5 minute read

VALANGA AL RIFUGIO PIAN DEI FIACCONI

L’Adige | 16 Dicembre 2020

p. 19

Pian dei Fiacconi, valanga sul rifugio

leonardo pontalti Un pezzo di storia sepolto, travolto, spazzato via. La valanga che nei giorni scorsi si è staccata lungo la parete nord est della Marmolada ha distrutto il rifugio Pian dei Fiacconi. Per sempre: metà struttura è stata danneggiata in maniera irreparabile, l'altra metà sarà da demolire. E difficilmente verrà ricostruita. Forse il rifugio potrà essere riedificato ma altrove: di quel Pian dei Fiacconi non resterà niente. A lanciare l'allarme era stato lunedì il pilota di un elicottero impegnato in un sorvolo sulla Regina delle Dolomiti: dall'alto era ben visibile il fronte del distaccamento di neve, ghiaccio e rocce, così come appariva evidente il fatto che la valanga avesse investito in parte anche la struttura, a 2.626 metri di quota. Così, ieri mattina il gestore Guido Trevisan, assieme ai soci Davide Menegazzi, Stefano Cattarina e Sirio Pedrotti e ad altri amici, sono saliti con le pelli per verificare la situazione. Nessuno di loro immaginava di trovarsi davanti un disastro del genere: in passato valanghe e slavine erano sempre state nell'ordine delle cose ma le abituali precauzioni, con porte e finestre sbarrate, perimetro protetto da barriere il legno e così via - comuni alla gran parte delle strutture uin quota durante le chiusure invernali - erano sempre bastate. Questa volta la valanga è caduta con grande violenza, forte di un fronte impressionante (le prime stime parlano di 600 metri, provate a immaginarli) e non ha lasciato scampo alla struttura. Pare che a muoversi sia stata le neve lungo l'intero versante, caduta copiosa nei giorni scorsi: oltre tre metri in cinque giorni. Parte di questa massa - presumibilmente sabato 12, anche se non si esclude che la valanga possa risalire a qualche giorno prima - è finita a valle. Una delle ipotesi è che la valanga si possa essere infilata lungo l'ampio canale compreso tra punta Penia e punta Rocca. Alle spalle del rifugio, da anni ormai - con il ritiro del ghiacciaio - si è formata una conca in cui solitamente le valanghe si fermano.

Questa volta invece l'avvallamento deve aver fatto da trampolino per neve e ghiaccio che - in base al tipo di danni rilevati - sono piombati presumibilmente dall'alto sulla struttura, facendola collassare. La parte alta, delle camere, è stata distrutta, con la copertura scaraventata sul davanti, come il coperchio di una scatola da scarpe. La valanga ha risparmiato il rifugio Ghiacciaio Marmolada, a monte del Pian dei Fiacconi. Potrebbe forse essere da lì che l'avventura di Guido e dei suoi soci potrebbe ripartire: tra colleghi rifugisti, operatori della montagna e altri appassionati e amici, già da ieri si è fatta largo l'idea di partire subito con una raccolta di fondi per la ricostruzione. La valanga ha distrutto anche la stazione a monte dell'impianto che saliva dal Fedaia, ma che è stato dismesso con il termine della scorsa stagione.

L’Adige | 16 Dicembre 2020

p. 19

«Sono vent'anni di vita buttati via» il proprietario Guido Trevisan è salito ieri mattina: «Non si è salvato nulla»

«Vent'anni. Vent'anni di vita buttati». Ha lo sguardo vuoto e il fiato corto Guido Trevisan, nel video che ha inviato agli amici e diffuso sui social per documentare l'accaduto. Ansima non per la fatica della risalita con le pelli dal passo Fedaia al suo rifugio. Ma per lo sconforto nel vederlo ridotto così. «Metà è stato distrutto, l'altra metà è da demolire. Camere e dispensa, nei locali superiori, non ci sono più. Quel pezzo è stato scoperchiato, con il tetto che è finito sopra quello della sala, sfondandolo». Non si è salvato niente. « Niente. Anche la parte che esternamente sembrava essere stata risparmiata, dentro è un macello. I muri sono stati spostati di dieci centimetri, solai e pavimenti hanno ceduto, i muri sono pieni di crepe. No, non si è salvato niente». Quando è salito? «Siamo partiti ieri alle 6 dal Fedaia, i mei soci, io e alcuni amici. Volevamo dare un'occhiata dopo la segnalazione arrivata lunedì ma non pensavamo di trovare quello che abbiamo trovato. Slavine ne sono sempre scese, ma mai di questa portata, con questi effetti». Dentro c'era il suo lavoro, ma anche la sua vita. «La mia, la nostra, quella dei tanti che passavano di qui. Non è rimasto niente». Il dolore di Guido Trevisan e dei soci Davide Menegazzi, Stefano Cattarina e Sirio Pedrotti è quello di tanti appassionati e colleghi. In particolare di Sergio Rosi , proprietario col figlio Daniele del rifugio passo Principe, nel Catinaccio, ma prima ancora ex socio di Trevisan. Assieme avevano rilevato il Pian dei Fiacconi dalla famiglia Platter nel 2001, ristrutturandolo. «Per me Guido è come un figlio. Ha iniziato a lavorare con me al rifugio Carè Alto, in Adamello, poi assieme abbiamo acquistato e ristrutturato il Pian dei Fiacconi. L'ho visto crescere, Guido, finché è diventato un collega in grado di andare avanti da solo. Vedere le foto, sentirlo sconfortato, fa molto male. Speriamo possa ripartire. Di certo se potrà essere ricostruito, il rifugio dovrà rinascere non nello stesso punto. Speriamo possa accadere. La valanga non ha spazzato via l'impegno di Guido Trevisan e dei suoi Soci, di Sergio e Daniele Rosi, ma anche di tanti altri che in precedenza avevano fatto crescere la struttura dalla sua realizzazione, nell'immediato dopoguerra. Era il 1946 quando l'allora chalet aveva preso forma. Nomi storici per la Val di Fassa e la Marmolada: Parmesani, Baldissera, Platter. Le. Po.

L’Adige | 17 Dicembre 2020

p. 15

Dopo la valanga sul Rifugio è scattata la rete solidale

elisa salvi canazei Che Guido Trevisan, in vent'anni d'attività del rifugio Pian dei Fiacconi, abbia "costruito" molto di più di un rifugio ai piedi del ghiacciaio della Marmolada, lo si capisce chiaramente dall'affetto e la solidarietà scattati non appena si è diffusa la notizia della valanga che, la sera del 14 dicembre (ma è sempre più accreditata l'ipotesi che il distacco sia avvenuto qualche giorno prima), ha quasi demolito la struttura. Il fronte di neve ampio 600 metri e capace di spostare i muri del rifugio di dieci centimetri, non ha affatto scalfito il rapporto creatosi nel tempo con la Marmolada, montagna affascinante quanto austera e difficile, e con gli alpinisti e le tante persone che conoscono Guido e condividono la sua visione di presidio di montagna capace di integrarsi in modo sostenibile nell'ambiente dolomitico.Così sin da martedì si è diffuso un tam-tam tra gli amici e i social media per una raccolta fondi per aiutare Guido (padre di tre figli) e i soci, Davide Menegazzi, Sirio Pedrotti e Stefano Cattarina, con cui dall'estate scorsa gestisce anche il Rifugio Ghiacciaio

This article is from: