp. 909-940) consentono di apprezzare realizzazioni murarie con paramento in opus mixtum pertinenti all’XI secolo che, in attesa di una più approfondita ricerca che le metta in rapporto alle poche testimonianze – più antiche – note in area umbra (Otricoli) e ostiense, sembrano mostrare una derivazione da modelli di murature di età imperiale reperibili in loco. Un altro aspetto legato allo studio 10

delle murature tocca la tematica delle finiture: gli intonaci a falsa cortina dipinta, nella Trinità di Cori o presso S. Maria al Monte Mirteto, spingono a cercare la presenza di questa tipologia di decorazione in tutti gli insediamenti dove sono riscontrabili interventi di scuola cistercense e la cui diffusione può essere osservata con forme simili negli ambienti di Valvisciolo di Sermoneta, a Subiaco, nel chiostro cosmatesco dell’abbazia di Santa Scolastica e in un’ampia casistica in tutto il territorio centro italico, molto diffusa anche oltralpe (D. Fiorani, Finiture murarie e architetture nel Medioevo. Una panoramica e tre casi di studio nell’Italia centromeridionale, Roma 2008, pp. 41-52). Il recente rinvenimento di un affresco finora inedito, pertinente all’insediamento di Colle Sant’Ermo, sulla cima dei colli Seiani presso Priverno, conferma l’importanza delle ricognizioni in situ per la ricerca in corso. Disposti sulla volta di una piccola cisterna in muratura del I secolo d.C., i brani pittorici, databili al tardo XIII secolo, unitamente alla lettura di documenti dell’Archivio della Cattedrale di Priverno, permettono di tratteggiare la gestione e la committenza artistica del piccolo insediamento della diocesi di Terracina e, rappresentando l’intervento più tardo reperibile nei siti oggetto della ricerca, consentono di chiudere il lavoro con una incursione in campo storico artistico alle soglie del ’300. Giovanni Barco


 Notizie inedite sulla storia di palazzo Mattei Caetani «alle Botteghe Oscure» La storia della costruzione e delle modifiche dei palazzi della famiglia Mattei, cioè Palazzo Mattei Caetani, Palazzo Mattei di Giove, il palazzo di Giacomo Mattei ed il Palazzo Mattei di Paganica, compresi in un compatto isolato nel Rione Sant’Angelo, è ancora oggi poco chiara. L’area, definita anche insula Mattei, è compresa tra le attuali via Michelangelo Caetani, via dei Funari e via di Paganica e sorge in una zona caratterizzata da preesistenze, come la Crypta Balbi e l’antico monastero legato alla chiesa di Santa Maria domine Rose, della cui natura e assetto non abbiamo ancora oggi un’esatta cognizione (C. Varagnoli, I palazzi dei Mattei: il rapporto con la città, in Palazzo Mattei di Paganica e l’Enciclopedia Italiana, a cura di G. Spagnesi, Roma 1996, pp. 135-190; D. Manacorda, La topografia della zona dall’antichità al Rinascimento, in Palazzo Caetani. Storia arte e cultura, a cura di L. Fiorani, Roma 2007, pp. 3-14; C. Varagnoli, Una città di palazzi: insula dei Mattei, ibidem, pp. 15-34). È noto comunque che l’area delle Botteghe Oscure, verso la fine del Medioevo, era caratterizzata dalla presenza di attività artigianali e commerciali di vario genere che aveva attirato l’interesse di alcune famiglie Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

baronali (come i Boccamazza e i Pier Mattei Albertoni) e famiglie di mercanti e artigiani (come i Bellomo, i Vienimbene di Matelica e i Funari), che qui si erano insediate (G. Facchin, Cardinali, nobili e mercanti. Via delle Botteghe Oscure tra Rinascimento e Controriforma, «Rivista dell’istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte», 68, 2013, pp. 11-22). Ludovico I Mattei, figlio di Giacomo e pronipote di Jacobello Mattei, esponente di una famiglia trasteverina dedita tradizionalmente al commercio del bestiame, accrebbe la propria fortuna tramite l’esercizio del credito e la locazione di beni fondiari nella zona fuori Porta Portese (tra via della Magliana e l’Aurelia). Tra il 1473 e il 1502 acquistò una serie di immobili nell’isolato prospiciente l’area dell’antica Platea Piscinae (oggi piazza Mattei) e avviò le prime attività di costruzione (A. Pontecorvi, Ludovico Mattei, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 72, Roma 2009, ad vocem). I suoi eredi, il figlio Pietro Antonio ed il nipote Ciriaco, continuarono l’espansione edilizia nella zona con l’acquisto di altri stabili ma fu la generazione successiva a intervenire in maniera più decisiva sull’aspetto dell’isolato, avviando quelle trasformazioni che lo 11


caratterizzano. A partire dagli anni Quaranta del XVI secolo, infatti, si definirono i tre poli principali dell’insula nelle nuove fabbriche di Alessandro (sul lato nord-est), promotore della costruzione di Palazzo Mattei Caetani, e di Ludovico II (sul lato ovest) di quella di Palazzo Mattei di Paganica e nei lavori di restauro e di rinnovamento delle case di Giacomo, affacciate su piazza Mattei. Nonostante una considerevole quantità di dati e le analisi degli studiosi, gli interrogativi che riguardano le fasi di costruzione e di modifica delle abitazioni dei Mattei non mancano. Esse hanno subito continue trasformazioni nel tempo sia nell’età più antica, che culmina nella costruzione del palazzo di Asdrubale Mattei (Palazzo Mattei di Giove, v. G. PanofskySoergel, Zur Geschichte des Palazzo Mattei di Giove, «Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte», 11, 1967-68, pp. 111-188; C. Varagnoli, Eredità cinquecentesca e aperura al nuovo nella costruzione di palazzo Mattei di Giove, «Annali di Architettura. Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza», 10-11, 1998-1999, pp. 322-334), che in anni più recenti ad opera della famiglia Caetani, ultima proprietaria del Palazzo Mattei alle Botteghe Oscure, oggi sede della Fondazione Camillo Caetani. Non tutti gli interventi compiuti sono documentati e non tutti i documenti noti contribuiscono a chiarire le fasi costruttive e decorative dei palazzi, specialmente quando si riferiscono a 12

parti dell’edificio o ad elementi architettonici o decorativi non più esistenti: ciò vale in particolare per il Palazzo Mattei Caetani. Sulla base degli studi citati e in particolare del fondamentale volume sul palazzo pubblicato nel 2007, ho potuto ricostruire alcuni aspetti della sua complessa storia nel corso delle mie ricerche per la tesi di dottorato (Università degli Studi Roma Tre) finanziata con una borsa della Fondazione Caetani (Il cardinale Girolamo Mattei (1547-1603): la famiglia e la corte, le fabbriche, i restauri, le decorazioni, tesi di dottorato, XXXIII ciclo, 2017-2020). Incerta è la genesi del palazzo, voluto da Alessandro Mattei (m. 1565) come residenza per la sua famiglia, e poco chiare le sue diverse fasi di costruzione e decorazione. Realizzato forse su progetto di Giovanni Lippi, detto Nanni di Baccio Bigio, a partire almeno dal 1548 (F. Cappelletti – L. Testa, Il Trattenimento di virtuosi. Le collezioni secentesche di quadri nei Palazzi Mattei di Roma, Roma 1994, pp. 8-9 e p. 11 note 14-16; C. Varagnoli, I palazzi dei Mattei: il rapporto con la città, cit., pp. 144-147; L. Marcucci, Architettura e committenza nel XVI secolo, in Palazzo Caetani, cit., pp. 109121), nei tempi più antichi ospitò probabilmente attività legate alla lavorazione della pelle, come suggerisce una testa di bufalo in pietra posta sulla porta d’ingresso di uno degli ambienti al piano terra, visibile ancora oggi (C. Trovini, Rimesse e stalle, in Palazzi del Cinquecento a Roma, a cura


di C. Conforti – G. Sapori, Volume speciale Bollettino d’arte, Roma 2017, p. 294). Il piano nobile venne decorato probabilmente nei primi anni ’60 del Cinquecento con alcune Storie di Alessandro Magno dipinte a fresco dai fratelli Taddeo e Federico Zuccari (C. Acidini Luchinat, Taddeo e Federico Zuccari: fratelli pittori del Cinquecento, Roma 1998-1999, vol. I, pp. 116-123). Le mie ricerche nell’archivio familiare Antici Mattei aggiungono nuovi dati e precisazioni sui lavori, in parte già studiati (Cappelletti – Testa, Il Trattenimento di Virtuosi, cit., pp. 13-24; P. Tosini, La decorazione tra Cinquecento e Seicento al tempo dei Mattei, in Palazzo Caetani, cit., pp. 141-171), di trasformazione del piano nobile compiuti tra novembre 1598 e novembre 1601 in occasione di una campagna decorativa promossa dal cardinale Girolamo Mattei. Ho potuto raccogliere inoltre alcune notizie sulla perduta decorazione di ambienti vicini al salone, sulle fasi decorative della cappella e l’anticappella, e sulla realizzazione dell’altare ligneo della cappella, opera di Francesco Nicolini, forse da un disegno di Giovanni Battista Montano, e della pala di Cristoforo Roncalli pagata dal cardinale nel maggio 1601, di cui si perdono le tracce dopo il 1776. I documenti identificati nel corso delle mie ricerche mi hanno permesso inoltre di chiarire i lavori promossi nel palazzo entro il 6 giugno 1624, data di morte di Giovanni Battista figlio di Ciriaco. Innanzitutto è emersa Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

la notizia di una decorazione a fresco, oggi perduta, di Prospero Orsi in una delle stanze del piano nobile, per la quale il 16 dicembre 1614 il pittore riceveva 27 scudi «per l’intero pagamento di tutti i lavori fatti si in pittura come altri risarcimenti in casa nostra». In quel tempo l’Orsi dipinse molte opere per i Mattei (Cappelletti – Testa, Il Trattenimento di Virtuosi, cit., pp. 144-145), tra le quali il quadro con San Filippo Neri in compagnia di Carlo Borromeo, posto nella cappella del Palazzo di Ciriaco Mattei alla Navicella. I suoi rapporti con la famiglia Mattei risalivano almeno al dicembre 1603, quando si occupò, su incarico di Ciriaco e Asdrubale, degli apparati decorativi per le esequie del cardinale Girolamo Mattei (morto l’8 dicembre 1603): ricevette 140 scudi «per pagamento di tutte le pitture de arme, morti, figure et altro servite per il funerale et esequie della bo: me: del s. card.le» (Marzani, Il cardinale Girolamo Mattei (1547-1603), cit., p. 34). Il 28 gennaio 1617 Stefano Ricciardi, pittore poco noto incaricato di alcuni lavori di doratura dai Padri della Chiesa Nuova, fu pagato «per pittura fatta a tre soffitti di tre camerini di Casa nostra», a conferma dei lavori di abbellimento del piano nobile condotti in quegli anni. Con l’estinzione del ramo di Ciriaco, il 27 ottobre 1625 Monsignor Alessandro cedette il palazzo ed i beni in esso contenuti allo zio Asdrubale (ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 11, Angelo Giustiniani giugno e dicembre 13


1630) ma continuò a risiedervi fino alla morte, avvenuta il 10 ottobre 1630. Entrato in possesso del palazzo avito, Asdrubale decise di affittarlo poiché abitava, insieme alla famiglia, nel Palazzo Mattei di Giove. La pratica della locazione anche di importanti palazzi nobiliari a Roma era molto frequente dato il continuo succedersi dei funzionari nelle cariche amministrative ed ecclesiastiche e la necessità per ambasciatori, diplomatici, cardinali, personaggi di alto rango di trasferirsi spesso per breve tempo a Roma, centro spirituale e temporale del potere (M. C. Cola, Palaces for rent, in Display of art in the Roman palace 15501750, edited by G. Feigenbaum, Los Angeles 2014, pp. 46-47). Asdrubale Mattei affittò, dal 1632 al 1638, il palazzo alle Botteghe Oscure ad Orazio Magalotti, funzionario papale di alto rango, che condusse alcuni lavori di ampliamento degli appartamenti al terzo piano. In agosto gli subentrò l’alto prelato Corsini e nel 1642 il Duca Girolamo Mattei, figlio di Asdrubale, vendette il palazzo al cardinale Marzio Ginetti e a suo fratello Giuseppe per 24000 scudi (P. Cavazzini, Famiglie e palazzi romani all’alba del barocco, «Te. Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te», 6, 1999, pp. 21-33). All’atto di vendita del 12 agosto 1642 era allegato un inventario del palazzo conservato nell’Archivio Lancellotti (che Patrizia Cavazzini mi ha generosamente fatto conoscere) ma rimasto fino ad ora inedito (AL, Famiglia 14

Ginetti, Istromenti e scritture della compra del Palazzo, 12 agosto 1642). Il documento è di fondamentale importanza perché costituisce l’unica testimonianza a metà Seicento dell’assetto di tutte le decorazioni – affreschi e stucchi – del Palazzo delle Botteghe Oscure, molte delle quali oggi non più esistenti. Solo una di esse è stata recentemente ritrovata (B. Toscano, Un’ospite ignorata, l’Aurora del Pomarancio, «Palazzo Caetani. Bollettino della Fondazione Caetani», 4-5, 20162017, pp. 52- 54). Cominciò allora una fase molto lunga e accidentata della storia del Palazzo che venne affittato a diverse persone e venduto più volte fino al definitivo passaggio di proprietà ai Caetani il 14 novembre 1776. Parte di questa storia è già nota grazie alle ricerche di Carla Benocci (C. Benocci, I Mattei, i Negroni e i Serbelloni, in Palazzo Caetani, cit., pp. 49-67), ma può essere oggi integrata grazie ad alcuni documenti da me ritrovati. Dal 30 settembre 1673 il palazzo tornò di proprietà dei Mattei di Giove ma i Ginetti vi rimasero in affitto fino al novembre 1682, quando si trasferirono in Palazzo Lancellotti ai Coronari. Come era usuale per importanti famiglie che affittavano un palazzo, anche i Ginetti realizzarono in Palazzo Mattei Caetani lavori di restauro e di decorazione di una certa consistenza, come prova il notevole importo di 800 scudi versato a pittori, di cui non è precisato il nome, «in aver fatto soffitte, fregi, ornamenti con spese di


tela, colori, Indorature et altro (…)» (3 settembre 1682). Eugenia Spada, la vedova di Girolamo Mattei e tutrice del figlio Alessandro, a causa del forte indebitamento della famiglia vendette infatti il palazzo con i suoi arredi a monsignor Giovanni Francesco Negroni il 24 novembre 1682 per 32500 scudi. La cessione fu in seguito considerata fraudolenta da parte degli eredi Mattei che cercarono in tutti i modi di rientrare in possesso del palazzo; non si rassegnarono mai alla perdita dell’edificio e, abitando nel contiguo Palazzo Mattei di Giove, si comportarono spesso come dei vicini alquanto fastidiosi. Dopo la morte del cardinale Negroni, il palazzo accolse per qualche tempo il nipote cardinale Giovanni Battista Spinola, ma già nel giugno 1753 gli eredi lo vendettero, insieme a parte degli arredi, al genovese Giuseppe Maria Durazzo. Nel dicembre 1760 gli eredi Durazzo vendettero al cardinale Fabrizio Serbelloni che, desideroso di appianare la controversia con i Mattei ereditata dai precedenti proprietari, pagava loro 2500 scudi. Ereditato da Giovanni Battista Serbelloni, il palazzo infine venne venduto al Duca Francesco Caetani il 16 novembre 1776 che apportò alcune modifiche architettoniche all’edificio di concerto con i vicini Mattei di Giove e commissionò ad Antonio Cavallucci la decorazione di alcune sale (1776-1787) (E. Debenedetti, Itinerario della decorazione settecentesca di Palazzo Caetani, in Palazzo Caetani, cit., pp. 171-192). Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

Notizie sugli interventi compiuti all’interno dal palazzo da parte dei diversi proprietari in questo rapido susseguirsi sono dunque desumibili da alcuni documenti che ho reperito nell’archivio Antici Mattei. Già Alessandro Agresti aveva fatto riferimento all’esistenza nel palazzo di tracce di decorazioni pre-settecentesche, oggi non più esistenti (A. Agresti, Un artista e il suo mecenate: Francesco V, Antonio Cavallucci e la decorazione del Palazzo Caetani a via delle Botteghe Oscure, «Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte», 68, 2013, pp. 111-141); un’altra prova è emersa nel corso del recente restauro del salone, con la rimozione delle vecchie stoffe damascate che ricoprivano le pareti al di sotto del fregio, che ha svelato l’esistenza di uno zoccolo dipinto a finta pietra modanata, resto di una decorazione a fresco (L. Arcangeli, Il restauro del salone di Palazzo Mattei Caetani, «Palazzo Caetani. Bollettino della Fondazione Camillo Caetani», 4-5, 2016-2017, pp. 49-50). In conclusione è evidente che, in un importante palazzo dalla storia così complessa come Palazzo Mattei Caetani, interventi di restauro e ricerche d’archivio potrebbero anche in futuro rivelare altri inaspettati e importanti dettagli sulle trasformazioni compiute dai suoi diversi abitanti nel corso dei secoli. Giulia Marzani 15


 Bandini, una famiglia tra Francia, Italia e Algeri Nel XVI secolo il Mediterraneo è protagonista della lotta tra due entità imperiali di rilievo quasi mondiale: l’Impero Asburgico e l’Impero Ottomano. Insieme agli Stati ed alle formazioni statuali loro alleate o vassalle, le due potenze intraprendono per tutto il secolo una guerra aperta e dichiarata che ha i suoi campi di battaglia sul mare e sulla terra, dalle acque del Mar Mediterraneo occidentale sino alle distese pianeggianti dell’Ungheria o ai campi di battaglia montuosi ed irregolari dei Balcani. Il conflitto in realtà si estende ben oltre il ‘settore’ europeo, e trasforma modi di pensare, mentalità, rapporti sociali. Per questa ragione presentare il conflitto mediterraneo che anima un intero bacino geografico per quasi un secolo come una pura e semplice storia di battaglie è assai riduttivo. In tal senso risulta emblematica la distinzione realizzata da Salvatore Bono tra conflitto ad alta intensità, contraddistinto da assedi, battaglie navali e scontri campali tra eserciti, e conflitto a bassa identità. È in quest’ultimo frangente che l’analisi dei fatti deve accostare, seppur non abbandonare del tutto, i grandi soggetti storici per avvicinarsi alle strette e minute trame di un’esistenza quotidiana che vede coesistere momenti di pace e relazioni pacifiche insieme con 16

episodi guerreschi e violenti. La guerra di corsa, la schiavitù e le missioni di riscatto (o di redenzione) si inseriscono in questo frangente delineando tanto i momenti di contatto quanto quelli di frizione. Come dimostrato dagli studi di Giovanna Fiume e di Daniel Hershenzon, la schiavitù mediterranea, oltre ad avere caratteristiche proprie, peculiari, che la differenziano da qualsiasi altro ‘modello’ schiavile mondiale, è anche un momento in cui soggetti istituzionali e privati, tendenzialmente antagonisti, si ritrovano a cooperare per necessità su di un terreno di fiducia ‘forzata’ e di relazioni a carattere tendenzialmente commerciale. Le reti di contatti, le relazioni trans-imperiali analizzate ad esempio da Gurkan, si estendono e sopravvivono durante i momenti di guerra ad alta intensità e, anzi, si rafforzano ed acquisiscono nuovo valore e nuove priorità. Il già citato Hershenzon e Wolfgang Kaiser analizzano in maniera puntuale in che modo non solamente si sviluppi, attorno al commercio e alla redenzione dei captivi, un sistema di relazioni su base forzatamente fiduciaria tra soggetti considerati e pensati come antagonisti, ma come altresì un momento tragico, quale la schiavitù di migliaia


di persone, venga a trasformarsi in un momento di collaborazione tra soggetti differenti. Le reti commerciali integrano quelle corsare e ‘schiaviste’, producendo una serie di alleanze che spesso vedono soggetti preferire, per proprio tornaconto, la collaborazione con agenti di fede opposta piuttosto che con correligionari. Nel grande mercato della compravendita degli schiavi, a cui possiamo ascrivere le missioni di riscatto e redenzione, in quanto profondamente inserite nel sistema dal cambio monetario e dell’inflazione del prezzo stesso degli schiavi, Roma partecipa in maniera organizzata ed istituzionale dal 1582-1583, quando l’Opera Pia per il riscatto degli schiavi viene affidata in gestione all’Arciconfraternita del Gonfalone di Roma, istituzione a carattere cittadino di cui partecipano nomi importanti del patriziato e dell’alta ‘borghesia’ commerciale e mercantile della città capitolina. La storia istituzionale di questo incarico ed i rapporti che regolano l’Opera pia con l’Arciconfraternita sono evidenziati dai registri delle sedute ufficiali, i quali ci consegnano non solamente uno spaccato dei dibattiti e delle discussioni in merito alla partecipazione economica dell’Arciconfraternita nelle missioni di riscatto, ma ci rivelano altresì il ruolo che hanno avuto, nella formazione dell’istituzione, alcune grandi figure del panorama romano: Ulisse Galli Lancerino, San Severina, Pamphili, Farnese e Bandini. Su quest’ultimi si focalizza parte della mia ricerca perPalazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

ché è grazie al banco di Pierantonio e Orazio Bandini, che figurano come Depositari (probabilmente dell’Opera Pia), che l’attività redentrice può essere portata avanti, quantomeno dal punto di vista economico. È necessario, in questo caso, fare un piccolo passo indietro per spiegare l’importanza, all’interno del mercato dei riscatti, dei networks informativi. Come detto, in un mondo dove le distanze geografiche scandiscono i ritmi delle guerre e dei mercati, dove l’insicurezza dei mezzi dei trasporti e l’antagonismo di base, pur sempre esistente tra soggetti appartenenti a fedi opposte, inficiano la corretta comunicazione ed i rapporti non solo di tipo diplomatico, una rete fiduciaria cui appoggiarsi per manovre finanziarie, commerciali ma anche spionistiche si rendeva necessaria, oltre che di vitale importanza. Per queste ragioni, ogni istituzione per la redenzione dei captivi doveva dotarsi necessariamente, vista la sensibilità dei propri obiettivi, di una salda ed articolata rete di informatori ed appoggi sparsa sui grandi centri del Mediterraneo. Roma, Barcellona, Marsiglia, Lione, Messina, Costantinopoli, Genova, Venezia sono solo alcune delle città all’interno delle quali il flusso di informazioni poteva essere controllato e ‘gestito’ da agenti tanto governativi quanto privati (Hershenzon). A gestire, in un clima concorrenziale più che monopolistico, questo flusso informativo non vi erano tanto le ‘agenzie’ di spionaggio delle singole 17


entità statuali o imperiali (che in questo momento storico vedono un loro perfezionamento), quanto dei brokers privati che possedevano il necessario capitale sociale per poter servire istituzioni, religiose e non, e privati. Difatti, sono loro a possedere il controllo ed a loro bisogna rivolgersi per avere il necessario supporto. L’Opera Pia del Gonfalone di Roma non fa eccezione ma, dalla sua, ha il privilegio di possedere affiliati di alta caratura e dal grande capitale, spesso più umano che propriamente economico. Come già dimostrato da Delumeau, e, in tempi più recenti, da Volpini e Bruscoli, il flusso di informazioni a Roma era notevole, strettamente legato a figure di mercatores fiorentini (fuoriusciti e non solo) e genovesi. Dotati di possibilità economiche rilevanti e della giusta rete di contatti diffusi in tutto il Mediterraneo, i Bandini incarnano perfettamente questo ruolo di banchieri, da un lato, e di brokers dall’altro. L’attività di famiglia di Pierantonio e Orazio Bandini si appoggia su di un prestigio familiare accumulato, a Roma e fuori, da attività che riuniscono l’imprenditoria finanziaria, la guerra, e l’occupazione e la gestione di importanti cariche religiose tra cui persino il cardinalato. Dalla documentazione conservata presso la Fondazione Camillo Caetani, una parte di questo ‘capitale’ emerge dalla vita pubblica e privata della famiglia: strettamente imparentati con i Giustiniani quasi sono, e diverranno ancor più, tra i banchieri di 18

origine genovese i più facoltosi della città capitolina; gli Strozzi, con i quali diventeranno partner commerciali e finanziari tanto in Italia quanto in Francia. Ed è proprio nel Regno d’oltralpe che i legami si fanno ancor più stretti: a Lione possiedono una filiale della propria attività finanziaria, i ‘Bandini & Strozzi di Lione’ come emergono dalla documentazione conservata presso l’Archivio Apostolico Vaticano (AAV); a Marsiglia hanno contatti commerciali con importanti mercanti ed armatori di navi, testimoniati da fitti scambi epistolari conservati in AAV, in Archivio di Stato di Roma (ASR) e all’interno dell’Archivio Giustiniani Bandini presso la Fondazione Camillo Caetani, dove sono molteplici le provvigioni e le procure affidate ai vari esponenti della famiglia Bandini. Anche a Parigi, all’interno della corte di Caterina de’ Medici e di re Enrico, hanno numerosi interessi mediati dalla partecipazione in guerra al fianco dei francesi di Giulio Bandini in qualità di capitano di fanteria e dai rapporti finanziari con il sovrano. Sarà questo legame finanziario con la corte francese che determinerà, secondo Delumeau, seppur per un breve lasso di tempo, la chiusura della banca romana per alcuni giorni e di conseguenza il tracollo della sede francese. Probabilmente, proprio a seguito di questo momentaneo blackout dei fondi Bandini, le attività dell’Opera Pia romana sono sospese. Quest’interruzione in realtà, qualora


avvalorata dalle fonti in nostro possesso, porterebbe inevitabilmente non soltanto a certificare la tesi secondo la quale le attività di riscatto nel Mediterraneo erano strettamente legate ai networks creditizi ed informativi costruiti attorno a questo particolare tipo di commercio, ma, allo stesso tempo, avremmo in mano un’ulteriore prova della natura prettamente economico-commerciale di un fenomeno al quale, almeno l’Opera Pia, aveva dato un’impronta quasi esclusivamente religiosa e caritatevole. Allo stesso tempo, e fatto ancor più importante, sarebbe evidenziata la natura profondamente integrata e relazionale di questo fenomeno. I legami delle istituzioni redentrici con uomini d’affari e di commercio, importantissimi per le necessità del riscatto stesso, espongono le opere ad una partecipazione pubblica e privata di tale portata da radicarne il futuro e le possibilità di sviluppo alla ‘salute’ finanziaria degli stessi banchi a cui s’appoggiano. Le oscillazioni finanziarie di fatto, una costante anche nel

mercato dei riscatti, determinano non solamente il buon esito di una missione ma, al contempo, la possibilità di avere seguito o di non partire affatto. La vita di centinaia e di migliaia di schiavi è spesso legata alla vita di alcuni prestiti concessi da Roma, Genova o Firenze a Parigi, le stesse città che, come emerso dagli studi di Kaiser, Hershenzon e prim’ancora di Manca, sono le medesime a guadagnare allorquando i mercati dei riscatti fanno ampio uso di speculazione sui tassi di credito e di cambio della moneta da una sponda all’altra del Mediterraneo. Ed è proprio attraverso l’esame di singoli ‘momenti’ e di singole vicende che possiamo provare a cogliere uno dei molti fili che compongono il reticolo generale degli eventi: la complessità a cui s’accennava in apertura è la possibilità di cogliere più di una traiettoria, potendo andare a fondo nella lettura di un articolato momento storico qual è stato il XVI secolo. Antonino Campagna

 La famiglia Caetani e la famiglia Leopardi Nel settembre 2020 la Fondazione Camillo Caetani mi ha affidato l’incarico di schedare i documenti del Fondo generale dell’Archivio Gentilizio Caetani a partire dal 1775, anno in Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

cui il duca di Sermoneta Francesco V Caetani (1738-1810) acquista il Palazzo Mattei in via delle Botteghe Oscure dagli eredi del cardinale Fabrizio Serbelloni (1695-1775) per la somma 19


di 39.500 scudi (AC, Fondo generale, n. 186868, 1775 s.d.-1775 gennaio 13). Il Fondo generale o Cronologico contiene 200.000 documenti datati dalla fine del XV al XIX secolo. Nell’enorme quantità di carte è notevole la pluralità di rapporti che la famiglia Caetani intesseva con la società del suo tempo: al duca arrivavano infatti le lettere più disparate, da quelle del pizzicarolo (ad esempio: AC, Fondo generale, n. 200418, 1777 ottobre 1-1777 novembre 3) a quelle del perito agrario (ad esempio: AC, Fondo generale, n. 198961, 1783 gennaio 21-1783 marzo 11), da quelle degli stradali per i lavori di manutenzione dei fossati del castello fino a quelle dei più alti prelati; ma senza dubbio la maggior parte della corrispondenza rimane quella intercorsa tra famiglie nobiliari. In modo particolare sono state prese in esame alcune lettere datate tra il 1775 e il 1776 che ci riportano alle radici della più nobile famiglia di Recanati che ha dato i natali a Giacomo Leopardi, il maggior poeta ottocentesco italiano e una delle più importanti figure della letteratura mondiale. Le prime due lettere esaminate riguardano la partecipazione di nozze del conte Giacomo Leopardi (1742-1781) e la marchesa Virginia Mosca (17561820), i nonni del poeta ottocentesco, firmate una dal suo bisnonno paterno Vito Leopardi e l’altra da quello materno il marchese Carlo Mosca Barzi di Pesaro. La prima partecipazione di matrimonio recita così: «Soddisfo 20

alle parti che mi corrono con Vostra Eccellenza, porgendole la notizia dello stabilito accasamento del conte Giacomo mio figlio primogenito con la signora marchesa Virginia figlia del signor marchese Carlo Mosca Barzi di Pesaro» Recanati, 1775 gennaio 30 (AC, Fondo generale, n. 191919, 1775 gennaio 30). Nella seconda lettera, invece, leggiamo: «Presentandosi per me onorevole rincontro di notificare a Vostra Eccellenza gli stabiliti sponsali di mia figlia Virginia col conte Giacomo Leopardi di Recanati» Pesaro, 1775 febbraio 4 (AC, Fondo generale, n. 97026, 1775 febbraio 4). La terza lettera ‘leopardiana’ del Fondo generale, infine, contiene l’annuncio di nascita del padre del noto poeta, Monaldo Leopardi (17761847) nato a Recanati il 16 agosto 1776. Il conte Giacomo Leopardi così scrive al duca di Sermoneta Francesco V Caetani: «Adempio con Vostra Eccellenza il piacevole dovere di parteciparle il felice parto della contessa Virginia mia consorte, la quale venerdì 16 corrente ha dato alla luce un figlio maschio» Recanati, 1776 agosto 16 (AC, Fondo generale, n. 155912, 1776 agosto 18). Nell’archivio gentilizio dei Caetani di Sermoneta numerose sono le testimonianze del rapporto tra i duchi Caetani e le Marche. Sono presenti, infatti, numerose lettere provenienti da città come Fermo, Senigallia, Osimo, Pesaro e molte altre. Per spiegare la presenza di lettere spedite dalla famiglia Leopardi ai Caetani vanno


innanzi tutto ricordate le comuni origini pesaresi della nonna del poeta Virginia Mosca Barzi e di Carlotta Ondedei (1723-1752), figlia del conte Zongo Ondedei e Teresa Cima, moglie di Michelangelo I Caetani e madre di Francesco V Caetani. In secondo luogo, va osservato come Palazzo Antici-Mattei, l’ultimo ad essere costruito di quelli della cosiddetta insula Mattei (di cui naturalmente fa parte anche il Palazzo Caetani-Mattei oggi sede della Fondazione Camillo Caetani), e sito all’angolo tra via dei Funari e via Caetani, sia stato acquistato dallo zio materno del Leopardi, Carlo Antici, che aveva sposato l’ultima erede dei Mattei, Marianna. Diversi anni dopo proprio in questo

palazzo è stato ospitato il poeta di Recanati dal 23 novembre 1822 alla fine di aprile 1823, durante il suo soggiorno romano, in una stanza posta al terzo piano. Si può, dunque, dedurre che tra la famiglia originaria di Sermoneta e quella di Recanati ci fosse la volontà di conservare e alimentare un rapporto amichevole, continuativo ed autentico. Tutto ciò sarebbe dimostrato dall’assenza nella corrispondenza epistolare di accenni a questioni economiche o di interesse e, al contrario, dalla esclusiva presenza di informazioni e notizie di carattere intimo e famigliare, come l’avvento delle nozze o la nascita della prole. Chiara Rotondi

 Gli album fotografici della famiglia Caetani La Fondazione Camillo Caetani conserva nel proprio archivio un patrimonio fotografico di notevole interesse per l’arco cronologico, le tecniche impiegate e la varietà di oggetti. Tra questi ultimi gli album fotografici sono quelli maggiormente adatti a indagare il rapporto con il medium degli esponenti dell’ultima generazione della famiglia. Sono sedici volumi e le fotografie più antiche sono raccolte nel volume designato sul dorso come Ballo in costume in casa Caetani 1875, titolo riferibile a un ricevimento che Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

si svolse nel palazzo di via delle Botteghe Oscure l’8 febbraio 1875. Si trattò di un evento mondano e politico, ampiamente descritto dalle cronache cittadine, che impegnò i partecipanti per settimane con preparativi comprendenti delle sedute di posa con l’abbigliamento scelto per il ballo nei maggiori studi fotografici cittadini: quelli di Lorenzo Suscipj, Henry Zinsler, Schemboche, Fratelli D’Alessandri, Henri Le Lieure. Alcuni elementi fanno supporre che l’album non sia stato allestito immediatamen21


te e che il suo curatore debba essere Gelasio Caetani (1877-1934), figlio di Onorato (1842-1917) e di Ada Bootle Willbraham (1841-1934), principi di Teano, organizzatori del ricevimento. Gelasio sembra qui pertanto applicare anche alla fotografia quell’ottica di riordino e organizzazione dei materiali dell’archivio famigliare nota soprattutto per la pubblicazione della poderosa opera Domus Caietana: storia documentata della famiglia Caetani. L’album si compone di stampe all’albumina in formato gabinetto, generalmente montate sul supporto in cartoncino originale dello studio che le ha realizzate. Mostrano ritratti singoli, più di rado di coppia, incollati, appaiati e corredati dalla didascalia autografa di Gelasio recante il nome e/o il titolo della persona raffigurata, a volte specificando incarichi o appellativi nobiliari assunti successivamente nel tempo. I tratti salienti della maggior parte delle persone fotografate, come dei personaggi che interpretano, sono stati ricostruiti in occasione di una mostra dedicata al Ballo del 1875 ospitata dal Museo Napoleonico di Roma nel 2002, promossa, tra gli altri, dalla Fondazione Camillo Caetani in collaborazione con la Fondazione Primoli in cui erano esposte le copie collezionate dal conte Giuseppe Primoli (G. Gorgone – C. Cannelli, “Il costume è di rigore” 8 febbraio 1875: un ballo a Palazzo Caetani, Roma 2002). La comparazione dei due gruppi di fotografie rivela interessanti differenze, in primo luogo 22

per la presenza di numerose varianti, che meritano di essere ulteriormente indagate. Nell’album Caetani inoltre destano interesse le stampe colorate, tra le quali ne spicca una all’albumina in formato cabinet raffigurante il pittore piemontese Carlo Pittara (18351891) in abiti seicenteschi (Archivio Caetani, fondo fotografico, album Ballo in costume in casa Caetani 1875, p. 81, fotografia n. 2). La coloritura delle stampe fotografiche è un’attività costante fin dagli esordi del medium che s’intensificò dopo il 1870 circa allorché vennero immessi sul mercato i coloranti sintetici (L. Scaramella, Fotografia: storia e riconoscimento dei procedimenti fotografici, Roma 2003, p. 65). Il ritratto di Pittara non è tuttavia ascrivibile al mero risarcimento del colore comune nella fotografia del tempo, configurandosi piuttosto come una vera e propria opera d’arte che il pittore provvede, difatti, a firmare nello stesso modo utilizzato per i suoi dipinti (Fig. 1). Pittara all’epoca del ‘Ballo Teano’ non si era ancora trasferito a Roma, ma manteneva comunque un suo studio al numero 53 di via Margutta e in quello stesso 1875 partecipò alla mostra dell’Associazione Artistica Internazionale di Roma (A. Guido, in Carlo Pittara: la riscoperta della Fiera di Saluzzo. Cavalli, costumi e dimore, Milano 2020, p. 132). È interessante notare come il pittore attorno a cui si era riunita la cosiddetta Scuola di Rivara – un cenacolo di artisti di formazione varia accomunati dalla tendenza alla pit-


Fig. 1 – Carlo Pittara, 1875, stampa all’albumina dipinta, 16.3 x 11.03 cm, Archivio Caetani, fondo fotografico, album Ballo in costume in casa Caetani 1875, p. 81, fotografia n. 2. Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

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tura verista – in questo caso si limiti a rafforzare gli scuri, a vivacizzare alcune stoffe e a lumeggiare le zone aggettanti in cui batte la luce. Dei restanti album, cinque (relativi agli anni 1899-1905) riguardano Gelasio Caetani, mentre nove (risalenti agli anni 1891-1908) sono da ascrivere al fratello Roffredo (1871-1961); vi è poi un volume con fotografie di vedute di montagna intitolato Dolomiti. Questi album, nonostante il loro numero esiguo e il breve lasso di anni coperto, sembrano offrire non soltanto una parziale testimonianza della vita condotta dalla famiglia nel passaggio al nuovo secolo, ma anche una dimostrazione dell’intento di esplorare il medium fotografico alla ricerca di uno strumento moderno consono alle proprie attività, approccio che mi ha indotto a schedare le sequenze e i gruppi coerenti di stampe in macroargomenti di grande attrattiva. Un generico interesse di Gelasio Caetani per la fotografia è noto da tempo (P. G. Sottoriva, Gelasio Caetani (1877-1934). Il realismo dell’utopia. Appunti per una biografia, Roma 2014, p. 185) ma rimane tutto da analizzare il suo rapporto con i linguaggi propri di questo mezzo della rappresentazione e restituzione dei soggetti e delle situazioni riprese. Secondo una sua stessa definizione egli è stato prima di tutto «un ingegnere, che le necessità della vita hanno costretto a lottare nel campo industriale, in quello politico, in quello diplomatico ed anche sulle vette insanguinate delle Alpi» (G. Caeta24

ni, Prefazione, in Domus Caetana: storia documentata della famiglia Caetani, Sancasciano Val di Pesa 1927, vol. I, p. x). Nell’agosto del 1900 la sollecitudine verso i propri studî, che perfezionerà all’École des mines di Liegi e poi alla School of Mines della Columbia University a New York, lo condusse su uno dei cantieri più importanti del suo tempo: il Traforo del Sempione. Nonostante fosse ancora uno studente universitario, Caetani aveva già acquisito una competenza ingegneristica salda che, unita alla gestione corretta della tecnica fotografica, gli permise di realizzare un reportage di livello tale da essere proposto ad uno dei principali periodici nazionali, «L’Illustrazione italiana» dei Fratelli Treves, ottenendo perfino la copertina con l’indicazione del proprio nome quale fotografo (Fig. 2). Si tratta di dieci fotografie tradotte, in buona parte, in disegno dal pittore Arnaldo Ferraguti (1862-1925) che accompagnano un articolo di tre pagine a firma di Ernesto Mancini (E. Mancini, I lavori della galleria del Sempione, «L’Illustrazione italiana», XXVII, 30 settembre 1900, 39, pp. 228-230). Mancini dichiara in apertura d’essersi basato sui materiali fotografici e sulla consulenza tecnica di Don Gelasio Caetani, nell’intento di dare conto delle particolarità di un cantiere in cui 3600 operai stavano realizzando quella che per lunghi anni sarebbe stata la galleria ferroviaria più lunga del mondo. L’articolo esalta l’approccio moderno e le soluzioni tecnologiche approntate per la conduzio-


Fig. 2 – Copertina, «L’Illustrazione italiana», XXVII, 30 settembre 1900, 39. Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

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ne dei lavori, ma l’argomento trattato costringeva il lettore a porsi, quanto meno, delle domande sulle condizioni proibitive in cui questi uomini dovevano trovarsi a lavorare. Capita pertanto di leggere che l’aria necessaria alla fuoriuscita di fumo e calore non poteva raggiungere il fondo della galleria di avanzamento, ma che gli operai di turno avevano il ‘beneficio’ di un calo della temperatura ambientale, comunque solo fino a 25°-28°, dovuto all’aria compressa fuoriuscente dalle perforatrici utilizzate in prima linea contro la parete di roccia. È forse in seguito a una riflessione sulle fatiche eroiche affrontate da questi operai che Ferraguti, la cui pittura aveva da tempo un chiaro impianto verista, decide di modificare la composizione di una fotografia del Caetani (p. 228) inserendo un uomo seduto, vinto dalla fatica ma pronto, con il capo rivolto verso i compagni che proseguono il lavoro, verosimilmente esemplato sulla statua bronzea del Pugile delle Terme che spossato per la lotta ha uno scatto repentino della testa verso l’annuncio del vincitore (Figg. 3-4). Davvero interessante è l’operazione inversa che compie Gelasio Caetani rispetto all’articolo, organizzando nel suo album molte stampe all’albumina prodotte a seguito del lungo sopralluogo, dal 18 al 31 agosto 1900, compiuto sui due fronti del cantiere del Sempione, tra cui le dieci scelte da «L’Illustrazione italiana». Ritagliando in piccoli inserti il testo dell’articolo da frapporre alle fotografie, insieme 26

alle didascalie discorsive e ai suoi disegni, si serve di elementi differenti per un proprio metatesto in cui le stampe fotografiche sono la voce maggiore e gli altri componenti ausiliari. Le difficili condizioni ambientali del cantiere sono da considerare anche per l’attività del fotografo, pertanto il buon numero di fotografie nell’album permette di apprezzare un dominio non scontato della tecnica di Caetani, il quale si trova, per esempio, a utilizzare il lampo al magnesio nelle profondità dei tunnel, con i rischi derivanti dalla combustione, oppure a cogliere in tempi minimi l’istantanea di un’esplosione. Sempre solo a titolo d’esempio si vuole qui accennare a un altro gruppo di fotografie ricomposte negli album della famiglia, questa volta relative a un viaggio in India effettuato da Roffredo Caetani nel 1907-1908. Al tempo il principe di Bassiano, a cui la sorte forse non a caso aveva dato come padrino di battesimo Franz Liszt, era già conosciuto in ambito internazionale quale valente compositore e concertista, un’attività che lo assorbiva e di cui dava conto regolarmente al padre con lettere e telegrammi. Sorprende dunque un’interruzione di mesi degli esercizi al pianoforte per compiere quello che ha tutto l’aspetto di un viaggio d’esplorazione. La prossimità di data con la nota esperienza indiana di Luigi Primoli, di cui ci rimangono soltanto due album fotografici non corredati da didascalie (Museo Nazionale d’Arte Orien-


Fig. 3 – Minatori, 1900, stampa all’albumina, 9.8 x 12 cm, Archivio Caetani, fondo fotografico, album Gelasio Caetani 1900-1901, p. 14, fotografia n. 1.

Fig. 4 – Traduzione in disegno di Arnaldo Ferraguti, «L’Illustrazione italiana», XXVII, 30 settembre 1900, 39, p. 228. Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

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tale di Roma, L’istante ritrovato: Luigi Primoli fotografo in India, 1905-1906, Roma 2004, p. 125), spinge senz’altro a interrogarsi sull’attrattiva esercitata dalle culture orientali in Italia in quel torno di anni. Grazie agli album Caetani attinenti alla trasferta indiana si possono ricostruire i tempi del viaggio e buona parte dell’itinerario: dal porto di Napoli, dove Roffredo salpa il 10 ottobre 1907 in compagnia della sorella Giovannella (1875-1971) diretta in Cina per raggiungere il marito diplomatico Alberic Grenier (18641920), attraverso il canale di Suez e il Golfo di Aden, con tappe a Ceylon (oggi Sri Lanka), Malesia, Birmania e Tibet. I due fratelli si separarono a fine ottobre a Penang (Malesia): il momento è segnalato nell’album dalle fotografie di Roffredo che riprende Giovannella sull’imbarcadero, in procinto di riprendere la navigazione sul piroscafo Princess Alice, e dalle stampe all’albumina di quest’ultima in cui il principe è ripreso da un punto di vista sopraelevato, assiso accanto a un secondo uomo, in una piccola imbarcazione governata tra i flutti da un barcaiolo locale mediante due lunghe pertiche. La didascalia che l’accompagna tramanda il senso di velata inquietudine che Roffredo deve aver provato nel trovarsi in un territorio tanto affascinante quanto difficile: «Assistiamo alla partenza di Nella, della Princess Alice e di “tutti quanti”» (Archivio Caetani, fondo fotografico, album Fotografie IV, p. 22). Questa annotazione funge pertanto anche 28

da segnale di un punto di svolta che le fotografie dell’album in effetti materializzano con un cambio repentino di genere, stile e tecnica. È necessario tenere a mente un principio basilare per prendere in giusta considerazione tutti gli elementi presenti in questi volumi: comporre un album è sempre un’operazione intellettuale in cui oggetti fotografici anche differenti tra loro e testi manoscritti danno forma compiuta al pensiero momentaneo del suo organizzatore. In quest’ottica è di grande interesse trovare a questo punto ventidue stampe che non sono propriamente fotografie, bensì riproduzioni ottenute mediante un procedimento fotomeccanico che raffigurano alcuni membri della popolazione dei Sakai, termine con cui i Malesi designavano un gruppo di tribù nomadi stanziate nella giungla montana della penisola di Malacca e a Sumatra. Il Caetani collaziona nell’album queste fotoriproduzioni corredandole di didascalie esplicative quali «Preparando il veleno dall’albero Upas» (Archivio Caetani, fondo fotografico, album Fotografie IV, p. 22), «Donne che allattano i porcellini», «shooting poisoned arrows» (entrambe Archivio Caetani, fondo fotografico, album Fotografie IV, p. 24), «Abbandonato per malattia infettuosa [sic]» (Archivio Caetani, fondo fotografico, album Fotografie IV, p. 26). Poter apporre note del genere implica una conoscenza non solo intuitiva di questi oggetti perché, ad esempio, nell’ultima immagine il soggetto è un


bambino sdraiato su un giaciglio approntato in un ricovero di legno impiantato su un albero analogamente a un’altra in cui la didascalia recita invece: «A nurse in the tree» (Archivio Caetani, fondo fotografico, album Fotografie IV, p. 26). Per comprendere il rapporto di Caetani con queste fotoriproduzioni acquistate e composte tra le proprie fotografie è dirimente scoprirne la provenienza. Pochi mesi prima del viaggio in Oriente di Roffredo, in quello stesso 1906, un altro italiano rendeva nota questa minoranza etnica a un pubblico potenzialmente vasto. A Giovanni Battista Cerruti (1850-1914), navigatore nato a Varazze che aveva partecipato a diverse spedizioni nel Sud-Est asiatico dove coltivava stabilmente dei commerci, negli anni Novanta dell’Ottocento, capitò infatti di vivere «la più incredibile delle sue peripezie nella foresta malese, dove si ritrovò accerchiato da un drappello di lanciatori di dardi avvelenati; finché per ragioni imperscrutabili (…) questi non gettarono le armi a terra e presero a venerarlo come un dio. Per più di un anno Giovanni Battista Cerruti fu imperatore del popolo Sakai nel cuore della tenebra della giungla» (nota dell’editore in Giovanni Battista Cerruti: Tra i cacciatori di teste, Roma 2020, pp. 7-8). Nel giugno del 1906 Cerruti dette alle stampe un volume intitolato Nel paese dei veleni: fra i Sakai (Verona 1906) che presentò e mise in vendita nel padiglione riservato alle Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

iniziative italiane all’estero dell’Esposizione internazionale di Milano (28 aprile-11 novembre 1906). Il libro di Cerruti è piuttosto raro perché venne stampato in poche copie andate subito esaurite, ma ottenne buona risonanza sui giornali del tempo e la traduzione immediata in lingua inglese. Il testo ha una specifica sotto al titolo nel frontespizio: «Note ed osservazioni di un colono del Perak (Penisola di Malacca) riccamente illustrate con fotografie originali». In realtà il termine ‘originali’ è da riferire all’autorialità e non alle fotografie in sé, perché anche in questo caso si tratta di fotoriproduzioni tirate da una matrice fotografica, tra le quali si trovano anche alcune di quelle ritagliate e collezionate da Caetani. Senza voler qui riportare l’intero ‘pedigree’ scientifico di Roffredo – cresciuto accanto ad archeologi, dantisti, islamisti e così via – conviene quanto meno ricordare che il padre Onorato era stato, tra le altre cose, presidente della Società Geografica Italiana dal 1879 al 1887. La scelta operata da Roffredo Caetani tra le numerose riproduzioni disponibili in formato cartolina e nelle 260 pagine di testo del Cerruti dimostra un’impostazione scientifica rigorosa, oltre che aggiornatissima, capace di estrapolare gli aspetti etnoantropologici maggiormente caratterizzanti della popolazione dei Sakai, tanto più se raffrontata con l’impianto discorsivo e incline a indugiare sugli aspetti avventurosi del Cerruti. 29


Fig. 5 – Sakai, 1906, fotoriproduzione, 13.08 x 9.05 cm, Archivio Caetani, fondo fotografico, album Fotografie IV, p. 24, fotografia n. 3.

Nel dare conto dei risultati della tesi di dottorato ho scelto di presentare qui tre casi di studio relativi agli album fotografici della famiglia Caetani per dimostrarne le potenzialità nonostante il loro numero relativamente ridotto e la brevità dell’arco temporale e, nel caso del volume dedicato al Ballo del 1875 per riesaminarlo sulla base degli studi già svolti e nel contesto dell’intera raccolta. La ricerca storica su questi significativi materiali potrà proseguire soprattutto nell’ottica di fornire elementi utili alla ricostruzione degli anni di formazione di due esponenti della famiglia conosciuti in maggior misura 30

per i meriti acquisiti in età matura. L’energia con cui Gelasio Caetani si dedicò ai propri studi di Ingegneria non è certamente sconosciuta, ma gli album fotografici mostrano come fosse in grado di raccoglierne i frutti ancor prima di laurearsi. Alla stessa maniera, gli album di Roffredo Caetani offrono indizi per indagare la sua pratica fotografica e proporre nuovi elementi utili ad approfondire la conoscenza di altri aspetti, oltre a quelli ben noti in campo musicale, della personalità dell’ultimo duca di Sermoneta. Adele Milozzi


 Cisterna agli inizi del XIX secolo: un esempio di Historical GIS per la ricostruzione degli antichi assetti territoriali Il contributo in oggetto si rifà alla tesi Trasformazioni dell’uso e della copertura del suolo, dinamiche territoriali e ricostruzioni GIS nei possedimenti pontini della famiglia Caetani del dottorato di ricerca in Storia, territorio e patrimonio culturale dell’Università degli studi Roma Tre. Il progetto si inserisce nel filone degli studi geostorici ed ha avuto come obiettivo principale dimostrare come fonti diacroniche ed eterogenee abbinate ad un approccio storico-culturale della lettura del paesaggio possano integrarsi tra loro e divenire strumenti preziosi per lo studio delle trasformazioni territoriali. La consultazione dei documenti d’archivio, in particolare i Regesta Chartarum e il Fondo generale dell’archivio Caetani presso la Fondazione Camillo Caetani, ha fatto emergere materiale di vario genere, soprattutto di carattere locale, utile non solo ad indagare l’influenza della famiglia Caetani sul territorio, ma ad approfondire molteplici tematiche connesse all’utilizzo delle risorse della palude e alle controversie territoriali tra le varie comunità: problemi di confine, vertenze sull’assetto idrologico, conflitti per l’appropriazione di aree umide, incolte e boscose. Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

La contestualizzazione storica, politica e territoriale è servita come base conoscitiva necessaria alla parte applicativa del progetto, volta a evidenziare come da tre differenti tipologie di fonti (mappe del Catasto Gregoriano del 1820, foto aeree dell’Istituto Geografico Militare del 1954 e dati derivati dall’elaborazione di immagini satellitari del 2018) si possano ricavare informazioni sull’uso e sulla copertura del suolo con un grado di dettaglio molto simile ed effettuare analisi comparative multitemporali. In questo contributo, per limiti espositivi, verrà trattata solamente la ricostruzione del territorio di Cisterna nel 1820 attraverso le informazioni desunte dal Catasto Gregoriano. L’utilizzo dei Sistemi Informativi Geografici (GIS) come strumento di ricerca utile per integrare dati storici e spaziali e fonti storiche e attuali vanta ormai un filone di studi consolidato che si apre a dialoghi interdisciplinari. Il metodo geostorico trae indubbi vantaggi dalle moderne tecniche dell’informazione geografica in quanto permette di: visualizzare i dati attraverso cartografia digitale e arricchire le rappresentazioni con animazioni e rendering 3D; gestire 31


un’enorme mole di dati di diversa natura e organizzarli in un database georeferenziato; compiere analisi spaziali statistiche e comparative (I. N. Gregory, K. K. Kemp, R. Mostern, Geographical Information and historical research: current progress and future directions, 2003). La sovrapposizione delle fonti, visualizzabili come strati informativi, fornisce delle chiavi di lettura uniche per leggere i processi di territorializzazione e interpretare i mutamenti del paesaggio e dei processi socioeconomici in un’ottica diacronica. Per questi motivi, oggi si parla di Historical GIS (HGIS) per quei progetti che, integrando le potenzialità degli strumenti di informazione geografica con gli interrogativi della disciplina geostorica, si prefiggono come obiettivo la comprensione del paesaggio/territorio quale prodotto di relazioni fra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato (M. Grava, C. Berti, N. Gabellieri, A. Gallia, Historical GIS. Strumenti digitali per la geografia storica in Italia, 2020, p. 3). L’indagine ha riguardato l’antico territorio di Cisterna che nel 1820 era molto più ampio rispetto all’attuale comune di Cisterna di Latina. Nelle statistiche proposte dallo storico Tito Berti (1884) il comune di Cisterna con i suoi 30.774 ettari era il più esteso della Pianura Pontina; una vasta pianura costituita da una complessa rete idrica di fossi e canali, aree coltivate, pascoli e una folta macchia. 32

Durante il XVI secolo Cisterna divenne oggetto di importanti iniziative da parte dei Caetani che la resero una moderna azienda agricola capace di generare notevoli introiti per le casse del casato. Dal documento relativo alle Memorie di tutte le entrate del Stato dell’Ill.mo Sig. di Sirmoneta del 1525 emerge che Cisterna, con 2000 ducati, rappresentava la voce più consistente delle finanze caetanee (AC, Fondo generale, 1525, n. 122714). Gli interventi sul territorio non furono solamente relativi al miglioramento degli aspetti economici, ma riguardarono anche l’assetto urbano, con la costruzione del palazzo in sostituzione dell’antico castello, l’edificazione di chiese e conventi, la ristrutturazione dell’ospedale e il rimodernamento dell’abitato (Caetani, Domus Caietana. Storia documentata della famiglia Caetani, 1927). Questo impegno rivolto nel restauro del vecchio borgo è testimoniato dal fatto che a metà del XVI secolo Cisterna divenne la residenza e il centro amministrativo, mentre Sermoneta mantenne il titolo di capitale e piazza d’armi dello Stato Caetani. Il forte peso economico del centro urbano, prima di allora esclusivamente luogo di produzione agricola e silvo-pastorale, nasceva dalla sua strategica localizzazione sull’Appia e dalla comodità di trovarsi in pianura e in posizione di controllo rispetto alle altre vie di comunicazione. L’immagine proposta (Fig. 1) rappresenta la cartografia dell’uso del suolo del territorio di Cisterna. In-


torno al borgo di Cisterna, con un’estensione di appena 5 ettari, si concentravano le aree coltivate, in particolare vigneti e oliveti con una netta prevalenza dei primi. Si nota anche una consistente presenza di piccole particelle di ambiente umido che rappresentano canneti, favoriti dall’esistenza di numerosi fossi e canali che attraversavano il territorio. La vicinanza dei canneti alle superfici coltivate non era un fatto anomalo poiché le canne, oltre che per la costruzione di capanne e altri manufatti, venivano utilizzate soprattutto per sorreggere le viti. Le aree coltivate più periferiche erano costituite principalmente da grandi appezzamenti di seminativi e da aree agroforestali, ovvero un’associazione tra pascolo e colture miste. Nel complesso, le superfici agricole occupavano circa 2400 ettari, solamente l’8% del territorio. La copertura principale era costituita dai territori boscati e semi-naturali (85%). Di questa categoria fanno parte principalmente le zone boscate, suddivise in boschi di latifoglie

Fig. 1 – Uso e copertura del suolo nel territorio di Cisterna nel 1820 desunto dalle informazioni del Catasto Gregoriano. Elaborazione dell’Autore in una scena di ArcGIS Pro con basemap Imagery.

Fig. 2 – Territorio di proprietà dei Caetani a Cisterna nel 1820 e aree affittate alle comunità attraverso la tematizzazione delle informazioni del Catasto Gregoriano. Elaborazione dell’Autore in ArcMap con basemap Imagery.

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(27%) e pascolo boscato (38%). Le prime erano prevalenti nell’area centro-settentrionale e in un’estesa parte sud-orientale conosciuta come San Donato. Il pascolo boscato si deve immaginare come una copertura boschiva vera e propria ma predisposta per il pascolo degli animali che nel sottobosco trovavano un luogo ricco di acqua e cibo. Questa tipologia, alla quale si associa la descrizione ‘d’alto fusto’, ‘boscato forte’ o ‘coperta dalle acque la maggior parte dell’anno’, copriva un’area continua e omogenea e costituiva la macchia che dal centro del territorio arrivava fino ai laghi costieri. Nei brogliardi le informazioni più dettagliate riguardano soprattutto i sistemi boschivi ai quali in alcuni casi è indicata la specie, ad esempio ‘quercia fruttifera’ o ‘sughereta’. La pratica del taglio è testimoniata dai boschi cedui, ma anche dall’aggettivo ‘forte’ che viene spesso associato ad alcune zone boschive. I boschi ‘forti’ erano quelli dai quali si ricavava la legna da immettere nel commercio in Italia e all’estero. Di questa remunerativa attività i Caetani erano protagonisti: in un documento del Fondo generale datato 1607 si legge: «Nel Regno non si dispone di legno buono e sufficiente; quindi si fanno trattative con l’amministrazione di casa Caetani per i tagli necessari a Fogliano per la costruzione di un numero grosso di galee e si prevede altre galee per il servizio delle Indie a nome della corona di Spagna» (AC, Fondo generale, n. 11207). Anche lo 34

storico di Sermoneta Pietro Pantanelli (Notizie istoriche appartenenti alla terra di Sermoneta…, Roma 1911) sottolinea che nel 1714 la famiglia prevedeva di fare consistenti tagli nelle selve di Sermoneta e Cisterna e di vendere il legname ricavato ai genovesi. Inoltre, la Macchia di Cisterna era celebre anche per lo svolgimento delle grandi battute di caccia dell’aristocrazia non solo romana, ma anche europea, soprattutto del ramo inglese degli Stuart. Quest’ultimi erano ospiti abitudinari della famiglia Caetani tant’è che per loro venne costruito il casino di Fogliano (L. M. Pennacchi, Geografia ritrovata: paesaggi pontini del XVIII secolo dal palazzo Caetani di Cisterna. Per un regesto delle proprietà Caetani nel XVIII secolo, 2018, pp. 158-176). Le aree a pascolo (16%) ricoprivano soprattutto la parte orientale del territorio e quella nord-orientale vicino Ninfa, ormai distrutta. Comprendevano tutta l’area identificata con Piscinaria, dalle fonti storiche più volte ricordata come lo spazio per eccellenza dedicato al pascolo, spesso ‘acquitrinoso’ e limitrofo a una grande area umida di ‘canne e di giunchi’. Infine, il lago di Fogliano insieme al lago dei Monaci e di Caprolace, costituiva un sistema di corpi idrici continuo: infatti, nella cartografia catastale ottocentesca, i tre bacini vengono presentati come un unico ambiente. Ciò è dovuto senza dubbio a una loro maggior estensione – ridotta dalle opere di bonifica del Novecento – ma anche


ad una commistione tra terra, acqua e fango nelle aree prossime alle sponde che rendeva difficile distinguere le aree asciutte da quelle sommerse dalle acque. Senza dimenticare, inoltre, il sistema di canali che rendeva i tre laghi comunicanti tra loro. Un’altra indicazione dei brogliardi che apre ad analisi ampie e meritevoli di essere approfondite riguarda le proprietà delle particelle catastali. Focalizzando l’attenzione sui possedimenti della famiglia Caetani, emerge che le loro terre si estendevano per circa 27643 ettari, ovvero l’89% del feudo di Cisterna. Da questo dato si comprendono ancor di più i grandi interessi verso questo territorio, le cui risorse (boschi, acque, superfici coltivate e a pascolo) erano pienamente godute dalla famiglia baronale ma non ad uso esclusivo della stessa. Infatti, le rendite derivavano in parte dallo sfruttamento diretto del territorio, dall’altra dall’affitto di alcuni spazi alla comunità di Cisterna e altre confinanti. Queste informazioni sono ancora una volta riportate nei brogliardi nei quali vengono indicati gli affittuari, il prezzo dell’affitto e le modalità di utilizzo dell’area. Le superfici affittate dai Caetani riguardano soprattutto le estese particelle catastali del pascolo boscato, una grande area a scopeto e alcune più piccole a pascolo presso Piscinaria. Leggendo i registri catastali, l’affitto

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consisteva nel concedere a bassianesi, sermonetani e cisternesi la possibilità di pascolare con vacche, maiali e cavalli mediante pagamento. Il forte potere feudale veniva esercitato anche nel tessuto insediativo poiché tutte le case poste nel borgo di Cisterna dovevano pagare un canone annuo di polli ai Caetani (Fig. 2). In questo studio l’HGIS è stato utilizzato per organizzare, georiferire, vettorializzare e interrogare i dati estrapolati dal Catasto Gregoriano, fonte di una grande ricchezza informativa che si presta ad essere analizzata, scomposta e rappresentata attraverso tali strumenti. Si è evidenziato come da un catasto geometrico particellare si possano desumere informazioni sull’uso del suolo e la copertura vegetale, sulla proprietà, ma anche sulla rete stradale e idrografica, sui manufatti e sulle sistemazioni agrarie e sul valore catastale di ogni singola particella. Permette quindi un ampio ventaglio di analisi su diverse tematiche ed è in grado di ricostruire pratiche umane ed elementi ambientali spesso dimenticati e non più presenti nel territorio. In tal senso, le moderne tecnologie di indagine geografica contribuiscono ad ampliare le possibilità di lettura delle fonti geostoriche e a conferire dinamicità ed attualità agli studi sui territori del passato. Diego Gallinelli

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Acquisizioni Savants et découvertes: la Biblioteca di Giovannella Caetani Grénier Se fondare biblioteche equivale – secondo la nota definizione di Marguerite Yourcenar – ad «ammassare riserve contro l’inverno dello spirito», sembra lecito affermare che donare una biblioteca abbia eguale (se non maggiore) valore. Addentrarsi tra i moltissimi libri di Giovannella Caetani, la baronne Grénier, restituisce innumerevoli informazioni non solamente circa la sua formazione – caratterizzata dai molteplici stimoli culturali, ricevuti sin dalla nascita all’interno della propria, illustre ed assai dotta famiglia – ben oltre, si pone quale chiara testimonianza dei numerosi interessi, dei viaggi intrapresi assieme al marito, il barone e ambasciatore belga Albéric Grénier (che la condussero sino a Pechino, alla presenza dell’imperatrice Cixi), e dei contatti con scrittori, scienziati, filosofi. In sintesi, si comprende la cultura aperta, eclettica, dagli ampi orizzonti, caratterizzata da una schietta vivacità intellettuale. All’interno della biblioteca, un tempo conservata nella splendida villa romana progettata nel 1915 per i coniugi Grénier dall’architetto Tullio Passarelli, è possibile individuare alcune sezioni tematiche ben definite, tra cui, ad esempio, quella dei classici della letteratura italiana ed europea, dalla Commedia di Dante (autore assai amato dai Caetani) al Don Quixote di Cervantes (presente in diverse edizioni, quasi tutte in lingua originale), passando per la serie in nove volumi dei Racconti di Čechov (in edizione inglese) sino alle Poesie di Carducci. Accanto a questi volumi vi sono numerosi saggi, letture specialistiche, veri e propri trattati accademici, ove si avvicendano disparate materie, quali storia (come la Chronologie de l’histoire mondiale, donata dalla regina Elisabetta del Belgio), filosofia (molti i testi in tedesco di Hermann Keyserling), pedagogia (Jules Payot), scienza (da Darwin a Lodge), fisica (Werner Karl Heisenberg), sino ad arrivare alla teoria dei quanti (valga un esempio su tutti: The strange story of quantum di Banesh Hoffmann). Numerose sono anche le pubblicazioni di astronomia, unite ad un sottile interesse (forse una fascinazione?) per l’astrologia vera e propria (riscontrabile in diversi volumi, tra cui lo scritto della statunitense Eleanor Kirk, The Influence of the Zodiac upon Human Life). La lista potrebbe proseguire ad libitum, enumerando biografie storiche, letteratura di viaggio, poesie, religione, archeologia e storia dell’arte, tale è la molteplicità di scritti letti e commentati dalla baronessa Grénier, ma ciò che preme rilevare è che le opere esaminate recano diversi segni di appartenenza e studio dell’erudita nobildonna, tra questi i più evidenti sono i suoi ex-libris, così 36


come le firme di appartenenza (sovente apposte a matita), diverse le dediche di scrittrici e scrittori, di amici (ammiratori in alcuni casi?), e a volte, brevi e lucide parole di commento del volume letto («brutto», «bello», «noioso»). La lingua maggiormente ricorrente oltre l’italiano è, evidentemente, il francese, subito seguito dall’inglese, diverse edizioni sono in spagnolo, ed in numero minore, in tedesco. Non ultimo, lo stato di conservazione di diversi volumi attesta che sono stati letti e compulsati con particolare interesse, o frequenza, come riscontrabile da alcuni dorsi allentati delle legature, o dall’aver preservato alcuni volumi, non sempre i più fragili, con rilegature semplici e pratiche (a volte in cartonato). L’assenza di legature pregiate antiche o moderne, così come di rare edizioni di opere manoscritte o miniate, sembra indicare un maggior interesse per il contenuto piuttosto che non per il loro aspetto (diverse sono edizioni di grande tiratura, o in soft cover). Inoltre, come in tutte le biblioteche ‘domestiche’, vi sono riferimenti a libri presi (o ricevuti) in prestito da altri, presenze sporadiche all’interno del nucleo di volumi esaminati, testimoniate dagli ex-libris, che attestano l’appartenenza a due dei fratelli di Giovannella, come Gelasio Caetani (diverse le pubblicazioni da lui curate sulla Caietanorum Genealogia) e di Livio Caetani (forse il più attento alla qualità delle edizioni e dei volumi, il vero bibliofilo della famiglia). Al termine di questo breve e sommario excursus, la biblioteca di Giovannella Caetani Grénier è luogo ideale, benché squisitamente concreto e tangibile, in cui convivono il DVX di Margherita Sarfatti accanto al testo Pour Connaître la Pensée de Karl Marx di Henri Lefebvre, senza per questo individuare le simpatie politiche della nobildonna in nessuno dei due testi, giacché fu avversa al fascismo – tanto da organizzare, in casa propria, nell’ottobre del 1942, un incontro riservato tra la principessa di Piemonte Maria Josè e Monsignor Montini per sondare la possibilità che la monarchia italiana potesse dissociarsi dal regime e stringere accordi con gli alleati mediante il canale riservato del Vaticano – ma, parimenti, rimase lontana dell’ideologia marxista. Una biblioteca realizzata con intelligenza, apertura mentale non comune e amore per la conoscenza, che sarà preservata, tutelata e valorizzata, grazie al generoso lascito voluto dagli eredi della baronne Grénier e all’impegno della Fondazione Camillo Caetani. Dario Beccarini

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Le collane Archivio Caetani

a cura di Caterina Fiorani

Collana concepita per accogliere in una serie organica le pubblicazioni sui diversi fondi dell’intero corpus documentario della famiglia.

Volumi pubblicati 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

C. Fiorani, Il fondo economico dei Caetani duchi di Sermoneta, 2010. G. Bassani, M. Caetani, «Sarà un numero bellissimo». Carteggio 19481959, a cura di M. Tortora, 2011. La rivista «Commerce» e M. Caetani. Direzione di S. Levie, I. Briefwechsel mit deutschsprachigen Autoren, hrsg. von K. Bohnenkamp und S. Levie, 2012. La rivista «Commerce» e M. Caetani. Direzione di S. Levie, II. G. Ungaretti, Lettere a M. Caetani, a cura di S. Levie e M. Tortora, 2012. La rivista «Commerce» e M. Caetani. Direzione di S. Levie, III. Letters from D.S. Mirsky and Helen Iswolsky to M. Caetani, 2015. La rivista «Commerce» e M. Caetani. Direzione di S. Levie, IV. Correspondance française. Paul Valéry – Léon-Paul Fargue – Valery Larbaud. Édition présentée et annotée par E. Rabaté et S. Levie, 2016. La rivista «Commerce» e M. Caetani. Direzione di S. Levie, V. Correspondance française. Marguerite Caetani, Jean Paulhan et les auteurs français. Édition présentée et annotée par L. Brisset et S. Levie, 2017.

Arte, archeologia e storia urbana a cura di Giovanna Sapori

Ideata per accogliere studi su temi in diverse forme e misure connessi alla famiglia Caetani.

Volumi pubblicati

1. 2.

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La pittura del Quattrocento nei feudi Caetani, a cura di A. Cavallaro – S. Petrocchi, 2013. G. Ioele, Prima di Bernini. Giovan Battista Della Porta scultore, 2016. G. Sapori, L’Album amicorum Caetani e le sue immagini. Aristocrazia germanica e viaggi di istruzione a fine Cinquecento, con una Nota tecnica di Maria Cristina Misiti, 2019.


Atti e rendiconti

a cura di Caterina Fiorani

Raccoglie gli atti dei convegni che si sono svolti presso il palazzo Caetani.

Volumi pubblicati 1. 2. 3. 4.

Luigi Fiorani, storico di Roma religiosa e dei Caetani di Sermoneta. A un anno dalla morte, a cura di C. Fiorani e D. Rocciolo, 2013. Giorgio Bassani, critico, redattore, editore, a cura di M. Tortora, 2012. Il Novecento di Marguerite Caetani, a cura di C. Fiorani e M. Tortora, 2017. Avanguardia a più voci. Scritti per Jacqueline Risset, a cura di U. Todini, A. Cortellessa, M. Tortora, 2020.

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Schede di libri Principi e corti nel Rinascimento meridionale. I Caetani e le altre signorie nel Regno di Napoli, a cura di Fulvio Delle Donne – Giovanni Pesiri, Roma, Viella, 2020. Il volume intende analizzare l’impulso offerto dalle corti signorili presenti nell’Italia meridionale alle reti letterarie, culturali, economiche e di persone che si snodarono e svilupparono tra la fine del XIV e l’inizio del XVI secolo. I Caetani ebbero un ruolo di primo rilievo in quanto presenti efficacemente sul territorio tra Fondi e Sermoneta dove avevano fissato la loro sede.

Laurie Dennett, La principessa americana. La vita straordinaria di Marguerite Chapin Caetani, mecenate dell’arte, giardiniera a Ninfa, traduzione di Lorenzo Salvagni, Torino, Allemandi, 2020. Esce nel 2020 la traduzione italiana di The American Princess di Laurie Dennett, pubblicata negli Stati Uniti nel 2016, e ora, grazie ad Allemandi editore, e alla traduzione di Lorenzo Salvagni (già attento studioso della famiglia Caetani), disponibile per il pubblico italiano. Si tratta di un’attenta biografia di una delle figure femminili più brillanti della cultura europea del Novecento: Marguerite Chapin, moglie di Roffredo Caetani. A lei si devono due imprese memorabili nel contesto prima europeo (e specificamente quello dell’entre-deux40


guerres) e poi italiano (del secondo dopoguerra): le riviste «Commerce» e «Botteghe Oscure». Di queste due riviste Marguerite Caetani è stata direttrice ombra, redattrice, e generosa mecenate; ma soprattutto è stata la promotrice di un dialogo tra le culture, la cui importanza viene percepita ancora oggi. La principessa americana è un libro estremamente documentato, capace di spaziare in tutti i campi che hanno interessato Marguerite: la letteratura certamente, ma anche l’arte, il giardinaggio, e latamente la politica. Ma la mole documentaria non sfocia mai nell’erudizione, e un piglio fortemente narrativo consente una lettura appassionata, che poi è la passione per la lettura che ha contraddistinto la vita di Marguerite Chapin.

Giorgio Bassani, Interviste 1955-1993, a cura di Beatrice Pacchiari – Domenico Scarpa, con una premessa di Paola Bassani, Milano, Feltrinelli, 2020. Anno dopo anno la figura di Giorgio Bassani diventa sempre più determinante per comprendere il percorso culturale e letterario del secondo Novecento. E non ci riferiamo solo al narratore – di cui Feltrinelli sta ripubblicando tutta l’opera – ma anche all’intellettuale, capace di intervenire in questioni legate al romanzo, alla poesia, alla società civile. Quest’importanza è ribadita dalla recente edizione delle Interviste 1955-1993, sempre per Feltrinelli, e a cura di Beatrice Pecchiari e di Domenico Scarpa. Si tratta di un’ininterrotta presenza di Bassani nella seconda parte del secolo breve. La sua voce è sempre garbata, e pure ferma nel difendere sempre e comunque un urbano decoro (per usare un termine sereniano) del ‘fare cultura’. Per questo motivo Bassani prende le distanze da tutte le forme letterarie più iconoclaste, e non esita a rivendicare la sua discendenza crociana e la sua fedeltà al romanzo ottocentesco. E da autore dichiaratamente non comunista è risoluto a difendere sempre e comunque i suoi ideali antifascisti. Certamente le interviste (così come gli interventi saggistici) dei grandi autori aiutano a comprendere i grandi fenomeni culturali in atto in un determinato periodo: per questo motivo la raccolta unitaria delle Interviste giunge opportuna. È un modo per seguire il tortuoso cammino del secondo Novecento.

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Archivio 1. Il fondo Miscellanea Il fondo Miscellanea, di circa 1000 unità archivistiche e per un lungo arco cronologico di quasi 500 anni, raccoglie la documentazione raccolta dalla famiglia Caetani durante le attività di cinque secoli. Il fondo custodisce infatti documentazione di argomento amministrativo, come gli statuti comunali emanati dai duchi nei confronti della popolazione locale, o attestati di scambi di terreni, acquisti o transazioni patrimoniali. Molti documenti riguardano le lunghe controversie circa la gestione delle attività di sfruttamento del suolo o del territorio: pesca, taglio legna, pascolo o coltivazione. Una cospicua sezione del fondo raccoglie invece volumi di ambito letterario, come il pregevole codice quattrocentesco della Commedia, o cronache e diari redatti dagli intendenti di Casa. La Fondazione ha voluto diffondere e rendere fruibile questa notevole fonte storica tramite l’informatizzazione dell’inventario, curata dal dott. Michele Carosi. Lo strumento elettronico e la consultazione di inventari e indici dei nomi e di luoghi, tramite web, sono gli ausili necessari e ormai imprescindibili per ottenere tali risultati. 2. Il fondo Gonzaga Il lavoro di digitalizzazione del fondo Gonzaga nasce dalla necessità di produrre copia immateriale del fondo nella sua interezza (4 unità, 103 unità archivistiche, 1542-1594) e dall’urgenza di acquisire le immagini di quei documenti in esso contenuti con diffusa fragilità del supporto cartaceo. Il file digitale fotografico offre allo studioso la possibilità di avere piena analisi del documento e all’unisono lo sottrae dalla logorante manipolazione che a lungo andare mina il condizionamento della carta. 42

Il fondo si presenta generalmente in discrete condizioni di conservazione, fatta eccezione per un certo numero di fascicoli con preoccupante stato di disgregazione materica. Per acquisire le immagini di questi ultimi si è osservata grande cautela durante le fasi di spostamento dal faldone allo sfondo neutro su cui sarebbero stati fotografati. Dal punto di vista tecnico, si è costruito un set fotografico con uno speciale cavalletto con collo a T il quale ha permesso di collocare la macchina fotografica esattamente sopra il documento in perfetto asse perpendicolare ad esso. Tale collocazione esclude sgradevoli deformazioni prospettiche che snaturano le proporzioni del documento. Lavorando di fino nel senso della prospettiva, ho infine scelto di utilizzare un obiettivo fisso di 50 millimetri che offre la più bassa deformazione ottica possibile. La macchina fotografica utilizzata è stata una Fuji XT-3 con 26,4 milioni di pixel, capace di rendere immagini stampabili fino a circa 1,8 metri senza distorsione. Particolare cura è stata osservata alla fonte di luce. Si è scelto di oscurare quella naturale unidirezionale proveniente dal finestrone che, per ovvi motivi, avrebbe creato un chiaro scuro non utile ai nostri fini. Ci siamo affidati a un flash opportunamente schermato con diffusore attenuante e collocato a una certa altezza dal documento grazie a uno stand. Le fotografie ottenute mostrano una completa nitidezza dei caratteri e una giusta morbidezza di luce sull’intero campo documentario. Il fondo Gonzaga resta bisognoso di un intervento di restauro; la sua digitalizzazione, che consta di circa 2400 scatti, ne preserva lo stato attuale di conservazione e al contempo non lo esclude dalla eventuale consultabilità ai fini di ricerca. Francesco Cantone


3. Il fondo culturale Marguerite Caetani Nel corso del 2020 la Fondazione ha affidato al dott. Francesco Cantone il lavoro di ricondizionatura del fondo culturale di Marguerite Caetani. Tale lavoro ha comportato una revisione sistematica del posseduto dalla Fondazione e un miglioramento della fascicolazione. Il lavoro di revisione ha avuto soprattutto il merito di identificare alcune delle firme apposte a lettere contenute in un generico fascicolo Lettere indecifrabili. Sono state così riconosciute le firme di Roethke, Lowell, Singer, Nancy Wilson, Bernard Wall e William Carlos Williams. L’avvenuta riemersione dall’oblio ha arricchito la pubblicazione curata dalla prof.ssa Cristina Giorcelli sulla corrispondenza intercorsa tra la principessa Marguerite Caetani e gli autori statunitensi apparsi nella rivista «Botteghe Oscure». 4. Il fondo fotografico Il primo intervento di digitalizzazione del fondo fotografico dell’Archivio Caetani ha riguardato 3000 fotografie che, a partire da luglio 2020, sono state schedate in formato digitale su piattaforma Sinapsi; in questo arco di tempo ho condotto il lavoro secondo 3 fasi, articolate nelle seguenti attività. Fase 1: schedatura digitale delle schede fotografiche cartacee – Acquisizione in formato digitale in alta risoluzione delle schede fotografiche cartacee. – Riscontro inventariale e verifica del numero complessivo delle schede. – Ricollocazione delle schede secondo l’ordine numerico. – Verifica della correttezza dei dati riportati sulle schede fotografiche (numero di negativo, quantità dei negativi, titolo, supporto originale) e implementazione dei dati stessi. – Creazione delle schede fotografiche diPalazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

gitali nella banca dati Sinapsi secondo la suddivisione per ‘temi’ (Amici e personalità, Documenti e lettere, Famiglia, Fogliano, Guerra e Esercito, Località varie, Sermoneta, Palazzo Caetani, Varie) data al fondo delle schede cartacee. Compilazione delle schede informatizzate non limitandosi ad un semplice data entry delle informazioni contenute nelle schede fotografiche cartacee ma verificandole, correggendole e implementandole; le schede sono state inserite secondo l’ordine numerico progressivo delle schede fotografiche cartacee; inoltre sono state create nuove ‘voci d’indice’ e ‘fonti’, poi messe in relazione con le singole schede fotografiche informatizzate.

Nell’attività svolta nella Fase 1 sono state create 1531 schede fotografiche informatizzate a fronte delle 1442 schede cartacee che ci si aspettava, stando al loro numero d’inventario progressivo; ciò perché i precedenti archivisti del fondo hanno usato una ‘sottonumerazione’ (ad es. inv. n. 1367_1, 1367_2 , 1367_3 ecc.); in altri casi, invece, hanno attribuito un doppio numero d’inventario a singole schede cartacee; in questo ultimo caso, d’accordo con la Direzione dell’Archivio, si è proceduto ad attribuire alla scheda fotografica informatizzata il doppio numero d’inventario indicato nella scheda cartacea, ma solo qualora essa riportasse ad un solo numero di negativo fotografico (ad es. inv. n. 1366-1367, Testa entro clipeo, neg. n. 396); qualora, invece, la singola scheda cartacea presentasse un doppio numero d’inventario e l’indicazione di due numeri di negativo, verificata l’esistenza e la corrispondenza dei negativi citati in scheda, si è proceduto a creare dalla singola scheda cartacea due schede informatizzate, associando a ciascun numero d’inventario un numero di negativo (ad esempio, la scheda cartacea n. 468-469, Ciociare, nn. negg. 627/629, nella redazione informatizzata è diventata: scheda n. 468, Ciociare, neg. 468; scheda n. 469, Ciociare, neg. 469). 43


Il lavoro della Fase 1 non è consistito in un semplice inserimento nella piattaforma informatizzata dei dati riportati nelle schede cartacee; come accennato sopra, infatti, si è provveduto a verificare, correggere e implementare dette informazioni. In particolare, i personaggi indicati solo con il titolo nobiliare sono stati individuati e inseriti nei campi ‘titolo’ e, talvolta, ‘contenuto’ con nome, cognome e titolo nobiliare; di queste personalità sono state create le relative schede nelle ‘voci d’indice’ e messe in correlazione con le schede fotografiche informatizzate. Le schede ‘voci d’indice’ sono state implementate con l’inserimento di numerosi nomi di artisti (ad esempio Antonio Cavallucci, Paul Brill, Cristoforo Roncalli, Pompeo Batoni, Girolamo Siciolante da Sermoneta, Paris Nogari ecc.) e di luoghi. Data la formazione di storica dell’arte, ho rivolto particolare attenzione alla descrizione delle fotografie relative al patrimonio 44

storico-artistico e architettonico, andando a verificare titoli, autori e luoghi, anche sulla base della ricerca bibliografica che, a sua volta, ha portato all’implementazione delle schede relative alle ‘fonti’. Particolare rilievo è stato dato, inoltre, agli autori delle fotografie, i cui nomi sono stati inseriti come voci d’indice di persona o di ente (nel caso degli studi fotografici). Questo lavoro di verifica e ricerca ha consentito, quindi, di ‘aggiornare’ le schede, ossia di: – correggere le informazioni, come nel caso di alcuni affreschi ancora in loco a Ninfa ma erroneamente indicati nella schede cartacee come staccati e trasferiti al Castello di Sermoneta (schede nn. 754-757); – implementare le informazioni, come nel caso, ad esempio, delle schede degli affreschi di Palazzo Rospigliosi, nelle qua-


li sono stati aggiunti autore e titoli (mancanti nelle schede cartacee), o come nel caso delle riproduzioni fotografiche delle incisioni, alle cui schede digitali sono stati aggiunti gli autori e i titoli propri dove le schede cartacee riportavano genericamente il solo soggetto; ancora, nel caso di schede in cui c’erano localizzazioni generiche (Grindelwald, Pontresina, Tirolo) sono stati aggiunti, ove possibile, dei titoli più puntuali come Le tre cime di Lavaredo in luogo del generico Tirolo indicato nella scheda cartacea; riattribuire titoli corretti come nel caso del campanile del Duomo di Anagni, invece individuato nella scheda fotografica (n. 1142-1143) con il campanile della chiesa di Santa Maria Assunta a Sermoneta, o della chiesa di Santa Maria Maggiore a Fondi confusa con quella di San Pietro; dare titoli e localizzazioni ex novo a

Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

schede che ne erano prive; 119 schede fotografiche sono risultate prive dell’indicazione sia del titolo sia della localizzazione; facendo ricerche bibliografiche e confronti è stato possibile attribuire i corretti titoli e localizzazioni a 50 immagini; fare rimandi ad altri fondi, come nel caso delle foto dei disegni e delle mappe di Ninfa nelle cui schede fotografiche informatizzate (nel campo ‘Nota dell’archivista’) sono stati inseriti i numeri d’inventario degli originali conservati nel Fondo Piante e Mappe.

Fase 2: catalogazione informatizzata degli album fotografici Al fine di raggiungere il numero totale di 3000 schede fotografiche previste, dietro indicazione della Direzione dell’Archivio, si è 45


passati a inventariare e catalogare sulla piattaforma Sinapsi anche gli album fotografici conservati in Archivio. Sulla piattaforma è stata creata, quindi, una nuova serie archivistica, denominata ‘album fotografici’, che è stata aggiunta all’originario albero gerarchico; all’interno della nuova serie sono state create le schede dei 49 album fotografici conservati in Fondazione. Ogni Album cartaceo è stato descritto in una scheda fotografica ‘madre’ informatizzata; ciò affinché si possa poi procedere, con attività future, alla schedatura informatizzata delle fotografie raccolte in tutti i singoli album. Ad ogni album è stato attribuito un numero di segnatura (da ‘album 1’ ad ‘album 48’, giacché esiste una busta, individuata dalla segnatura ‘Album 5 bis’, contenente fotografie sciolte legate all’Album 5); in ogni scheda è stato riportato il titolo dell’album, ove presente; nel caso di mancanza di un titolo originario, ne è stato attribuito uno sulla base del contenuto. Ciascun album è stato descritto sia fisicamente (materia, misure, numero di fogli, numero di fotografie) sia nel contenuto, inserendo le voci d’indice dei personaggi cui sono appartenuti, nonché quelle dei luoghi e delle personalità che figurano nell’album. L’esame degli album (spesso ricchi di didascalie) ha consentito di individuare luoghi e persone già presenti nelle schede fotografiche cartacee; in tali casi si è provveduto ad aggiornare le schede fotografiche informatizzate facendo riferimento all’album nel campo ‘Nota dell’archivista’. Inoltre, lo studio contestuale alla catalogazione ha consentito di riconoscere, tra gli album senza titolo, quello dedicato al funerale di Gelasio Caetani (1934); l’identificazione si basa su vari elementi: – la presenza di alcune personalità in divisa del Partito Nazionale Fascista che suggerisce di datare l’evento successivamente al 1922; – individuato il terminus post quem, un indizio è fornito dalla presenza del solo 46

Roffredo tra i fratelli Caetani nel corteo funebre (Livio era morto durante la Grande Guerra, Michelangelo era malato, Leone viveva in Canada; non può trattarsi delle foto del funerale di Camillo, figlio di Roffredo, morto al fronte nel 1941 giacché le immagini relative alla sua salma sono tra le foto non ancora condizionate presenti in archivio); soprattutto, sulla bara sono esposti un elmetto Adrian (usato dai militari del regio Esercito nella Prima guerra mondiale), una sciabola e un’ascia (rimando, quest’ultimo, all’Arma del Genio, di cui Gelasio fece parte durante il conflitto).

Si tratta di una piccola scoperta in un fondo che riserva moltissime sorprese e che conserva fonti preziose circa le Esplorazioni, l’Oriente, la Grande Guerra ma anche relative alla storia del territorio del basso Lazio nonché alle personalità della Roma tra ’800 e ’900. Fase 3: digitalizzazione e catalogazione informatizzata delle fotografie contenute in alcuni album fotografici Dato il contenuto prezioso degli album fotografici, e al fine di raggiungere il numero necessario di schede per arrivare a ‘quota 3000’, si è passati a digitalizzare le fotografie contenute nei seguenti album: – Livio Caetani. Fotografie del viaggio d’esplorazione all’Omo e al Lago Rodolfo; – Gelasio Caetani, La guerra europea, voll.I-II; – Ballo in costume in casa Caetani; – Ritratti della Gens Caietana dal 1867 al 1935. Ogni foglio degli album è stato numerato a matita e ogni fotografia individuata da lettera maiuscola. In mancanza di uno scanner planetario (più idoneo all’acquisizione in formato


digitale di libri e album di grandi dimensioni), le immagini sono state acquisite sistemando lo scanner ad altezze diverse (utilizzando libri e faldoni come basi) per creare la distanza utile ad ottenere l’inquadratura corretta. Nel caso dell’Album di Livio l’acquisizione in digitale delle immagini è stata particolarmente laboriosa, sia per le dimensioni del volume, sia per la presenza di numerosi ‘panorami’ composti da 2, 3, 4 fotografie unite insieme e ripiegate su se stesse. Le fotografie sono state catalogate su piattaforma Sinapsi come schede fotografiche ‘figlie’; la segnatura di ogni foto include in sequenza il numero di album, il numero del foglio e la lettera che identifica la foto; per quanto riguarda i titoli, si sono utilizzate le didascalie, ove presenti; negli altri casi sono stati attribuiti alle singole immagini titoli descrittivi generici. Per l’album dell’esplorazione di Livio Caetani si è intervenuti nella trascrizione Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

delle didascalie, verificando il più possibile la correttezza delle parole e tendendo a uniformare la loro scrittura (ovviando così al fatto che alcune ricorressero a volte accentate, a volte no, e che altre talvolta riportassero la K invece della C). La schedatura di questo album necessiterebbe di un approfondimento specialistico; ad una prima, rapida verifica, infatti, molte località non trovano un attuale riscontro o presentano dei nomi che vengono oggi identificati con tribù. Questo lascia pensare che i luoghi fotografati documentino una ‘geografia storica’, anche nei nomi, che necessiti quindi di un approfondimento alla luce di confronti con i materiali bibliografici e i fondi fotografici d’epoca. L’album dell’esplorazione di Livio costituisce una testimonianza fotografica di eccezionale importanza: oltre 400 fotografie relative alla spedizione al fiume Omo e al soggiorno di Livio Caetani ad Addis Abeba tra il 1906 e il 1907. 47


Sulla scorta della ricerca bibliografica («Rivista Coloniale» in primis), è stato possibile identificare l’autore delle foto contenute in quest’album con Secondo Bertolani, titolare della stazione telegrafica di Addis Abeba e fotografo amatoriale, del quale la raccolta fotografica dell’Isiao conserva un fondo importante con il quale sarebbe interessante (e auspicabile) confrontare quello dell’archivio Caetani. Gli album di Gelasio Caetani relativi alla Guerra Europea sono una testimonianza altrettanto preziosa in quanto documentano visivamente il conflitto, con particolare riferimento agli studi propedeutici all’esplosione della cima del Col di Lana e alla realizzazione delle gallerie sotterranee sul Carso. Anche in questo caso un approfondito, successivo studio potrebbe portare a correlare in modo più puntuale questo fondo fotografico con le Lettere di guerra di un ufficiale del Genio, di Gelasio Caetani, riedite dalla Fondazione Camillo Caetani nel 2007. Ma ulteriori contributi alla conoscenza giungerebbero senza dubbio dalla schedatura degli altri album (in primis dai sette piccoli album della Raccolta delle fotografie trovate tra le carte di Don Livio) nonché dal riordino delle numerose fotografie sciolte che potrebbero costituire un’ulteriore serie archivistica; benché, ad un rapido esame, sia sembrato di riconoscere tra di esse molte stampe di fotografie già schedate, al contempo si sono notate immagini ancora inedite e ‘complementari’ a quelle note che risulterebbero certamente preziose per una ricostruzione più completa, sia della ‘storia per immagini’ della famiglia Caetani, sia del contesto storico-sociale romano e regionale – ma anche nazionale ed internazionale – in

cui gli ultimi esponenti della casata hanno vissuto e operato. Desirée Tomasselli 5. Il fondo Contenzioso Si è conclusa l’esercitazione di stage per la dott.ssa Teresa D’Avelli, proposta in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata per l’informatizzazione dell’inventario cartaceo del fondo Contenzioso. Si tratta di documentazione inerente soprattutto cause in corso e cause cessate, divisione operata dai Caetani stessi durante lo svolgimento delle loro varie attività. Anche questo inventario verrà messo a disposizione degli studiosi tramite il sito della Fondazione Camillo Caetani. 6. Migrazione microfilm in digitale La Fondazione Camillo Caetani, agli inizi degli anni Novanta, aveva proceduto alla microfilmatura del fondo generale. Il Consiglio aveva ritenuto opportuno procedere alla creazione di una copia di backup del più ampio fondo conservato dalla Fondazione e prodotto dalla famiglia Caetani in 500 anni di storia. Nel corso del 2020 la Fondazione ha curato la migrazione delle quasi 300 bobine di microfilm, trasformandole in digitale: l’operazione ha prodotto una mole di 680000 files di dati digitali. La nuova sfida che la Fondazione ha voluto affidare alla dott.ssa Chiara Rotondi, dal 1 settembre 2020, è la sistematica descrizione informatica del fondo generale cui saranno agganciate le immagini digitali tratte dalla digitalizzazione del microfilm.

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Laboratori e Convegni Caietana. Nuove ricerche e prospettive degli studi sulla famiglia Caetani A seguito del più che decennale rapporto con il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre, nell’ambito del Dottorato di ricerca in Storia e Conservazione dell’Oggetto d’arte e di architettura, a cui la Fondazione ha finanziato una borsa di studio triennale, si è svolto il secondo incontro tra i borsisti, occasione per comunicazione e confronto sulle varie ricerche gravitanti intorno a temi storici, archeologici e artistici pertinenti la famiglia Caetani.

Nocchi, i cui atti sono ormai di prossima uscita. Hanno preso parte all’incontro illustri studiosi ed è stata l’occasione di poter discutere un tema ormai di importanza fondamentale per la piena comprensione della storia dell’arte della seconda metà del Cinquecento e del secolo successivo. Il convegno è inoltre interamente visibile nel Nuovo Archivio Multimediale dell’Accademia Nazionale di San Luca, che ha ospitato la prima giornata (http://nam.accademiasanluca.eu/ nam/index.do?text=scultori+circolazione) (Livia Nocchi).

Circolazione, scambi e modelli: gli scultori a Roma nella metà del Cinquecento Il 22 marzo 2019 si è svolta presso la Fondazione Camillo Caetani la seconda giornata del convegno Circolazione, scambi e modelli: gli scultori a Roma nella metà del Cinquecento, organizzato da Grégoire Extermann, Tancredi Farina, Giovanna Ioele e Livia Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

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Caetani vs. Borgia: la spada di Cesare A seguito del rinnovato allestimento del celebre manufatto artistico, la Fondazione ha organizzato un laboratorio a cui hanno partecipato Duccio K. Marignoli di Montecorona, Fulvio Cervini, Sir Timothy Clifford, Sante Guido, Manuel Vaquero Piñeiro, Francesco Leonelli. L’incontro si è concentrato sul restauro, sul significato storico artistico, sulla rivalsa storica dell’acquisto da parte di casa Caetani. Nella sala adiacente al laboratorio è stata allestita una mostra documentaria che ha presentato la bolla di Giulio II che reintegrava i Caetani dei loro possedimenti, il codice di Lucrezia Borgia cui l’erasione della firma era inteso come estremo tentativo di damnatio memoriae da parte dei Caetani, e infine i documenti di acquisto da parte di mons. Onorato, sul finire del Settecento, proprio della spada come rivalsa contro i Borgia da lui definiti come gli «acerrimi nemici di Sua Casa». 50

Roma capitale: la città laica, la città religiosa (1870-1915) La Fondazione Camillo Caetani, in collaborazione con il Centro Studi Roma ’800, l’Istituto Sturzo e la Società Romana di Storia Patria, ha organizzato un ROMA CAPITALE: convegno dal titolo Roma capitale: la città laica, la città religiosa (1870-1915), che si è svolto dal 21 al 24 settembre 2020, apertosi presso l’Aula Giulia Cesare, alla presenza della sindaca Virginia Raggi. Il convegno internazionale ha voluto essere l’occasione per una riflessione storiografica sul complesso tema di Roma Capitale e sulle vicende storiche e politiche avvenute nel primo cinquantennio della Campidoglio, Sala della Protomoteca

Le identità nazionali nella nuova Roma

Fondazione Camillo Caetani

Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo

Biblioteca di storia moderna e contemporanea

con il patrocinio dell'Università degli studi di Roma “Tor Vergata”

Ore 15:00 Presiede Giuseppe Monsagrati (Ordinario Storia del Risorgimento) Fernando Garcia Sanz (Consejo Superior de Investigaciones Científicas), Roma e la Spagna: ambasciate, ambasciatori e politica estera Arthur Hérisson (Ecole française de Rome), I cattolici francesi di fronte alle due Rome

dopo il 20 settembre Francesco Guida (Università “Roma Tre”), Un’utile neutralità: la presa di Roma e l’Austria-Ungheria Daniele Fiorentino (Università “Roma Tre”), Tra Grand Tour e grandi ideali: gli americani e Roma capitale Giovanni Iamartino (Università di Milano), La breccia di Porta Pia nella stampa inglese del tempo Marina Formica (Ordinaria Storia Moderna), Conclusioni

L’accesso avviene solo su prenotazione tramite i seguenti indirizzi: per il Campidoglio eventi@fondazionecamillocaetani.it

per l’Istituto Luigi Sturzo coordinamentogenerale@sturzo.it per la Biblioteca di storia moderna e contemporanea bsmc.prenotazioni@gmail.com

Per le sessioni presso la Fondazione Camillo Caetani l’accesso è libero fino ad esaurimento posti

In ottemperanza alla vigente normativa in materia sanitaria, si procederà alla misurazione della temperatura e alla registrazione. Sarà obbligo indossare la mascherina e rispettare il distanziamento fisico. In considerazione di tali limitazioni e per consentire una più ampia fruizione le sessioni saranno trasmesse sul canale Youtube della Fondazione Camillo Caetani. Organizzazione scientifica a cura di Marina Formica, con Tommaso di Carpegna, Giuseppe M. Croce, Luigi Giorgi, Giuseppe Monsagrati, Paola Pavan, Antonio Rodinò di Miglione, Patrizia Rusciani Segreteria Caterina Fiorani 375 6370674 eventi@fondazionecamillocaetani.it

Si ringraziano il Comune di Roma e l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi (ICBSA) per la collaborazione

In copertina: Museo Centrale del Risorgimento, Ricordo commemorativo dedicato a Vittorio Emanuele II per il 20 settembre 1870. Litografia colorata a mano

LA CITTÀ LAICA, LA CITTÀ RELIGIOSA (1870-1915)

Convegno internazionale Roma, 21-24 settembre 2020


Roma italiana. Sono state analizzate le modalità del governo della Città, la presenza delle identità religiose, dei ceti e gruppi imprenditoriali e delle famiglie nobiliari nonché la creazione della Capitale culturale, passando per le identità nazionali della nuova Roma.

Italia mia. Il madrigale italiano da Petrarca a Monteverdi La Fondazione Camillo Caetani ha ospitato a Palazzo Caetani dal 29 settembre al 2 ottobre la prima sessione dell’articolato progetto sul madrigale italiano da Petrarca a Monteverdi, curata dall’Associazione Ghimel. Il progetto, concepito e articolato su un percorso triennale, prevede seminari, conferenze e concerti incentrati su quello che è forse il punto più alto del rapporto poesia-musica che la cultura italiana abbia saputo concepire e che nella sua forma come nei contenuti ha dettato legge a tutta l’Europa musicale del pieno Rinascimento. Questa prima sessione, incentrata soprattutto su Luca Marenzio e sul musicista di corte dei Gonzaga Giaches de Wert, è stata occupata dalle lezioni-seminario per l’esecuzione dei madrigali, a cura del Maestro Walter Testolin e dell’ensemble Rosso Porpora.

dinaria importanza si è concretizzata presso la sede della Fondazione Camillo Caetani in occasione dell’incontro/laboratorio dal titolo Città e fortificazioni nella prima età moderna: il cantiere di Sermoneta, durante il quale i contributi di Paolo Fiore, Guglielmo Villa e della scrivente hanno consentito di mettere in relazione Sermoneta con l’Europa e hanno fornito una ipotesi sulle fasi principali del cantiere sia delle mura urbiche che del Castello Caetani. C’è da chiedersi, visti l’importanza e l’ottimo stato di conservazione delle mura di Sermoneta, quale sia il motivo per cui la storia del sistema difensivo della città caetana sia stata poco trattata. Gelasio Caetani (1877-1934), che così appassionatamente si dedicò al riordino dell’archivio avito proseguendo l’attività avviata dal fratello maggiore Leone all’inizio del ’900, deve aver visto e studiato i documenti da me individuati qualche decennio dopo, ma evidentemente l’imponente opera dedicata alla storia della sua famiglia, la Domus Caetana, deve aver

Città e fortificazioni nella prima età moderna: il cantiere di Sermoneta La storia della costruzione del sistema difensivo di Sermoneta non è stata ancora scritta ma i numerosi documenti che sono conservati presso l’archivio Caetani sono ricchi di informazioni e meritano di essere conosciuti. L’opportunità per trattare della loro straorPalazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

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assorbito tutte le sue attenzioni. Tuttavia, in una nota al testo della Domus egli aveva espresso il proposito di dedicare un’opera al Castello e alle difese di Sermoneta, cosa che non gli riuscì di fare prima della morte che lo colse all’età di 57 anni. Il tema delle difese della città è un tema avvincente e direi centrale per chi voglia comprendere le leggi che determinarono la costruzione delle città. Le mura nascono insieme alla città: esse sono in tempo di pace recinto, perimetro, delimitazione dello spazio adibito alla vita urbana e linea di separazione dal territorio della campagna; e in tempo di guerra sono riparo, scudo difensivo, simbolo di forza. La storia del territorio come terra da difendere da nemici sia locali che provenienti da altri Stati, fa emergere con più chiarezza il destino di molte città come Sermoneta che vengono trasformate in piazze d’armi militari per ragioni strategiche e, in questo modo, sacrificate alla difesa di una vasta porzione di territorio. Sacrificio pagato principalmente dalle popolazioni civili vessate da dazi, carestie, prepotenze, argomento di cui la storia non si è occupata abbastanza. I Caetani, grazie alla loro dichiarata e duratura fedeltà allo Stato della Chiesa di Roma, sono stati per molti secoli una dinastia ricca e illuminata e Sermoneta, sotto il loro governo, ha vissuto un continuo, lento ma costante progresso. È stata, infatti, la città capitale del feudo che comprendeva Ninfa, Bassiano, S. Felice e S. Donato e le terre fino a S. Felice Circeo e al mare, luogo di riferimento del potere della famiglia e sua residenza. La scoperta delle numerose fonti dell’archivio Caetani sul tema delle difese, che vanno dalla metà del XV alla metà del XVII secolo, hanno reso evidente come Sermoneta abbia partecipato a un dibattito epocale focalizzato sulla riorganizzazione delle difese cosiddette alla moderna a seguito dell’avvento delle armi da fuoco. Le fonti ci raccontano come per tutto il Medioevo bravi magistri erano in grado di 52

sottoscrivere capitolati di appalto per la costruzione di recinti fortificati, come il noto contratto che leggiamo da un protocollo del notaio Tuzi sottoscritto nel 1448 tra Onorato Caetani (1421-1477) e il magister Pietro Giovanni di Castro Ripi da Napoli, nel quale si impegnarono a costruire quel tratto delle mura sermonetane nel quartiere di Torrenuova. A quel tempo bisognava costruire mura alte e scarpate adatte alla difesa a tiro piombante perché l’altezza doveva impedire o rendere al nemico più difficoltosa la scalata e al contempo garantire la difesa agli assediati che, dall’alto degli spalti, gettavano a piombo ogni cosa utile a ricacciare indietro il nemico. Tutto ciò risultò drammaticamente inutile di fronte ai nuovi scenari bellici che dalla fine del XV secolo videro la comparsa delle artiglierie pesanti: il nemico non aveva più la necessità di giungere al piede delle mura, ma era sufficiente posizionare a dovuta distanza le possenti bombarde e con quelle sfondare le mura, penetrare nelle città e conquistarle. Nel 1494 Carlo VIII di Francia, nell’attraversare la penisola diretto verso Napoli alla testa di un forte esercito munito di pesanti artiglierie, non trovò alcuna opposizione da parte delle armate locali. Questa fu l’occasione per le potenze italiane di comprendere l’inadeguatezza delle proprie difese, inaugurando una fase politica contraddistinta da una frenetica corsa agli armamenti. In un panorama politico in cui le maggiori potenze europee con alterne alleanze e con sempre nuovi pretesti entravano in guerra tra loro, l’attività principale divenne dotarsi del sistema necessario per difendersi e vincere: nuove armi, nuovi eserciti addestrati alle armi da fuoco e nuove fortificazioni alla moderna. Bisognava anteporre alle vecchie mura altre barriere per allontanare le postazioni del nemico, costruire fossati, eliminare o abbassare le torri (diventate ormai facili bersagli per il tiro dei cannoni), costrui-


re nuove mura con un fronte continuo di tratti rettilinei alternati a bastioni a forma pentagonale. Diventava fondamentale lo studio del territorio e dei luoghi in funzione della loro morfologia, ed era all’architetto che veniva delegata la decisione di lasciare o abbattere gli edifici preesistenti fuori dalle mura come i conventi o gli edifici industriali (operazione chiamata guasto); era l’architetto che doveva stabilire quali vie di accesso sbarrare, quali aree considerare luoghi deboli da rinforzare e quali presidiare perché ritenuti luoghi forti. Così troviamo scritto da Giovanni Andrea Cesareo, segretario di Bonifacio Caetani (1516-1574) il 31 luglio 1556: «sto in Sermoneta con M° Giulio architettore mandato dal cardinale a rifare (?) alcuni luoghi deboli con trencere e cose simili intorno alla terra per gli sospetti che (…) sono di imperiali quali hanno e cavalli e fanti». Discipline come la geometria, la matematica, la fisica, la balistica vengono utilizzate per il progetto del nuovo fronte bastionato e ha inizio in questo secolo una vera e propria ‘scienza della guerra’. È in questo momento che la figura dell’architetto si definisce con più vigore come soggetto di importanza sociale indispensabile alla politica del governo della città perché era a lui che veniva affidata la sorte dell’intera collettività. Anche la storia della città di Sermoneta è segnata da questo mutamento improvviso: numerosissimi sono i disegni corredati da annotazioni, relazioni tecniche, lettere in cui si mettono a confronto considerazioni su una materia ancora sperimentale. Esse confermano come Sermoneta da città ‘culla del feudo Caetani’ venga destinata a essere città-fortezza dello Stato della Chiesa, assumendo con questa funzione una rilevanza nazionale. Papa Alessandro VI Borgia (1431-1503) intuisce che i tempi richiedono una nuova strategia di difesa, non è più necessario fortificare tutto il territorio ma concentrare le forze lungo i confini dello Stato; ed ecco Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

che la fortezza di Ostia, di Nettuno e le torri costiere diventano i punti di difesa sul mare, Ancona, Civitacastellana, Nepi sono le roccaforti lungo i confini settentrionali dello Stato, mentre Sermoneta è l’avamposto fortificato ai confini con lo Stato di Napoli. Il papa spagnolo, come è noto, dopo aver inaugurato una politica di sistematico annientamento della forza delle famiglie baronali romane (tra cui i Caetani) e di nepotismo a favore dei figli Giovanni, Lucrezia e Valentino, avviò cantieri nelle maggiori roccaforti dello Stato ecclesiastico tra cui Sermoneta. Il contratto riguardante Sermoneta fu firmato dal magistro Giovanni Anastasio Fiorentino e mastro Giovannello da Milano, l’8 novembre 1499 nel Palazzo apostolico in Roma, e prevedeva la ristrutturazione del Castello Caetani e, secondo l’interpretazione di chi scrive, anche della difesa della città. È nostra ipotesi infatti che si dia inizio in questo momento alla costruzione del recinto fortificato della città nella parte ad ovest del Castello, sotto la cosiddetta cittadella. I lavori che papa Borgia avviò a Sermoneta nel 1499 seguirono di qualche anno quelli che lo stesso pontefice aveva fatto eseguire sotto la direzione di Antonio da Sangallo, ‘eccellentissimo’ nell’architettura civile e militare, alla fortezza di Castel S. Angelo i cui ampliamenti verranno ultimati nel 1497. Dopo la morte di Alessandro VI avvenuta nel 1503, i Caetani continuarono nell’opera di fortificazione della città che proseguì fino alla metà del XVII secolo. Dal 1500 alla metà del 1600 visitarono Sermoneta architetti, capitani militari, uomini d’arme chiamati a progettare, approvare e discutere le soluzioni più idonee per munire la città di un sistema di difesa possente. È attribuita ad Antonio da Sangallo, probabilmente chiamato dallo stesso papa Borgia, la partecipazione al progetto del quale invece furono certamente protagonisti, su incarico dei Caetani, il capitano Jacopo Fusti Castriotto (1510-1563), Valerio Orsini (1504-1550), Francesco Montemelino 53


(?-1551), Francesco Paciotto (1521-1591), Palazzo da Fano (?), architetto Giulio (?), Bartolomeo Breccioli (?-1637) ed altri. Dalla costruzione che Onorato III Caetani fece eseguire nel 1448 alla Torrenuova, i lavori delle mura proseguirono senza interruzione, pur con committenza diversa, e coinvolsero tutta la popolazione, le confraternite, le città vicine, spesso loro malgrado, costrette a farsi carico di nuove tasse o a prestare ore di lavoro al cantiere. Tra i documenti più significativi dell’archivio Caetani, e a titolo di esempio della mia ricerca, pubblichiamo qui la bellissima planimetria che datiamo intorno al 1642 (Fondo generale, 1643-1644, n. 177705).

Analizzando la mappa, si può prima di tutto identificare la morfologia del territorio a ridosso delle mura di cinta indicando il «monte non molto ripido», «monte quasi inaccessibile», gli «scogli inaccessibili». È una mappa disegnata a mano e in parte con l’ausilio di strumenti da disegno e deve leggersi in funzione di una scala geometrica riportata in canne. Nella mappa è disegnata la prima cinta antica costruita durante la signoria degli Annibaldi all’inizio del XIV secolo dove le case/fortezza delimitavano il borgo e si chiudevano intorno al Castello. La descrizione dell’espansione del borgo oltre il «muro antico di Sora antica nel scoglio» è indicata attraverso il perimetro delle case fortezza («un recinto aggiunto»).

La mappa è un documento fondamentale che ci consente di conoscere non solo ciò che all’epoca era già stato realizzato, ma anche ciò che ancora era oggetto di discussione; ed è indicativa delle relazioni tra le singole parti della struttura difensiva e della loro funzione in rapporto ad una pianificazione delle difese a scala urbana.

Attingiamo le informazioni più preziose osservando il recinto fortificato alla moderna dove distinguiamo i tratti rettilinei, le cortine e i bastioni. Il Castello fu all’epoca evidentemente oggetto di nuovi lavori che riguardarono la costruzione della piazza tra la cittadella e la cordonata di ingresso. La legenda all’interno della mappa elenca le barriere

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progettate per impedire l’ingresso al nemico: «primo ponticello attaccato alle scale del ponte, secondo ponticello incontro, primo cancello, secondo cancello fra li ponticelli, case spianate (sotto la piazza) piazza, fosso, maschio, cittadella, giardino». Le informazioni che riguardano il recinto bastionato alla moderna nella parte al di sotto della cittadella confermano l’ipotesi da me avanzata che questa parte delle mura sia stata iniziata contestualmente alla ristrutturazione della Rocca nella fase borgiana dei lavori per creare una stretta connessione tra il sistema di difesa a linee concentriche del Castello e il perimetro fortificato della città. Il disegno ci conferma altresì che la progettazione delle difese urbiche dopo l’intervento borgiano si spostò nel lato opposto del borgo a difesa dell’ingresso del paese che si ritenne più debole. Infatti intorno al 1540 Jacopo Fusti Castriotto fu chiamato dai Caetani per progettare o completare la ‘tenaglia a coda di nibbio’ nel quartiere della Torrenuova e le difese tra la porta del Pozzo e il bastione di S. Sebastiano. A metà del XVII secolo, tuttavia, ancora non si riteneva completata l’opera. Osservando il sistema della difesa di porta del Pozzo si intuisce con chiarezza che il bastione di S. Sebastiano e i bastioni della Torrenuova furono conclusi ma manca la porta di S. Sebastiano e il ponte sorretto dalle tredici colonne in muratura che verranno costruiti intorno al 1643. Il disegno ci indica il termine di datazione ante quem, poiché la porta di S. Sebastiano verrà aperta quando si decise di chiudere quella del Pozzo e di non realizzare più un contromuro («cortina disegnata ma non fatta») e di demolire le torri tonde lungo la cortina della Torrenuova. La porta di S. Nicola è disegnata senza includere l’omonimo bastione che fu realizzato più tardi e inglobò il convento sottostante. Risulta invece costruito il bastione della Portella e il tratto della cortina che si

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collega alla nuova porta Sorda che a sua volta si unisce alle case che chiudono il recinto prima della Torrenuova. I risultati dello studio che ho avuto modo di esporre nell’incontro a Palazzo Caetani mi consentono oggi di avanzare un’ipotesi attendibile sulla costruzione di questo monumento arricchito dalla circostanza che mi ha visto dal 1995 al 2012 responsabile del progetto e della direzione del restauro di una parte consistente del recinto fortificato. Si è rivelata un’occasione di conoscenza ulteriore permettendomi di confrontare le informazioni archivistiche con quanto è stato effettivamente realizzato. Anche durante il restauro la ricerca archivistica non si è interrotta perché gli interrogativi che sono emersi durante il progredire del cantiere ricco di continue scoperte ne hanno richiesto il supporto, aiutando a distinguere le parti dell’opera non finita o lasciata incompiuta in fase di costruzione diversa dalle mutilazioni o modifiche che il tempo e i danni antropici hanno inflitto al monumento. L’intervento di restauro ha consentito di salvare dal degrado i bastioni di Torrenuova, il Rivellino, la cortina di Torrenuova, la porta del Pozzo, il bastione e la porta di S. Sebastiano, le tredici colonne in muratura a sostegno del ponte di porta S. Sebastiano, la cortina di via della Carbonara, la cortina della batteria di porta Sorda, il pomerio e la porta Sorda, il bastione della Portella, il bastione e la porta di S. Nicola, la cortina e il bastione sopra le Silici; e si è rivelato una vera occasione di conoscenza proprio perché è stato arricchito dal contestuale studio delle fonti archivistiche che mi ha permesso di eseguire un restauro conservativo più consapevole e di proporre una ipotesi cronologica più attendibile. Anna Di Falco

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 Mostre marzo al 12 luglio 2020, poi slittata dall’11 settembre al 14 dicembre 2020, la mostra dedicata a Luigi Magnani, L’ultimo romantico. Luigi Magnani il signore della Villa dei Capolavori a cura di Stefano Roffi e Mauro Carrera. La Fondazione ha concesso in prestito il ritratto di Lelia Caetani, opera di Gino Severini.

La Reggia di Venaria ha organizzato tra il 13 marzo e il 14 giugno 2020 la mostra Roma, Torino, Parigi 1680-1750. Antico e moderno, a cura di Michela Di Macco e Giuseppe Dardanello, in cui si è voluta analizzare «la dialettica del rapporto antico/moderno». La Fondazione ha concesso in prestito il tavolo parietale della metà del XVIII secolo (inv. 535). Presso la Fondazione Magnani-Rocca a Mamiano di Traversetolo, si è allestita dal 14

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Il Moravian Museum di Brno ha programmato la mostra Comenius (1592-1670): Jan Amos Komenský and his time, da tenersi presso il Castello di Praga dal 4 dicembre 2020 al 28 marzo 2021. Per questa iniziativa il museo di Brno ha richiesto in prestito il ritratto del filosofo Tommaso Campanella, opera di Francesco Cozza. Il prestito non è stato più effettuato a causa dell’epidemia da Covid-19.


 Attività in collaborazione Iniziativa Cortili aperti

Con il contributo di

Sezione Lazio

GIORNATA NAZIONALE A.D.SI.

Con il sostegno di

CORTILI APERTI ROMA

Sezione Lazio

Il 18 maggio 2019 la Fondazione ha partecipato all’iniziativa Cortili Aperti promossa dall’ADSI (Associazione Dimore Storiche Italiane), che ha previsto la visita del cortile di Palazzo Caetani. L’afflusso di pubblico è stato molto positivo.

Cortili Aperti ADSI Roma 18 e 19 Maggio: Un percorso barocco e romantico, tra musica da camera e letture romanesche ideato da Jacopa Stinchelli, Rome Chamber Music Festival

PROGRAMMA / PROGRAM

SABATO 18 MAGGIO 2019 / SATURDAY 18TH MAY 2019 ROME CHAMBER MUSIC FESTIVAL

ORE 16:00 / 4:00 PM - PALAZZO GOMEZ SILJ Via della Croce, 78/a Trio d’archi Mumolo - Lausdei - Bonamore F. Schubert: Trio per archi in sib mag. D 471 Lettura: “La Leggenda di Roma” di Gabriello Anticoli (legge Giovanni Maria Briganti)

ORE 16:30 / 4:30 PM - PALAZZO BONCOMPAGNI CERASI Via del Babuino, 51 Il Coro NOTEVOLMENTE (Maestro Marco Schunnach) presenta “Creature Armoniche” ORE 17:00 / 5:00 PM - SCUDERIE PALAZZO RUSPOLI Via della Fontanella Borghese, 56/b Lettura: “Pietà pe Roma” e “Pidocchietto” di Francesco Ruspoli (legge Giovanni Maria Briganti)

A.D.S.I.

FIORENTINI, 1 | 00186 ROMA +39 06 68307426 +39 06 68300327 WWW.ADSI.IT

RGO DEI

SABATO 18 E DOMENICA 19 MAGGIO 2019

DALLE 10:00 ALLE 19:00 Ingresso libero

si.it

Associazione Dimore Storiche Italiane

OPEN 18TH - 19TH MAY 2019

storiche

Associazione Dimore Storiche Italiane

Free entrance

FROM 10:00 AM TO 7:00 PM

ORE 17:30 / 5:30 PM - PALAZZO TORLONIA Via Bocca di Leone, 78 Quartetto d’archi Ein kleines Quartett (“un piccolo quartetto”) W. A. Mozart: Quartetto n. 4 in do mag. K 157 - I mov. a seguire Trio d’archi Sherazade L. van Beethoven: Trio op.9 n.3 in do minore

La rassegna Cerimoniali Ritmici Cerimoniali Ritmici, rassegna ideata e realizzata nel settembre 2019 dalla compagnia

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Blow Up Percussion (composta da quattro percussionisti) in collaborazione con la Fondazione Camillo Caetani, ha presentato tre concerti. Durante le tre manifestazioni musicali l’ensemble romano ha proposto un ampio repertorio, ricco di sonorità e di innovative soluzioni.

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International day of Archives Nell’ambito della Giornata internazionale degli archivi (International day of Archives), tradizionalmente stabilita per la prima settimana di giugno, la Fondazione ha partecipato con la conferenza Il territorio Caetani: mappe e carte. L’incontro ha dato spazio sia alla presentazione dell’inventario informatizzato del fondo Piante e mappe, che agli studi condotti nel corso degli anni sul territorio Caetani (dalle bonifiche alla ricostruzione del territorio con la tecnologia GIS).

I laboratori di palazzo Caetani ROMA, 6 GIUGNO 2019

Il territorio Caetani: mappe e carte a cura di Caterina Fiorani Saluti, Antonio Rodinò di Miglione, presidente Fondazione Camillo Caetani Coordina Maria Teresa Caciorgna (Università di Roma Tre)

L’ARCHIVIO 15,30 Agostina Trovato (archivista), Il fondo Piante e Mappe dell’archivio Caetani 16,00 Patrizia Pampana (Società Geografica Italiana), L’Agro pontino attraverso le fotografie del Fondo Migliorini della Società Geografica Italiana

GLI STUDI 16,20 Susanna Passigli (Università di Roma Tre), Cartografia e testi sul territorio: storie di lunga durata 16,40 Manuel Vaquero Piñeiro (Università di Perugia), Le bonifiche di Gelasio Caetani agli inizi del XX secolo 17,00 Diego Gallinelli (Università di Roma Tre), Sistemi Informativi Geografici e fonti geostoriche. Uno sguardo sul territorio dei Caetani nei secoli XIX e XX 17,20 Irene Bevilacqua (Università di Pisa), Le carte dei Caetani per la bonifica delle Paludi Pontine: i casi del duca Bonifacio e del duca Francesco tra Cinquecento e Seicento 17,40 Alfredo Franco (Università di Roma Tre), Bonifica e pianificazione territoriale dei domini dei Caetani

Il portale JobSOUL e l’iscrizione della Fondazione Il portale JobSOUL (Sistema Orientamento Università e Lavoro) – a cui partecipano le tre Università romane, l’Università degli studi di Roma Foro Italico, l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale, l’Università degli studi della Tuscia, l’Università LUMSA – vuole essere un portale capace di mettere in comunicazione il mondo del lavoro con 58

18,00 Giovanni Pesiri (Fondazione Roffredo Caetani), Caetani e comunità nella gestione del territorio: gli statuti quattrocenteschi di Fondi 18,20 Discussione 19,00 Aperitivo

Nella sala adiacente sarà allestita una mostra documentaria sul tema.

gli istituti culturali esistenti sul territorio. La Fondazione ha voluto iscriversi in modo da offrire tirocini di approfondimento a studenti delle lauree in materie umanistiche, prima della conclusione del loro ciclo di studi.


Dantedì La Fondazione ha partecipato il 27 marzo 2020 alle celebrazioni per il Dantedì, pur nelle strettissime limitazioni imposte dalla pandemia, digitalizzando lo studio di Paul Kristeller e Albinia De La Mare sui presunti scolia di Marsilio Ficino. Queste annotazioni, glosse e postille, presenti nel codice quattrocentesco della Commedia, sono raccolte nel volume Marsilio Ficino letterato e le glosse a lui attribuite nel codice Caetani di Dante, libro ora consultabile nella sezione Editoria del sito della Fondazione Camillo Caetani. La notizia è apparsa anche nel sito dell’Associazione delle istituzioni di cultura italiane (AICI).

Misc. 1224 c.13r Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

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Misc. 1224 c.234r

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Archivissima 2020. Il ladro e la duchessa Video Un giovane ladro di gioielli visita ogni notte gli appartamenti di Palazzo Caetani. Finché una volta, per puro caso, penetra nell’Archivio custodito della Fondazione. E qui di tesori ne trova altri, documenti preziosi, testimonianze di una vita che torna a fiorire e rispolvera una sua bella e inutile laurea, cerca, fruga, scopre, si incanta: si innamora, addirittura, della bella Beatrice Caetani, del suo coraggio, della sua vita nell’ombra, dei suoi disastri coniugali; partecipa delle gioie e dei molti dolori, riscopre i romanzi cavallereschi che lei amava leggere nelle lunghe pause estive. Una storia tutta inventata, certo, e destinata soprattutto ai giovani, per raccontare come l’archivio anziché essere rifugio di vecchi cadenti e floride ragnatele, è piuttosto luogo di vita, un posto dove la differenza passato-presente-futuro e lo scorrere del tempo finalmente si annullano. Con questo video di Idalberto Fei – che si è avvalso della collaborazione dell’attore Michele Castelli Gattinara e del fisarmonicista Samuele Telari – la Fondazione Camillo

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Caetani ha partecipato alla manifestazione La notte degli archivi, indetta dall’Associazione Archivissima e dal 2020 aperta a tutti gli archivi italiani.

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 Borse di studio In seguito alla convenzione stipulata nel febbraio 2003 tra il presidente della Fondazione Camillo Caetani, avv. Giacomo Antonelli e il direttore del Dipartimento di Studi storico-artistici dell’Università Roma Tre, prof. Vittorio Casale, la Fondazione ha erogato annualmente una borsa di studio su argomenti storico artistici pertinenti la famiglia Caetani. Si riportano qui di seguito i nomi dei vincitori e i titoli delle tesi assegnate: – – – –

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2019-2021 Adele Milozzi, Gli sviluppi artistici e culturali della fotografia a colori fra il 1970 e il 1986 2018-2020 Giovanni Barco, Luoghi, dinamiche e strutture del monachesimo medievale sui monti Lepini tra XII e XV secolo 2017-2019 Giulia Marzani, La committenza del cardinale Girolamo Mattei (1546-1603) 2016-2018 Diego Gallinelli, Trasformazioni dell’uso del suolo e dell’assetto economico-agricolo nell’antica provincia di Campagna e Marittima. Ricostruzioni 3D del paesaggio all’epoca della signoria dei Caetani 2015-2017 Alfredo Franco, Organizzazione del territorio e regime delle acque nei feudi Caetani tra Medioevo ed età Moderna 2014-2016 Livia Nocchi, La committenza delle famiglie Caetani e Cesi a Roma (1560-1590)

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2013-2015 Ilaria Sferrazza, La collezione Caetani nel Settecento: acquisizioni e dispersioni 2012-2014 Francesco Leonelli, Onorato VI Caetani e la cultura romana di fine Settecento 2011-2013 Veronica Giuliani, I paesaggi di Ninfa. Cultura e natura nel disegno storico del territorio 2010-2012 Matteo Braconi, Il mosaico dell’abside della Basilica di S. Pudenziana a Roma. La storia, i restauri, le interpretazioni 2009-2011 Giulio Del Buono, L’area del Foro Olitorio, del Foro Boario e dell’Isola Tiberina fra tradizione e trasformazione: sviluppo di un paesaggio urbano tra la metà del IX sec. e la metà del XII sec. 2008-2010 Federica Savelli, I Caetani e la contea di Fondi tra XIV e XV secolo: la produzione artistica e le sue vicende conservative. 2007-2009 Giulia Facchin, Archeologia e storia di un paesaggio urbano: l’area a nord di via Botteghe Oscure 2006-2008 Giovanna Ioele, Giovanni Battista Della Porta scultore (Porlezza 1542 - Roma 1597) 2004-2006 Cecilia Metelli, Il distacco delle pitture murali negli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo 2003-2005 Laura Gori, I Caetani e le arti nella seconda metà del Cinquecento


 Rapporto statistico sito web Informazioni generali e analisi delle statistiche di fondazionecamillocaetani.it Esame su base mensile Le informazioni statistiche in nostro possesso iniziano dal marzo 2019 e restituiscono una media mensile di 650 visitatori con circa 1450 pagine lette. L’origine geografica dei lettori mostra dati interessanti per l’alto coefficiente di eterogeneità. Si prendano ad esempio le statistiche mensili di gennaio 2021 che hanno nelle prime 10 posizioni i valori riportati qui a fianco. Tutta l’Europa è rappresentata accanto alla ricorrente percentuale americana che spesso segue il numero di visitatori italiani. Dopo la decima posizione abbiamo una lunga serie di Nazioni fra le quali cito: Brasile, Canada, Corea del Sud, Cina, Filippine, Egitto, Città del Vaticano, Belgio, Marocco, Norvegia, Cile, Svizzera, Russia, Turchia, Monaco, Israele ecc. Esame su base annuale Lo sguardo sul 2020 ci restituisce un dato di 6649 visitatori per circa 17000 pagine lette. Le più viste in assoluto sono la pagina Archivi, Il Palazzo Caetani, La famiglia/Storia, Biblioteca digitale, Il Piano Nobile ed Editoria. Seguono la pagina Contatti e quella Organigramma. La geografia conferma il primato italiano con più di 13000 visualizzazioni, seguono Stati Uniti, Francia e giù fino ad arrivare alla Cina che occupa il decimo posto. L’origine web del visitatore 2020 (referrer) è quasi sempre prodotta da motore di ricerca (esattamente 5472 volte), seguita da Palazzo Caetani  7-8 (2019-2020) 

Facebook, la pagina regione.lazio.it, Wikipedia, siti ambientalisti, aici.it, ilmondodegliarchivi.org solo per citarne alcuni. Il canale YouTube della Fondazione ha prodotto circa 300 nuovi visitatori mentre i rimandi al nostro sito da storiaeletteratura.it si aggirano intorno al centinaio. La tendenza di lettura su base annua è in aumento, passiamo da oltre 13000 pagine lette del 2019 alle 17000 del 2020. 63


L’ultimo dato riguarda la protezione dagli attacchi hacker subiti nell’arco cronologico, che va dal dicembre 2019 ad oggi: 46551. È un dato che all’apparenza desta preoccupazione, ma che in realtà si allinea alla media di tentativi di accesso dannoso che abbiamo riscontrato in altri siti web di istituti culturali romani. Chiudo segnalando di aver introdotto da qualche giorno una nuova barriera antihacker atta a sanare una falla nel sistema

Wordpress, la piattaforma di pubblicazione su cui si basa il nostro sito. Tale fragilità permetteva ai malintenzionati di far breccia nel server tramite un attacco ripetuto migliaia di volte in un decimo di secondo (Brute force attack) col risultato di mandare in tilt il server e, cosa ancor più grave, di prendere il controllo di pubblicazione del sito.

Stampato presso Print on web srl

Francesco Cantone


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