Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Gennaio 2019

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RASSEGNA STAMPA GENNAIO 2019

1 Rassegna Stampa – Gennaio 2019


PRINCIPALI ARGOMENTI DEL MESE DI GENNAIO: GRANDI EVENTI IN QUOTA: IL DIBATTITO .................................................................................................................................. 3 10 ANNI DOLOMITI UNESCO ......................................................................................................................................................... 8 FOSSIL SEA CHALLENGE II^ EDIZIONE ...................................................................................................................................... 9 EVENTI ............................................................................................................................................................................................. 9 EVENTI PATROCINATI .................................................................................................................................................................. 12 NOTIZIE DA CAI E RIFUGI ............................................................................................................................................................ 14 NOTIZIE DAI PARCHI .................................................................................................................................................................... 19 SCOPERTE SCIENTIFICHE NELLE DOLOMITI ........................................................................................................................... 20 APPROFONDIMENTI ..................................................................................................................................................................... 21 DOLOMITI IN TV ............................................................................................................................................................................ 22

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GRANDI EVENTI IN QUOTA: IL DIBATTITO Trentino | 16 Gennaio 2019

p. 19 segue dalla prima «Le Dolomiti? Come un vino pregiato: non puoi svenderlo» di Luca Petermaier TRENTO Possiamo paragonare le Dolomiti ad un vino pregiato, che rischia di essere svenduto in grandi discount anziché valorizzato in enoteche o ristoranti di pregio? «Il paragone è centrato - spiega Marcella Morandini, direttrice della Fondazione Unesco - perché rende bene la necessità che le persone apprezzino fino in fondo quello che noi possiamo offrire. Le nostre montagne vanno assaporate». Morandini, sulla questione dell'Audi in elicottero sul Pisciadù la Fondazione è stata accusata da Michil Costa di colpevole silenzio. Lei ha replicato piccata. Ancora convinta della sua scelta? La Fondazione è un ente di collegamento tra altri enti. Costa, in quanto sostenitore della Fondazione, dovrebbe sapere che noi non possiamo prendere posizione sulle scelte. Noi non siamo un'associazione ambientalista, siamo un consorzio che mette in comunicazione gli enti territoriali che condividono il bene Dolomiti. Dunque se la Provincia di Bolzano, come è successo, si esprime su questo tema rappresenta già la voce della Fondazione. In più il Sella è pure fuori dal patrimonio della Fondazione... Lei ritiene che eventi come quelli che abbiamo indicato ieri (dal concerto sul Grostè al rally di moto ai piedi del Brenta, solo per fare alcuni esempi) siano dannosi per l'immagine delle Dolomiti? L'errore da non fare è cadere nell'ideologia, nel manicheismo delle Dolomiti come simulacro, ma neanche insistere sull'iper sfruttamento. Il punto è: che tipo di turismo vogliamo portare sulle nostre montagne? Ai nostri turisti vogliamo offrire il sushi nei rifugi o i nostri prodotti di qualità? Io la mia idea ce l'ho... E gli enti pubblici che partecipano alla Fondazione che idea hanno? Stiamo facendo un ottimo lavoro, soprattutto sulla qualità dei prodotti e dell'accoglienza. Fioriscono però sempre di più gli eventi eclatanti. Un lavoro in due direzioni che finora ha retto bene, ma resta il fatto che bisognerebbe avere il coraggio puntare su un segmento turistico di alta qualità che poi lascia qualcosa sul territorio. Le 4 mila persone che salgono sul Grostè per ascoltare Bob Sinclair poi ritorneranno sulle Dolomiti? Forse una parte sì. Differenziare l'offerta è giusto, ma non dimentichiamo che le Dolomiti - lo dice l'Unesco - sono le montagne più belle al mondo e ce le abbiamo noi. Dobbiamo raccontare al turista cosa sono le Dolomiti, chi siamo noi, coinvolgerli, farli sentire parte della meraviglia. Non so se questo possa succedere con un concerto di quel tipo. Però anche con i Suoni delle Dolomiti si porta tanta gente in quota e molta di quella gente è interessata più all'artista che al contesto... C'è però una differenza d'impatto. A noi piace che le persone salgano in quota. L'approccio non deve essere elitario, ma è la ratio che c'è dietro i due eventi che è diversa: vogliamo scimmiottare a 3000 metri un modo di divertirsi che è tipicamente urbano, una grande discoteca all'aperto, oppure vogliamo provare a convincere i turisti che lo stile di vita della montagna può essere affascinante proprio per il valore della sua diversità? Quindi il messaggio che passa con un Suv portato in elicottero a 2500 metri non è il massimo della coerenza...Noi dovremmo convincere le persone a comportarsi qui in modo diverso da come si comportano a casa. Ma non perché è vietato, ma per fargli provare un'esperienza più bella. Ci può stare anche la mobilità, la meccanica ma se declinata secondo un'ottica di eleganza, di 3 Rassegna Stampa – Gennaio 2019


estetica e di bellezza. Fuori dai confini dolomitici, cosa ne pensa della polemica sul Lagorai e il progetto di sistemare alcune malghe? Le alpi sono da millenni abitate dall'uomo e produttive. La montagna chiusa, isolata, la montagna "che non si tocca" non è coerente con la nostra storia. L'Adige | 17 Gennaio 2019

p. 38 L'appello antirumore del Parco STREMBO Riflettiamo insieme su quello che si può fare evitando gli errori. Si potrebbe sintetizzare così la lettera che il presidente del Parco Adamello Brenta, Joseph Masè, ha inviato ad una lunghissima serie di soggetti: i trenta sindaci dei comuni del Parco, i presidenti delle Aziende per il Turismo, delle associazioni albergatori, dei commercianti, dei rifugi e delle società impiantistiche, coinvolgendo per conoscenza anche l'assessore provinciale all'ambiente e quello al turismo, nonché i servizi e gli enti provinciali competenti (Servizio Sviluppo sostenibile ed aree protette, Servizio Foreste e Fauna, Servizio Turismo e sport, Trentino Marketing). Lo spunto parte dalle recenti polemiche circa l'idea di spettacolo pirotecnici annunciati ma non realizzati, nell'area protetta. La lettera richiama l'attenzione sia sull'aspetto culturale delle aree protette sia sulle norme del Piano di Parco rispetto alle manifestazioni proposte all'aperto ed in quota, in modo particolare nel periodo invernale. «L'obiettivo della lettera - dice Masè - è quello di stimolare una riflessione collettiva per capire che tipo di montagna si vuole. Spesso incontrando i portatori di interesse vengono pienamente condivise strategie finalizzate a valorizzare la sostenibilità, il turismo responsabile e la montagna lenta. Una montagna come luogo spirituale dove godere della bellezza del paesaggio, del silenzio e delle emozioni che la natura sa offrire, ma poi ci si imbatte con frequenza in comportamenti che vanno nella direzione opposta e che, a mio avviso, offendono la montagna e sviliscono il contesto naturalistico, oltre che mettere in pericolo la fauna selvatica». 4 Rassegna Stampa – Gennaio 2019


L'inverno sottolinea il presidente - è il momento di maggior vulnerabilità per la fauna a causa delle difficoltà di alimentazione e di spostamento su terreni innevati. «Qualsiasi forma di disturbo, soprattutto quelle più invasive, rappresentano concreti fattori di minaccia e di stress per gli animali, la cui tutela è prioritario interesse della gestione di un Parco naturale». «Si ritiene prosegue la lettera - che un territorio che offre opportunità di vivere la natura vera a pochi passi da occasioni di divertimento e intrattenimento, legati a località di forte richiamo, possa e debba puntare a distinguere le due cose e non per forza voler omogeneizzare le proposte portando, anche in quota o nei luoghi più riservati, le caratteristiche del divertimento di massa. Eventi come i concerti all'aperto, i fuochi d'artificio o le manifestazioni motoristiche possono opportunamente rimanere concentrate nell'ambito del paese, del fondovalle e dei luoghi maggiormente urbanizzati». Non si vuole, dunque, porre l'accento sui divieti di emissione di suoni e di rumori capaci di molestare la fauna, che tutti dovrebbero conoscere, bensì invitare ad un ragionamento ampio. «Manifestazioni musicali di massa che prevedono l'utilizzo di impianti di amplificazione e spettacoli pirotecnici (petardi e fuochi d'artificio), non valorizzano affatto l'unicità delle nostre montagne, ma tendono ad omologarle ad ambienti urbani finendo così per svilire i tratti distintivi del patrimonio naturale. Siamo assolutamente consapevoli - conclude Masè - delle differenze evidenti tra strutture localizzate nel contesto di piste da sci ed impianti di risalita, rispetto ad altre incastonate nel cuore di foreste e laghi, ma crediamo sia fondamentale che venga condiviso un approccio finalizzato al rispetto della montagna ed alla esaltazione della sua genuinità». Trentino | 17 Gennaio 2019 p. 20 «Il divertimento di massa non può salire in quota» TRENTO L'ultimo «caso» arriva dal Brenta, da un locale che per capodanno, ad oltre 1.700 metri d'altitudine, aveva organizzato un cenone che si sarebbe concluso con i fuochi artificiali a mezzanotte. Fuochi pirotecnici nel cuore delle Dolomiti di Brenta, in inverno, stagione di riposo per molta fauna. Elementi che hanno prima alimentato un polemica sui social e che hanno poi portato ad un intervento diretto dei vertici del Parco Naturale Adamello Brenta. E i fuochi d'artificio sono stati eliminati dalla proposta per l'ultimo dell'anno in quota. Un episodio che ha spinto il presidente del Parco Joseph Masè e il direttore Cristiano Trotter a scrivere una lettera per aprire un dibattito sulla montagna. Lungo l'elenco dei destinatari: i trenta sindaci dei comuni del Parco, i presidenti delle aziende per il turismo, delle associazioni albergatori, dei commercianti, dei rifugi e delle società impiantistiche, coinvolgendo per conoscenza anche l'assessore provinciale all'ambiente e quello al turismo, nonché i servizi e gli enti provinciali competenti come il servizio sviluppo sostenibile ed aree protette, servizio foreste e fauna, servizio turismo e sport e Trentino marketing. «L'obiettivo della lettera - chiarisce Masè - è quello di stimolare una riflessione collettiva per capire che tipo di montagna si vuole. Spesso incontrando i portatori di interesse vengono pienamente condivise strategie finalizzate a valorizzare la sostenibilità, il turismo responsabile e la montagna lenta. Una montagna come luogo spirituale dove godere della bellezza del paesaggio, del silenzio e delle emozioni che la natura sa offrire. Poi ci si imbatte con frequenza in comportamenti che vanno nella direzione opposta e che, a mio avviso, offendono la montagna e sviliscono il contesto naturalistico, oltre che mettere in pericolo la fauna selvatica». Fauna che ha anche bisogno di silenzio e di tranquillità. «L'inverno - si legge nella lettera - è il momento di maggior vulnerabilità per la fauna a causa delle difficoltà di alimentazione e di spostamento su terreni innevati. Qualsiasi forma di disturbo, soprattutto quelle più invasive, rappresentano concreti fattori di minaccia e di stress per gli animali, la cui tutela è prioritario interesse della gestione di un Parco naturale. Si ritiene che un territorio che offre opportunità di vivere la natura vera a pochi passi da occasioni di divertimento e intrattenimento, legati a località di forte richiamo, possa e debba puntare a distinguere le due cose e non per forza voler omogeneizzare le proposte portando, anche in quota o nei luoghi più riservati, le caratteristiche del divertimento di massa. Eventi come i concerti all'aperto, i fuochi d'artificio o le manifestazioni motoristiche possono opportunamente rimanere concentrate nell'ambito del paese, del fondovalle e dei luoghi maggiormente urbanizzati. Mentre l'occasione di frequentare ambienti in quota, foreste e rifugi, dovrebbe essere caratterizzata dalla sua più grande ricchezza: il silenzio, la lontananza, l'isolamento, la lentezza, il paesaggio ed il rispetto delle componenti che lo caratterizzano». Ma la proposta non vuole puntare solo sui divieti, ma dar vita ad un ragionamento più ampio. «Manifestazioni musicali di massa che prevedono l'utilizzo di impianti di amplificazione e spettacoli pirotecnici - prosegue la lettera - non valorizzano affatto l'unicità delle nostre montagne, ma tendono ad omologarle ad ambienti urbani finendo così per svilire i tratti distintivi del patrimonio naturale. Siamo assolutamente consapevoli - concludono Masè e Trotter - delle differenze evidenti tra strutture localizzate nel contesto di piste da sci ed impianti di risalita, rispetto ad altre incastonate nel cuore di foreste e laghi, ma crediamo sia fondamentale che venga condiviso un approccio finalizzato al rispetto della montagna ed alla esaltazione della sua genuinità perché è il patrimonio naturale che contraddistingue il nostro territorio e lo rende unico».

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Trentino | 18 Gennaio 2019 p. 21 «Montagna, bisogna darsi un limite» «Addio al silenzio della montagna ed al suo cielo stellato. Quanto stiamo svendendo questo territorio? Tocca alla politica dare un limite, per consegnare alle prossime generazioni una montagna integra». Elena Guella, vicepresidente Sat, boccia i grandi eventi in alta quota e guarda a modelli più “rispettosi” dell'ambiente alpino. Arriva il “no” della Sat a concerti, eventi sportivi e iniziative di marketing (come la proposta di Audi di portare una vettura in cima alle Dolomiti per girarvi uno spot) capaci di snaturare l'identità delle cime. Pubblicità di automobili, concertoni con migliaia di persone, eventi sportivi di risonanza mondiale. Cosa rappresentano queste iniziative? Noi cittadini delle Alpi abbiamo la responsabilità di custodire l'integrità ambientale e paesaggistica dell'ambiente montano per consegnarlo alle future generazioni. Queste iniziative rappresentano un continuo scimmiottare modelli di consumo non compatibili con l'ambiente alpino. Qual è l'impatto ambientale del trasporto di un'Audi in alta quota? Ci sono specie di fauna che risentono fortemente dell'occupazione rumorosa e inquinante operata dall'uomo in alta quota. Certamente un'Audi portata sulle vette con un elicottero impatta poco o nulla. Ma il problema è culturale: quanto stiamo svendendo questo territorio? Questa è la direzione del mercato, al cui passo, dicono, si debba stare. Quali sono le alternative? Ci sono attività pienamente compatibili con l'alta montagna, come le passeggiate e lo sci-alpinismo. Di sicuro non lo è l'automobile. Noi riteniamo che l'esperienza in montagna abbia anche un valore educativo: la montagna è consapevolezza dei propri limiti. Far arrivare in cime alle vette migliaia di turisti con le infradito, non preparati ad apprezzare lo spettacolo che offre questo particolare ambiente, è pericoloso. Dei concerti dance del dj Bob Sinclar a oltre 2000 metri, che ne pensa? Il pubblico lo segue certamente non per ammirare le montagne. Anzi, possiamo pensare che l'evento attirerebbe più persone se tenuto nella piazza di una città. La bellezza delle Dolomiti viene compromessa da questa musica “sparata”, che oltretutto spaventa gli animali. C'è stato un tempo in cui le persone salivano in quota per immergersi nel silenzio. Sembra la polemica che si voglia portare in montagna la stessa frenesia che c'è nelle città. Un altro fronte controverso è quello degli eventi sportivi. Opportunità economica o danno alla montagna? Il costo economico ed ambientale dell'innevamento artificiale è diventato insostenibile. Mancando la neve naturale bisogna ricorrervi anche per eventi come la Ciaspolada e la Marcialonga. Il problema si presenterà in maniera severa se i Giochi Olimpici invernali saranno affidati a Milano-Cortina, con gare previste in Trentino. C'è poi la questione dell'inquinamento luminoso. L'illuminazione notturna delle piste compromette anche la visione del cielo stellato. Cosa ne pensa dell'Ice Dome sul ghiacciaio del Tonale, la struttura realizzata all'interno di un grande "igloo" per ospitare concerti? Il cosiddetto “igloo” sul Tonale non ha nulla di rispettoso dell'ambiente: è stato creato “sparando” acqua su un ghiacciaio ormai agonizzante. Si illudono le persone, convincendo- le di essere di fronte ad un “prodotto” amico dell'ambiente, ma è l'esatto contrario. La politica è in grado di dare risposte a queste sfide? Bisogna che gli amministratori si rendano conto che la difesa dell'integrità ambientale è una prorità. Ci sono modelli di fruizione della montagna alternativi: li vediamo all'opera in zone come la Val di Rabbi, dove si promuove una cultura alpina più rispettosa. Manica con il Parco Adamello Brenta: «La montagna è fragile, va rispettata» TRENTO « La montagna è un ecosistema fragile, e negli scorsi mesi abbiamo purtroppo avuto modo di appurarlo in tutta la sua drammaticità. Fragile e complesso è anche il rapporto tra l’uomo e la montagna, tra le comunità locali e il proprio ambiente, in bilico tra tutela e valorizzazione». ha scritto ieri il consigliere provinciale Alessio Manica (Pd). «Non posso quindi che condividere l’appello di Joseph Masè e Cristiano Trotter, Presidente e Direttore del Parco Adamello Brenta volto ad incoraggiare una riflessione tra gli amministratori e gli operatori locali sugli usi della montagna. Ricordo in tal senso che il Gruppo del Partito Democratico del Trentino era già intervenuto lo scorso anno con una mozione approvata a larghissima maggioranza e avente ad oggetto proprio l’adozione di linee guida finalizzate all’individuazione delle attività umane incompatibili con le peculiarità dei territori montani».

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Trentino | 19 Gennaio 2019 p. 19 «Ma la montagna non è una Mecca» TRENTO «È necessario che in montagna il "limite" diventi un valore, anche nel modo di raccontare le esperienze che si possono fare in alta quota, ma senza che per questo la montagna diventi una Mecca per pochi eletti, intoccabile, spesso con disprezzo per chi la pensa diversamente». Anche il Parco naturale Paneveggio e Pale di San Martino - con un intervento del Presidente Silvio Grisotto - prende posizione nel dibattito avviato dal Trentino sui grandi eventi in montagna. Su questo il parco è allineato alla linea prudente del parco Adamello Brenta, della Fondazione Dolomiti e della Sat (a cui abbiamo dato spazio nei giorni scorsi). E la presa di distanza dalla "montagna intoccabile" è corente con la posizione che il Parco ha all'interno del progetto Translagorai, assieme agli enti locali, con l'obiettivo di mettere mano ai sentieri del trekking e ristrutturare una serie di malghe e altre strutture perché possano servire come posto tappa per gli escursionisti. Ma ecco l'intervento del presidente del Parco, Silvio Grisotto: «La montagna tutta non può e non deve essere percepita come un luogo ove tutto è possibile, in nome dello sviluppo e del business turistico, dove tutti possono soddisfare le proprie più recondite necessità di superamento del "limite", anche con attività che nulla hanno a che fare con l'essenza stessa della montagna, le sue tradizioni e le sue unicità. È necessario che il "limite" diventi un valore: serve legare il superamento del limite all'emozione, al sentirsi parte di qualcosa di speciale ed unico, come sono le nostre montagne, e non al superamento del limite fisico». Secondo Grisotto è anche una questione ci comunicazione: «Una grande responsabilità va attribuita ai messaggi che, spesso, le attività pubblicitarie e promozionali danno relativamente alle attività in montagna, fatta passare come distributore gratuito di "adrenalina" di omologazione urbana piuttosto che come luogo di riflessione, di fatica, di storia, di tradizioni millenarie, in cui entrare se non in punta di piedi (o si sci) almeno con la consapevolezza, la sensibilità ed il tatto con cui, ciascuno di noi, si prende cura della propria casa, della propria famiglia e dei propri figli....come un buon padre di famiglia». «Al tempo stesso, però, credo sia sbagliato anche percepire la montagna come una Mecca per pochi eletti, intoccabile, ove soddisfare la propria necessità di silenzio (o solitudine) ed il proprio egocentrismo, prescindendo, spesso con disprezzo, da chi la pensa diversamente e vuole passarci qualche ora o giornata di semplice svago in compagnia degli amici più cari. La passione per la montagna può esplicitarsi in mille modi: la cosa importante è che questi modi riescano a far emergere dal nostro io le emozioni e le sensazioni che solo un'Enrosadira sulle Pale di San Martino, osservata in sobrietà e silenzio, sa trasmettere. Sulla questione dei concerti in quota la mia posizione è perfettamente in linea con quella espressa in questi giorni dal Parco Adamello Brenta, dalla Fondazione Unesco e dalla Sat: assiepare a 2000-3000 metri in poche migliaia di metri quadrati migliaia di persone, molto spesso nemmeno abbastanza "sobrie" da rendersi conto di quali siano gli effetti del loro passaggio, costruire grandi strutture temporanee per palchi ed utilizzare amplificazioni e luci da rave party, non credo possa essere considerato un modello interessante (se non economicamente) di turismo sostenibile. Per certi versi anche i concerti dei Suoni delle Dolomiti, seppur concettualmente e culturalmente diversi dagli show dei Dj in alta quota possono talvolta rappresentare un motivo di preoccupazione se non adeguatamente gestiti nelle tempistiche, nei flussi e nei volumi: ricordo la folla al concerto di Vinicio Capossela al cospetto del Vajolet. Qui non è un problema di quale sia il genere musicale più adatto alla montagna, ma di riflessione profonda su quali siano i valori della montagna stessa che vogliamo trasmettere alle generazioni future». Trentino | 20 Gennaio 2019 p. 20 «Il marketing? Ok, ma la montagna ha le sue peculiarità» di Fabio Peterlongo TRENTO «Ice Dome, un modello per coniugare ambiente e cultura. No alla "svendita" della montagna agli interessi commerciali. Si punti sulla bellezza del silenzio e del cielo stellato, come avviene in Giappone». Così Corrado Bungaro, assessore all'ambiente del Comune di Trento, qui interpellato nella sua veste privata di artista e organizzatore di eventi, commenta il dibattito sul futuro della montagna che si è articolato sulle nostre pagine. Si discute dell'Ice Dome, l'igloo sul ghiacciaio Presena dove si ospitano concerti, della richiesta di Audi di portare in elicottero una vettura sulla cima delle Dolomiti per girarvi uno spot, dei grandi eventi musicali e sportivi.Bungaro, si fronteggiano due modelli: da una parte i concerti dance che attirano a 2000 metri migliaia di persone, dall'altra iniziative più delicate come "Suoni delle Dolomiti".

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Quale modello sceglie? Non mi trovo in linea con chi propone il dj da discoteca. Si tratta di un genere di evento che si può ospitare in una città. Iniziative come "Suoni delle Dolomiti" e i concerti sull'Ice Dome in Presena sono al contrario preziosi per valorizzare la montagna.La Sat contesta l'Ice Dome, ritenendolo pericoloso per l'integrità del ghiacciaio Presena. Qual è il significato di quest'opera? L'Ice Dome è un igloo come quelli che fanno gli eschimesi. Non ha nessun impatto sonoro sull'ambiente circostante perché l'insonorizzazione è perfetta. L'idea nasce da Tim Linhart, l'artista americano che ha creato questo format basato sul ghiaccio. La sua volontà è di usare l'arte per produrre consapevolezza nel pubblico sull'emergenza dei cambiamenti climatici.Chi contesta il modello dominante di "sviluppo" della montagna sottolinea come esso abbia sottratto il silenzio e la notte stellata, a causa dell'inquinamento luminoso. Che cosa ne pensa? I giapponesi "certificano" i silenzi. Dicono al turista: il benessere nasce non solo dalla bellezza visiva, ma anche uditiva. Così individuano le mete del silenzio, promuovendole. Non chiedo certo un silenzio "integrale" perché sulle montagne del Trentino ci sono i centri abitati e le attività della popolazione, ma questo tema va preso in considerazione. Sono dalla parte di chi chiede di poter vedere la notte stellata. D'altra parte anche chi chiede di sciare di notte può rivendicare questa possibilità, ma entro certi limiti. La città è la città, con le sue luci e i suoi rumori, mentre la montagna è la montagna.Un altro fronte è quello dell'uso della montagna per il "marketing". Pensiamo alla proposta pubblicità di Audi, dove le Dolomiti sarebbero un semplice fondale, privo di storia e peculiarità. Qual è l'impatto culturale di queste iniziative? Sullo spot di Audi, sottoscrivo l'idea degli ambientalisti. Posso capire l'idea del creativo che ha ideato la pubblicità, ma mi sembra forzata. Il tema dell'automobile in montagna è centrale. Vorrei che si promuovesse l'idea di raggiungere a piedi i luoghi degli eventi in alta quota. Come avviene all'Ice Dome: si seguono i sentieri, poi ci si siede a terra e si gode di una performance con amplificazione minima, a batteria.Che cosa può fare la politica? Ha notato un cambio di direzione con la nuova giunta provinciale? Il problema è che siamo mossi esclusivamente dal mero interesse commerciale. Occorre trovare un punto di equilibrio tra le diverse istanze. Vanno discussi i singoli eventi e la programmazione, per valutarne la portata culturale, l'impatto ambientale e il ritorno economico. L'assessore Failoni ha detto di voler confermare "Suoni delle Dolomiti", è una buona notizia, speriamo si continui a sperimentare.

10 ANNI DOLOMITI UNESCO Trentino | 27 Gennaio 2019

p. 54 I vostri video in un film della «Festa Dolomiti» Dieci anni fa, il 26 giugno del 2009, l’UNESCO riconosceva le Dolomiti Patrimonio Mondiale per il loro valore estetico e paesaggistico e per l’importanza scientifica a livello geologico e geomorfologico. Coerentemente con lo spirito che anima il lavoro quotidiano della Fondazione sul territorio, il decennale sarà un’ulteriore occasione di condivisione.

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Il programma delle manifestazioni prenderà dunque forma grazie al contributo di molti e costruito grazie al contributo delle diverse comunità! Non mancherà naturalmente una serie di eventi promossi direttamente dalla Fondazione e alcune di questi appuntamenti sono già definiti. Ad esempio la festa istituzionale sarà l’8 giugno, a Cortina, e sarà impreziosita da un’esibizione di quattro bande, provenienti dai quattro territori dolomitici, segno visibile di quell’unità nella diversità, che costituisce l'essenza delle Dolomiti UNESCO. Sarà anche l’occasione per la presentazione della pubblicazione realizzata in occasione di questa importante ricorrenza. Il mese di giugno vedrà anche, il giorno 16, l’inaugurazione del balcone panoramico sulle Dolomiti UNESCO a Santa Cristina in Valgardena, mentre il 29 a San Vigilio di Marebbe è in calendario il Dolomites UNESCO Fest. Ancora più ricca e articolata la serie di appuntamenti nei rifugi, delle Dolomiti. ben sei: e tra questi anche il rifugio Agostini nelle Dolomiti di Brenta, il Pradidali e il Rosetta nelle Pale di San Martino. La data da segnare sul calendario è naturalmente quella che segnerà lo scoccare dei 10 anni dalla proclamazione di Siviglia, il 26 giugno. Come rendere unica questa giornata? Come trasformarla in un’occasione di partecipazione collettiva? L’idea della Fondazione Dolomiti UNESCO è spiazzante e innovativa. E parte da una semplice constatazione: uniche sono tutte le giornate trascorse tra le Dolomiti. Non solo quelle dei turisti meravigliati da tanta bellezza, ma anche quelle di chi vive e lavora al cospetto dei Monti Pallidi. E allora perché non farsi raccontare da tutti coloro che lo vorranno, la loro giornata tra le Dolomiti. Una giornata al tempo stesso comune e straordinaria, da filmare con un semplice smartphone per poi assemblarla in un unico film.

FOSSIL SEA CHALLENGE II^ EDIZIONE Trentino | 11 Gennaio 2019 p. 22 Dolomiti Unesco, al Muse giornata per insegnanti TRENTO Si è tenuta al Muse la giornata formativa per gli insegnanti trentini dedicata al tema delle Dolomiti e del loro rapporto con il fuoco. La iniziativa rientra nel progetto The#FossilSeaChallenge, che intende promuovere la conoscenza delle Dolomiti Patrimonio dell'Umanità nelle scuole secondarie di secondo grado. I partecipanti sono chiamati a cimentarsi in piccoli progetti di ricerca scientifica o di divulgazione sui temi geologici delle Dolomiti. Il tutto in un anno, il 2019, che, come ha ricordato l'assessore Tonina, sarà molto importante per le Dolomiti.

EVENTI Corriere delle Alpi | 17 Gennaio 2019 p. 27 Il clima che cambia e il post alluvione: convegno a Auronzo Il convegno Le Dolomiti, maltrattate dal maltempo a fine ottobre, hanno possibilità di rinascere. Ma non bisogna perdere altro tempo. Non solo nella pulizia dei boschi, anche nella messa in sicurezza del territorio. Si pensi che solo di protezioni paravalanghe e per il contenimento delle frane è stata calcolata una necessità, nell'alta provincia, di 249 milioni. La primavera si avvicina e i cantieri non possono ritardare. Ecco perchè il Comune di Auronzo, in collaborazione con l'Istituto Pio XII, propone una tavola rotonda che si terrà domani alle 18 a Misurina. Introdurrà il giornalista di Rai 1 Massimiliano Ossini, accompagnato per l'occasione dall'amico conduttore di "Linea Bianca" Lino Zani. Al dibattito prenderanno parte l'assessore regionale Bottacin, il presidente dei Fondi dei Comuni confinanti, Paolo Saviane; il direttore della Fondazione Dolomiti Unesco Marcella Morandini; il direttore dell'Istituto Superiore di Sanità Angelo Lino Del Favero interverrà sul tema del cambiamento climatico e con il direttore clinico del

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Pio XII, Ermanno Baldo, illustrerà la convenzione appena siglata tra i due istituti con l'obiettivo di realizzare a Misurina un laboratorio d'alta quota. Parteciperanno pure l'imprenditore cadorino Francesco De Bettin, presidente di DBA group, che interverrà sul tema dell'economia circolare e del riutilizzo del legname dopo l'emergenza maltempo, ed Alex Barattin, delegato del Soccorso Alpino.«Abbiamo voluto il convegno», spiega la sindaca Tatiana Pais Becher, «per renderci consapevoli del cambiamento climatico in atto e del fatto che eventi, come quello verificatosi tra il 29 e 30 ottobre, potranno ripetersi a breve. La consapevolezza crea responsabilità e sento di avere una responsabilità enorme nei confronti dei miei concittadini e delle giovani generazioni; dobbiamo tutti insieme riflettere e pensare quale sia la visione strategica che porterà alla rinascita delle terre alte».Secondo Pais Becher ci sono tutte le condizioni per trasformare una tragedia in grande opportunità, rilanciando la filiera del legno, garantendo uno sviluppo socio-economico delle aree di montagna che più stanno risentendo dello spopolamento. «Nell'immediato dobbiamo pensare al ripristino della viabilità forestale andata distrutta, che deve essere al servizio degli operatori forestali e dell'indotto turistico», puntualizza la sindaca, «affrontare l'emergenza idrogeologica, prevedere un piano di ricostruzione e di messa in sicurezza di frane e torrenti; garantire un futuro ai territori colpiti e soprattutto frenare un'altra emergenza che è quella dello spopolamento, creando immediatamente dei nuovi posti di lavoro».Non ha dubbi il sindaco di Auronzo: «Non c'è tempo da perdere, non possiamo permettere che l'emergenza maltempo comporti anche un'accelerazione del processo di spopolamento; c'è bisogno di scelte politiche rapide, strutturali, con una visione strategica complessiva che può essere concretamente realizzata con l'utilizzo dei Fondi dei Comuni di area vasta e con la concertazione tra Comuni». –FDM Gazzettino | 18 Gennaio 2019 p. 14 edizione Belluno Il cambiamento climatico: tavola rotonda a Misurina AURONZO Il cambiamento climatico e la rinascita delle Dolomiti Bellunesi dopo l'emergenza maltempo: questo il tema della tavola rotonda in programma nel tardo pomeriggio di oggi, alle 18, nell'Istituto Pio XII di Misurina che con il Comune di Auronzo ha proposto il dibattito di prorompente attualità. All'incontro, con la moderazione del giornalista di Rai 1, Massimiliano Ossini, parteciperanno rappresentanti di vari enti coinvolti dall'emergenza maltempo di fine ottobre scorso. Così al tavolo della discussione ci saranno l'Assessore alla Protezione Civile della Regione Veneto, Gianpaolo Bottacin, il senatore Paolo Saviane, presidente dei Fondi dei Comuni Confinanti, Marcella Morandini, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco, Angelo Lino Del Favero, direttore dell'Istituto Superiore di Sanità, Ermanno Baldo, direttore clinico del Pio XII. A completare la rosa dei partecipanti ci saranno Francesco De Bettin, presidente di Dba group, Alex Barattin, delegato del Soccorso Alpino della Provincia di Belluno. Quest'ultimo, assieme a Lino Zani, introdurrà il tema della sicurezza in montagna. Chiuderà il dibattito il teologo e scrittore, Vito Mancuso. Gazzettino | 21 Gennaio 2019 p. 3 edizione Belluno La rinascita della montagna? «Grazie all'economia circolare» IL CONFRONTO AURONZO L'economia circolare salverà la montagna Bellunese. Gli abitanti delle terre alte come custodi di un territorio delicato, capaci con piccoli gesti di salvare l'intero pianeta dal cambiamento climatico. Sono emerse idee e soluzioni percorribili, dal tavolo Il cambiamento climatico e la rinascita delle Dolomiti Bellunesi dopo l'emergenza maltempo, tenutosi sabato al famoso istituto per la cura dell'asma, il Pio XII di Misurina, per volontà del sindaco di Auronzo Tatiana Pais Becher. IL TAVOLO A discutere di economia, clima e microclima, di boschi, di energia e di natura, si è riunita la creme delle istituzioni politiche del territorio e degli esperti in materia. Pais Becher ha messo allo stesso tavolo la professoressa Federica Gardini direttore scientifico dell'Istituto Pio XII per la cura dell'asma infantile, Roberto Padrin presidente della Provincia, Gianpaolo Bottacin assessore Regione Veneto all'Ambiente, Paolo Saviane senatore della Lega, Marcella Morandini direttore della fondazione Dolomiti Unesco, Luigi Bertinato medico ricercatore all'Istituto superiore di Sanità, Ermanno Baldo direttore clinico dell'Istituto Pio XII, Francesco De Bettin presidente di Dba Group, Lino Zani ambasciatore delle montagne nel mondo presso la FAO e perfino il

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noto teologo e scrittore Vito Mancuso. I lavori sono stati moderati da Massimiliano Ossini giornalista di Rai1 e conduttore e autore di Linea Bianca. L'ECONOMIA CIRCOLARE Doveva essere una presa d'atto degli effetti del cambiamento climatico dopo il tifone della fine di ottobre, ma la tavola rotonda si è inaspettatamente (e fortunatamente) trasformata in un evento di forte impatto che ha collocato le basi della rinascita della montagna su strategie nuove. Sul all'economia circolare. A una condizione: che le genti delle vallate si parlino, si incontrino e procedano insieme. L'idea è emersa dall'intervento dell'ingegnere e imprenditore Francesco De Bettin. La sua proposta, già consegnata alla Regione Veneto, sta nell'accettare il tifone come una opportunità di riflessione e di ri-partenza. Il ruolo oggi delle persone di montagna e delle istituzioni è la realizzazione di un circolo virtuoso dell'economia. Ovvero la creazione di piccole comunità energetiche capaci di produrre energia pulita da biomasse rinnovabili grazie a fondi europei; il tutto per ridurre le emissioni in atmosfera, favorire il risparmio energetico, l'impiego di fonti rinnovabili, la manutenzione dei boschi e l'occupazione. Nulla di nuovo, anzi. L'economia circolare fino a pochi decenni fa ha caratterizzato la vita delle popolazioni di montagna, sapienti gestori delle risorse e della bellezza della natura. IL MICROCLIMA La chiacchierata si è sviluppata attorno a due temi: il microclima eccellente di Misurina e quei 28 mila ettari di bosco spazzati via dalla furia del vento e dell'acqua il 29 ottobre. A far da cappello ai due temi, la minaccia di un tempo brevissimo per l'inversione di marcia, per evitare il punto di non ritorno sulla china del disastro ambientale e del depauperamento dell'economia montana, dopo il picco di offerta di legname. Più che lacrime, ci sono state idee e proposte. E' stato l'intervento iniziale del professor Vito Mancuso a dare subito una chiave d'interpretazione. «Non basta l'eco-logia - ha dichiarato fermo il teologo -, dobbiamo orientarci alla eco-sofia per cogliere e rispettare la bellezza della natura, che può emozionare o incutere timore e che è divina, che è in continua fase creativa perché la creazione non è mai stata conclusa. E le mutazioni del clima ci devono convincere a cambiare orientamento: siamo noi infatti a servizio della natura, non l'inverso, come si è preteso di fare dalla rivoluzione industriale in poi». Le proprietà curative del microclima di Misurina nei decenni passati erano note e hanno attratto centinaia di bambini all'Istituto Pio XII. Ora la struttura è semi utilizzata e non presente nella mappa statale delle risorse utili per la cura dell'asma. Anche questo un punto su cui lavorare.Alessia Trentin Gazzettino | 24 Gennaio 2019 p. 14 edizione Belluno Corsi per giornalisti: anteprima in febbraio CORTINA La montagna tecnologica e sostenibile è il tema dell'incontro del 4 febbraio, all'hotel Miramonti, che anticipa l'edizione 2019 di Cortina tra le righe, i corsi di formazione per giornalisti che torneranno dall'8 al 13 luglio prossimo. L'anteprima della manifestazione è un seminario di deontologia per i giornalisti, unito a un approfondimento aperto al pubblico, dedicato alle più interessanti applicazioni della tecnologia e del web in montagna. Una finestra aperta sull'evoluzione del rapporto tra uomo e ambiente sullo sfondo della grande sfida dei Mondiali di sci 2021. Si parlerà dunque di ricerca e innovazione. Si comincia alle 17 con il seminario deontologico Il testo unico dei doveri del giornalista e la nuova carta dei doveri dell'informazione economica e finanziaria, introdotto dalla giornalista del TG3 Roberta Serdoz con relatore Lucio Bussi. Poi si passerà alla montagna come laboratorio di innovazione e sostenibilità. Tra i relatori Marcella Morandini (nella foto), direttore della Fondazione Dolomiti Unesco, e Valeria Ghezzi, presidente di Associazione nazionale esercenti funiviari, rispettivamente sul ruolo delle Dolomiti nella storia e sull'innovazione tecnologica abbinata alla sperimentazione.Fra i relatori ci sarà Andy Varallo, ideatore di Snowfall Report, la prima applicazione che monitora lo stato di innevamento di tutte le 64 piste del carosello sciistico di Corvara. Gerhard Vanzi parlerà del centro EuracResearc di Bolzano, con terraXcube, un simulatore di climi estremi che permette di ricreare temperature estreme per la ricerca meteorologica, medica, ecologica e industriale. Riccardo Maggioni presenterà l'app Snowit, unica piattaforma italiana che offre una gamma completa di servizi legati alla montagna, in quaranta località sciistiche. Gigi Taliapietra, ideatore di OneLab di Sirmione, parlerà di questo laboratorio tra multimedialità, web, strategie di marketing territoriale.MDib.

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EVENTI PATROCINATI Corriere delle Alpi | 10 Gennaio 2019 p. 26 Ambientalisti cadorini a confronto venerdì 18 sul futuro dei boschi PIEVE DI CADORE Gli ambientalisti cadorini riportano i boschi recentemente devastati dal maltempo al centro della discussione. Una nuova occasione di riflessione e confronto è stata fissata per venerdì 18 all'auditorium Cosmo di Pieve di Cadore, dove alle ore 18 si terrà una tavola rotonda. Parteciperanno Anselmo Cagnati del centro valanghe di Arabba, Sandro Carniel oceanografo del Cnr e Paola Favero, funzionario dei carabinieri forestali nonché scrittrice. Partendo dalla situazione di emergenza venutasi a creare a fine ottobre sul territorio cadorino e non solo, gli organizzatori dell'iniziativa intendono offrire un'opportunità di riflessione e confronto alla popolazione, agli amministratori e alle Regole.L'obiettivo dell'incontro di venerdì 18 è quello di valutare i passi da muovere in ottica futura, soprattutto alla luce dei cambiamenti climatici in atto, mai tanto evidenti nelle conseguenze come quest'anno. L'iniziativa di Pieve rientra in un programma ben preciso promosso dalla cooperazione di alcune sigle ambientaliste capitanate da quelle cadorine come il comitato Peraltrestrade Cadore-Comelico, il gruppo promotore Parco del Cadore e Libera Cadore presidio "Barbara Rizzo". Al loro fianco figurano poi Mountain Wilderness, Cipra e Wwf Terre del Piave. Quello di Pieve sarà il secondo, in ordine di tempo, di una serie di incontri ed appuntamenti. Un altro è già stato fissato per il 22 febbraio a Domegge, al quale parteciperà don Luigi Ciotti che punterà i fari su argomenti di carattere sociale partendo dalla cura della "casa comune". Gli argomenti che saranno trattati in occasione di questi appuntamenti spaziano dalla manutenzione e gestione dei corsi d'acqua nel contesto post alluvione, al tema della mobilità, passando per la discussione sulla questione dell'accessibilità sui territori di montagna. --DIERRE Gazzettino | 10 Gennaio 2019 p. 15 edizione Belluno Serata per capire i cambiamenti climatici dalla tempesta che ha schiantato i boschi Dopo la seguitissima serata sul futuro dei boschi devastati a fine ottobre l'ambientalismo del Cadore e dolomitico continua la serie di confronti sul futuro del territorio. Venerdì 18 gennaio a Pieve di Cadore, alle 18 in Auditorium Cos.Mo, la seconda tavola rotonda su Tempesta Vaia: i boschi fragili raccontano il cambiamento climatico. Relatori: Anselmo Cagnati, nivologo del Centro Valanghe di Arabba, Sandro Carniel, oceanografo Cnr e divulgatore scientifico e Paola Favero, forestale, comandante reparto carabinieri forestali e scrittrice. Dopo l'emergenza gli organizzatori intendono offrire delle opportunità di riflessione e confronto alla popolazione, agli amministratori regionali, provinciali e comunali, alle Regole, sugli obiettivi da perseguire nella gestione dei beni comuni (foreste, acque, aria, servizi) anche alla luce dei cambiamenti climatici in atto, mai tanto evidenti nelle conseguenze come quest'anno non solo in Dolomiti, ma in tutto il pianeta. Spiegano i promotori del Coordinamento associazioni di volontariato: «È ormai evidente che anche mentre si discute di obiettivi locali per cercare di progettare la qualità del vivere, nel rispetto dei diritti umani, si debba avere sempre presente una logica planetaria, aperta, che demolisca barriere e confini anche ideologici». In futuro altri saranno i temi affrontati compreso quello sulla mobilità nelle Dolomiti e loro accessibilità, della qualità del turismo e dell'identità delle popolazioni che vivono nel patrimonio naturale dell'umanità riconosciuto dall'Unesco. Corriere delle Alpi | 13 Gennaio 2019 p. 17 Come sta cambiando il clima conferenza al Cosmo di Pieve PIEVE DI CADORE Dopo l'incontro del 7 dicembre sulle conseguenze della tempesta Vaia, presenti ben 200 persone, le associazioni ambientalisti

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programmano altri appuntamenti. Il 18 gennaio, venerdì prossimo, sempre a Pieve, alle 18, presso l'auditorium Cosmo, si terrà l'incontro sul tema del clima. Interverranno Anselmo Cagnati del Centro Valanghe di Arabba, l'oceanografo Sandro Carniel e Paola Favero, comandante del Reparto Carabinieri forestali per la biodiversità. Modererà Luigi Casanova. Seguirà il 2 febbraio un incontro sulla risorsa idrica e le centraline. Poi, sulla mobilità e Cadore, il 22 febbraio, un incontro con don Luigi Ciotti. Per finire un confronto sul turismo e la neve sul futuro. Per capire cos'è successo nella notte tra il 28 e il 29 ottobre, le associazioni ambientaliste ricordano che da anni il Nordest attua una gestione selvicolturale basata sulla naturalità, tanto che alcuni interventi sono certificati (Pefc) e alcune proprietà dispongono della doppia certificazione (Fsc). Certamente molte delle superfici colpite dalla devastazione erano costituite da foreste fragili (impianti artificiali, boschi coetanei e monospecifici, inadeguata cura selvicolturale), ma il fattore principale che ha scatenato il fenomeno sembra ascrivibile ai mutamenti climatici in atto: da tempo sull'arco alpino si assiste a fenomeni "anormali" sempre più intensi e frequenti. La tempesta Vaia ha causato lo schianto di circa 8 milioni di metri cubi di legname: circa 3 milioni in regione Veneto, nelle province di Belluno e Vicenza, altrettanti nel Trentino, circa un milione nella provincia di Bolzano, qualche centinaio di migliaia nella regione Friuli Venezia Giulia.Nella provincia di Belluno al danno forestale si è sommato un vero e proprio evento alluvionale. I danni ai boschi nella intera Europa - ricordano le associazioni - comportano annualmente la distruzione di una media di 38 milioni di metri cubi: ben il 50% di questi danni sono dovuti a schianti da vento, il 16% a incendi, altre cause sono dovute a attacchi parassitari o a popolamenti non idonei.Nel recente passato si sono avute devastazioni forestali che hanno superato anche i 200 milioni di metri cubi di schianti. 80 anni fa la superficie boschiva italiana copriva 5 milioni di ettari, oggi siamo a 11.778.000 ettari. Nonostante un aumento quasi esplosivo dell'estensione forestale meno di un terzo di questo patrimonio viene gestito, l'Italia importa quasi l'85% del legname usato: nel nostro Paese si utilizzano solo 1,5 milioni di metri cubi di legname nazionale. --F.D.M. Gazzettino | 18 Gennaio 2019 p. 18 Tina Merlin nelle opere di Graziella da Gioz LA MOSTRA Era una giornalista e scrittrice, ma è riuscita a coinvolgere perfino la sfera artistica. E a ispirare una mostra di pittura che verrà inaugurata venerdì 1 febbraio (ore 18) a Palazzo Mazzolà, sede del Comune di Longarone. Al centro, lei: Tina Merlin. La penna che fece luce sulla tragedia del Vajont rivive grazie alle opere della pittrice Graziella Da Gioz, nella mostra Tina Merlin e il paesaggio - Presenza e ricordo. Madrina d'eccezione sarà la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco, Marcella Morandini. L'evento è stato realizzato da Isbrec, Comune di Longarone, Fondazione Vajont e associazione culturale Merlin, grazie al contributo di Unifarco. «Portando quest'esposizione nel Longaronese - spiega la curatrice Mirta Amanda Barbonetti - volevamo ricordare una figura chiave nella vicenda del Vajont, attraverso lo sguardo e la pittura di una splendida artista, che ha rivissuto e rielaborato i paesaggi di Tina. E al tempo stesso, alla luce del recente disastro ambientale che ha colpito la nostra provincia, ricordare come sia necessario promuovere la cultura del territorio». A tale proposito, l'artista ha creato una nuova sezione di pastelli e incisioni dedicata agli alberi caduti: «Il Vajont, i nostri boschi e i paesaggi descritti dalla Merlin vengono così riproposti da Graziella Da Gioz, con le tele sul monte Toc. Fra le quali l'imponente olio che raffigura la montagna e la sua insanabile ferita». La pittrice nata a Belluno nel 1957, e allieva di Emilio Vedova all'Accademia delle Belle Arti di Venezia, inizia la sua carriera espositiva nel Bellunese, per poi spostarsi a Venezia, Palermo e arrivare, nel 1984, al Museo di Arte moderna di Strasburgo. Significativo l'incontro con il poeta Andrea Zanzotto, la cui opera diventa fonte d'ispirazione. Numerose, inoltre, le personali e collettive in Italia, Brasile, Stati Uniti, Germania, Francia, Macedonia, Romania, Repubblica Ceca, Irlanda e Cile. Non solo: l'artista, di fama mondiale fa parte dell'Associazione nazionale incisori contemporanei. La mostra, a ingresso libero, rimarrà aperta fino al 27 febbraio. Con quali orari? Lunedì, mercoledì e giovedì, dalle 9 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30; martedì e venerdì dalle 9 alle 12.30. Per informazioni, è possibile scrivere una mail a protocollo@longarone.net e istitutobelluno@libero.it. O, in alternativa, telefonare allo 0437.575811, 0437944929 e al 366.2057328. Marco D'Incà Corriere delle Alpi | 29 Gennaio 2019 p. 28 Gestione dei fiumi e loro manutenzione: soluzioni a confronto PIEVE DI CADORE

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Si è tenuto ieri pomeriggio a Pieve il terzo incontro di approfondimento organizzato da una serie di sigle ambientaliste capitanate da Wwf e Mountain Wilderness. Tema del confronto pubblico, ospitato nella sala el CosMo, è stata la gestione dei fiumi con un occhio di riguardo per la loro manutenzione. L'ondata di maltempo dell'autunno scorso ha portato alla ribalta la problematica relativa ai boschi ed alle migliaia di alberi schiantati, tematiche peraltro affrontate in uno specifico incontro tenutosi la settimana scorsa sempre a Pieve; ma l'incontro di ieri sera ha posto al centro dell'attenzione lo stato dei corsi d'acqua bellunesi, riaccendendo il dibattito su quali siano le modalità più opportune di gestione."Artificializzazione o non artificializzazione? ": questo è stato il tema ampiamente dibattuto e che ha portato alla ribalta anche posizioni diverse. L'artificializzazione infatti è considerata oggi, da molti ed alla luce degli eventi alluvionali di fine ottobre, la soluzione migliore per mettere in sicurezza il territorio.«Eppure esistono soluzioni diverse e ugualmente efficaci», hanno sottolineato alcuni dei relatori intervenuti ieri sera al convegno di Pieve. Diverse le domande a cui i presenti hanno provato a dare risposte, suscitando l'attenzione delle decine di presenti. Su tutte la "gestione" della vegetazione e delle sedimentazioni, problematiche annose che riemergono ogni volta che un corso d'acqua, sollecitato da forme di maltempo di portata eccezionale, esonda creando ingenti danni e molte volte pericoli per la vita umana. Il rischio idromorfologico, insieme alla tutela degli ecosistemi, è stato un altro argomento ampiamente dibattuto insieme alla gestione di eventi estremi collegati ai cambiamenti climatici, divenuti ormai sempre più frequenti al giorno d'oggi. Le associazioni promotrici di questa serie di incontri, volti a sensibilizzare tanto la popolazione quanto gli amministratori, coinvolti direttamente nel dibattito, sono Cipra Italia, Mountain Wilderness, Wwf Terre del Piave, comitato Peraltrestrade CadoreCarnia, Italia Nostra Belluno, gruppo promotore Parco del Cadore, Ecoistituto "Alex Langer" e Libera Cadore "Barbara Rizzo".Le date di nuovi incontri verranno rese note nelle prossime settimane. --Dierre BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI Corriere delle Alpi | 31 Gennaio 2019 p. 32 Eventi culturali per Tina LONGARONE Tutto pronto per la serie di eventi culturali dedicati alla memoria della figura della giornalista Tina Merlin. Si tratta di alcune iniziative, denominate "Tina Merlin e il paesaggio: presenza e ricordo", curate da Mirta Amanda Barbonetti, patrocinate e promosse da Fondazione Vajont, Comune di Longarone, Isbrec, associazione Tina Merlin, Provincia, Fondazione Dolomiti Unesco, Regione e Unifarco. Si comincia domani con l'inaugurazione della mostra di pitture ed incisioni dell'artista Gabriella Da Gioz con alcune raffigurazioni che segnano la drammaticità ma anche la forza evocativa e spirituale legata alla tragedia del Vajont. Appuntamento previsto alle 18 in municipio a Longarone con l'esposizione che sarà poi visitabile nel mese di febbraio in orario di apertura degli uffici comunali dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30 nelle giornate di lunedì, mercoledì e venerdì. Secondo evento venerdì 15 febbraio alle 18 con l'incontro "Quella del Vajont, Tina Merlin una donna contro". Per l'occasione ci saranno le letture di Mirta Amanda Barbonetti, foto e filmati d'epoca e una presentazione ed inquadramento biografico della Merlin a cura di Adriana Lotto che presiede il sodalizio a lei dedicato. --Enrico De Col

NOTIZIE DA CAI E RIFUGI Corriere delle Alpi | 8 Gennaio 2019 p. 31 Contributo di 500 euro del Cai per la rassegna "Rifugi di cultura" Belluno Giunge alla sua settima edizione la rassegna "Rifugi di cultura" promossa dal Gruppo Terre Alte del Cai per la valorizzazione dei rifugi come centri promotori della cultura della montagna.L'iniziativa intende promuovere un evento culturale in un rifugio dell'arco alpino o appenninico, in una o due giornate scelte all'interno del periodo estivo (21 giugno - 21 settembre). Se la rassegna 2018 era dedicata alle montagne in conflitto, in concomitanza anche con il centenario della conclusione della Grande Guerra, il 2019 sarà invece tutto all'insegna del rapporto tra Terre Alte e letteratura. Ecco dunque rivolto a tutti i gestori di rifugi, 14 Rassegna Stampa – Gennaio 2019


ma non solo a loro, l'invito a mettere al centro della riflessione uno o più testi letterari che abbiano saputo raccontare la montagna italiana, siano essi romanzi, racconti, poesie, testimonianze di vita, testi teatrali, ecc. Il programma dell'evento dovrà consistere in due momenti. Il primo sarà basato su una proposta culturale declinata in termini di approfondimento scientifico, reading, evento musicale, performance teatrale o altra iniziativa finalizzata a riflettere sul rapporto fra una o più opere letterarie e il contesto montano in cui il rifugio insiste. Il secondo dovrà prevedere invece una proposta enogastronomica che faccia conoscere le piccole produzioni di qualità del territorio circostante.Il Gruppo Terre Alte valuterà le proposte pervenute comunicandone l'accettazione entro la fine del mese di marzo, dando un contributo all'organizzazione (massimo 500 euro) e concorrendo alla pubblicizzazione dell'evento attraverso la stampa sociale, il proprio sito e le locandine dedicate.Il modulo di iscrizione (scaricabile dal sito www.gruppoterrealte.it) va compilato e inviato entro il 10 febbraio all'indirizzo di posta elettronica gruppoterrealte@gmail.com. --Walter Musizza Alto Adige | 10 Gennaio 2019 p. 23 Il Cai ridisegna il Sentiero Italia di Davide Pasquali BOLZANO Ideato nel 1983, effettivamente inaugurato nel 1995 con la prima edizione del Camminaitalia, oggi quasi caduto nel dimenticatoio. Stiamo parlando del Sentiero Italia; con i suoi oltre seimila chilometri attraverso le montagne italiane è il più lungo trekking del mondo. Il tracciato originale, partendo dalla Sardegna, arrivava in Sicilia, risaliva tutti gli Appennini, traversava le Alpi Occidentali, poi le Orientali, infine planava a Trieste. Vai a sapere perché, praticamente ignorava l'Alto Adige. Lo sfiorava. Monte Roen, poi via verso la val di Fiemme. Ora il Club alpino italiano vuole rilanciare il percorso sull'intero territorio nazionale, e in Alto Adige, grazie all'impegno di un gruppo di lavoro guidato da Carlo Alberto Zanella (direttivo Cai Bolzano) e dall'accompagnatore nazionale di escursionismo Filippo Cecconi (Cai Appiano), si è colta la palla al balzo. Dopo mesi di studi e sopralluoghi, a giorni si presenterà la proposta alle sezioni Cai altoatesine, prima di spedirla a Milano, alla sede centrale, per l'ok definitivo: due settimane di percorso, da Cauria (Salorno), fino ad Arabba. Si prenderà il testimone dal Trentino, lo si cederà poi al Veneto. L'Alpenverein Südtirol, e questo è davvero un buon segno di tempi nuovi, si è impegnato a collaborare, così come i parchi naturali della nostra Provincia. Sul campo, infatti, servirà innanzitutto una nuova segnaletica dedicata al Sentiero Italia. In Trentino, invece, dove il trekking conta già oggi su una dozzina di tappe (che, appunto, sfiorano l'Alto Adige, ignorandone però il cuore montano, le Dolomiti) nell'ambiente escursionistico si mormora che non abbiano fatto proprio i salti di gioia. Discussioni, pressioni... Tanto che l'Alto Adige ufficialmente dovrebbe risultare soltanto una variante dello storico sentiero. Vabbe', poco importerà agli escursionisti stranieri e italiani che avranno a disposizione un nuovo percorso delle meraviglie. Partenza dal rifugio Potzmauer, ai Masi Alti di Grumes, al limitare del parco naturale di Monte Corno, poi si toccheranno Redagno, passo Lavazè (possibile salita a Corno Nero e Corno Bianco), Obereggen, Carezza (variante per il Labirinto del Latemar), rifugio Fronza alle Coronelle, malga Hanicker (variante sentiero attrezzato passo Santner con discesa per passo Coronelle o passo Principe e val Ciamin), San Cipriano di Tires, valle Orsara, rifugio Bolzano al Monte Pez (possibile variante per il sentiero Maximilian ai Denti di Terrarossa e salita a passo Molignon), rifugio Sasso Piatto (possibile salita alla vetta), Plan de Gralba, Selva Gardena, rifugio Puez (possibile salita alla vetta), rifugio Franz Kostner al Vallon (possibile variante via ferrata Piz da Lech), Arabba. Tappa giornaliera minima due ore, tappa massima 5 ore e 45 minuti (varianti escluse). Dislivelli positivi da 104 a 1.492 metri, dislivelli negativi da 0 a 1.285 metri. Lunghezze percorse da 4,5 a 12,6 chilometri. In totale, oltre 116 chilometri (varianti escluse), da percorrere in 12 giorni, lungo 30 sentieri segnati classici e non, oltre 48 ore nette di cammino, quasi 7500 metri di salita, oltre 6.200 metri in discesa. Gambe in spalla... Messaggero Veneto | 13 Gennaio 2019 p. 40 edizione Pordenone Val Cimoliana, affidato il ripristino della strada CIMOLAIS Costerà almeno 25 mila euro, un primo ripristino per accedere alla Val Cimoliana dopo la tempesta di fine ottobre. La strada è infatti impraticabile e non consente neppure il transito pedonale in sicurezza. Così che l'amministrazione civica del sindaco

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Davide Protti ha preparato una lista delle priorità, delegando un'impresa di Claut. L'operazione comporterà un'uscita minima di 25 mila euro: a quel punto, il percorso che si inerpica sino al campanile di Val Montanaia sarà fruibile almeno con i fuoristrada. La fase della ricostruzione vera e propria dovrà attendere, soprattutto perché per il ripristino totale della strada servono alcune centinaia di migliaia di euro. La ditta valcellinese dovrà rimuovere le decine di frane e ammassi di pietrisco spinti a valle dalla furia del Cimoliana. Poi andrà rifatta la strada nei tratti erosi dal torrente. Alcuni guadi in cemento devono essere completamente ricostruiti. Saranno centinaia, infine, le piante da abbattere lungo le pendici. «Si tratta di un intervento necessario e urgente, visto che non possiamo lasciare isolato uno dei siti più strategici anche dal punto di vista del turismo», ha detto Protti, ricordando l'alto numero di visitatori del Parco delle Dolomiti friulane che ogni anno raggiunge la Val Montanaia. L'azienda di Claut che ha vinto l'appalto si occupa già della manutenzione ordinaria della strada per un canone annuo di circa 10 mila euro. --F.F. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI Corriere delle Alpi | 16 Gennaio 2019 p. 14 Il sentiero per il "Bianchet" sarà riaperto a metà marzo Francesco Saltini BELLUNO «C'è ancora tanto da fare». Finita la conta dei danni, per il Cai Belluno si prospettano mesi di duro lavoro per provare a sistemare i sentieri messi a soqquadro dall'alluvione di fine ottobre.Se al momento il Settimo Alpini risulta raggiungibile, lo stesso discorso non vale per il rifugio Bianchet: «I problemi da risolvere sullo Schiara sono numerosi», sottolinea Sergio Chiappin, presidente del Cai Belluno. «Se il sentiero "501", quello che porta al Settimo Alpini, è percorribile senza alcun problema (l'unico problema può venire dalla presenza di ghiaccio), la musica cambia per la strada sterrata della Val Vescovà, quella che porta al rifugio Bianchet. L'infinità di alberi caduti e gli smottamenti che si sono verificati durante l'alluvione hanno causato la chiusura della strada. Con le nostre forze non saremmo mai riusciti a renderlo percorribile per l'estate, fortuna vuole che i Carabinieri Forestali ci abbiano garantito il loro appoggio. Bene, qualche giorno fa mi è stato annunciato che per marzo la strada per il Bianchet sarà riaperta, rendendo il nostro rifugio fruibile già per la primavera. I tempi, naturalmente, sono legati al meteo: con giornate belle come quelle di questa settimana, la scadenza potrà essere rispettata».Una volta aperta la strada per il Bianchet, per il Cai Belluno si apriranno nuove problematiche: «Dovremo iniziare a sistemare i nostri sentieri», sottolinea Chiappin, «partendo da quelli messi relativamente meglio. Mi riferisco al sentiero "509", quello che dal Ponte Mariano porta a Casera dei Ronch, prima di inerpicarsi fino a Forcella Cirvoi e scendere a Pian di Caiada, e al "506", nel tratto che da Case Bortot porta a Forcella Monpiana. Qui dovremo rimuovere qualche pianta caduta e sistemare il fondo del sentiero».Poi si passerà all'intervento più corposo, quello che richiederà svariati mesi di lavoro. Parliamo della valle del Rui Fret, dove il sentiero "507", quello che unisce il Ponte Mariano a Forcella Stanzon, passando per Casera Palaza, è praticamente scomparso sotto gli alberi caduti rovinosamente a terra: «Il 507 è interessato da tantissimi schianti di alberi. Ci attende un lavoro molto lungo e difficile, anche perché arrivare lì a piedi richiede tanto tempo, circa tre ore in condizioni ottimali. Per fortuna ci sono tante persone e associazioni che si sono messe a nostra disposizione. C'è una grande mobilitazione tra i bellunesi, significa che la gente ama il proprio territorio».Per quel che riguarda i due rifugi, la parte strutturale non ha riportato danni. Da sistemare un paio di infrastrutture: «Alcune piante sono finite sull'acquedotto che rifornisce il Bianchet, servirà quindi una verifica totale della situazione a inizio stagione. Al Settimo, invece, preoccupa lo stato della teleferica che rifornisce il rifugio. Siamo riusciti a togliere gli alberi che avevano portato a terra le funi, grazie al supporto del Reparto Elicotteri dei Carabinieri, ora dovremo sistemarla. Si tratta di un intervento semplice, ma servono risorse per portarlo a termine. Speriamo che qualcuno si ricordi anche di noi». --

L'Adige | 23 Gennaio 2019 p. 36 Al Brentei un ristorante panoramico MADONNA DI CAMPIGLIO Lo storico rifugio «Maria e Alberto Fossati Bellani» ai Brentei cambia volto e lo fa con una ristrutturazione completa e l'aggiunta di un nuovo volume moderno che volutamente, come dettano le ultime tendenze in campo architettonico, staccherà in maniera netta rispetto all'edificio storico caratterizzandosi per un design e una scelta dei materiali contemporanea. Il nuovo volume 16 Rassegna Stampa – Gennaio 2019


aggiunto al corpo principale del rifugio ospiterà una sala ristorante panoramica, interamente vetrata, per ammirare la Bocca di Brenta, il Crozzon, e la Paganella, che darà la sensazione di mangiare sospesi nel vuoto, nell'abbraccio dalle maestose Dolomiti di Brenta. «Importantissimi i lavori in questo momento - spiega Luca Leonardi , gestore del rifugio con i figli e la moglie dal 2009 per noi è fondamentale che le strutture siano funzionali, ma sicuramente la parte panoramica sarà apprezzata dalla gente, è un bell'arricchimento». Il progetto di ristrutturazione è del Cai di Monza, proprietario del rifugio costruito sul territorio della Comunità delle Regole e Manez e all'interno del Parco Adamello Brenta, e dalle previsioni preliminari impegnerà circa 2 milioni di euro. «I lavori si sono resi necessari perché la struttura era datata - spiega Michele Leonardi , uno dei gestori - nel tempo erano stati fatti dei miglioramenti ma che ormai non riuscivano più a garantire una fruibilità adeguata. Dovendo rispondere alle normative nuove di legge, si è arrivati al punto di dover ristrutturare in maniera più decisa. Si tratta anche di stare al passo con i tempi, non solo di un adeguamento alle normative». «Tutto nasce da un adeguamento funzionale - conferma il consigliere del Cai di Monza Enzo Selvagno -. Si adeguerà la parte a giorno e abbiamo pensato a qualcosa di panoramico sul fronte della Val Brenta. L'obiettivo era anche quello di fare un rifugio che permettesse di ampliare la stagione quindi ci sarà un rifugio nel rifugio in un certo senso, con una parte riscaldata in modo da garantire una trentina di posti letto anche per le mezze stagioni». Il progetto prevede un ampliamento di volume per spostare il bivacco invernale dall'attuale posizione vicino invece al rifugio, in modo da concentrare tutte le costruzioni. Non cambierà la ricettività, come da normative peraltro, che rimarrà di 98 posti letto, ma ci sarà un ampliamento della sala da pranzo. L'attuale volume della struttura, considerando sia il rifugio vero e proprio che il bivacco invernale ora spostato rispetto alla struttura principale, è di 2.802 mc, l'aumento richiesto dal Cai di Monza è di 709 mc, ovvero il 25% in più rispetto alla situazione attuale che porterebbe le strutture ad un volume complessivo di 3.511 mc. Il Comitato di Gestione del Parco Adamello Brenta ha autorizzato in via preliminare il 28 dicembre 2017 la deroga necessaria ai lavori per lo spostamento e la ricostruzione del bivacco in una zona diversa e per l'ampliamento volumetrico, mentre è di qualche giorno fa la determinazione provinciale che autorizza l'estinzione del vincolo di uso civico sulla particella ceduta con permuta dalle Regole di Spinale e Manez al Cai di Monza per permettere lo spostamento del bivacco e la conseguente apposizione del vincolo sulla particella passata invece alla Comunità regoliera. Le formalità per la permuta delle due aree sono in corso di definizione. Ora manca solo il via libera a costruire del Comune di Tre Ville e con la concessione edilizia potrà essere avanzata richiesta di contributo provinciale sull'opera «Vorremmo cominciare il cantiere quest'anno - spiega Selvagno - e completare l'opera nel giro di tre anni considerando che non vogliamo chiudere il rifugio al pubblico». Capanno estivo negli anni Trenta Oggi appartiene al Cai di Monza CAMPIGLIO Legata indissolubilmente al grande alpinista Bruno Detassis che lo gestì in prima persona per la bellezza di 51 anni, dal 1949 al 2000, la storia del rifugio Maria e Alberto Fossati Bellani ai Brentei è iniziata negli anni Trenta del Novecento con un piccolo capanno estivo, realizzato dalla famiglia Gigioti Bolza, di Ragoli. Ai piedi del Crozon di Brenta affiancato dalla Cima Tosa, a guardarsi attorno si ammirano Cima Mandron e il gruppo dell'Adamello con la piramide della Presanella, il capanno ci mise poco a diventare un punto chiave delle esplorazioni dei grandi alpinisti del tempo, così diventò una baita di montagna con alcuni letti che dava rifugio a cacciatori, alpinisti, guide alpine. E infine dopo la Seconda guerra mondiale il Brentei divenne un piccolo rifugio. Lo acquistò qualche anno dopo, e da qui il nome completo del rifugio come lo si conosce oggi «Maria ed Alberto» dai nomi dei suoi genitori, l'allora presidente delle Funivie di Campiglio, ovvero l'imprenditore del settore tessile Gian Vittorio FossatiBellani. Fu lui ad ingrandirlo e ristrutturarlo dandogli l'aspetto odierno e successivamente, lui che era un alpinista monzese, ne fece dono al Cai di Monza, sezione alla quale apparteneva. È a questo punto che inizia l'era della famiglia Detassis, che prima con Bruno e poi con il figlio Claudio si occuperà del rifugio fino al 2008. Da allora, si è preso cura del Brentei la guida alpina Luca Leonardi con la moglie Antonella e i figli Michele e Gabriele. D.R.

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p. 34 La SAT cerca un nuovo gestore per il rifugio Al Velo PRIMIERO Il Rifugio Velo della Madonna cerca un nuovo gestore. Punto di arrivo e di partenza per interessanti itinerari escursionistici e alpinistici, il rifugio è eretto su un terrazzo roccioso ai piedi della Cima della Madonna, nel Gruppo Dolomiti Pale di San Martino, ed è accessibile sia da San Martino di Castrozza che dalla Val Canali. La struttura si trova a 2.333 metri di altitudine e possiede 60 posti letto e circa altrettanti posti tavola. La Sat intende ora affidare a una nuova gestione uno dei più «giovani» rifugi del Trentino, inaugurato il 21 settembre 1980, e ha aperto un bando di selezione. Tra i requisiti richiesti, il futuro gestore del rifugio dovrà possedere conoscenza del territorio, delle vie di accesso al rifugio e ai rifugi limitrofi nonché la capacità di apprestare eventuali necessarie azioni di primo soccorso. Gli interessati devono scaricare dal sito www.sat.tn.it la domanda di selezione e gli allegati, inviandoli all'indirizzo mail rifugi@sat.tn.it. La domanda completa deve pervenire entro le 24 di lunedì 18 febbraio 2019. Per informazioni dettagliate contattare il geometra Livio Noldin al numero 0461.981871, oppure tramite mail a rifugi@sat.tn.it. A.O. Gazzettino | 25 Gennaio 2019 p. 11 edizione Belluno Rifugio Pordenone, l'appello: “Aiutateci a ripulire la zona” CIMOLAIS I montanari si piegano ma non si spezzano. L'ondata di maltempo tra fine ottobre e inizio novembre ha provocato danni gravissimi, ma tanto i cittadini quanto le amministrazioni locali si sono subito rimboccati le maniche per rimettere a posto ciò che vento e acqua hanno devastato. Una delle aree maggiormente colpite è la Val Cimoliana con il Rifugio Pordenone che non è ancora accessibile perché la strada d'accesso è collassata. Se il meteo lo consentirà, si interverrà a primavera. Fino ad allora, non è possibile fare nulla. L'APPELLO I gestori del Rifugio non sono, tuttavia, abituati ad attendere la manna dal cielo e hanno lanciato, tramite social, un appello a escursionisti e amanti della montagna affinché si tengano pronti per dare una mano: Noi stiamo lavorando per la stagione 2019 districandoci tra cascate, salite scialpinistiche, legna e schianti, in attesa di definire le operazioni di intervento sulla viabilità della Val Cimoliana - hanno fatto sapere -. Lavoriamo assiduamente ad un progetto per la sistemazione della sentieristica, insieme alla Fondazione Dolomites Unesco sempre presente, al Cai Pordenone, al Parco Naturale Dolomiti Friulane, alla Commissione Giulio Carnica Sentieri e al Comune di Cimolais. Per queste attività chiederemo l'aiuto di tutti appena possibile. Preparate, quindi, pale e picconi e allenatevi che da lavorare ce ne sarà. State sul pezzo che ci saranno sicuramente dei bei momenti da trascorrere insieme. LA RISPOSTA Un annuncio che ha suscitato la reazione della gente comune, che in poche ore ha fatto pervenire non soltanto la propria generica disponibilità, ma anche concrete azioni di supporto, da chi taglierà la legna a chi rimetterà a posto i muretti caduti. «Siamo veramente grati a quanti ci stanno testimoniando il loro affetto - hanno commentato i gestori - che del resto è quello di 18 Rassegna Stampa – Gennaio 2019


tutti noi verso la montagna. Neve permettendo, pensiamo che la pulizia possa iniziare verso aprile, contestualmente alla sistemazione della strada a carico del Comune di Cimolais. Il campo base sarà garantito da noi al Rifugio Pordenone, ma il lavoro sarà enorme: gli schianti delle piante sono una minima parte del problema, perchè l'acqua ha modificato perfino l'assetto della valle». «L'obiettivo dichiarato per la riapertura del Rifugio agli ospiti è metà maggio - hanno concluso i gestori -, un mese dopo circa la data abituale. Confidando tuttavia in un meteo clemente e non troppo piovoso che si faccia perdonare per i danni che ha provocato in autunno». IL TELEFONO Appello finale per cercare una soluzione alla mancata copertura telefonica: in valle c'è solo il telefono fisso del Rifugio, mentre decine di migliaia di persone che ogni anno raggiungono la zona e l'affascinante Campanile di Val Montanaia lo fanno con gli smartphone muti. Una situazione denunciata più volte anche dal Soccorso Alpino, che viene chiamato spesso per recuperare dispersi o infortunati.Lorenzo Padovan

NOTIZIE DAI PARCHI Corriere delle Alpi | 13 Gennaio 2019 p. 25 Studio universitario sull'identikit dei turisti che visitano il Parco CESIOMAGGIORE Chi sono e cosa cercano i visitatori del Parco delle Dolomiti bellunesi? . L'Università di Padova ha condotto uno studio specifico sul tema e i risultati finali della ricerca saranno presentati in un incontro aperto a tutti, previsto per giovedì 17 alle 17,45 al Museo Etnografico di Seravella, nell'ambito dell'annuale incontro degli operatori, pubblici e privati, impegnati nella realizzazione della Carta europea del turismo sostenibile all'interno del Parco. L'indagine, commissionata dal Parco e realizzata dalla professoressa Mara Thiene dell'Università di Padova (Dipartimento territorio e sistemi agroforestali) in collaborazione con la University of South Australia, ha permesso di raccogliere informazioni dettagliate sul profilo dei visitatori del Parco, sulle attività ricreative svolte, sulle motivazioni che li spingono a visitare i nostri territori, sul grado di interesse e di soddisfazione relativo ai servizi turistici offerti e alla qualità ambientale dell'area protetta. I risultati emersi, che saranno presentati nell'incontro di Seravella, possono fornire utili indicazioni gestionali sia agli operatori pubblici che a quelli privati, impegnati nel miglioramento della fruizione turistica dei territori montani inclusi nel Parco. Lo studio rientra tra le attività del Parco finalizzate alla realizzazione della Carta europea del turismo sostenibile, riconoscimento ottenuto dall'area protetta nel 2015.Un incontro per addetti ai lavori e non solo. -Alto Adige | 18 Gennaio 2019 p. 28 Bletterbach, sì all'ampliamento. Lieve calo dei visitatori ALDINO Il Cda del Geoparc Bletterbach di Aldino con l'inizio dell'anno nuovo si è ritirato in clausura per valutare la stagione 2018 e per stabilire la roadmap per il 2019. «Il 2018 è stata una stagione con tanti momenti speciali, anche se a causa del tempo non ci sono stati così tanti visitatori come negli anni scorsi», afferma il presidente Peter Daldos. Nel frattempo i lavori per l'ampliamento del Centro visitatori ad Aldino stanno diventando sempre più concreti: dopo la pubblicazione del concorso d'idee e la scelta del vincitore, il progetto alla fine del mese sarà presentato alla popolazione. 56.000 visitatori e 520 escursioni guidate con 7.816 partecipanti che sono stati accolti da 7 collaboratori, 2 praticanti e 24 guide: ecco i principali dati della stagione 2018 nel Geoparc Bletterbach. Anche se la struttura del Comune di Aldino a causa di maltempo ha registrato 4 mila visitatori in meno riferito al 2017, lo scorso anno è stato organizzato un numero di visite guidate finora mai raggiunto con così tanti partecipanti come mai prima, mediamente 15 per visita. «È stato un anno molto intenso, durante il quale siamo riusciti a porre nuovi accenti», dice il presidente del Geoparc Bletterbach Peter Daldos riassumendo un anno movimentato. Il cda ricorda inoltre la visita di università e studenti. «Man mano riusciamo a creare una rete stretta con le università in Alto Adige, in Italia, in Europa e oltre», spiega il

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presidente Daldos, visto il riconoscimento scientifico della gola. Un riconoscimento, che va oltre la geologia: l'agenzia spaziale Esa è interessata a dichiarare il Bletterbach come zona «Mars Sedimentation Analoge», visto che le rocce sedimentarie presentano tratti simili con gli strati sulla superficie di Marte. Questo comunque è solo uno dei progetti, che il cda pianifica per il futuro. In occasione della clausura, l'assessore uscente Richard Theiner ha contribuito alla discussione con numerose idee per lo sviluppo del Geoparc. In concreto nei prossimi mesi ed anni sono in programma la collaborazione con diversi partner a livello internazionale, la produzione di film-documentari, l'intensificazione delle pubbliche relazioni e l'invito a venire a visitare Bletterbach ad un rappresentante dell'Unesco. In occasione del 10° anniversario dell'inserimento delle Dolomiti nel patrimonio Unesco, il Bletterbach sta invece organizzando una serie di eventi speciali dedicati non solo agli amanti della geologia, ma anche a chi si interessa di musica e astronomia. Il 24 gennaio si terrà un'assemblea civica su questo e altri temi al Centro Sportivo di Aldino. Alto Adige | 26 Gennaio 2019 p. 28 Bletterbach, il centro per i visitatori ampliato di 600 metri di Massimiliano Bona ALDINO Il centro visite del Geoparc Bletterbach cambierà faccia. Giovedì sera, ad Aldino, è stato presentato il progetto vincitore del concorso di idee che prevede - tra le altre cose - 600 metri quadrati di spazi in più. Nuove aree e, sicuramente, ulteriori possibilità di crescita per una struttura che ha 13 anni ma è già uno dei fiori all'occhiello nella zona Dolomiti Unesco. Tra le novità di maggior rilievo un ingresso più spazioso, un'area dedicata alla consegna dei caschi (obbligatori), un'area espositiva più grande e una sala multifunzionale per attività alternative nei giorni di pioggia. «Questi sono i pre-requisiti che abbiamo inserito nel concorso di progettazione per la nostra nuova struttura». La scelta, alla fine, è caduta sul progetto dello studio bolzanino CeZ degli architetti Rinaldo Zanovello e Carlo Calderan e dell' ingener Rudolf Senoner (M&N Plan Consulting). Ad illustrare i dettagli nel corso di un'assemblea civica è stato Calderan. «La maggioranza dei visitatori del Geoparc ha solo un'idea piuttosto vaga di quello che lo aspetta durante l'escursione nella gola», così l'architetto. «Era importante, quindi, creare una connessione tra il Centro visite e il canyon, nella quale però l'architettura non appare come un edificio, ma è percepita come parte della modellazione del terreno creando un paesaggio artificiale». Il progetto vincitore è esposto al Centro sportivo di Aldino fino a domenica, dalle 14 alle 22.

SCOPERTE SCIENTIFICHE NELLE DOLOMITI L'Adige | 24 Gennaio 2019 p. 7 Quell'estinzione risparmiò le piante La «Grande moria», l'estinzione di massa del Permiano-Triassico di circa 252 milioni di anni fa, non ebbe sulle piante quegli effetti devastanti che fecero invece scomparire la gran parte degli animali, soprattutto marini. A «rivoluzionare» le dinamiche delle estinzioni di massa finora ipotizzate è lo studio di Evelyn Kustatscher e Hendrik Nowak , del Museo di Scienze Naturali di Bolzano ed Elke Schneebeli-Hermann , dell'Università di Zurigo, pubblicato ieri sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Nature Communications . È sorprendente, e destinato probabilmente ad aprire un dibattito nella comunità scientifica, l'esito della ricerca paleontologica realizzata da Kustatscher, Nowak e Schneebeli-Hermann, illustrata nell'articolo No mass extinction for land plants at the Permian-Triassic transition sulla rivista online open access Nature Communications (www.nature.com/ncomms), edita dal gruppo Nature. «Finora si pensava che la grande estinzione di massa del limite Permiano-Triassico avesse coinvolto sia gli animali che le piante, e che entrambi avessero reagito allo stesso modo agli sconvolgimenti che la produssero», chiarisce la paleobotanica

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sudtirolese Evelyn Kustatscher. «Questa ricerca dimostra che non è così. Si verificò certamente la scomparsa di alcune piante, ma in una misura trascurabile rispetto a quella di oltre il 50 per cento dei generi o famiglie, come precedentemente supposto da alcuni studi. Ciò cambia di molto il nostro modo di ipotizzare le dinamiche di un'estinzione di massa». Il risultato è il frutto di un lavoro di raccolta e confronto di dati provenienti da tutto il mondo. L'obiettivo era capire cosa successe alle piante nell'arco temporale dal Permiano superiore (260 milioni di anni fa) al Triassico medio (circa 235 milioni di anni fa). «Abbiamo messo insieme e analizzato più di 34.000 record di spore e pollini e oltre 8.000 record di piante terrestri fossili di quel periodo», informa Hendrik Nowak. Evelyn Kustatscher, alla quale ci siamo rivolti, spiega la genesi e le conclusioni del lavoro. Kustatscher, come è iniziato lo studio? «Siamo partiti da un progetto di ricerca dell'Euregio che unisce Muse di Trento, Museo di Bolzano e Università di Innsbruck, nato per vedere che effetto ebbe l'estinzione di massa sugli ecosistemi terrestri, in quanto di solito si studiano gli animali marini». E cosa avete fatto? «Siamo partiti andando sul terreno in varie sezioni delle Dolomiti che potessero contenere questo "momento" di 252 milioni di anni fa, che è la maggiore estinzione di massa da quando esiste la Terra. Siamo stati al Bletterbach, a Passo San Pellegrino, a Gabbiolo, in Val Badia e Gardena, in Carinzia, a Braies, Cortina, nel Tirolo dell'Est, a Udine... Osservando la successione, ci siamo posti il dubbio che l'assenza di fossili fosse dovuta alla mancata conservazione, al tipo di roccia. Partendo da questo presupposto abbiamo deciso di guardare in tutti i Paesi del mondo - anche in Antartide - e abbiamo analizzato la letteratura, le collezioni, soprattutto in Europa, e le successioni da carotaggi. Ci sono voluti due anni, con l'aiuto di colleghi all'estero, collaborazioni soprattutto con la Russia e la Cina. Mettendo insieme i dati, grazie ad un programma elaborato da Nowak sono uscite le curve che mostrano come la biodiversità è cambiata nel tempo. Ci aspettavamo di trovare un "buco" dopo l'estinzione, con piante diverse da quelle che esistevano prima. Invece c'è una diminuzione del dieci per cento, anche meno, con alcuni gruppi come le conifere che non scompaiono e, dopo l'estinzione, cominciano ad avere maggiori forme diverse. Quindi l'estinzione di massa non sembra avere avuto la stessa influenza sugli animali e sulle piante, soprattutto sugli animali marini e sulle piante terrestri». Può fare qualche esempio? «Il genere della cosiddetta felce con seme, oggi estinta, lo troviamo prima, e diventa uno dei gruppi più importanti dopo l'estinzione. Stessa cosa per alcuni muschi e alcune felci, spesso con una grande irradiazione, in una tipologia di ambienti diversi». Gli esiti cambiano dal punto di vista geografico? «Sì, in Alto Adige vedremmo una estinzione molto forte, in Sudafrica troviamo piante che riescono a sopravvivere all'estinzione, come in Cina. Ci sono quindi dei "rifugi" dove queste piante hanno condizioni di vita migliori e possono sopravvivere, continuare a crescere o rigerminare dopo l'estinzione prima che in altre zone». Che conclusioni si possono trarre? «Vedendo che animali e piante si comportano in modo molto diverso dinanzi allo stesso stress - temperatura che si alza, aumento della Co2 - dovremmo presupporlo anche per il futuro. Adesso dobbiamo capire perché alcune piante reagiscono un po' meglio. Le spore, e in particolare i semi, sono in grado di sopportare lunghi periodi di avversità prima di germinare, anche dopo centinaia di anni in casi fortunati». Come proseguirà il progetto? «Non tutti i dati sono stati pubblicati; vorremmo anche capire quali sono i sedimenti che possono aver conservato meglio l'informazione durante l'estinzione, dove dobbiamo cercare in futuro per trovare i fossili, e capire cosa succede in Dolomiti e perché». Ci sono già «reazioni» allo studio? «Arrivano messaggi e-mail ogni cinque minuti: un collega dalla Siberia, uno dalla Nuova Zelanda... Lo studio apre un dibattito, dovremo confrontarci con i colleghi».

APPROFONDIMENTI Corriere delle Alpi | 31 Gennaio 2019 p. 32 Unesco, muretti a secco armonia tra uomo e natura

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belluno I muretti a secco fanno parte da millenni del lavoro e della cultura di molti paesi e costituiscono spesso un elemento caratteristico del territorio. Lo sanno bene anche i bellunesi, che in passato alle pietre sapientemente connesse hanno affidato il rispetto di controverse linee di confine, anche internazionali (si pensi alle marogne del 1753 tra Serenissima e Impero tedesco), o la salvaguardia di campi, case ed orti (i murazzi di Longarone), o ancora la difesa da invasori (i fortini di Soccher o le trincee della Grande Guerra). Pochi mesi fa l'Unesco, attraverso il Comitato per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, riunitosi il novembre scorso nelle isole Mauritius, ha iscritto "L'Arte dei muretti a secco" nella lista degli elementi immateriali dichiarati Patrimonio dell'umanità. Naturalmente ciò costituisce una grande soddisfazione anche per il nostro paese, che aveva presentato la candidatura assieme a Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Tra i comprensori italiani più interessati al riconoscimento ci sono il Salento, la Costiera Amalfitana, Pantelleria, le Cinque Terre e tanti altri. Qualcuno ha pensato subito alla possibilità di inserire nel discorso anche i muretti bellunesi, in particolare quelli sulle Dolomiti, ma sul tema è arrivata la precisazione di Marcella Morandini che è intervenuta pochi giorni fa sul sito della Fondazione Dolomiti Unesco (www. dolomitiunesco. info).«La bella notizia - dice il direttore - ha generato qualche accostamento improprio con il Patrimonio dolomitico, complice il fatto che anche alcuni territori delle province dolomitiche custodiscono esempi, antichi e recenti, di questa pregevole arte. Si tratta però, è bene sottolinearlo, di due Patrimoni differenti, non solo, come evidente, nella sostanza, ma anche nella forma. Il primo aspetto da sottolineare è che l'iscrizione riguarda il bene "immateriale" rappresentato dall'arte di realizzare i muretti a secco. Le Dolomiti invece sono state iscritte nella Lista del Patrimonio Mondiale Unesco nel 2009 come Bene naturale composto da 9 sistemi che dal Brenta alle Dolomiti Friulane e d'Oltre Piave abbracciano un territorio condiviso da Trentino, Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Quella dei muretti a secco è un'altra storia. L'arte del costruire i muretti a secco (non i muretti in senso fisico) è stata iscritta nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale. Alla base di questi due processi ci sono due convenzioni completamente diverse e due filosofie completamente diverse».Ma la Morandini non esclude rapporti ed analogie che possano intersecare e connettere in qualche modo le due diverse concezioni: «È possibile anche sottolineare un tratto comune. Tra le motivazioni del riconoscimento dell'arte dei muretti a secco si legge: "Queste conoscenze pratiche vengono conservate e tramandate nelle comunità rurali, in cui hanno radici profonde e le costruzioni dimostrano l'armoniosa relazione tra gli uomini e la natura e allo stesso tempo rivestono un ruolo vitale per prevenire le frane, le inondazioni e le valanghe, ma anche per combattere l'erosione del suolo e la desertificazione". La relazione armoniosa tra uomo e natura, la cura del territorio e del paesaggio, di cui l'arte di realizzare muretti a secco è un'espressione, rappresentano i valori "faro" per la gestione dell'intero, complesso, Patrimonio delle Dolomiti». --Walter Musizza

DOLOMITI IN TV L'Adige | 11 Gennaio 2019 p. 35 «Linea Bianca» gira la valle FIEMME Domani alle 14, tutti sul divano davanti alla tv per guardare su Rai Uno la puntata di Linea Bianca girata lo scorso dicembre in Val di Fiemme. Il tradizionale appuntamento con la montagna arriva in valle. Cultura, realtà di imprese, curiosità, tradizioni per esplorare una valle fra le Dolomiti del Trentino. I presentatori Massimiliano Ossini e Giulia Capocchi con Lino Zani fanno un «viaggio» alla scoperta della parte più selvaggia del Lagorai in compagnia della guida alpina Sandro De Zolt, delle piste da sci dell'Alpe Cermis con Flavio Delvai e i maestri di sci della scuola di questa skiarea. Una ricca pausa pranzo al Rifugio Paion per la parlare della gastronomia nei rifugi e fare un salto nel passato con la Mòsa. Un piatto povero ma che è un inno alla convivialità, proposto da una grande appassionata di cucina: Elsa Danzi. La cucina raffinata dello chef stellato Alessandro Gilmozzi con le sue creazioni che «sanno di bosco», frutto di una continua e minuziosa ricerca. E ancora la gestione delle foreste di Fiemme, il lavoro dei boscaioli, la storia millenaria della Magnifica Comunità di Fiemme, la sua segheria e l'intera filiera del legno presentata da Stefano Cattoi e Andrea Ventura. Un percorso che va dalla selvicoltura fino agli scarti del legno che si trasformano in calore grazie al teleriscaldamento di Cavalese.

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