Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Ottobre 2024

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R A S S E G N A S T A M P A

OTTOBRE 2024

Fondazione Dolomiti Dolomites Dolomiten Dolomitis

#VIVEREINRIFUGIO: L’APPUNTAMENTO AL CITTA’ DI FIUME

Gazzettino | 11 ottobre 2024

p. 5, edizione Belluno

Corriere delle Alpi | 12 ottobre 2024

p. 30

Prudenza e soccorsi Oggi al Città di Fiume con #vivereinrifugio

borca di cadore

Il Pelmo, ormai avvolto nella sua veste autunnale, accoglierà oggi l'ultimo evento della rassegna #vivereinrifugio, organizzata dalla Fondazione Dolomiti Unesco. Alle 11 al Rifugio Città di Fiume ci sarà l'incontro dal titolo "La prudenza come primo vero soccorso", che metterà al centro la consapevolezza dell'escursionista per un approccio più prudente alla montagna. Interverranno – con la moderazione di Flavio Faoro – la Guida Alpina Luca Vallata, il gestore del Rifugio Città di Fiume Mario Fiorentini e il delegato del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico delle Dolomiti Bellunesi Alex Barattin. Non solo un confronto su come sta cambiando la frequentazione delle Dolomiti e sulla necessità di promuovere informazione, pianificazione, consapevolezza dei propri mezzi e attenzione alle dotazioni e all'attrezzatura, ma anche una riflessione aperta sul ruolo del Soccorso Alpino oggi, a 70 anni dalla fondazione del Corpo Nazionale, sul modo di affrontare situazioni spesso drammatiche, sul significato, per chi pratica l'alpinismo, di parole come limite, avventura, rischio, prudenza, rinuncia. Andrà così in archivio una stagione caratterizzata da tante voci e altrettanti temi, che si sono rincorsi di valle in valle grazie alla collaborazione dei gestori di rifugio dell'area core delle Dolomiti Patrimonio Mondiale, che insieme alla Fondazione Dolomiti Unesco

hanno voluto mettersi in gioco per spiegare il loro ruolo di custodi non solo delle strutture, ma anche delle storie che le abitano e dell'ambiente che le circonda: dai caratteri geologici ai cambiamenti generati dalla crisi climatica, dalla fragilità degli ecosistemi alla necessità di vivere la montagna con desiderio di scoperta e non come un parco giochi. Accanto ai gestori si sono alternati geologi, glaciologi, filosofi, geografi, guide alpine, che hanno dato profondità a questo percorso condiviso.

Sul canale YouTube della Fondazione Dolomiti Unesco sono disponibili le sintesi dei precedenti incontri, realizzati per la rubrica "Noi Dolomiti" che viene trasmessa per tutti i mesi autunnali da Telebelluno, Trentino TV, Alto Adige TV e Telefriuli.

GLI EFFETTI DELLA CRISI CLIMATICA SULLE DOLOMITI

Alto Adige | 9 ottobre 2024

p. 31

Clima, i cambiamenti studiati sul campo

jimmy milanese merano

I cambiamenti climatici studiati sul campo dagli studenti del Gandhi. Di fronte alle nuove sfide poste dal cambiamento climatico, il Liceo pluri-comprensivo Gandhi si pone in prima linea con una serie di attività sul campo per permettere ai ragazzi di comprendere in modo diretto quali sono i cambiamenti repentini e quindi i pericoli che la nostra terra sta vivendo.Con questo intento la docente di scienze naturali e ricercatrice Silvia Forti ha recentemente accompagnato un gruppo di studenti del Gandhi per una tre giorni al Secondo Campo scientifico da lei coordinato presso Riva del Garda. Un Campus Scientifico di Ecologia Lacustre e, appunto, cambiamenti climatici al quale hanno partecipato anche i colleghi Stefano Rento, Fabio Ranieri e Vincenza Curci. Prima attività della tre giorni di studio per i ragazzi è stata una escursione botanica guidata dal professor Rento al Bastione di Riva del Garda. Il docente ha condiviso con i ragazzi alcune riflessioni sulla sistematica dei vegetali e le loro interazione con i diversi ecosistemi. Allo stesso modo, attraverso l'osservazione delle conformazioni geologiche del paesaggio delle Dolomiti, la collega Forti ha spiegato le cause della grande estinzione di massa avvenuta 252 milioni di anni fa e le correlazioni con quanto sta succedendo attualmente. Alla sera, conferenza del professor Pietro Gianolla della Università di Ferrara sui cambiamenti climatici e appunto sul cd. "Great Pluvial Event" avvenuto in era Triassica. Il giorno seguente, la comitiva si è spostata sulle Marocche di Dro per un viaggio attraverso i paesaggi e clima del passato Dolomitico con relazione del dott. Mirko Demozzi, Presidente dell'Ordine dei Geologi Trentino-AltoAdige e ancora del professor Gianolla, tra l'altro, referente geologo per Dolomiti Unesco. Tante le riflessioni svolte dai docenti e condivise con i ragazzi, ad esempio sulle coordinate e fattori della crisi climatica che sta affliggendo il nostro pianeta e sul come e dove questo processo presenti segni evidenti e riconoscibili che i ragazzi hanno potuto valutare. Di particolare interesse, l'osservazione delle tracce lasciate dai dinosauri e le spiegazioni sulla paleomorfologia del paesaggio giurassico anche in base all'assetto morfotettonico. Il pomeriggio, come ogni escursione di questo tipo che si rispetti, debriefing assieme ai relatori per fissare i concetti appresi. Nel corso della serata la professoressa Silvia Forti ha illustrato i lavori del campus precedente, introducendo elementi della ecologia lacustre, in particolare il concetto di eutrofizzazione legato agli ecosistemi acquatici, ovvero alla presenza in abbondanza di sostanze nutritive in un determinato bacino idrico. Ultima giornata di lavori dedicati all'ecologia lacustre, iniziata con l'incontro di prima mattina presso Fraglia della Vela assieme alle dottoresse Giovanna Pellegrini e Silvia Costaraoss, biologhe dell'Appa di Porto San Nicolò. Diverse le misurazioni tecniche effettuate dagli stessi ragazzi al fine di comprendere in modo più preciso la composizione di un bacino lacustre. In questo contesto, ad esempio, sono stati osservati dei campioni di plancton e benthos prelevati al fine di una valutazione dello stato di salute del lago di Garda. Gran finale con una conferenza conclusiva ad opera delle due ricercatrici per fare un quadro generale su come valutare lo stato di salute di un lago con particolare attenzione alla presenza di specie invasive aliene come la Dreissena Bugensis (mollusco bivalve). Inoltre, alcune riflessioni sui cambiamenti climatici sono state elaborate partendo dalla presenza nel lago di alghe brune invasive di origine tropicale che si adattano molto bene alle nuove condizioni di temperatura del bacino de Garda. Spiega Forti: «Questa esperienza per i ragazzi ha rappresentato un ulteriore stimolo per armarsi di scienza che aiuta a capire meglio dove il pianeta deve essere curato e con quali mezzi scientifici», le parole della ricercatrice che ci tiene a ringraziare i dirigenti scolastici dell'IISS Galilei e IISS Gandhi, Paola Burzacca e Giuseppe Augello, per avere consentito il prestito dei microscopi, e alla tecnica di Laboratorio, Gaia Gottardi, per avere impacchettato con cura i preziosi strumenti per essere trasportati in sicurezza. Un ringraziamento che si allarga al sostegno del gruppo STeam dell'Intendenza scolastica, in particolare all'Ispettore Fabio Furciniti e alla sua collaboratrice Maddalena Braccesi i quali fin da subito hanno sostenuto fortemente l'idea di un nuovo Campus Scientifico. A tal proposito, il 15 novembre prossimo proprio sei ragazzi del Liceo Gandhi parteciperanno alla giornata "Il meglio di Sub Zero" presso l'Università di Bolzano per presentare i loro lavori svolti nell'ambito del secondo Campus Scientifico.

Il T | 24 ottobre 2024

p. 9

Ghiacciai, persi 3 metri di superficie

«E infatti io ai tempi, in mezzo a dichiarazioni trionfalistiche, invitavo alla cautela. Dedicandomi ai ghiacciai da 20 anni sapevo che i numeri veri li avremmo visti solo dopo l'estate. Non volevo essere l'uccello del malaugurio, ma ho avuto ragione. I ghiacciai vivono di due aspetti: le nevicate invernali e la fusione legata alle temperature estive. I bilanci si fanno alla fine dell'anno idrologico, tra settembre e ottobre. Il primo bilancio di quest'anno è negativo e si inserisce in una tendenza consolidata ormai dagli anni ‘80. Tra l'altro vorrei chiarire che si può anche avere un'annata con bilancio positivo, è successo nel 08/09 e nel 13/14, ma ai ghiacciai interessa la tendenza, che a livello alpino, non solo in Trentino, è di pressoché costanza di bilanci negativi determinati da un aumento delle temperature e quindi delle emissioni di gas climalteranti. Quindi non si può pensare che i ghiacciai tornino ad avanzare così, non basta un bilancio positivo».

Non ci è nemmeno sembrata un'estate particolarmente calda, eppure è bastata a generare un nuovo calo.

«Giugno ha avuto temperature alte, da record. È vero che luglio invece non lo è stato. Alla fine è bastato un agosto caldo per concludere l'anno con una perdita di spessore considerevole secondo le rilevazioni».

Analisi fatte su Adamello e Careser, ma valgono anche per gli altri ghiacciai?

«Fare le rilevazioni è un processo dispendioso sia in termini di consumi che di lavoro, per questo motivo ci concentriamo su due ghiacciai che sono stati scelti: l'Adamello e il Careser. I dati che raccogliamo su questi ghiacciai sono rappresentativi dello stato di salute non solo del Trentino, ma di tutto l'arco alpino, pur non potendo essere presi alla lettera».

Ecco ci spiega come vengono fatte le rilevazioni?

«Alla fine dell'estate ci si porta in corrispondenza di paline poste negli anni precedenti e se ne misura la sporgenza. Durante l'estate, con la fusione, la sporgenza di queste paline aumenta venendo a mancare neve e ghiaccio. La sporgenza aumenta fino a fermarsi alla fine dell'anno idrologico, il momento in cui il ghiacciaio smette di perdere e poi con l'inizio di quello nuovo torna a guadagnare, grazie alla neve e alle temperature più fredde. Il bilancio di massa di un ghiacciaio è come un conto in banca fatto di entrate, ossia la neve, e di uscite, la fusione determinata dalle temperature».

Restando nella metafora, stiamo andando verso la bancarotta?

«Purtroppo è proprio così, le spese al momento sono più alte dei guadagni, quindi la tendenza porta alla bancarotta. Con le temperature che abbiamo i ghiacciai al di sotto dei 3.500 metri andranno a scomparire, la tendenza è quella».

Il problema sono le spese? È la fusione estiva a essere insostenibile?

«Esatto è proprio così. Con queste temperature fa poca differenza quanta neve cade d'inverno. Il problema è il costante aumento delle temperature, che possiamo interrompere solo con una decisa inversione nell'emissione di gas climalteranti. Tornando alla metafora di prima penso che dobbiamo mettere a posto i conti del nostro bilancio, lo dobbiamo alle generazioni future. È una questione di rispetto verso di loro, entrare in un meccanismo di vera sostenibilità, parola oggi che trovo abusata e che ha invece un grande valore».

Corriere delle Alpi | 26 ottobre 2024

p. 17

Allarme permafrost per i ghiacciai «Rischio scioglimento, detriti a valle»

MARCELLA CORRÀ / BELLUNO

Solo sette italiani su 100 credono che ci sia in atto un cambiamento climatico importante e dagli effetti dirompenti. In Europa la percentuale è un po' più alta, il 20 per cento. Dati che fanno riflettere come quelli sull'aumento delle temperature medie, di 2 gradi nella migliore delle ipotesi e di 5 gradi nella peggiore, entro il 2100. Con che conseguenze? Il mondo scientifico parla di effetti pericolosi in caso di due gradi di aumento e di effetti ancora sconosciuti se si arriverà a 5 gradi. Ma noi, bellunesi, ai 2 gradi di aumento medio siamo già arrivati, anzi siamo verso i 2.5. Sono alcuni dei dati emersi nell'incontro al museo di Seravella, primo capitolo di un libro bianco chiamato "Oltre il Pelmo", che affronterà nei prossimi anni i temi di maggiore rilievo per il nostro territorio.

E si comincia proprio dal cambiamento climatico. L'iniziativa del libro bianco è stata lanciata durante la consegna del Pelmo d'oro, per andare oltre, appunto, al semplice riconoscimento per gli uomini della montagna, come ha spiegato nel suo indirizzo di saluto il presidente della Provincia Roberto Padrin. luciani, un'assenza pesante

Tre i relatori chiamati a confrontarsi sul tema da diversi punti di vista e di studio: Jacopo Gabrieli, ricercatore del Cnr sui cambiamenti del clima, Anselmo Cagnati, esperto di neve e valanghe, ex Arpav, e Thierry Robert Luciani, meteorologo del Centro di Arabba. Mancava solo lui all'incontro, non avendo ottenuto dall'Arpav regionale il via libera per partecipare. Il suo ruolo nelle previsioni della tempesta Vaia di sei anni fa è stato ricordato da Padrin: «Grazie alle sue importanti indicazioni abbiamo potuto prendere decisioni difficili, come chiudere le scuole, gli uffici e le fabbriche, in accordo con il prefetto e con gli altri enti preposti».

Una tragedia, quella di Vaia, diventata opportunità di grandi interventi su «un territorio bello che abbiamo il dovere di salvaguardare». Il 99 per cento del mondo scientifico dà ormai per assodato, in base ai dati raccolti negli ultimi decenni, che il cambiamento climatico è in corso, è conseguenza delle azioni dell'uomo e non si fermerà facilmente. «Quando vado nelle scuole, i bambini mi chiedono: come faccio a salvare il ghiacciaio della Marmolada?» ha raccontato Gabrieli, rispondendo ad una delle domande del moderatore Damiano Tormen e cioè cosa può fare la piccola Europa rispetto a nazioni popolose come Cina e India, come può influire sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica. «Prima di tutto va detto che consuma di più ciascuno di noi che un indiano. E poi il 30 per cento dell'energia mondiale va sprecato. Accanto al livello geopolitico che viene deciso dai governanti, c'è una responsabilità personale che può fare la differenza».

i ghiacciai

Di ghiacciai e Dolomiti si è occupato Cagnati che li studia da tutta la vita. Quali conseguenze ci potranno essere con la scomparsa dei ghiacciai dolomitici? Ad esempio sul regime idrico? Conseguenze molto inferiori, rispetto allo scioglimento dei ghiacciai dell'Himalaya. «Tutto l'insieme del ghiaccio sulle Dolomiti, sono 75 apparati glaciali, ha un volume di un chilometro cubo. Ma la calotta polare ha 30 milioni di chilometri cubi. Non ci saranno quindi grandi catastrofi sulle Dolomiti, cambierà il paesaggio, questo è certo, come è già avvenuto, ci sarà una portata dei torrenti maggiore negli inverni dove le temperature si stanno alzando e minore in estate. Quello che può risultare pericoloso è lo scioglimento del permafrost, il terreno ghiacciato, che significa una grande presenza di detriti, che insieme ai crolli delle pareti possono essere portati a valle dalle violente piogge». Si è detto che le grandi nevicate primaverili del 2024 abbiano "salvato" i ghiacciai: niente di più falso. La neve è scomparsa in fretta e il ghiacciaio in Marmolada a fine estate si è abbassato di un metro per ogni metro quadrato. Ma questo, ha spiegato Gabrieli, non riguarda solo le Dolomiti: in Svizzera dove era nevicato tantissimo, l'abbassamento dei ghiacciai è stato di 1,3 metri.

OLTRE LE VETTE 2024

Gazzettino | 10 ottobre 2024

p. 7, edizione Belluno

Corriere delle Alpi | 10 ottobre 2024

p. 19

Comunicare le Dolomiti UNESCO: un incontro

La comunicazione di un territorio a fini promozionali può incidere in modo determinante sia sugli aspetti quantitativi, come il governo dei flussi, sia su quelli qualitativi. Per questa ragione la Rete della Promozione del turismo sostenibile della Fondazione Dolomiti Unesco – coordinata dalla Provincia – ha promosso nel corso dell'anno un confronto fra rappresentanti di vari territori e istituzioni che si occupano di promozione turistica. Un dialogo sovra territoriale che adesso coinvolgerà nella discussione anche il pubblico di Oltre le Vette, con un appuntamento dedicato in programma domani alle 17 a Palazzo Bembo. Interverranno Umberto Martini dell'Università di Trento, Elisa Calcamuggi della Dmo Dolomiti Bellunesi, Mauro Pascolini professore di geografia all'Università di Udine e componente del Comitato Scientifico della Fondazione, il direttore del Parco naturale Dolomiti d'Ampezzo Michele Da Pozzo e la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco Mara Nemela.

Corriere delle Alpi | 12 ottobre 2024

p. 18-19, segue dalla prima

"El Caregon del Padreterno" piuttosto che la "Trinità"? Proprio così per la Fondazione Dmo Dolomiti. È arrivato il tempo di offrire immagini, e quindi richiami nuovi alla comunicazione. Anziché le Tre Cime di Lavaredo o il lago turchino di Sorapis, perché non far galoppare l'interesse mediatico sul Pelmo oppure sul Civetta, o ancora sulla Marmolada? E perché non far sapere che sulle Dolomiti esistono tanti altri laghi attrattivi oltre a quello ai piedi del Sorapis? Elisa Calcamuggi, direttrice marketing della Dmo, proprio questo nuovo orizzonte sta indagando insieme al vertice. E ieri ne ha parlato a margine di un convegno di "Oltre le Vette", in tema di comunicazione.

L'estate ha dimostrato, ancora una volta, che i siti iconici delle Dolomiti sono presi d'assalto (comprese le Alte Vie Alpinistiche 1 per 2), mentre altri itinerari soffrono la desertificazione. «Per fortuna», ha sospirato qualcuno nelle sale di Palazzo Bembo, che ha ospitato l'evento. Si pone invece l'esigenza, anzi l'urgenza, come hanno ammesso i relatori : il professor Umberto Martini dell'università di Trento Elisa Calcamuggi appunto, Mauro Pascolini professore di geografia all'università di Udine e componente del Comitato scientifico della Fondazione, il direttore del parco Naturale delle Dolomiti d'Ampezzo Michele Da Pozzo e la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco Mara Nemela – di distribuire arrivi e presenze sul territorio. Ovviamente orientando l'ospite, fin dalla comunicazione. Chi può negare il fascino, ad esempio, delle Vette Feltrine, oppure della Foresta del Cansiglio, dei sentieri del verde Comelico (cantato dal Carducci) e delle chiese dell'Oltrepiave per non dire di quelle del Cadore? La Dmo ha censito i 19 Uffici Turistici di cui dispone sul territorio e si prepara a una nuova campagna di sensibilizzazione del turista dalla prossima primavera. «Prepareremo tanti Piani B, Iat per Iat, da partecipare all'ospite che avrà la cortesia di affacciarsi ai nostri sportelli. Gli operatori», anticipa Calcamuggi, «verranno preparati a essere "ambasciatori" di percorsi a piedi o in bici, di rifugi, certo anche sentieri attrezzati, di laghi e soprattutto tesori d'arte e luoghi di cultura, oltre che laboratori di artigiano e finanche ristori che valorizzano la cosiddetta "periferia", che tale però non è, perché non ha nulla da invidiare alla centralità iconica».

La prossima sarà dunque un'estate dei Piani B, come prima risposta all'overtourism. Si sa, ad esempio, che la prima montagna tenuta in considerazione dai promotori della candidatura delle Dolomiti a Patrimonio dell'Umanità non sono state le Tre Cime, ma il Pelmo? Eppure mai "el caregon" è stato promozionato nel mondo quanto la "Trinità". La comunicazione corretta, responsabile, diciamo pure virtuosa, è la prima sfida che la Fondazione Dolomiti Unesco si pone insieme ai tanti soggetti con cui collabora, dalla Dmo al Cai, passando pe le istituzioni. Mara Nemela, la direttrice si dice infatti convinta che «non l'informazione ma una puntuale comunicazione di un determinato territorio a f ini promozionali può incidere in modo determinante sia sugli aspetti quantitativi, come il governo dei flussi, sia su quelli qualitativi, come la sostenibilità e l'autenticità dell'esperienza vissuta dagli ospiti, tanto più in un contesto fragile come quelle delle Dolomiti Patrimonio Mondiale».

Ecco il punto: si diceva sopra degli uffici turistici e dei Piani B che andranno a proporre. «Insisteremo molto sulle proposte che coltivano e valorizzano l'esperienza», anticipa la responsabile marketing della Dmo. «Quale esperienza puoi avere se ti ammassi in coda lungo il sentiero del Sorapis o sulla strada delle Tre Cime? Senza nulla togliere alla iconicità di questi luoghi».

La Fondazione Dolomiti Unesco – tiene a precisare Nemela – non si occupa di marketing ma degli effetti del marketing sul bene, quindi abbiamo coinvolto tutti i soggetti interessati nello studio dell'impatto dei messaggi e delle immagini che vengono veicolate dai diversi strumenti di comunicazione e come è possibile incentivare il rispetto e la consapevolezza dei visitatori. La riflessione di ieri pomeriggio

è un punto di partenza. «Vogliamno sollecitare un utilizzo consapevole e responsabile delle diverse forme di comunicazione adottate da tutti i soggetti direttamente coinvolti, al fine di indurre modalità di fruizione dei territori turistici della montagna dolomitica coerenti con i principi e i valori del riconoscimento Unesco». Magari rigettando gli influencer che spesso sono all'origine della congestione che si verifica nei siti più frequentati? «Possono andar bene anche gli influencer, anzi, ma vanno responsabilizzati di una comunicazione… responsabile, appunto. Una comunicazione che trasmetta anche l'importanza della consapevolezza, della prudenza in montagna e della responsabilità nei confronti del Patrimonio».

Martini: “Le Dolomiti dovranno accrescere la qualità del turismo”

Qual è il ‘male' di cui soffre oggi la montagna? Umberto Martini dell'Università di Trento, non ha dubbi: «Noi sappiamo che se vogliamo massimizzare la visibilità sui social media dobbiamo usare immagini adrenaliniche, ricorrendo possibilmente al concetto di superamento del limite. Questo diventa il problema della comunicazione anche della montagna, perché immagini così usate e abusate generano emulazione ed un utilizzo scorretto delle terre alte». Martini è stato il relatore principale al convegno di ieri a Palazzo Bembo. Professore, come dev'essere, dunque, la comunicazione delle Dolomiti?

«Deve essere una comunicazione consapevole della fragilità, dei limiti della montagna e dei possibili impatti che può avere una fruizione scorretta. Allora tutto quello che può essere immaginato come potenzialmente dannoso, da qualunque punto di vista lo si guardi, va evitato».

I social rappresentano il problema comunicativo delle terre alte?

«Credo che la soluzione migliore sia quella della moderazione, della responsabilità e della considerazione degli effetti che può avere una certa comunicazione. Ad esempio quella fatta sui social media prevalentemente da soggetti improvvisati, che si divertono a postare dei video, è assai pericolosa, proprio perché in questi casi vige la regola della massima visibilità».

E la conseguenza è il maggior numero di soccorsi…

«Appunto. Quest'estate ho visto sui social tantissimi interventi del Soccorso alpino, i rifugisti che si raccomandavano in tutti i modi di essere attrezzati, equipaggiati, di guardare le previsioni del tempo, lasciare informazione su dove si va. In chi vive e lavora in montagna, mi pare che questo messaggio sia passato. Purtroppo è chiaro che il video postato da un signore qualunque che compie degli atti "adrenalinici", per dire qualcosa che va oltre la misura, crea un danno perché genera emulazione. Anche perché creano l'illusione che sia possibile e sicuro fare così».

L'arrivo di tanti stranieri è motivato in gran parte dal Sito Unesco. È un turismo che privilegia la qualità alla quantità. Ne dobbiamo tener conto anche nella comunicazione?

«Prima usavo l'aggettivo "responsabile". Noi dobbiamo essere consapevoli del valore del riconoscimento Unesco. Questo ha un significato. Il fatto di essere entrati, un po' di anni fa, in questa lista trascina con sé una serie di valori, che poi dovrebbero diventare la base della comunicazione. Direi che questo è responsabilizzante. Tutte le volte in cui si hanno questi riconoscimenti internazionali, ci vuole un di più di responsabilizzazione».

Fino a che punto si può destagionalizzare? La montagna ha bisogno di riposo...

«Se noi immaginiamo che 360 giorni all'anno la montagna sia terra di turismo, beh questa è un'esagerazione. Però l'allungamento delle stagioni è auspicabile, in una certa misura, perchè si erano accorciate troppo. Avere attività turistica dal 20 luglio al 25 agosto è troppo poco. Destagionalizzare significa sfruttare le potenzialità che magari il cambiamento climatico ci rende disponibili. Se nel mese di ottobre ci sono belle giornate, onestamente non trovo nulla di male che i rifugi siano aperti, sapendo che comunque non ci sarà mai l'afflusso dei mesi di luglio e agosto perché le persone lavorano».

Olimpiadi sostenibili, si va dicendo da 6 anni. Taluni sostengono che l'impegno non è assecondato. Ma qual è la comunicazione più corretta?

«Dobbiamo evitare che le Olimpiadi siano un modo per aumentare il numero dei turisti; dev'essere un modo per aumentare il valore del turismo; quindi bisogna lavorare sulla dimensione del valore, non dei numeri. Questo è, secondo me, il messaggio fondamentale».

Corriere delle Alpi | 11 ottobre 2024

p. 21

A Oltre le vette 70 anni di Soccorso Alpino In piazza il format sul clima che cambia

Il programma

Ivan Ferigo

"Oltre le vette" stasera celebra i 70 anni del Soccorso Alpino. Ma già dal tardo pomeriggio, in questa terz'ultima giornata di festival, si susseguiranno diversi altri eventi.

"Di roccia e di cuore". Si intitola significativamente così l'evento con il quale alle 21 al Teatro Buzzati si festeggerà con la cittadinanza l'importante compleanno del Corpo nazionale Soccorso alpino e speleologico. 70 anni di solidarietà, dal 1954 al 2024. Una serata per ricordare i sette decenni, dalla nascita del Corpo a questi giorni, nei ricordi dei soccorritori, tra aneddoti ed emozioni. Perché tra le primissime stazioni ufficializzate nel 1954, ben 11 appartenevano al Soccorso Alpino e Speleologico Veneto. A queste, negli anni, se ne sono affiancate molte altre, per coprire un numero sempre maggiore di vallate e montagne, in cui essere presenti per portare aiuto a chi ne aveva bisogno.

Tornando indietro di qualche ora, vale la pena ricordare, alle 17 a Palazzo Bembo, l'incontro d'approfondimento promosso dalla Fondazione Dolomiti Unesco "Comunicare le Dolomiti con responsabilità". Come possiamo incentivare il rispetto e la consapevolezza dei visitatori? Nel vasto mondo della promozione turistica, che percezione c'è dell'impatto delle immagini e dei messaggi che vengono veicolati?

Tutto esaurito, alle 18 al salone nobile di Palazzo Fulcis, per la presentazione del libro "Sono solo un albero" di Francesca Mussoi. In questo suo nuovo lavoro, la scrittrice sedicense ci aiuta a riflettere sugli alberi, questi magnifici testimoni della vita sulla terra che abbiamo intorno a noi, protagonisti assoluti, e spesso sconosciuti e ignorati, anche delle nostre esistenze. Al termine, la consegna del premio "Eccellenza Donna Belluno 2024".

Un trio di voci femminili, quello de LesMagots, alla stessa ora in piazza dei Martiri offrirà "Non ti scordar di me", un viaggio tra canzoni anni ‘30 e ‘40. Un antipasto musicale per il primo dei tre appuntamenti di "Un'ora per acclimatarsi", format promosso dal quotidiano online L'AltraMontagna. Stavolta si parlerà di "Partenze e arrivi: la montagna tra spopolamento e ripopolamento". Di sfide e opportunità del vivere in montagna. Di difficoltà quali la carenza di servizi essenziali, il calo demografico e la fragilità del territorio. Ma anche di opportunità, tra cui le cosiddette "migrazioni verticali", ovvero il ritorno o il trasferimento di nuovi abitanti in montagna.

Corriere delle Alpi | 3 ottobre 2024 p. 32, edizione di Belluno

OVERTOURISM E GESTIONE DEI FLUSSI

Corriere delle Alpi | 2 ottobre 2024

p. 29, edizione Belluno

Il sindaco Vecellio Galeno sicuro «Non è stata gente di Auronzo»

«A casa dovrebbero starci gli imbecilli». La replica del sindaco di Auronzo Dario Vecellio Galeno alla scritta rinvenuta ieri mattina ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo è al vetriolo. Nessuna giustificazione per chi – utilizzando l'inglese, la lingua universale – ha imbrattato la roccia invitando i turisti a tornarsene a casa.

«Il nostro è un territorio a vocazione turistica», rimarca il primo cittadino auronzano, «qui i turisti saranno sempre i benvenuti. Al di là del messaggio riportato, che non condiziona e mai condizionerà il nostro operato, e per nostro intendo quello congiunto messo in campo non solo dal Comune di Auronzo ma da tutte le istituzioni chiamate in causa comprese le Regole e la Regione Veneto, quello che più fa rabbia è l'aver sfregiato una roccia simbolo di storia e tradizione». Il primo cittadino di Auronzo nega, senza alcun tentennamento, il coinvolgimento nella vicenda di residenti (non necessariamente auronzani).

«Chi vive in montagna non opera scelte che vanno nella direzione opposta del rispetto per la montagna», dice il sindaco. «Chi ha scritto quella frase è semplicemente un imbecille. E gli imbecilli sono gli unici che dovrebbero starsene a casa».

Dialettica a parte, la vicenda richiama inevitabilmente al fenomeno dell'overtourism che, puntualmente, anima la stagione turistica estiva delle Tre Cime di Lavaredo.

«Conosciamo benissimo la situazione, oggettivamente difficile. Nessuno lo ha mai negato ma è altrettanto vero che nessuno qui ha la bacchetta magica», sottolinea Vecellio Galeno, «le Tre Cime di Lavaredo rappresentano una meta turistica selezionata oggi più di ieri da persone provenienti da ogni angolo del mondo. Il nostro compito è quello di offrire loro la migliore accoglienza ed ospitalità possibile. Ben consapevoli delle difficoltà che certi flussi comportano al territorio. Qualcuno continua a storcere il naso di fronte al prezzo giornaliero da pagare per raggiungere il parcheggio delle Tre Cime di Lavaredo ma se davvero con quei soldi volessimo fare selezione dovremmo pagare molto di più dei trenta euro richiesti. Il problema non è di natura economica, ma ruota attorno alla ricerca di una mobilità alternativa. È lì che stiamo concentrando gli sforzi».

«Al tempo stesso, la grande sfida in chiave futura», rimarca il sindaco, «sarà quella di offrire un prodotto turistico non più concentrato nei soli due mesi di luglio ed agosto, ma al contrario in grado di essere spalmato su un periodo più ampio, di quattro, cinque mesi. La destagionalizzazione, molto apprezzata dai turisti stranieri, è la grande sfida del futuro e riguarda soprattutto l'area delle Tre Cime di Lavaredo».

Alto Adige | 3 ottobre 2024

p. 16

«Turisti, tornatevene a casa»

Bolzano È stata sfregiata da un writer una delle rocce più famose ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, un masso di dolomia con impresse le tracce di un dinosauro del Triassico. Due impronte tridattili accanto alle quali compare ora una scritta a pennarello nero, indelebile: «Tourists go home», turisti tornatevene a casa. Una forma di protesta contro il turismo di massa che invade anche le alte quote, messa in atto nel modo peggiore: danneggiando, forse irreparabilmente, uno dei simboli della storia milionaria di queste montagne, tutelate dall'Unesco: 220 milioni di anni fa qui c'era un mare primordiale, Teti, sulle cui spiagge vagavano colossi come l'Eubrontes, il carnivoro al quale apparterrebbero le due orme tridattili fossili, lunghe 30 centimetri. Sono state scoperte nel 1992 su un masso posizionato verticalmente lungo il sentiero che dal rifugio Auronzo porta al Locatelli, vicino alla chiesetta di Santa Maria Ausiliatrice. Non è l'unico sito di interesse paleontologico delle Dolomiti Bellunesi: sul Pelmo - ma il percorso per arrivarci è impegnativo - furono individuate negli anni '70 da Vittorino Cazzetta, un ricercatore locale, le orme di tre distinte piste di dinosauri del periodo del Triassico. Ad accorgersi dell'oltraggio sul masso lungo il sentiero delle Tre Cime è stato Moreno Pesce, alpinista e atleta paralimpico di origine veneziana. Pesce ha scoperto la scritta durante una camminata di allenamento e ha diffuso un video nel quale sottolinea che «per le Tre Cime è un risveglio non bello». «Il primo che dovrebbe rimanere a casa è l'autore di un simile gesto, se confonde la libertà di pensiero con quella di vivere la montagna sfregiando le cime più belle del mondo. Ci troviamo di fronte a un atto assolutamente censurabile», ha subito commentato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Segnali di insofferenza verso il turismo «mordi e fuggi» in montagna non sono tuttavia nuovi. La scorsa estate alcune scritte di protesta contro l'invasione delle alte quote - raggiungibili ormai comodamente in automobile o in seggiovia - erano comparse sulla cartellonistica e sulle rocce di diversi sentieri dell'Alto Adige. Gli operatori turistici, considerata l'importanza del settore a livello economico, difendono invece la presenza di vacanzieri sul territorio. Quanto alle Tre Cime di Lavaredo, durano da anni le critiche degli amanti della montagna per la strada a pedaggio, che permette a fiumi di turisti di arrivare in macchina fino al parcheggio sotto il rifugio Auronzo. Contro l'antropizzazione delle Dolomiti si è scagliata Mountain Wilderness, che non ha risparmiato rimproveri alla stessa Fondazione Dolomiti Unesco, accusata di non aver rispettato promesse come quelle della chiusura del transito delle auto private sulla strada delle Tre Cime di Lavaredo e della regolamentazione del traffico sui passi.

L’Adige | 6 ottobre 2024

p. 27

«Turismo arabo per destagionalizzare» «L'overtourism non esiste»

Nel suo intervento ad apertura della conferenza sull'accoglienza culturale dei turisti arabi, l'assessore al turismo della Provincia Autonoma di Trento Roberto Failoni ha colto l'occasione per dire la sua in merito al discusso fenomeno dell'overtourism, o ultraturismo: in poche parole, una presenza turistica sempre più esasperata e pressante, che va a minare la vivibilità di un territorio a scapito sia dei residenti che degli ospiti che vorrebbero godere di un'esperienza vacanziera più pacifica e autentica. Se ne parla da anni per quanto riguarda i flussi turistici sulle Dolomiti, per esempio, ma ultimamente viene denunciato sempre più spesso anche nelle nostre cittadine altogardesane. «Non mi sentirete mai parlare di "overtourism" - ha dichiarato Failoni - qui in Trentino abbiamo giusto delle giornate di difficoltà. Tutto quello che viene fatto per il turista viene fatto anche per coloro che abitano i paesi trentini. Dobbiamo essere

realisti rispetto a quello che il turismo lascia: certo, ci crea anche dei problemi, in particolare nella viabilità, ma i risultati positivi avuti in queste ultime stagioni turistiche post pandemia vanno portati avanti. Questo è per noi un momento molto importante, e invito il presidente dell'APT a organizzare momenti di confronto e divulgazione alla cittadinanza di tutti i servizi che abbiamo, per i turisti e per i locali».A latere di queste considerazioni, Failoni ha tenuto anche a rinnovare alla presidente della Comunità del Garda Mariastella Gelmini la volontà della Provincia trentina a lavorare per presentare al mondo un'immagine unita e omogenea del lago di Garda, che vada oltre la suddivisione regionale. M.A. martina avanciniLa tipologia di turista che viene in visita sulle sponde del Garda sta cambiando. Se ne sono accorti gli operatori di settore, che hanno visto le loro strutture e i loro negozi quest'estate come non mai popolarsi delle nazionalità più diverse, a discapito della presenza tradizionale dell'ospite tedesco, e hanno intercettato il cambiamento i vertici di categoria, che si sono prontamente organizzati per studiare il fenomeno e mettere in campo strategie per portarlo a svilupparsi nel migliore dei modi. Con quest'obiettivo, la scelta per il tema del «Grand Tour» di quest'anno (spazio di confronto e discussione nato da Comunità del Garda e Università Cattolica, ormai alla sua terza edizione) è ricaduta sull'approfondimento del fenomeno dei "turismi emergenti": quello americano, quello cinese e, centro della discussione della tappa trentina del tour, che si è svolta nella giornata di ieri presso l'ex Colonia Pavese di Torbole, quello arabo. Relatore dell'incontro è stato il professore di lingua e cultura araba Wael Farouq, preceduto dagli interventi del sindaco di Nago-Torbole, Gianni Morandi, dell'assessore provinciale al turismo Roberto Failoni, del presidente di Garda Dolomiti Silvio Rigatti, del rappresentante della BCC del Garda Graziano Pedercini e dalla presidente della Comunità del Garda, la senatrice ed ex ministra Mariastella Gelmini.«Il nostro è un paese portato naturalmente a favorire il dialogo interculturale e interreligioso - le parole di Gelmini in apertura affrontare le sfide presenti e future del turismo è importante da un punto di vista sia economico che culturale e politico: confrontarci con dei mondi che guardano con interesse al Garda può renderci ancora più consapevoli della nostra potenzialità e della nostra capacità di dialogare con popolazioni diverse».«L'idea di un aumento del turismo arabo crea discussione - ha invece commentato Rigatti - alcuni lo vedono come una minaccia, altri come una possibilità. È facile cadere in errore nell'ospitare alcune popolazioni che provengono da paesi molto diversi dal nostro, è fondamentale una giusta formazione per gli operatori turistici».E alla domanda "come accogliere al meglio il turista arabo?" ha risposto il professor Farouq, che ha sottolineato come una sua versione più corretta sia "come comunicare la particolarità del nostro paese al turista arabo"? «La più grande possibilità che l'Italia e il Garda hanno è far sì che questi nuovi visitatori carpiscano l'identità del territorio e tornino a casa con un racconto. Bisogna puntare sugli elementi culturali propri dell'Italia ma riconoscibili anche dalle persone di cultura araba: penso al caffè, arte del Bel Paese ma di origine africana e di tradizione araba e mediorientale. Alle nostre lingue, così contaminate l'una dall'altra nel vocabolario. Va organizzata una formazione che da un lato aiuti la giusta comprensione della cultura araba, al di là degli stereotipi, e dall'altra formi nella conoscenza e nella divulgazione dell'identità locale».Anche perché, per andare incontro alla sfida che da qualche anno l'APT si è posta di "destagionalizzare" l'afflusso turistico, il mondo arabo può essere una grande risorsa: «Provenendo da un paese molto caldo, chi viene dagli stati arabi non si focalizza sulla ricerca del bel tempo a tutti i costi. Per loro anzi, può essere più affascinante visitare questo paese durante le stagioni più miti, apprezzare il romanticismo di una giornata nuvolosa, che per loro costituisce un elemento di novità e diversità» continua Farouq. Insomma, il terreno è fertile per quello che potrebbe essere uno strategico cambiamento nell'economia turistica gardesana e non solo. Se a questo si vuole puntare, è il momento di lavorare alla valorizzazione della tradizione delle nostre località, per trasmettere un'immagine il più possibile autentica, fedele a sé stessa ma, allo stesso tempo, ospitale ed in grado di dialogare senza pregiudizi con mondi molto diversi.

L’Adige | 6 ottobre 2024

p. 27

Alto Adige | 7 ottobre 2024

p. 13

L'overtourism assedia Bolzano Affitti brevi: in 10 anni più 240%

paolo campostrini

Bolzano. Per dirla con Pierluigi Bersani: avevamo un elefante nel corridoio e non lo abbiamo visto arrivare. L'elefante è il turismo. Per la ragione di non averlo capito, Bolzano ha impostato tutte le sue politiche urbane degli ultimi anni non tenendone conto. Ed ora ne paga il prezzo. Che è salatissimo. Diamo i numeri? Ecco, questi sono appena usciti: in dieci anni i posti letto destinati al turismo in città sono aumentati del 43%. Ma a fronte di una diminuzione dei letti negli hotel (- 5%) sono esplosi quelli dei B&B: addirittura del 240%. Al di là della discussione sul loro destino e possibile freno in termini di occupazione di immobili in precedenza con altra destinazione - ad esempio abitativa - la questione è un'altra. Ad esempio che il picco di presenze turistiche, solitamente a dicembrema ormai in "democratica" distribuzione su livelli quasi sempre inediti anche in altri mesi - si aggira, superandolo abbondantemente sempre più spesso, oltre le 4.200 giornaliere.Nella sola Bolzano - questa cifra è emersa anch'essa di recente nel corso dei convegni "Restart" di Renato Sette - abbiamo adesso 870mila presenze l'anno (un più 50%), con il superamento abbondante, in città, di 5.000 posti letto. L'altro dato, fornito dalla stessa Astat, che fa rizzare i capelli sul piano della convivenza sistematica col fenomeno in espansione, è quella che indica come il 90% dei turisti, percentuale probabilmente in difetto, arriva a Bolzano in auto. Treno e bus adieu, nonostante gli sforzi congiunti Comune-Provincia tra biglietti gratis e sollecitazioni nelle reception degli alberghi. Ecco cosa significa nella pratica l'"overtourism". Con una continua spinta del marketing provinciale tesa ad aumentare ancor più le presenze, attraverso campagne aggressive rivolte soprattutto nell'area tedesca.Chiara Manente, esperta e ricercatrice intorno ai nuovi fenomeni sempre più diffusi del turismo oltre la soglia, parla del nostro, come di una "monocultura". Dicendo: "Avete presente il Prosecco in Veneto? Ecco, tutti i terreni si sono gettati a produrlo col rischio di non avere alternative economiche nel medio periodo". Ingolfando così il mercato. Parlando di indici di occupazione turistica dei luoghi, in Alto Adige c'è il 207 di Corvara a fronte del 2,2 di Bolzano. Ma se si mette a fronte una qualsiasi giornata di punta intorno a Natale, si scopre che il capoluogo arriva quasi al raddoppio. La stessa provincia di Bolzano sarebbe poco sopra il decimo posto, sul piano dell'assalto turistico in Europa - su 1.200 località esaminate - ma si colloca ben al di sopra di Venezia. Che consideravamo la mecca dell'overtourism nazionale. Dunque il combinato disposto di questi elementi, esplosione dei posti letto a Bolzano, afflusso indiscriminato del turisti quasi tutti in auto, marketing insistente, elevate presenze turistiche in provincia pronte a scendere in città (ad esempio con il maltempo), assenza di politiche di contrasto specifichee non mirate solo ai pendolari - ha trasformato Bolzano in una città che, per molti giorni all'anno, non si muove. E non solo sulle strade: anche sui marciapiedi del centro. L' urbanista Francesco Sbetti, che moderava l'ultimo talk di Renato Sette, ha già spiegato il senso di quanto ci sta accadendo: "Nessuna politica che abbia tenuto conto del fenomeno dell'overtourism specificamente indirizzato su Bolzano ha creato una situazione ingestibile. Anche per i prossimi anni". Se non si rimedia. Ora, lo dicono anche i numeri.

Corriere delle Alpi | 9 ottobre 2024

p. 30

Tre Cime, cancellata la scritta anti turisti

Corriere delle Alpi | 21 ottobre 2024

p. 10

Adesso basta Overtourism

Ma vietare non è la soluzione

enrico ferro

Il ponte di Rialto durante il Carnevale di Venezia, le rive di Trieste quando al flusso dei visitatori si somma quello dei turisti delle crociere, le file d'auto intorno al lago di Misurina. Tre immagini plastiche di quanto può essere molesto il turismo, quando diventa iperturismo. C'è una parola inglese che definisce questo fenomeno, è overtourism , condizione che si raggiunge quando si supera la capacità fisica o ecologica di accoglienza di un territorio e quando il turismo di massa rende determinate aree invivibili a livello economico e sociale. È certamente il caso di Venezia, ma anche Trieste in questi ultimi anni si è ritrovata a pagare dazio per la sua

bellezza nota in tutto il mondo. Quanto alla provincia di Belluno, le Dolomiti patrimonio Unesco sono certamente un pull factor per questa dinamica dagli effetti degenerativi.

l'indagine

Quotidiani Nem e Università di Padova hanno condotto questa indagine sulla percezione dell' overtourism , con particolare riferimento ai centri storici ma non solo. Il territorio che si snoda tra le province di Trieste, Gorizia, Pordenone, Udine, Venezia, Treviso, Padova, Belluno, con le sue numerose specificità, è portatore di complessità crescenti. Qualche tratto distintivo comune però è emerso. «Innanzitutto osservo che ha risposto solo gente interessata, persone colpite in qualche modo dal problema», evidenzia Bruno Scarpa, professore ordinario di Statistica dell'Università di Padova. «È importante perché significa che abbiamo raccolto non un campione casuale ma l'opinione delle persone che sono colpite da questo fenomeno». problema in aumento

L'85% dei rispondenti e residenti nelle 8 province analizzate ritiene che il problema sia aumentato negli ultimi anni. La quota più elevata di persone che hanno la sensazione che il problema sia in espansione è a Trieste (91%), quella meno elevata a Treviso (77%). In riferimento alla gravità, c'è una quota del 25% che colloca l' overtourism fra i problemi più gravi, con una forte variabilità tra provincia e provincia: 44% a Venezia e 10% a Gorizia e Pordenone. La conseguenza ritenuta più grave dalla maggior parte degli intervistati (73%) è "il disagio dei residenti", per la quale si registrano quote elevate in tutte le province analizzate. Il massimo a Belluno (82%), il minimo a Udine (68%). Ma il 74% di Venezia non significa che gli abitanti, in qualche modo, sono anestetizzati. «Il dato di Venezia è condizionato dalla provincia e dalla terraferma» precisa il professor Scarpa. «Se l'indagine fosse stata fatta solo in centro storico i dati sarebbero molto diversi». È interessante notare come "l'aumento dell'inquinamento" si collochi al secondo posto solo nella graduatoria delle conseguenze solo in provincia di Belluno. Nelle altre province il secondo posto è occupato o dall'aumento dei prezzi e del costo della vita o dalla diminuzione di alloggi disponibili. le strategie

Per quel che riguarda le strategie ritenute efficaci per limitare l'ammasso di turisti nelle zone di richiamo, la maggior parte degli intervistati pensa sia importante educare i visitatori a preservare e proteggere l'identità delle destinazioni, per esempio evitare di rendere tutti i rifugi raggiungibili in auto.

Percentuali superiori al 50% si osservano anche in relazione a "scoraggiare il turismo dei selfie" e "limitare gli affitti brevi". Le strategie ritenute inefficaci sono "tassare i visitatori" e "limitare e regolare gli accessi".

«Mi colpisce che la maggioranza degli abitanti della provincia di Venezia sia contraria a tassare i turisti», evidenzia l'ordinario del Dipartimento di Statistica, che abita proprio in centro storico a Venezia. «Altro elemento rilevante è che per molti la conseguenza più grave è il disagio dei residenti, con un picco nel Bellunese».

altri suggerimenti

Più di mille intervistati hanno fornito poi dei suggerimenti sulle strategie da adottare per contrastare l' overtourism . In aggiunta a quelli proposti dal questionario sono emerse le seguenti proposte: "favorire la residenzialità e l'attività imprenditoriale in settori diversi", "evitare il turismo mordi e fuggi", "impedire l'attracco delle navi", "educare i giovani al viaggio", "educare gli operatori del turismo" "alzare i prezzi", "informare sull'impatto ambientale del turismo", "aumentare i controlli fiscali", "destagionalizzare le ferie". «La dicotomia emersa è tra il turismo di città e quello di montagna», analizza Scarpa. «I triestini la pensano come i veneziani, mentre a Belluno i parametri sono completamente differenti. Padova, invece, viaggia un po' come Udine».

Corriere delle Alpi | 21 ottobre 2024

p. 11

«Un diverso sistema di ferie aziendali e più bassa stagione»

padova

Tra "il turismo è ricchezza per il Paese e produce Pil" e "sanzioni severe ai turisti che sbracano e molto più presidio del territorio", ci sono molte sfumature di grigio che hanno offerto anche soluzioni interessanti. Ecco quindi alcune delle opinioni più originali, tra quelle offerte dagli intervistati.

«Eliminare il mito del Ferragosto, cambiare l'orario delle a scuola invece di 9 mesi di scuola continuata e 3 mesi di ferie, più ferie a Pasqua, introdurre ferie a fine ottobre e d'estate massimo 8 settimane».

Non semplice, ovviamente, ma è un punto di vista interessante, che viene peraltro ripreso anche da altri. «Il passo più importante è fare cambiare mentalità alle aziende italiane che costringono i lavoratori a prendere ferie in agosto e a dicembre».

Ma c'è anche chi suggerisce «incentivi economici a chi affitta a residenti e a chi mantiene attività commerciali non turistiche».

Inevitabili le specificità geografiche, come un anonimo triestino che propone: «Spostare l'arrivo delle crociere a Monfalcone, così potremo di nuovo passeggiare sulle nostre belle rive».

Inevitabilmente tra le migliaia di soluzioni proposte dai nostri intervistati, buona parte riguarda gli affitti brevi. Sono in molti a suggerire di adottare il modello Barcellona, dove è stato messo in tetto agli affitti brevi.

Un altro triestino: «Limitazione del numero di navi da crociera e soprattutto ormeggio delle stesse lontano dalle rive di Trieste. Assoluto divieto di attracco in Stazione Marittima, al massimo nel Porto Vecchio. La proibizione del posteggio ai privati sulle Rive è un danno economico per i negozianti e un grosso disagio per la popolazione».

C'è anche chi se la prende con i divieti e chiede uno stop al rigore: «No ticket, no tasse, se si ha la fortuna di visitare un posto è follia dover pensare di programmare tutto come se fosse una giornata lavorativa, schedulando ogni orario. Non sarebbe più vacanza, o peggio pensare di dover rinunciare a visitare un sito perché i ticket sono esauriti, ci vuole anche libertà».

Molti battono su questi tasti: «Incentivi alla programmazione turistica. Incentivi al turismo più vicino a casa. Sanzioni ai comportamenti irrispettosi». E c'è pure chi chiede modifiche alla tassa di soggiorno. «Alzarla nei periodi dell'anno più frequentati». Ma anche «disincentivare il turismo organizzato (comprese crociere, pullman tour) rispetto a quello individuale; scoraggiare le gite di istruzione nelle città sovraffollate; eliminare sconti nel prezzo dei trasporti per gruppi e in alta stagione».

Il turismo di massa finisce inevitabilmente nel mirino: «Eliminare le mete più gettonate dai pacchetti vacanze organizzate e limitare l'accesso di mezzi di trasporto in grado di trasportare grandi numeri di persone (sia per dimensioni del mezzo, sia per frequenza di arrivo sia per somma di punti di accesso)». e.fer.

Corriere delle Alpi | 21 ottobre 2024

p. 17

Alto Adige | 24 ottobre 2024

p. 20

Gestione del turismo: delegazione a Venezia

Bolzano

Una delegazione altoatesina guidata dall'assessore Daniel Alfreider ha incontrato a Venezia Simone Venturini, assessore comunale all'economia e al turismo del Comune di Venezia, e i rappresentanti del turismo per discutere di sistemi innovativi di orientamento dei visitatori. Venezia ha introdotto per la prima volta nel 2024 un biglietto d'ingresso per i visitatori giornalieri in giorni selezionati, al fine di regolare il numero di turisti. Venturini ha sottolineato che Venezia ha introdotto soluzioni come la tassa d'ingresso e la regolamentazione degli affitti a breve termine non solo per l'eccessiva presenza di turisti, ma anche per proteggere le persone che vivono in città. La delegazione altoatesina, che comprendeva anche il sindaco di Braies, Friedrich Mittermair, si è concentrata soprattutto sullo scambio di informazioni sulle misure di successo. Mittermair ha raccontato le esperienze positive del sistema di gestione digitale dei visitatori recentemente introdotto sul lago di Braies.

FLORA DI VETTA: LA RICERCA

Il T | 13 ottobre 2024

p. 14

LEGGIMONTAGNA: IL PREMIO SPECIALE DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE

Messaggero Veneto | 29 ottobre 2024

p. 38, edizione Udine

"Leggimontagna": premio per la saggistica ad Andrea Di Michele

Si è chiusa la 22esima edizione di Leggimontagna. Dopo l'appuntamento con l'alpinismo di punta, che ha visto quest'anno ospite Anna Torretta, si è svolta la premiazione del concorso letterario promosso dall'Asca, l'associazione delle sezioni Cai di Carnia, Canal del Ferro e Val Canale. Tra i titoli vincitori grande attenzione ad ambiente e territorio declinata nei diversi registri di narrazione. Primo premio nella categoria saggistica a "Terra italiana. Possedere il suolo per assicurare i confini 1915-1954" di Andrea Di Michele (Laterza). Se è un fatto incontrovertibile che la montagna sia spesso stata sfruttata perseguendo scopi che non hanno alcuna attinenza con il benessere delle terre alte e dei suoi abitanti, questo libro, secondo la giuria, presenta una realtà sfuggita all'attenzione dei più, ovvero il tentativo di possedere il suolo con vere e proprie sostituzioni etniche per assicurare la stabilità dei nuovi confini appena conquistati.

Secondo premio della categoria a "Bioavversità" di Giannandrea Mencini (Kellermann Editore), terzo a "Sottocorteccia" di Pietro Lacasella e Luigi Torreggiani (People), menzione speciale per "La Valle d'Incaroio. Paularo, Carnia" di Egidio Screm (Gaspari Editore). A "Neve. Compendio di nivologia" di Renato Cresta (Mulatero Editore) è stato invece assegnato il primo premio nella categoria guide. Al secondo posto è risultato "Oltre il sentiero" di Omar Gubeila, Ilario Morettin, Stefano Piussi e Daniele Puntel (CO. EL. Editrice), al terzo "Dolomiti di Brenta vol. 5" di Francesco Cappellari (Idea Montagna), menzione speciale a "Dolomiti. 53 itinerari raccontati" di Heinz Grill e Florian Kluckner (Versante Sud).

A ricevere il primo premio nella categoria narrativa è stato "Adam the Climber" (Versante Sud), la biografia ufficiale di Adam Ondra, uno dei più grandi arrampicatori di tutti i tempi, scritta a quattro mani da Ondra e dalla guida alpina Pietro Dal Pra. Secondo premio della narrativa a "L'età fragile" di Donatella Di Pietrantonio (Einaudi), terzo a "La montagna delle illusioni" di Paolo Paci (Piemme Mondadori Libri).

Premio speciale Dolomiti Unesco a "Vajont. La prima sentenza" a cura di Maurizio Reberschak, Enrico Bacchetti e Silvia Miscellaneo (Cierre Edizioni), che permette ai lettori di conoscere la sentenza del giudice istruttore Mario Fabbri scritta nel 1968. Attribuito anche il riconoscimento di Amico alpinista 2024 a Giacomo Giordani, clautano, fin da giovane attivo nel Cai e nel Soccorso alpino.

Corriere delle Alpi | 30 ottobre 2024

p. 27

Gazzettino | 30 ottobre 2024

p. 5, edizione Belluno

COLLEGAMENTO MONTE PANA - SALTRIA

Alto Adige | 16 ottobre 2024

p. 30

Monte Pana-Saltria, il voto in piazza con il QR code

STEFANO ZANOTTI

Ortisei

Installato presso l'edificio del Circolo artistico a ridosso di piazza Sant'Antonio di Ortisei, uno schermo sul quale viene proiettato un video con interviste su un tema tra i più attuali e discussi in zona, il collegamento tra la zona Saltria dell'Alpe di Siusi e quella del Monte Pana sopra Santa Cristina in Val Gardena. L'obiettivo è quello di generare una discussione sana e costruttiva su una questione che

resta delicata e coversa. La particolarità è che al sondaggio, a cui si può partecipare fino al 22 ottobre, si può votare inquadrando semplicemente il QR Code che garantisce l'anonimato.Al vaglio almeno tre diverse opzioni. Negli ultimi vent'anni si è lavorato a lungo al collegamento tra Saltria e Monte Pana, con un dibattito ancora aperto sulla soluzione da adottare. Si stanno considerando diverse opzioni per una funivia (bifune o trifune), ma sul piatto c'è anche l'ipotesi cremagliera. Questi nuovi collegamenti dovrebbero sostituire il servizio di autobus attuale tra Saltria e Monte Pana. Ci sono aspetti positivi legati a questi progetti, ma spesso si tratta di benefici che interessano solo gruppi specifici e non l'intera popolazione. Sebbene la funivia venga presentata come l'opzione più ecologica, la necessità di costruire strade per accedere alle stazioni e di realizzare infrastrutture per la manutenzione, come le strade di emergenza, solleva interrogativi sulla reale sostenibilità. Anche se le strade esistenti, si cui circolano bus datati, non sono ideali, la situazione complessiva rende difficile una valutazione chiara di queste modifiche. Inoltre, una migliore connessione con il Sellaronda potrebbe compromettere le aree sciistiche più piccole come Monte Pana e Alpe di Siusi, che sono particolarmente adatte ai bambini. La prevista tratta di 4 km comporterebbe anche notevoli interventi su natura e pasaggio e ciò è motivo di preoccupazione tra i residenti.Una vetrina come luogo di dibattito. In questo contesto può rivelarsi utile una "vetrina neutrale", che mira ad informare la popolazione sui progetti in programma e promuovere un dibattito. Questa iniziativa, realizzata in collaborazione con Martin Demetz, mira a garantire che le persone del luogo comprendano cosa viene pianificato e quali impatti potrebbero derivarne. Attraverso un codice QR, i cittadini possono esprimere il loro voto a favore o contro il progetto, e i risultati vengono mostrati dal vivo su uno schermo. È fondamentale che le persone della zona siano coinvolte nella discussione e che le loro voci vengano ascoltate. È importante trovare un equilibrio tra lo sviluppo delle infrastrutture e la protezione della natura, tenendo conto delle esigenze della comunità.Gli ideatori.«L'idea - spiega Demetz - è trovare un modo diverso per informare su vantaggi e svantaggi attraverso argomentazioni valide». «Lo ritengo - conclude Damian Piazza - un modo innovativo che permette a chiunque di farsi un'idea del progetto, ma anche di esprimere un'opinione».

OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI

Alto Adige | 20 ottobre 2024

p. 20

Olimpiadi 2026, online il portale con le opere

Bolzano

È stata lanciata online sul sito web di Società infrastrutture Milano Cortina 2026 «Open Milano Cortina 2026», piattaforma trasparente sulle opere olimpiche. La piattaforma digitale, sottolinea una nota, prevede l'aggiornamento costante e dinamico del piano delle cento opere olimpiche con l'obiettivo di assicurare a tutti i portatori di interesse la possibilità di accedere alle principali informazioni di ciascun intervento. I dati saranno scaricabili in formato aperto, aggiornati ogni 45 giorni e verranno integrati con i principali dati ambientali. Per ciascun progetto sono consultabili step procedurali e milestone, nomi degli appaltatori e dei subappaltatori. Sulle opere piovono in tutte le province interessate le proteste degli ambientalisti. «La piattaforma Open Milano Cortina 2026 rappresenta un progetto unico nel suo genere, tra i primi al mondo nell'ambito degli appalti pubblici, capace di rafforzare le capacità istituzionali proprio in materia di appalti e di investimenti pubblici», rivendica la presidente di Simico, Veronica Vecchi.

NOTIZIE DAI BIVACCHI E DAI RIFUGI

Corriere delle Alpi | 4 ottobre 2024

p. 28

Bivacchi, nuova frontiera per gli appassionati dei selfie

di Claudio Pra

C'erano una volta i bivacchi utilizzati come strutture di emergenza in caso di bisogno o come punti d'appoggio per chi si trovava in quota per attività legate alla montagna (traversate, arrampicate), strutture dove di tanto in tanto anche qualche semplice appassionato si fermava per passare la notte dopo un'escursione. Erano i tempi lontani dall'overtourism e dell'alta quota cercata esclusivamente da chi l'amava sul serio, gente rispettosa ed esperta dell'ambiente in cui si muoveva. Oggi tutto è cambiato e l'uso moderno e distorto che si fa dei bivacchi è spesso al centro di discussioni. Riassumendo l'attuale situazione potremmo dire che si è affermata una moda, alimentata in special modo dai social, che spinge al pernotto nei ricoveri, un'experience (come la si chiama oggi) tutta da vivere. Spesso non è più una vetta la meta, ma proprio il bivacco, da dove postare un selfie trendy vantandosi di aver pernottato e magari fatto festa in compagnia.

Non vale ovviamente per tutti, ma questi probabilmente sono i veri motivi che spingono tanta, troppa gente fin lì. Niente di male dirà qualcuno, se non fosse che i bivacchi sarebbero concepiti come strutture di emergenza o punti di appoggio. Questo cambio di destinazione, perché è di questo che si tratta, con processioni impressionanti in cammino verso i vari ricoveri (al Margherita Bedin, provvisto di 9 posti letto, incontrate 50 persone che intendevano passarvi la notte), stravolge il motivo per cui sono nati.

Ci sono veri e propri usufruitori seriali di bivacchi, che si fermano anche più giorni, impedendo a chi ne ha veramente bisogno di programmare l'uso della struttura. La regola, ma solo di buonsenso, reciterebbe che questi ultimi avrebbero la precedenza sugli altri, che dovrebbero cedere il posto. Ma figurarsi se viene rispettata da gente che probabilmente non sa neanche che esista un tale regola o che la rifiuta. E qui ci si collega al discorso della modificata frequentazione della montagna negli ultimi anni, con l'arrivo in quota di tante persone assolutamente digiune di una minima cultura montana, spesso impreparate, che se il gps non gli funziona sono persi perché nemmeno sanno cos'è una cartina.

Quelli che le immondizie lasciate sul posto passerà qualche volontario per portarle a valle, che non si prendono la briga di informarsi su un mondo fragile di cui sanno poco o nulla e che per loro va solo sfruttato seguendo una moda. Le loro uniche fonti sono Youtube, Facebook o Instagram.

Questi nuovi "appassionati" si impadroniscono dei bivacchi come se la cosa fosse normale, dando vita a una forma di nuovo turismo montano. Vagli a spiegare che non è quello l'uso che se ne dovrebbe fare. Ti danno dell'antiquato (boomer secondo il loro linguaggio), che non si adegua alle moderne esigenze.

Dicevo all'inizio che di questa problematica si parla da qualche anno, ma al di là di tanti sfoghi e belle parole non si vede soluzione. Ormai diamo per scontato che debba andare così? Non c'è proprio nulla che si possa fare? Diamo per assodato che i bivacchi si trasformino in dormitori per turisti in cerca di emozioni? Il Cai, proprietario delle strutture e a cui sono associato, come la pensa in proposito? Vale ancora la pena installare o rimodernare bivacchi in luoghi relativamente facili da raggiungere sapendo l'uso che se ne farà o è meglio concentrarsi esclusivamente su quelli che sorgono in luoghi isolati e lontani che ne giustificano la presenza? Il recente posizionamento di un bivacco sul Pelmo, in questo contesto, fa riflettere.

Corriere del Trentino | 24 ottobre 2024

p. 2

Silva: sensibilizzare i clienti su risparmio e sicurezza «Il rischio zero non esiste»

M. P. TRENTO

In alta quota non esistono tre cose: fonti eterne, l’assenza totale di rischio, e i gelati confezionati. Le ha citate Roberta Silva (nel tondo ), alla guida del rifugio Roda de Vael e presidente dell’Associazione rifugi del Trentino, come esempi di concetti da illustrare a chi viene in vacanza nelle nostre valli. Il problema dell’approvvigionamento idrico, così come gli imprevisti legati alla sicurezza degli ospiti, si risolve con una maggiore sensibilizzazione non solo sulla gestione delle risorse, ma anche sulle aspettative e sui modi corretti di vivere la montagna. «Il problema deriva dal maggiore consumo, che avviene perché c’è più frequentazione. Dove prima passavano 100 persone oggi ne passano 150 spiega Silva . L’anno scorso siamo riusciti ad avere ulteriori contributi dalla Provincia per i rifugi che volevano realizzare lavori per l’approvvigionamento idrico, come la realizzazione di nuove vasche e di nuove captazioni. Ci sono stati parecchi problemi, alcuni rifugi hanno avuto addirittura chiedere l’intervento dell’elicottero per rifornirsi di acqua».

Come spiega Silva, a seconda della posizione, le case alte possono rifornirsi dagli acquedotti comunali, o dalla vicinanza con sorgenti o ghiacciai. Proprio questi ultimi si stanno ritraendo a causa degli effetti del cambiamento climatico. Le ultime rilevazioni fatte dall’Ufficio previsioni e pianificazione della Provincia autonoma di Trento assieme alla Commissione glaciologica della Sat e al Muse, nel corso del periodo estivo-autunnale hanno evidenziato perdite di spessore dei ghiacciai Careser e Adamello-Mandrone. Il primo, rispetto all’anno 2023, si è ristretto di spessore tra i 70 e i 330 centimetri, con una perdita media di 190 centimetri.

Sull’Adamello-Mandrone la neve dello scorso inverno è rimasta invariata soltanto alle quote più elevate, ossia su buona parte del Pian di Neve e del Dosson di Genova, registrando comunque perdite.

«I rifugi non possono chiudere se manca l’acqua, significa togliere un servizio pubblico delle terre alte, di regola aperto fino al 20 settembre spiega Silva . La situazione idrica viene continuamente monitorata per l’approvvigionamento, perché ci sono stati vari anni di fila in cui l’acqua è calata. Alcuni rifugi hanno creato dei sistemi di per trattenere i liquidi dalle piogge, come grondaie e cisterne». Ma la chiave per il futuro sarà la sensibilizzazione di una clientela esigente. Non solo sul risparmio, ma anche sulla sicurezza. «Dobbiamo riuscire a sensibilizzare i nostri ospiti su un consumo consapevole: non si deve fare più di una doccia al giorno, e per non più di 10 minuti. Se si potesse anche evitare, per una volta, sarebbe molto importante spiega Silva . Dobbiamo far capire che ci sono differenze tra i servizi che ogni rifugio può offrire. Ogni tanto mi viene chiesto il gelato confezionato. Nel mio rifugio non c’è così tanta corrente elettrica per i surgelati». «Assieme al Soccorso Alpino e a Trentino Marketing abbiamo un tavolo tecnico per sensibilizzare sulla sicurezza spiega Silva . Negli ultimi anni vengono nelle nostre montagne sempre più persone con meno esperienza, a volte anche sprovvisti di giacca. Serve far capire a tutti che è importante organizzare escursioni a seconda delle proprie capacità e munirsi dell’attrezzatura adeguata. Il rischio zero in montagna non esiste».

Gazzettino | 8 ottobre 2024

p. 2, edizione Belluno

L’Adige | 29 ottobre 2024

p. 16

Rifugi, un fondo dedicato per le aperture invernali

paolo fisichella

Migliorare l'equilibrio e la rappresentanza tra rifugi alpini ed escursionistici, creare un gruppo di lavoro giovani, accedere a fondi dedicati per incentivare e sostenere le aperture invernali. Questi alcuni punti del programma per il nuovo triennio da parte del direttivo dell'associazione Gestori Rifugi del Trentino, rieletto in toto (con poche variazioni) ieri a Palazzo Stella in casa Asat. Al vertice dell'associazione ancora Roberta Silva da 20 anni gestrice del rifugio Roda de Vael nel cuore delle Dolomiti. «Con il nostro ultimo mandato - ha ricordato la rinnovata presidente - abbiamo ottenuto dei significativi traguardi come il progetto "Prudenza in montagna", l'introduzione della figura del "rifugista soccorritore" o l'approvazione dei criteri volti a facilitare la realizzazione di opere infrastrutturali permanenti per l'approvvigionamento idrico nei rifugi». Ora però lo sguardo fermo sui prossimi tre anni: «Per questo mandato - ha spiegato ancora Silva - abbiamo degli obiettivi chiari: dal migliorare la rappresentanza tra rifugi alpini ed escursionistici (garantita anche da nuovi volti nel direttivo come quello di Lorenz Walter del rifugio escursionistico Rifugio Cima Undici nella Marmolada ndr), al garantire una continuità generazionale all'interno delle strutture con la creazione di un gruppo di Lavoro Giovani Rifugisti». Tra gli altri progetti, inoltre, quello di garantire il sostegno finanziario ai rifugi che rimangono aperti anche d'inverno ma anche quello di realizzare un video capace di illustrare le attività, le sfide e la bellezza del lavoro in quota, al fine di attrarre nuovi lavoratori e collaboratori, sempre più rari. Non per ultimo tra gli obiettivi anche quello di risolvere alcune criticità di alcune piazzole di elisoccorso, da ripensare attraverso

degli interventi mirati che garantiscano la piena sicurezza delle eventuali operazioni di primo intervento. Decisiva anche per queste nuove progettualità l'appoggio della politica, confermato dall'assessore provinciale all'artigianato, commercio e turismo Roberto Failoni: «Anche per quest'anno - ha ricordato l'assessore rivolgendosi ai vertici associativi - abbiamo finanziato tutte le opere che avete chiesto, a dimostrazione della massima attenzione riservata dalla Provincia. Se la montagna funziona è perché ci siete voi. Abbiamo nuove sfide che ci attendono nei prossimi anni, tra cui quella di attrarre mercati europei ed extraeuropei per colmare quei mesi magri del turismo italiano. C'è insomma un mercato che si può soddisfare, ma dobbiamo presentarci con i servizi migliori evitando inutili polemiche». A confermare il solido rapporto con la presidenza anche Trentino Marketing: «Si tratta di una collaborazione non solo di parole ma di attività - ha detto l'amministratore delegato Maurizio Rossini -. Nel tempo abbiamo dovuto adattare anche i toni e i contenuti della comunicazione e lo abbiamo fatto, anche grazie alla vostra associazione, in due direzioni: verso gli ospiti ma anche verso la nostra comunità che, molto più cittadina di un tempo, deve rifrequentare e comprendere le terre alte». Non è mancata ovviamente anche la marcatura di alcune criticità in sala durante la discussione assembleare, tra le quali il timore per la "morte" ormai annunciata degli alpeggi, le conseguenze sempre più dure del cambiamento climatico, la difficoltà di un ricambio generazionale e infine (a scaldare particolarmente gli animi in sala) la necessità di ripensare al turismo invernale al di là del mondo sciistico, rimettendo mano alle normative vigenti. Tutti problemi che, come ricordato da Silva, saranno all'attenzione del neo-rieletto direttivo. Oltre alla presidente riconfermati Raffaele Alimonta, Jacopo Bernard, Francesca Dabartol e Daniele Rosi. Nuovo ingresso per il già citato Lorenz Walter e per Alberto Bighellini, giovane gestore del Rifugio Stivo.

Corriere del Trentino | 29 ottobre 2024

p. 5

Giovani, acqua e prudenza Il nuovo Consiglio dei rifugi: «Più servizi meno polemiche»

Silva: «Impegnati per una gestione sicura e sostenibile»

Mario Parolari TRENTO

Per scongiurare le scalate in infradito e gli ordini di spritz a 3000 metri servono formazione, comunicazione e servizi di qualità. Alla chiamata dell’assessore al turismo Roberto Failoni, hanno risposto i voti dell’assemblea annuale dell’Associazione rifugi del Trentino, che ieri ha rinnovato il suo Consiglio direttivo. Due volti nuovi e proposte concrete per affrontare i prossimi tre anni in alta quota. Nominati per acclamazione i sette membri che dirigeranno l’associazione delle case alte trentine. Una conferma del gruppo uscente, ma anche un’approvazione delle nuove proposte dei consiglieri, candidati in blocco e poi rieletti. «Nei prossimi tre anni vogliamo aiutare i rifugisti a tenere aperto anche d’inverno spiega il consigliere Jacopo Bernard, gestore del rifugio Ciampedie . Il turismo guarda ai rifugi extra sci, per vivere la montagna a 360 gradi. Abbiamo difficoltà maggiori, vogliamo trovare soluzioni e aiuti anche da fondi provinciali». Un’altra questione urgente è l’attrattività dell’ambiente alpino per le nuove generazioni, che il Consiglio affronterà con una campagna di comunicazione. «Creeremo un “Gruppo di lavoro giovani rifugisiti” dove gli under 35 porteranno idee fresche spiega la consigliera Francesca Debertol, che gestisce il rifugio Contrin . Gli alpeggi e i rifugi stanno morendo, i giovani non sono amanti della natura. Serve continuità generazionale». Con loro, sono stati rieletti Raffaele Alimonta, dell’omonimo rifugio e Daniele Rosi, che gestisce il Passo Principe.

A portare un’aria diversa saranno anche i neoeletti: Alberto Bighellini, rifugista «invernale» dello Stevio, e Walter Lorenz, del rifugio Cima Undici sulla Marmolada, e quindi escursionista. «Dobbiamo garantire un’adeguata rappresentanza ai rifugi alpini e escursionistici spiega Roberta Silva, presidente uscente rieletta consigliera . Negli ultimi tre anni abbiamo collaborato con l’Azienda provinciale per i servizi sanitari per potabilizzare l’acqua nei rifugi e il progetto “Prudenza in montagna”con il Soccorso Alpino e Trentino Marketing. Siamo impegnati per una gestione dei rifugi più sicura e sostenibile». «L’acqua, la prudenza in montagna e la sostenibilità sono obbiettivi comuni ha detto il presidente di Sat Cristian Ferrari . Anche verso i turisti serve comunicazione: la maggioranza degli infortuni in montagna quest’anno era di non trentini». Il nuovo presidente e direttivo dell’Associazione saranno nominati nella prossima riunione. «Per raccontare il Trentino dobbiamo partire da chi lo vive tutti i giorni ha detto Maurizio Rossini, ad di Trentino Marketing . Non dobbiamo essere però critici verso i nostri nuovi ospiti da fuori (anche quando si presentano in infradito). Usiamo la comunicazione per aiutarli a interpretare nel modo giusto i diversi contesti prima che partano in montagna». «Basta polemiche come le infradito in quota spiega Failoni . I rifugisti hanno una responsabilità sul territorio, i risultati sono ottimi. Siamo positivi e lavoriamo insieme su formazione e servizi migliori, anche se vi ordinano lo spritz».

NOTIZIE DAI CLUB ALPINI

L’Adige | 24 ottobre 2024

p. 32

L’Adige | 24 ottobre 2024

p. 32

Quasi 65mila pernottamenti nei 35 rifugi trentini della Sat

Nonostante il maltempo di giugno e il meteo incerto di luglio, la Sat e i rifugisti possono dirsi soddisfatti: le presenze nelle 35 strutture di montagna sotto la gestione della società - bisogna tuttavia sottolineare che per il rifugio Pedrotti-Tosa sono stati considerati pernottamenti come l'anno 2023 per via di lavori attualmente in corso e dunque per non incidere negativamente e "falsare" le statistiche, mentre il rifugio Tonini non è stato considerato - hanno segnato tra gennaio e settembre di quest'anno un incoraggiante +13,3% rispetto addirittura al 2019, dunque il periodo pre-Covid, con un totale di pernottamenti pari a 64.934 contro i 57.325 di cinque anni fa. E si registra anche un'inversione di tendenza: se infatti nel 2019 i pernottamenti presso i rifugi classificati come A e B (cioè rispettivamente quelli raggiungibili semplicemente con l'auto o con un impianto di risalita) sono stati 1.172, nel 2024 si sono fermati a 924 con un calo del 21, 2%. Di contro, i pernottamenti nei rifugi C (12 in tutto e con un dislivello inferiore agli 800 metri) sono aumentati del 12, 9% e cioè da 20. 945 a 23. 655, quelli nei rifugi D (18 in tutto con dislivello compreso tra 800 e 1. 400 metri) sono saliti del 14, 6% da 33. 919 a 38. 888 ed infine in quelli nei rifugi E (con dislivello superiore ai 1. 400 metri) si è passati da 1. 289 pernottamenti a 1. 467, con un aumento percentuale di 13, 8 punti. Nello specifico delle mensilità, la stagione in montagna è partita in giugno con circa cinquemila presenze, poche visto il maltempo del periodo. In luglio la situazione è andata migliorando con pernottamenti definiti "globalmente sopra la media" e attorno ai 22 mila ospiti. Agosto ha rappresentato il culmine, con 25 mila presenze, mentre in settembre si è tornati a circa metà, ovvero 12 mila. Numeri comunque molto positivi perché indicano anche un allungamento della stagione, che potrebbe favorire le attività dei rifugisti. Confrontando 2023 e 2024 nei mesi estivi, i dati sono incoraggianti anche se presentano degli alti e bassi. Nei rifugi di tipo A e B nel 2023 si contavano in giugno lo 0, 8% dei pernottamenti, arrivati all'1,9% nel 2024, mentre si è registrato un -0, 5% in luglio ed un -0,7% in agosto, salvo poi passare dallo 0, 4% all'1% nel mese di settembre. Decisamente più impattante però l'apporto, in termini di pernottamenti, dei rifugi C e D, che da soli coprono 30 delle 35 strutture. In quelli C si sono registrati il 49% dei pernottamenti nel giugno 2024 contro il 42, 5% del 2023, mentre a trainare i mesi centrali dell'estate sono stati quelli D: in luglio si è passati dal 57, 5% di pernottamenti del 2023 contro il 59, 5% di quest'anno, mentre in agosto dal 59, 6% al 62, 6%. Insomma, con il passare delle settimane sono aumentati gli spostamenti verso i rifugi di alta quota, una frequentazione che ha visto grande presenza dei soci di Sat a dimostrazione di come siano effettivamente loro i primi ad interessarsi alla montagna. Leggera flessione, infine, per quanto riguarda le presenze di giovani sotto i 24 anni.

L’Adige | 24 ottobre 2024

p. 32

Alto Adige | 26 ottobre 2024

p. 23

Zanella: «In montagna siamo ospiti»

Il convegno annuale del Cai Alto Adige

Bolzano

Anche quest'anno il Cai Alto Adige, come negli anni passati, organizza alla sala Conference Hall Salewa di Bolzano Sud un convegno sulla montagna; il tema scelto per quest'anno è «In montagna siamo ospiti». Con questo tema il Cai Alto Adige vuole porre l'attenzione sul problema che da alcuni anni ogni estate si ripresenta. Lo spiega il presidente Carlo Alberto Zanella: «Il super affollamento di persone, di gente che con la montagna non ha niente da condividere, vestono in maniera inadeguata, non hanno nessuna conoscenza del pericolo a cui vanno incontro percorrendo quel sentiero, cattive abitudini comportamentali da stadio o peggio, pretese nei rifugi del tipo ristorante di città o pretendere di fare la doccia al ritorno dall'escursione, per non parlare degli interventi dell'elicottero del Soccorso Alpino. Questi e tanti altri i problemi che il super affollamento della montagna ci ha portato».Nel convegno con esperti relatori si parlerà dunque del tema «In montagna siamo ospiti», con particolare riguardo, così ancora Zanella a questi concetti: «Impara a comportarti come fossi ospite in casa di un tuo amico, in montagna vivono persone che con il loro duro lavoro traggono sostentamento per loro e per i loro famigliari, hanno costruito un ambiente che vorrebbero tramandare ai loro figli, un paesaggio del quale anche noi cittadini possiamo godere, con le sue bellezze, senza distruggere tutto». Appuntamento oggi, sabato 26 ottobre, dalle ore 9 alle ore 13. Ingresso libero.

NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE GUIDE ALPINE E AMM

Corriere delle Alpi | 7 ottobre 2024

p. 14

Guide alpine, torna l'allarme abusivi «Improvvisati: si rischia l'incidente»

Francesco Dal Mas / Belluno Destagionalizzano anche le guide alpine. La stagione delle arrampicate e delle ferrate infatti non è finita. Anche se la neve la sta ipotecando. Continua, infatti, la domanda di accompagnamenti da parte dei turisti italiani, ma soprattutto stranieri, sui percorsi delle quote più alte. «Ma attenzione» raccomanda Enrico Geremia, presidente del Collegio regionale delle Guide Alpine, «ci vuole un doppio di prudenza. E soprattutto bisogna stare in guardia dagli accompagnatori abusivi: non garantiscono in professionalità». Le guide alpine in Veneto sono 125, poi ci sono 14 aspiranti e 61 accompagnatori di media montagna: in totale 200 patentati, di cui circa la metà in provincia di Belluno. in diretta

Rintracciamo Andrea Piccoliori, presidente delle Guide Alpine di Cortina, su Punta Fiames, a 2.240 metri. Sta accompagnando dei clienti lungo la Ferrata Michielli Strobel. Ci risponde a salita conclusa: «Quassù c'è una bellissima neve, 40 centimetri circa. Il panorama non potrebbe essere più bello di così. È immaginabile che riprendano le escursioni, per godere di questo spettacolo. Ma è necessaria la massima prudenza. Anzitutto sono indispensabili i ramponi. Non sono sufficienti i ramponcini. E poi è necessario un abbigliamento e calzature appropriati. In particolare occorre prestare la massima attenzione al ghiaccio: questa neve va a sciogliersi e le temperature che scendo di notte la trasformano in ghiaccio». Meglio, insomma, fa capire Piccoliori, affidarsi a una guida alpina patentata, non improvvisata. Non solo, è da tener presente che la gran parte dei rifugi sono chiusi, quinti in quota non ci sono presìdi. Ieri ha fermato l'attività il Biella, fino a fine mese continueranno il Palmieri e il Città di Fiume, l'Auronzo concluderà domenica prossima.

«A Cortina e dintorni abbiamo ancora parecchi stranieri, che sono innamorati delle ferrate, oltre che del foliage. Considerato l'innevamento, prima di ogni uscita è saggio chiedere informazioni. Magari con una telefonata alla sede delle guide». Gli appassionati di arrampicata possono comunque salire sul sicuro anche scegliendo itinerari meno esposti. È il consiglio del "padovano" Geremia: «Anche l'autunno è una stagione che si presta per l'arrampicata. Le opportunità non mancano anche sulle Prealpi, sulle Piccole Dolomiti, persino sui Colli Euganei. La domanda è crescente, perché la voglia di montagna, soprattutto dopo le chiusure del Covid, è molto forte».

allarme abusivi

Ma proprio per questo il coordinatore delle guide alpine del Veneto consiglia di affidarsi all'esperienza dei «veri professionisti». Ritorna, insomma, il tema degli abusivi che tanta polemica aveva suscitato l'autunno scorso: «Ci sono associazioni di accompagnatori che si qualificano come sportive ma che non hanno i titoli professionali per specifiche attività, quali l'arrampicata o l'assistenza sulle ferrate, lungo i percorsi attrezzati» spiega Geremia, «Si improvvisano organizzatori di gite, escursioni, uscite in quota senza essere professionalmente preparate per l'assistenza. Approfittano del fatto che mancano i controlli di verifica. Ma la verità è che continuano a rubare il lavoro a chi si è professionalizzato, si è specializzato». Il Cai, con il presidente Antonio Montani, già la primavera scorsa ha provato a mettere d'accordo le varie componenti sulla base della proposta di disegno di legge 194, a firma del senatore Borghi. Ddl che ha l'obiettivo di modificare le disposizioni della legge del 1989, relative al comparto delle professioni di montagna. Si punta a «istituire elenchi speciali e per la formazione dei professionisti».

NOTIZIE DALLE AREE PROTETTE

L’Adige | 12 ottobre 2024

p. 34

“Mitigare l’impatto del turismo”

STREMBO

«Compensare l'impatto delle attività umane e valorizzare le risorse ambientali nell'area protetta».È l'obiettivo del Parco naturale Adamello Brenta, anzi, del Comitato di gestione che si è riunito nei giorni scorsi per varare fra l'altro il Piano di incentivi finanziari 2024. Ammessi pure interventi di rifacimento o realizzazione di nuove teleferiche a servizio delle malghe attive. A scansare gli equivoci e qualche possibile attacco ambientalista, il Parco precisa che «si tratta di malghe che non possono essere servite da una nuova viabilità di accesso, ma che hanno bisogno di vivere». E con esse la montagna. «La decisione - difendono la scelta il presidente del Parco

Walter Ferrazza e il direttore Matteo Viviani - viene incontro alle richieste delle Amministrazioni locali, condividendo l'obiettivo di sostenere l'attività delle malghe, contrastando quindi il loro abbandono, attraverso una mobilità alternativa, per garantire i collegamenti con il fondovalle, minimizzando al tempo stesso l'impatto ambientale».Le domande di incentivo dovranno essere presentate dal 4 novembre al 4 dicembre prossimi, utilizzando il modello di domanda allegata al bando, ed esclusivamente mediante presentazione diretta alla segreteria dell'Ente Parco, a Strembo, o via mail all'indirizzo info@pec.pnab.it.Via libera anche al Piano di azione della Riserva speciale Valagola (in foto il lago) -Val Brenta ed al Piano integrato per la viabilità forestale sui versanti anauni del Parco.Valagola-Val Brenta. La questione è aperta da parecchi anni e si lega alla realizzazione della pista da sci Plaza, che andrà a completare il collegamento impiantistico Pinzolo-Campiglio. La Plaza aveva già superato la Valutazione di impatto ambientale. Ma le proprietà (Asuc di Stenico, Comunità delle Regole Spinale-Manez e Comune di Pinzolo) dovevano impegnarsi nella gestione della Riserva conformemente ad un protocollo d'intesa siglato fra Provincia e Parco. Solo recentemente l'accordo è stato raggiunto e tutte e tre le Amministrazioni interessate, superando alcune resistenze emerse in passato, hanno sottoscritto il Piano d'azione.«In generale - spiegano al Parco - le misure contenute hanno come obiettivo la mitigazione dell'impatto del turismo. L'impegno principale riguarda la gestione del traffico, sia d'inverno che d'estate, puntando alla mobilità sostenibile ed escludendo la realizzazione di nuovi parcheggi».Altre importanti misure di compensazione interessano le strutture ricettive, la gestione selvicolturale (è prevista la possibilità di sospendere alcune attività per favorire la ricerca scientifica a fronte di un incentivo compensativo del Parco) e le attività sportive.Infine il Comitato di gestione ha adottato la variante 2022 al Piano integrato per la viabilità forestale per i versanti anauni del Parco, comprensiva dello studio per la valutazione di incidenza ambientale.Ironizzando, ci permettiamo un elogio della lentezza. Una prima versione era stata adottata nel 2007 e una variante nel 2012. Nel 2022 il Parco ha deciso di avviare il percorso per una nuova variante, raccogliendo le esigenze delle Amministrazioni, che sono state valutate a livello ambientale e tecnico da un team di lavoro coordinato dall'Università di Padova. Alcune richieste sono state accolte, altre respinte perché troppo impattanti. La prima adozione è arrivata nel 2023. Quella attuale, a valle delle osservazioni prodotte dalle Amministrazioni, è l'adozione definitiva. Ora il tappo sulla bottiglia lo metterà la Giunta provinciale.

Gazzettino | 24 ottobre 2024

p. 5, segue dalla prima, edizione Belluno

BELLUNO

Sonia Anelli è la nuova direttrice del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Dopo alcuni anni di "sede vacante" è arrivata mercoledì la nomina ufficiale da parte degli organi di Governo che va così a riempire il tassello dell'organigramma del Parco rimasto vuoto dopo il periodo di gestione affidato ad Antonio Andrich.

LUNGO CURRICULUM

Alla direzione dell'unico Parco Nazionale del Triveneto (sono quattro quelli dell'arco alpino: Dolomiti Bellunesi, Stelvio, Val Grande e Gran Paradiso) arriva quindi una biologa di origine parmigiana che vanta un curriculum di tutto rispetto iniziato in quello che era il parco Regionale, oggi Nazionale, dell'Appennino Tosco-Emiliano per poi arrivare alla direzione, dal 2021, del Parco Nazionale di Pantelleria, il più a sud dello stivale, «un'isola dove c'è anche il mare», così la descrive sorridendo. «Appena prenderò servizio - spiega la neo Direttrice che abbiamo raggiunto telefonicamente a Pantelleria - dovrò confrontarmi con tutti i funzionari e colleghi che da anni lavorano sul territorio. Saranno proprio loro parte della mia forza».

ATTRAVERSO L'ITALIA

Il tono di voce della dottoressa Anelli è fra il calmo e il curioso quando parla del suo lavoro: «Il mio è un lavoro molto particolare in generale. Poi se ci mettiamo che mi sono spostata a Pantelleria e ora arriverò nel Bellunese lo è ancora di più.

MINISTRO PICHETTO FRATIN

Ci sono direttori che hanno incarichi vicino a casa mentre io sono ho potuto fare questa esperienza». La nomina è governativa: «I direttori sono inseriti in uno speciale elenco dal quale vengono selezionati dei nomi dall'Ente Parco richiedente e le candidature sono poi sottoposte agli organi di Governo. La mia nomina a Pantelleria fu selezionata dall'allora ministro Roberto Cingolani (della transizione ecologica), mentre in questo caso il mio nome è stato selezionato dal ministro Gilberto Pichetto Fratin (dell'Ambiente e sicurezza energetica). L'incarico ha una durata dai 3 ai 5 anni. Sono a Pantelleria dal 2021, mi mancherebbe ancora un po' di tempo ma ho accettato il trasferimento».

COSA CAMBIA

È intuitivo che passando dal mare alla montagna qualcosa cambierà, anche se Sonia Anelli non vede grandissime differenze: «Se guardiamo dove si trovano i due parchi le differenze si notano subito anche se il Parco di Pantelleria è un parco terrestre, qui non c'è l'area marina protetta. Il lavoro qui sull'isola tocca il turismo sostenibile, l'agricoltura, abbiamo l'Unesco (è protetta la vita ad alberello), ma abbiamo anche il Cai con tutta la rete sentieristica. Qualcosa di simile c'è, ovviamente declinato in un ambiente totalmente diverso, e il mio lavoro sarà quello di portare la mia esperienza in una realtà importante come quella del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. In questo dovrò mettere tanto ascolto per capire il prima possibile le esigenze del territorio».

UNA BELLA SFIDA

Il rapporto degli abitanti bellunesi con il Parco, un'area che in soldoni da Feltre arriva a Longarone lambendo Agordo, è di alti e bassi. La dottoressa Anelli lo sa: «Non sono mai stata in un parco che sia totalmente amato da chi vi abita. Sarà anche questo un mio compito. Dal punto di vista naturalistico le Dolomiti Bellunesi sono una bomba, quindi, sarà una bella sfida che spero mi porti a fare tante cose».

«HO CASA IN TRENTINO»

La direttrice conclude: «Ho lavorato a Pantelleria, ma io sono una donna con l'indole più vicina alla montagna. Ho casa sulle Dolomiti (anche se trentine) e quindi credo di essere molto più vicina alle Dolomiti. Pantelleria comunque non ha spiagge, è vulcanica, rocciosa e come ho detto c'è anche il mare, non è proprio un'isola tipicamente marina come la si può pensare. L'idea è di fare un buon lavoro». Daniele Mammani

NOTIZIE DAI MUSEI

L’Adige | 19 ottobre 2024

p. 21

Muse, è Massimo Bernardi il successore di Lanzinger

Fabrizio Franchi

È Massimo Bernardi, 40 anni, trentino, originario di Zell di Cognola, il nuovo direttore del Muse, il Museo delle Scienze di Trento. La nomina è stata decisa ieri con un provvedimento della Giunta provinciale, firmata dal presidente Maurizio Fugatti, a conclusione di una procedura di selezione che era stata avviata a maggio e che aveva visto una corsa finale a quattro, dopo una prima scrematura di 26 studiosi: oltre a Bernardi erano rimasti in lizza anche Piero Genovesi, responsabile della fauna selvatica per l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra); David Gruber, direttore del Museo di Scienze dell'Alto Adige e lo zoologo ed esperto in ecoetologia e conservazione dei vertebrati Andrea Sforzi, direttore del Museo di Storia Naturale della Maremma. Su Genovesi si era scatenato preventivamente il Comitato "Insieme per Andrea Papi" che lo accusava di avere una posizione "pro orsi" e forse anche questo ha influito sulla decisione della Giunta provinciale. Giunta che era stata indirizzata dal Nucleo di valutazione incaricato degli "audit" dei candidati, ovvero, il direttore generale della Provincia, Raffaele De Col, e il dirigente del personale, Luca Comper, che hanno predisposto le schede tecniche per la Giunta.Il presidente della Provincia Maurizio Fugatti e la vicepresidente Francesca Gerosa, ieri si sono congratulati con Bernardi «per un incarico prestigioso conferito al termine di un percorso che ha visto la partecipazione di 26 candidati, che ha consentito di individuare le migliori competenze per la gestione di una realtà museale tra le più importanti del panorama trentino e nazionale. Riponiamo la massima fiducia nel direttore Bernardi, al quale formuliamo i migliori auguri per l'avvio di questa nuova sfida professionale». E lui risponde con entusiasmo: «È un grande onore, oltre che una profonda gioia, ricevere la fiducia del presidente Maurizio Fugatti, della vicepresidente Francesca Gerosa e di tutta la Giunta Provinciale. Con riconoscenza ed entusiasmo inizio questa nuova esperienza, con la volontà di rafforzare sempre più la rilevanza del museo e l'obiettivo di renderlo sempre più rilevante per tutta la cittadinanza, le istituzioni e la vasta rete di portatori di interesse pubblici e privati per i quali e grazie ai quali esistiamo. Il Muse è composto di uno staff eccezionale: il mio primo pensiero è rivolto a loro e al desiderio di costruire assieme questo nuovo corso».E riceve il plauso anche del presidente del Museo, Stefano Bruno Galli: «Massimo Bernardi è giovane, è una risorsa interna ed è un Trentino, ha un elevato profilo scientifico e ha dimostrato di recente di avere anche buone capacità manageriali nella gestione di una struttura culturale complessa come il Muse» Ringrazia il presidente Fugatti e la vicepresidente Gerosa «perché hanno scelto il migliore tra i candidati. Finalmente, dopo cinque mesi di presidenza, a partire dal primo novembre il Muse può cominciare a lavorare a pieno ritmo, nell'esclusivo interesse delle istituzioni e della comunità trentina, di cui rappresenta il "biglietto da

visita" culturale più importante».Il curriculum di Bernardi racconta che è un paleontologo, laureato a Padova e ha conseguito il dottorato di ricerca a Bristol. È attualmente docente universitario in Comunicazione scientifica presso l'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e precedentemente di altre discipline nell'ambito delle Scienze naturali presso le Università di Padova e Milano. Nel corso della sua carriera vanta numerose collaborazioni internazionali (in Tanzania, Etiopia e Panama), nazionali e locali, in particolare nel sistema museale regionale. Componente dell'Osservatorio Faunistico della Provincia autonoma di Trento, dal 2021 alla guida dell'Ufficio ricerca e collezioni museali del Muse, istituzione in cui è entrato nel 2013. È stato il curatore di una delle più belle mostre del Muse anni fa, «Estinzioni», in cui si è anche divertito a dare una identità al "Dodo" uccello estinto nel 1700 originario delle Mauritius e diventato una sorta di animale mitologico. Ora Bernardi è atteso a un grande lavoro perché prende il posto di Michele Lanzinger che ha dato un'identità e un respiro internazionale al Muse, di cui è stato direttore per ben 32 anni.

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