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3 LUGLIO 2022 MARMOLADA

L’Adige | 6 agosto 2022

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“Ghiacciai una mappa del rischio”

«Tornare su luoghi di dolore e attività operativa è sempre importante, per ricordare le vittime e ringraziare le persone che operano con grande professionalità e generosità. Il disastro della Marmolada è stato un momento che è entrato nelle coscienze di ognuno di noi, per la tragicità e perché ci ha messo di fronte ai rischi della montagna. Eventi come questo devono stimolare un confronto, e su questo è partito un percorso con le Regioni, le comunità alpine e con chi affronta i cambiamenti climatici» a dirlo è stato, ieri, il capo della protezione civile nazionale Fabrizio Curcio, che ha partecipato ai due incontri ufficiali in val di Fassa. Due momenti, uno a Canazei, in municipio, con soccorritori e sindaci, e l'altro ai piedi della Marmolada, per un momento di preghiera, nel quale il parroco, don Mario Brevin, ha benedetto i luoghi. Tre i motivi per cui, si è ribadito, ha un senso tornare a Canazei a un mese dal dramma: esprimere la propria solidarietà alle famiglie delle vittime, ringraziare i soccorritori e dare sostanza aduna riflessione che è già partita. Perché un ghiacciaio che si spacca e frana non può essere considerato un evento da superare senza interrogarsi sulla sicurezza in montagna. Quanto alle parole per le vittime, sono arrivate sia dal presidente Maurizio Fugatti che dal sindaco di Canazei Giovanni Bernard. Sui soccorritori sono state chiare le parole del commissario del governo è stato E sui soccorritori sono definitive le parole del capo della protezione civile nazionale: «In condizioni estreme, sotto un rischio residuo importante, hanno fatto un lavoro straordinario - ha osservato Curcio - dobbiamo partire dalla capacità che questo Paese ha. La Protezione civile nazionale può dare supporto logistico, ma l'operatore locale, che conosce ogni singolo crepaccio di questa montagna, fa la differenza». La differenza l'ha fatta, ha osservato Fugatti ringraziando gli operatori del soccorso, il sistema trentino e la capacità di raccordo con le autorità nazionali, che hanno dimostrato «grande spirito di solidarietà e competenza. Crediamo di aver dimostrato, da una parte come protezione trentina di avere le competenze per fatti d questo tipo e dall'altra di mettere in campo una collaborazione a tutti i livelli nazionali che, vista la portata della tragedia era doverosa, perché non era stato facile gestire quanto accaduto, e quindi la presenza oggi qui dell'ingegner Curcio va nella direzione di confermare questo spirito collaborativo». Poi c'è il tema della sicurezza. Curcio ieri ha sorvolato il ghiacciaio - «è come se si percepisse un grido di dolore, comunica una forma di sofferenza, dobbiamo essere attenti a questi segnali» - e ha annunciato la mappatura del rischio in ambiente glaciale e periglaciale su circa 900 ghiacciai italiani. Ma parlando di sicurezza ha evidenziato la necessità di formazione. E in questo senso è stata apprezzata l'iniziativa del vicepresidente Mario Tonina, presidente della fondazione Unesco, che ha annunciato l'istituzione di tre giornate dei ghiacciai: un ciclo di incontri periodici che partirà il 13 settembre. Infine, dopo l'incontro autorità e soccorritori sono saliti nell'area Fedaia, ai piedi del ghiacciaio. Don Mario Brevin ha benedetto i luoghi: «La montagna non è mai maledetta, ma il luogo in cui la natura vive i suoi ritmi» ha osservato.

L’Adige | 6 agosto 2022

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Fedaia ferita, fatica a rialzarsi

chiara zomer «Arrivano in pochi e quelli che lo fanno, spesso, ci chiedono solo dov'è il buco». Eva Soraruf praticamente è cresciuta ai piedi della Marmolada. I suoi nonni gestivano il rifugio Dolomia, poi i suoi genitori. Ora c'è lei, che quel ghiacciaio è costretta a vederlo agonizzante. Che l'ha visto spezzarsi. E che adesso fa i conti con un dopo, i cui contorni non sono chiari per nessuno. Lei risponde a tutti, certo. Ma le fa male. Perché è della Regina delle Dolomiti che si sta parlando. Sarà pure caduta, ma non si merita il turismo dell'orrore. Serve rispetto.Ad un mese dalla frana che è costata la vita a 11 persone, ieri sono saliti in val di Fassa il presidente Maurizio Fugatti e la giunta provinciale al completo, il commissario del governo Gianfranco Bernabei, il capo della protezione civile nazionale Fabrizio Curcio, i rappresentanti di forze dell'ordine e soccorritori, i sindaci della zona. Per un abbraccio alle famiglie delle vittime. Per ringraziare i soccorsi «per la professionalità e la compostezza». Per una benedizione dei luoghi. Perché serve non dimenticare.A Canazei la vita sembra scorrere come prima. D'altronde lì i turisti sono abbastanza, in questo inizio agosto, da intasare la fragile strada, nell'ora di punta. Ma lassù non dimentica proprio nessuno, perché ogni giorno è lì a ricordargli che niente è più come prima.«Basta guardare: ci sono parcheggi vuoti, quando mai è successo, in agosto? Qui abbiamo perso tantissimo». E fa i conti, Andrea De Bernardin, sindaco di Rocca Pietore, nel Bellunese, ma soprattutto gestore del rifugio all'imbocco del sentiero. Uno che la memoria della Marmolada la coltiva da sempre, con il suo museo della Grande Guerra. Fa i conti e scuote la testa: «Messe tutte insieme le

attività che sulla Marmolada vivevano, tra Trentino e Veneto, giù e giù fino a malga Ciapela, aggiungendo gli impianti, saranno 200 persone che lavoravano. Ma la situazione è critica: abbiamo perso il 50% della clientela. A Canazei è diverso, vivono su altre montagne, avranno sentito un calo minimo. Ma qui, è pesantissimo».Una stima anche ottimistica, secondo Eva Sorarif: «Qui sul fronte trentino siamo 8 strutture, poi ci sono i veneti. Facile fare i conti: la funivia in questa stagione faceva 1.800 passaggi. Adesso sono 3 - 400. Io una volta facevo 90 coperti ogni domenica, la scorsa ne ho fatti 17». E in effetti su quei tavolini rossi con vista sul ghiacciaio non c'è seduto nessuno. Ed è mezzogiorno. Solo una coppia, dall'altra parte del dehor. Questo non è lavoro, è aprire per spirito di servizio: «Esatto, stiamo aperti per garantire un servizio. E la gente chiede dov'è il buco, o dove deve andare per mettere un fiore, se si arriva in macchina sul luogo». Lei risponde e resiste, in quest'annata disgraziata, dove anche il lago fa tristezza, ridotto a poco più di una pozza.Sembra andare un po' meglio ai colleghi che sempre a Fedaia stanno, ma dall'altra parte del ponte. Sono sulla strada, di passaggio. Evidentemente aiuta: qui i parcheggi sono decisamente meno vuoti, anche se non c'è il pienone che si vede in valle o che si è visto in altre occasioni, in altre estati. Quando non si doveva chiudere un rifugio per pericolo crollo. Quando non si guardava un ghiacciaio come si guarda un sorvegliato speciale. Perché la protezione civile parla di «percorso in fase di elaborazione, sulla sicurezza che coinvolga tutti territori dell'arco alpino», ma quassù hanno capito che quest'estate il ghiacciaio non riaprirà più e anche nel futuro rimarrà tra quelli da guardare con attenzione o - questa la paura - con sospetto.Il sindaco , intanto, qualche risposta prova ad abbozzarla, pensando al futuro, anche se non è facile: «L'impegno, anche a livello comunale, sarà per far rinascere la zona del Fedaia - ha assicurato Giovanni Bernard - magari con progetti nuovi, penso al bacino Enel, penso allo stesso ghiacciaio che potrebbe essere valorizzato per la didattica, per incentivare la conoscenza delle difficoltà climatiche e ambientali che stiamo vivendo». Ripensarsi, insomma. E ripensare un luogo che fino a pochi anni fa era già perfetto così. Quanto al resto della valle, a partire da Canazei, l'impressione è opposta. Il turismo macina come negli anni buoni. «Basta che non parliamo di Marmolada», ti senti dire. E ancora: «Non ne possiamo più», sbotta una gentile signora, che offre anche indicazioni stradali. È evidente che qui, nel rispetto del dolore, si cerca di andare oltre il dramma. «Io su c'ero, quel giorno, sono pompiere volontario - racconta Marco Macioce, responsabile di sala al Laurin, romano che dopo aver lavorato in mezzo mondo, nel 2008 ha scelto la val di Fassa per accasarsi - ma ho fatto solo un giorno. Perché non ce l'ho fatta. C'è un limite a quel che si può chiedere a un volontario». Distoglie lo sguardo e si capisce che pensa alle ricerche tra detriti e ghiaccio. E ragiona sulla stagione, che a differenza che sul Fedaia non si è mai fermata: «No, c'è sempre stato il pienone. I turisti qui non sono mai mancati». E ieri bastava uno sguardo alla strada a capire che non sbaglia: fino alle 10 la statale era intasata come da tradizione, si procedeva a passo d'uomo. D'altronde Canazei vive non solo sulla Marmolada. Dal tavolino del ristorante si vede il Sass Pordoi, le Torri del sella, il Sasso lungo. Più a sud il Catinaccio. Da qui la Marmolada non si vede nemmeno. Qui è più facile andare avanti.

Corriere delle Alpi | 6 agosto 2022

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Esperti "a guardia" del ghiacciaio Nel pool anche due bellunesi

PASSO FEDAIA Un tavolo di esperti per gestire i ghiacciai in condizioni di emergenza. Ne faranno parte anche Gianni Marigo e Stefano Micheletti, dell'Arpa Veneto. Lo ha annunciato, a Canazei, Fabrizio Curcio, ad un mese dalla tragedia che ha fatto 11 vittime. Curcio è il capo della Protezione civile. «È allo studio un sistema per la sicurezza in ambiente alpino. La prospettiva della sicurezza deve essere valutata per ogni attività umana. Noi puntiamo a ragionamento di omogeneità». A Canazei ieri c'è stato un vertice della Protezione civile, col presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, l'assessore regionale del Veneto, Giampaolo Bottacin, altri amministratori, dirigenti del Soccorso alpino e delle altre forze in campo. «Al momento non possiamo dire sì ad un sistema a semaforo», ha subito precisato Curcio, «perché l'informazione scientifica ci aiuta fino a un certo punto. È un sistema che richiederà tempo, ma l'elemento essenziale resta la consapevolezza del rischio».E il presidente Fugatti: «Tra un paio di settimane dovrebbero arrivare le conclusioni. Credo non si possa parlare di provvedimenti per chiudere la montagna, ma di sistemi di allerta omogenei, uguali per tutto l'arco alpino, in grado di segnalare i possibili rischi».Ma intanto? Il ghiacciaio della Marmolada resterà chiuso. Il presidente lo ha detto chiaro e tondo, tranciando le speranze degli operatori del Fedaia, ma precisando che saranno ristorati gli operatori turistici che hanno sospeso l'attività. Resta inteso, invece, che rimane aperto il versante veneto, con la funivia che da Malga Ciapela sale a Serauta e Punta Rocca. A riguardo del piano, precisa ulteriormente Bottacin: «Gli esperti definiranno anche le linee guida per gli eventuali allertamenti in caso di emergenza». Né bandierine gialle, dunque, né semafori. «Dobbiamo metterci in testa che non ci sarà il semaforo a dirci se possiamo andare o meno in un posto piuttosto che in un altro», ha insistito Curcio, «servono invece consapevolezza e formazione sull'approccio con cui ci avviciniamo alla montagna, ma in generale all'ambiente».Anche perché dalla commissione grandi rischi è emerso che i ghiacciai si ritirano di un metro all'anno.« Sorvolando la Marmolada ce ne siamo resi conto. Si sente il grido di dolore della montagna», ha testimoniato il capo della Protezione civile. Dopo il vertice a Canazei, tutti a passo Fedaia per rendere omaggio ai morti, con una benedizione da parte del parroco.«La natura è un continuo balletto di vita e morte. Ma questo ci ricorda che

anche noi appartiamo a questa natura, nel bene e nel male».Così, il parroco di Canazei (e pompiere volontario) don Mario Bravin, durante la breve cerimonia di benedizione . «Noi non possiamo più fare del bene alle vittime, ma possiamo raccogliere le loro spoglie come gesto di pietà e affidarli all'Onnipotente», ha detto Bravin.«Siamo ai piedi della Marmolada che in questo mese ci ha fatto tanto penare nella sua forza e bellezza. Nella sua bellezza riposano le persone morte nel disastro e quelle morte durante la guerra», ha concluso il sindaco di Canazei, Giovanni Bernard.«Andremo avanti nelle ricerche almeno fino alla fine del mese. Lo avevamo detto subito e lo ribadisco. Continueremo a salire sul ghiacciaio fino a quando le condizioni meteo lo consentiranno per recuperare fino all'ultimo reperto», ha assicurato il presidente del Soccorso alpino nazionale, Maurizio Dellantonio. --francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere del Veneto | 6 agosto 2022

p. 4, edizione Treviso-Belluno

Un piano della sicurezza per i ghiacciai «Ma non ci saranno bandiere rosse» Il capo della Protezione civile Curcio sulla Marmolada: necessaria collaborazione tra Regioni e Province

Daniele Cassaghi CANAZEI Collaborazione. Questa è stata la parola più gettonata ieri durante le celebrazioni a poco più di un mese della tragedia della Marmolada. La prossima partita su cui dimostrare unioni di intenti sarà sulla gestione dei rischi sui monti. Lo dimostra la presenza del numero uno della Protezione Civile Nazionale, Fabrizio Curcio. Da Canazei rende noto che sono in cantiere «dei tavoli con gli esperti del settore e delle regioni alpine, per cercare di immaginare prodotti che migliorino la fruizione della montagna». Tradotto: si sta studiando un modo di dare un approccio uniforme alla sicurezza su tutte le Alpi. «Qua non si tratta di dare un sistema d’allarme simile a quello meteorologico — specifica però Curcio — Si tratta di individuare su tutto l’arco alpino se ci sono degli elementi che rendono più pericolose alcune aree rispetto ad altre». E il Trentino si proietta in avanti: «I sistemi di gestione che verranno presi a livello nazionale, varranno anche qui», dichiara il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti. Intanto bisogna essere chiari: non si parla di un sistema di allarme, se con questo si immagina un semaforo che dice in anticipo cosa fare per mettersi in sicurezza. «Oggi questo non c’è o è limitato a situazioni molto specifiche che permettono di capire cosa monitorare e quindi il tipo di segnalazione, ma non esiste in modo generalizzato». E lo stesso si può dire per quelle proposte come l’introduzione delle bandiere rosse su modello delle coste marittime. Allo stato attuale non è possibile far sì che vengano adottate su tutte le Alpi in modo inequivocabile. E i motivi sono due. Se, da una parte è vero che un percorso per mappare le situazioni locali è stato già avviato, dall’altro, serve però molto tempo per portarlo a termine. E bisogna che sia stabile e sicuro. «Ricordo che anche il sistema meteo, nato a valle dei problemi del 1994 ha impiegato anni per essere sviluppato e dare quella tranquillità all’utente che dà oggi», puntualizza Curcio. Il secondo motivo è che i parametri utilizzati per monitorare i vari elementi delle Alpi non sono uniformi. Ogni territorio ha un approccio diverso, e superare questo scoglio è una precondizione per poter arrivare un giorno a un sistema di sicurezza comune. «Prendiamo ad esempio i censimenti dei ghiacciai – spiega Curcio – Sappiamo che ne abbiamo circa 900 sull’arco alpino, ma non sono monitorati. E sono stati censiti seguendo criteri diversi, che dobbiamo rendere uniformi». E infatti la Commissione grandi rischi ha deciso di tracciare delle linee guida e dei criteri omogenei dei pericoli che si corrono nelle prossimità dei Ghiacciai. Insomma, il traguardo è la fine «dell’ognuno per sé». E il motivo lo si rintraccia nelle parole di Fugatti: «Credo che non debbano esserci fughe in avanti dei singoli territori. Sarebbe difficilmente comprensibile e comunicabile. Da noi, arrivano turisti stranieri e da diverse parti d’Italia. Sarebbe difficile far capire che, ad esempio, in Trentino c’è un approccio, in Piemonte un altro e in Veneto un altro ancora». Sono proprio i cittadini e i turisti i primi a dover fare attenzione alla propria incolumità. Per questo è importante la sensibilizzazione. «La prospettiva della sicurezza riguarda ogni attività umana – conclude Curcio – L’elemento essenziale rimane la consapevolezza del rischio». Gli fa eco l’assessore all’ambiente Mario Tonina, che declina il concetto in chiave di attività umane impattanti: «Il consiglio d’amministrazione della Fondazione Dolomiti Unesco che presiedo ha rinnovato l’impegno a informare sui temi del cambiamento climatico. E come provincia autonoma abbiamo già istituito tre giornate di discussione sui ghiacciai. La prima sarà il 13 settembre al Parco dello Stelvio». Infine, si torna al concetto di collaborazione, necessaria per avanzare nel progetto. In gioco, prima di tutto, le autorità. «I fatti di un mese fa hanno dimostrato la capacità collaborativa con la regione Veneto, quindi, il dialogo va avanti con le stesse modalità» precisa Fugatti. E trova una sponda nell’assessore regionale all’ambiente Gianpaolo Bottaccin: «Fin dai primi momenti abbiamo lavorato insieme alla Provincia di Trento. Per quanto riguarda la gestione successiva della montagna, come in tutte le aree, si fa una valutazione a seconda degli scenari specifici. Ed è stato così anche qui. Non c’è nessun tipo di problema nella gestione ordinaria del posto».

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