Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Novembre 2024

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R A S S E G N A S T A M P A

NOVEMBRE 2024

Fondazione Dolomiti Dolomites Dolomiten Dolomitis

INCONTRO ANNUALE GESTORI DI RIFUGIO

TGR Veneto | 28 novembre 2024

https://www.rainews.it/tgr/veneto/video/2024/11/belluno-rifugi-dolomiti-gestione-sfida-difficile-ecefe253-16b2-4ffa-ade10792cc5db305.html?wt_mc=2.social.fb.redtgrveneto_belluno-rifugi-dolomiti-gestione-sfidadifficile.&wt&fbclid=IwY2xjawGz4UNleHRuA2FlbQIxMQABHQhtiowjJZnSCBCUK-0HmAfwrGICxXHdCifas0aXWvlXc4_PCL03uHGCw_aem_xQyBQP7qG49_gUT4QTAfBQ

Rifugi, la gestione è una sfida sempre più difficile

All'incontro annuale promosso dalla Fondazione Dolomiti Unesco la riflessione per approfondire la conoscenza del territorio e studiare iniziative di informazione

La Usc di Ladins | 15 novembre 2024

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Messaggero Veneto | 24 novembre 2024

https://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2024/11/23/video/incontro_annuale_dei_rifugisti_delle_dolomiti_le_impressioni_d ei_partecipanti-14833392/

Incontro annuale dei rifugisti delle Dolomiti: le impressioni dei partecipanti

Overtourism e crisi climatica, sicurezza e nuovi modi di vivere la montagna. Di questi e altri temi si è parlato nell'annuale incontro tra i rifugisti delle Dolomiti, che quest'anno la Fondazione Dolomiti Unesco ha organizzato in Friuli Venezia Giulia, più precisamente nei comuni di Erto, Casso, Cimolais e Claut. Ecco le impressioni di alcuni dei partecipanti

Messaggero Veneto | 24 novembre 2024

https://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2024/11/23/news/overtourism_crisi_climatica_montagni_incontro_gestori_rifugi_d olomiti-14833388/

Dall’overtourism alla crisi climatica: il confronto tra i gestori dei rifugi delle Dolomiti

l 21 e 22 novembre si è svolto in Friuli Venezia Giulia, tra Erto e Casso, Cimolais e Claut, l’ottavo incontro annuale dei Gestori di Rifugio dell’area core delle Dolomiti Patrimonio Mondiale.

Un appuntamento organizzato dalla Fondazione Dolomiti UNESCO, nell’ambito di un lungo percorso di affiancamento che mira a supportare i gestori, primi custodi del territorio e dei valori del riconoscimento UNESCO, in un ruolo sempre più prezioso e complesso. Grazie alla collaborazione del Parco Naturale Dolomiti Friulane, del Rifugio Pordenone e della Regione Friuli Venezia Giulia, rifugisti provenienti da tutte le province nelle quali sono racchiusi i nove Sistemi Dolomitici, hanno potuto vivere un’esperienza intensa, confrontarsi tra loro, tracciare una mappa delle problematiche e delle opportunità che compongono il complesso puzzle della montagna dolomitica

Incontro annuale dei rifugisti delle Dolomiti: le impressioni dei partecipanti

«Sappiamo che per tramandare il Patrimonio Mondiale alle generazioni future dobbiamo affrontare le sfide imposte dalla crisi climatica, dal grande movimento di turisti, dal modo con cui oggi si tende a vivere la montagna; sono questi i temi che hanno animato il confronto tra i rifugisti – ha commentato la direttrice della Fondazione Dolomiti UNESCO Mara Nemela - Un confronto serrato e proprio per questo estremamente utile perché riteniamo che lo scambio di esperienze tra territori diversi e con problematiche diverse rappresenti un grande arricchimento, data anche la necessità di gestire il Patrimonio Mondiale come un’unica entità».

Dal Vajont il monito per una responsabilità condivisa

La prima giornata è stata dedicata, come sempre, alla conoscenza del contesto paesaggistico e geologico del territorio ospitante: prima con l’escursione nella selvaggia Val Cimoliana, fino al belvedere del Campanile di Val Montanaia, seguita dalle parole di benvenuto da parte di Alleris Pizzut, presidente del CAI di Pordenone, di Giovanni Duratti, presidente del CAI Friuli Venezia Giulia, di Pierpaolo Zanchetta, del Servizio biodiversità della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e dal pranzo preparato con i prodotti del territorio dai gestori del Rifugio Pordenone Marika Freschi e Ivan Da Rios.

Con l’accompagnamento del geologo, nonché guida naturalistica, Antonio Cossutta, la giornata è proseguita con la visita alla Diga del Vajont e al Centro Visite del Parco Naturale Dolomiti Friulane di Erto, che ospita la mostra “Vajont, immagini e memorie”. Accolti dal sindaco di Erto e Casso, nonché presidente del Parco Naturale Dolomiti Friulane e membro del CdA della Fondazione Dolomiti UNESCO Antonio Carrara e dal direttore del Parco Graziano Danelin, i rifugisti hanno potuto riflettere sul monito perenne del Vajont, che chiama in causa la responsabilità irriducibile da parte dell’uomo nell’interagire in modo rispettoso con la natura.

«La speculazione economica ha prevalso sulla salvaguardia delle persone. È un monito che vale per tutti – ha commentato uno dei partecipanti, Raffaele Alimonta, del rifugio Alimonta sulle Dolomiti di Brenta - Anche nelle nostre piccole strutture dobbiamo avere un occhio di riguardo a quello che facciamo e quella che potrebbe essere la risposta della natura».

La mappa delle priorità, tra conferme e sorprese

Molto importante anche la seconda giornata, ospitata dal Centro Visite del Parco Naturale Dolomiti Friulane di Cimolais e aperta dai saluti della vicesindaca di Cimolais Claudia Furlan e del sindaco di Claut Gionata Sturam.

I gestori hanno potuto tracciare un bilancio della stagione estiva, mettendo in luce gli aspetti positivi, quelli negativi e le novità riscontrate, valutando poi in modo sintetico l’incidenza della crisi climatica, la percezione dell’overtourism e il livello di consapevolezza dei frequentatori.

È emersa una grande differenziazione territoriale, ma una sostanziale condivisione del fatto che l’ambiente intorno al rifugio sta cambiando rapidamente, chiamando in causa esigenze logistiche nuove e della scarsa consapevolezza e preparazione di chi frequenta le Dolomiti, spesso adottando comportamenti scorretti. Molti gestori hanno evidenziato a questo proposito che, anche per l’effetto emulativo creato dai social, stanno aumentando l’utilizzo dei bivacchi e i pernotti in tenda (ignorando peraltro i divieti) non per emergenza, ma per vivere un’esperienza outdoor, con la pretesa però di godere dei servizi erogati dai rifugi.

Di nuovo sui sentieri… E a fondovalle

Da parte della Fondazione Dolomiti UNESCO il bilancio delle iniziative che hanno continuano a vederla impegnata accanto ai gestori, in particolare la rassegna #vivereinrifugio che durante l’estate ha toccato numerosi rifugi dell’arco dolomitico con l’intento di avvicinare gli escursionisti alla comprensione del ruolo del gestore, oltre alla prosecuzione dell’attività divulgativa sui valori del Patrimonio e sull’attività di chi vive in quota grazie ai video di Noi Dolomiti e alle pillole di #vivereinrifugio.

La programmazione di iniziative proseguirà, allargandosi però anche al fondovalle, da dove deve partire un’azione preventiva di informazione ed educazione alla montagna.

Corriere delle Alpi | 25 novembre 2024

p. 16, segue dalla prima

Emergenza bivacchi di notte in alta quota «Sono pericolosi: giro di vite sui controlli»

Francesco Dal Mas / BELLUNO

Un nuovo allarme in montagna. Con annuncio di un – ulteriore – giro di vite sui controlli. E quindi di possibili sanzioni. La Fondazione Dolomiti Unesco raccoglie la preoccupazione dei gestori di rifugio riuniti a Erto, Cimolais e Claut e la rilancia: influencer e social promuovono comportamenti sempre più scorretti in montagna, come il campeggio in quota, anche nei siti vietati.

«La Regione vieta il campeggio, ad eccezione che nelle aree autorizzate», ricorda Renato Frigo, presidente regionale Cai, «Sappiamo che le autorità di competenza, Forestali, polizia locale e guardiani dei parchi sono già vigili. Ma ora bisogna intensificare i controlli, intervenendo nelle situazioni di palese criticità anche con la necessaria severità, quindi con le sanzioni». Nel mirino non ci sono i campeggi autorizzati, ma quelli appunto improvvisati. Il vertice

Il 21 e 22 novembre si è svolto in Valcellina l'ottavo incontro annuale dei Gestori di Rifugio dell'area core delle Dolomiti Patrimonio Mondiale. Un appuntamento organizzato dalla Fondazione Dolomiti Unesco. «L'ambiente intorno al rifugio sta cambiando rapidamente, chiamando in causa esigenze logistiche nuove e la scarsa consapevolezza e preparazione di chi frequenta le Dolomiti, spesso adottando comportamenti scorretti» fa sintesi di quanto emerso la stessa Fondazione Dolomiti Unesco, «Molti gestori hanno evidenziato a questo proposito che, anche per l'effetto emulativo creato dai social, stanno aumentando l'utilizzo dei bivacchi e i pernotti in tenda non per emergenza ma per vivere un'esperienza outdoor, con la pretesa però di godere dei servizi erogati dai rifugi». i divieti

Nei Parchi è vietato campeggiare. Ovunque nel Parco d'Ampezzo, salvo le tende alpinistiche (di chi arrampica). Il Parco nazionale delle Dolomiti ha riservato delle aree specifiche, all'esterno delle quali c'è il divieto. «Ma succede sempre più spesso», sottolinea Mario Fiorentini, presidente dell'associazione Agrav che raggruppa i gestori, «che sull'onda dei social, magari dell'influencer che si fa fotografare in tenda al lago Sorapis, gli emuli si moltiplichino. Magari in gruppo. E magari campeggiano vicino ai rifugi, immaginando che in caso di rischio il rifugio possa e debba prestare soccorso. E in verità lo facciamo, ma quando di sera o di notte si presentano in 10 o 20 di loro, dove li alloggiamo?». La situazione più problematica è quella dei bivacchi, per i quali non è prevista la prenotazione. Ma di solito un bivacco ha posti letto che stanno in una mano, al massimo due. Nelle serate del fine settimana, invece, il Biasin a Forcella Pizzòn d'Agner (2.650 metri) piuttosto che il nuovo Fanton a Forcella Marmarole si riempiono di avventori, tanti dei quali sono costretti a bivaccare all'esterno. Per non dire di quanti si fiondano fin sulla vetta del Civetta e per i più diversi motivi si fanno soccorrere, prima dal rifugista del Torrani, poi dal Suem. Per non dire, ancora, dei patiti delle mtb o delle e-bike. «Gli utilizzatori di e-bike arrivano in rifugio magari percorrendo itinerari vietati e poi pretendono che io rifugista» protesta Fiorentini, che gestisce il Città di Fiume, «dia loro energia per la ricarica. Non può funzionare così». le sfide

«Sappiamo che per tramandare il patrimonio mondiale dobbiamo affrontare le sfide imposte dalla crisi climatica, dal grande movimento di turisti, dal modo con cui oggi si tende a vivere la montagna; sono questi i temi che hanno animato il confronto tra i rifugisti» dice la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco Mara Nemela a conclusione del raduno in Valcellina.

CORSO FORMATIVO PER AMMINISTRATORI

Corriere del Trentino | 17 novembre 2024

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Fondazione Unesco, gli amministratori riflettono sulla gestione

Il futuro della gestione delle Dolomiti Patrimonio Unesco è stato al centro di un incontro che in questi giorni, ad Andalo, ha impegnato gli amministratori locali dei territori coinvolti. L’incontro, organizzato dalla Fondazione Dolomiti Unesco, è stato aperto dall’assessora provinciale Giulia Zanotelli. «Vedere riuniti amministratori locali provenienti da vallate dolomitiche che condividono gli stessi valori ma che sono anche segnate da grandi differenze ha detto Zanotelli è un segnale molto importante». È intervenuto anche Michele

Lanzinger in qualità di presidente di Icom Italia, parlando del ruolo delle istituzioni naturalistiche e cultuali: «I nostri amministratori ha detto sono responsabili perché sono in rapporto con i cittadini che li hanno eletti. Non dimentichiamo che l’Unesco è nata dopo la Seconda guerra mondiale per rimediare ai grandi disastri di allora

GLI EFFETTI DELLA CRISI CLIMATICA SULLE DOLOMITI

Il T | 5 novembre 2024

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Sul ghiacciaio ci sono 15 gradi

Una temperatura a doppia cifra, a novembre, a quasi tremila metri di quota. La Sat ha fatto la foto, perché si fa davvero fatica a crederci: quindici gradi sul ghiacciao di Lares, sul gruppo dall'Adamello-«Per anni la data del ponte a cavallo tra ottobre e novembre è sempre stata quella dedicata all'ultimo rilievo del ghiacciaio di Lares nel Parco Naturale Adamello Brenta Geopark fa sapere la commissione glaciologica della società tridentina di alpinismo alcuni anno l'ultimo rilievo della fronte lo abbiamo fatto muovendoci con gli sci. Oggi invece alle 9 di mattina la temperatura dell'aria segnava già 15 gradi e al suolo 7 gradi. Nelle zone in ombra poche zone con cristalli di ghiaccio e vetrato solo nelle rocce più nascoste.

Il lago di Lares senza ghiaccio in superficie ed un piccolo velo di ghiaccio solo sul lago nuovo alla fronte. Diciamo che è un'annata calda, decisamente calda. Forse troppo calda.

In compenso per fortuna tutto il ghiacciaio è coperto da un importante strato di neve indurita e recente fin quasi alla fronte, dovute alle precipitazioni degli ultimi tempi».

Gazzettino | 7 novembre 2024

p. 3, edizione Belluno

Alto Adige | 10 novembre 2024

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Stagione dello sci alle porte

Tutti pronti, ma la neve tarda

Bolzano

Le temperature sono in netto calo, ma il cielo resta sereno e di nevicate, almeno per i prossimi giorni, non se ne parla. Non buone notizie, insomma, per gli operatori turistici e gli impiantisti della provincia, a pochi giorni dall'inizio della stagione invernale. Un problema, le scarse precipitazioni, con cui ormai sono costretti a fare i conti da anni e con cui continueranno a farli anche in futuro, che richiede notevoli sforzi economici per essere risolto, ma che non mette in discussione la riuscita della stagione. L'Alto Adige, infatti, è sempre stato all'avanguardia sul fronte dell'innevamento artificiale e nella manutenzione dei tracciati. Tutto pronto ad Obereggen«Obereggen

- spiega Thomas Ondertoller, responsabile dell'ufficio stampa - sarà la prima delle 12 valli del carosello sciistico internazionale Dolomiti Superski a festeggiare i 50 anni dalla costituzione del carosello stesso. In suo omaggio e per celebrare il prestigioso anniversario, Obereggen aprirà i tornelli venerdì 29 novembre sia alle 8.30 che in notturna, con le prime sciate sulle piste perfettamente illuminate alle 19. Ci sarà poi una festa finale all'Apres Ski Loox, a valle della storica pista Oberholz. Da sabato 30 novembre - prosegue - alle 8.30 è prevista l'apertura degli impianti e delle piste di Obereggen, Pampeago e Predazzo e dei relativi collegamenti. A Obereggen, si potrà sciare e slittare in notturna, il martedì e venerdì, dalle 19 alle 22». E ci sarà parecchio da divertirsi perché l'ultimo giorno di sci notturno e slittino notturno sarà il 28 marzo del prossimo anno. Entro il 29 novembre, gran parte dei 50 chilometri di piste, raggiungibili con 18 impianti di risalita, delle piste da slittino e dello snowpark saranno pronti per affrontare l'assalto di turisti, grandi e piccini. In val Senales si lavora sodo Un autunno dalle temperature quasi estive non ha certo fatto bene al ghiacciaio, ma gli impianti di risalita dell'Alpin Arena sono in funzione dal 20 settembre. «Le piste sono perfette - spiega Stefan Hütter, direttore della Alpin Arena Senales - e al momento sono aperte la funivia Ghiacciai della Val Senales, completamente rinnovata e inaugurata a dicembre del 2023, e le seggiovie Grawand e Gletschersee. Sugli altri tracciati abbiamo iniziato l'innevamento nei giorni scorsi e, alla fine di questo mese o al massimo all'inizio di dicembre, apriremo tutti gli impianti». Anche quest'anno, pesano i costi dell'energia, ma il peggio sembra passato. «Le spese restano sempre molto alte - conferma Hütter - ma sono comunque inferiori rispetto a quelli di un paio di stagioni fa, quando raggiunsero il picco». Dolomiti Superski è pronto Stagione alle porte, «ma la macchina è in funzione da parecchie settimane - spiega Marco Pappalardo, direttore marketing del Dolomiti Superski - e le prevendite inizieranno già il prossimo weekend. Obereggen aprirà il 29 novembre, «ma tutte le altre località del carosello entreranno di fatto a regime il 5 dicembre prossimo». Per quanto riguarda la neve, scarsa, Pappalardo rassicura: «Siamo in grado di fare tutto ciò che c'è da fare e le temperature sono quelle ideali. Abbiamo una settantina di cannoni che, in soli tre giorni di utilizzo, possono produrre la neve necessaria. Certo, se dovesse nevicare sarebbe meglio per tutti, anche dal punto di vista paesaggistico. Le prenotazioni sono ottime - conclude Pappalardo - e, nelle località principali, si registra già il tutto esaurito fino a marzo. Ma sono ottime anche nelle aree periferiche».

Corriere delle Alpi | 28 novembre 2024

p. 21

Il 2024 un anno nero per tutti i ghiacciai «Siamo alla catastrofe glaciologica»

il clima che cambia

Francesco Dal Mas

Una spruzzata di neve burrascosa, prevista per oggi, nel pomeriggio, ma oltre i 1700 metri. Possono accontentarsi i ghiacciai? Assolutamente no. Come non hanno saputo che farsene dei 20, anche 30 centimetri arrivati, quasi miracolosamente, in settembre. E infatti i processi di fusione hanno subìto un deciso rallentamento. Il mese di ottobre è stato mite (+1,8 °C), oltre la norma del periodo. Il giorno di San Francesco è fioccato per altri 40 centimetri verso i 3 mila metri, ma l'8 ottobre il limite neve/pioggia è salito oltre questa quota favorendo la fusione e le ulteriori piogge dei giorni successivi associate alle temperature miti hanno portato alla scomparsa del manto nevoso. Solo qualche centimetro di copertura sul ghiacciaio della Marmolada. Basta confrontare le immagini dell'ottobrenovembre 1985 della Marmolada con quelle di quest'anno dello stesso periodo: ghiacciaio drasticamente ridotto: «Siamo alla catastrofe glaciologica», afferma Franco Secchieri, glaciologo, che ha monitorato sul posto, di recente, la situazione. Una situazione messa in evidenza dagli annuali rilievi svolti dal Comitato Glaciologico Italiano in collaborazione con i Gruppi di ricerca di Lombardia e Trentino Alto Adige.

«I rilievi relativi dell'ultima campagna glaciologica del 2024 relativi alle Alpi Centro Orientali hanno confermato una situazione di criticità glaciologica. Al termine della scorsa stagione di ablazione molti ghiacciai sono venuti a trovarsi al di sotto del limite delle nevi permanenti e questo significa», spiega Secchieri, «un'ulteriore perdita di massa dato che come bilancio glaciologico di un ghiacciaio si intende la differenza tra la quantità di neve caduta nella stagione di accumulo e la quantità di neve, nevato e ghiaccio persa per fusione. Sono molti i ghiacciai che si stanno velocemente riducendo, sia nelle Dolomiti che nell'Alto Adige. A rappresentare davvero un'immagine emblematica è la Marmolada, l'esempio più significativo».

Da rilevare anche come nel corso dell'annata ci sia stata una certa anomalia delle condizioni meteorologiche, che hanno portato ad accumuli nevosi abbondanti solo in tarda primavera, cosa che ha impedito la formazione di adeguate masse di neve residua. «Un ulteriore evento che ha contribuito all'impatto termico negativo è stata la presenza di sabbia sahariana che è scesa con alcune nevicate primaverili».

A ciò si aggiungano anche le elevate temperature soprattutto estive e di questo autunno. Ecco perché l'esperto afferma che il bilancio glaciologico negativo del 2024 deve essere preso in seria considerazione per tutto ciò che esso coinvolge e che non riguarda il solo aspetto paesaggistico: «Si pensi ad esempio alla diminuzione della riserva idrica in forma solida che porta conseguenze negative sulla portata dei fiumi che si ripercuotono fino alla pianura, alla diminuzione dell'irraggiamento della luce solare per la mancanza delle stagionali superfici nevose riflettenti e per ultimi, ma non ultimi, i problemi legati all'industria dello sci». «In questo mese di novembre il manto nevoso r isulta scarso», conclude Secchieri, «in qualche caso solo pochi centimetri, anche alle alte quote, facendo mancare la neve migliore per l'alimentazione dei ghiacciai perché ha tutto il tempo per consolidarsi, aumentare la propria densità e offrire un maggiore ostacolo alla penetrazione dell'onda termica estiva».

COLLEGAMENTO MONTE PANA – SALTRIA

Alto Adige | 3 novembre 2024

p. 3

Monte Pana, Selva e Ortisei contro

Alto Adige | 1 novembre 2024

p. 30

Nosc Cunfin: un sondaggio per "Monte Pana-Saltria"

massimiliano bona SANTA CRISTINA

Gli ambientalisti di Nosc Cunfin tornano alla carica sul (contestato) documento finale del gruppo di lavoro sul collegamento - con cabinovia o trenino - da Monte Pana a Saltria. La maggioranza si è espressa per una cabinovia ma Nosc Cunfin ritiene che il gruppo di lavoro fosse troppo schierato (come composizione) dalla parte degli impiantisti e degli operatori turistici. Due le richieste: un nuovo gruppo di lavoro più equilibrato e realmente rappresentativo e un sondaggio vincolante tra la popolazione che sul tema è tuttora divisa. Contestata anche la mancanza di trasparenza da parte dei Comuni coinvolti che non hanno voluto pubblicare con evidenza il "rapporto conclusivo" per informare in modo esaustivo la popolazione. «Nonostante l'obbligo di tenere conto di tutti gli interessi rilevanti - scrive Nosc Cunfin nella sua presa di posizione - è evidente che il gruppo di lavoro è composto principalmente dai rappresentanti del turismo e degli impiantisti. Nel processo decisionale è stata completamente ignorata un'equa rappresentanza delle organizzazioni ambientali e sociali locali. Un approccio discutibile che mina in modo significativo la fiducia nel processo partecipativo. Le precedenti delibere del consiglio comunale, che prevedevano un collegamento esclusivamente tramite ferrovia a cremagliera, sono state ignorate. Anche questa decisione è stata presa senza un referendum, ma avrebbe conseguenze enormi per natura e paesaggio». Contestata come detto la guida del gruppo di lavoro che poi ha stilato il documento finale. «Per questa posizione è stato scelto un membro del consiglio di amministrazione di una società di funivie, che rappresenta forti interessi economici».Sotto la lente, come detto, anche la scarsa trasparenza: «La pubblicazione della relazione finale e le informazioni sulla possibilità di presentare valutazioni scritte non sono state rese pubbliche dal Comune. Durante l'evento informativo del 24 ottobre scorso anche il consiglio comunale di Santa Cristina si è ben guardato dall'informare la popolazione sulla pubblicazione del rapporto finale e sulla possibilità di presentare opposizioni scritte. La

partecipazione della popolazione non pare ben accetta».C'è poi anche l'aspetto prettamente ambientale, con i rischi legati all'overtourism. «Il già problematico carico turistico della valle aumenterebbe ulteriormente a causa del collegamento con la funivia e avrebbe un impatto negativo sulla qualità della vita della popolazione locale e dell'ambiente». Di qui le due richieste: «Considerando la scarsa legittimità del rapporto finale, i metodi di lavoro poco democratici e le enormi preoccupazioni della popolazione, l'iniziativa popolare "Nosc Cunfin" - conclude Heidi Stuffer - chiede lo svolgimento di un sondaggio cittadino vincolante o almeno l'immediata creazione di un gruppo di lavoro realmente rappresentativo». La querelle si trascina da oltre 20 anni e potrebbe risolversi, probabilmente, solo con un referendum consultivo per capire cosa voglia davvero la popolazione.

Alto Adige | 15 novembre 2024

p. 34

Saltria - Monte Pana. Castelrotto preme ancora

Alto Adige | 14 novembre 2024

p. 30

Il monito di Costa

«L'avidità non ha davvero confini»

val gardena

Sul tema Plan de Cunfin - ricordiamo che sono state raccolte ben 70 mila firme a tutela del Sassolungo - ieri è intervenuto anche Michil Costa, noto albergatore e ambientalista. «I terreni del Cunfin in Val Gardena sono gli ultimi rimasti in qualche modo intonsi dalla bulimia da consumo del suolo. Per questo più che mai dovrebbero essere i più tutelati e protetti. Tuttavia, sappiamo bene come vanno le cose: alla devastazione ecologica non c'è limite. E così l'assurda idea di farci passare una bella, nuova e fiammante cabinovia, con una

capacità di 1600 persone l'ora prende sempre più corpo. I comuni direttamente coinvolti, perché proprietari dei terreni, hanno creato un fantomatico gruppo di lavoro per inscenare un altrettanto fantomatico processo di condivisione a cui hanno partecipato anche i membri dell'azienda che tanto vuole questo impianto. Risultato? La proposta di un collegamento con impianto è passata con 8 voti su 7 all'interno del gruppo di lavoro. È il comune di Castelrotto a spingere più di tutti per questa mostruosità. Una municipalità guidata da una sindaca autentico fantoccio delle lobby della Volkspartei, animate dal dio denaro. Insomma, una situazione davvero oscena e la domanda che ne viene è più che lecita: che cosa accadrà nel prossimo futuro? Avremo l'ennesimo mostro di cemento e acciaio a violentare la montagna? La popolazione locale chiede almeno un referendum, che finora nessun comune interessato ha avuto il coraggio di avviare. Il modo migliore per tutelare l'ambiente, quindi, passa per il continuo e imperterrito inquinamento e per la perforazione e distruzione di ogni metro cubo di territorio disponibile? Siamo davvero in buone mani. Poco conta se il Landeshauptmann indica che questo collegamento non serva affatto. Infatti, la controparte a favore dell'impianto non si espone pubblicamente, piuttosto si nasconde e gigioneggia tirando le fila verso il tanto ambito obiettivo. Si sa, gli affari sporchi si lavano in famiglia. I più attivi nel cercare di salvaguardare questo ultimo lembo di terra ai piedi del Sassolungo, sono gli amici attivisti di Nosc Cunfin. Sostenerli, appoggiarli, aiutarli è la cosa migliore che possiamo fare oltre che un dovere morale. E allora rimbocchiamoci le maniche, perché solo con la mobilitazione di tutti coloro che hanno ancora un briciolo di senno è possibile fermare l'ennesimo scempio al cospetto delle nostre amate (?) Dolomiti». Nelle valli ladine c'è una forte richiesta di poter arrivare ad un referendum serio in tempi brevi che - di sicuro - boccerebbe il progetto.

Alto Adige | 23 novembre

2024

p. 30

«Monte Pana, evitiamo questo sfregio ambientale»

massimiliano bona BOLZANO/VAL GARDENA

«Evitiamo, assieme, questo sfregio ambientale tra Monte Pana e Saltria, a tutela del Sassolungo»: l'appello, ieri mattina, è stato lanciato dalle maggiori associazioni ambientaliste che operano sul territorio altoatesino (Cai, Avs, Dachverband, Heimatpflege, Lia da Mont e Mountain Wilderness). Il nodo centrale della vicenda - in attesa che il consiglio comunale di Santa Cristina si esprima - è rappresentato da un processo partecipativo finora inadeguato. «Si è fatto di tutto per tenere i residenti ai margini, in termini di trasparenza e serate pubbliche. La commissione che si è espressa per solo un voto a favore dell'impianto era chiaramente sbilanciata per il sì (50% dei due Comuni interessati e 24% operatori turistici). Urge un referendum, sul cui esito non abbiamo grandi dubbi».«Folle sacrificare 2,9 ettari di bosco, pari a 5,5 campi da calcio».A colpire sono anche le cifre fornite dagli ambientalisti: per il collegamento da Monte Pana a Saltria. «Sarebbe necessario sacrificare 2,9 ettari di bosco, pari a 5,5 campi da calcio. Riteniamo una follia pura frammentare uno dei pochi paradisi naturali rimasti».«No a nuove piste e collegamenti, sì ai bus a idrogeno».Da più di 40 anni i residenti sono in prima linea - spiegano gli ambientalisti - affinché la zona attorno al Sassolungo sia salvaguardata insieme a Plan de Cunfin. «Non è necessario alcun nuovo collegamento, perché già da 4 anni ce n'è uno in val Gardena attraverso la pista Pilat dall'Alpe di Siusi a Ortisei. L'alternativa a un nuovo collegamento è l'introduzione di bus a idrogeno, con un flusso di traffico regolato, dal momento che si passa in una zona protetta».Vignoli (Mountain Wilderness): «Il bene comune deve tornare al centro, non si può stare con le lobby».Uno degli interventi più applauditi è stato quello di Gianluca Vignoli (Mw): «Troppo spesso le scelte delle istituzioni provinciali e comunali non curano il bene comune, ma sono guidate da lobby che hanno a cuore interessi economici privati. Il mancato coinvolgimento dei cittadini nel processo partecipativo ne è la dimostrazione più eclatante. Ancora più grave è il motivo della loro esclusione: la paura che la loro netta contrarietà al collegamento possa inficiare la realizzazione di un progetto i cui benefici economici resteranno nelle mani di pochi». «Vogliamo - ha rimarcato Luigi Casanova - Dolomiti libere da traffico, da impianti, da inquinamento da rumore e luminoso. Da tempo è il momento di dire basta all'ampliamento delle aree sciabili. Ovunque. Da tempo, con urgenza, è invece il momento di investire in conservazione, aumento e sostegno alla biodiversità naturale e anche sociale. Per questo motivo è necessario, da subito, istituire corridoi ecologici grazie a nuove aree protette. Anche in provincia di Bolzano».Il Cai: «Un prezzo insostenibile da pagare».«Sia il consiglio comunale di Ortisei che quello di Selva - hanno spiegato Marco Agnoli e Carlo Alberto Zanella - si sono espressi contro ogni progetto tra Saltria e Monte Pana e hanno dichiarato che vi è il fondato dubbio che questo collegamento funiviario sia finalizzato a collegare l'Alpe di Siusi con il potenziale turistico che gravita intorno a Castelrotto e al Sella Ronda ad un prezzo insostenibile per la popolazione, l'ambiente e il paesaggio. Siamo qui a sostenere l'iniziativa di Nosc Confin per ribadire che l'intera area ai piedi del Gruppo del Sassolungo deve essere tutelata e non può essere sacrificata agli interessi delle società di impianti di risalita».

Alto Adige | 23 novembre 2024

p. 30

«Non ci sono più i tempi tecnici per il referendum»

SANTA CRISTINA

Christoph Senoner, sindaco di Santa Cristina, spiega che sono già arrivate in Comune decine di osservazioni ma che non ci sono più i tempi tecnici per indire un referendum, come vorrebbero gli ambientalisti.Sindaco, gli ambientalisti premono per il referendum. Cosa ne pensa?Come sanno bene gli ambientalisti non ci sono più i tempi tecnici per indirlo. Mancano meno dei 12 mesi richiesti dalla legge prima del voto. A maggio ci sono le comunali.Stanno arrivando parecchie osservazioni dei cittadini?Ne abbiamo alcune decine finora ma c'è tempo fino al 6 dicembre. Per farlo non serve la Pec, ma si può portare una lettera di persona in Comune o mandare una semplice raccomandata. E le serate pubbliche a Santa Cristina e Castelrotto?Decideremo a breve d'intesa con i colleghi di Castelrotto. Il processo partecipativo è ancora in corso e quindi mi sembra decisamente prematuro esprimersi su di esso. Veniamo al voto in consiglio comunale. Santa Cristina intende esprimersi a breve?Stiamo valutando la data. Devo discuterne con i colleghi della giunta. La prossima seduta del consiglio è a novembre e non ne parleremo. Forse a dicembre. In occasione della seduta del bilancio?Sì, è una possibilità. Di sicuro faremo una seduta a dicembre e forse ci esprimeremo sul collegamento.Ma il consiglio comunale a Santa Cristina è favorevole o contrario?Non glielo so dire. Siamo lì lì in termini di preferenze. Lo sapremo solamente in aula consiliare.Santa Cristina nella scorsa legislatura si era espressa per un collegamento a cremagliera...Sì, rispetto ad allora le cose sono cambiate e quindi dovremo tornare a votare. Ritiene possibile che il voto sul collegamento possa slittare al 2025?È una possibilità. Di sicuro non potremo votare nei tre mesi che precedono le elezioni comunali.Teoricamente andrebbe bene anche l'inizio di febbraio...Esatto. C'è anche questa opzione sul tavolo. MAX.BO.©RIPRODUZIONE RISERVATA

BILANCIO SULLA STAGIONE ESTIVA: PRESENZE TURISTICHE

Corriere delle Alpi | 5 novembre 2024

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Nuovo record di turisti in estate

Le vacanze diventano più lunghe

Aumentano i turisti, e le vacanze si allungano. È stata un'ottima estate per il turismo in provincia di Belluno, come certificano i dati dell'Ufficio statistica della Regione Veneto (su base Istat). Provvisori, quelli del 2024, ma già utili per fare un primo bilancio dell'estate fra montagna e Valbelluna.

Gli arrivi sono stati 540.663, circa undicimila in più rispetto al periodo giugno-agosto del 2023. Significa che nelle strutture ricettive (ma anche negli alloggi privati) sono arrivati più turisti. Che hanno soggiornato più a lungo nel nostro territorio: le presenze infatti sono passate da 1.806.172 a 1.827.635, il che significa che sono cresciuti i pernottamenti. Le vacanze si allungano, un cambio di passo rispetto agli ultimi anni segnati invece da una riduzione della durata dei soggiorni.

A trainare la ripresa di un settore strategico per la provincia di Belluno sono gli italiani. Ne sono arrivati meno, rispetto all'estate 2023, a soggiornare nelle strutture ricettive, ma si sono fermati più a lungo. Da giugno ad agosto sono arrivati in provincia 297.637 turisti stranieri e 247.813 italiani. Ma in quanto a presenze, quelle degli italiani hanno superato il milione (1.091.578), mentre quelle degli stranieri sono state 745.223.

Il mese più affollato è stato quello di agosto (complessivamente 218.638 arrivi e 830.775 presenze). Le strutture più richieste sono state gli alberghi a tre stelle e gli alloggi privati.

La reginetta del turismo resta, confermatissima, Cortina, che pur mostrando un lieve calo degli arrivi vede però un altrettanto lieve incremento delle presenze. Segue Auronzo, con le iconiche Tre Cime di Lavaredo, dove invece il trend è opposto: più turisti, ma meno notti nelle strutture ricettive. Sul terzo gradino del podio Livinallongo, con un trend fotocopia di Auronzo.

Buona la crescita di Falcade (quarta), che ha visto aumentare le presenze di quasi 12 mila unità. Bene anche Val di Zoldo, che sfonda il tetto delle 100 mila presenze (102.171, in crescita rispetto all'estate del 2023) e vede crescere anche gli arrivi. Cresce, ma resta sotto le 100 mila presenze, Rocca Pietore. Spostandoci in Valbelluna, buoni i dati del capoluogo, calano invece turisti e pernottamenti a Feltre e Borgo Valbelluna.

Il T | 13 novembre 2024

p. 19

«Nel 2023 oltre 58 milioni di presenze in montagna»

Ad accogliere ieri mattina l'inaugurazione di BITM - Le giornate del Turismo Montano è stata una mongolfiera gigante nel giardino del Muse simbolo della venticinquesima edizione. È partita volando alto dunque, l'edizione 2024 in corso fino a venerdì al MUSE di Trento. Tema: “La montagna come opportunità. Il turismo delle Terre Alte nell'epoca di grandi cambiamenti globali”, tante le novità e una formula rinnovata con il Premio BITM “I professionisti del turismo del futuro” di 3000 euro, per le tre scuole che ieri hanno partecipato al “Laboratorio delle idee: dalla scuola al territorio”.

Focus della prima giornata: “Il turismo di domani tra formazione, progetti, capacità di imparare a fare impresa” con la collaborazione delle scuole del territorio e ospiti nazionali.La fotografia del comparto in Italia, è stata scattata dalla presidente di Confesercenti Nazionale, Patrizia De Luise, che non solo ha ricordato i numeri del turismo montano: «secondo le nostre stime, nel 2023 il turismo nei comuni montani ha registrato poco più di 58 milioni di presenze (per il 50,6% di italiani) con un salto del +7% rispetto all'anno precedente. E per quest'anno ci aspettiamo risultati in ulteriore miglioramento, grazie alla vitalità della domanda estera», ma ha messo in luce l'alta rilevanza strategica, sia dal punto di vista economico che culturale del comparto. «Vengo sempre volentieri ad ascoltare i contributi della BITM perché qui non si parla solo di Trentino ma in generale delle Terre Alte e del turismo di montagna. Le località montane italiane non sono solo luoghi di grande bellezza paesaggistica, ma anche centri di tradizioni, storia e cultura che attirano visitatori da tutto il mondo. BITM offre una piattaforma unica per mettere in contatto operatori del settore, promuovere le destinazioni, sviluppare nuovi pacchetti turistici e sostenere l'economia locale». De Luise ha poi posto una riflessione sui «picchi di presenze». È necessario - ha detto la presidente nazionale - predisporre una efficace progettazione delle politiche e delle strategie di gestione basate sulla diversificazione delle attività, sulla promozione della destagionalizzazione».

NOTIZIE DAI PARCHI

Corriere delle Alpi | 29 novembre 2024

p. 22

Sì al torrentismo nel Parco ma con limiti e prescrizioni

Francesco Dal Mas / FELTRE

Via libera, ma con blindatura. E quindi sospiro di sollievo degli appassionati di torrentismo e, ovviamente, di chi li accompagna. L'attività di canyoning, torrentismo o river trakking ricercata dagli appassionati di tutto il mondo nelle 40 forre del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi, rimane al momento vietata. Ma solo sulla carta, perché ieri è maturata un'importante e significativa apertura: si pensa infatti di autorizzarla in alcuni siti, per una quota non esorbitante di praticanti, e comunque "blindata" da alcuni vincoli di tutela e da verifiche all'inizio e alla conclusione della stagione per capire quale impatto - se c'è - hanno queste attività sull'ambiente dei corsi d'acqua che si trovano all'interno dell'area protetta bellunese.

Ieri pomeriggio si è riunito il Consiglio Direttivo del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi che ha approvato le modifiche al Regolamento, dopo un primo benestare da parte del ministero dell'Ambiente. Il testo – che riguarda, oltre al torrentismo, altre opportunità – verrà successivamente inviato al ministero per l'approvazione definitiva e la trasformazione in Decreto, e quindi per la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il canyoning era stato ed è formalmente ancora vietato. L'anno scorso il Comune di Belluno e sei organizzazioni avevano chiesto la liberalizzazione di questa pratica, ritenendola nient'affatto impattante sul piano ambientale e comunque di possibile sviluppo commerciale. Il Parco si era impegnato in questo senso, appunto per rimuovere i vieti, seppur entro taluni limiti.

«È vietata la praticata del torrentismo tranne che nelle zone individuate dall'Ente Parco con apposito provvedimento – riportava l'articolo del regolamento inviato a Roma – sulla base di uno studio di compatibilità ambientale che preveda prescrizioni, modalità di fruizione, eventuali interdizioni temporanee, modalità di controllo e sorveglianza». E sarà il percorso che l'Ente Parco compirà dopo la pubblicazione del nuovo regolamento in Gazzetta Ufficiale.

«Non si tratta dunque di un'apertura totale, ma dell'impegno da parte del Parco a fare una ricerca scientifica sull'impatto ambientale sulle forre dell'attività di canyoning», spiega infatti la consigliera Valentina Dalla Cort. «In pratica faremo uno studio, il che consentirà ad un certo numero di persone di praticare torrentismo in area parco».

«Dopo anni di attesa e di impegno, anche battagliero, per poter godere, nel pieno rispetto ambientale, di questo patrimonio», afferma Cristian Da Canal, il fondatore di Canyoning Borgovalbelluna, «consideriamo un grande passo quello compiuto dall'Ente Parco. Ente che di fatto si colloca nel contesto delle opportunità riconosciute da altri Parchi. Adesso non ci resta che attendere l'ultimo miglio per poter poi usufruire di una opportunità unica».

Ci vorrà ancora qualche tempo per il via libera definitivo. L'Ente Parco dovrà procedere ad uno studio che in base ad una serie di approfondimenti scientifici e tecnici definisca le forre in cui sarà possibile l'attività sportiva. Le risultanze, appunto scientifiche, detteranno anche il limite degli accessi.

Non tutte le 40 forre, dunque, saranno accessibili. Un decimo probabilmente, o poche di più. A suo tempo erano state ipotizzate la Valclusa e Soffia. Ma il primo sito è già accessibile, perché al di fuori dei confini del Parco. «Noi ci auguriamo che la frequentazione non sia pesantemente contingentata, né per numero di siti né di persone, perché gli sportivi sanno autoregolamentarsi», conclude Da Canal, «rispettando rigorosamente l'ambiente. Non riteniamo di fare più danni di una derivazione dell'Enel o del Bim».

In ogni caso si sa che all'apertura di ogni stagione sarà compiuto un attento monitoraggio della situazione e, alla conclusione, una verifica ancora più puntuale. Da Canal ricorda che sull'attività di torrentismo (e dintorni) vive un mondo molto interessante, di sportivi e di professionisti, con risvolti significativi anche dal punto di vista professionale ed economico. Da questo punto di vista Leonello Gorza, presidente del Consorzio Turistico della Valbelluna, si è sempre speso con molto ardore perché si approdasse almeno a questo, parziale risultato.

NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO

Corriere del Veneto | 7 novembre 2024

p. 10, edizione Treviso – Belluno

Montagna affollata, sos incidenti «Traditi anche escursionisti esperti»

Barattin (Soccorso Alpino): «Spegnete le app del telefono, la batteria va risparmiata»

Dimitri Canello BELLUNO

La montagna porta con sé insidie che possono sorprendere anche gli alpinisti più esperti. Più che mai fuori stagione. Le due morti e le tante situazioni difficili che hanno funestato questi primi giorni di novembre sulle Dolomiti riaprono il dibattito sull’inadeguatezza di alcuni equipaggiamenti di chi affronta un’escursione e la mancanza di accorgimenti importanti che possono salvare la vita. Ma l’affollamento sulle montagne bellunesi di questi ultimi giorni, come sottolinea il responsabile del Soccorso Alpino Alex Barattin, non si era mai verificato in questo periodo dell’anno.

Barattin, come spiega il gran numero di interventi di queste settimane?

«In alcuni giorni dell’ultimo ponte fra ottobre e novembre, abbiamo affrontato un afflusso di persone che ha eguagliato i numeri estivi. Con temperature così alte, in tanti hanno voluto tentare l’ultima escursione della stagione. Mai vista così tanta gente. Purtroppo in alcuni casi è andata male, ma chi affronta la montagna sa quello che rischia. Purtroppo la verità è che può capitare».

Qual è l’anomalia con cui ci si trova a fare i conti?

«Le temperature folli per essere a novembre. Il problema sono le escursioni termiche, di giorno si sale parecchio, ma appena tramonta il sole il freddo è pungente e si sono raggiunti gli zero gradi anche a mille metri. Poi non sono stati considerati altri aspetti, uno su tutti: l’ora legale, che riduce la luce. Alle quattro, quando si è sorpresi in alta montagna, nel bosco è buio e si possono commettere alcuni errori».

Quali, per esempio?

«Uno dei più comuni è quello di cedere alla tentazione di tagliare quando si rientra da un’escursione. Un alpinista esperto sa cosa deve fare, ma a volte ci si è dimenticato che il buio arriva presto. Allora per rientrare si lasciano i sentieri e si taglia, andando spesso a cacciarsi in situazioni da cui poi non si riesce più a uscire».

Come ci si difende?

«Non ci si deve accontentare del cellulare. Bisogna avere con sé una bussola, perché il telefonino può scaricarsi e allora bisogna usare metodi alternativi per evitare di trovarsi in difficoltà».

Altri errori comuni?

«Il permafrost sotto le foglie è scivolosissimo e si rischia di farsi molto male. Sa quante volte mi capita di trovare alpinisti con il wifi e il bluetooth accesi nonostante sia del tutto inutile in mezzo a un bosco? Ma anche le altre app sono spesso inutili. Bisogna impostarne l’utilizzo con attenzione, in modo tale che si riduca il consumo di carica del telefonino».

Quali potrebbero essere i consigli utili?

«Per esempio quello di acquistare una power bank, ossia una batteria esterna. Ce ne sono di diverso tipo in vendita, che costano pochi euro e che possono salvare la vita. Ci sono anche le cover batteria, che prolungano la vita quotidiana del telefono in modo consistente e determinante. Acquistatele. E anche l’abbigliamento e la strumentazione devono essere adeguati».

Secondo lei fra gli alpinisti ci si fa scrupolo a chiedere aiuto?

«Nessuno chiama volentieri, perché quando si è in difficoltà soprattutto i più esperti sono punti nell’orgoglio. Ma io dico che ci devono chiamare. Siamo qui per salvare vite. In difficoltà può trovarsi chiunque»

Corriere delle Alpi | 30 novembre 2024

p. 21

NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE GUIDE ALPINE E AMM

Alto Adige | 15 novembre 2024

p. 20

Overtourism, la rivolta delle guide «Ormai siamo vicini al collasso»

davide pasquali bolzano

«La pressione da parte dei residenti sta crescendo. Siamo vicini al collasso. La politica deve reagire». È la durissima presa di posizione del presidente delle guide alpine altoatesine, Thomas Zelger. All'assemblea annuale, non ha nemmeno citato l'argomento overtourism, perché i suoi sono più che edotti. I suoi, che in montagna non vanno una volta a settimana, ma quotidianamente. Per lavoro. E sono esasperati, esausti, sfiniti. Ingorghi non solo sulle strade, ma anche sulle vie di arrampicata più frequentate, parcheggi troppo costosi, rifugi sovraffollati e una clientela «che starebbe meglio a valle».In occasione delle assemblee generali di guide alpine e accompagnatori di media montagna, il loro presidente Zelger ha espresso preoccupazione per l'eccessivo sviluppo del turismo e i rischi legati al cambiamento climatico.Limiti raggiunti da tempo«Lo sviluppo degli ultimi anni sembra essere sfuggito di mano», ha detto Zelger, citando esempi come ingorghi chilometrici, parcheggi costosi, passi di montagna sovraffollati e, non da ultimo, rifugi che devono essere prenotati con un anno di anticipo o che non possono più essere prenotati per meno di due notti. «Se continuiamo così, i classici amanti della natura cercheranno altre destinazioni», ha detto Zelger.Per di più le guide alpine e gli accompagnatori di media montagna sono molto preoccupati per sempre nuovi progetti infrastrutturali nelle Dolomiti e non solo. «È sorprendente cosa si possa intendere per sostenibilità», ha detto senza peli sulla lingua Zelger. «Il lusso si sposta sempre più in alto, attirando una clientela che starebbe meglio a valle. Lo dimostra anche il numero crescente di interventi di soccorso in montagna», ha spiegato il presidente. La sua conclusione è semplice: «Nell'alpinismo, a un certo punto bisognava rendersi conto che era necessario imporsi delle regole per non rovinare il proprio futuro. Lo stesso vale anche per l'ulteriore sviluppo del turismo in Alto Adige».Il racconto in prima personaAlle Tre Cime di Lavaredo, racconta, «o arrivi alle 6 di mattina o sei spacciato. E se riesci a superare questo ostacolo della ressa, in parete ti arriva il drone a spiarti. E in basso, carovane di gente. Non amano la natura, vengono qui per collezionare selfie. E non guardano il meteo ma la loro check list». «Il soccorso alpino è ormai un'azienda di taxi. Chiamano la sera perché hanno perso la funivia e fanno finta di sentirsi male. Poi, una volta a valle, subito si riprendono. In questo ambito le leggi vanno cambiate, gli interventi vanno pagati». Passo Sella è pieno di camper, grandi. «Stanno lì tutta l'estate, e chi arrampica non trova più parcheggi. Il Comune ha chiuso i nostri posteggi. Gli alpinisti ormai hanno valore zero. La cultura alpinistica non viene più rispettata». Per non parlare dei prezzi. «Chi arriva qui una volta nella vita da lontano, può anche pagare 20-25 euro una pasta». Gli altri no. Zelger è durissimo: «Abbiamo l'impressione di essere trattati come stranieri a casa nostra. Spesso ci manca l'aria». Stagioni sempre più lunghe, moto anche in ottobre. Non c'è mai pace. «Dovremmo fare come nei parchi degli Stati Uniti: numero chiuso, perché più persone non ci stanno». Ma la politica fa orecchie da mercante. E si continua a progettare nuovi luna park.Cambiamenti climaticiUn'altra grande sfida per le guide alpine e gli accompagnatori di media montagna è l'impatto del cambiamento climatico. Zelger sostiene: «Negli ultimi anni abbiamo assistito a un cambiamento massiccio, i rischi per la nostra professione stanno aumentando con un maggior numero di frane e cadute di massi, il ritiro dei ghiacciai e lo scioglimento del suolo permafrost». Per di più ci sono sempre più inverni in cui la neve arriva tardi o non arriva affatto. «Chiunque neghi tutto questo - conclude - o è seduto in un ufficio tutto l'anno, o si sta isolando dalla realtà, o è un lobbista o è semplicemente ingenuo».

EDITORIALI E INTERVISTE

L’Adige | 1 novembre 2024

p. 11

«La montagna d'inverno non è solo sci»

marica vigano'

«O c'è un progetto di sviluppo che genera un prodotto all'altezza del mercato del momento, altrimenti bisogna rigenerarsi e pensare a qualcosa che vada oltre lo sci e riesca ad intercettare altre passioni, altri target, idee nuove, alternative o speciali». Ciò che accade in Panarotta - zero offerte er la gestione degli impianti - rispecchia la difficoltà che stanno vivendo le piccole stazioni invernali, ma Gianni Battaiola, a capo dell'Associazione provinciale albergatori e presidente di Trentino Marketing, suggerisce di guardarsi bene attorno perché «la montagna è natura, silenzio, sole e ci sono persone che cercano questo, magari con un collegamento a una località vicina ed attrezzata per fare una sciata». Presidente Battaiola, abbiamo stazioni sciistiche per così dire storiche che hanno toccato l'apice

del successo negli anni Ottanta e che, seppur piccole come la Panarotta, sono rimaste nel cuore dei trentini: dobbiamo rassegnarci a perderle per sempre?Ogni volta che cessa qualcosa è sempre un peccato, a maggior ragione quando si tratta di stazioni in cui si è imparato a sciare, stazioni propedeutiche alla passione dello sci. Ma è indubbio che il mondo dello sci sta cambiando, perché parliamo di uno sport sempre più costoso. La vacanza sugli sci, con gli standard sempre più elevati, non è per tutti: quando i clienti arrivano sui nostri territori pretendono un'offerta all'avanguardia, con impianti all'avanguardia, piste ben manutenute e la garanzia della neve. Lo sci non è lusso, ma sta diventando un'attività costosa. E chi spende vuole anche determinati servizi, ad esempio spaziare su più caroselli ed avere più collegamenti. Ecco che un imprenditore che si deve avvicinare ad un sistema più piccolo, magari propedeutico all'avviamento allo sci, ben sapendo quali sono le difficoltà e gli standard di sicurezza vorrà valutare con attenzione. In Trentino abbiamo però l'esempio di Bolbeno, la stazione sciistica più bassa d'Italia, a solo 600 metri di quota, piccola e adatta per i bambini, meta di numerosi sci club.È vero. Riguardo al successo della stazione, do questa lettura: a Bolbeno c'è sempre la neve, anche nei periodi in cui manca in altre zone. Ciò ha attirato gli sci club, senza dimenticare i collegamenti con i comuni limitrofi e non solo, generando un afflusso importante di bambine e di bambini, di ragazze e di ragazzi che si avvicinano al mondo dello sci o che si allenano.Dedicare i piccoli impianti come la Panarotta agli sci club potrebbe essere una strategia per diversificare l'offerta e per evitare la chiusura di stazioni sciistiche storiche?Bisogna prima fare un'analisi, perché la gente sceglie la qualità. Anche chi si allena e chi vuole iniziare cerca qualità. È necessario verificare se il bacino di utenti è sufficiente, perché non è escluso che gli sci club preferiscano fare qualche chilometro in più e raggiungere località che offrono impianti più moderni.Con questi presupposti, gli impianti piccoli sembrano non avere futuro... No, non è così. Prendiamo il caso della Panarotta. Si potrebbe trovare un prodotto che vada oltre lo sci. In tempi in cui lo sci diventa sempre più costoso non bisogna dimenticare gli amanti della neve, che sono tantissimi. L'altro giorno, alla reception del mio albergo, ho assistito alla chiamata di un padre siciliano che cercava rassicurazioni sul fatto che durante le feste natalizie i suoi figli potessero giocare con la neve. Ciò significa che c'è un mondo di gente che fa la vacanza sulla neve in maniera diversa: è il momento di cercare una proposta che sia unica e che abbia sostenibilità economica, dalle ciaspole all'alpinismo, ma anche passeggiate nella neve e con lo slittino. Ciò vale per la Panarotta come per altre stazioni. Non è solo una questione di impianti, perché importanti sono soprattutto i servizi per chi viene in vacanza. Servizi sono i negozi, i bar, il noleggio, la possibilità di spostarsi, dunque i trasporti ed i collegamenti.

Corriere del Trentino | 17 novembre 2024 p. 2

«I bacini? Non sono laghetti Nei bivacchi troppi rifiuti» Regole per le bike Poca educazione Sat, Ferrari fissa nodi e priorità per il futuro: «In montagna il rischio zero non esiste, il cambiamento climatico lo ha accentuato»

TRENTO

Dalla sua elezione alla guida della Sat sono passati poco più di sei mesi. In mezzo, una stagione estiva chiusa con numeri incoraggianti per i rifugi del sodalizio ma segnata ed è ormai una costante negli ultimi anni dal nodo dell’emergenza idrica. E tante questioni da affrontare: dall’overtourism al rapporto in quota tra escursionisti e mountain-bikers, dal cambiamento climatico alle questioni più pratiche (e burocratiche) della gestione di una società che conta più di 27mila tesserati. Cristian Ferrari non ha perso l’entusiasmo dei primi giorni. E all’elenco aggiunge una sfida. Forse la più complessa: la necessità nell’era dei social di veicolare messaggi corretti sulla frequentazione della montagna. Invitando alla prudenza. E all’educazione: «In molti bivacchi allarga le braccia il presidente Sat troviamo tantissimi rifiuti abbandonati».

Presidente Ferrari, stare alla guida di una società da 27mila soci è impegnativo. Quali sono criticità e sfide del sodalizio? «Innanzitutto va ricordato che la Sat è una società composta di più parti, ben legate tra di loro. C’è la comunità dei soci, che fa attività sul territorio attraverso le sezioni e che stringe legami anche con le altre associazioni. C’è però anche la parte più tecnica, di gestione del patrimonio. Dei rifugi, di fatto: un settore che richiede molto impegno, sia a livello economico che di ore di lavoro. Per fortuna, su questo abbiamo un sostegno importante dal Servizio turismo della Provincia. Infine c’è la parte dei sentieri, la cui gestione è legata al volontariato. E rappresenta forse l’attività più fisica, con un lavoro di programmazione importante».

Sentieri che, soprattutto d’estate, vengono percorsi ormai da migliaia di escursionisti. Il tema dell’overtourism ormai è una realtà anche in Trentino.

«Premesso che il termine non mi piace, pongo la riflessione da un’altra prospettiva, con un interrogativo rivolto a noi stessi: quando andiamo in montagna, abbiamo più diritto degli altri ad andarci? Siamo anche noi parte dell’overtourism ? Detto ciò, bisogna ricordare che la montagna è uno spazio limitato. E così i nostri rifugi».

Cosa può fare la Sat per evitare l’affollamento eccessivo delle terre alte, soprattutto in estate?

«Non molto. Possiamo però far capire, ad esempio, che la bella stagione non è solamente quella estiva, ma che in montagna e nei rifugi escursionistici ci si può andare anche in autunno. Questo permetterebbe di diluire la frequentazione della montagna e darebbe ai gestori un’opportunità in più per vivere della loro struttura. Creando allo stesso tempo dei punti d’appoggio importanti in quota».

Rimane il problema delle persone che in montagna si avventurano senza le conoscenze necessarie, magari dopo aver visto una foto social di un bivacco o una cima.

«In tutti i campi c’è una quota fisiologica di persone che si approcciano a una attività senza esserne in grado. La discrimine, in montagna, è il rischio. Per questo come Sat, insieme ad altri attori, partecipiamo al tavolo “Prudenza in montagna”. E quindi cerchiamo tutto l’anno di fare attività di prevenzione e informazione. Quest’anno ad esempio, a inizio stagione, ci siamo concentrati sui messaggi di avviso della presenza di neve sui sentieri più alti. Invitando in caso a muoversi con l’attrezzatura adeguata. Sui bivacchi va fatto anche un altro ragionamento».

Quale?

«Notiamo un fenomeno crescente di persone che utilizzano il bivacco non come riparo di emergenza ma come rifugio gratuito. E a volte seguono una foto di Instagram. Il problema è che quest’estate abbiamo trovato una quota importante di rifiuti abbandonati nelle stretture».

E come si agisce?

«Facendo informazione continua».

Un altro nodo che fa discutere è la convivenza tra escursionisti e mountain-bike.

«È un problema che stiamo affrontando: bisogna andare verso una coesistenza di tutte le attività alpinistiche. Ma serve il rispetto reciproco. È chiaro che la traccia di un escursionista è diversa da quella lasciata da un biker che si muove senza porre attenzione ai danni, costringendo a una manutenzione maggiore. Tutti i Club alpini stanno ponendo attenzione al tema: si deve trovare un equilibrio, che non può essere però un liberi tutti».

Si parlava di manutenzione di sentieri: com’è la situazione dei volontari all’interno della Sat? Si fa fatica a trovarne?

«Anche noi soffriamo un po’ l’invecchiamento: chi ha tempo è spesso chi è in pensione. Sarebbe importante ringiovanire le sezioni anche per questo. Ma va detto che abbiamo richieste anche esterne, per il volontariato d’impresa. E anche da associazioni: c’è chi capisce che il territorio è anche un patrimonio comune. È importante però mostrare a chi usa il sentiero la fatica che c’è dietro».

In questi giorni si inizia a vedere la neve artificiale sulle piste, mentre d’estate i rifugi soffrono per l’emergenza idrica. Dove sta l’equilibrio? Si può trovare?

«In montagna passiamo da momenti in cui l’acqua è tanta a momenti in cui manca. Innanzitutto bisogna iniziare a non buttare via l’acqua e a riutilizzarla: nei rifugi più recenti prevediamo locali tecnici proprio per questo. E bisogna sensibilizzare sull’uso dell’acqua, perché la mancanza di questa risorsa provoca effetti a cascata. Poi ci troviamo con l’inverno che ha sempre fame d’acqua. Vediamo bacini di accumulo spacciati per laghetti d’alta quota».

La Sat ha preso posizione recentemente sul bacino previsto a Folgaria, legato all’allargamento dell’area sciabile.

«Più volte la Sat ha preso posizione nei casi di progetti che puntano ad allungare la stagione in zone a quote medie, già in difficoltà. Chiediamoci se quell’investimento ha davvero un ritorno, se il gioco vale la candela. La situazione dei nostri rifugi ci fa capire che qualcosa è cambiato».

Il cambiamento climatico si fa sentire.

«In tanti campi. Pensiamo ai sentieri franati a causa di eventi estremi. O alle via alpinistiche modificate per l’aumento delle temperature, nelle quote interessate dai ghiacciai. In futuro avremo territori oggi stabili che non lo saranno più. La domanda è: con l’arretramento dei ghiacciai la montagna sarà ancora in grado di accoglierci come ha sempre fatto o dovremo cercare vie alternative per arrivarci?». Con più rischi?

«C’è sempre un pericolo nell’andare un montagna: il rischio zero è impossibile. Il cambiamento climatico ha spostato questo rischio e in alcuni casi accentuato. Dobbiamo adattarci dunque. E, da parte della Sat, serve fare informazione. Sempre».

DOLOMITI IN TV

Corriere delle Alpi | 25 novembre 2024

p. 43

Esce il 5 dicembre "Ops! È già Natale" Il film girato sulle Dolomiti cadorine prima visione

Gianluca De Rosa

Uscirà nelle sale cinematografiche di tutta Italia il 5 dicembre il film "Ops! È già Natale", ambientato tra le Dolomiti cadorine (ma non solo) alla presenza del mostro sacro della pellicola internazionale, l'attore Danny De Vito. Uno strano incrocio tra la commedia italiana e quella a stelle e strisce tra atmosfera e attesa del Natale unite all'ambientazione montana fanno da sfondo a uno ormai dei tanti film girati all'ombra delle Dolomiti, questa volta con matrice internazionale che fa da contraltare ai più tradizionali, ma sempre molto apprezzati, cinepanettoni (e infatti sempre per Natale al cinema uscirà Cortina Express girato da Christian De sica con Lillo e Isabella Ferrari, con appunto ancora Cortina che torna protagonista dei film di Natale dopo la geniale intuizione dei Vanzina).

Il regista Peter Chelsom, padre di Serendipity (ma anche di Shall We Dance? con Richard Gere, Susan Sarandon e Jennifer e Lopez), con la longa manus di Notorious Pictures, ha disegnato un prodotto che sul mercato internazionale proporrà la bellezza delle Dolomiti cadorine con il titolo "A sudden case of christmas".

Il trailer, proposto in queste ore, rivela che il quartier generale del film è ambientato nei locali del Park Hotel Des Dolomites di Borca (gruppo Th Hotel) con buona parte delle riprese girate sul lago di Misurina ma anche nei boschi tra San Vito e Cortina. Non manca qualche divagazione oltre confine con il coinvolgimento dell'Alto Adige, soprattutto in alcune scene girate a bordo di una mongolfiera. Cast, neanche a dirlo, d'eccezione. Detto di Danny De Vito, che ha fatto la sua comparsa proprio a San Vito nell'autunno dello scorso anno, spazio ad Andie MacDowell, Wilmer Valderrama, Lucy De Vito (figlia primogenita degli attori Danny De Vito e Rhea Perlman ma figlia di Danny De Vito anche nel film) e Antonella Rose.

Nella pellicola, De Vito è Lawrence, titolare di un albergo sulle Dolomiti ambientato a San Vito, a breve distanza dalle rive del lago di Mosigo laddove trovarono gloria Improvvisamente Natale e il suo sequel Improvvisamente a Natale mi sposo con un cast di primissima fascia, questo sì tutto italiano, guidato da Diego Abatantuono. In realtà i due progetti cinematografici seguono la stessa trama, in maniera fedelissima.

Non è un caso infatti che le creature di Peter Chelsom e Francesco Patierno, regista di Improvvisamente Natale e del suo sequel Improvvisamente a Natale mi sposo siano legate da un filo conduttore, inscenato dalla Notorious Pictures, che fonda il successo su un Natale atipico, rappresentato fuori stagione, e un obiettivo ben preciso che è quello della reunion familiare.

Nel cast anche una figura nostrana: Francesco Salvi, che impersona don Michele, prete famoso in Cadore per aver sposato coppie che non si sono mai separate. Improvvisamente Natale, Improvvisamente a Natale mi sposo ed ora Ops!... Ed è già Natale: il Cadore spopola sul grande schermo anche se l'attesa è tutta per la nuova serie di Un passo dal cielo. A tal proposito l'annuncio di Lux Vide, arrivato nelle scorse ore, fuga ogni d ubbio: l'ottava serie sarà realtà all'inizio del nuovo anno.

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