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Il trekking del fuoco. Un percorso tra le Dolomiti di Fassa

Primo giorno

L’avvicinamento dal capoluogo può servirsi di soli mezzi pubblici. Si parte da Trento con l’autocorriera (partenza ore 6.10 - linea B104) per raggiungere prima l’abitato di Ora e poi attraverso il passo di San Lugano il paese di Cavalese (arrivo previsto alle ore 7.37) quindi attraverso la Val di Fiemme si raggiunge Predazzo e poi dopo aver attraversato quasi tutta la Valle di Fassa si giunge a Campitello di Fassa (arrivo alle ore 8:47) quota 1440 m. Da qui il percorso prosegue a piedi: dapprima su strada forestale (Strada de Salin) fino al Rifugio Micheluzzi (1847 m) e poi per un comodo sentiero (segnavia Sat E532) che costeggia il Rio Duron e attraversando prati e pascoli regala viste suggestive della valle, cosparsa di baite e fienili e ricca di straordinari

ambienti tutelati. In località Zopei Tiejes del Mucia ci si lascia sulla sinistra il sentiero 578 (che salendo al Pas da le Ciaregole condurrebbe al Rifugio Antermoia) e si prosegue ancora verso la testata lungo la valle. Il tracciato sale ora lungo il versante sinistro del solo vallivo raggiungendo prima la Malga Do Col d'Aura e infine, lungo gli alti e ondulati pascoli, il Pas de Duron (quota 2204 m), dove la vista si allarga sulla vastissima Alpe di Siusi. Al passo il sentiero E532 incrocia il segnavia E594 che in breve porta al Rifugio Alpe di Tires a quota 2440 m.

Rifugio Antermoia

Secondo Giorno

Dal rifugio Alpe di Tires il sentiero 3A conduce in direzione Sud fino a suggestivo passo Molignon (2597m) nel territorio amministrativo della provincia autonoma di Bolzano, dal passo il tracciato prosegue in discesa lungo un sentiero ben tracciato che scende sul fondo del Vallone del Principe dove si unisce al tracciato numero 11 che ben presto riprende decisamente a salire in direzione del Passo del Principe fino all’omonimo Rifugio (2601 m) ora nuovamente in territorio della provincia autonoma

di Trento. Dal Passo Principe si percorre per breve tratto il sentiero E584 aggirando da SUD l’imponente cima del Catinaccio d’Antermoia, in breve si raggiunge il Pas de Antermoia (quota 2770 m) alla testata del Vallone di Antermoia, il sentiero scende nella valle fino al Lago di Antermoia nei pressi dell’omonimo rifugio. Dal rifugio parte il sentiero E580 che percorrendo tutta la selvaggia Val de Udai porta fino all’abitato di Mazzin. Da Mazzin di Fassa l’ultima autocorriera utile per il ritorno nella città capoluogo parte alle ore 18:49.

Variante per il secondo Giorno

Una possibile variante necessaria in caso di accumuli primaverili di neve consente di evitare le quote più elevate: dal rifugio Alpe di Tires si ripercorre il sentiero 594 fino a pas De Duron e poi ancora in discesa il sentiero 532 fino a Frighela-Palazina di dove ci si incammina lungo il sentiero E555 che si alza in obliquo per il fianco destro della Val Duron coperto da radi larici, cirmoli e mughi da qui si gode sul versante opposto della valle la curiosa formazione dei Frati. Aggirata la marcata dorsale dei Lavai, dalla quale si gode una suggestiva vista sui Denti di Terrarossa, si risale per pascoli il fianco di una valletta e superato un costone, dopo un ultimo breve traverso, si arriva al Pas de Ciarejoles.

Proseguendo per il sentiero E580 , si risale fra ghiaie e massi al Pas de Dona e valicando la sella si raggiungere il Rifugio Antermoia non lontano dall’omonimo lago. Ripercorrendo poi a ritroso per breve tratto il sentiero 580 si percorre tutta la selvaggia Val de Udai porta fino all’abitato di Mazzin Da Mazzin di Fassa l’ultima autocorriera utile per il ritorno nella città capoluogo parte alle ore 18:49.

Rifugio Principe

Fuoco, acqua, aria, terra e tempo. La Geologia della Val Duron

La Val Duron è situata a nord-est del Trentino ed è facilmente raggiungibile da Campitello di Fassa. Abbraccia il Catinaccio, ed è sovrastata da numerose cime: il Catinaccio d’Antermoia (3.002 m), il Catinaccio (2.981 m), la Cima Scalieret (2.887 m), le Torri del Vajolet (2.813 m), la Roda di Vael (2.806 m) e il Sassopiatto (2.969) posto a nord. In questo luogo si possono trovare diverse tipologie di rocce, dalla dolomia ai più svariati tipi di porfidi e graniti, che mostrano l’intensa attività geologica che in milioni di anni ha trasformato questa zona e le Dolomiti in generale.

Storia geologica

Il Catinaccio, fin dal XIX secolo, è stato teatro di affioramenti che hanno permesso di condurre studi sulla stratigrafia dolomitica del Triassico.

Nell'arco temporale chiamato Triassico medio, in età ladinica, la zona della Val di Dona, la Val Duron e la parte più meridionale dell'Alpe di Siusi erano occupate da un braccio di mare. Ancora oggi, 240 milioni di anni dopo, possiamo vedere le tracce di quell'ambiente marino e del canale creatosi tra i rilievi montuosi, che infatti vengono anche chiamati “isole”. Queste isole erano piattaforme carbonatiche che iniziarono a formarsi in età anisica (prima metà del triassico medio) e successivamente nel ladinico. La prima è quella del Catinaccio-Sciliar, di roccia calcarea poi dolomitizzata, mentre alla seconda, che è stata profondamente trasformata, si possono attribuire la base e il nucleo centrale del Sassolungo e probabilmente il masso calcareo costituente la cima del Col Rodella. Il bacino inizialmente era più profondo di quanto lo sia ora, era libero dalla deposizione di rocce scure, di tipo basaltico, chiamate vulcaniti medio-triassiche. Queste rocce composte da minerali silicati sono erodibili e alterabili cosicché ora le ritroviamo ricoperte dal suolo e dalla vegetazione. I carbonati (calcari e dolomie chiare) si presentano invece spogli in quanto soggetti a dissoluzione e poco adatti alla formazione di suolo.

Il fondale più antico, raramente visibile, è rappresentato da rocce miste, in parte carbonatiche e in parte silicee, e si trova al di sotto delle vulcaniti depositate nella seconda parte del ladinico a causa di un'intensa attività vulcanica. Pure le piattaforme furono rivestite da lave e corpi intrusivi. Negli ultimi tempi il fondale è stato nuovamente rimodellato da agenti erosivi, movimenti franosi e acque superficiali. Una volta terminati gli episodi magmatici nuovi organismi si depositarono alla base del Catinaccio Sciliar andando così a creare la piattaforma dei Denti di Terrarossa. Nel carnico (triassico superiore) si ebbe un esteso ripopolamento dei rilievi sottomarini da parte delle comunità di scogliera produttrici di carbonato estratto per precipitazione dall’acqua marina, e si sviluppò così la piattaforma che oggi prende il nome di Sassolungo. Tutte queste rocce furono poi ricoperte da ulteriori sedimenti e sprofondarono pian piano all'interno della crosta terrestre.

Presenze Geologiche

Su tutto il territorio dell'alta Val Duron e nelle zone adiacenti si possono osservare strutture geologiche e materiali rocciosi prodotti dall’attività magmatica: i dicchi magmatici sono fessure verticali intruse da magma consolidato; i coni di scorie sono stratovulcani in miniatura sui cui versanti si accumulavano lave, ceneri e altri prodotti piroclastici emessi a più riprese da un camino centrale. I depositi stratificati su superfici inclinate possono essere tagliati verticalmente da dicchi magmatici; i diatremi sono condotti attraverso i quali avvenivano eruzioni di tipo esplosivo riempiti da brecce e prodotti piroclastici; le pillow lave - prodotti delle effusioni meno violente sotto forma di masse globose spesso soggette a frantumazione per contrazione termica, ma talvolta conservate secondo le tipiche forme a cuscino; le pillow brecce sono accumuli, a volte stratificati, di ceneri e clasti di varie dimensioni generati dall’esplosione dei pillows;

gli ialoclastiti sono accumuli di frammenti più omogenei, di brecciole e sabbie grossolane con una significativa componente vetrosa e di minerali di alterazione. Le rocce levigate conosciute come ‘i frati’ sono parte di una lente di ialoclastite.

Sopra, i «frati». Sotto, Vulcaniti. Foto M.Visintainer

Il quarzo rosa è una variante del quarzo, uno dei minerali più comuni e abbondanti sulla terra infatti ne costituisce il 12%. Appartiene alla classe degli ossidi e la sua formula chimica è SiO₂. Lo si trova in molte rocce, ignee, metamorfiche e sedimentarie ed è presente anche nei filoni di minerali metallici. Assume la forma di prisma esagonale, terminato da romboedri o da bipiramidi. Si presenta in masse compatte, granulari, concrezionali, stalattitiche o criptocristalline. Oltre al rosa, si trova anche quarzo bianco, grigio, verde, bruno, nero, rosso, viola, incolore. Caratteristiche specifiche: insolubile negli acidi tranne che nell’acido fluoridrico; durezza 7 nella scala di Mohs (range 1-10); frattura irregolare; lucentezza vitrea..

La dachiardite è un minerale che appartiene al gruppo delle Zeoliti: silicati con una struttura cristallina molto aperta e canali interconnessi.

La dolomia è una roccia sedimentaria carbonatica costituita principalmente dal minerale dolomite, chimicamente un carbonato doppio di calcio e magnesio. La dolomitizzazione si verifica in condizioni ambientali particolari quali possono essere quelle ipersaline, come ambienti lacustri, o in zone di sottosuolo dove si mescolano acqua meteorica e acquamarina. La dolomia può formarsi attraverso due processi alternativi. Nel primo si forma a causa della conversione di un minerale costituito da carbonato di calcio (solitamente calcite o aragonite) in dolomite. Esso consiste in una parziale sostituzione degli atomi di calcio con quelli di

magnesio. A basse temperature lo smistamento degli ioni in una struttura cristallina è molto lento; di conseguenza si ipotizza che la dolomitizzazione non sia una reazione che avvenga allo stato solido, ma che si attui mediante dissoluzione del carbonato di calcio e precipitazione di dolomite a partire da una soluzione acquosa che attraversa il sedimento. Le condizioni per fare in modo che si verifichi sono: un rapporto di Mg/Ca elevato e un sufficiente volume di soluzione “dolomitizzante” che fluisca tra le rocce. Il secondo processo è legato invece alla formazione di Dolomia direttamente “sulla spiaggia”, prima cioè che questa venga sepolta e diventi roccia. In questo caso il minerale si forma direttamente dalle acque del mare. Questo processo è oggi molto raro mentre in passato era più diffuso. Questo minerale è protagonista del monumento più bello in Trentino, le Dolomiti, iscritte, fin dal 2009, nella Lista del Patrimonio Mondiale, e quindi riconosciute dall’UNESCO come patrimonio ambientale e culturale di tutto il mondo. Il motivo di tale riconoscimento risiede nelle peculiarità che rendono le Dolomiti un paesaggio ed un sito di scavi unici al mondo, infatti solo qui si possono studiare così bene periodi come il Ladinico che ha interessato così tanto queste zone.

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