R A S S E G N A S T A M P A
GENNAIO 2025
R A S S E G N A S T A M P A
GENNAIO 2025
Alto Adige | 9 gennaio 2025
p. 30
Dolomiti Unesco, da Vivere in rifugio a Flora di vetta
DOLOMITI
Incontro tra i soci sostenitori della Fondazione Dolomiti Unesco durante il quale si è parlato delle iniziative realizzate, a cavallo tra regioni e province, nel 2024, tra le quali spiccano la rassegna estiva #vivereinrifugio e «Flora di vetta», sull’innalzamento di quota delle specie floristiche dovuta alla crisi climatica. La serata per il Collegio dei sostenitori. Il tutto è stato illustrato al Collegio dei sostenitori. Si tratta di un organo statutario della Fondazione Dolomiti Unesco che è composto, oltre che dai Soci fondatori, anche da tutti i soggetti che condividendo i valori del riconoscimento Unesco, decidono di contribuire all’attività della Fondazione versando una quota o mettendo a disposizione servizi o prestazioni professionali. Si tratta dunque di Comuni, altri enti locali, Parchi, centri di ricerca, associazioni, liberi professionisti, privati cittadini, alcuni dei quali hanno voluto cogliere l’occasione dell’incontro annuale per essere aggiornati sui progetti portati avanti dalla Fondazione e per offrire il loro contributo alla riflessione sulle attività future. Il bilancio del 2024. È toccato alla direttrice Mara Nemela con l’aiuto dei collaboratori della Fondazione e dei tecnici presenti, offrire una panoramica su alcune della attività che hanno caratterizzato il 2024. «Impossibile tracciare un quadro esaustivo», ha premesso la direttrice, «quello che mi preme evidenziare è che l’intero modus operandi della Fondazione è basato sulla coralità, sulla collaborazione, sulla condivisione di progetti nel rispetto delle specificità e dell’iniziativa di vari territori che hanno la responsabilità delle Reti funzionali nelle quali si articola il lavoro della Fondazione». L’excursus ha toccato l’ambito dell’interpretazione geologica, con riferimento allo sviluppo del portale del «Dolomites World Heritage Geotrail» e alle iniziative volte a favorirne la fruizione, che includerà anche una nuova mostra fotografica itinerante. Spazio anche alla tutela della biodiversità: dalla valorizzazione del lavoro prezioso dei produttori di qualità, alle analisi condotte nell’ambito della gestione dei prati da sfalcio e della biodiversità floristica, fino al supporto a importanti ricerche come «Flora di vetta», sull’innalzamento di quota delle specie floristiche dovuta alla crisi climatica. Vivere in rifugio. Molte le iniziative anche nel campo della formazione e rivolte agli amministratori, agli insegnanti, ai gestori di rifugio; questi ultimi sono stati protagonisti anche della rassegna estiva #vivereinrifugio, per promuovere una maggiore consapevolezza da parte degli escursionisti sulle difficoltà della vita in quota e per riflettere su temi come il cambiamento climatico e la prudenza in montagna. Sono proseguiti anche quest’anno i progetti di comunicazione tramite i social network e le televisioni locali, grazie alla campagna #vivereinrifugio e alla trasmissione «Noi Dolomiti» che racconta il Patrimonio Mondiale dal punto di vista di chi ci vive e lavora. A concludere l’excursus, le parole del membro del Comitato Scientifico Cesare Lasen: «Questo è un Collegio di Sostenitori, ed è proprio di sostegno che abbiamo bisogno. Quelle che abbiamo visto sono solo alcune delle attività portate avanti e c’è bisogno anche di partecipazione emotiva. Le Dolomiti non sono solo paesaggio e biodiversità, sono anche un luogo dell’anima: questo è un patrimonio di tutti e voi ne siete i protagonisti». ©RIPRODUZIONE RISERVATA.
I I
Corriere delle Trentino | 4 gennaio 2025
p. 2
Fuoriserie, ostriche, musica molesta: se il turismo in quota diventa eccessivo
MARIO PAROLARI
TRENTO
«L’alta montagna sta diventando un autentico luna park, con elicotteri che scorrazzano per i cieli trasportando turisti, pseudo rifugi che offrono notti a 400 euro e cene gourmet a base di pesce, cabinovie con aperitivi e cene serali, malghe con musica a tutto volume e l’esposizione di automobili che di certo non sono accessibili alle tasche di tutti». Suona profetico il monito di due settimana fa del presidente del Cai Alto Adige, Carlo Zanella, che ammoniva contro il caso delle due Lamborghini esposte davanti al rifugio Comici. Raccontava il titolare del rifugio Igor Marzola: «Era un evento privato organizzato da Lamborghini per un centinaio di clienti a cui hanno voluto presentare due Temerario, trasportate in altitudine su un carrello agganciato al gatto delle nevi a piste chiuse». Questo episodio, per Zanella «scandaloso», ha fatto parlare anche per le ricadute inquinanti sull’ambiente montano. Così come, nell’estate 2019, diedero scandalo le foto delle centinaia di 4x4 parcheggiate ai margini del parco Paneveggio-Pale di San Martino per il «Jeep camp», e dei camion sulle rive del Lago Santo per l’«Happy truck raduno». E al luna park delle nostre montagne, pare che ogni giorno si aggiunga una nuova attrazione. Sembra che non prenderà quota la proposta della Helijoy Srl, società di trasporti aerei di lusso, di sorvolare le Dolomiti per 3.500 euro a bordo di un L-39 Albatros, «uno degli aerei da addestramento militare più agili e veloci». «Turismo da tamarri» l’ha prontamente definito un preoccupato Zanella: «Oramai è stato sdoganato, ma non va bene. Non vorrei che gli elicotteri diventassero i taxi della montagna». Negli stessi giorni, l’apertura del SuperG Après ski nella piana di Nambino, Pinzolo, ha acceso numerose critiche per la musica a tutto volume e le luci led a illuminare la valle fino a notte. «È questo il turismo che vogliamo?» si sono chiesti in molti, tra cui il presidente Società degli alpinisti tridentini Cristian Ferrari: «Ci pone, ancora una volta, una riflessione sul senso del limite. Chiediamoci quale “ambiente Trentino” vogliamo offrire, se l’impatto sull’ecosistema uomo e ambiente crea disagio prima che benessere». Ma per alcuni, il «turismo di qualità», basato su offerte in grado di generare alto valore aggiunto, sicuramente economico, non è da condannare, anche nelle sue stranezze da luna park. Congeniali a questa visione diventano ostriche, champagne, spa e suite a 2.370 metri di altitudine, con vista sul massiccio della Marmolada, offerte dallo storico rifugio Fredarola. Silvano Parmesani, maestro di sci, rifugista ed ex sindaco di Canazei, che ne ha recentemente completato la ristrutturazione, ha spiegato: «È vero, oggi puntiamo molto sul comfort, ma rimaniamo un rifugio a tutti gli effetti: per ripararsi, rifocillarsi o ricevere aiuto in situazioni di emergenza. Tradizione e innovazione possono convivere». Sarebbero gli stessi valori dietro la trovata del marchio di lievitati Vezzoli e dello stesso Igor Marzola: la stube volante sull’impianto Piz Seteur, che porta gli sciatori verso il Sassolungo, in Val Gardena. Realizzata dalla società funiviaria Piz Sella con l’altoatesina Leitner, un’unica cabina, rivestita in legno e arredata con elementi tipici della tradizione sudtirolese (cuscini, coperte e la riproduzione di un caminetto) offre ai viaggiatori la possibilità di degustare una fetta di panettone artigianale del maestro bergamasco Italo Vezzoli, accompagnata da bevande calde. Con vista mozzafiato sul gruppo del Sella.
Corriere del Trentino | 5 gennaio 2025 p. 2
«Montagna, ha vinto il mercato Trend che non si può invertire»
TRENTO
«La cultura di montagna di noi ambientalisti, ma anche di chi ama l’ambiente naturale, è sconfitta definitivamente». Luigi Casanova non prova nemmeno a indorare la pillola. Del resto, in questi anni, il presidente di Mountain wilderness ha registrato e combattuto, insieme alle altre associazioni ambientaliste molti «attacchi alla montagna»: prima dell’Après ski di Nambino e dei jet sulle Dolomiti c’era stata la battaglia contro l’eliski in Marmolada. Ma anche le critiche ai concerti in quota (da Bob Sinclar sullo Spinale a Moroder sull’alpe Tognola). E poi la lotta contro il raduno dei quad in val del Biois e contro quello delle Ferrari storiche all’interno del Parco Adamello Brenta. Senza contare le riserve sui rifugi trasformati in chalet ad alta quota e sui voli dei vip in elicottero. «Ha vinto il mercato» allarga però le braccia Casanova. La cui visione non lascia spazio all’ottimismo: «Si parte dalle Dolomiti. Ma questo modo di vivere la montagna nel giro di 4-5 anni si diffonderà ovunque in quota». Un visione, quella che sta emergendo, che secondo il presidente di Mountain wilderness ha «come unica direttiva il Pil»: «Tutto insiste ruota attorno a un sistema di mercificazione dei beni umani e naturali». In un paesaggio che viene utilizzato come palcoscenico, che sia la piana di Nambino per l’Après ski o la val Senales per l’allargamento delle aree sciabili. Con un impatto che ormai abbraccia tutte le stagioni dell’anno: «In estate ricorda Casanova si moltiplicano i parchi tematici. E le biciclette vengono portate ovunque». Un tema, quello dell’aumento del numero delle due ruote in quota, sul quale da tempo sta provando a trovare un equilibrio anche la Società degli alpinisti tridentini, che cura i sentieri di montagna con i propri volontari. «La responsabilità di questa situazione è l’affondo del presidente è del mondo politico». E
non solo di quello attuale: «Prima rilancia Casanova era del centrosinistra, oggi in modo più arrogante e tamarro è del centrodestra». Centrodestra che privilegia il mercato, «azzerando il mondo della scienza» osserva il presidente, puntando lo sguardo sulla questione dell’Après ski della piana di Nambino: «A livello scientifico, è evidente che l’utilizzo delle luci e il rumore a tutte le ore del giorno non rispettano il mondo della fauna selvatica». Ma c’è un’altra questione, che accomuna il caso di Nambino con altre situazioni finite al centro dell’attenzione, come il rifugio Fredarola in val di Fassa. «I nostri servizi provinciali, quando devono dare una valutazione di impatto, non hanno più la capacità di valutare tutti i fattori». E dunque le autorizzazioni si moltiplicano, «come quella che ha permesso a Max Allegri di arrivare in elicottero al Fredarola». Casanova chiama in causa anche chi si deve occupare della gestione delle aree protette. E solleva una «questione di dignità degli amministratori della Fondazione Dolomiti Unesco»: «Possibile si chiede che all’interno della fondazione non si sia fatta una riflessione su ciò che sta accadendo sulle Dolomiti, dal Santner al Fredarola?». Con una frecciata anche alla presa di distanza del Parco Adamello Brenta rispetto alla vicenda dell’Après ski a Campiglio: «Non ci si può difendere trincerandosi dietro al silenzio con la giustificazione che quella struttura è fuori dai confini del parco. I disturbi, evidentemente, coinvolgono anche l’area protetta». Ma è possibile invertire la direzione imboccata? «No» risponde secco Casanova. «Purtroppo aggiunge i montanari di oggi sono legati al portafoglio. Sono interessati ai soldi prima che all’ambiente». Eppure uno spiraglio, nella riflessione del presidente di Mountain wilderness, si intravede. Con un occhio puntato verso la politica. Ma anche a chi oggi si trova alla guida di parchi o aree naturali. Con un invito preciso: «Deve essere individuata avverte Casanova una differenza netta tra i comportamenti da tenere all’esterno e all’interno dei parchi naturali». Senza spaccare il centimetro quando si tratta di tutelare l’ambiente: «Le regole che valgono all’interno dell’area protetta devono valere anche nelle zone in prossimità dei confini». Per evitare, in questo modo, che comportamenti sbagliati possano avere impatti negativi sulla fauna che vive all’interno del parco o comunque sull’ambiente protetto. C’è poi un altro invito, che il presidente rivolge alle associazioni imprenditoriali, «che siano albergatori, rifugisti o altro»: «La montagna spiega è diversa dal mare, ha una propria identità. Il compito di queste associazioni è di dire basta a questo sistema: elicotteri e quad vanno spazzati via dalla montagna e deve finire l’istituto della deroga per i rifugi». Che permette di fatto di portare in quota ciò che in quota non dovrebbe esserci. «In caso contrario conclude il presidente di Mountain wilderness paghino loro i danni procurati alla montagna da questo modo di comportarsi».
Corriere del Trentino | 5 gennaio 2025
p. 3
«Stile cafone c’è da sempre, ora i ricchi vanno a Dubai»
A. R.
Trento
«Ma che libidine è qui amore! Sole, Whisky e sei in pole position». Così il personaggio di Donatone Braghetti (interpretato da Guido Nicheli) descrive il bello di Cortina al suo amico. Questa è una delle scene cult di Vacanze di Natale (1983) diretto da Carlo Vanzina. Un film entrato nella storia della cultura pop italiana che racconta la vita di famiglie di borghesi in vacanze sulle Dolomiti. Se si pensa a Vacanze di Natale non si può non canticchiare «Maracaibo, mare forza nove». E appena si intonano queste quattro parole viene in mente lui, Jerry Calà alias Billo Damasco, il playboy nel film di Vanzina celebre anche per la sua frase di presentazione «Non sono bello, piaccio». E Adesso, dopo tutte le polemiche attorno alle richieste e alle offerte extralusso che offrono le montagne trentine sembra di essere ritornati in un film di Vanzina. Jerry Calà, lei è tra i protagonisti di due film cult degli anni ’80: Vacanze di Natale e Yuppies. Due lungometraggi che descrivevano anche la vita in vacanza, piena di vizi, dei ricchi. Che ricordi ha di quegli anni? «Noi abbiamo fatto una grande fotografia negli anni ’80. Ad esempio, in Yuppies quella scena finale degli yuppies che facevano tanto i gradassi e che poi litigano per il conto alla fine del pasto. Ma quegli anni non sono stati solo quelli degli arricchiti che andavano nei bei posti con i macchinoni per farsi vedere. È stato anche un periodo di grande entusiasmo dove c’era una gran voglia di lavorare. Poi chiaramente, in questo periodo di grande benessere e arricchimento, qualcuno non vedeva l’ora di ostentare i suoi risultati e mettersi in mostra». Adesso, 42 anni dopo quel film, qui in Trentino i ricchi in vacanza mangiano ostriche e bevono champagne a tremila metri, possono affittare un volo in jet e ci sono grandi discoteche all’aperto. Secondo lei sono cambiati i temi? «Non mi sorprende. Questo tipo di turismo c’è sempre stato. Soprattutto adesso quelli che vogliono questo tipo di turismo vanno a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dove il lusso è il must del momento». Ha avuto esperienze dirette con questi turisti alto spendenti? «Andando in giro ogni tanto qualcuno esagerato si vede sempre. Per esempio, ho visto dei figli di arabi in Sardegna con due yacht vicini uguali, ma solo di diverso colore. Sul ponte davanti erano parcheggiate vicine delle Lamborghini tutte di colore diverso. Questo è l’esempio di turismo cafone». Che rapporto ha lei con il Trentino? «L’anno scorso ho fatto uno spettacolo bellissimo in piazza a Pozza di Fassa. È stata una serata straordinaria con un pubblico educato e ricettivissimo tanto che sembrava di stare a teatro invece che in una piazza. Veramente è stata una serata che mi ha colpito molto. Poi ho anche cenato lì e mi sono trovato molto bene».
Corriere del Trentino | 5 gennaio 2025
p. 3
«Andiamo incontro al cliente, ma il lusso non deve snaturarci»
Silvia M. C. Senette
BOLZANO
Episodi di turismo additato come “cafone” stanno catalizzando l’attenzione in Trentino e in Alto Adige. Il turismo di fascia alta sta ridefinendo l’offerta sulle Dolomiti? Manfred Pinzger, presidente degli albergatori altoatesini, invita a inquadrare nella giusta luce le richieste di ospiti per i quali un certo tenore di vita è normale. È giusto assecondare sempre i turisti di lusso? «Le Dolomiti sono un marchio globale e gli ospiti di alto livello hanno aspettative elevate. La concorrenza con le località top in Francia e Svizzera ci spinge a offrire servizi eccellenti. Penso però che bisogna distinguere: episodi come Lamborghini o arrivi in elicottero sulle piste sono casi isolati, non accadono ogni settimana, ma certo dobbiamo valutarne l’impatto. Tuttavia i rifugi gourmet sono un grande valore aggiunto: la qualità gastronomica sulle piste è un nostro punto di forza rispetto ad Austria e Svizzera». Cosa considera accettabile e cosa no? «Champagne e pesce freschissimo in rifugio sono richieste assolutamente normali, ormai consolidate: anche se non sono prodotti locali non è un problema. Episodi come velivoli o bolidi sulle piste, invece, rischiano di essere eccessivi. Bisogna lasciare spazio anche a questo tipo di turismo, ma con attenzione: l’andirivieni di elicotteri, per esempio, crea malumori nei residenti e va regolamentato». Le richieste della clientela stanno cambiando? «Sì, soprattutto a Natale e Capodanno quando il turismo di lusso raggiunge il picco. Durante il resto dell’anno tutto rientra nella normalità. Non critico chi può permettersi certi lussi, ma è essenziale mantenere un’offerta varia: c’è spazio sia per il turismo tradizionale sia per chi cerca il meglio. Ognuno sceglie dove trascorrere le proprie vacanze in base alle possibilità». Come gestire le tensioni con le comunità locali? «È fondamentale trovare un equilibrio. Il turismo high spender è una risorsa preziosa, ma non deve generare conflitti. Eventi come la festa al Moritzino, pur spettacolari, non sono la regola: sono eccezioni che dobbiamo accettare, ma con moderazione. Allo stesso tempo la percezione della gente del posto va rispettata. La presenza di jet ed elicotteri deve essere valutata con attenzione per non compromettere il rapporto tra residenti e turisti». C’è il rischio di un turismo elitario? «Dobbiamo garantire spazio per tutti. In Alto Adige c’è una gran varietà di offerta, non siamo solo lusso: il nostro obiettivo è offrire opportunità a ogni fascia di pubblico. Detto questo, le richieste degli americani e di altri ospiti esigenti non mi spaventano: sono pochi giorni all’anno e il loro contributo è importante per l’economia locale». Il suo invito? «Valorizziamo le nostre eccellenze e andiamo incontro alle richieste il più possibile, ma con equilibrio: il lusso non deve snaturare la nostra identità. E coinvolgiamo la popolazione locale: accettare qualche eccezione durante le festività può essere più semplice se il turismo di qualità viene percepito come un’opportunità condivisa».
Corriere del Trentino | 8 gennaio 2025
p. 4
SuperG Après ski, rumore contestato Rifugi a 5 stelle con le ostriche «La montagna è delicata, bisogna agire con buonsenso valutando la sostenibilità» Sinner e Allegri in elicottero
TRENTO
«Noi trentini custodiamo un territorio delicato e che va salvaguardato». Mentre il dibattito sul «turismo cafone» continua a dividere gli animi con le polemiche per l’apertura del SuperG Après ski di Nambino, le ostriche e champagne ai rifugi, i vip in elicottero sulle piste a riportare l’attenzione sul tema della fragilità della montagna è Massimiliano Peterlana, vicepresidente di Confesercenti del Trentino e presidente della manifestazione «Bitm-Le giornate del turismo montano» la cui ultima edizione la 25esima è andata in scena in autunno e si è occupata proprio del turismo delle terre alte in epoche di trasformazioni, climatiche e sociali. «In tutti questi 25 anni di Bitm ricorda Peterlana abbiamo sempre sottolineato il fatto che la montagna rappresenta un’opportunità, un valore aggiunto per il turismo, che però va tutelato». Una salvaguardia che gli episodi di questi mesi sembrano mettere in discussione. «Va detto però spiega il presidente di Bitm che queste situazioni “estreme” non sono la normalità: sostenere dunque che il Trentino è questo, per tutti i mesi dell’anno, non va bene». E se un vip arriva in elicottero sulle piste una volta all’anno, rappresenta un’eccezione: «non deve di certo diventare un’abitudine». «Sull’utilizzo dell’elicottero aggiunge Peterlana sono d’accordo con il presidente di Confcommercio Giovanni Bort: l’elicottero si usa per le emergenze e non per andare a Madonna di Campiglio a sciare. Su questo non si discute». Le parole d’ordine del vicepresidente di Confesercenti sono equilibrio, buonsenso. E sostenibilità. Perché ogni progetto, ogni evento, va inserito all’interno di una riflessione sull’impatto che avrà su un ambiente delicato come le terre alte. «Si è parlato dei concerti in alta montagna. La risposta sostenibile all’esigenza di portare la musica in quota sono i Suoni delle Dolomiti, ossia una produzione di altissima qualità che consente di ascoltare un artista in montagna, all’alba o all’imbrunire, salvaguardando il territorio». E le ostriche in rifugio? L’analisi di Peterlana, su questo punto, richiama il ragionamento di Bort. «Per quanto mi riguarda osserva il presidente di Bitm sono a favore di un’offerta altamente identitaria: preferisco che il turista venga in Trentino per assaggiare prodotti che non trova altrove piuttosto che arrivi qui per mangiare le ostriche. Valorizzerei dunque Trento Doc e prodotti dell’enogastronomia locale». Ma «in un’occasione particolare ammette Peterlana si può anche pensare di presentare ostriche e champagne». A una condizione: «Che questo sia sostenibile». Il presidente di Bitm fissa però due ulteriori concetti chiave. Il primo: «Chi abita la montagna non deve subire passivamente questi processi, ma deve essere parte integrante dell’offerta. Se ci fosse un maggiore coinvolgimento degli abitanti del luogo in alcune attività, probabilmente ci sarebbero anche meno polemiche». Tenendo presente che «se la festa è una volta all’anno non ci sono problemi, ma se la montagna diventa Rimini tutto l’anno non è più sostenibile». Il secondo: «Bisogna
interrogarsi su dove si vuole andare, sull’identità da proporre. Ricordiamoci però che la bellezza della montagna è anche che è un territorio incontaminato. Se diventa contaminato, casca il palco».
Corriere del Trentino | 8 gennaio 2025
p. 4
Il falso benessere
Di Pier Dal Rì
Lascia imbarazzati e stupiti leggere notizie così contrastanti e agli antipodi. Abbiamo popoli colpiti da guerre e miserie, gente che muore di freddo, bambini privi delle cure più elementari. E ancora popoli che affrontano in condizioni disumane le loro giornate cullando il sogno di una speranza di vita. Penso però che questa grave piaga umana sia divenuta purtroppo cosa scontata. Ripetuti sono gli appelli per aiuti e sottoscrizioni solidali a favore di chi sta peggio. Ma ciò che più turba sono le cronache del benessere, del lusso fuori controllo e fuori luogo, del potere del denaro. Leggo del turismo «cafone» sulle nostre montagne. Sino a poco tempo fa la gente delle valli, il popolo dei campi e dei pascoli, sembrava immune da contaminazioni esagerate. Un popolo parco, saggio, risparmiatore ed essenziale, custode di valori e tradizioni antiche. Da sempre molti luoghi anche in Trentino erano meta di personaggi altolocati che amavano la vista delle montagne; di benestanti europei che si avventuravano nei gran tour con soste e contatti culturali e di escursionismo ardito che hanno lasciato tracce e segni indelebili. Ma oggi che accade? Quale fenomeno si sta scatenando nell’indifferenza dei più e solo con l’indignazione di qualche storica società e associazione ambientalista? Si tende ad archiviare il tutto con la formula «il mondo va così, Mask insegna». L’ospite vip vale di più. Il suo portafoglio, le sue voglie, i suoi gusti, i suoi capricci, stanno diventando anche in Trentino la seconda faccia di una moneta un tempo sudata. Questa faccia ha poche rughe da lavoro, ama le ostriche a tremila metri, il TrentoDoc solo se di montagna, spostamenti in elicottero o jet. Le inviolabili e delicate montagne di dolomia sono terra fertile per la sfilata di jeep. Tutto normale. Il tipico abbigliamento d’alta quota per le ragazze non è più l’abito in loden ma un tubino nero, stretto, con tanto di tacco dodici. Gente che passa da riviste di gossip o trasmissioni scandalistiche viene attratta da questi luoghi. A quelle quote, con quei prezzi e con quei mezzi per arrivarci, l’esclusività è assicurata e la complicità pure. Per tutti gli altri ecco il cartello vietato. Povero Trentino, come sei ridotto. Avrai certamente i forzieri delle ex Casse rurali pieni, avrai turisti residenti a Montecarlo e personaggi ricchi e famosi ai quali è meglio non chiedere come sono riusciti a scalare le vette dello star system. I trentini non ancora convertiti a uno simile status, stentano a muoversi nelle valli invase da Ferrari e Porsche; fanno fatica a trovare una casa per metter su famiglia; devono battagliare a trovare un posto alla casa di riposo o uno sportello bancario «parlante», una trattoria per festeggiare i genitori a prezzi ragionevoli anche senza ostriche. A pochi passi da un parco dove anche la catasta di legno è un abuso, dove l’orso può organizzare un referendum per tenere lontani i forestali dai boschi, in un’area protetta alle porte di quella Campiglio dove pure l‘imperatore villeggiava, ecco la musica a palla e le luci sparate a raffica. E poi macchine di lusso ovunque e tappi che saltano da bottiglie blasonate di vino di mezza Europa per ostentare benessere. Questo non è il mio Trentino e mi fa piacere essere iscritto assieme a Sat, Wwf, Italia Nostra e ad altre persone nell’elenco di chi viene indicato come invidioso davanti a coloro che spendono e spandono. Siamo sicuri che non ci sia una via di mezzo tra Mask che tutto può e un normale abitante di questa terra? Siamo sicuri che il Trentino non possa andare avanti introducendo il senso del limite che non vuol dire creare un museo ma rispettare la bellezza che ci è stata donata? Mi sento un sognatore. Sogno un futuro migliore. Lo spero vedendo come la cosa sia sfuggita di mano. Sogno un ritorno all’antico nella consapevolezza che la bellezza delle Dolomiti sia ormai una sorta di souvenir del Mondo. Una bellezza da tutelare e da vivere lontano dai nuovi riti, termometro di un falso benessere che attraverso una pubblicità martellante ha raggiunto lo scopo di riempire anche i locali tra le vette. Ma questo alla fine è solo un mondo di plastica. Ne vale la pena?
L’Adige | 10 gennaio 2025
p. 39, segue dalla prima
Alta quota
Dobbiamo fermare il turismo eccessivo
FABRIZIO TORCHIO
(segue dalla prima pagina) Da queste esperienze comuni sono nate anche delle amicizie perché, come scrive sul suo sito web, le montagne e le esperienze possono unire. Thomas, perché è diventato guida alpina? «Per molti anni ho tenuto corsi di arrampicata, ho allenato bambini e ragazzi e li ho preparati per le gare. Tutto questo per l’Avs, il Club Alpino Sudtirolese. A un certo punto ho avuto la sensazione di voler fare qualcosa di più del semplice lavoro in palestra. Naturalmente nella mia vita privata avevo sempre viaggiato in montagna e quindi avevo le basi per la professione di guida alpina. Così mi iscrissi ai corsi e superai prontamente gli esami. Tre anni dopo ero una guida alpina e potevo creare una nuova base professionale per la mia vita, di cui non mi sono ancora pentito». All’assemblea delle guide del 2024 lei si è detto preoccupato per l’eccessivo sviluppo del turismo, portando esempi dell’affollamento di strade, passi di montagna, parcheggi, rifugi. Servono delle regole? E come si può trovare un equilibrio? «Quando si parla di luoghi sovraffollati nelle Alpi, ci si riferisce sempre ai cosiddetti hot spot, soprattutto nelle Dolomiti centrali, ma naturalmente anche a Lavaredo. Purtroppo non possiamo riportare indietro gli orologi, ma dobbiamo fare in modo che le cose non continuino ad andare avanti così per sempre. Niente nuove infrastrutture e strade. Bisogna introdurre limitazioni e restrizioni come nei parchi nazionali degli Stati Uniti. Sfortunatamente, queste restrizioni avranno ripercussioni negative anche sulla popolazione locale». Il cambiamento climatico sta trasformando i territori di alta montagna a causa del ritiro glaciale, dello scioglimento del permafrost, della minore copertura nevosa. L’aumentata instabilità dei versanti sta rendendo molte vie alpinistiche più difficili o pericolose. Serve un costante monitoraggio? Si può fare qualcosa per ridurre i rischi? Come guide alpine avete stabilito una strategia comune? «Come guide alpine, siamo abituati a gestire i cambiamenti. La montagna è diversa ogni giorno, è sempre stato così. Ma i fenomeni sono in aumento: cadute di massi, rotture di ghiacciai, forti e improvvisi cambiamenti meteorologici. Chi nega il cambiamento climatico è cieco da un occhio o semplicemente ignorante! In ogni caso, non saremo in grado di fermare questa tendenza. Dobbiamo adattarci, come guide ma come intera umanità, l’uomo alla fine dovrà piegarsi alla natura. Già ora tanti percorsi classici nelle Alpi Orientali e Occidentali non esistono più o devono essere cambiati. Servono nuove strategie di salita, anche in base alle stagioni che sono in cambio, più scambio di informazioni sulle condizioni locali tra noi guide. La nostra professione diventerà più pericolosa, ancora più pericolosa di quanto sia sempre stata. Anche se molte persone non riescono a capirlo, quello che facciamo non è sempre divertente e facile. Ma, come professionisti, facciamo in modo che appaia tale, o almeno cerchiamo di farlo apparire tale». Cos’è per lei l’alpinismo? «In poche parole, l’alpinismo è alla base della mia professione di guida alpina. Questo, però, non sarebbe sufficiente. L’alpinismo in tutte le sue forme ha plasmato la mia vita e continua a farlo tuttora. L’arrampicata, in particolare, fa parte della mia personalità ed è diventata uno stile di vita. L’alpinismo è anche definito come la conquista dell’inutile. È vero, forse inutile come lo è la cultura? Ma potremmo e vorremmo davvero vivere senza le creazioni della cultura? Certamente no! Ecco perché considero l’alpinismo come una delle attività creative dell’umanità, come espressione delle possibilità sportive e storiche di un’epoca. Non tutto è stato sempre positivo, ma gli esempi negativi nel campo della cultura non mancano».
Alto Adige | 24 gennaio 2025
p. 30
Tre Cime, un tetto ai turisti per salvare il marchio Unesco
FAUSTO DA DEPPO
ALTA PUSTERIA
“Occorre ripensare accessi e flussi turistici nell’area delle Tre Cime”. Non è soltanto un appello, è anche l’obiettivo di un accordo che riunisce le associazioni turistiche e le amministrazioni comunali della “regione Dolomitica Tre Cime”: San Candido, Dobbiaco, Sesto, Villabassa e Braies. Si parte da una situazione osservata con allarme: “La natura alpina altamente sensibile è sopraffatta dall’attuale afflusso di visitatori – si legge nel testo di stipula dell’accordo - e mostra già chiari segni di sovraccarico e stress”. Il riferimento è alle tante auto che salgono da Misurina, nel Comune bellunese di Auronzo, ai 2.333 metri di altitudine del rifugio Auronzo sotto le Tre Cime. Ma non ci sono solo le auto: “L’esperienza dei visitatori è compromessa da sentieri sovraffollati e situazioni caotiche”, scrive la giunta di San Candido nella delibera di adesione all’intesa. E il pericolo, oltre che avvertito sul territorio, potrebbe avere un clamoroso
Corriere delle Alpi | 25 gennaio 2025
p. 29
Accessi limitati e prezzi più elevati La Pusteria vuole blindare le Tre Cime
Gianluca De Rosa / Auronzo
Ripensare gli accessi turistici alle Tre Cime di Lavaredo per evitare di perdere lo status di patrimonio mondiale Unesco. Il grido d'allarme arriva dalla Pusteria e non si ferma alle parole. Le associazioni turistiche operanti sul territorio, in collaborazione con le amministrazioni comunali di San Candido, Dobbiaco, Sesto, Villabassa e Braies hanno infatti redatto un accordo che mira a ridurre "il sovraccarico e lo stress sotto le Tre Cime". Le attenzioni sono concentrate attorno al flusso di auto che quotidianamente, durante l'estate, sale da Misurina fino ai 2333 metri del rifugio Auronzo. «La natura alpina, altamente sensibile, è sopraffatta dall'attuale afflusso di visitatori», si legge nella delibera della giunta comunale di San Candido che sancisce l'adesione all'intesa. «L'esperienza dei visitatori è compromessa da sentieri sovraffollati e situazioni caotiche. Il pericolo, oltre che avvertito sul territorio, potrebbe avere un risvolto politico e di immagine. Esiste il serio rischio che lo status di patrimonio mondiale dell'Unesco ne risenta a lungo termine o, nel peggiore dei casi, venga addirittura revocato». L'accordo stipulato ora passerà all'esame delle giunte comunali e delle associazioni turistiche pusteresi. «Individueremo una persona del nostro territorio che ci rappresenterà nel momento in cui bisognerà andare a parlare con gli interlocutori bellunesi, Auronzo in primis», ha annunciato il sindaco di Dobbiaco Martin Rienzner. «Il territorio delle Tre Cime è compromesso da decenni di flussi eccessivi di turisti. Servono soluzioni per limitare gli accessi. Nella situazione attuale ci rimettiamo tutti. Ci rimettono gli stessi visitatori, che arrivano da tutto il mondo in un luogo simbolico e restano delusi nel vivere un'esperienza caotica». L'accordo è impostato su una durata triennale ed avrà l'obiettivo, stando a quanto viene indicato, di arrivare ad adottare un piano estivo con accessi registrati e limitati come avviene già da qualche anno nella valle di Braies. Le prime indagini avanzate dalla Pusteria parlano chiaro e dicono che nell'area delle Tre Cime, in una qualsiasi giornata d'estate, tra le 10.30 del mattino e le 15 si affollano fino a 13-14mila persone. Molte di esse raggiungono il sito semplicemente per scattare una foto. «Si potrebbe optare per un aumento delle tariffe d'accesso», ha sottolineato il sindaco di Dobbiaco Rienzner, «un ticket più caro indurrebbe i visitatori a fermarsi più a lungo in quota. Inoltre garantirebbe lo stesso gettito di entrate a fronte di una riduzione degli accessi». Altro tema fondamentale al vaglio delle realtà interessate dall'accordo è il potenziamento dei trasporti pubblici. Primo passo: introdurre la procedura di prenotazione del posto sul bus. Infine, un particolare che sta emergendo, in maniera preoccupante e con maggiore insistenza: «Esiste un crescente sentimento di avversione nei confronti del turismo da parte della popolazione locale. Anche questo è un fenomeno che richiede di essere attenzionato», conclude il sindaco di Dobbiaco, Rienzner, che chiama in causa i colleghi amministratori della vicina Auronzo. «La strada a pedaggio delle Tre Cime rappresenta per Auronzo un'entrata cruciale del bilancio comunale, i ragionamenti più
9 risvolto politico e di immagine: “Esiste il serio rischio che lo status di Patrimonio mondiale dell’Unesco ne risenta a lungo termine o, nel peggiore dei casi, venga addirittura revocato”. Martin Rienzner, sindaco di Dobbiaco, sottolinea l’importanza dell’accordo, che in queste settimane sta passando all’esame e alla ratifica delle giunte comunali e delle associazioni turistiche locali: “È fondamentale riunirci come Comuni ed enti turistici, mettere insieme idee, preoccupazioni e proposte, individuare una persona che ci rappresenti al momento di parlare con gli interlocutori bellunesi, Auronzo in primis”. Siete preoccupati. “ll territorio delle Tre Cime è compromesso da decenni di flussi eccessivi di turisti e servono soluzioni per limitare gli accessi. Nella situazione attuale ci rimettiamo tutti. Ci rimettono gli stessi visitatori, che arrivano da tutto il mondo in un luogo simbolico e restano delusi nel vivere un’esperienza caotica”. L’accordo è impostato su una durata triennale. Il primo passo consiste in un’indagine dei bisogni e delle richieste di tutti i soggetti interessati dell’area, enti pubblici, associazioni e aziende turistiche, residenti. Raccolti i dati (attraverso interviste, questionari, workshop...), si potranno impostare interventi possibili e possibili soluzioni. “Questo è l’obiettivo. Non è facile e come detto bisognerà coinvolgere la Provincia di Belluno e il Comune di Auronzo. La strada a pedaggio delle Tre Cime rappresenta per Auronzo un’entrata cruciale per il bilancio comunale”. Braies, per la sua valle, ha già adottato un piano estivo con accessi in auto preregistrati e limitati. “La registrazione degli accessi in auto e la loro conseguente riduzione è una via che si potrà valutare. Come quella dell’innalzamento delle tariffe di accesso. Si è visto che in molti casi la gente sale in macchina alla base delle Tre Cime solo per fare una foto. Tra le 10.30 e le 15, in una giornata d’estate, in quell’area si affollano fino a 13-14 mila persone. Con un ticket più caro, i visitatori potrebbero essere motivati a fermarsi più a lungo in quota. E i ticket più alti garantirebbero lo stesso gettito di entrate anche con una riduzione degli accessi”. Altro tema, lo sviluppo e il potenziamento dei trasporti pubblici. “Anche questo è da considerare. Anche qui potrebbe essere introdotta la procedura della prenotazione del posto sul bus. In questo caso, occorrerebbe a maggior ragione calcolare la ricaduta sul gettito dei pedaggi, voce, ripeto, importante per il Comune di Auronzo”. Nella stipula dell’accordo parlate anche di “crescente sentimento di avversione nei confronti del turismo da parte di una parte della popolazione locale”. “Come ho osservato, ci stiamo perdendo tutti, anche chi abita l’area delle Tre Cime. Siamo contenti di accogliere tanti ospiti. Ma poi bisogna fare delle distinzioni. Ad esempio, c’è il turista che fa le ferie in zona e quello che arriva da fuori e passa qui una mezza giornata: si potrebbe dare una sorta di priorità al primo e chiedere al secondo di prenotare la salita alle Tre Cime in auto o di pagare di più. E anche per i visitatori locali si potrebbero studiare soluzioni d’accesso in quota particolari. Come bisognerebbe pensare, credo, a chi alle Tre Cime ci sale a piedi, fa fatica e all’arrivo si trova davanti code di gente e caos”. Una realtà, sottolineate, che stona con il marchio Unesco e con la certificazione Gstc (Global Sustainable Tourism Council). “Certo. Del resto, dobbiamo capire che ci sono tanti posti tutelati nel mondo dove da anni, da decenni occorre prenotare l’accesso in auto. Dove da tempo ci si pone l’obiettivo di un turismo sostenibile. Qui da noi è tutto libero, eppure anche la nostra è una zona di parchi e siti Unesco”.
importanti dovremo farli insieme a loro», osserva in conclusione Rienzner, perché il punto è proprio questo: a rimetterci maggiormente in caso di limitazioni nell'accesso alle Tre Cime, dal punto di vista economico, sarebbe il Comune di Auronzo da dove è più semplice raggiungere il sito. © RIPRODUZIONE RISERVATA Turisti sul lato altoatesino delle Tre Cime di Lavaredo dove la Pusteria vorrebbe limitare le presenze.
Corriere delle Alpi | 26 gennaio 2025
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Pais Becher contro i pusteresi: «Non accettiamo lezioni da loro»
FDM
il focus Durissima, l'ex sindaco Tatiana Pais Becher, con gli amministratori della Val Pusteria. «Siamo ben consapevoli, ormai da anni, che gli accessi alle Tre Cime vanno meglio organizzati e semmai contingentati. Ma ritengo che né Auronzo, tanto meno Misurina, debbano essere disposti ad accettare lezioni dagli amici pusteresi. Vogliono imporci ci aumentare i pedaggi, magari fino a 60 euro come veniva richiesto alla mia amministrazione, quando loro», insiste Pais Becher, «inviano navette ogni quarto d'ora stracariche di gente. Navette che salgono alle Tre Cime senza pagare alcun pedaggio?». L'ex sindaco dice di non lanciare polemiche a vuote, ma fondate nella testimonianza diretta. «Sono state presenti ad incontri con i colleghi in cui costoro insistevano, perché aumentassimo le tariffe per le auto in salita, con la scusa che c'erano troppe macchine, ancorchè commisurate alla disponibilità dei parcheggi. Qual era il loro intento? Di trasferire escursionisti e turisti sui pullman, in modo da far crescere gli utili». E a questo punto Pais Becher ricorda i ripetuti tentativi di declassare la strada delle Tre Cime da extraurbana ad urbana, in modo da consentire al Comune di Auronzo di organizzare proprie navette, per consentire eventuali restrizioni alle auto. «Nonostante tutti i tentativi esperiti, non ci siamo mai riusciti. E' stata contraria anche la provincia di Belluno, perché la stessa Dolomitibus ha grossi ancorchè legittimi introiti dal trasporto verso le Tre Cime». Pais Becher ammette di averci pure lei pensato alla prenotazione, ma di non essere riuscita nell'operazione, «perché non arriva la banda larga», al casello della strada e, quindi, era difficile implementare un sistema di prenotazione automatica. Quanto poi al rischio che l'eccessivo traffico possa far saltare la protezione Unesco, Pais Becher ricorda l'indagine realizzata da Ca' Foscari di Venezia per conto della Fondazione, della Regione e del Comune di Auronzo. «Per l'area delle Tre Cime, concludeva quello studio, se il sito viene considerato come parco naturale il limite consigliato per il carico naturale è di 2.700-3.000 persone al giorno e di 7.0007.500 persone al giorno se considerato come area escursionistica e in riferimento al carico sociale, la qualità della visita da parte di turisti ed escursionisti rimane a livello medio se si pone un limite di 4.000 persone al giorno». «Dopo la pandemia, il turismo in montagna è esploso. Ebbene, in qualche modo Auronzo ha il numero contingentato per la strada delle Tre Cime, ma perché», conclude, «la Pusteria non contingenta il numero dei pullman o dei turisti?». Poi confessa che la preoccupazione più grave è quella dell'indiscrezione che rimbalza sempre più di frequente: il ritorno alla luce del progetto di un impianto a fune tra Landro e Rin Bianco, a cura di un noto imprenditore del settore in Val Pusteria. fdm © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere delle Alpi | 26 gennaio 2025
p. 30
Preoccupa l'overtourism sulle Tre Cime «Al parcheggio solo su prenotazione»
Francesco Dal Mas/auronzo
Eccessivo l'assalto alle Tre Cime, fino a 13-14 mila accessi in una giornata? Il Comune di Auronzo non intende stare alla finestra. Ha già allo studio un sistema di prenotazione del parcheggio, ai piedi della Trinità, che è impegnato ad attivare dalla prossima stagione estiva. Non solo: intende contingentare anche il numero di chi sale con i pullman e le navette. Ma con qualche sospetto riceve dai sindaci della Val Pusteria la sollecitazione ad aumentare il pedaggio per ridurre il numero delle auto che salgono. E ad Auronzo, piuttosto che a Misurina, si sospetta che si stia riesumando l'antico progetto di collegare con un impianto il lago di Landro quanto meno con Rin Bianco, località oggi unite da un sentiero. Rin Bianco è ai piedi dei tornanti stradali per le Tre Cime. Per Auronzo, comunque, il nodo principale da sciogliere è quello di Misurina: troppe auto, con code lunghissime e parcheggi selvaggi. L'Amministrazione comunale di Auronzo verificherà, insieme a Cortina e a Dobbiaco, la possibilità del numero chiuso per l'accesso alla stessa Misurina, quindi con prenotazione del posto macchina. Operazione difficile da concretizzare per la prossima stagione. Mentre scatterà non solo il divieto di parcheggio lungo le strade, ma verranno installati degli impedimenti – con barriere in legno, ad esempio – per farlo. Un po' come le Regole si stanno organizzando per impedire l'intasamento al passo Tre Croci, limitando di fatto l'accesso al lago turchino del Sorapis. Il sindaco di Auronzo, Dario Vecellio, fuori paese, ha letto con preoccupazione l'allarme arrivato nelle ultime ore dai Comuni pusteresi di San Candido, Dobbiaco, Sesto, Villabassa e Braies. E ha condiviso con i suoi colleghi di giunta il loro obiettivo di ridurre "il sovraccarico e lo stress sotto le Tre Cime". I numeri fanno "paura" perché, secondo i dati in possesso delle amministrazioni comunali, si parla di 13 – 14 mila accessi in una qualsiasi giornata d'estate, tra le 10.30 del mattino e le 15. La preoccupazione condivisa è quella della revoca dello status di "Patrimonio Mondiale dell'Unesco" è tantissima e, allora, in Alto Adige, precisamente in Val Pusteria. Daniela Larese Filon è il vicesindaco di Auronzo. È già stata alla regia del Comune oltre che della Provincia. «Siamo puntualmente
consapevoli dello stress, se così vogliamo chiamarlo, in quota e a valle, cioè a Misurina», spiega Larese Filon. «Infatti abbiamo mantenuto il numero chiuso al parcheggio, non più di 700-800 posti; si sale quando si liberano posti. Il problema è della coda che si forma dal casello d'ingresso fino a Misurina. Per eliminarla non resta che prevedere le prenotazioni. È un'operazione che stiamo studiando da tempo e che siamo impegnati a definire entro la prossima stagione estiva». Ma, aggiunge la vicesindaca, il problema non è solo quello delle auto. Quanti pullman salgono dalla Pusteria e da Cortina, oltre che da Calalzo e Auronzo? «Non dovremmo forse contingentare anche questi numeri?», si chiede la vicesindaca, quasi in risposta a Martin Rienzner, sindaco di Dobbiaco, che ha suggerito ad Auronzo: «Si potrebbe anche optare per un amento delle tariffe: con un biglietto più costoso i visitatori sarebbero stimolati a trascorrere più tempo in quota e, inoltre, un ticket più caro permetterebbe di avere lo stesso indotto anche con meno accessi». Larese Filon si sofferma poi sulle problematiche di Misurina ponendo la necessità di un Tavolo di concertazione con i Comuni di Cortina e di Dobbiaco per «trovare il modo di contingentare il numero di accessi a Cortina, anche se ci rendiamo ben conto che è un passo e che, pertanto, non può essere introdotto il numero chiuso». Ma, aggiunge, garantendo il diritto alla mobilità, per chi intende fermarsi bisognerà arrivare anche in questo caso alla prenotazione dei parcheggi. «I 380 posti previsti nei park interrati, secondo il Piano concordato dalla precedente Amministrazione con la regione, poi ridotti a 280, difficilmente saranno realizzabili, quindi occorre studiare delle alternative». Ma per evitare le code e gli ingorghi della scorsa stagione? «Bisognerà trovare qualche stratagemma per impedire la sosta lungo le strade. Attrezzeremo, se possibile, altre aree, ma sarà indispensabile individuare delle misure», sostiene la vicesindaca, «che evitino il parcheggio selvaggio, che tra l'altro è molto pericoloso. Ed anche questo è un tema la cui soluzione va condivisa con Cortina e Dobbiaco». Intanto su Change.org è stata lanciata la petizione "Proteggiamo le Tre Cime di Lavaredo: Un Appello per la Chiusura del Traffico eccessivo", che ha già raccolto oltre 25mila firme. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Anche gli autobus sono un problema Serve contingentare il loro accesso» L'assalto alle Tre Cime di Lavaredo nella foto di Lucio Borsato
Corriere delle Alpi | 27 gennaio 2025
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Il Cai: «Anche sui passi serve la prenotazione dei park per le auto»
Francesco Dal Mas / BELLUNO
La prenotazione dell'accesso in auto alle Tre Cime di Lavaredo? Secondo il Cai «non è solo urgente applicarla a Misurina, ma progressivamente a tutti gli altri passi dolomitici», magari anche ai siti iconici presi d'assalto dall'overtourism. Lo afferma Renato Frigo, presidente del Cai Veneto, sottolineando che nel caso specifico questa è una misura di protezione dello stesso rifugio Auronzo. «È dal 2018 che, proprio per le Tre Cime, si ipotizza la prenotazione del posto macchina, in modo da evitare le code all'ingresso della strada, magari fino a Misurina. Ma, attenzione: analogo provvedimento è indispensabile anche per gli altri valichi, dal Giau al Pordoi per primi», afferma Frigo. Il numero uno del Cai Veneto, tuttavia, fa una premessa. «Se è vero che con il sistema delle prenotazioni bisognerebbe partire subito, è anche vero che prima ancora occorre pianificare la sostenibilità turistica delle Dolomiti, che col richiamo delle Olimpiadi è destinata ad esplodere», riflette Frigo. «È incomprensibile che i sindaci della Val Pusteria protestino per l'assalto alle Tre Cime, quando loro inviano navette cariche di turisti ogni quarto d'ora. Come è poco saggio chiedere sacrifici ai vicini, quando la loro provincia può permettersi un mese di novembre con aumenti del 19% di presenze rispetto allo stesso mese del 2023. Vogliamo porci dei limiti? ». Il presidente del Cai tira in ballo anche le Olimpiadi. «Si invita Cortina a prepararsi all'assalto turistico, o quanto meno a quello di classe. Infatti continuano le aperture di alberghi, con l'aumento di migliaia di posti letto. Dovremmo forse pretendere che questi turisti», si chiede Frigo, «restino fermi a Cortina e non vadano a vedersi Misurina o le Tre Cime? ». Evidentemente no. Da qui la necessità di una pianificazione e, di conseguenza, di un sistema di prenotazione. Quanto poi all'ipotesi avanzata dai sindaci pusteresi che l'Unesco tolga la protezione alle creste, dove oggi si ferma, perché le valli sono invase dall'overtourism, il presidente Cai la definisce "una panzana". «L'Unesco avrebbe già dovuto declassarci quando ha visto taluni sventramenti in corso per le Olimpiadi, ma siccome la sua attenzione non scende più giù delle creste, il pericolo non esiste. In verità, noi avremmo voluto che la sua tutela fosse ben più ampia, ma la proposta è stata stoppata dagli amministratori dei territori». Ritornando a Misurina e alla Tre Cime, il numero uno del Cai invita il Comune di Auronzo a riprendere per mano gli studi di Eurac, prima, e di Ca'F oscari poi, che ancora 5 e più anni fa indicavano la potenzialità ricettiva del territorio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Turisti di fronte alle Tre Cime di Lavaredo.
Corriere delle Alpi | 28 gennaio 2025
p. 30
Accesso alle Tre Cime: Mountain Wilderness chiede il numero chiuso
Francesco Dal Mas / AURONZO
«Se il Parco altoatesino delle Tre Cime in Sudtirol ha un senso è più che mai doveroso costruire un piano attuativo partecipato dell'accessibilità alle Tre Cime di Lavaredo anche dal versante bellunese. Ogni altra iniziativa, partendo dai pedaggi e da divieti locali, non ha senso». Lo afferma Luigi Casanova, presidente nazionale di Mountain Wilderness, intervenendo nel dibattito sollevato dai
cinque Comuni della Val Pusteria sulla necessità di diminuire gli accessi automobilistici alle Tre Cime. Pena, affermano gli stessi sindaci, il venir meno della protezione Unesco. Ma al riguardo Casanova è severo. «Dal 2009 le Dolomiti sono state marchiate da Unesco. La verità è», dice, «che da allora delle Tre Cime di Lavaredo alla Fondazione Dolomiti Unesco non interessa nulla». Invece, sottolinea Casanova, «a nostro avviso è compito della Fondazione (Consiglio di amministrazione, Comitato scientifico) portare attorno a un tavolo serio di confronto il Comune di Auronzo con quelli altoatesini. E bisogna arricchire quel tavolo con i delegati delle associazioni ambientaliste, il Cai e Alpenverein. Occorre inoltre discutere per poi decidere, con urgenza, imponendo il numero chiuso e sulla strada versante bellunese transiti con mezzi pubblici o servizi navetta autorizzati, nonché regolando in modo severo gli accessi fin dal lago di Misurina, altro luogo ormai depauperato e privato di significato». Secondo Mountain Wilderness, inoltre, nel periodo invernale va superato il servizio di trasporto con motoslitte e «si deve chiedere ai proprietari dei rifugi una riqualificazione degli edifici, anche attingendo a risorse pubbliche». Non solo, «sui sentieri in quota va assolutamente vietato, specie nel Bellunese, il transito delle biciclette». Fin dagli anni Ottanta Mountain Wilderness ha messo in guardia dall'overturismo sulle Tre Cime di Lavaredo. Lo ha fatto con proteste che si sono ripetute, anche arrivando a presidi negli arrivi di tappe del Giro d'Italia, e con iniziative contro l'uso turistico delle motoslitte, cercando ripetuti momenti di dialogo con il susseguirsi delle amministrazioni comunali di Auronzo e nella Fondazione Dolomiti Unesco. «Le diverse modalità di azione non hanno sortito effetto, solo infastidito gli interlocutori», ammette Casanova. «Nel concreto: in nessuna sede si doveva discutere di limitare l'accesso alle Tre Cime di Lavaredo. Oggi si prende atto dell'iniziativa dei cinque Comuni della Val Pusteria che chiedono con fermezza l'imposizione di limitazioni. Ma a quanto sembra non si sentono spinti da alcuna urgenza: al facilitatore del dialogo con Auronzo verrebbero concessi ben tre anni di tempo. Da quanto si legge i sindaci, più che dei temi legati alla difesa di paesaggio e ambiente, hanno solo il timore di perdere il riconoscimento Unesco». Il sindaco di Auronzo, Dario Vecellio Galeno, ha confermato ieri che con i Comuni altoatesini della Pusteria prosegue «un dialogo costruttivo». In accompagnamento a provvedimenti quali la prenotazione dell'accesso alle Tre Cime, viene studiato un piano che prevede grandi parcheggi a valle, ad Auronzo, specificatamente, e da qui la salita in navetta o pullman. E si chiederanno misure analoghe a Cortina e a Dobbiaco.
Corriere del Veneto | 28 gennaio 2025
p. 18, edizione Treviso - Belluno
Tre Cime di Lavaredo, solo ingressi su prenotazione Auronzo apre all’Alto Adige
Ugo Cennamo
auronzo L’impressionante esercito di escursionisti, oltre 14 mila presenze nei giorni di maggior afflusso, che prende d’assalto nei mesi estivi i sentieri per raggiungere i punti panoramici e i rifugi ai piedi delle Tre cime di Lavaredo, impone risposte. In particolare ora che i comuni del versante altoatesino coinvolti dal flusso hanno raggiunto un accordo per regolamentare gli accessi, limitandoli come già avviene nella Valle di Braies. Ora il piano è all’esame delle categorie e nel frattempo gli stessi amministratori di San Candido, Dobbiaco, Sesto, Villabassa e Braies auspicano di trovare intese con la giunta di Auronzo che ha giurisdizione su Misurina, anello cruciale della questione, una tra le porte di accesso che più alimentano l’afflusso. Il sindaco di Auronzo Dario Vecellio conferma l’ipotesi dell’ingresso su prenotazione e fa notare come il principale parcheggio sia già a numero chiuso, pur riconoscendo la situazione di caos che si viene a creare lungo le sponde del lago di Misurina. «Superare logiche localistiche per tutelare un patrimonio universale». Così la pensa Luigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness Italia che aggiunge: «Quello che serve ora è costruire un piano attuativo partecipato dell’accessibilità alle Tre Cime di Lavaredo anche dal versante bellunese: ogni altra iniziativa, partendo dai pedaggi e da divieti locali, non ha senso». Lo stesso Casanova chiama in causa Fondazione Dolomiti Unesco che potrebbe giocare un ruolo super partes per portare attorno a un tavolo di confronto il comune di Auronzo e quelli altoatesini. La ricetta di Wilderness è chiara: «Discutere per poi decidere, introducendo il numero chiuso, imponendo sulla strada versante bellunese transiti con mezzi pubblici o servizi navetta autorizzati, regolando in modo severo gli accessi fin dal lago di Misurina». E aggiunge: «D’inverno va superata l’oscenità del servizio trasporto con motoslitte. Si deve chiedere ai proprietari dei rifugi una riqualificazione degli edifici, anche attingendo a risorse pubbliche. Sui sentieri in quota va assolutamente vietato, specie nel Bellunese, il transito delle biciclette». Infine Casanova auspica che al tavolo siedano anche i delegati delle associazioni ambientaliste, il Cai (Club alpino italiano) e Alpenverein.
Alto Adige | 28 gennaio 2025
p. 30
«Tre Cime? Alla Fondazione Unesco non interessano»
ALTA PUSTERIA
Mountain Wilderness interviene sull’iniziativa dei Comuni pusteresi che chiedono limitazioni alle Tre Cime di Lavaredo. “Fin dagli ‘80 Mountain Wilderness è stata protagonista sul tema dell’overturismo sulle Tre Cime di Lavaredo. Le proteste si sono ripetute, anche arrivando a presidi negli arrivi di tappe del Giro d’Italia, a seguire con iniziative contro l’uso turistico delle motoslitte, cercando ripetuti momenti di dialogo con il susseguirsi delle amministrazioni comunali di Auronzo e nella Fondazione Dolomiti Unesco”, si legge nella
nota dell’associazione. “Le diverse modalità di azione non hanno sortito effetto, solo infastidito gli interlocutori. Nel concreto: in nessuna sede si doveva discutere di limitare l’accesso alle Tre Cime”. Oggi – scrive Mountain Wilderness – “si prende atto dell’iniziativa dei cinque comuni della Val Pusteria che chiedono con fermezza l’imposizione di limitazioni. Ma a quanto sembra non si sentono spinti da alcuna urgenza: al facilitatore del dialogo con Auronzo verrebbero concessi ben tre anni di tempo. Da quanto si legge i sindaci, più che dei temi legati alla difesa di paesaggio e ambiente, hanno solo il timore di perdere il riconoscimento Unesco. Sul tema stiano pure sereni: Unesco a Parigi accantona ogni emergenza, il team Unesco Italia coltiva il suo eterno letargo”. “Eppure la situazione è grave, da decenni”, è la denuncia degli ambientalisti. “Una minuscola area alpina subisce in estate l’assalto di oltre 13 mila persone giornaliere, l’arrivo in quota di centinaia di auto nei piazzali sempre più ampi scavati nei ghiaioni a spese del paesaggio, una feroce incontrollata erosione per fare posto alle auto affamate di territorio, un disturbo antropico che ha allontanato la fauna selvatica e che giorno dopo giorno consuma sentieri e strade, ci viene offerto il rifugio Auronzo ridotto a caotica mensa, altri rifugisti del territorio stanno operando solo nel nome del massimo profitto con aperture ridotte nei tempi”. “Ben venga, finalmente, l’iniziativa dei Comuni altoatesini. Ma il metodo attivato ci sembra inadeguato alle emergenze presenti. Dal 2009 le Dolomiti sono state marchiate da Unesco. Da allora delle Tre Cime di Lavaredo alla Fondazione Dolomiti Unesco non interessa nulla. A nostro avviso è compito della Fondazione (Consiglio di amministrazione, Comitato scientifico) portare attorno a un tavolo serio di confronto il comune di Auronzo con quelli altoatesini. Arricchire quel tavolo con i delegati delle associazioni ambientaliste, il CAI e Alpenverein. Discutere per poi decidere, con urgenza, imponendo il numero chiuso, imponendo sulla strada versante bellunese transiti con mezzi pubblici o servizi navetta autorizzati, regolando in modo severo gli accessi fin dal lago di Misurina, altro luogo ormai depauperato e privato di significato. Nel periodo invernale va superata l’oscenità del servizio trasporto con motoslitte. Si deve chiedere ai proprietari dei rifugi una riqualificazione degli edifici, anche attingendo a risorse pubbliche. Sui sentieri in quota va assolutamente vietato, specie nel bellunese, il transito delle biciclette”. “Se il parco altoatesino delle Tre Cime in Sudtirol ha un senso è più che mai doveroso costruire un piano attuativo partecipato dell’accessibilità alle Tre Cime di Lavaredo anche dal versante bellunese”.
Gazzettino | 29 gennaio 2025
p. 35, edizione Belluno
Navette Misurina-Tre Cime: il Comune vuole fare da sé
AURONZO
Il servizio di trasporto pubblico di linea extraurbano ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, segnatamente con la Dolomitibus, è stato uno degli argomenti trattati nel più recente Consiglio comunale di Auronzo di Cadore a seguito di un'interrogazione da parte del Gruppo di minoranza. Già, perchè in realtà il tratto da Misurina al Rifugio Auronzo sarebbe da considerarsi urbano in quanto appartenente al Comune cadorino e quindi da ritenere di sua competenza. L'ACCORDO «Con la DolomitiBus spiega il sindaco, Dario Vecellio Galeno (nella foto) esiste un accordo per cui, a fronte della concessione del servizio esclusivo e della mancata esazione del parcheggio, per compensazione la società di autotrasporti bellunese si impegna a migliorare il servizio urbano. Per esemplificare è aumentato il numero delle fermate, maggiore è la frequenza delle corse e si è provveduto all'allungamento del percorso dalla diga di Santa Caterina fino a Palus San Marco, mentre in precedenza terminava in località Giralba. Quanto al contributo del Comune al servizio extraurbano, questo non è altro che una partita di giro del finanziamento regionale erogato allo scopo. Per quello urbano la quota comunale è modesta». Quello del trasporto pubblico alle Tre Cime di Lavaredo è però solamente un tassello di un progetto più ampio iniziato nel luglio dello scorso anno per mitigare l'enorme afflusso del turismo estivo che pone non pochi problemi alla viabilità di tutta l'area di Misurina. IL PROGETTO Così nel municipio di via Roma lo sguardo va ormai alla prossima stagione vacanziera. «È allo studio prosegue il primo cittadino auronzano tutto un complesso di iniziative contingentate che dovrebbero essere sviluppate dalla prossima stagione compatibilmente con i tempi burocratici di attuazione. Si punta principalmente all'accesso ai parcheggi in quota solamente su prenotazione, soprattutto online, in modo da limitare le lunghe code d'auto. Di qui la necessità di avere collegamenti digitali affidabili e veloci per cui si sta pensando all'utilizzo satellitare. Nel complesso del progetto è previsto anche un miglioramento dei servizi igienici pubblici connessi ai parcheggi». Ancora sul nodo più scottante dei trasporti alle Tre Cime di Lavaredo già da tempo era stata ventilata la possibilità dell'introduzione delle navette gestite direttamente dal Comune. A tal proposito Dario Vecellio Galeno conclude: «Non è escluso che in questo piano di riordino venga tenuto conto di questa opzione anche perchè, come sempre da noi sostenuto, la rotabile delle Tre Cime di Lavaredo è comunale. Ogni valutazione è conseguente alla presentazione del piano che dovrebbe essere prentato a breve». Gianfranco Giuseppini © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere delle Alpi | 30 gennaio 2025
p. 29
La maggioranza: «Una funivia tra Misurina e le Tre Cime»
Gianluca De Rosa / AURONZO
Pusteria chiama, Auronzo risponde. Il tema del turismo di massa che attanaglia le Tre Cime di Lavaredo si arricchisce di un nuovo capitolo. Porta la firma del gruppo di maggioranza Auronzo per il futuro che svela una serie di progetti sui quali da tempo lavora. Uno su tutti: la realizzazione di un impianto di risalita. UN IMPIANTO DI RISALITA ALLE TRE CIME Costruire un impianto di risalita Misurina-Tre Cime di Lavaredo risolverebbe tutti i problemi. «Rappresenterebbe la soluzione definitiva all'eliminazione delle auto nei parcheggi del rifugio Auronzo. Parcheggi che non saranno spostati a Misurina come si potrebbe facilmente pensare, ma nelle valli limitrofe. I punti di partenza per salire alle Tre Cime diventeranno tre: Auronzo, Dobbiaco e Cortina, con trasferimento in navetta a Misurina e successivamente accesso in quota tramite cabinovia», è la rivelazione firmata dagli amministratori auronzani che hanno precisato, «non stiamo a guardare. Abbiamo studiato, incontrato, parlato, ma soprattutto abbiamo lavorato e stiamo lavorando per arrivare il più velocemente possibile a completare questa operazione». RIORGANIZZARE I PARCHEGGI IN QUOTA Auronzo per il futuro ha colto l'occasione per annunciare altre mosse già messe in cantiere. «Il primo passaggio che stiamo compiendo è quello di riorganizzare i parcheggi in quota, dove sarà possibile l'accesso esclusivamente tramite prenotazione. In questo modo cercheremo di eliminare il traffico superfluo limitando il passaggio ai soli veicoli prenotati ed escludendo chi, come negli anni passati, arrivando a Misurina e trovando il parcheggio completo, rimaneva in coda per ore aspettando il suo turno». A proposito di parcheggi, altro tema finito sotto la lente d'ingrandimento è quello relativo ai parcheggi di Misurina. «Li sistemeremo insieme alle Regole, proprietarie di terreni, con l'obiettivo di togliere il prima possibile le auto attorno al lago», ha rivelato Auronzo per il futuro. I NUMERI «Cifre inesatte», quelle avanzate nei giorni scorsi dalla vicina Pusteria, sentenzia Auronzo per il futuro. «Tredicimila persone, per l'esattezza 13.467, sono il picco che ha interessato il solo giorno di Ferragosto. La media estiva parla di 3.998 presenze giornaliere, 5.433 nel mese di agosto», sottolineano gli amministratori auronzani che spiegano come, «gli unici numeri realmente registrati appartengono ad uno studio commissionato nel 2018 da Fondazione Dolomiti Unesco all'università Cà Foscari di Venezia». IL PROBLEMA ESISTE Tutti d'accordo di fronte a quello che si presenta a tutti gli effetti come un problema. «Però è sempre meglio dire le cose come stanno, numeri alla mano», puntualizza il gruppo consiliare di riferimento del sindaco Dario Vecellio Galeno, «sappiamo che negli ultimi anni il turismo è aumentato. Dal momento in cui ci siamo insediati stiamo studiando come organizzare i flussi e gestirli in modo adeguato e più sostenibile. Questo vuol dire necessariamente passare ad una mobilità elettrica, iniziando ovviamente in quota eliminando in modo progressivo auto e pullman. Se facciamo anche una veloce analisi possiamo constatare, senza timore di smentita, che i posti auto alle Tre Cime non sono mai aumentati. Sono aumentate invece le corse del trasporto pubblico. I posti auto sono limitati e presto saranno disponibili solo su prenotazione. La stessa cosa dovrebbero fare i servizi di trasporto pubblico, limitando anche loro i posti disponibili». © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Gazzettino | 30 gennaio 2025
p. 35, edizione Belluno
Mai più auto ai piedi dei ghiaioni: alle Tre Cime si salirà in cabinovia
GIANFRANCO GIUSEPPINI / AURONZO
Si sta delineando nel municipio di Auronzo di Cadore il piano per fronteggiare in estate l'enorme afflusso di turisti che da alcuni anni si sta verificando nell'area delle Tre Cime di Lavaredo e conseguentemente di Misurina. Così l'amministrazione civica condotta da Dario Vecellio Galeno sta cercando di correre ai ripari con il sostegno del Gruppo di maggioranza di "Auronzo per il futuro" di cui fa parte Nicola Bombassei, delegato principale a questo problema. Nasce così un progetto le cui linee guida contemplano più passaggi; il più consistente prevede la costruzione di un impianto di risalita che elimini così definitivamente le auto nei parcheggi del rifugio Auronzo. Parcheggi che non saranno spostati a Misurina, come si potrebbe facilmente pensare, ma nelle valli limitrofe. Infatti i punti di partenza per salire alle Tre Cime diventeranno Auronzo, Dobbiaco e Cortina, da dove i turisti potranno prenotare il biglietto che li porterà con una navetta direttamente a Misurina. Da qui accederanno alla cabinovia che li porterà in quota. A questo proposito viene chiarito: «Qualcuno potrebbe pensare che con l'impianto si porteranno molte più persone alle Tre Cime. Invece no: i posti disponibili saranno limitati, così potremo salvaguardare il territorio che è la nostra più grande ricchezza». L'OBIETTIVO A tal proposito, e forse ora è la volta buona, già in passato si era ipotizzato di raggiungere l'area delle Tre Cime mediante degli impianti. È il caso di quello vagheggiato più volte dalla Val Marzon a suo tempo inserito fin dagli anni Ottanta del secolo scorso nel "Piano Neve" regionale, ma mai concretizzato. Altra proposta è stata quella di una risalita da Misurina tramite una cremagliera di tipo svizzero. Ancor più datata e risalente al tempo della realizzazione dell'attuale strada, fu la costituzione di una società denominata "Telecabine Lavaredo". Un altro passaggio contenuto nella nota della maggioranza, prevede la sistemazione dei parcheggi di Misurina in collaborazione con gli istituti regolieri proprietari dei terreni, togliendo il prima possibile le auto attorno al lago. Anche questo è un aspetto tormentato che da anni attende una soluzione. Infine si prevede l'organizzare dei parcheggi in quota, dove sarà esclusivamente possibile l'accesso tramite prenotazione. In questo modo si cercherà innanzitutto di eliminare il traffico superfluo, limitando il passaggio ai soli veicoli prenotati ed escludendo chi, come negli anni passati, arrivando a Misurina e trovando il parcheggio completo, rimaneva in coda per ore aspettando il suo turno. I tre passaggi, cabinovia, sponde del lago libere dalle auto e prenotazione dei posteggi in quota sono cronologicamente invertiti, si parte con la prenotazione online, poi via con la sgombero delle auto dal lago e infine la cabinovia. LE CIFRE «Sappiamo comunica "Auronzo per il Futuro" - che negli ultimi anni il turismo in Dolomiti è aumentato, dal momento in cui ci siamo insediati, e anche da prima. Stiamo perciò studiando come organizzare i flussi e gestirli in modo adeguato e più sostenibile. Questo vuol dire necessariamente passare ad una mobilità elettrica, iniziando ovviamente in quota eliminando in modo progressivo auto e pullman. I posti auto alle Tre Cime non sono mai aumentati, ma sono rimasti gli stessi da decenni. Sono aumentate invece le corse del trasporto
pubblico. Le valutazioni da fare sono molte, i posti auto sono limitati e presto saranno disponibili solo su prenotazione. La stessa cosa dovrebbero fare i servizi di trasporto pubblico, limitando anche loro i posti disponibili. Quanto ai numeri in uno studio commissionato dalla Fondazione Dolomiti Unesco all'Università Ca' Foscari di Venezia nel 2018 si parla di un unico picco di 13.467 persone nel solo giorno di Ferragosto, ma di una media estiva di 3998 ed una media per il mese di agosto di 5433». Gianfranco Giuseppini © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Alto Adige | 31 gennaio 2025
p. 30
Alle Tre Cime senza auto e bus Spunta l’idea della cabinovia
FAUSTO DA DEPPO
TRE CIME DI LAVAREDO
Il punto d’arrivo è “eliminare definitivamente le auto nei parcheggi del rifugio Auronzo” ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. Lì, a 2300 metri di quota, si arriverà a piedi oppure con un impianto di risalita, una cabinovia da realizzare con partenza da Misurina, a 1750 metri di altitudine, nel Comune bellunese di Auronzo. Se i Comuni e gli enti turistici dell’Alta Pusteria hanno stretto un accordo per studiare soluzioni per ridurre gli afflussi turistici alla base di uno dei gruppi montuosi simbolo delle Dolomiti, “Auronzo per il Futuro”, la lista del sindaco Dario Vecellio Galeno, ha già le idee chiare. Parcheggi a prenotazione. Chiare e articolate in tre passaggi. Il primo consiste nell’“organizzare i parcheggi in quota, dove sarà possibile l’accesso solo con prenotazione. In questo modo – scrivono i consiglieri di Auronzo per il Futuro - cercheremo innanzitutto di eliminare il traffico superfluo limitando il passaggio ai soli veicoli prenotati ed escludendo chi, come negli anni passati, arrivando e trovando il parcheggio completo, rimaneva in coda per ore aspettando il proprio turno”. Salita con le navette. Seconda mossa: “Organizzare assieme alle Regole del paese (proprietarie dei terreni interessati, ndr) i parcheggi a Misurina, togliendo il prima possibile le auto attorno al lago”. Il terzo passaggio annuncia la novità della cabinovia, con l’ulteriore novità che i parcheggi cancellati al rifugio Auronzo non saranno appunto spostati a Misurina, ma saranno distribuiti in tre località, chiamiamole “stazioni di partenza per le Tre Cime”, indicate da “Auronzo per il Futuro” ad Auronzo, Cortina e Dobbiaco. Lasciata l’auto, ci saranno delle navette (elettriche) per trasferire i visitatori alla partenza della cabinovia. E per chi obietta che “con l’impianto di risalita si porteranno molte più persone alle Tre Cime”, Auronzo per il Futuro ha pronta la replica: “I posti disponibili saranno limitati”. Un “freno” anche agli autobus. L’obiettivo è “salvaguardare il territorio che è la nostra più grande ricchezza” e guardando alle Lavaredo Auronzo punta dunque su accessi prenotati, limitati e soprattutto senza veicoli privati. Anzi, addirittura senza autobus di linea, che negli anni, ricorda la lista del sindaco Vecellio Galeno, hanno intensificato le loro corse in quota (mentre “i posti auto alle Tre Cime non sono mai aumentati, come ha sostenuto qualcuno”) e che nel frattempo, prima di lasciar spazio alla cabinovia, dovrebbero “limitare anche loro i posti disponibili”. Il turismo sostenibile. “Negli ultimi anni il turismo nelle Dolomiti è aumentato –riassume Auronzo per il Futuro – e dal momento in cui ci siamo insediati (alla guida del Comune, ndr), e anche da prima, stiamo studiando come organizzare i flussi e gestirli in modo adeguato e più sostenibile. Questo vuol dire necessariamente passare a una mobilità elettrica, iniziando in quota eliminando in modo progressivo auto e pullman”. Iniziando dalle Tre Cime, “zona delicata e preziosa”, con “una media estiva di 3.998 (presenze turistiche, ndr) e una media per il mese di agosto di 5.433”. Il sindaco di Dobbiaco Martin Rienzner aveva parlato di giornate con 13-14 mila visitatori e al proposito da Auronzo arriva una precisazione che non vuol comunque attenuare l’urgenza di un intervento: “Uno studio commissionato dalla Fondazione Dolomiti Unesco all’Università Ca’ Foscari di Venezia nel 2018 parla di un picco di 13.467 persone nel solo giorno di Ferragosto”.
Corriere dell’Alto Adige | 31 gennaio 2025
p. 6
«Tre Cime, troppo turismo»
MATTEO MACUGLIA
BOLZANO
Limitare l’accesso delle persone e delle automobili al parco delle Tre Cime di Lavaredo, o lasciare consapevolmente che questo patrimonio Unesco venga sacrificato sull’altare del turismo di massa. È l’appello, di Mountain Wilderness, associazione da anni in prima fila contro il tema dell’overtourism, e che in passato ha più volte dato vita a una serie di proteste tra le Tre Cime di Lavaredo. Ma, prende atto il gruppo guidato da Luigi Casanova, nulla ha sortito effetto, tuttalpiù arrivando a «infastidire gli interlocutori». Mai, nota l’associazione, si è arrivati a discutere della limitazione degli accessi che sembra aver preso rilevanza solo da quando si è paventato il rischio del ritiro dello status di Patrimonio Unesco riconosciuto nel 2009. «Oggi si prende atto dell’iniziativa dei cinque comuni della Val Pusteria che chiedono con fermezza l’imposizione di limitazioni. Ma a quanto sembra non si sentono spinti da alcuna urgenza: al facilitatore del dialogo con Auronzo verrebbero concessi ben tre anni di tempo. Da quanto si legge i sindaci, più che dei temi legati alla difesa di paesaggio e ambiente, hanno solo il timore di perdere il riconoscimento Unesco. Sul tema stiano pure sereni: Unesco a Parigi accantona ogni emergenza, il team Unesco Italia coltiva il suo eterno letargo prosegue la nota dai toni amari di
Mountain Wilderness ma la situazione è grave». Lo ribadiscono perché una minuscola area alpina viene battuta, in particolar modo d’estate, ogni giorno da oltre 13 mila persone e la questione deve essere affrontata anche sul versante bellunese. Per i turisti, in passato sono stati strappati ai ghiaioni centinaia di parcheggi, finendo per allontanare le specie animali. Ben venga insomma, l’iniziativa del comune di Auronzo, ma bisogna fare in fretta. Serve al più presto un numero chiuso, imponendo il transito in zona su navette o mezzi pubblici autorizzati, limitante il servizio di trasporto su motoslitta nel periodo invernale, bloccare il traffico di biciclette sui sentieri in quota, e riqualificare, anche con risorse pubbliche, i rifugi.
Corriere delle Trentino | 4 gennaio 2025
p. 3
Il jet lascerà l’aeroporto di Mattarello
Il pilota: «Nessun volo turistico»
TRENTO
Continua a far discutere la proposta di accompagnare i turisti a bordo di un jet militare per ammirare dall’alto le Dolomiti. L’idea è stata da poco lanciata dalla Helijoy Srl, una società trentina specializzata in trasporti aerei di lusso, che offre tour esclusivi in elicottero e servizi di trasporto da una località sciistica all’altra. Ora a prendere posizione è anche il Wwf, che punta il dito contro il non trascurabile impatto ambientale di simili iniziative: «Per il jet militare in questione, l’L-39 Albatros, viene indicato un consumo di 380 litri di cherosene l’ora, che equivalgono a circa mille chilogrammi di anidride carbonica emessi in atmosfera. Si tratta di un impatto significativo per un’attività non essenziale, che stona con la “bellezza naturale delle Dolomiti” decantata nella proposta pubblicata sul sito web dell’azienda». Stando ai calcoli dell’associazione, un giro e mezzo su questo jet sarebbe equiparabile al consumo elettrico di una casa per un anno. Inoltre, non bisogna dimenticare che dal 2009 le Dolomiti sono entrate a far parte della lista dei patrimoni Unesco, riconosciute per la loro straordinaria bellezza naturale e per il valore culturale. «Sorvolare queste montagne con jet rumorosi e inquinanti significa non solo deturpare un ambiente fragile, ma anche compromettere l’esperienza di chi cerca in quei luoghi pace, silenzio e un contatto autentico con la natura. Questo tipo di turismo elitario osservano dal Wwf è in netto contrasto con i principi di sostenibilità e rispetto che dovrebbero guidare lo sviluppo del settore turistico». Agli ambientalisti non è sfuggita nemmeno la promessa riportata sul sito della Helijoy di aggiungere al volo sulle Dolomiti una serie di acrobazie, «come loop, manovre Immelmann, voli a bassa quota ad alta velocità e spettacolari tuffi verticali». Frasi che per il Wwf riportano alla memoria vicende tragiche legate al recente passato. Il riferimento è all’incidente del Cermis: il 3 febbraio 1998, un aereo militare statunitense tranciò i cavi della funivia uccidendo venti persone. «È fondamentale tutelare il nostro patrimonio naturale e culturale, promuovendo un turismo sostenibile e rispettoso dell’ambiente e dei valori umani», concludono dal Wwf. Dal canto suo, il presidente di Mountain Wilderness, Luigi Casanova, parla di una situazione «sfuggita consapevolmente di mano» e accusa la Fondazione Dolomiti Unesco di non fare abbastanza per difendere questo patrimonio. «Nonostante sia parte del consiglio d’amministrazione, l’assessora Giulia Zanotelli, e Mario Tonina prima di lei, ha mantenuto un colpevole silenzio su tutte le questioni ambientali che riguardano le Dolomiti. I politici hanno chiuso gli occhi di fronte allo scempio che si sta facendo contro queste montagne». Secondo Casanova, le pubbliche amministrazioni hanno favorito l’urbanizzazione delle Dolomiti, senza fare nulla per combattere il turismo di massa che, con sempre maggior vigore, prende d’assalto il sito Unesco. Nel frattempo, però, si apprende che il jet lascerà presto l’aeroporto Caproni di Mattarello. «Si tratta di una decisione presa da tempo precisa il pilota responsabile del velivolo con la Helijoy non è stato sottoscritto alcun accordo commerciale. Pertanto, è stato ordinato alla società di rimuovere immediatamente qualsiasi riferimento ai voli turistici, che comunque non sono mai stati effettuati». Una circostanza già confermata da Salomon Berhane, socio fondatore della Helijoy, che aveva sottolineato come l’Albatros fosse di proprietà di un privato. A quanto pare, almeno per ora, i turisti «paperoni» dovranno continuare ad apprezzare le Dolomiti da una prospettiva meno elevata.
Corriere delle Trentino | 9 gennaio 2025
p. 5
La Helijoy: «Le Dolomiti non vanno relegate in una teca invisibile, la staticità non protegge»
TIZIANO GROTTOLO TRENTO
Aveva fatto molto discutere la proposta di accompagnare i turisti a bordo di un jet militare per ammirare dall’alto le Dolomiti. L’idea, pubblicizzata dalla Helijoy Srl, è presto tramontata, non avendo trovato un reale riscontro commerciale. Ad ogni modo, la società trentina specializzata in trasporti aerei di lusso, ci tiene a replicare alle accuse lanciate dalle associazioni ambientaliste. Infatti, il business della Helijoy comprende tour esclusivi in elicottero e servizi dedicati agli sciatori, che possono farsi elitrasportare da una
Alto Adige | 21 gennaio 2025
p. 20
Elicotteri e droni in quota Presto regole più restrittive
BOLZANO
La montagna come un grande luna park. La montagna presa d’assalto senza alcuna regola, i rifugi trasformati in ristoranti, dove gustare ostriche e champagne, o in discoteche d’alta quota. La montagna da conquistare in elicottero. Contro questa idea di turismo si battono da sempre le associazioni ambientaliste e anche molti sindaci altoatesini. E proprio raccogliendo le segnalazioni di alcuni primi cittadini, che si sono lamentati dei troppi voli inutili da parte di elicotteri - cioè quelli non per soccorso, del genio civile o per il trasporto di materiali ai rifugi – l’assessore provinciale all’Ambiente e alla natura, Peter Brunner, si è detto intenzionato a modificare la legge provinciale del 27 ottobre 1997 e portare prossimamente in giunta una proposta di delibera che, una volta approvata, dovrebbe passare alla commissione legislativa e poi al consiglio provinciale per l’approvazione finale. L’idea, che è stata valutata in costante contatto con Enac, è quella di aggiungere il divieto di partenza o atterraggio in certe aree protette e, in generale, di ampliare l’ambito di applicazione della legge vigente. Inoltre, oggi vige il divieto di atterraggio e il sorvolo di aree protette come parchi naturali, biotopi a una distanza dal suolo inferiore ai 500 metri, ma non sempre è facile calcolare questi 500 metri e gli organi di controllo segnalano difficoltà. Con le modifiche all’attuale normativa, Brunner intende definire meglio la modalità di calcolo di quei fatidici 500 metri così da poter sanzionare i trasgressori. Contemporaneamente, sarà anche avanzata la proposta di raddoppiare le sanzioni amministrative per i furbetti che non rispettano le regole. Sanzioni che oggi vanno dai mille ai seimila euro. Vale la pena ricordare che l’heliskiing resta vietato dalla specifica legge provinciale del 1997. «Finalmente si sta prendendo coscienza del problema. In val Gardena si contano fino a una trentina di voli al giorno e preoccupa l’istituzione di un vero servizio taxi», il commento di Carlo Alberto Zanella, presidente del Cai Alto Adige, che da sempre si batte contro l’uso indiscriminato di elicotteri in montagna. L’assessore è intenzionato anche a rendere più chiara la regolamentazione sull’uso dei droni dal momento che, negli ultimi tempi, se ne vedono sempre di più e di importanti dimensioni. Droni che rappresentano potenziali pericoli per velivoli ed elicotteri, in particolare per quelli impegnati in operazioni di soccorso. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.
L’Adige | 23 gennaio 2025
p. 17
«Pensiamo agli animali ma anche a chi viene in montagna per avere silenzio e relax»
Il “no” ai voli turistici in alta quota sulle cime dolomitiche arriva da diverse sigle ambientaliste. Ma c’è chi su questo tema da decenni non molla la presa, chiedendo un approccio alla montagna più sobrio e meno attento alle richieste del mercato del lusso. «L’associazione Mountain Wilderness è da sempre oppositrice del turismo in elicottero in alta quota, - ha detto il presidente Luigi Casanova La nostra battaglia va avanti almeno dagli anni ‘90. Nel 1998 i parlamentari trentini Sandro Schmid, Luigi Olivieri e Giuseppe Detomas presentarono un disegno di legge che proponeva la messa al bando di questa pratica, poi il primo governo Prodi cadde e purtroppo tutto finì nel dimenticatoio. Dopo il 2009, quando le Dolomiti furono proclamate Patrimonio Unesco, con la politica locale si
17 skiarea all’altra. «La propensione delle associazioni ambientaliste a scegliere l’isolamento e il conservatorismo non significa proteggere il passato, ma rischiare di bloccare il futuro», dichiarano i titolari della società. «Le Dolomiti rappresentano un’eccellenza che merita di essere condivisa e vissuta da tutti, non relegata in una teca invisibile. Preservare aggiungono dalla Helijoy non deve significare rinunciare al progresso, ma trovare un equilibrio tra valorizzazione e rispetto». Per l’azienda che offre i voli di lusso, cercare di mantenere le cose immutate è solo un’illusione: «La staticità non protegge, anzi, rischia di isolare, impedendo al territorio di beneficiare delle opportunità di crescita economica, culturale e sociale offerte dal turismo moderno». Dal canto loro, le associazioni ambientaliste hanno sempre criticato duramente le attività turistiche che prevedono l’utilizzo di elicotteri in montagna. Per il Wwf è fondamentale «tutelare il patrimonio naturale e culturale, promuovendo un turismo sostenibile e rispettoso dell’ambiente e dei valori umani». Il presidente del Cai Alto Adige, Carlo Alberto Zanella, aveva già espresso la sua preoccupazione sull’eventualità che, con il passare del tempo, gli elicotteri diventino i taxi della montagna: «Questi mezzi dovrebbero essere utilizzati esclusivamente per i soccorsi e per trasportare materiale e rifornimenti per i rifugi e le strutture d’alta quota». Un concetto condiviso anche dal presidente di Mountain Wilderness, Luigi Casanova, che punta il dito pure contro la Fondazione Dolomiti Unesco: «È un ente che praticamente non esiste, in questo vuoto si sono inseriti i privati che spesso e volentieri non si preoccupano delle ricadute ambientali delle proprie attività». La Helijoy però non ci sta e rispedisce le critiche al mittente: «Le innovazioni, come i voli esclusivi, non devono essere viste come una minaccia, ma come un’occasione per far vivere il territorio in modo nuovo. L’idea che la novità spaventi nasce spesso dalla mancanza di conoscenza e confronto». Secondo la società trentina è necessario cambiare approccio. In questo senso, viene sottolineato che il coinvolgimento di turisti facoltosi può generare risorse per sostenere il territorio. «Il nostro obiettivo è condividere le Dolomiti con il mondo, per garantire che il loro valore non rimanga immobile, ma cresca con il tempo. Il nostro non è un progetto contro l’ambiente ribadiscono i titolari della Helijoy non vogliamo sostituire l’esperienza turistica nelle Dolomiti, ma integrarla mostrando che il turismo di lusso può essere un motore di sviluppo inclusivo per tutti» .
cercò di estendere la tutela a tutte le Dolomiti, ma poi le giunte provinciali cambiarono colore politico». Casanova nega che la pratica dell’eli-turismo sia la “normalità” sdoganata in ogni dove: «Non è così. E infatti l’eli-turismo è vietato in Francia, in Austria, in Slovenia, in Baviera, mentre in Svizzera è consentito solo in certe regioni. Insomma, in quasi tutto l’arco alpino l’eli-turismo non è consentito. E questa messa al bando si poggia su fondamenta scientifiche». Casanova indica che l’eli-turismo metterebbe a rischio soprattutto il benessere e la vita della fauna selvatica: «Viviamo in un territorio fortemente antropizzato, con un’enorme presenza umana - spiega l’ambientalista - Sulle Alpi, oltre la quota dei mille metri vivono quattordici milioni di persone. In questo contesto, con un sistema ambientale disturbato e fragile, gli animali selvatici salgono alle alte quote per cercare riparo duranti i mesi dello svernamento, un luogo dove stare tranquilli. L’arrivo degli elicotteri sulle cime spaventa gli animali e li costringe alla fuga». C’è poi una questione etica, aggiunge Casanova: «Anche gli esseri umani vengono in montagna per trovare silenzio e relax, almeno in teoria. Ma ormai in alcune zone l’attività degli elicotteri è continua, come sul passo Sella». Mountain Wilderness chiede che vengano fatte rispettare le normative locali: «Sono in vigore due leggi provinciali, a Trento e Bolzano, che però sono facili da aggirare. Chiediamo che siano applicate con rigore. La Provincia di Trento se ne frega perché non siamo molto toccati, mentre la Provincia di Bolzano finge di non vedere anche per via della vicinanza della lobby degli elicotteristi con parti della Svp. Spesso gli elicotteri partono da oltre confine, dal Bellunese, ma poi sorvolano tutto il territorio dolomitico. Il nostro obiettivo è quello di far valere le leggi in vigore in maniera severa, per questo le associazioni faranno fronte ne». comuFa.Pe.
L’Adige | 23 gennaio 2025
p. 17
«In elicottero sulle Dolomiti, non più di 15 voli all’anno»
FABIO PETERLONGO
I sorvoli in elicottero delle cime dolomitiche con fini turistici hanno nuovamente attirato l’attenzione dell’opinione pubblica, nonché le proteste dei gruppi ambientalisti, preoccupati dell’impatto che queste pratiche possono avere sull’integrità ambientale, in particolare sul benessere della fauna selvatica che, soprattutto durante la stagione dello svernamento, rischia di esserne spaventata e indotta alla fuga. Ma gli operatori commerciali assicurano il rispetto delle norme di legge e rivendicano l’esigenza di lanciare una nuova offerta di mercato rivolta soprattutto alle fasce di clientela “altospendenti”, attirate dalle esperienze del lusso. Questo mercato sembra consolidato in Alto Adige, mentre in Trentino la frequenza di questi voli sembrerebbe finora piuttosto contenuta. Il presidente di Kilometro Azzurro - Distretto aeronautico trentino, Roberto Sani, ha delineato le dimensioni del fenomeno: «Sono due le imprese attive in Trentino, con una frequenza di dieci-quindici sorvoli ogni anno». Sani, che fa da portavoce alle imprese aeronautiche del territorio, rivendica la bontà del modello: «Sono ben altre le pratiche che impattano sul territorio, credo che dietro alle contestazioni dei gruppi animalisti ci sia soprattutto un intento ideologico». Ma le associazioni ambientaliste, dal Wwf, al Cai, a Mountain Wilderness, non sono d’accordo.
L’Adige | 23 gennaio 2025
p. 17
«Turismo di lusso e business i nostri target, ma vogliamo far vedere la bellezza a tutti»
Salomon Berhane è il socio fondatore, insieme a Filippo Campana, di Helijoy Srl, società con base a Trento che propone ai clienti una serie di servizi, dall’organizzazione di eventi esclusivi fino al noleggio di velivoli con finalità di riprese visive e anche di sorvoli turistici. «Abbiamo in dotazione dieci elicotteri, - ha indicato Berhane - L’avvio dell’impresa nasce dalla passione per il volo e dal desiderio di intercettare una clientela che voglia sperimentare l’esperienza di sorvolare le Dolomiti da una prospettiva diversa». Berhane ritiene che questa iniziativa possa valorizzare le peculiarità del territorio: «Offriamo sorvoli di “servizio” per clienti che debbano spostarsi in rapidità e sicurezza da un luogo a un altro, ma anche sorvoli turistici, complessivamente a una cinquantina di clienti finora. Il nostro cliente tipo è il business-man con famiglia, provenienti da tutto il mondo». «Crediamo nel turismo di lusso continua l’imprenditore -, ma riteniamo anche di offrire una proposta alla portata di un pubblico più ampio, magari in occasione di un regalo speciale, visto che i prezzi di un noleggio partono da 1000 euro per 5 persone. Non vogliamo escludere nessuno, vorremmo far vedere la bellezza a tutti». Berhane respinge le critiche degli ambientalisti in merito all’impatto che questi sorvoli avrebbero verso l’integrità della montagna: «Concentriamo i voli turistici solo al sabato e alla domenica per ridurre l’impatto sonoro, mentre nel resto della settimana ci concentriamo sulle aziende. I nostri velivoli sono di ultima generazione per garantire il minor impatto ambientale ed operiamo nel rispetto delle norme di legge locali e nazionali. Sono stati fatti grandi passi avanti». La richiesta, rivolta alle istituzioni, è anzi quella di sostenere questo comparto: «Non siamo qui per distruggere niente, ma per costruire. Invitiamo Trentino Marketing a un confronto, anche per risalire il divario che si è creato con il vicino Alto Adige, dove il turismo di lusso ha creato un indotto significativo. D’altronde il nostro core -business si svolge proprio in provincia di Bolzano», indica Berhane. Poi c’è il tema dell’overtourism, ovvero il sovraccarico turistico che compromette la salute della montagna, e soprattutto toglie equilibrio ai territori: traffico insostenibile per le strade, mercato degli alloggi che penalizza i residenti, prezzi in aumento. Sul tema l’imprenditore riflette: «Ritengo che la montagna sia per tutti e che
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con le giuste cautele si debbano garantire le attività economiche ai diversi livelli, non solo quello del lusso. Va anche considerato che gli imprenditori investono molte risorse per portare avanti le loro attività. Il tessuto economico va sostenuto e non discriminato». Fa.Pe.
Corriere delle Alpi | 5 gennaio 2025
p. 29
Helmuth Senfter celebra Padola «Presto sarà parte della 3 Zinnen»
Stefano Vietina
Comelico I Senfter ci credono, presto il collegamento. È nota la passione di Franz Senfter per il Comelico: l'imprenditore pusterese ha sempre sostenuto che un posto come Padola, "questa piccola Cortina" come lui la definisce, è ideale per sciare. E questo ha dettato anche la sua volontà di investire con la società che presiede, la 3 Zinnen Dolomites, negli impianti di risalita comeliani, salvandoli dal fallimento e dall'oblio. Adesso la conferma di questa passione arriva anche dal figlio Helmuth che l'altro giorno l'ha resa esplicita in un post su Facebook. «Sciare nella soleggiata Padola presso l'area sciistica Col d'La Tenda», ha scritto, «ti permette di esplorare le splendide Dolomiti che circondano il Monte Popera (3.046 m). La pittoresca città montana di Padola (1.215 m) è splendidamente incastonata alla fine della Val Comelico. Offre un vasto paesaggio aperto, incorniciato dalle Dolomiti a sud, est e ovest, e dalle Alpi Carniche a nord. Con grande emozione, l'area sciistica di Padola sarà presto ampliata per includere Valgrande e Monte Colesei (1.950 m), collegando Col d'La Tenda con Passo Monte Croce e Sesto (Sexten). Tutto questo sarà sotto un unico marchio, le tre località sciistiche Zinnen Dolomiti, e un logo globale, la rete Dolomiti Superski. Benvenuti a Padola!». Se non è una dichiarazione d'amore, insomma, poco ci manca. Helmuth Senfter, imprenditore che gestisce fra l'altro le attività cinesi della famiglia, è anche il presidente del Comitato organizzatore della tappa di San Candido della Coppa del mondo FIS di skicross, che si è svolta a fine dicembre ed è nota la sua passione per lo sci, da praticante e da dirigente. Chi lo conosce bene sa quanto sia un convinto sostenitore dell'intuizione del padre, ovvero quella di collegare due aree così diverse eppure cosi vicine come la Pusteria e il Comelico, ma qualche voce di paese lo voleva "freddo" su questo progetto. Il post, corredato da alcune belle foto frutto della sciata a Padola in una magnifica giornata di sole di fine anno, smentisce qualsiasi diceria in proposito. È noto il riserbo di Franz Senfter e soprattutto la sua estrema correttezza, tanto da aver messo a disposizione una cifra consistente per questo collegamento senza mai voler, con le sue dichiarazioni o prese di posizione, sovrapporsi al lavoro di mediazione e progettazione del sindaco Marco Staunovo Polacco. E anche in queste ore padre e figlio preferiscono non intervenire pubblicamente sul tema. Ma per Franz Senfter valgono le parole spese in questi anni, quando a più riprese ha ribadito la volontà di portare a termine il progetto di collegamento, avviato ormai da tre lustri. Un anno fa, a pochi giorni dall'autorizzazione globale della Soprintendenza di Venezia sul progetto di collegamento, Franz Senfter aveva confermato al Corriere delle Alpi: «Sono contento che questo nostro comprensorio si possa allargare e soprattutto che lo si possa fare dalla parte del Comelico, dove c'è bisogno di incrementare il turismo che, a guardar bene, è l'attività più ecologica per sviluppare la valle». Ed ancora: «L'obiettivo della nostra società Tre Cime Dolomiti non è rappresentato dagli utili, ma dall'indotto, ovvero dal benessere che gli impianti di risalita producono per le attività della gente delle nostre valli». Ed è noto che spesso le piste prescelte dal grande imprenditore pusterese per sciare sono proprio quelle di Padola. Fermandosi poi a pranzo al rifugio di Col d'la Tenda dove, con gli amici, degusta i piatti tipici del menù, che lui stesso ha sempre voluto "tipicamente comeliani", così da differenziarli da quelli degli altri rifugi e anche da alimentare, sostiene, l'economia locale. © RIPRODUZIONE RISERVATA Una delle foto pubblicate da Helmuth Senfter durante la sciata a Padola Il collegamento tra Comelico e Pusteria Nei giorni scorsi una sciata è stata l'occasione per citare il progetto.
Corriere delle Alpi | 23 gennaio 2025
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Collegamento Cortina-Civetta «Noi continuiamo a crederci»
FDM
Belluno
La Regione non smette di credere al collegamento Cortina-Civetta. Lo conferma l'assessore regionale al turismo, Federico Caner. Che precisa subito: «Non è vero che costerà 100 milioni, ma molto meno. Intanto la Regione ha stanziato i primi 33 milioni». «Adesso», prosegue, «dovranno farsi avanti gli investitori, privati, ma in compartecipazione», precisa. La cabinovia tra Fedare sul passo Giau e il monte Fertazza, in comune di Selva di Cadore, ma con probabile sosta intermedia a Colle Santa Lucia, potrebbe costare fino a 80
milioni, compreso il rinnovo della seggiovia tra fedare e forcella Averau. «Abbiamo incontrato gli operatori ed i sindaci in particolare, con i quali abbiamo condiviso i tempi procedurali per realizzare l'opera», puntualizza Federico Caner. «So che in taluni ambienti non c'è condivisione, ma dal territorio riceviamo solo sollecitazioni ad andare avanti: viene considerata un'opportunità unica di sviluppo». A questo riguardo l'esponente della Regione ricorda che il collegamento non è importante solo per gli sciatori, ma per i turisti in generale: l'impianto creerà una mobilità alternativa in un territorio delicatissimo, protetto dall'Unesco: «Non vogliano più vedere tutte quelle macchine che invadono il passo Giau, perfino ad una distanza di chilometri, provocando dell'inquinamento, oltre che un impatto visivo improponibile» . A questo punto, dunque, si pone l'opportunità di una stazione intermedia in territorio di Colle Santa Lucia, come chiede il sindaco Paolo Frena, da localizzare all'esterno del paese, vicino alla strada che porta verso il Giau. «Siamo valutando questa legittima richiesta da parte dei sindaci. La valutazione è anche riferita all'aspetto economico», precisa l'assessore Caner. «È certo che una stazione intermedia eleva il costo. ma ci confronteremo col territorio per capire anche quali saranno gli specifici impegni» . Per la stazione di Colle si parla di un costo fra i 5 e gli 8 milioni. Caner ritorna sul capitolo dei costi, per repricisare che la cifra dei 100 milioni apparteneva ad un progetto ambizioso avanzato originariamente dai privati. «Io ritengo», conclude Caner, «che già i 33 milioni siano una bella cifra e consentano di realizzare qualcosa di importante, se ci sarà la compartecipazione dei privati». Il collegamento tra il Comelico e la Val Pusteria costa una cinquantina di milioni, se vogliamo un termine di paragone. fdm © RIPRODUZIONE RISERVATA L'assessore Federico Caner.
OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI
Corriere delle Alpi | 6 gennaio 2025
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Olimpiadi, cifre da capogiro per i pacchetti ospitalità
Alessandro Michielli
Cortina
Quanto costerà vivere l'esperienza olimpica ad un utente che acquisterà tramite il sito di Fondazione Milano Cortina il pacchetto offerto da On Location – il fornitore dell'ospitalità utilizzato da MiCo – che comprende biglietto di gara, servizi premium e albergo? Tanto, anzi tantissimo. Si passa dalla cerimonia di chiusura all'Arena di Verona, dove il pacchetto parte da 10 mila euro per un biglietto d'ingresso compresa l'esperienza di hospitality – oltre a due notti in albergo obbligatorie, per un totale di 12.924, 25 – alla finale di Curling femminile, dove il prezzo parte da 650 euro, con aggiunta facoltativa di hotel ad un prezzo di partenza che si aggira sui 446 euro a notte (minimo 2 notti), per un totale di 1.620,75 euro. I prezzi finali hanno le tasse comprese. Queste opzioni potrebbero fare storcere il naso anche agli appassionati più danarosi: infatti, l'aspetto più eclatante non è tanto il prezzo, quanto la proposta ricettiva. Tra le opzioni di pernottamento visibili sul sito di MiCo e legate all'acquisto di un biglietto di gara, la grande maggioranza sono offerte da strutture che si trovano lontane dalle aree di gara. Per la cerimonia di chiusura a Verona, ad esempio, gli unici alberghi disponibili si trovano tutti in provincia di Sondrio. La discesa libera femminile? In questo caso un albergo a Cortina c'è, ma disponibile alla modica cifra di 4.505 euro a notte (minimo 2 notti). Quindi, vedere scendere dall'Olimpia delle Tofane Sofia Goggia o Federica Brignone, verrebbe a costare minimo 11.231,64 euro. In questo caso, infatti, il pacchetto prevede l'obbligo di prenotare un albergo in convenzione con l'organizzazione dei Giochi. La domanda è questa: chi intende spendere certe cifre, accetterà il fatto di dover alloggiare a due, tre o quattro ore di distanza dalle aree gara? «Abbiamo esaurito i posti di alcune camere che avevamo disponibili nei pressi nelle aree di gara o delle cerimonie», afferma un portavoce di On Location, società americana leader globale nell'ospitalità premium. «Su Verona, ad esempio, vogliamo trovare altri tipi di hotel vicini all'Arena. Ci riusciremo sicuramente. Nel caso della cerimonia di chiusura, infatti, oggi sono disponibili solo hotel nell'area di Bormio che non è accettabile. Inseriremo nuove proposte. Quando avremo tutti i pacchetti in vendita, a partire dal 6 febbraio, gli utenti troveranno un campionario molto più completo e questi aspetti saranno risolti. Ma oggi, visto che ci sono degli ostacoli, le persone si possono rivolgere al team di customer service che è già attivo e può trovare soluzioni ad hoc». i pacchetti proposti dal fornitore mico Fondazione MiCo, tramite il suo provider, offre sul proprio sito due tipi di soluzioni: ticketinclusive overnight e ticket-inclusive hospitality. Dal soggiorno completo alla sola giornata olimpica, le due soluzioni offrono la possibilità di vivere l'atmosfera dei Giochi. Il pacchetto overnight comprende il biglietto ufficiale per i Giochi Olimpici, l'esperienza di hospitality e l'alloggio garantito. Il pacchetto hospitality, invece, comprende il biglietto ufficiale dei Giochi, l'esperienza di hospitality, ma non l'alloggio. la classificazione degli hotel Le opzioni fornite in merito alle strutture alberghiere sono classificate per livello di servizio. Livello 1: essenziale, ad oltre 30 minuti dal centro città, hotel a 2 o 3 stelle, che fornisce servizi di base. Livello 2: plus, situato nei pressi del centro città, hotel a 3 o 4 stelle, che fornisce servizi standard. Livello 3: premium, situato nel centro città, hotel a 4 o 5 stelle, che fornisce servizi come piscina, palestra, spa e alto livello di servizio. le date e i luoghi delle gare in Veneto Le Olimpiadi invernali di Milano Cortina 2026 si svolgeranno dal 6 al 22 febbraio 2026. A Cortina si svolgeranno le gare di sci alpino femminile sull'Olimpia delle Tofane, le gare di bob, skeleton e slittino (maschili e femminili) al Cortina Sliding Centre e le gare di Curling (maschili e femminili) al Cortina Olympic Stadium. Le Paralimpiadi invernali, invece, svolgeranno dal 6 al 15 marzo 2026. A Cortina si svolgeranno le gare di para sci alpino e para snowboard (maschili e femminili) sull'Olimpia delle Tofane e le gare di wheelchair curling
al Cortina Olympic Stadium. la precisazione I numeri e gli importi pubblicati in questo articolo sono stati calcolati la mattina di domenica 5 gennaio, prima del confronto con il provider.
Corriere del Veneto | 7 gennaio 2025
p. 9, edizione Treviso – Belluno
Saldini: «Dal 2026 Cortina libera da auto e camion Su villaggio e pista da bob rispetteremo i tempi»
CORTINA D’AMPEZZO (BELLUNO) «Vogliamo liberare Cortina dal transito di mezzi pesanti e delle auto, renderla free car , un destino che accomuna il futuro delle località montane». Fabio Massimo Saldini, commissario di governo e ad di Simico, proietta la Regina delle Dolomiti in un futuro nemmeno troppo lontano: due, tre anni a partire dal momento in cui inizieranno i lavori alla grande tangenziale, in gran parte interrata, che da Fiames porterà a Sud di Cortina. «Si prevede - aggiunge il Commissario - di partire anche quest’anno. Come a Livigno, vogliamo realizzare parcheggi fuori dal centro, limitando l’ingresso dei veicoli in centro. Il Comune mi è sembrato molto sensibile, d’altronde quanto è successo questa estate e ancora più durante le festività natalizie non deve ripetersi». Quarantacinque e più minuti la media per percorrere i pochi chilometri che separano Zuel dal cuore di Cortina. Ora tutti sperano che, come accadde nel ‘56, le Olimpiadi possano rivoluzionare il futuro del paese, adeguandolo agli standard delle località più rinomate dell’arco alpino. Prima ancora dei lavori alla tangenziale, nei prossimi giorni partirà il lotto zero, quello del Lungo Boite che sarà ultimato entro l’anno e consentirà la creazione di una zona a traffico limitato in via Battisti, la parallela di Corso Italia. Il Lungo Boite sarà a uso esclusivo delle auto autorizzate a entrare a Cortina. E nel periodo olimpico, quando la tangenziale non sarà ancora ultimata? «Le auto private, a eccezione delle poche autorizzate, si fermeranno a Longarone e a Dobbiaco, dove le navette partiranno verso Cortina per raggiungere il parcheggio dell’Apollonio». Dove dovrebbe essere realizzata la partenza della cabinovia per Socrepes? «Entro metà gennaio la struttura di Valutazione di impatto ambientale della Regione dispenserà il proprio parere. Quindi metterà insieme l’analisi fatta da Regione Veneto, Provincia, Sovrintendenza, Autorità di bacino e considererà le integrazioni presentate. Stiamo concordando il modo migliore per realizzare l’impianto nel rispetto del territorio, della funzionalità e della sicurezza. Il progetto è stato adeguato grazie anche al lavoro svolto dal Politecnico di Torino. I lavori si concluderanno a fine ottobre. Per capire le dimensioni del parcheggio a livello stradale dell’Apollonio aspettiamo le prescrizioni previste dalla Regione». A metà mese una nuova visita del Cio allo Sliding Centre. Quali novità? «L’appuntamento è il 16 gennaio. Ribadisco: considero la pista di Cortina la più bella opera architettonica e ingegneristica del secolo. A oggi sono stati conclusi 510 metri di pista, obiettivo per il 16 gennaio arrivare a 754, poi senza patemi ai 1.800 finali. Essendoci concentrati sulle curve è stato superato il 75 per cento delle complessità. Ci resteranno i rettilinei, molto più semplici da concludere». In che data i test per l’ok dal Cio? «Dal 24 al 31 marzo. A questa settimana ne seguirà una seconda per gli allenamenti dei team delle nazionali». Quanto al taglio dei larici? «Sono state abbattute 849 piante a basso e ad alto fusto, ne saranno ripiantumate 10.252. Invito a non essere ridicoli quanti sostengono che abbiamo tagliato piante secolari per piantare arbusti. Ripiantumiamo le essenze tagliate. Aggiungo che di larici di 140 anni ce n’era uno soltanto». Villaggio olimpico di Fiames. Il via ai lavori? «Senza il progetto esecutivo non si poteva arrivare alla fattibilità tecnica ed economica, ma da dicembre è iniziata la produzione dei moduli abitativi, vere e proprie villette, a cura dell’azienda Crippa Campeggio di Bereguardo nel Pavese. Saranno trasportati come da programma da febbraio a giugno grazie a 45 trasporti eccezionali, ognuno di questi per 8 unità abitative, che saranno effettuati di notte. Nel corso di gennaio sarà predisposta l’area. La superficie sarà pari a 4.500 metri quadrati, più 15 mila metri quadrati per la viabilità. Le unità abitative saranno 377 in grado di ospitare 1.400 ospiti. Tutto sarà pronto entro ottobre. Una volta ultimati i Giochi il villaggio potrà essere utilizzato per dodici mesi e poi smontato in altri dodici. Le case sono noleggiate e, per ora, questo è il piano». Fronte Palazzo del Ghiaccio. «Un’opera d’arte. I principali lavori sono stati effettuati in anticipo e con maestria dalla Ecoedile di Trescore nella Bergamasca, tant’è che i primi di agosto abbiamo consegnato l’impianto per pattinaggio artistico, curling e hockey. Abbiamo concluso le opere interne, quelle di falegnameria, realizzato gli ascensori, reso agibile il terzo piano realizzato nel ‘56 e mai utilizzato, adeguato le sedute creando la possibilità di accedere alle persone con disabilità durante e dopo le Olimpiadi, sistemato il tetto che a causa di infiltrazioni alterava il tasso di umidità. Ci resta la sistemazione degli spogliatoi con tutte le misure necessarie per renderli inclusivi. Fiore all’occhiello nel ‘56, tornerà a esserlo a lavori ultimati».
Corriere del Trentino | 30 gennaio 2025
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Olimpiadi giovanili 2028, oggi il voto Fugatti a Losanna con Malagò per spingere «Dolomiti-Valtellina»
TRENTO
Gli occhi, oggi, sono puntati su Losanna. Durante la 143esima sessione del Cio (il Comitato olimpico internazionale) verrà infatti presentata ufficialmente la candidatura «Dolomiti-Valtellina» per l’organizzazione dei Giochi olimpici giovanili invernali del 2028. E al
termine della votazione, si saprà se la candidatura verrà accolta. In Svizzera, insieme al presidente del Coni Giovanni Malagò e al ministro Andrea Abodi, ci saranno il governatore trentino Maurizio Fugatti con i colleghi Luca Zaia e Attilio Fontana in rappresentanza dei tre territori coinvolti. Saranno loro a spingere la candidatura italiana, che sembra avere in realtà la strada spianata: al Cio sembra essere piaciuta infatti l’idea di organizzare la kermesse a cinque cerchi sfruttando gli impianti e le strutture che si stanno realizzando in questi mesi per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina del prossimo anno. Oggi dunque si saprà se il Trentino, dopo l’evento olimpico del 2026, si dovrà preparare anche per un altro appuntamento sportivo internazionale tra tre anni. Che impegnerà non solo la val di Fiemme con il centro del fondo di Lago di Tesero e lo stadio del salto di Predazzo ma anche Baselga di Pinè e il suo Ice Rink, tolto «in corsa» dalle sedi olimpiche di Milano-Cortina. Questa volta a favorire il mantenimento della sede pinetana c’è un aspetto. Tutt’altro che secondario: per le Olimpiadi invernali giovanili infatti l’impianto non deve essere necessariamente coperto, come invece era richiesto per i Giochi tradizionali (un fattore che aveva inciso in modo decisivo, visti i costi elevatissimi per realizzare una struttura di copertura dell’anello da 400 metri). C’è anche un altro aspetto, ricordato dalla giunta provinciale nella delibera approvata nell’ultima riunione relativa proprio alle Olimpiadi invernali giovanili: lo stesso presidente del Coni si era assunto «impegni istituzionali nei confronti del Comune di Baselga di Pinè e della Provincia relativamente all’impianto dell’Ice Rink». Assicurando che l’altopiano sarebbe stato tra le sedi delle Olimpiadi «Dolomiti-Valtellina». E proprio l’Ice Rink Pinè in queste ore ha registrato un passo in avanti sul fronte della riqualificazione. È stato aggiudicato infatti l’appalto relativo ai lavori di riqualificazione dell’anello esterno. L’intervento, del costo complessivo di poco più di 4,5 milioni, rappresenta uno dei tre lotti di restyling del complesso di Miola di Pinè, che avrà un costo complessivo di 29,5 milioni. Secondo il cronoprogramma, i lavori alla pista esterna dovrebbero essere completati entro settembre. Soddisfatto il commissario straordinario, ad di Simico, Fabio Saldini: «I lavori allo stadio del ghiaccio hanno avuto una accelerazione. Questo intervento avrà ricadute positive sull’intero territorio, coinvolgendo comunità e appassionati di diverse discipline». Così il sindaco Alessandro Santuari: «Questo è un importante passo avanti che ci permette di guardare con ottimismo al futuro e in particolare alla prossima stagione sportiva. Con grandi impegni all’orizzonte e con il dovere di dare certezze alle associazioni sportive del territorio e dell’intero mondo del ghiaccio, la notizia dell’assegnazione dei lavori del lotto 2 porta una boccata di ossigeno al nostro altopiano e al mondo dello sport».
Corriere delle Alpi | 31 gennaio 2025 p. 13
Olimpiadi giovanili 2028 Il Veneto si aggiudica anche questa partita
Gianluca De Rosa / CORTINA
Cortina fa il bis e dopo le olimpiadi invernali senior del 2026 porta a casa anche quelle giovanili datate 2028. Premiata ancora una volta la candidatura diffusa che stavolta coinvolgerà, insieme alla perla delle Dolomiti, la Valtellina e il Trentino. Gli Yog (giochi olimpici invernali giovanili) si terranno dal 15 al 29 gennaio del 2028 e interesseranno sette delle undici sedi di Milano-Cortina 2026. Il programma della rassegna giovanile, riservata ad atleti e atlete di età compresa tra i 15 e i 18 anni, chiamerà in causa tutti e sette gli sport olimpici invernali: biathlon, bob, curling, hockey su ghiaccio, slittino, pattinaggio e sci. Il filo rosso con il 2026 Così come avvenuto nel giugno del 2019, è stata la sede del Cio di Losanna a ospitare, a margine della 143esima sessione del comitato olimpico internazionale, la cerimonia di assegnazione dell'evento. Una cerimonia senza sorprese considerato che quella italiana è stata l'unica candidatura avanzata. Così, con 89 voti a favore Dolomiti-Valtellina 2028 è diventa realtà. Andrà in continuità con la rassegna a cinque cerchi di Milano-Cortina 2026 sfruttando strutture già esistenti, alcune delle quali, su tutte la pista da bob di Cortina, ad oggi però ancora da completare. Tre i cluster selezionati: la Valtellina con Livigno, la Valdidentro e Bormio; la Val di Fiemme con Baselga di Pinè, ripescata dopo il dietrofront di Milano-Cortina 2026, Predazzo, Tesero e Cavalese e Cortina d'Ampezzo che ospiterà bob, skeleton e slittino nel futuro Sliding Centre e il curling allo stadio Olimpico. Niente sci alpino e niente Olympia delle Tofane, a differenza di quanto succederà nel febbraio del 2026. Sarà la mitica Stelvio di Bormio infatti a ospitare lo sci alpino con il salto concentrato a Predazzo e il fondo a Tesero. le reazioni «Un successo annunciato, dettato dal fatto che sarà gestito da una macchina organizzativa già rodata che ha fatto, sta facendo e continuerà a fare un ottimo lavoro» ha sottolineato il presidente del Coni Giovanni Malagò che ha salutato soddisfatto l'assegnazione insieme al ministro dello Sport Andrea Abodi e ai rappresentanti dei territori coinvolti nel progetto Yog 2028 Attilio Fontana, governatore della Lombardia; Cristiano Corazzari, assessore regionale del Veneto; e Maurizio Fugatti, presidente della Provincia autonoma di Trento. Assente dell'ultima ora a Losanna il governatore della Regione Veneto Luca Zaia causa influenza. «Il Veneto ha scritto un'altra pagina di storia» ha sottolineato Zaia, «dopo Milano-Cortina 2026 le nostre Dolomiti saranno ancora protagoniste con i giochi olimpici giovanili invernali 2028. Da Losanna è arrivato un riconoscimento importante che premia ancora una volta la capacità organizzativa, la bellezza del nostro territorio e il grande lavoro di squadra che ci ha portati fin qui. Questa assegnazione non è solo un grande evento sportivo, ma un'opportunità per il territorio. I giochi del 2028 si inseriscono in una strategia di sviluppo che punta a valorizzare al massimo gli investimenti già fatti per il 2026, ottimizzando le risorse ed assicurando ricadute concrete per l'economia locale». La provincia di Belluno «Costruire la legacy delle olimpiadi Milano Cortina 2026 è fondamentale perché significa allungare nel tempo i benefici del grande evento e porre le basi per uno sviluppo duraturo del territorio» ha aggiunto il presidente della Provincia di Belluno Roberto Padrin. Yog 2028 sarà un investimento da 65 milioni di euro, la cui ripartizione è stata annunciata dal ministro dello Sport Andrea Abodi: «Ben 22.5 milioni verranno garantiti dal governo, altri 22.5 milioni saranno pro quota a carico di Regione Lombardia, Regione Veneto e Provincia di Trento». La quota per ognuna delle tre realtà sarà pari a 7.5 milioni di euro. La parte restante sarà coperta da Cio e sponsorizzazioni. Il soggetto a capo del comitato organizzatore sarà diverso da quello
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attualmente impegnato nella partita Milano-Cortina 2026 e avrà matrice pubblica. Anche quest'ultimo dettaglio è stato svelato da Abodi, al fianco del quale oltre al presidente del Coni Malagò e ai rappresentanti istituzionali hanno trovato posto anche due ex atleti olimpici: Diana Bianchedi e Antonio Rossi. Presente a Losanna anche Federica Pellegrini. Essendo quella italiana l'unica candidatura avanzata, non c'è stata rispetto al 2019 l'adrenalinica cerimonia dell'apertura delle buste che al tempo vide esplodere di gioia la delegazione capitanata da Sofia Goggia e Michela Moioli. il cio soddisfatto «L'elezione di Dolomiti Valtellina 2028 è un'espressione della fiducia del Cio nella capacità dell'Italia di offrire eventi di sport invernali eccezionali e di livello mondiale. Il movimento olimpico è già entusiasta di Milano-Cortina 2026, a poco più di un anno dai giochi olimpici e paralimpici invernali. La notizia dell'assegnazione degli Yog 2028 significa che l'entusiasmo si estenderà fino alla fine del decennio con una ricaduta in termini di benefici per le comunità locali», ha detto il presidente del Cio Thomas Bach. © RIPRODUZIONE RISERVATA Sopra Malagò, Abodi e gli altri membri della delegazione italiana ieri a Losanna per la proclamazione di Valtellina-Dolomiti come sede dei Giochi olimpici giovanili invernali 2028. Sotto il presidente del Veneto Luca Zaia La Regina delle Dolomiti ospiterà le gare di bob, skeleton, slittino e curling.
Corriere delle Alpi | 10 gennaio 2025
p. 10
Un 2024 con piogge record
Dicembre mite, falde in calo
VENEZIA
Un dicembre con precipitazioni scarse (-28% rispetto alla media del mese) a conclusione di un anno straordinariamente piovoso (+41% sulla media storica). Questa la sintesi dell'andamento meteo del 2024, nel bollettino della risorsa idrica pubblicato ieri dall'Arpav, l'Agenzia regionale per l'ambiente del Veneto. Le falde sono in calo già da ottobre, quando però i livelli erano ai massimi storici per il periodo, il che determina il fatto che la situazione sia ancora al di sopra del normale. Nel mese di dicembre 2024 - scrive l'Arpav - si stima siano caduti mediamente in Veneto 59 millimetri di precipitazione. La media del periodo 1994-2023 è di 81 mm (mediana 77 mm). Gli apporti meteorici mensili sul territorio regionale sono inferiori alla media (-28%) e sono stimabili in circa 1079 milioni di metri cubi di acqua. Il mese di dicembre è stato mite, con una temperatura in quota oltre la norma (+1.7°di scarto). La prima decade è stata la più fresca, mentre le altre sono state calde, quasi prossime al 90° percentile. La decade di Natale è stata caratterizzata da un inizio molto freddo, cui sono seguite giornate molto calde con fusione della neve. Il giorno più freddo è stato il 23 dicembre, i più caldi il 17 e 18. Da inizio ottobre, il deficit di precipitazione nevosa è del 55%, pari a circa 100 cm in quota nelle Dolomiti e di 55 cm nelle Prealpi con notevoli ripercussioni sugli spessori del manto nevoso. La copertura nevosa sulla montagnaveneta il giorno 31 è scarsa a causa dei processi di fusione che hanno interessato i ridotti spessori di neve e anche a causa del vento che per sublimazione ha ridotto molto la copertura, specie lungo i versanti meridionali. La copertura è stimata in 1.200 kmq, circa il 22% del territorio montano veneto. Alla data del 31 dicembre le portate dei maggiori fiumi veneti, in calo dalla terza decade del mese di ottobre, sono ormai significativamente inferiori alle medie storiche su tutti i principali corsi d'acqua. Un trend che potrebbe iniziare a creare una preoccupazione in vista della prossima estate anche le piogge intense di questi ultimi due giorni hanno interrotto un periodo piuttosto siccitoso. Un 2024 ricco di precipitazioni in Veneto.
Il T | 10 gennaio 2025
p. 9
“I ghiacciai diventano neri, rischio e rifugio per le specie”
Anche in Trentino i ghiacciai stanno cambiando pelle. È infatti in aumento il fenomeno dei ghiacciai neri, studiati in provincia da Mauro Gobbi, ricercatore dell'ambito clima ed ecologia del Muse.
Cosa sono i ghiacciai neri?
«Sono ghiacciai che stanno mutando da bianchi a scuri a causa del detrito roccioso che cade sulle loro superfici, che deriva dalla fusione del permafrost e che si accumula su ghiacciaio a seguito di frane e valanghe invernali. In molti casi la superficie è in parte o completamente coperta. Si stima che il detrito roccioso copra quasi il 7% dei ghiacciai e sia in aumento. Gli esempi più evidenti li troviamo sulle Ande, in Alaska, in Asia e nell'Artico. Anche in Italia ci sono ghiacciai neri come quello del Miage in Valle d'Aosta, il ghiacciaio del Belvedere in Piemonte; qui in Trentino ne abbiamo uno: la Vedretta d'Amola nel gruppo della Presanella».
Cosa l'ha portata a interessarsi a questo specifico ambito?
«C'è una caratteristica peculiare che rende i ghiacciai neri particolarmente interessanti: il detrito roccioso che ricopre il ghiacciaio può fungere da coperta termica. Se la superficie di questo detrito è inferiore ai cinque centimetri, aumenta il tasso di fusione del ghiacciaio. Quando però supera i cinque centimetri, e in alcuni casi può arrivare anche al metro, rallenta il processo di fusione. Alcuni ghiacciai
Quale pensa che sarà il loro impatto a livello ambientale nel lungo termine?
«Diciamo che tutto quello di cui ho parlato dovrebbe valere anche per il lungo termine. Speriamo che la copertura rallenti la fusione del ghiacciaio, posticipandone l'estinzione il più possibile. La biodiversità è una risorsa sia per il corretto funzionamento degli ecosistemi sia un patrimonio naturalistico e collabora alla piacevolezza del paesaggio. I ghiacciai neri stanno permettendo di osservare specie che altrove si stanno estinguendo o l'hanno già fatto».
Potrebbero avere anche un impatto negativo sull'ecosistema?
«Direi di no. È chiaro che il ghiacciaio nero ospita specie tipiche di ambienti freddi, però allo stesso tempo le comunità che troviamo sono differenti rispetto a quelle dei ghiacciai bianchi. Quindi l'aumento di detrito va in parte a modificare la comunità di organismi, questo però non è per forza un impatto negativo».
Come si sono svolte le vostre spedizioni?
«Tutte iniziano con la selezione dei ghiacciai idonei per le ricerche. L'idoneità dipende da fattori scientifici come la superficie e la profondità del detrito e da fattori logistici come la facilità nel raggiungerli e il tempo che impieghiamo. Dobbiamo sempre lavorare cercando di mantenere la massima sicurezza e dovendo giocare con il tempo, sia cronologico sia meteorologico. Io sono uno zoologo, quindi per avere dei risultati più completi, creiamo poi un team in collaborazione con altri scienziati, come geologi o botanici».
In che zone avete riscontrato l'aumento di questo fenomeno?
«C'è una tendenza su tutte le Alpi, ma è un fenomeno in aumento anche in altri posti. Ad esempio un altro ghiacciaio interessante è sulle Dolomiti del Brenta, la Vedretta d'Agola. Non si tratta comunque di un processo troppo meccanico: ci sono alcuni ghiacciai che rimangono bianchi, alcuni che diventano neri, altri che si estingueranno prima di poter diventare neri e altri ancora che non posso essere soggetti a questo fenomeno perché la roccia che circonda il ghiacciaio non si frattura con facilità».
Corriere delle Alpi | 11 gennaio 2025
p. 18
Il report di Arpav è preoccupante «Se non nevica sarà rischio siccità»
Francesco Dal Mas BELLUNO
Poca neve in montagna, laghi quasi vuoti. «Se entro la primavera non ritorneranno le precipitazioni, il problema sarà davvero grave», è l'allarme dell'assessore regionale all'ambiente Giampaolo Bottacin, anche nella sua veste di presidente Aineva. «Oggi ne patisce il turismo, con i costi supplementari delle società che gestiscono i comprensori sciistici, domani ne soffrirà l'agricoltura e, di conseguenza il turismo estivo per i laghi che si svuotano». L'allarme è certificato dal Rapporto Arpav sulle risorse idriche di dicembre. A fine dello scorso mese lo spessore del manto nevoso nelle Dolomiti era di 19 centimetri come a fine dicembre 2008 e 2010, ma superiore ai poco nevosi inverni del 2016 e del 2017. Nelle Prealpi l'indice era di 17 cm. La copertura nevosa era scarsa a causa dei processi di fusione che avevano interessato i ridotti spessori di neve e anche a causa del vento che per sublimazione aveva ridotto molto la copertura (1.200 km, circa il 22%), specie lungo i versanti meridionali. La risorsa idrica nivale risultava indicativamente di 22 milioni di metri cubi nel bacino del Piave, di 13 nel Cordevole e di nel bacino del Brenta. Il mese di novembre si era distinto per la non piovosità, quello di dicembre pure. Annullato, dunque, l'effetto delle precipitazioni settembrine e di ottobre. Risultato? Il volume dei laghi di Centro
24 grazie alla copertura detritica possiedono la lingua che scende fino a quote molto basse, per esempio a 1800 metri, come nel caso dei sopracitati Miage e Belvedere. In questi casi la fronte del ghiacciaio lambisce addirittura la foresta e il detrito è talmente profondo che gli alberi hanno cominciato a colonizzare il ghiacciaio. All'interesse glaciologico e geomorfologico si aggiunge però anche quello biologico. A inizio Novecento ci sono state le prime segnalazioni relative alla presenza di esseri viventi tra il detrito roccioso. Ovviamente il detrito roccioso è di dimensioni differenti e nel detrito più fine si accumula sostanza organica che permette ad alcuni organismi di insediarsi. Sui ghiacciai neri la cui lingua si estendeva a quote particolarmente basse furono segnalate piante di ambienti di alta quota, questo grazie al microclima freddo assicurato dal ghiaccio posto sotto la coltre detritica. Gli studi di botanica sono aumentati nel tempo. Poi all'inizio degli anni 2000, quando ho iniziato il dottorato di ricerca in scienze naturalistiche e ambientali, mi sono dedicato anche a investigare i ghiacciai neri dal punto di vista zoologico, quindi faunistico, focalizzando l'attenzione sul ghiacciaio del Miage e negli anni a seguire nei ho studiati altri tra cui Belvedere e Amola. Le ricerche hanno dimostrato che numerosi insetti e ragni d'alta quota vivono e si riproducono sui ghiacciai neri trovando le prede tra la copertura di detrito. I ghiacciai neri quindi a tutti gli effetti un habitat per piante e animali d'alta quota». Cos'altro siete riusciti a scoprire? «Sappiamo che ci troviamo in un periodo interglaciale, un periodo caldo che sta subendo per causa antropica un repentino aumento delle temperature. Gli organismi tipici di alta quota, quindi, che destino hanno? Per molte specie è di estinguersi, per alcune lo abbiamo già dimostrato. Un'altra risposta possibile è lo spostamento verso quote più elevate. Queste migrazioni stanno già accadendo, ma man mano che ci si sposta in quota la superficie disponibile è sempre più piccola e a un certo punto le montagne terminano, quindi queste specie rischiano di finire in trappola e di estinguersi comunque. A questo punto ci si pone la domanda se per questi organismi esistano delle aree di rifugio dove sopravvivere, come accadde durante i periodi interglaciali passati. Noi stiamo cercando di rispondere alla domanda, andando a esplorare alcune aree delle Alpi in cui sono presenti i ghiacciai neri. I nostri dati stanno dimostrando che i ghiacciai neri stanno fungendo da zone di rifugio per le specie criofile (amanti del freddo, ndr). Ci sono ghiacciai neri che hanno una lingua che arriva a quote alle quali i ghiacciai privi di detrito non sono più presenti».
Cadore, Santa Croce e Corlo era a fine dicembre di 98.7 milioni di metri cubi, pari al 59% di riempimento, al di sotto della media del periodo (-14% di riempimento). Le previsioni Arpav non danno né pioggia né neve nei prossimi giorni. Anzi, l'inversione termica comprometterà anche la poca neve esistente. «Si tenga conto che la neve di questo periodo è quella più utile, perché è densa, pesante e il mando col gelo si consolida, per cui si conserva fino a primavera inoltrata. Quella, magari abbondante, che arriva a marzo, è di solito più leggera, si scioglie al primo sole. E, in quel periodo, le giornate sono più lunghe», specifica Bottacin. Solo un anno fa, lo spessore del manto nevoso nelle Dolomiti era del doppio (42 cm), mentre nelle Prealpi risultava quasi inesistente, appena di 4 cm. La copertura nevosa sulla montagna veneta aveva 230 km quadrati in più. La risorsa idrica nivale, al 31 dicembre 2023, risultava dunque di circa 52-54 Mm3 nel bacino del Piave (ben più del doppio rispetto a 11 giorni fa), 41- 45 nel Cordevole (più di 3 volte) e di 28-32 Mm3 nel bacino del Brenta. Tutti ricorderanno l'ultima siccità, quella del 2022. Bene, al 31 dicembre 2021 in provincia di Belluno c'era questa situazione. Lo spessore della neve era nella norma (mezzo metro), quindi il doppio dello scorso 31 dicembre. Però medesima area coperta della montagna veneta. Nella norma anche la densità della neve. Le riserve idriche? Di ben 110-140 Mm3 sul bacino montano del Piave, 65-85 sul Cordevole e 60-70 sul Brenta. Riserve astronomicamente superiori a quelle di oggi. Gli operatori degli impianti a fune ricordano ancora l'annus horribils del 2017, quando la mancanza di neve li costrinse ad affrontare una spesa di 5 milioni di euro per approvvigionarsi di neve programmata, altrimenti sarebbe saltata la stagione dello sci. In quota, il mese di dicembre si era rivelato il secondo più mite almeno dal 1987, con +3.8 °C, secondo solo al 2015. Con meno di 10 cm di neve. Come lo erano stati i mesi di dicembre 1956, 1974 e 2007. Nelle Dolomiti la neve al suolo era dunque poca e confinata oltre i 2500-2600 metri, mentre nelle Prealpi risultava assente. Tornando all'oggi, anzi a ieri, i venti hanno ridistribuito la neve fresca appena caduta (1-5 cm nelle Dolomiti a 2000 m e 10 cm in Alpago), formando nuovi accumuli soffici lungo i versanti sottovento. Le temperature sono basse con elevato effetto wind-chill in quota. Come dire, attenzione al pericolo di valanghe che è 2-moderato oltre il limite del bosco per la possibilità di distacchi provocati di lastroni da vento. Ma, appunto, niente che faccia prevedere prossime precipitazioni.
Il T | 17 gennaio 2025
p. 9
Neve, il Trentino segna un -69,15%
A dicembre situazione critica rispetto alla media 2011-23. A Bolzano -73,22%
Non è una delle stagioni peggiori, ma l'inizio di questo inverno si colloca già tra i peggiori per quantità di neve al suolo registrati dal 2011. Su tutto l'arco alpino, i mesi di novembre e dicembre sono stati avari di nevicate a tutte le quote ricordando le condizioni già vissute in anni definiti critici come il 2016, il 2022 e il 2023. Di conseguenza, le condizioni di innevamento sono ancora molto scarse rispetto alla media del periodo. I dati sono quelli diffusi ieri dalla Fondazione Cima, secondo cui in Trentino il mese di dicembre, rispetto alla media del periodo 2011-2023, ha fatto segnare un meno 69,15% di equivalente idrico nivale giornaliero, il cosiddetto Swe, acronimo inglese di Snow water equivalent, una misura che rappresenta la quantità di acqua derivabile dalla neve qualora venisse
completamente fusa. Dato ancor più critico in Alto Adige che segna un meno 73,22% rispetto alla media dello stesso periodo. In entrambe le province il dato è superiore a quello medio nazionale: a dicembre l'Italia aveva un deficit di equivalente idrico nivale del meno 63%, dato confermato a gennaio, sempre rispetto alla media 2011-2023. «Stagione al rallentatore»
«Le cause del deficit non sono uniformi lungo il territorio - spiega Francesco Avanzi, ricercatore della Fondazione Cima -. Sulle Alpi la mancanza di precipitazioni sta rallentando la formazione del manto nevoso, nonostante temperature relativamente fresche. Sulle zone appenniniche, invece, le piogge sono state più abbondanti, ma sono state vanificate da temperature più alte della media, portando la neve a fondere rapidamente». Una situazione che porta la Fondazione a parlare di «stagione al rallentatore», risultato di un inverno iniziato tardi, con un accumulo di neve che fin da novembre è rimasto sotto la media stagionale. Un trend che riflette la mancanza di eventi nevosi significativi nonostante temperature un po' più basse rispetto agli ultimissimi anni
A rischio le riserve idriche
A preoccupare non è solo l'impatto sulla stagione invernale e sull'economia locale che gravita attorno al turismo della neve, ma anche gli effetti che un inverno scarso di precipitazioni avrà sull'accumulo generale delle risorse idriche e, di conseguenza, sul livello di siccità delle stagioni successive. «L'importanza delle Alpi come serbatoi d'acqua naturale per l'Italia non può essere sottovalutata - spiega ancora la Fondazione -. Contributi idrici ridotti dai bacini alpini influenzano direttamente la disponibilità d'acqua per uso agricolo, civile e industriale, specialmente nei mesi primaverili ed estivi. I dati storici dimostrano che un inverno povero di neve si traduce spesso in una ridotta portata dei fiumi durante i mesi estivi, aumentando il rischio di siccità». Insomma, la neve di oggi è l'acqua di domani, ecco perché monitorare i dati della neve durante l'inverno è cruciale anche per stimare le risorse idriche che saranno disponibili nei mesi primaverili ed estivi.
Venendo ai dati della Fondazione Cima, i principali bacini fluviali come il Po e l'Adige hanno ad oggi accumulato circa un terzo della neve attesa entro i primi di gennaio, con un incremento che i ricercatori definiscono «lento e insufficiente rispetto agli anni passati». Al 10 gennaio il bacino dell'Adige è arrivato a 310 milioni di metri cubi di acqua sotto forma di neve: l'anno scorso il dato registrato lo stesso giorno era triplo, pari a 950 milioni di metri cubi di acqua sotto forma di neve (vale a dire, come spiegato in precedenza, il volume di acqua che si otterrebbe se tutta la neve oggi presente si sciogliesse completamente). La situazione, sempre al 10 gennaio, è leggermente migliore per il bacino del Po con 990 milioni di metri cubi a fronte dei 1.580 milioni registrati nel 2024.
Cosa dicono le previsioni
Nonostante il panorama attuale, la Fondazione precisa come sia ancora presto per trarre conclusioni definitive su questa stagione. Le previsioni stagionali dell'European centre for medium-range weather forecasts, il centro europeo che si occupa di fornire previsioni operative che mirano a mostrare come è più probabile che il tempo meteorologico evolva, indicano sì, sul fronte delle temperature, un trimestre invernale più caldo della norma su tutta l'Europa, con temperature particolarmente elevate sull'arco alpino e l'area centroappenninica. Tuttavia, per quanto riguarda le precipitazioni, si prevede una situazione media sulle Alpi. «Il picco di accumulo - spiega Avanzi - è previsto tra febbraio e marzo e questo ci dà ancora tempo per osservare sviluppi significativi».
Gazzettino | 19 gennaio 2025
p. 29, edizione Belluno
Un anno di siccità, l’Arpav: «Ne è caduta solo un terzo rispetto alle previsioni»
LA FOTOGRAFIA BELLUNO
Un occhio attento alle previsioni del tempo prima di un'uscita in montagna è un operazione pressoché abituale. In attesa delle tanto sospirate nevicate, abbiamo chiesto il punto della situazione agli esperti del Centro Valanghe Arpav, che lo spiegano secondo i dati riferiti al 31 dicembre scorso: «Dall'inizio dell'inverno (1° dicembre, data di inizio dell'inverno meteorologico), sulla montagna veneta si sono osservate precipitazioni scarse, inferiori alle medie del periodo; di conseguenza anche le nevicate sono state scarse, ad esempio sulla provincia di Belluno le precipitazioni sono state all'incirca pari a 1/3 della norma». CENTIMETRI Poi entrano nei dettagli tecnici: «Alla fine del mese di dicembre l'indice di spessore medio del manto nevoso sulle Dolomiti è pari a soli 19 centimetri (poco oltre il 10° percentile). Considerando la sommatoria di neve fresca caduta dall'inizio dell'anno idrologico (1° ottobre), essa è inferiore alla media degli ultimi 15 anni; tuttavia tale dato ha una forte variabilità interannuale per cui non è possibile determinare un trend significativo di tale valore, ovvero, negli ultimi 15 anni si è osservata un'alternanza tra anni più o meno nevosi, sebbene, perlomeno per la nevosità fino al 31 dicembre, le ultime 4 stagioni (compresa quella in corso), si posizionino sostanzialmente tutte sotto la media». In conclusione, dopo un prolungato periodo di precipitazioni significativamente sopra la media nel 2024 (fino a ottobre compreso), gli ultimi due mesi dell'anno (che nel mese di dicembre rientrano nella stagione invernale), sono risultati complessivamente siccitosi, con precipitazioni sotto le medie, comprese le nevicate in montagna. TEMPERATURE «Da un punto di vista termico l'inverno in corso si sta presentando più caldo del normale - dice Arpav -, anche se l'inizio di gennaio, caratterizzato da alcuni impulsi di aria fredda, potrebbe in parte ridimensionare lo scarto osservato a dicembre (è necessario in ogni caso aspettare fine mese per un'analisi statistica completa); nel mese di dicembre lo scarto rispetto alla norma è stato compreso tra 1 e 1,5°C nei fondovalle e tra 1,5 e 2,0°C per le stazioni in quota nella provincia di Belluno». Ci appare netta la sensazione dell'innalzamento delle temperature almeno negli ultimi dieci anni. «Da un punto di vista delle precipitazioni e delle nevicate - proseguono gli esperti - la notevole variabilità interannuale non consente di definire dei trend consolidati. Da un punto di vista termico invece il trend di aumento delle temperature invernali si inserisce in una tendenza generalizzata di aumento che si osserva a livello locale quanto a livello globale. ANDAMENTO STORICO Per trovare l'anno neve
record bisogna andare indietro nel tempo: «Da un punto di vista nivometrico - continuano dal Centro Valanghe Arpav - se ci riferiamo alle nevicate occorse fino al mese di dicembre, gli inizi inverni più nevosi per le stazioni della montagna veneta sono stati, a seconda delle singole localizzazioni, quelli della stagioni 2008/09, 2010/11 e 2020/21, mentre se consideriamo l'intera stagione invernale, l'inverno più nevoso degli ultimi 15 anni sulla montagna veneta è, per quasi tutte le stazioni di osservazione, quello della stagione 2013/14». Oggi la neve a fondovalle potrebbe essere solo un ricordo: «A fronte della notevole variabilità del cumulo stagionale di neve fresca, è possibile osservare un generale rialzo della quota media delle nevicate, come logica conseguenza dell'aumento delle temperature, da cui una diminuzione della presenza di neve al suolo alle quote medio basse».
Gazzettino | 21 gennaio 2025
p. 27, edizione Belluno
«Non temiamo il clima che cambia: si scierà sempre»
CLAUDIO FONTANIVE
LA RISORSA BELLUNO
«Non temiamo i cambiamenti climatici, ma ci siamo organizzati e grazie ai nostri investimenti sono convinto che fra 50 anni ci saranno ancora gli impianti di risalita». L'industria della neve ci sarà sempre, anche senza neve naturale: lo spiega il presidente Anef Veneto, Marco Grigoletto, portando dati alla mano di presenze e investimenti. IL CONTESTO In Veneto 90 impianti di risalita per un fatturato complessivo che nel 2023 si è attestato in circa 100 milioni d'euro, e con investimenti complessivi per i prossimi 3 anni stimati in 70 milioni d'euro. Questa è soltanto qualche indicazione sulla portata dell'industria della neve, con un valore esponenziale per il territorio. «Siamo il primo anello dell'economia invernale - afferma il presidente Anef Veneto Marco Grigoletto - e il nostro lavoro viene riportato 7 volte nell'economia della montagna. Le nostre spese degli ultimi anni e gli investimenti sono nella tecnologia dell'innevamento che consente tra l'altro un risparmio energetico del 20% rispetto a dieci anni fa. Gli inverni sono meno freddi rispetto al passato e quindi dobbiamo sfruttare le finestre utili per innevare nel minor tempo possibile». LA FOTOGRAFIA I dati, però, confortano, almeno nel breve periodo, la bontà degli investimenti degli esercenti impianti a fune, tanto che nell'intero comprensorio Dolomiti Superski, nel periodo fra il 29 novembre 2024 e il 6 gennaio 2025, confrontato con lo stesso periodo della stagione precedente, si è registrato un +0,8% di giornate sci vendute, +0,3% di primi ingressi e un +2,6% di passaggi agli impianti di risalita. Questo in senso cumulativo per tessere Dolomiti Superski e di valle. Ancora meglio nel periodo di altissima stagione, ovvero dal 23 dicembre al 06 gennaio, con le giornate sci vendute che sono cresciute del 5,95%, mentre i primi ingressi hanno fatto registrare un +8,65% e i passaggi aumentati addirittura dell'11,12%, che dimostrano come, nonostante i rincari, ci sia una gran voglia di sciare, alimentata anche dalle perfette condizioni delle piste. STRANIERI A inizio stagione si è anche registrato un notevole incremento anche di clientela estera, soprattutto degli utenti provvisti dell'Ikon Pass, skipass globale con sciatori prevalentemente nordamericani e britannici, del quale Dolomiti Superski è partner da qualche anno, che in confronto alla scorsa stagione, è aumentata del 35%. L'ANALISI I dati sorridono quindi all'economia dell'impiantistica a fune, grazie soprattutto alla neve programmata, utile per il proseguimento di stagione, anche in caso di temperature superiori alla media invernale. «È una stagione effettivamente positiva - continua Grigoletto -. Siamo fiduciosi perché la neve programmata tiene anche alla temperatura di +3°». PERSONALE Per poter garantire piste da sci perfette ai milioni di turisti da tutto il mondo, sono necessari gli addetti, che per gli impianti di risalita del Veneto sono quantificati in circa 1000, e il reperimento spesso non è facile. «In effetti circa il 25% di questi proviene da fuori provincia - prosegue il presidente Anef -. La montagna sconta il problema dello spopolamento, e diventa abbastanza complesso trovare lavoratori, anche se sono mestieri, come ad esempio macchinisti o capi servizio, che possono dare soddisfazioni sia dal punto di vista della formazione che dello stipendio, anche continuativo. Infatti soltanto il 30% degli addetti sono stagionali, mentre la restante parte si tende a mantenerli fissi tutto l'anno». Un lavoro ben remunerato e stabile, ma vivere nelle località turistiche blasonate (vedi Cortina o Arabba) è costoso, e i pochi alloggi disponibili non sono proprio alla portata di tutti. «Stiamo provando ad attrezzarci anche con l'allestimento di posti letto per lavoratoriconclude Grigoletto -. Ci sono zone, come in Val di Fassa, dove degli imprenditori hanno acquistato un albergo e ne hanno fatto stanze per i lavoratori a prezzi calmierati. Questa potrebbe essere una strada». Claudio Fontanive © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Gazzettino | 21 gennaio 2025
p. 27, edizione Belluno
Legambiente chiede aiuto «Proteggiamo queste aree»
LA RICORRENZA BELLUNO
Per il World Snow Day, appuntamento internazionale che si è celebrato il 19 gennaio, appassionati di montagna, famiglie e sportivi si sono riversati nei piccoli e grandi comprensori alpini a contatto con la natura innevata. Particolarmente apprezzate le 13 le piste a disposizione di chi sceglie sciare sulle Tofane ampezzane: dal centro di Cortina d'Ampezzo con la cabinovia Freccia nel Cielo si raggiungono velocemente i 1.772 metri di Col Drusciè e i 2.470 metri di Ra Valles, dove si scia o semplicemente ci si rilassa nei rifugi panoramici. Tra le piste più belle: Drusciè rossa e nera e Forcella Rossa per superesperti. Sempre nella stessa giornata è scattato
l'appello di Legambiente: «Le nostre montagne, i ghiacciai e i paesaggi d'alta quota stanno cambiando troppo velocemente. La crisi climatica in atto ha conseguenze anche sulla quantità di neve che diminuisce di anno in anno, trasformando radicalmente l'ambiente di alta montagna, a partire dai ghiacciai. Il problema è serio: quando c'è meno neve, c'è meno acqua anche a valle. Ignorarlo significherebbe esporre il nostro Pianeta - e il nostro futuro - a rischi insostenibili. Ma cosa possiamo fare? Dobbiamo agire con urgenza, facendo rete per proteggere le aree montane fragili e definire una strategia europea che protegga le nostre montagne e i nostri ghiacciai».
Gazzettino | 21 gennaio 2025
p. 27, edizione Belluno
«Senza gli sci gli alberghi sarebbero tutti chiusi e la montagna spopolata»
L'INDOTTO BELLUNO
«Senza l'industria dello sci gli alberghi sarebbero tutti chiusi». Esordisce così il presidente di Federalberghi Belluno Walter De Cassan ricordando che «è diventata parte integrante dell'economia della montagna. Se fino a 40 anni fa il turismo in montagna era prevalentemente estivo, dagli anni 70 c'è stata la crescita di quello invernale che ci permette di continuare a lavorare e vivere in montagna». Già. Ma con o senza neve? DIVERSIFICAZIONE Alcune stazioni turistiche alpine da diversi anni iniziano a pensare di investire sulla differenziazione delle attività per la fruizione della montagna, per farsi trovare quindi pronte di fronte ai cambiamenti climatici. D'altro canto, il turismo esperienziale e quello a contatto con la natura appaiono in forte crescita, anche alla luce dei costi non proprio "popolari" per una giornata sugli sci, tanto che alcuni rifugi, anche lontani dalle piste da sci, da anni sperimentano, pare felicemente, l'apertura anche in inverno, mentre anche le locazioni turistiche come b&b e case vacanze, anche distanti da località turistiche blasonate riscontrano dati confortanti, anche d'inverno. «Lo scorso anno si è riscoperta la voglia di vacanze libera dai vari condizionamenti di quelli precedenti - fa sapere De Cassan - durante le festività natalizie abbiamo avuto un'altissima percentuale di turisti che preferisce lo sci, mentre da questi giorni e fino a fine stagione abbiamo anche chi sceglie di vivere la montagna con passeggiate, sci alpinismo o racchette da neve». LA COLTRE Il presidente De Cassan prosegue: «Quest'anno però fino a oggi siamo penalizzati in quanto mentre nella passata stagione c'era poca neve ma soltanto fino a 1700 metri, quest'anno il manto nevoso a oggi non è particolarmente consistente anche sopra tali quote». Al giorno d'oggi il turista mira a curiosare prima della sua vacanza, e informarsi è facile, compiendo una panoramica su internet o i social, dove non è difficile trovare le web cam che ne testimoniano la quantità del manto nevoso, tanto nei comprensori sciistici quanto nelle località turistiche delle rispettive valli. «Il turista le guarda fino a un certo punto - prosegue De Cassan - il paesaggio bianco innevato stimola a venire, ma al momento la stagione è soddisfacente e in linea con quella dello scorso anno». GLI INVESTIMENTI Scarse precipitazioni nevose uguale innevamento programmato sulle piste, per permettere all'economia turistica invernale di "salvarsi"; ma i costi, oltre che per gli impiantisti, ci sono anche per l'ospitalità alberghiera e non. «L'inverno per noi ha costi fissi estremamente più alti che nella stagione invernale, vedi ovviamente quelli del riscaldamento - conclude De Cassan - però un notevole afflusso giustifica anche talvolta l'aumento dei prezzi delle camere. Anche se c'è da sottolineare che c'è un solo comune del Bellunese che fa più presenze d'inverno che d'estate da diversi anni, ovvero Livinallongo, al quale si è aggiunto Alleghe, ma in questo caso limitatamente al 2019, mentre nelle altre località della provincia, specie nella parte bassa del territorio, riscontriamo maggiori presenze nella bella stagione». IL FUTURO Il nuovo millennio ha fatto registrare un generale accentuarsi del cambiamento climatico con un aumento delle temperature su scala globale. Bisognerà quindi tornare indietro di un secolo per guardare al futuro? Di certo, la necessità anche per il turism
Corriere della Sera | 11 gennaio 2025
p. 15
«Accadde a Cortina»: il museo
A Cortina d’Ampezzo decolla il Museo Diffuso della Letteratura delle Dolomiti. Ieri, il taglio del nastro. Protagonisti Francesco Chiamulera (responsabile del Festival culturale «Una montagna di Libri», curatore del progetto), e il sindaco Gianluca Lorenzi «Accadde a Cortina», il titolo. Un percorso di segnaletica in italiano e in inglese con 18 cartelli collocati in città e nella valle circostante dedicato a scrittori, poeti, sceneggiatori, che hanno frequentato, amato e raccontato la Regina delle Dolomiti. Alcuni nomi: Dino Buzzati, Eugenio Montale, Goffredo Parise, Ernest Hemingway, Mario Rigoni Stern, Fernanda Pivano. Cartelli connessi attraverso un archivio digitale in audiovideo, accessibile a tutti. (m.f.).
I I
Corriere del Trentino | 11 gennaio 2025
p. 9
Letteratura e Dolomiti
Nasce il museo diffuso
«Da Bolzano a Cortina, le Dolomiti sono al primo posto. Non conosco nulla che possa competere per forma e varietà dal Pelmo, all’Antelao, le Marmarole, il Cristallo e la Tofana». Così scriveva Amelia Edwards, autrice inglese in Cime Inviolate e Valli Sconosciute , nel 1873. In viaggio con la sua amica Lucy Renshaw, furono tra le prime a visitare le Dolomiti e a descriverne la bellezza, dopo gli scritti dei viaggiatori che le avevano scoperte, John Ball e Francis Fox Tuckett. Quasi uno scandalo all’epoca, quelle due donne da sole, «vagabonde» tra le montagne. «Come non sono sposate? Nessuna delle due? Sole e non sposate? Oh poverine», così le apostrofavano, rivela Edwards, dicendo: «A tanta commiserazione rispondemmo ridendo di cuore». Amelia Edwards è una delle voci della letteratura internazionale a cui rende omaggio il primo Museo diffuso della letteratura delle Dolomiti, progetto di Una Montagna di Libri, presentato ieri a Cortina da Francesco Chiamulera. Itinerario tra natura e personaggi rivela pagine, ma anche episodi inediti di vita di Dino Buzzati, Ernest Hemingway, Eugenio Montale, Edward Morgan Forster, Giovanni Comisso, Saul Bellow, Goffredo Parise, Alberto Moravia, Guido Piovene, Vladimir Nabokov, Alberto Arbasino, Mario Rigoni Stern, Fernanda Pivano, Indro Montanelli, Andrea Zanzotto, Rachele Padovan, Milena Milani, Linuccia Saba, Elizabeth Tuckett, Amelia Edwards. E la «dolce vita» di attori e attrici che hanno soggiornato tra le montagne, come Brigitte Bardot, Clarke Gable, Ira Fürstenberg. Il progetto si chiama «Accadde a Cortina», prende il nome dal racconto di Goffredo Parise. Cortina ma non solo, le Dolomiti in tutta la loro estensione sono al centro del Museo diffuso della letteratura, destinato a espandersi. Un viaggio attraverso cartelli che raccontano le storie di scrittori e scrittrici che sulle Dolomiti hanno vissuto o scritto. «Le tappe sono come i capitoli di un libro collettivo, storie interessanti, iconiche, drammatiche - spiega Francesco Chiamulera, curatore del progetto - . L’idea è nata camminando per le strade di altre località, notavo indicazioni, pensavo sarebbe stato interessante organizzarle meglio... Raccogliendo notizie sulle Dolomiti, poi, ho scoperto molte storie ignote anche a me che vivo da sempre questo territorio. Sono partito dalle mie lacune per approfondire. L’intento è lasciare a Cortina un’eredità permanente da parte di Una Montagna di Libri. Un’installazione destinata a durare nel tempo e fruibile gratuitamente». Amelia Edwards era scrittrice attenta ai dettagli, brava anche a disegnare: le sue illustrazioni di montagne e paesi rivelano il volto delle Dolomiti quando ancora le fotografie erano rare. «La grande parete nord-ovest della Civetta, una vera e imponente muraglia di rocce a picco con migliaia di spaccature verticali, dalla cima alle falde e più elevata al centro, si erge in fondo alla valle, oltre il Cordevole in direzione di Caprile, simile a un grande organo che chiuda la navata di una cattedrale», scriveva. Dino Buzzati amava la Croda da Lago. Ernest Hemingway incontrò Fernanda Pivano lungo Corso Italia a Cortina in una sera d’autunno del 1948, episodi conosciuti. Ma altri sono invece inediti, rivelati dal Museo diffuso della letteratura delle Dolomiti. «Ad esempio Eugenio Montale ha dedicato una poesia al Lago del Sorapis - rivela Chiamulera - . E Edward Morgan Forster descrisse Cortina sotto mentite spoglie in un lungo racconto». Oltre ai cartelli che accompagnano tra Cortina, i boschi e le vette, fino a Croda Da Lago e il lago Sorapis, la ciclabile delle Dolomiti, le piste da sci, i luoghi più impervi, c’è un archivio digitale in audiovideo, accessibile a tutte e tutti in un sito Internet (www.accaddeacortina.unamontagnadilibri.it), in collaborazione con Emos audiolibri, dove ogni testo dei cartelli del Museo diffuso della letteratura delle Dolomiti è letto da un attore o un'attrice. Per un’esperienza immersiva, si possono ascoltare anche passeggiando attraverso i luoghi raccontati. E sono un ausilio per persone cieche o ipovedenti. «Uscendo dai cupi boschi, emergevano in una valle dai pendii rivestiti di prati smeraldini che l’uno nell’altro ondulavano, si fondevano, dispiegandosi. Mantenendo sempre tuttavia una tendenza verticale, sì che la roccia esplodeva da settecento metri buoni di verde levandosi in grandi montagne i cui pinnacoli apparivano fragili nella limpidezza della sera», scrive Edward Morgan Forster in L’attimo eterno . «In certe giornate limpidissime di autunno, perfino dai tetti più alti di Venezia si possono distinguere, anche senza bisogno di binocolo, le Dolomiti», diceva Dino Buzzati. E in Sorapis , Eugenio Montale: «Fu quello il nostro lago, poche spanne d’acqua, due vite troppo giovani per essere vecchie, e troppo vecchie per sentirsi giovani. Scoprimmo allora che cos’è l’età. Non ha nulla a che fare con il tempo, è qualcosa che dice che ci fa dire siamo qui, è un miracolo che non si può ripetere. Al confronto la gioventù è il più vile degl’inganni». Goffredo Parise: «Allora cominciare a sciare, avendo davanti a sé una lunga discesa immacolata dove nessuno è mai passato, soli, contro il sole, aspirando quel profumo che il sole estrae dalla neve... solo allora e per pochi istanti, si può dire e ripetere e ricordare: sì, sono e sono stato veramente felice di vivere». Ernest Hemingway nella Lettera a Buck Lanham : «Questo paese è meraviglioso. Ci trattano come reali e ci si diverte sempre». «Accadde a Cortina» è curato da Una Montagna di Libri, festa internazionale della letteratura, realizzato con il contributo del Comune di Cortina e Regione Veneto. Partner, le Regole d’Ampezzo, Cortinabanca, La Cooperativa di Cortina, MosaicoGroup, Rebula, Emons Audiolibri, Audi Italia, Elleboro Editore.
Corriere delle Alpi | 11 gennaio 2025
p. 33
Cosa "Accadde a Cortina" ora è scritto per le strade È nato il museo letterario
MARINA MENARDI
L'INAUGURAZIONE
"Accadde a Cortina" è il titolo di un racconto di Goffredo Parise scritto durante un suo soggiorno nella Regina delle Dolomiti, ed è stato scelto come nome del primo museo diffuso della letteratura delle Dolomiti: diciotto cartelli nel centro, tra i monti e nei boschi, per raccontare la storia letteraria di Cortina. Il progetto, sostenuto dal Comune di Cortina d'Ampezzo e dalla Regione, e con il supporto di Regole d'Ampezzo, Cortinabanca, La Cooperativa di Cortina e Audi, è stato presentato ieri mattina nella sala consiliare del municipio da Francesco Chiamulera, il quale, attraverso l'associazione culturale "Una Montagna di cultura", è riuscito a coronare questo sogno. «Ci sono voluti due anni di lavoro, ma vedere che ora è diventato realtà per me è motivo di grande soddisfazione. Un grazie va alle tante persone di Cortina che sono qui oggi», ha detto Chiamulera in una sala gremita. Se il presidente della Regione Zaia è intervenuto con una lettera esprimendo «vicinanza a questo ambizioso progetto, punto di partenza per ulteriori sinergie», era invece presente l'intera giunta comunale ampezzana. Il sindaco Lorenzi ha detto: «Il progetto ci è piaciuto da subito ed è stato realizzato in tempi brevi». Concetto ribadito dall'assessore alla Cultura De Mattia: «L'amministrazione ha appoggiato Francesco con grande entusiasmo. Per noi è una soddisfazione aver realizzato il primo museo diffuso della letteratura delle Dolomiti con l'intento di dare voce a questi personaggi che hanno vissuto a Cortina e ne hanno tratto ispirazione». «Sui diciotto cartelli realizzati in acciaio cortèn, con sopra una lastra in acrilico che rappresenta la parte che si può cambiare, sono riportate le parole di scrittori, sceneggiature di film, versi di poeti e canzoni, nei luoghi in cui quelle storie presero forma», ha spiegato Chiamulera. «Accanto alle citazioni, "Accadde a Cortina" include descrizioni della storia culturale del luogo in cui sorge il cartello. Sappiamo che Dino Buzzati amava più di tutte, tra le nostre montagne, la Croda da Lago, che Ernest Hemingway incontrò Fernanda Pivano in corso Italia una sera d'autunno del 1948, ma quante sono le storie semisconosciute? Ad esempio che Eugenio Montale ha dedicato una poesia magnifica al Lago del Sorapis? Che le prime a "scoprire" la valle d'Ampezzo furono donne come Amelia Edwards ed Elizabeth Tuckett?». I cartelli si trovano per la maggior parte nel centro: cinque lungo corso Italia, uno in piazza Dibona, uno allo Stadio Olimpico del Ghiaccio, tre lungo l'ex Ferrovia delle Dolomiti. Altri sono dislocati su sentieri, boschi e rifugi della zona. I cartelli contengono, a corredo dei testi, un qr code per accedere a una piattaforma digitale che contiene tutti i testi, approfondimenti e una mappa per navigare tra i vari siti fisici in cui sorgono i cartelli. La piattaforma rende disponibili i testi in formato audio, letti da alcuni attori italiani, grazie alla collaborazione con Emons Audiolibri, in italiano e in inglese, con una sezione in lingua ampezzana. «Accadde a Cortina nasce con il forte intento di lasciare a Cortina un'eredità permanente da parte di "Una Montagna di Libri". Un'installazione destinata a durare nel tempo, per la libera e gratuita fruizione da parte di cittadini e visitatori», ha concluso Chiamulera. L'inaugurazione di ieri. In alto uno dei cartelli del museo diffuso.
Corriere del Veneto | 9 gennaio 2025
p. 10, edizione Treviso-Belluno
Parco Nazionale
Nuovo info-point e caserma con vigili del fuoco e l’Arma
Longarone
Il Parco nazionale Dolomiti Bellunesi ha ultimato il recupero dell’ex Distretto sanitario di Longarone. Col finanziamento del ministero dell’Ambiente, ristrutturato completamente l’edificio che ora ospiterà la nuova sede del Nucleo Carabinieri Parco di Longarone (attualmente a Termine di Cadore) e un Punto informativo del Parco per turisti e non solo. Presidente Ennio Vigne (foto) è soddisfatto? «Un intervento importante, del valore di 1,3 milioni di euro, con molteplice valenza: restituisce all’uso pubblico una struttura inutilizzata; esempio di riqualificazione energetica di un edificio esistente; dà al Nucleo Carabinieri Parco di Longarone una nuova caserma in una posizione più idonea e funzionale». Cosa rappresenta questa svolta? «Crea un nuovo presidio sul territorio e diventa una specie di Cittadella della sicurezza, con Carabinieri forestali, Vigili del Fuoco e Carabinieri dei Comuni che fanno parte del Parco tutti riuniti in un’unica struttura. E mi lasci aggiungere una cosa». Prego... «Ci sarà un Punto-informativo aperto entro l’estate in una zona strategica di passaggio, da Longarone verso il Cadore. Con le Olimpiadi potremo far conoscere adeguatamente il parco, anche sito Unesco. Dovremo veicolare i giusti messaggi promozionali per non sprecare questa grande occasione». Qualche dato sul Parco di questi ultimi mesi? «Da aprile a settembre 2024 abbiamo avuto 16 mila presenze e stiamo completando un percorso importante che coinvolge la Valle del Mis e la Valle Imperina, prima di Agordo, uno dei due siti minerari più importanti d’Europa». Cosa possono rappresentare le Olimpiadi per il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi? «Un miliardo di persone vedranno questo territorio, I Giochi saranno un’occasione importante perché il Parco possa essere un modello di turismo sostenibile. Non dobbiamo sbagliare, certi treni passano una volta sola». Il suo mandato scadrà nel corso del 2025. Si ricandiderà? «Su questo argomento mi permetta di non dire nulla. Mi concentro su quello che devo fare da qui a fine mandato, per tutto il resto si vedrà al momento opportuno». (D.C.).
Corriere del Veneto | 12 gennaio 2025
p. 10, edizione Treviso-Belluno
«Parco Nazionale gran opportunità non un vincolo»
Ugo Cennamo
Longarone
«Dobbiamo considerare il Parco nazionale Dolomiti Bellunesi una straordinaria opportunità e non un vincolo». Con queste parole il senatore Luca De Carlo ha concluso a Longarone l’inaugurazione (foto Zanfron) della sede del nucleo Carabinieri Parco e di un nuovo punto informativo. Il tutto grazie a un finanziamento del ministero dell’Ambiente che ha reso possibile la ristrutturazione dell’edificio dell’ex Distretto sanitario per un costo pari a un milione e 300mila euro. «La ristrutturazione dello stabile ha commentato Ennio Vigne, presidente del Parco restituisce all’uso pubblico una struttura inutilizzata, consente di dare al Nucleo Carabinieri Parco di Longarone, che ora ha sede a Termine di Cadore, una caserma in una posizione più funzionale. Infine realizza un punto informativo del Parco a Longarone, una delle porte di accesso all’area». Da qui si entra in Val di Zoldo, cuore incontaminato delle Dolomiti patrimonio Unesco nonché luogo strategico per quello che il parco dovrà diventare. Un intervento che si concluderà nei prossimi mesi, quando sarà completato nella palazzina di 500 metri quadrati l’alloggio del comandante di stazione e quello dei quattro militari che lo affiancheranno. Il presidente Vigne ha ringraziato gli ex ministri Sergio Costa e Federico D’Incà che, dal 2020, si sono impegnati per rendere possibile l’operazione, nonché Gilberto Pichetto Fratin, attuale responsabile del ministero all’Ambiente. «Un grande ringraziamento ha concluso Vigne va all’Arma dei carabinieri, la prova che quando si lavora assieme si ottengono risultati importanti». Roberto Padrin, nella triplice veste di sindaco di Longarone, presidente della Provincia e della Comunità del Parco Nazionale, sottolinea come proprio l’opera di Vigne sia risultata determinante per il buon fine dell’intervento. «In questa stessa area ha aggiunto Padrin oggi abbiamo le sedi di Carabinieri forestali, Vigili del fuoco volontari, Soccorso alpino e ora dei Forestali del Parco». Una Cittadella per la sicurezza e, non a caso, ha partecipato all’inaugurazione Antonio Danilo Mostacchi, generale di divisione, comandante del Comando per la tutela della Biodiversità. «Questo territorio magnifico ha oggi una nuova porta d’ingresso al Parco. Col presidio del reparto dei Carabinieri parco vogliamo essere al fianco dei cittadini per garantire uno sviluppo sostenibile, per rinsaldare economia montana ed evitare i rischi legati allo spopolamento». Immancabile il riferimento alle Olimpiadi opportunità per la valorizzazione del territorio. Il prefetto di Belluno Antonello Roccoberton: «I Giochi? Vetrina non solo per Cortina ma per tutto il Bellunese». Tema ripreso da Dario Bond, presidente del Fondo Comuni Confinanti: «Facciamo conoscere questa nostra realtà anche fuori regione, partecipando agli eventi come le fiere, il parco deve diventare attrattivo. Ci sono i fondi del ministero dell’Ambiente, dobbiamo impegnarci a farlo».
Corriere del Veneto | 15 gennaio 2025
p. 10, edizione Treviso-Belluno
Anelli: «Sviluppo sostenibile nel Parco senza overtourism I lupi? Serve giusto equilibrio»
Feltre
Mille e ottocento chilometri separano Pantelleria dalle Dolomiti Bellunesi. Mondi lontani, entrambi Parchi nazionali e che, da poche settimane, condividono anche altro. Sonia Anelli (foto), dopo l’esperienza iniziata nel 2021 nell’area protetta più a sud d’Italia, è diventata dal primo di gennaio la nuova direttrice del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Originaria di Parma, biologaecologa laureata all’università di Parma, un master in Progettazione europea e un secondo in arrivo in Gestione degli enti pubblici, forte dell’esperienza vissuta da direttrice nell’area che solo dal 2016 è tra i 25 territori che possono fregiarsi del titolo di «Parco nazionale», arriva a ricoprire lo stesso ruolo nelle terre alpine che già da trent’anni sono protette. Cresciuta professionalmente nel Parco regionale dei Cento Laghi e poi in quello del Ducato, l’ammissione all’albo dei Direttori di Parco, istituito dal ministero dell’Ambiente, le ha consentito di vincere le gare per Pantelleria e per il Parco delle Dolomiti Bellunesi. Un ruolo tecnico, a differenza di quello del presidente, nomina quest’ultima di natura politica. «Il direttore spiega Anelli ha il compito di tradurre in azioni concrete le linee-guida indicate da presidente e consiglio direttivo. Presidente e direttore devono camminare insieme». Pantelleria e Dolomiti Bellunesi hanno poco in comune… «Pantelleria è un’isola dove c’è anche il mare, gli abitanti sono agricoltori più che marinai. Il Parco è di terra, è un’isola vulcanica, rocciosa dove il mare è tosto, ideale per le immersioni. Tanti veneti hanno casa a Pantelleria e si può dire che chi ama la montagna ama anche Pantelleria». C’è continuità tra le due esperienze? «Ci sono temi trasversali che valgono per qualsiasi Parco nazionale: il nostro ente di riferimento è il ministero e gli interlocutori che avevo a Pantelleria li avrò anche per le Dolomiti. Quello che cambia è saper declinare conoscenze ed esperienze maturate traducendole per un diverso territorio e questo si fa ascoltando le comunità, le associazioni e i colleghi del Parco che conoscono i passaggi di una lunga storia. Sarà un lavoro di squadra». Qual è la sfida? «Cambiare il paradigma: molti pensano che il Parco porti solo vincoli, in parte vero soprattutto in Italia, un territorio piccolo rispetto alla popolazione quindi ogni luogo ha sempre a che fare con l’uomo a differenza di quanto accade, ad esempio, nel Parco di Yellowstone dove vi sono distese immense di aree incontaminate. Oggi non si può più pensare ai Parchi come luoghi di conservazione tout court ma finalizzati a uno sviluppo sostenibile. Il nostro ruolo è anche quello di aiutare le comunità promuovendo un turismo alternativo, controllato nei numeri per evitare di vedere compromessi luoghi che poi non si possono ricreare». L’azione dell’ente Parco? «Operare a partire dal mantenimento degli habitat: ci sono luoghi, ad esempio, che senza un pascolo di vacche verrebbero meno e la foresta prenderebbe il sopravvento. Dobbiamo supportare le attività locali». La crescente presenza dei predatori è avvertita come una minaccia… «Arriveremo al giusto equilibrio. Ad esempio sul fronte della presenza del lupo, aderendo a progetti europei, sono state acquistate recinzioni per delimitare le aree. Dobbiamo evolverci insieme alla comunità locale per arrivare a una visione delle attività sostenibili. Così il Parco si trasforma da vincolo in opportunità».
Corriere delle Alpi | 17 gennaio 2025
p. 24
Il direttivo del Parco completa il mandato Vigne: «Conti a posto»
Roberto Curto / FELTRE
«Lascio un Parco con i conti in ordine e con una mole di interventi già eseguiti e in corso che testimoniano il buon funzionamento dell'Ente». Il presidente del Parco delle Dolomiti Bellunesi, Ennio Vigne, ha guidato ieri l'ultima riunione del direttivo del Parco che ha così chiuso il proprio mandato lungo cinque anni. Una riunione, da fatto, che è servita a sancire la conclusione del cammino portato avanti dal 2019 tra tante soddisfazioni e qualche difficoltà, come il periodo del Covid. Sei i membri che hanno partecipato in presenza, gli altri si sono collegati on-line compresa la nuova direttrice del Parco, Sonia Anelli, ufficialmente in carica dal primo gennaio ma bloccata a casa da un infortunio al ginocchio. «Questo direttivo», ha aggiunto Vigne, «ha lavorato in armonia e il clima favorevole si è rispecchiato sull'attività svolta sul territorio. Abbiamo anche sistemato l'importante casella della direzione. Possiamo essere soddisfatti». Ora la palla passa al Ministero dell'Ambiente, l'unico ad avere l'ultima parola sulla nomina del presidente. Il consiglio direttivo è composto da nove elementi: otto consiglieri più il presidente : un componente spetta al Ministero dell'Ambiente, uno al Ministero dell'Agricoltura, uno è in rappresentanza delle associazioni ambientaliste, uno è di nomina dell'Ispra e quattro vengono scelti all'alterno della Comunità del Parco. Nel direttivo uscente erano rappresentati Feltre, Sedico, Rivamonte Agordino e Longarone. Direttivo, che a dire il vero era già scaduto a fine novembre e che dunque era già nel periodo di 45 giorni di proroga. Solitamente sarebbe il periodo in cui si ridisegnano le composizioni dell'Ente, ma i tempi della politica difficilmente vanno d'accordo con le necessità di dare continuità gestionale. Da Roma dovrà arrivare la comunicazione se il direttivo viene temporaneamente prorogato oppure ci deve essere la nomina di un commissario. Vigne lascia il Parco con la prospettiva anche di riempire in tempi brevi almeno due caselle mancanti nell'organico: «Nel giro di un mese dovrebbe arrivare una prima figura e il primo aprile la seconda. Più difficile individuare la figura apicale: le indennità del Parco sono molto inferiori rispetto a quelle di altri Enti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Ultima seduta ieri nella sede di Villa Binotto per il direttivo del Parco delle Dolomiti Bellunesi.
L’Adige | 18 gennaio 2025
p. 29
Paneveggio, piano Parco al dunque
GIORGIA CARDINI
PRIMIERO/FIEMME
E’ un lavoro lungo e impegnativo quello che attende gli uffici del Parco Paneveggio Pale di San Martino nel 2025 e oltre: il suo Comitato di gestione ha infatti approvato il 30 dicembre il documento preliminare sulla base del quale sarà messa a punto una variante al Piano del Parco adottato nel 2015 e approvato nel 2016. Non una vita fa, ma il documento è considerato ormai “vecchio”: perché nel frattempo è cambiata la legge urbanistica provinciale, perché c’è un nuovo Piano faunistico in divenire, perché a Passo Rolle arriverà un collegamento impiantistico e si stanno rifacendo strutture di vario genere. E perché in realtà il Piano del Parco vigente è frutto di una progettazione che si è protratta a partire dal 2004. Le indagini, i monitoraggi, i rilevamenti effettuati nell’ottica della predisposizione degli atti che governano l’area protetta, insomma, si sono via via realizzati in un arco temporale più che decennale. Tanto, troppo. Così il Comitato di gestione mesi fa ha nominato una Commissione interna che si è messa al lavoro per predisporre il documento preliminare pubblicato nei giorni scorsi e che prelude a una vasta operazione di ascolto condotta sul territorio. L’aggiornamento, entrando nel dettaglio, riguarda il patrimonio edilizio ricadente all’interno dell’ara protetta: circa 750 tra baite, malghe, rifugi, bivacchi, stalle e altro. Serve un nuovo censimento per capire quali sono stati interessati da nuova costruzione, recupero, trasformazione edilizia. Con la finalità dichiarata di monitorare anche gli effetti, sul costruito, del Piano vigente, per capire se ha funzionato in termini di preservazione del patrimonio tradizionale. Nel tempo anche la rete viaria forestale e sentieristica del Parco ha subito una importante trasformazione, dovuta in gran parte alla attuazione (negli ultimi 15 anni) delle previsioni dei piani aziendali forestali di vari soggetti e alla realizzazione di nuove strade soprattutto in seguito alla tempesta Vaia, per recuperare l’enorme quantità di legname schiantato. Un aggiornamento della rete viaria serve poi perché le strade e in sentieri incidono in maniera molto importante sugli habitat naturali toccati dalle stesse e quindi la loro gestione, manutenzione e fruizione va regolamentata bene. Nella variante al Piano sarà fatta anche una valutazione complessiva del sistema delle aree a parcheggio previste per arrivare a definire un progetto complessivo di mobilità sostenibile, diretto a contenere il traffico privato, in coerenza con le finalità del Parco. Il Piano attuale individua poi tre nuclei insediativi omogenei, a carattere abitativo e turistico: Passo Rolle, Paneveggio e Val Canali. Su questi dovevano essere approvati dei piani attuativi da parte dei consigli comunali interessati, ma ciò non è mai avvenuto. Il documento preliminare considera il fatto che solo per Passo Rolle pare necessario un aggiornamento, visto che sarà presto realizzato il nuovo collegamento funiviario della località con San Martino di Castrozza, è in corso la rettifica della strada statale e sono previste altre infrastrutture. Ma un’occhiata dovrà essere data anche alle norme e misure di conservazione specifiche, così come a quelle faunistiche, dato che la Provincia di Trento ha avviato la revisione delle misure in vigore relative alla direttive Habitat e Uccelli e la redazione di un nuovo Piano faunistico provinciale. A queste norme dovrà adeguarsi anche il Parco.
Corriere dell’Alto Adige | 15 gennaio 2025
p. 5, segue dalla prima
I titolari dei rifugi privati «Il Cai ci attacca sempre»
Tutti convengono che i dieci milioni stanziati per i prossimi dieci anni dalla Provincia rappresenteranno la svolta per i rifugi alpini, ma il loro utilizzo è già oggetto di divisioni. Il presidente del Cai aveva ribadito la necessità di rivedere le scelte politiche sui fondi pubblici, ma Stefan Perathoner, presidente dei Rifugi Alpini Südtirol (Hgv), replica: «Invece di apprezzare il generoso sostegno finanziario, Zanella critica di nuovo i rifugi alpini privati». Bolzano Tutti convengono che i dieci milioni di euro stanziati per i prossimi dieci anni dalla Provincia rappresenteranno la svolta per i rifugi di Cai e Alpenverein, ma il loro utilizzo è già oggetto di critiche. Carlo Alberto Zanella, presidente del Cai, aveva ribadito a caldo la necessità di rivedere le scelte politiche sulla destinazione dei fondi pubblici, perché la Provincia investe troppo sui rifugi privati. «Solo per il Santner aveva dichiarato è stato stanziato un contributo di 1,4 milioni di euro, mentre per la teleferica del rifugio Bolzano è stata spesa la quasi totalità dei fondi investiti». La replica, ampiamente argomentata, è arrivata dieci giorni dopo da Stefan Perathoner, presidente dei Rifugi Alpini Südtirol (Hgv). Una presa di posizione e di distanza dalle parole del presidente del Cai. «Invece di apprezzare il generoso sostegno finanziario della Provincia (ci saranno 300mila euro l’anno in più, ndr ) e mettersi al lavoro, Zanella critica di nuovo i rifugi alpini privati in Alto Adige. Sarebbero loro il problema, nonostante rappresentino un pilastro delle nostre montagne. Sono quasi la metà dei 46 rifugi in provincia, gestiti da proprietari che se ne occupano da generazioni e precisa tutto quel che viene guadagnato viene reinvestito». A Zanella, che marcava le differenze nella gestione dei rifugi, Perathoner risponde anche con un esempio. «Ha affermato che solo quelli del Cai sono veri rifugi, ma avvia cospicui investimenti provinciali nel rifugio Plose, mentre molte loro strutture sono state spesso lasciate al degrado». Poi spiega: «Il rifugio Plose si trova nel cuore dell’area sciistica ed escursionistica. Ha la fortuna di poter sfruttare tanto la stagione estiva quanto quella invernale. Ma proprio lì Zanella vede le maggiori necessità, concentrandovi quasi la metà dei fondi spettanti al Cai. Per tutti gli altri veri rifugi del Cai rimarranno quindi solo pochi soldi. Ma il problema sono quelli a conduzione privata». Insieme ai rifugi dell’Alpeverein Südtirol (Avs), i rifugi gestiti dal Cai sono attualmlente 25, mentre sono una ventina quelli gestiti dai privati. I fondi per i lavori che ospiteranno non mancano, dal risanamento energetico, al rifacimento strutturale, fino ai nuovi impianti di risalita ma, indipendentemente dalla generosità della Provincia, la loro destinazione è già diventata arena di nuovi duelli.
Corriere delle Alpi | 19 gennaio 2025
p. 22
Soccorso alpino: il nuovo capo veneto è Zandegiacomo del Cnsas Auronzo
Alessia Forzin / Belluno
Sarà Giuseppe "Sampogna" Zandegiacomo, del Soccorso alpino di Auronzo di Cadore, a guidare le delegazioni del Veneto nel triennio 2025-2027. Suo vice è Alberto Barbirato, del Soccorso alpino di Padova, che succede a Giovanni Busato (Cnsas Arsiero). Già a capo della sua Stazione, il 62enne Zandegiacomo ha ricevuto ieri nel corso dall'assemblea regionale dei capi e vice capistazione il testimone dal presidente uscente, Rodolfo Selenati (Cnsas Feltre), al termine di 13 intensi anni di attività. «Ringrazio per la fiducia, questo mi dà, se necessario, ancora più motivazione per affrontare questo percorso impegnativo», le prime parole di Zandegiacomo. «Conto sulla collaborazione, sulla condivisione, sul rispetto reciproco e dei ruoli, sulla forza di gruppo e su quanto ciascuno di noi potrà portare». I RICONOSCIMENTI Le elezioni sono state inoltre l'occasione per il conferimento del riconoscimento di soccorritore benemerito a due storici volontari del Soccorso alpino di Longarone al termine del loro percorso all'interno dell'associazione, dettato, per statuto, al compimento dell'età di 75 anni. Giacomo Cesca, a capo della Stazione di Longarone e già vice delegato, e Palmiro Burigo, importantissima figura per l'intera delegazione Dolomiti Bellunesi, responsabile dagli esordi del Centro mobile di coordinamento impegnato soprattutto nella ricerca dei dispersi, hanno ricevuto il lungo applauso di gratitudine dall'intera assemblea, in piedi al loro passaggio. IL BILANCIO DI SELENATI E BUSATO «Siamo orgogliosi di consegnare ai prossimi dirigenti una moderna struttura di Soccorso Alpino, con bilanci assolutamente positivi, funzionante e performante», hanno detto i vertici regionali uscenti, Rodolfo Selenati e Giovanni Busato, tracciando un bilancio di tredici anni di attività. Erano stati eletti nel 2011, pochi mesi dopo il Soccorso Alpino venne travolto dalla tragedia del Pelmo nella quale persero la vita i soccorritori Alberto Bonafede e Aldo Giustina, «incidente che ha segnato profondamente il nostro approccio personale con quella che diventerà la nostra seconda famiglia». LA VISIONE REGIONALE Allora l'organizzazione dell'associazione era perfettamente funzionante ma profondamente divisa nelle sue tre realtà: due geografiche, 2^ e 11^ Delegazione alpine e una Speleo, 6^ Delegazione. «Questa divisione amministrativa ma anche formativa e
Corriere delle Alpi | 21 gennaio 2025
p.15
Il personaggio Il Soccorso alpino tra presente e futuro «Servono giovani»
PAOLA DALL'ANESE
L'intervista Paola Dall'Anese «La forza del Soccorso alpino è il gruppo. Per questo motivo, durante il mio mandato triennale, voglio consolidare il rapporto tra tutti i volontari, cercando anche di portare forze fresche all'interno del nostro sodalizio». A parlare è il nuovo presidente regionale del Soccorso alpino Giuseppe Sampogna Zandegiacomo, 62 anni, volontario della stazione di Auronzo, membro del Cnsas dal 1987 e capostazione per 13 anni. Le sfide da affrontare in questo primo triennio sono molte, di questo è consapevole il neo presidente. Presidente complimenti per il suo nuovo incarico che arriva in un momento impegnativo con tante sfide alle porte. Come è maturata la sua decisione di candidarsi a livello regionale? «Ho fatto un'analisi e giunto a questo punto ho deciso di mettermi a disposizione della struttura. E così, dopo vari incontri a livello veneto, ho presentato la mia candidatura a presidente». Qual è la sfida maggiore che l'attende? «Nella mia esperienza ho sempre puntato sull'importanza del lavoro di gruppo. Ho sempre pensato che il gruppo sia la nostra forza, un gruppo formato da tante individualità. Per questo motivo d'ora in avanti il mio compito sarà quello di girare tra le varie sezioni per conoscerne uno a uno gli uomini che le compongono e capire come sono organizzate. Intendo anche partecipare alle varie attività delle varie scuole di formazione e intrecciare rapporti con le Ulss, con la Regione che è partner importantissimo e con le associazioni di volontariato». Si parlava di corsi di formazione. Sono sempre più importanti per chi deve intervenire in situazioni di emergenza... «Dobbiamo mantenere sempre più alto il livello professionale e le competenze dei nostri volontari, perchè quando si è sul campo bisogna essere sempre pronti. Per questo non possiamo tralasciare l'utilizzo delle nuove tecnologie come i droni, utili per eseguire sopralluoghi in zone impervie evitando di esporre i nostri volontari. Importante sarà anche la formazione continua». Lei è volontario della stazione di Auronzo: lascerà ora questo incarico? «No, continuerò a fare il volontario della mia stazione, anche se con una disponibilità diversa rispetto a prima». Dal Cnsas sono arrivati moltissimi appelli ai frequentatori della montagna perchè siano più attenti e consapevoli. Lei come intende agire su questo fronte, visto che comunque in tanti anni di attività ne avrà viste di tutti i colori... «Si, purtroppo ne ho viste tante e avrei preferito spesso non averle viste. La gente pensa che le cose vadano sempre bene e la montagna viene affrontata con superficialità. Così, quando succede qualcosa, si parla di montagna assassina. Niente di più sbagliato. Credo, invece, che la montagna meriti rispetto. Se faccio qualcosa, devo chiedermi se sono in grado di farlo, se sono preparato e se ho quello che mi serve: se ognuno di noi si facesse queste domande, sarebbe già un bel punto di partenza per la consapevolezza dei propri limiti». Prima ha accennato all'importanza dell'utilizzo dei droni per i sopralluoghi. Lo scorso anno, il suo predecessore ha lanciato degli allarmi sull'uso indiscriminato di questi strumenti... «Purtroppo il drone sta diventando un pericolo. Chi lo utilizza dovrebbe essere prima di tutto consapevole di quello che fa, conoscere come usarlo e sapere quando va utilizzato e quando no. Quando in zona si sentono rumori o si vedono elicotteri, bisogna abbassarlo, tenerlo a terra, sapendo rinunciare a qualche ripresa. Serve buon senso, responsabilità e sensibilità come in tutte le cose, perchè altrimenti si mette a rischio l'attività dei soccorritori». Da tempo è ferma al Parlamento la legge sugli ostacoli al volo. Lei farà qualcosa per sbloccare questa normativa così importante per la sicurezza in volo? «Auspichiamo che questa legge vada avanti e che gli organi competenti in materia arrivino a una soluzione e alla sua approvazione, mettendo nero su bianco questa norma che attendiamo ormai da troppi anni». Uno dei problemi del volontariato è la difficoltà a trovare nuovi soci. Come siete messi nel Cnsas e cosa intende mettere in atto per attrarre
34 funzionale è apparsa da subito evidente quale freno a una crescita veloce e comune a livello regionale», hanno continuato Selenati e Busato. «L'idea di una visione regionale di soccorso alpino è stata uno dei fili conduttori dell'opera di questa presidenza, pur nelle difficoltà dei mille campanilismi. Una sfida che i futuri dirigenti dovranno sostenere per evitare di tornare ad una provincialità campanilistica fuori dal tempo». I CAMBIAMENTI Tanti i cambiamenti cui è stato sottoposto anche il Soccorso alpino negli ultimi tredici anni, dall'applicazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro (che ha portato a dover certificare tutta la filiera delle attività operative, addestrative e formative dei soccorritori) all'intensificazione dei rapporti con Regione e Ulss locali. «Si è raggiunto un legame sempre più stretto con la Regione ben testimoniato dalla vicenda legata all'acquisizione della nuova sede presso l'aeroporto di Belluno». E poi gli anni del Covid, con tutte le difficoltà del garantire i soccorsi in un periodo di distanziamenti sociali. «Abbiamo incrociato la grande riforma del Terzo Settore con tutti i suoi adempimenti, a partire dalla modifica dello Statuto», hanno aggiunto. «È stato un lavoro certosino poco visibile e burocratico ma che permette ora al Soccorso alpino e speleologico Veneto di operare legittimamente, ovvero all'interno di un quadro normativo ben definito, potendo godere dei contributi regionali ormai irrinunciabili per mantenere il livello di eccellenza attuale». RAPPORTI E COMPETENZE «In questi tredici anni si sono consolidati i rapporti anche con gli altri attori del mondo del soccorso (Prefetture, Guardia di finanza, Vigili del fuoco, Comando di Brigata Alpina Julia, forze di Polizia, Protezione civile e Arpav), per arrivare alla redazione dei diversi protocolli regionali e provinciali, evidenziando così le competenze del Soccorso alpino, in ambiente ostile e impervio, senza però perdere di vista il "peso" delle varie forze in campo, evitando così inutili quanto puerili contrasti o prese di posizione estreme», hanno ricordato i vertici uscenti del Cnsas veneto. «In questo modo i rapporti con le istituzioni sono nettamente migliorati sia sul piano del reciproco rispetto e considerazione che sul riconoscimento delle reciproche funzioni» «Siamo convinti», hanno concluso, «che il Soccorso alpino e speleologico Veneto debba rimanere prevalentemente un'associazione di volontari che prestano il loro servizio gratuitamente per sopravvivere senza perdere la propria storica vocazione, soprattutto in questi tempi di competitori anche istituzionali e di pericolose spinte anche al nostro interno, per arrivare ad una sorta di professionismo».
giovani? «I giovani sono importanti, perchè portano nuovo entusiasmo e nuove energie. Per attrarre nuovi soci cercheremo di rendere ancor più visibile la nostra attività, così da spingere i tanti appassionati di montagna a fare quel passo in più per mettere al servizio della comunità le loro capacità e competenze. Vorremmo che in tanti si mettessero a disposizione del prossimo. Se un giovane entra nell'associazione, altri lo potrebbero seguire». Cosa significa fare parte del Soccorso alpino? «Negli incontri che faremo nei territori punteremo sul fatto che essere del Soccorso alpino significa conoscere la montagna e viverla a 360 gradi. Fare parte del Cnsas significa avere molte conoscenze sull'ambiente montano, oltre a saper svolgere diverse attività in questo ambiente. È una sorta di arricchimento personale. Una cosa comunque è certa: per essere uno dei nostri bisogna avere la passione per la montagna». Nel 2026 ci saranno le Olimpiadi a Cortina: come associazione siete stati coinvolti dalla Regione e che ruolo avrete? «Siamo stati coinvolti per garantire un servizio specifico sulle piste. E anche per questo motivo che dovremo implementare il numero dei volontari che svolgono queste attività. Ad oggi nel Bellunese sono circa una trentina, ma ne serviranno molti di più. Parliamo di persone che hanno delle competenze specifiche e che seguono dei corsi ad hoc. Oltre ad essere esperti sciatori, infatti, devono anche avere un'adeguata preparazione sanitaria e saper gestire un toboga. Questi eventi devono svolgersi nel massimo della sicurezza». Lavorerete anche sulle unità cinofile? «A marzo verrà organizzato proprio a Cortina un corso a livello nazionale per i cani da ricerca, per qualificarli sempre di più. Nel Bellunese le unità cinofile sono una decina e hanno dei compiti molto importanti non solo per la ricerca valanga, ma anche per la ricerca su macerie e anche nei boschi. Si tratta di un evento importante a cui parteciperanno soltanto alcune delle unità cinofile presenti in tutta Italia». © RIPRODUZIONE RISERVATA Giuseppe Sampogna Zandegiacomo è il presidente veneto del Cnsas.
L’Adige | 7 gennaio 2025
p. 9
È rottura tra Ferrari e i gestori dei rifugi
LUISA MARIA PATRUNO
A fine anno si è consumata una frattura tra il presidente della Sat, Cristian Ferrari, e i gestori dei rifugi del sodalizio, che avevano chiesto un incontro urgente sul nuovo sistema di prenotazione online voluto dalla Sat, ma ritenuto inutilizzabile. Il confronto sollecitato, infatti, è saltato perché i rifugisti volevano un incontro ufficiale con presidente, giunta, consiglio direttivo, direttore e presidente della commissione rifugi, mentre Ferrari ha risposto offrendo solo la sua disponibilità ad ascoltarli il 28 dicembre, in quanto legale rappresentante della Sat. I gestori dei rifugi hanno deciso a quel punto di non accettare questa proposta, ritenendo l’incontro non ufficiale e adeguato ai problemi da affrontare che erano stati illustrati nella richiesta. I toni si sono accesi, con il presidente Ferrari che ha replicato risentito con una lettera sostenendo che ogni incontro con lui nella sede della Sat «riveste carattere di ufficialità» e non riconoscerlo è «da parte vostra lesivo della mia persona e dell’associazione che presiedo». Per le vie brevi il presidente della Sat ha anche risposto alla presidente dei rifugisti Sat, Roberta Silva, che non sta a loro decidere chi c’è o non c’è agli incontri per conto della Sat. Al di là del battibecco sull’incontro, nel merito i gestori dei rifugi Sat nella lettera inviata a Ferrari, al consiglio centrale dell’associazione, al presidente della Commissione rifugi, Roberto Bertoldi, e al direttore Claudio Ambrosi, elencano una serie di problemi, il principale dei quali riguarda l’introduzione di un nuovo sistema di prenotazione online deciso dalla Sat e che ora tutti i rifugi dovranno adottare. «Il sistema, così come presentato e testato - scrivono i gestori di 31 rifugi Sat - è di fatto inutilizzabile come gestionale di prenotazione e per nessun gestore rappresenta un valore aggiunto né lato gestione né lato utente. È inefficiente e implica un notevole incremento di costi sia diretti sia indiretti che, dati i tempi, non possono essere considerati. Ci chiediamo i motivi per i quali Sat lo voglia implementare». E ancora: «A queste condizioni, non siamo disposti ad utilizzarlo nelle nostre gestioni. Resta ferma la disponibilità di alcuni rifugi ad utilizzarlo come test qualora venga reso più funzionale». Nella lunga leggera si spiegano anche le ragioni per le quali il nuovo sistema viene ritenuto inadeguato. La replica del presidente della Sat, Cristian Ferrari, è però durissima perché avverte: «Ricordo che nei contratti firmati tra la scrivente associazione ed i singoli gestori, vi è indicato l’obbligo di aderire al sistema di prenotazione online scelto da Sat, e nei contratti più recenti, con un ulteriore contratto d’uso allegato: “l’impegno ad aderire al sistema di prenotazione online scelto da Sat”. Il mancato rispetto di questa clausola si ravvede come inadempimento contrattuale». Insomma, o i rifugisti si adeguano o rischiano penali o la rescissione del contratto. Oltre tutto Ferrari ricorda che già c’era stata una sospensiva del sistema di prenotazione fino a settembre 2024 per la totalità dei rifugi esclusi 8, per dare il tempo di verificare le possibili implementazioni e di organizzare il passaggio gestionale e questa non sarà prolungata. Ferrari sostiene inoltre che il sistema di prenotazione scelto dalla Sat e da altri Club Alpini conta «circa 500 rifugi a sistema sull’Aro Alpino». I gestori dei rifugi chiedono però di risolvere una serie di criticità, in particolare l’importazione automatica delle prenotazioni in un planner con conseguente assegnazione automatica dei posti e stanze; l’integrazione del modulo back office e fatturazione elettronica e lamentano l’assenza di un servizio di assistenza h24 e in generale il peggioramento della qualità della gestione unito ad importante incremento dei costi per i gestori che già utilizzano da tempo dei sistemi di prenotazione online.
L’Adige | 8 gennaio 2025
p. 26
Ferrari ai rifugisti: «Auspico il dialogo»
Il presidente della Sat, Cristian Ferrari, tiene il punto nella diatriba con i gestori dei rifugi sul nuovo sistema di prenotazione online, riaffermando di aver dato la sua disponibilità a incontrarli subito - aveva fissato l’incontro per il 28 dicembre - a fronte di una richiesta che era giunta appena prima di Natale. «Alla recente richiesta urgente dei gestori di incontrare Presidenza, Commissione rifugi e Consiglio giunta - scrive Ferrari - a ridosso delle festività, è stata data disponibilità di incontrare i gestori in tempi stretti per ascoltare le diverse richieste». E poi aggiunge che: «È stato inoltre comunicato che alla prima Giunta esecutiva utile saranno affrontati gli argomenti sollevati». Insomma, la Sat intende occuparsi della questione sollevata dai rifugisti anche se l’incontro con loro non c’è ancora stato. Ferrari nel suo breve comunicato, replicando ai rifugisti, secondo i quali il nuovo sistema di prenotazione è inutilizzabile oltre che costoso dice: «Si precisa inoltre che il lungo percorso di scelta del sistema di prenotazione nei rifugi ha portato il Sodalizio ad appoggiarsi al servizio offerto già per la rete dei Club alpini nell'arco alpino: Avs (Alpenverein Südtirol); Dav (Deutscher Alpenverein); Öav (Österreichischer Alpenverein) e Sac (Schweizer Alpen-Club). Il servizio è già in uso in oltre 500 strutture tra Alto Adige, Austria, Germania e Svizzera». Infine, il presidente della Sat in merito al fatto di aver detto che i rifugisti non possono rifiutarsi di adottare il nuovo sistema, sostiene: «Ricordare ai gestori gli obblighi contrattuali, rientra nei compiti di amministrazione di Sat. Come di consueto continua la collaborazione con i gestori dei rifugi con tempi e metodi legati all'operatività della struttura. E si auspica una collaborazione e un dialogo condiviso».
Alto Adige | 8 gennaio 2025
p. 30
DOLOMITI IN TV
Gazzettino | 11 gennaio 2025
p. 35, edizione Belluno
Dolomiti in tv, in 4 milioni per “Un passo dal cielo”
SAN VITO/CORTINA
Buona la prima. L'attesa dei fans de "Un passo dal cielo" è stata premiata, la prima puntata dell'ottava stagione della fortunata fiction, di Lux Vide per Rai Uno, ha registrato oltre 4 milioni di telespettatori, un debutto straordinario che segna l'inizio di una nuova emozionante avventura. Per la produzione è il secondo miglior esordio di questa stagione televisiva subito dopo "Don Matteo". "Un passo dal cielo" vince incollando al piccolo schermo 4.247.000 spettatori pari al 23.7% di share. Su Canale5 la commedia di Checco Zalone Tolo Tolo ha appassionato 2.176.000 spettatori con uno share dell'11.8%. Su Rai2 La furia di un uomo: Wrath of Man intrattiene 996.000 spettatori pari al 5.4%. Su Italia1 Attacco al potere 3: Angel Has Fallen incolla davanti al video 1.114.000 spettatori (5.9%). L'attesa era grande soprattutto nei paesi che hanno ospitato le riprese, San Vito di Cadore con la sede del Commissariato sempre in riva al lago di Mosigo, Cortina con l'incantevole scenario delle 5 Torri dove c'è il capanno dell'ispettore Manuela; per la prima volta le
cineprese sono salite in Ciampo de Cros, a nord di Malga Ra Stua, da dove hanno regalato inquadrature uniche di uno dei luoghi più belli delle Dolomiti ampezzane. I PROTAGONISTI Ai soliti interpreti giovedì sera si sono uniti Nino Frassica, che interpreta un prestigiatore licenziato perché troppo anziano, e Raz Degan, scienziato impegnato nella salvaguardia di un ghiacciaio; Degan pare sia il personaggio che ha ottenuto maggiore successo nella prima puntata di "Un passo dal cielo", a dirlo i tantissimi commenti lasciati sui social. Si scoprirà essere, già nella prima puntata, padre di quel Nathan degli orsi che vive da solo nei boschi ma che, grazie al fiuto affinato con il tempo passato in natura, sa leggere indizi che altri non vedono tanto da collaborare con Vincenzo e Manuela Nappi. Una prima puntata della serie che ha fatto già conoscere il vivo della storia, tra colpi di scena, new entry e rivelazioni sconvolgenti. LA SCELTA L'atmosfera è decisamente diversa dai tempi in cui Pietro, alias Terence Hill, cavalcava tra i boschi della Pusteria, la serie da quando è girata nell'alta provincia bellunese ha preso una piega diversa. Manuela, interpretata da Giusy Buscemi che sta vivendo il suo momento di gloria, è la protagonista della fiction, lei sta perfezionando le sue doti investigative, tanto che è richiesta a Verona. Ma a San Vito di Cadore ci sono legami molto profondi che è difficile recidere, da un lato il fratello Vincenzo (Enrico Ianniello), dall'altro c'è Nathan, interpretato da Marco Rossetti. "Un passo dal cielo" torna giovedì 16 gennaio con la puntata "La malga dell'alba". Giuditta Bolzonello