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NOTIZIE DAI RIFUGI

Due fatti concreti fanno accelerare il Treno delle Dolomiti. L'elettrificazione della ferrovia della Valsugana, per ora finanziata sino a Borgo, ed il fatto che entro il 2030 gli attuali Minuetto a trazione diesel dovranno andare in pensione. Due realtà che hanno convinto il governatore Maurizio Fugatti ad andare a "vedere" con più convinzione se la tratta sia destinata ad uscire dal libro dei sogni o, al contrario, rimanere definitivamente in quell'ambito. E così la giunta ieri ha deliberato il via allo studio di fattibilità tecnico economica per un progetto di cui si discute da anni, quello di un collegamento tra le linee Primolano-Bassano del Grappa con la Belluno Montebelluna. Un anello di grande fascino, anche se con un bacino di potenziali fruitori non proprio vasto e dagli intuibili costi altissimi. Non è un segreto che l'esecutivo provinciale abbia in animo di seguire a breve il medesimo binario anche per un altro tratto, questa volta tutto Trentino, ovvero il collegamento tra Rovereto e Riva.Ma rimaniamo sul Ring delle Dolomiti, un anello per cui RFI realizzerà lo studio, la Provincia fornirà la documentazione e le informazioni in suo possesso e sosterrà la spesa di 64.500 euro. Sarà anche costituito un gruppo di lavoro. In primo luogo va detto che Trento si occupa di un progetto fisicamente situato in Veneto perché fa parte di quei ragionamenti sui territori di confine. Qui l' l'Autonomia è da tempo impegnata per fare digerire meglio la specialità a quei Comuni che per pochi chilometri sono esclusi dai benefici. Per quanto riguarda la tratta in questione si pensa ai residenti ma anche ad una possibile accessibilità turistica. Perché lo studio di fattibilità di un eventuale Ring si fa proprio ora? «Perché la Valsugana avrà l'attivazione del processo di elettrificazione sino a Borgo: siamo nella fase della progettazione e ci sono 59 milioni per realizzarla, entro il 2025» osserva Roberto Andreatta, dirigente del settore trasporti della Provincia. «E l'elettrificazione si porta in dote una suggestione. Quale? Visto che si arriva sino lì con una rete elettrica e che il ring delle Dolomiti in Veneto godrà di altrettanta elettrificazione, si potrebbe chiudere quell'anello. Anche perché la trazione diesel che oggi caratterizza la Valsugana verrà meno entro poco tempo». Se per Borgo ci sono già le risorse l'idea è quella di completare l'upgrade della ferrovia sino a Primolano. A quel punto il treno si troverebbe ad un passo dalla possibilità di salire verso Feltre.Lo studio di fattibilità comprenderà: la valutazione plano-altimetrica del tracciato del nuovo collegamento secondo tre alternative; la valutazione preliminare dei costi associati a ciascuna alternativa di tracciato ai fini di una analisi preliminare di redditività; lo studio di trasporto, finalizzato sia alla valutazione dei prevedibili effetti sulla mobilità intercomunale sia alla valutazione di indicatori da utilizzare nell'ambito dell'analisi preliminare di redditività dell'investimento; l'analisi finalizzata all'individuazione della migliore delle alternative esaminate; l'analisi costi benefici della migliore alternativa. Il tempo previsto per la conclusione dello studio è di 270 giorni. Il tema è anche quello della sostenibilità gestionale della ferrovia, visto che bisognerà comunque fare i conti con un territorio non molto popolato. Ma d'altra parte, sull'altro piatto della bilancia pesa il fatto che le motrici a trazione diesel dovranno essere pensionate entro la fine del decennio. Per il probabile completamento della Valsugana sino a Primolano (senza cui viene a cadere tutto il discorso dell'anello) si ragiona su treni ibridi alimentati a batteria, per avvicinarsi a quel tutto elettrico che appare nelle cose. E per cui il progetto dell'Anello delle Dolomiti potrebbe uscire dall'elenco dei sogni. G.T.

L’Adige | 1 Dicembre 2020

p. 12, segue dalla prima

Estate, il Covid taglia i ricavi dei rifugi

Per i rifugi alpini ed escursionistici dell'Associazione Gestori Rifugi del Trentino l'estate 2020 è stata di quelle da dimenticare. Da un sondaggio dell'Associazione risulta un crollo delle presenze del 73% con un conseguente calo del fatturato. Per i rifugi alpini ed escursionistici dell'Associazione Gestori Rifugi del Trentino l'estate del 2020 è stata caratterizzata da un crollo delle presenze straniere, dal calo del fatturato per la maggior parte delle strutture e da un aumento dei costi. La ragione? Ovviamente il Covid-19, o meglio gli effetti della pandemia che, esplosa a marzo 2020, ha prodotto restrizioni e limitazioni che si sono riflesse anche sull'attività dei rifugi. A darne la misura è il sondaggio effettuato dall'Associazione, i cui risultati sono stati presentati nella consueta assemblea annuale dei soci. Un'assemblea «strana» l'ha definita in apertura il presidente dei Rifugisti Ezio Alimonta , perché tenuta in videoconferenza nel rispetto delle norme Covid, e anche per il rinvio della parte elettiva - prevista per questa edizione - a un momento successivo «quando il virus si placherà, in modo da permettere la maggior partecipazione possibile agli associati nella scelta dei loro rappresentanti». L'incontro di quest'anno, ha continuato Alimonta, è stato pensato come un «momento di incontro e di confronto dove ragionare sulla stagione appena conclusa, per capire come sarà la prossima stagione invernale (se ce ne sarà una) ma soprattutto per gettare lo sguardo oltre la pandemia». Ad illustrare i risultati del sondaggio, cui hanno risposto 40 rifugi sul centinaio di associati, è stato il vicedirettore dell'Asat Davide Cardella . I risultati hanno fotografato la stagione estiva del campione, costituito per il 65% da rifugi alpinistici e per il 35% da rifugi escursionistici, il 68% dei quali posti sopra i 2.000 metri di altitudine. Oltre la metà dei rifugi interessati dal sondaggio hanno indicato una flessione del fatturato nella stagione estiva, contro un 18% che ha indicato di aver aumentato i ricavi. Tra le ragioni il fatto che sempre il 58% circa degli intervistati dichiara di aver perso mesi di apertura. Altra causa della perdita di fatturato è il crollo degli stranieri, fenomeno che ha riguardato il 100% degli intervistati anche se con percentuali diverse. Ma quasi il 60% dei rifugi ha indicato

un calo uguale o superiore all'80% delle presenze di turisti dall'estero. In parte l'assenza di clienti esteri è stata compensata dall'aumento della clientela italiana segnalata da tutti gli intervistati, con il 79% circa per il quale l'incremento è stato di almeno il 40% rispetto all'estate del 2019. Come conseguenza ecco il calo dei pernottamenti che ha riguardato il 73% del campione. Nota positiva il fatto che per circa il 47% è aumentato il lavoro di ristorante, contro un 26% che indica un calo. Il giudizio sulla stagione quindi nel complesso è stato negativo, anche se con eccezioni importanti. Un 16% la definisce da dimenticare, un altro 39% "mica tanto buona", coi voti negativi che assommano a circa il 55%. Per un 8% la stagione è andata come lo scorso anno, per un 29% è stata buona, per un 8% circa molto buona. Poco più di un rifugio su dieci spiega di aver avuto controlli dalle autorità sulle regole anti-Covid , mentre il 65% degli intervistati sostiene che la maggior parte dei clienti hanno rispettato le regole e un altro 31% che tutti i clienti le hanno rispettate. Un 86% del campione ha ritenuto giuste quelle approvate dalla Provincia. Il presidente di Asat, Gianni Battaiola ha detto che «grazie ai rifugi tutti i turisti, anche chi non era mai stato in montagna, hanno avuto la possibilità di avvicinarsi alla montagna». «Rimangono da affrontare - ha sottolineato Cardella - la modifica della legge 8 del 1993, che regolamenta le attività dei rifugi, per adeguarla al mercato. Inoltre, soprattutto alla luce dell'attualità, i rifugi dovrebbero poter contare sulla connettività di banda larga». L'assessore al turismo Roberto Failoni ha rassicurato i rifugisti su una presa in carico della legge 8 del 1993. «Nel 2021 - ha affermato - procederemo con un percorso di ascolto molto approfondito per capire quali sono i cambiamenti reali che ci sono stati in questi 27 anni. Solo allora decideremo come modificare la legge, nell'eventualità, come intervenire con una nuova legge». Failoni ha ricordato che «è intenzione dell'assessorato quella di concludere il progetto di messa in rete iniziato, con una tempistica di due anni per trovare una soluzione di connettività efficace per tutto il Trentino».

Alto Adige | 3 Dicembre 2020

p. 34

I gestori dei rifugi: vogliamo solo iniziare a lavorare

daniela mimmi VAL GARDENA "Smettete di dire: "per una sciata". No, non è una sciata. Siamo persone, famiglie, vallate. Siamo impiantisti, rifugisti, noleggiatori, maestri di sci, ma siamo anche alberghi, agenzie immobiliari, bar, ristoranti, negozi... Siamo vallate intere che vivono grazie alla neve. Non siamo solo una sciata! Smettete di dire: "prenderete le risorse" (a vederle le risorse) ma comunque no, noi gente di montagna preferiamo risvoltare le maniche e darci da fare, i sussidi li lasciamo volentieri a chi non può e non riesce a lavorare. E non credo ci siano sussidi per tutti. Faremmo volentieri in maniera differente, ma l'asporto con i rifugi è impossibile, noleggiare a distanza non ha senso, impartire lezioni di sci dal divano è assai riduttivo e non credo nemmeno che qualcuno pagherebbe per un giro in funivia in streaming. Smettete di dire : "faranno sacrifici " i sacrifici li stiamo facendo come tutti da febbraio, non abbiamo paura dei sacrifici. Chiediamo solo di darci la possibilità di fare il nostro lavoro, in sicurezza. Non ci serve un comitato scientifico per capire come smaltire le code, ce la possiamo fare, gli impiantisti lavorano da quest' estate a dei piani per evitare assembramenti. Siamo disposti tutti a subire delle ristrettezze in termini di numeri e persone. Chiediamo inoltre a chi non sa, di tacere, perchè la vostra semplice sciata in realtà è la nostra vita!". Così scrive sulla sua pagine Facebook Sharon Colombo, maestra di sci che gestisce il Rifugio Stella ai Piani di Bobbio a Barzio, in provincia di Lecco. Rifugio appena preso in affitto e che forse dovrà cedere. "Se non ci fanno aprire per Natale, siamo costretti a rinunciare al nostro sogno", dice. Il suo post, secco, lucido, senza vittimismi e autocommiserazioni, sta facendo il giro del web ed è la risposta a quanti inondano la rete di riflessioni tipo: "La gente muore e voi pensate a sciare", "Le discoteche ci hanno portato la seconda ondata, adesso sarà lo sci!", "Per un anno si può stare anche senza sciare", "Con tutti i soldi che avete, potete anche stare chiusi per un anno!" e via dicendo. Il post della maestra di sci lombarda, che ha avuto 150.000 visualizzazioni, è stato ripreso e rilanciato anche da Alex Monteleone, titolare del Rifugio Saleil a Passo Sella. «L'ho rilanciato sulle pagine del rifugio perché Sharon è lucida e fredda, non offende nessuno, non incolpa nessuno. Lei e tutti noi vogliamo solo lavorare. Non abbiamo contributi come in Germania, non abbiamo niente, ma nel mio albergo ci sono 50 dipendenti. Sono disperati: hanno famiglia, devono pagare gli affitti, mangiare, vivere. Ho voluto rispondere con le parole di Sharon a quanti considerano lo sci un passatempo da vacanzieri spensierati, una cosa di cui si può fare a meno, e ai politici che non fanno niente per noi». Monteleone non apprezza per niente la proposta di Kompatscher di aprire gli impianti, e eventualmente i rifugi, solo per i residenti. «Le spese di gestione sono troppo alte per tenere aperto solo per pochi clienti. Qui bisogna riscaldare tutta la casa, non è come al mare. La stessa cosa per gli impianti: con una capienza del 50% si viaggia sul filo del rasoio. Tante strutture saranno costrette a chiudere per sempre. Noi chiediamo solo di poter lavorare, nient'altro". Prospettive future? «Si parla di aprire il 7 gennaio, ma io sono sicuro che rinvieranno. E la stagione sarà perduta, o quasi...».©RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 4 Dicembre 2020

p. 13, edizione Belluno

Il rifugio Nuvolao resta orfano di Mansueto e Jo Anne

Il rifugio Nuvolau avrà un nuovo gestore, dal prossimo anno. Mansueto Siorpaes e Jo Anne Jorowski lasciano, dopo 47 anni di attività continua, sulla vetta della montagna che domina la conca d'Ampezzo da una parte e l'Agordino dall'altra. A dare la notizia, che suscita grande scalpore fra le migliaia di appassionati che frequentano quella cima, è la sezione di Cortina del Club alpino italiano, con la presidente Paola Valle: «Con il 31 marzo 2021 il nostro storico gestore lascerà per raggiunti limiti di età. Il Cai Cortina è rammaricato per questa decisione improvvisa, ma anche consapevole che i nostri amici Mansueto e Giovanna Siorpaes abbiano tutto il diritto di godersi i prossimi anni in serenità e tranquillità». Il Cai fa sapere che il bando per la nuova gestione verrà pubblicizzata nel prossimo mese di gennaio, con scadenza a fine febbraio, in quanto il contratto con il nuovo gestore avrà decorrenza dal 1 aprile 2021. Si volta così una pagina importante nella ricettività sulle Dolomiti d'Ampezzo, dopo quasi mezzo secolo. Mansueto Siorpaes e Jo Anne Jorowski salirono lassù nel 1973, per poi portarci i tre figli David, Kevin e Wendy. Il rifugio nacque nel 1883, grazie alla donazione dell'escursionista tedesco Richard von Meerheimb, un colonnello della Sassonia: per questo motivo il primo nome della struttura fu proprio Sachsendankhutte, il rifugio del ringraziamento del Sassone. Fu inaugurato l'11 agosto di quello stesso anno. Distrutto durante la Prima guerra mondiale, poi più volte ampliato, riprese l'attività nel 1930, inaugurato il 3 agosto. Oggi è uno dei punti di riferimento per gli escursionisti a Cortina. Nel 2003, alla festa per i cento e vent'anni del rifugio e nel trentesimo della sua gestione, Mansueto Siorpaes commentò con semplicità il traguardo raggiunto: «Non ci vedo nulla di straordinario, perché qui il panorama l'ha fatto il buon Dio. Noi ci abbiamo messo solamente il nostro lavoro. Spero di andare avanti ancora a lungo: mi sento bene, mi piace, ho voglia di farlo. Devo solo dire grazie a quanti ci hanno aiutato, in trent'anni: senza di loro non ce l'avremmo fatta». La moglie Jo Anne è venuta dal Canada per amore di Mansueto, che andò oltreoceano come maestro di sci, e lassù si è fermata: «E' stato il Nuvolau a convincermi a restare in Italia: lì non esistono montagne come queste. Abbiamo fatto la prima stagione quassù nel 1973, con tanti disagi, poi in autunno ci siamo sposati e da allora non ci siamo mai più staccata da questo posto». (mdib) © riproduzione riservata

Corriere del Trentino | 19 Dicembre 2020

p. 9

Sat, bilancio ok «Rifugi, colpiti quelli di alta montagna»

La Società degli alpinisti tridentini (Sat) ha approvato ieri, nell’assemblea a distanza di fine anno, la relazione morale di Anna Facchini e i dati di bilancio 2020, anno anomalo e gravoso a causa del Covid. A tenere banco anche la situazione dei Rifugi: «I gestori hanno affrontato l’estate 2020 con professionalità imprenditoriale — spiega facchini — riuscendo, seppur con fatica e stress, a chiudere quasi tutti con risultati di sostanziale tenuta. I mesi di lockdown hanno penalizzato maggiormente i Rifugi ad apertura annuale, quelli di bassa quota con attività prevalentemente ristorativa, quelli di alta montagna vocati anche per la pratica dello sci alpinismo o in prossimità di zone sciistiche, con crollo verticale dei ricavi».

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