Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Febbraio 2021

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RASSEGNA STAMPA FEBBRAIO 2021


PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI FEBBRAIO:

DOLOMITI ACCESSIBILI: ONLINE I NUOVI PERCORSI ........................................................................................ 3 DOLOMITIZATION AL MUSEO LADIN DE FASCIA ............................................................................................... 4 FONDAZIONE DOLOMITI UNESCO: LA NUOVA SEDE ......................................................................................... 4 NOTIZIE DAI RIFUGI............................................................................................................................................ 6 BANDO DIRETTORE FONDAZIONE DOLOMITI UNESCO: LE REAZIONI ............................................................ 14 MOBILITA’ ........................................................................................................................................................ 14 BELLUNO, TRENTO E BOLZANO, UN PATTO PER LA VIABILITÀ...................................................................... 18 MONDIALI 2021: GLI AGGIORNAMENTI ............................................................................................................ 20 OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI.................................................................................................................... 25 STAGIONE INVERNALE 2020/2021 .................................................................................................................... 27 COLLEGAMENTO COMELICO – PUSTERIA....................................................................................................... 31 HOTEL A 5 STELLE SUL GIAU .......................................................................................................................... 32 FONDAZIONE ANGELINI: I PRIMI 30 ANNI......................................................................................................... 33 NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO ................................................................................................................... 34 NOTIZIE DAI PARCHI ........................................................................................................................................ 34 EDITORIALI E INTERVISTE ............................................................................................................................... 35


DOLOMITI ACCESSIBILI: ONLINE I NUOVI PERCORSI Corriere delle Alpi | 27 Febbraio 2021 p. 23 Montagna per tutti con i sentieri accessibili Dall'Orsera al Lunelli: in provincia sono 19 Francesco Dal Mas BELLUNO La pandemia e la prolungata limitazione degli spostamenti hanno accresciuto il bisogno di vivere, anche per una sola giornata, in spazi aperti e in un ambiente salubre. Ieri, per esempio, il Falzarego era quasi off limit, con le auto imbottigliate e i versanti che pullulavano di ciaspolatori, scialpinisti, semplici camminatori. Sotto assedio anche il Pordoi, di più ancora Misurina. La neve fa da calamita, ma anche alle quote più basse sono numerosi i camminatori. E lungo il lago di Alleghe compaiono anche le carrozzine con i diversamente abili. Arriva, dunque, puntuale la proposta, da parte della Fondazione Unesco, dei sentieri accessibili. Un'altra quindicina, che portano a 36 i percorsi individuati sulle Dolomiti Unesco, dall'Alto Adige alla Carnia udinese. In tutto nel bellunese ce ne sono 19: Sentieri naturalistico Orsera - Val Canzoi; Pecol - Malga Pioda; Lungolago di Alleghe; Piani di Pezzè - Col dei Baldi (Alleghe); Passo Staulanza - Rifugio Città di Fiume; Zoppè di Cadore - Rifugio Talamini; Val Pramper (Zoldo); Foresta di Cajada Longarone; Casera Pra di Toro Rifugio Padova (Domegge); Foresta di Somadida (Auronzo); Monte Faloria (Cortina); Larieto - Rifugio Mietres (Cortina); Cima Tofana (Cortina); Monte Lagazuoi (Cortina); Rifugio Auronzo - Rifugio Lavaredo (Tre Cime); Valgrande - Rifugio Lunelli (Comelico); Marmolada; Passo San Pellegrino; Sass Pordoi. «Le Dolomiti sono un patrimonio di tutti. La loro accessibilità rappresenta un obiettivo primario per la Fondazione Dolomiti Unesco» ricorda il presidente Mario Tonina «che ha promosso, in collaborazione con enti e associazioni del territorio e grazie al finanziamento erogato dal Mibact, un progetto rivolto a chi ha limitate possibilità motorie: non solo disabili, ma anche persone anziane o bambini piccoli. Accedendo al sito www.visitdolomites.com, sarà possibile prendere visione di 36 percorsi, accessibili a tutti, nell'ambito dei nove Sistemi dolomitici riconosciuti dall'Unesco. Sono indicati con chiarezza non solo il livello di difficoltà del percorso, ma anche la mappa dettagliata dell'itinerario, le coordinate Gps, le caratteristiche ambientali e geomorfologiche della zona. E sarà possibile un'anteprima dell'itinerario con google street view, per una valutazione a 360° sulla possibilità di intraprendere il percorso».Il progetto ha coinvolto numerose associazioni che hanno concorso a realizzare il video di presentazione e a mappare e testare i percorsi: Assi Onlus, Cooperativa sociale independent L., Odar - La Gregoriana, Sportfund, Dolomiti Open, Cooperativa Mazarol, Guide del Parco delle Dolomiti Friulane, SportABILI.Con un metro e mezzo di neve tanti di questi itinerari non sono accessibili né ai diversamente abili, né ai camminatori abilissimi. Però ci sono percorsi da affrontare con sufficiente tranquillità, a cominciare dal lago di Alleghe. «La Fondazione Dolomiti mette i suoi servizi informativi a disposizione di tutti, già da questi fine settimana d'inferno» afferma il presidente, raccomandando massima prudenza e rispetto delle norme. Anche se lungo gli itinerari indicati non ci sono condizioni per assembramenti.Il Soccorso Alpino, dal canto suo, invita comunque - con il coordinatore Alex Barattin - a prendere anticipatamente conoscenza delle condizioni ambientali prima di partire, soprattutto se si è in quota. -Francesco Dal Mas © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 27 Febbraio 2021 p. 23 De Pellegrin: «Panorami stupendi Giusto renderli fruibili a chiunque» L'intervista Quale sentiero Oscar de Pellegrin consiglierebbe in questo fine settimana a un villeggiante? «Andiamo sul facile. Una bella passeggiata lungo il lago di Alleghe o dal Passo San Pellegrino fino a Fuchiade. Azzardo? Da Zoppè al rifugio Talamini. Oppure verso il rifugio Città di Fiume. O, ancora, in Valgrande».De Pellegrin, campionissimo del tiro con l'arco, è da qualche settimana il nuovo vicepresidente della della Fitarco, la Federazione italiana di categoria. Con la sua associazione Assi ha dato un contributo decisivo alla mappatura e alla sperimentazione, in carozzina, delle "Dolomiti Accessibili". «Le Dolomiti non erano sufficientemente inclusive?«No. Quando le Dolomiti sono state proclamate Patrimonio Mondiale ho subito pensato che in realtà una parte dell'umanità fosse esclusa dalla possibilità di goderne appieno. Tutti, invece, devono poter avvicinarsi ai valori della montagna. Certo, in modo conforme alle proprie possibilità. Ma godere dei panorami, assaporare i profumi, osservare la fauna, sono esperienze che possono e


devono essere garantite al maggior numero di persone possibile. Non penso solo ai disabili, ma anche alle famiglie con i bambini piccoli, agli anziani».Soprattutto in questo periodo di pandemia, di "clausura" come lo chiama l'alpinista Reinhold Messner...«Per questo abbiamo mappato i sentieri più facili e abbiamo iniziato a coinvolgere, per primi, i gestori di rifugio. Li abbiamo impegnati anche ad abbattere ogni barriera: gli albergatori, i gestori di impianti, tutti coloro che svolgono un'attività legata alla montagna. Le barriere architettoniche hanno un'aggravante, rispetto a quelle naturali: sono poste dall'uomo e dunque sono attivamente discriminanti. Al contrario gli ostacoli posti dalla natura, se è vero che appaiono ineliminabili, è altrettanto vero che, proprio per questo, sono universali e possono creare difficoltà di vario grado a chiunque. Ma a proposito di Messner vorrei aggiungere...».Dica? «Stiamo mappando anche l'accessibilità al Monte Rite, al Museo fra le nuvole. Ci sono dei tratti di strada impegnativi per chi sale in carrozzina. Ma ci sono anche le navette».D'estate ovviamente. In questi giorni, nonostante la neve, ci sono numerosi che salgono a passeggiare.«Fanno bene. Il posto è magnifico. Io ho fatto in carrozzina il sentiero alle Tre Cime di Lavaredo tra l'Auronzo ed il Lavaredo, anzi un po' più avanti. Poi con un mezzo speciale sono salito alla forcella. Un paradiso. So che tanti ciaspolatori e scialpinisti salgono anche in questi giorni. Ma stiano attenti: il pericolo valanghe, con le temperature che si alzano, è incombente».Una meta che consiglierebbe una volta sciolte le nevi?«I serrai di Sottoguda sono uno spettacolo».Ma riprenderanno i lavori di 'restauro'?«Certo. Speriamo di poter godere presto di quella bellezza». --fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

DOLOMITIZATION AL MUSEO LADIN DE FASCIA L’Adige | 6 Febbraio 2021 p. 31 Al Museo Ladin un totem multimediale touchscreen Dolimitization, le Dolomiti virtuali VALLE DI FASSA Il Museo Ladin de Fascia mette a disposizione di tutti i visitatori il tour virtuale Dolomitization, un prodotto multimediale per scoprTotem Dolomitizazionire le Dolomiti Patrimonio Mondiale, realizzato dalla Fondazione Dolomiti Unesco. Grazie ad un totem multimediale touchscreen è possibile intraprendere un'emozionante visita virtuale dei paesaggi dolomitici, attraverso l'esplorazione di aree interattive all'interno di spettacolari scenari fotografici a 360°. Il tour permette di addentrarsi e approfondire così gli aspetti scientifici, naturali, archeologici, culturali e storici racchiusi nei luoghi dolomitici. Dolomitization è un gioco interattivo che si può fare a diversi livelli, disponibile nella versione in lingua italiana, inglese e tedesca. Una vera e propria caccia al tesoro per mettere alla prova le proprie conoscenze dei nove sistemi dolomitici che compongono il Bene Unesco, navigando nell'arcipelago fossile, tra ghiacciai, dinosauri, antiche isole, storia e preistoria. Divertendosi, si impara a conoscere meglio i valori universali riconosciuti dall'Unesco grazie a schede di approfondimento e a una serie di quiz. Perché tutti siamo un po' geologi, paesaggisti, conservatori, esploratori. In una parola, curiosi di scoprire sempre nuove angolazioni per comprendere l'incredibile ricchezza dello scenario dolomitico.

FONDAZIONE DOLOMITI UNESCO: LA NUOVA SEDE Gazzettino | 7 Febbraio 2021 p. 11, edizione Belluno Unesco e sala traffico unite nella sede dell'ex cantoniera Vita nuova per la vecchia casa cantoniera di Acquabona, alle porte di Cortina. Ieri è stata firmata la convenzione, fra Anas e amministrazione comunale ampezzana, per l'utilizzo dell'edificio, oggetto in questo periodo di lavori di ristrutturazione. Con la primavera sarà possibile aprire lo sportello al piano terra, gestito da Anas, per il progetto smart road di gestione informatica della


mobilità sulla statale 51 di Alemagna, dall'uscita dell'autostrada a Pian di Vedoia sino alla sella di Cimabanche. Nei due piani superiori troverà spazio Fondazione Dolomiti Unesco. AFFITTO: 2400 EURO L'ANNO La convenzione ha la durata di dieci anni; il comune pagherà 2.400 euro l'anno, oltre alle spese, mentre della ristrutturazione si è occupata Anas. Il documento è stato firmato da Claudio Andrea Gemme, presidente Anas e commissario di governo per l'attuazione delle piano straordinario di potenziamento della viabilità per i Mondiali, e dal sindaco Gianpietro Ghedina. «Uniamo un'istituzione come Unesco e una attività tecnologica, portata avanti da Anas, con una sala di controllo, che verificherà tutte le attività che abbiamo realizzato sulla strada: è una congiunzione astrale molto interessante commenta Gemme nella visione che noi abbiamo per tutte le altre case cantoniere che abbiamo sul territorio italiano. Questo è certamente un esempio virtuoso, costruito assieme all'amministrazione di Cortina. Il valore vero sta nell'idea e nell'averla realizzata assieme. Sarà un test, che potrà fare da apripista in tutto il Paese». PATRIMONIO DA VALORIZZARE L'operazione di Cortina si inserisce nel quadro della valorizzazione, riqualificazione, accessibilità e fruizione degli immobili di proprietà Anas. Le case cantoniere sono 1.200, in tutta Italia: «Rappresentano un patrimonio sociale ed economico di grande importanza per il nostro Paese aggiunge Gemme - e attraverso queste iniziative di riconversione costituiscono un fattore di crescita per le attività culturali, l'economia e l'occupazione dei territori dove sono ubicate. Non sono solo edifici dal rilevante valore iconico ma rivestono anche un ruolo strategico per la nostra operatività». AREA STRATEGICA Il sindaco Gianpietro Ghedina ha dichiarato: «Ora abbiamo sottoscritto la convenzione con Anas; seguirà quella con Unesco. Il fabbricato di Acquabona è importante, nella zona di accesso a Cortina; era sinora un brutto biglietto da visita, ma d'ora in poi avrà nuova vita, sia con la sede di Fondazione Unesco, sia con gli uffici Anas, legati alla smart road. C'è compiacimento per un intervento importante, nello spirito di collaborazione con Anas». Con Anas e con il presidente Gemme c'è un rapporto quasi quotidiano, da parte dell'amministrazione comunale ampezzana: «Di fondo c'è una grande collaborazione, quasi amicizia con il presidente Gemme, dopo qualche anno di contatti conferma Ghedina questo è sicuramente proficuo, per poter intervenire nelle molteplici iniziative che riguardano Cortina e complessivamente il nostro territorio». Marco Dibona © riproduzione riservata

Corriere del Veneto | 7 Febbraio 2021 p. 10 La Fondazione nella casa cantoniera «Il direttore parli tedesco»: è scontro Ad Acquabona la sede Dolomiti-Unesco. Polemica sul bando per i vertici CORTINA D’AMPEZZO La Fondazione Dolomiti Unesco ha una nuova casa. Ad Acquabona, alle porte di Cortina, nella vecchia casa cantoniera. L’accordo per la riqualificazione e il riutilizzo della struttura è stato firmato ieri dal presidente di Anas (e commissario straordinario per la viabilità dei Mondiali di Sci) Claudio Andrea Gemme e dal sindaco di Cortina, Gianpietro Ghedina. Lo stabile, ubicato al km 98,822 della strada statale 51 di Alemagna, è stato destinato alla Fondazione Dolomiti Unesco per ospitare una struttura ricettiva e informativa dell’istituzione. Un front office per fornire servizi all’utenza stradale in vista dei grandi eventi sportivi che interesseranno, nei prossimi anni, Cortina d’Ampezzo e le Dolomiti. L’ex casa cantoniera, che oltre agli uffici Unesco ospiterà uffici Anas per le attività connesse al progetto Smart Road, è dotata di un piano terra e due piani superiori oltre alle aree esterne. La convenzione avrà la durata di dieci anni. «Questa operazione - spiega Gemme - si inserisce nel quadro della valorizzazione, della riqualificazione, dell’accessibilità e della fruizione degli immobili di proprietà Anas. Le case cantoniere rappresentano un patrimonio sociale ed economico di grande importanza per il nostro Paese. Non sono solo edifici dal rilevante valore iconico ma rivestono anche un ruolo strategico per la nostra operatività. Nel caso specifico, a Cortina, l’altra casa cantoniera, “Bigontina” durante i Mondiali ospita infatti la Control Room della Smart Road Anas». Intanto solleva qualche polemica la decisione della Fondazione Unesco di inserire la lingua tedesca come lingua obbligatoria nel bando per il nuovo direttore, che assumerà il ruolo lasciato vacante da Marcella Morandini. Duro il deputato bellunese forzista Dario Bond: «Si tratta di una forzatura a tutto vantaggio del territorio germanofono di Bolzano. I concorsi per enti internazionali come la Fondazione Unesco non possono avere altro che l’inglese scritto e parlato come prerequisito di accesso. Altre lingue - come il tedesco - devono essere facoltative e costituire, semmai, titolo preferenziale. Quindi il tedesco non può essere un requisito obbligatorio, come invece compare nel bando per il nuovo direttore della Fondazione, che - utile ricordarlo - è un ente che ha sede in provincia di Belluno. Su questo presenterò un’interrogazione: l’Alto Adige non può continuare a essere Stato nello Stato ».


NOTIZIE DAI RIFUGI Corriere del Veneto | 11 Febbraio 2021 p. 6 Gestione del rifugio Nuvolau,125 candidati da tutta Italia Il Cai: hanno perso il lavoro Proposte perfino da Salerno. «Ma vivere lassù non è facile» cortina d’ampezzo Il sogno di vivere circondati da un panorama mozzafiato, isolati dal mondo e immersi nella natura. Oppure, per molti, solo la speranza di uscire dalla crisi e trovare finalmente un lavoro. Ma per raccontare questa storia, occorre una premessa. All’incirca dieci anni fa, il Cai aveva pubblicato un bando per la conduzione di un rifugio sulle Tofane. «Ci erano arrivate appena otto candidature», ricorda la presidente della sezione di Cortina d’Ampezzo, Paola Valle. Ma ora, nel pieno della pandemia, il Club Alpino Italiano offre la possibilità di gestire un altro ricovero alpino, uno dei più isolati e, anche per questo, tra i più belli delle Dolomiti. Il bando è stato pubblicato quattro settimane fa. «E finora si sono fatti avanti in 125, una cosa mai vista. Ci hanno scritto da ogni parte d’Italia, perfino da Genova e da Salerno…». Il perché di tanto interesse? «Non c’è da cantare vittoria, anzi, mette tristezza: purtroppo è il riflesso della crisi economica» dice la presidente. «Tra i candidati c’è chi spiega di aver fatto lo chef per trent’anni. Mi pare evidente che se uno decide di trasferirsi in un rifugio a centinaia di chilometri da casa, pur avendo un simile curriculum e tutta questa esperienza alle spalle, lo fa perché un lavoro non ce l’ha più e sente di non avere alternativa». Sia chiaro, non si sta parlando di uno di quei ristorantini caratteristici, come ce ne sono tanti sparsi nei dintorni di Cortina, dove i turisti arrivano in auto per gustarsi un (costoso) pranzo tra le vette e poi passeggiare lungo i sentieri. «Questo è un rifugio vero – avverte Paola Valle - di quelli che d’inverno chiudono perché diventa difficile da raggiungere, dove la vita non è facile e perfino l’acqua va consumata con attenzione». Lontano da impianti di risalita e dal caos che (almeno prima del Covid) impera nel centro di Cortina, lo si raggiunge solamente a piedi: al centro di tanto interesse c’è il Rifugio Nuvolau, autentico nido d’aquila edificato sulla sommità del monte che gli dà il nome, a 2.575 metri di quota. E chi ne otterrà la gestione, sarà costretto a vivere lassù per tutta l’estate. Edificato due secoli fa, è un pezzo di storia della montagna, visto che si tratta del più antico delle Dolomiti. Fu costruito grazie al lascito del barone Richard von Meerheimb di Dresda, riconoscente per aver superato una grave malattia (per questo fu battezzato Sachsendankhütte , ossia il «rifugio del ringraziamento del Sassone») e venne distrutto durante la Prima Guerra Mondiale per poi essere riaperto nel 1930. Da lassù si distinguono Passo Giau, Marmolada e, naturalmente, Cortina d’Ampezzo. A poca distanza, un singolare Museo all’aperto nelle trincee italiane delle Cinque Torri d’Averau. Che sia un luogo mitico per tutti gli alpinisti, lo dimostra il fatto che già nel 1877 Paul Grohmann lo decantava nella sua opera Wanderungen in den Dolomiten : «…un mare di montagne è davanti a noi, e sarebbe inutile volerle elencare o descrivere. Soltanto la macchina fotografica potrebbe fissare le nostre impressioni…». Pur essendo così antico, la storia del Rifugio Nuvolau è legata indissolubilmente a Mansueto e Giovanna Siorpaes, che l’hanno gestito per ben 47 anni e che ora «per raggiunti limiti d’età» hanno deciso di lasciare l’attività. «Il Cai Cortina - si leggeva nell’annuncio diffuso a dicembre - è rammaricato per questa decisione improvvisa, ma anche consapevole che i nostri amici Mansueto e Giovanna abbiano tutto il diritto di godersi i prossimi anni in tutta serenità e tranquillità». Il contratto con il nuovo gestore - che prevede la formula dell’«affitto d’azienda» - avrà decorrenza dal primo aprile 2021 e per veder aumentare ulteriormente le candidature, c’è ancora qualche giorno tempo, visto che il bando scadrà il 15 febbraio.

L’Adige | 21 Febbraio 2021 p. 35 Tanti aspirano a diventare rifugisti: «Ma la vita lassù non è semplice» PRIMIERO


Sono ben 22 le candidature arrivate alla sezione Cai di Feltre per la gestione del rifugio Bruno Boz, nel gruppo del Cimonega. Di proprietà del comune di Mezzano, è affacciato sul Sass de Mura a 1718 metri e raggiungibile sia da Primiero accedendo dalla Val Noana, sia dal Feltrino (è nel territorio comunale di Cesio Maggiore), salendo dalla Val Canzoi. Tra aspiranti gestori a prendere il posto degli storici Daniele Castellaz e la moglie Ginetta che hanno lasciato dopo quasi quarant'anni, sette giungono dal Trentino, cinque dal Bellunese, tre da Treviso, due da Venezia e uno rispettivamente da Bergamo, Parma, Verona e Trieste. Quattro sono le donne capocommessa. Dopo una prima scrematura delle domande, la commissione composta dai componenti del direttivo del Cai procederà alla valutazione tra la fine di febbraio e metà marzo. Ne abbiamo parlato con Ennio De Simoi, presidente del Cai di Feltre, che non si aspettava così tante domande. Cosa serve oggi per gestire un rifugio?«Bisogna avere capacità gestionali e commerciali, conoscere quindi il cliente, il suo bisogno e le sue aspettative. Chiunque va in montagna sosta al rifugio, ma possono passare cento persone come mille, è il gestore che fa la differenza, soprattutto di questi tempi. Inoltre, una grande differenza tra oggi e vent'anni fa, è che un tempo il rifugio era un punto di partenza e il rifugista sapeva già al mattino quanti clienti avrebbe avuto a pranzo. Oggi il rifugio è la meta e quindi il gestore si può trovare 40 coperti come 120. È un aspetto gestionale non indifferente e serve sensibilità». Come far convivere le richieste degli escursionisti e la vocazione alpina dei rifugi? «La massa non è modificabile se omogenea, ma si può e si deve creare cultura rispettosa della montagna. Il Cai ha dei valori, noi li difendiamo, non siamo disposti a trasformare i rifugi in alberghi di alta quota. Anche perché è una rincorsa infinita che non finisce più. Certo, dobbiamo aiutare la gestione semplificandola il più possibile, quindi qualcosa va modificato, è inevitabile. Però oggi c'è una concorrenza tra rifugi che non è economica, ma di aspettative. L'escursionista che vede il rifugio come meta non sa che quello vicino alla strada è magari privato, si chiama rifugio ma è un alberghetto e poi arriva al rifugio escursionistico o alpino del Cai a due ore di cammino e lo considera alla stessa streguA, chiedendo dove sono le docce, quante singole ci sono e menu bizzarri. Senza cultura della montagna non se ne esce».Cosa piace del rifugio Boz? «Il Boz ha una caratteristica: è l'unico sull'Alta Via che è rimasto con le fattezze di un rifugio e gli stranieri cercano proprio questo. Arrivano motivati con una sensibilità forte verso la montagna, e apprezzano che il Boz sia spartano, con i sassi a vista, le camere non smaltate come una volta quando era una malga. Ricercano e apprezzano la parte selvaggia della montagna. Ho chiesto a due turisti olandesi come avevano trovato il Boz. Mi hanno detto di aver fatto una ricerca su internet cercando "wilderness" ed è uscito il Parco delle Dolomiti Bellunesi con le Vette Feltrine. Ecco, noi vogliamo salvaguardare questo aspetto e una delle fortune del Boz è di essere all'interno del Parco».E dei candidati, cosa può dirci?«La cosa curiosa è che tra i gestori c'è chi vuol cambiare vita, vuole fuggire dal mondo, tornare alle origini dell'uomo, con laureati che però non sanno cosa significhi la vita in rifugio. Si deve essere al contempo elettricisti, idraulici, muratori, non si può pretendere che se qualcosa non funziona chiami un tecnico e che questo arrivi subito. Lassù non possiamo permetterci qualcuno che non abbia una buona manualità e spirito di iniziativa. E molti non lo sanno. Il problema è che una volta c'era tantissima gente che aveva queste caratteristiche e pochi conoscevano i social, oggi invece è il contrario e poi chiamano il Cai ogni tre minuti perché hanno una rogna». M.C.

Corriere delle Alpi | 21 Febbraio 2021 p. 8 «C'è tanta voglia di montagna Colleghi gestori, aprite i rifugi» L'intervista Gianluca De Rosa Rifugisti bellunesi unitevi e, se possibile, aprite. Parola di Agrav, l'associazione che raccoglie i gestori dei rifugi alpini del Veneto. «Le presenze delle ultime settimane dicono che la gente ha voglia di venire in montagna», dice il presidente di Agrav, Mario Fiorentini, «riteniamo giusto offrire a queste, e tante altre persone che le seguiranno nelle prossime settimane, un messaggio di ospitalità e vicinanza, il più positivo possibile senza tuttavia dimenticare le oggettive difficoltà che da mesi il nostro comparto vive».Quanto pesa sui rifugi il prolungamento della chiusura degli impianti di risalita?«Pesa tanto, nella stessa proporzione in cui pesa per altre componenti del comparto. È il momento però di mandare un messaggio forte a tutti: se gli impianti sono chiusi, questo non vuol dire che la montagna è chiusa. Il contrario, gli impianti sono chiusi ma la montagna è aperta ed in grado di offrire numerose alternative allo sci alpino. Sono mesi che ragioniamo attorno ad un turismo diverso, non di massa e lontano dai flussi del recente passato, sia in termini di presenze che di incassi. Non possiamo e dobbiamo fermarci. Parlare continuamente di impianti chiusi offre un'accezione negativa all'intera montagna, questo lo riteniamo sbagliato. L'invito ai rifugisti è quello di aprire, ognuno secondo le proprie possibilità. Ci sono tanti colleghi, compresi gestori di rifugi sulle piste, che hanno deciso di aprire ugualmente. È il caso dell'Averau e del Lagazuoi ma anche del Belvedere ad Alleghe, per fare alcuni esempi. Sono messaggi incoraggianti, che meritano un plauso e che rappresentano un esempio di perseveranza e passione utile a tutti coloro che ancora oggi sono titubanti».Con quali aspettative si andrà avanti fino al termine della stagione invernale? «Restiamo strettamente legati alle disposizioni governative. Oggi (ieri, ndr) abbiamo preso la decisione di restare aperti per tutta la prossima settimana dopo aver saputo che il Veneto è stato confermato in zona gialla. Sono situazioni che ci inducono a fare valutazioni last minute, pur consapevoli che per un rifugio è impossibile lavorare last minute.


Accendere il riscaldamento e preparare un rifugio all'apertura richiede almeno un paio di giorni e un costo di svariate centinaia di euro in partenza».Come stanno lavorando i rifugi in questi giorni?«C'è tanta gente in giro, un dato sicuramente positivo. A fronte di questo però i numeri di un rifugio sono sempre gli stessi: per via delle disposizioni siamo costretti a limitare le presenze a meno del 50% e questo si fa sentire inevitabilmente sugli incassi. Non siamo un autogrill in grado di sfornare panini a ripetizione. Abbiamo concentrato le attenzioni sul take away ad alta quota, con un costo in più rispetto al passato: quello del personale, assunto appositamente per occuparsi dell'asporto. In passato quel servizio era concentrato al bar».Ed i ristori?«Di ristori per il nostro settore non se n'è mai parlato e continuiamo a non avere notizie. Colpa di un codice Ateco che ci rende invisibili alle istituzioni. Ci siamo affidati all'Uncem che ha deciso di appoggiarci in questa battaglia per un diritto che, ad oggi, ci viene negato». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 21 Febbraio 2021 p. 30 Tre Comuni e un rifugio Sul passo Staulanza il park della discordia BORCA Il parcheggio della discordia. Si trova ad un chilometro e mezzo dal passo Staulanza, sul territorio di Borca ma ad un tiro di schioppo da Selva e Zoldo. È il parcheggio utilizzato dai tanti turisti che decidono di trascorrere una giornata all'ombra del Pelmo. Solo ieri se ne sono contati circa trecento, principalmente scialpinisti. Tutta gente che, una volta sul posto, ha trovato ad attenderla una sgradita sorpresa: parcheggio inutilizzabile perché ricoperto da circa due metri di neve che nessuno, finora, si è preso la briga di spalare. Perché? A rispondere è Mario Fiorentini, storico gestore del rifugio Città di Fiume.«Quel parcheggio per quindici anni lo abbiamo spalato noi, a nostre spese. Quanto costa spalare quel parcheggio? Circa tremila euro. Un costo che oggi, con la situazione che c'è, non possiamo sostenere, almeno da soli e per intero».Presto svelato, dunque, il perché di quel parcheggio ricoperto dalla neve ed inutilizzabile tanto da costringere i fruitori della zona a parcheggiare lungo la strada. Risultato? Code di auto in colonna agli estremi delle carreggiate anche per quattro, cinque chilometri.«Abbiamo chiesto aiuto al Comune di Borca che però, per via della lontananza dal paese, dovrebbe sopportare una spesa ingente solo per raggiungere il parcheggio», prosegue Fiorentini, «i Comuni di Selva e Zoldo invece non possono intervenire essendo il parcheggio situato su territorio extracomunale. Pur volendo intervenire, andrebbero incontro ad un danno erariale».Tre Comuni ed un rifugio, nel mezzo tanta gente che pur di raggiungere un'area di inestimabile valore turistico, ha deciso di "allungare" forzatamente la propria escursione di svariati chilometri pur di riuscire a parcheggiare l'auto.«Visto il perdurare della situazione abbiamo deciso di chiedere aiuto al presidente della Provincia, Roberto Padrin», annuncia Fiorentini, che ricopre anche il ruolo di presidente dell'associazione Agrav (gestori dei rifugi alpini del Veneto), «nei prossimi giorni invieremo una lettera in Provincia e contestualmente ad altre istituzioni del territorio al fine di sensibilizzare tutti su una situazione indubbiamente ai limiti del paradosso. Facciamo innumerevoli sacrifici per tenere alta la bandiera del turismo, ancor di più quest'anno, e poi vogliamo perdere la faccia per un parcheggio ricoperto dalla neve?». --Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 22 Febbraio 2021 p. 18 Code, park pieni e tutto esaurito nei rifugi I veneti all'assalto delle Dolomiti bellunesi Francesco Dal Mas BELLUNO I veneti imbottigliati lungo i passi dolomitici. I trevigiani e i veneziani in coda sui tornanti dello Staulanza. Gli zoldani in fuga sul Duran. I padovani a Falcade e sulle rampe del Pellegrino, i falcadini sul Valles. Il Giau impenetrabile per almeno due chilometri, così pure il Falzarego. Non parliamo di Misurina e del Lago Antorno, dove addirittura è stata fatta intervenire la polizia locale per multare quanti avevano abbandonato l'auto lungo la strada, creando evidenti problemi di transito.Un altro assalto alle Dolomiti che si era palesato sabato e si è ripetuto ieri, fin dalle prime ore del mattino con lunghe code di auto all'uscita dell'A27 e all'ingresso nell'Alemagna. «Solo d'estate vediamo così tanta gente», ammette Paolo Pais, coordinatore del Consorzio turistico di Auronzo. «Gli alberghi che hanno aperto sono tutti pieni; hanno prenotazioni anche per i prossimi fine settimana. Col Veneto in zona gialla, arrivano solo corregionali e si fermano due notti. Però il segnale è positivo».Hanno lavorato al massimo i bar, i ristoranti, soprattutto i rifugi. Anche l'Auronzo, alle Tre Cime di Lavaredo. «Dovendo rispettare le precauzioni Covid, abbiamo messo a disposizione solo 80 posti di ristorazione», ci dicono. «Abbiamo registrato il tutto esaurito sia sabato che domenica. La gente ha tanta voglia di muoversi, arriva con gli sci da


alpinismo, con le ciaspole, chi anche in motoslitta». Non mancano coloro che si azzardano a proseguire lungo il sentiero che porta al Rifugio Lavaredo e che sale alla forcella, all'angolo delle Tre Cime. «E qui, purtroppo, vediamo di tutto: il tracciato è molto pericoloso perché ghiacciato, si scivola, si cade e si finisce lungo la dorsale anche per 50 metri, come è accaduto a due giovani che pur avevano i ramponi. Non si rispettano assolutamente le misure anti-Covid, cioè non si porta la mascherina, non si tiene il distanziamento. Eppure - lamentano al rifugio - noi abbiamo scritto a caratteri cubitali tutto ciò che non si deve fare».Gli assembramenti si sono materializzati anche in riva al Lago d'Antorno e al Lago Misurina. «Quaggiù ad Auronzo», afferma il presidente Pais, «passeggiare lungo il lago di Santa Caterina sembra di essere a ferragosto e la ciclopedonale non è mai stata così frequentata, ovviamente da chi va a piedi». Tutti con la mascherina, naturalmente? «Praticamente nessuno».Un'altra giornata, ieri, di congestione al Passo Staulanza. «Fin dal primo mattino sono arrivati gli sci club per gli allenamenti sulle piste da fondo. Abbiamo anche un trampolino per i lanci», fa sapere Mauro Pupulin, che quotidianamente batte le piste. «Le auto sono state parcheggiate fino a 2 km di distanza. È impressionante la folla di escursionisti che sale al Monte Rite, di mattina, ma perfino di pomeriggio. Tutti a piedi, naturalmente, per 2 ore di "arrampicata"». Per il fine settimana si sono ripresentati in Val di Zoldo i villeggianti delle seconde case. «Ma tanti sono i pendolari di giornata», fa sapere Marzia Balestra, che gestisce il camping ai piedi del Civetta. «Pendolari che per la maggior parte non lasciano niente al territorio. Noi abbiamo avuto qualche ospite, ma si lavoricchia solo nel fine settimana. Se non arrivano presto i ristori e nella misura necessaria, qui si chiude tutto e non si rischia di aprire nemmeno per l'estate».Fiorenza Manfroi, di La Valle Agordina, ieri si era ripromessa di prendersi una giornata di sole salendo al rifugio Carestiato, portandosi in auto al Passo Duran. «Non ce l'ho fatta», dice l'operatrice del Consorzio turistico di Falcade, «ho impattato in un imbuto d'auto lungo la strada, ben prima di arrivare al Passo, per cui sono tornata indietro. Evidentemente c'è molta gente che approfitta delle belle giornata di sole per andare all'aria aperta, in mezzo al bosco, anche se rischia di entrare in qualche assembramento».Ha lavorato alla grande l'area del fondo in Val Gares, sopra Canale d'Agordo. Ma ancor più numerosi erano gli appassionati lungo le piste in centro a Falcade, dove gli alberghi aperti hanno registrato il tutto esaurito, come conferma Antonella Schena, albergatrice e coordinatrice del Consorzio Val Biois. I rifugi, dal Laresei a altri in quota, hanno lavorato esclusivamente su prenotazione, in modo da organizzare al meglio la sicurezza anti-Covid. «I fine settimana rappresentano una vera boccata d'ossigeno», ammette Massimo Manfroi, del Laresei, «adesso aspettiamo solo la riapertura degli impianti il 5 marzo». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 24 Febbraio 2021 p. 21 Il Rifugio Boz in mani sicure la gestione a Erika e Andrea Raffaele Scottini FELTRE «Si crea un legame con il territorio e le persone, non è un semplice lavoro, è un modo di vivere. Ho deciso di partecipare al bando perché tutto questo mi mancava». Erika De Bortoli, dopo sette anni al Dal Piaz, è la nuova gestrice del rifugio Boz insieme al compagno Andrea Marchetti. Il Cai ha scelto loro, al termine di un lungo e articolato processo di selezione: «Il nuovo nella continuità», questo il titolo scelto dalla sezione di Feltre del Club alpino italiano per annunciare l'affidamento della struttura in località Neva, a quota 1.718 metri, che per 39 anni è stata aperta da Daniele Castellaz e la moglie Ginetta, e adesso si appresta a vivere un nuovo capitolo della sua storia, a iniziare da giugno, forse prima se si riusciranno ad anticipare i tempi.«Quando Daniele e Ginetta hanno lasciato, l'idea è nata subito e abbiamo deciso di partecipare al bando, perché siamo in due. Non parto da sola», racconta Erika De Bortoli, che gestisce un'azienda agricola dedita all'allevamento di bovini allo stato semibrado e alla coltivazione di fagioli e mele (pom prussian), mentre Andrea Marchetti è maestro di sci.Insieme svilupperanno l'escursionismo lungo i due versanti delle Vette Feltrine e particolare attenzione riserveranno in rifugio a famiglie e giovani. «Nascerà un progetto nuovo. Al Boz porto la mia esperienza e i miei prodotti», spiega Erika De Bortoli. «È un rifugio un po' diverso dal Dal Piaz. Ci sono molte famiglie che lo frequentano perché c'è un po' meno dislivello e quindi abbiamo deciso di prestare attenzione a questo, con semplici cose. Dal seggiolino per bambini per l'interno, a qualche gioco di legno di fuori, al fasciatoio nei bagni per far sì che nel momento in cui arriva una famiglia con un bimbo, si senta a casa. Quello di sentirsi a casa è il principio che avevano Daniele e Ginetta e che porteremo avanti».Non c'è ancora una data di apertura, che può andare da fine maggio a giugno. «Sarà da vedere con il Cai», spiega Erika De Bortoli, considerando anche i lavori in programma per rinnovare la cucina. «I tempi sono da calibrare con la sezione». C'è tanta voglia di cominciare la nuova avventura. «Siamo felici e pieni di entusiasmo», conferma. «Sappiamo che abbiamo un po' di responsabilità, nel senso che sentiamo le aspettative nei nostri confronti e speriamo di non deluderle. Ho ricevuto in poco tempo cinquanta-sessanta messaggi Whatsapp sul telefono, quindi di gente che ci vuole bene ne abbiamo tanta e sono tutte amicizie che ho creato al Dal Piaz. Spero di non deludere le aspettative di nessuno, ma se si fanno le cose per bene non credo che succederà». --© RIPRODUZIONE RISERVATA


Corriere delle Alpi | 24 Febbraio 2021 p. 29 Pronto a sgombrare gratis il parcheggio dello Staulanza BORCA Sarà un privato a ripulire dalla neve il parcheggio del passo Staulanza. L'appello lanciato nei giorni scorsi dal gestore del rifugio Città di Fiume, Mario Fiorentini, non è caduto nel vuoto. Era rivolto alle istituzioni, chiamate a trovare una soluzione affinché quello spazio, punto di partenza per le escursioni verso il Pelmo, potesse tornare fruibile evitando così caos ed ingorghi lungo la statale. Parcheggio fino a ieri inutilizzabile a causa dell'abbondante coltre di neve che lo ricopriva e che nessuno si era preso la briga di rimuovere. IL "SALVATORE" Questo almeno fino all'intervento sulla scena di Alberto Agostini, imprenditore agricolo di Selva di Cadore, titolare dell'azienda MichhofAgostini e da qualche tempo anche della Mivas, una start up che effettua operazioni come lo sgombero della neve ed il movimento terra.«Ho scoperto, leggendo Corriere delle Alpi, il motivo per cui quel parcheggio era sempre ricoperto di neve senza che nessuno intervenisse a pulirlo», racconta Agostini, «in realtà era una domanda che mi ero posto decine di volte transitandoci davanti. È stato a quel punto che ho deciso di intervenire. Ho chiamato il gestore del rifugio "Città di Fiume" proponendomi per sistemare il parcheggio riconsegnandolo così ai tanti turisti che frequentano le nostre zone. Il parcheggio ricoperto di neve e per questo non utilizzabile a mio avviso rappresenta un biglietto da visita negativo per un territorio straordinario come il nostro. Ancora di più in un momento particolare come quello che stiamo vivendo, con pesanti ripercussioni sul turismo che rappresenta il comparto più colpito dalle conseguenze della pandemia. Alla luce di tutto questo ho pensato di offrire il mio contributo, gratuitamente, pulendo quel parcheggio nel segno della collaborazione e della voglia di fare qualcosa di concreto per il bene comune». AL LAVORO DA IERI Detto e fatto. I lavori di sgombero della neve sono iniziati ieri mattina. Sul posto un mezzo di proprietà di Alberto Agostini con un suo dipendente alla guida. «Ci vorranno un paio di giorni buoni di lavoro perché la neve è davvero tanta», prosegue Agostini, «il mezzo è di mia proprietà, chi lo guida è un mio dipendente. L'unico costo da sostenere è pertanto la benzina; ma sicuramente si tratta di una spesa inferiore a quello che per quindici anni ha sostenuto Mario Fiorentini per mantenere pulito quel parcheggio mettendolo così a disposizione non solo dei suoi clienti ma di tutti coloro che frequentano questa zona». La storiaIl parcheggio dello Staulanza, di proprietà comunale, è in territorio di Borca ma si trova a due passi da Zoldo e Selva. Lo sgombero neve è stato effettuato per quindici anni dai gestori del "Città di Fiume" che però quest'anno, alla luce delle difficoltà economiche da rimandare al lockdown, non se la sono sentita di sostenere quella spesa in più che si aggira, ogni volta, intorno ai tremila euro. «Sono stato amministratore comunale anche io in passato», prosegue Agostini, «e so quanto è difficile fare dei lavori che all'occhio dei più possono sembrare minimi». -Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 24 Febbraio 2021 p. 4-5, segue dalla prima, edizione Belluno In 270 per gestire tre rifugi: «Effetto anche della crisi» Oltre 200 domande per la gestione del rifugio Nuvolau, in Ampezzo. Una cinquantina per il rifugio Antelao, in Centro Cadore. Una ventina per il Boz a Cesiomaggiore. I bandi delle sezioni Cai hanno riscosso un grande successo. Non era mai accaduto in passato. Non pesa solo la passione per la montagna, ma anche la crisi del lavoro. Ne sono convinti i presidenti del Cai di Cortina e Treviso, che stanno selezionando i gestori rispettivamente per Nuvolau e Antelao. E ieri il Cai di Feltre ha dato notizia dei nuovi titolari del rifugio Boz: Erika De Bortoli e Andrea Marchetti. Oltre duecento domande per la gestione del rifugio Nuvolau, in Ampezzo. Una cinquantina per il rifugio Antelao, in Centro Cadore. Una ventina per il Boz. I bandi delle sezioni Cai proprietarie delle strutture, hanno riscosso un grande successo, con tante persone interessate a subentrare ai gestori precedenti. Non era mai accaduto in passato. I gestori dei rifugi alpini sono riuniti in una associazione regionale, che concorre a un coordinamento nazionale. Per il Veneto il referente di Agrav (Associazione Gestori Rifugi Alpini Veneto) è Mario Fiorentini, del rifugio Città di Fiume, che dà una spiegazione di questa nuova tendenza: «Negli ultimi anni c'è stato un generale aumento delle richieste di gestione, ad ogni bando. Probabilmente c'è un'idea nuova e diversa della vita in montagna, anche perché per certe strutture è chiaro che non si prospetta un forte interesse economico. È una vocazione, si deve sentire: ci sono di sicuro aspetti idilliaci, ma anche molti aspetti pratici, con la costante necessità di risolvere problemi. Negli ultimi anni sta prendendo piede l'idea di condurre una vita green, però non può esserci soltanto questo». LA CRISI


«Ci ha colpito molto questo interesse per il Nuvolau dice Paola Valle, presidente del Cai di Cortina, proprietaria della struttura , ma la sensazione è che evidenzi la grave crisi del lavoro nel nostro Paese, la necessità di trovare un'occupazione qualsiasi, senza aver ben chiaro che cosa significa lavorare in cima a una montagna, senza strada, dove si arriva solamente a piedi, con i rifornimenti portati da una teleferica». Poi aggiunge: «Oggi ci sono motivazioni diverse, per pensare di lavorare e vivere in montagna: quando aprimmo l'ultimo bando per il nostro rifugio Giussani, sulla Tofana, le richieste furono solamente otto. La gente scrive facendo poesia sull'emozione dei tramonti dal Nuvolau: è indubbiamente molto bello, ma gestire un rifugio alpino è un'altra cosa. Mi meraviglia molto che, su duecento domande, soltanto due persone abbiano chiesto di contattare i gestori precedenti, per chiedere informazioni. Mi pareva il minimo da fare, per decidere di andare a vivere e lavorare lassù». Il direttivo Cai sta selezionando i candidati da invitare al colloquio: «Credo che dovremo preferire chi è del territorio, anche se non era questo il nostro intendimento iniziale. Incontreremo soprattutto chi vive e opera sulle Dolomiti, non soltanto in Ampezzo ma anche in Cadore, Agordino, Auronzo, Badia. Vorremo che il gestore si sentisse legato al rifugio, come nelle altre due nostre strutture, il Palmieri alla Croda da Lago e il Giussani sulla Tofana». L'OPPORTUNITÀ Monica Tasca presiede il Cai di Treviso e sta esaminando le richieste per gestire il rifugio Antelao: «Fra cinquanta candidati ci sono persone del Cadore, di Tai, Pieve, dei comuni vicini: fa piacere che questo rifugio sia amato dalla sua popolazione, che vede l'opportunità di un ritorno commerciale. C'è gente dalla pianura; ci sono tanti giovani. È singolare che tanta gente voglia lanciarsi in questa avventura: può darsi che ci siano molte domande per la precarietà della situazione economica, con la gente in cerca di un lavoro qualsiasi. Ma un rifugio alpino non è una pizzeria: ci vuole conoscenza della montagna, passione, amore. Bisogna essere disponibili per tutte le 24 ore, il gestore deve essere cuoco, ma anche manutentore. Valuteremo con estrema attenzione tutte le domande, prima di scegliere. Il gestore deve sentire il rifugio come casa sua, deve curarlo, per orgoglio personale. Succede così per gli altri due nostri rifugi, il Treviso e il Pradidali, alle Pale di San Martino». IL PESO DEL COVID L'associazione Agrav sta lavorando in questo momento per risolvere problemi concreti derivanti dalla pandemia Covid-19: «Nel coordinamento con le altre regioni noi diciamo che vogliamo esserci dichiara il presidente Mario Fiorentini perché sinora i rifugi sono stati esclusi da ogni considerazione, quindi anche dai ristori economici. Il mio rifugio, la scorsa estate, ha avuto un calo del 70% dei pernottamenti, ma la nostra categoria non compare, non è nominata nei vari decreti. Eppure siamo coloro che presidiano un territorio delicato e importante, talora siamo gli unici riferimenti, con funzioni di utilità sociale. Anche per questo vogliamo essere considerati e aiutati». Marco Dibona

Gazzettino | 24 Febbraio 2021 p. 5, edizione Belluno «Diventano avamposti del turismo» «Il Rifugio Boz è un avamposto per il turismo». Questa la visione del presidente del Cai di Feltre, Angelo Ennio De Simoi, che da poche ore ha comunicato l'assegnazione della gestione della struttura di proprietà del sodalizio feltrino a Erika De Bortoli e Andrea Marchetti. «Il futuro del Boz e del Dal Piaz è quello di una stretta collaborazione che porterà a favorire l'escursionismo sui due versanti delle Vette - spiega il presidente del Cai -. La valorizzazione della Via del Confine pacifico percorribile in tre giorni porterà sulle Vette quegli escursionisti che non gradiscono il caos che ormai si è generato in alcune località di montagna. Questo rende i rifugi punto di interesse per lo spostamento in tutto il Veneto, sarà sufficiente scendere a valle, dormire in B&B e raggiungere poi comodamente Venezia. Questo è lo sviluppo del turismo». Per quanto riguarda la selezione dei gestori il presidente spiega la procedura: «Sono giunte 25 domande di partecipazione al bando. Solo attraverso una procedura abbastanza articolata siamo arrivati prima a 12 e poi alla terna finale. I tre sono stati sottoposti a un'ora di colloquio e alle stesse domande e dopo un consulto del direttivo abbiamo proceduto con scrutinio segreto al voto: dalle urne sono usciti i nomi di Erika e Andrea. Lei ha già una capacità gestionale riconosciuta dalla gestione del Dal Piaz mentre Andrea è più portato alla valorizzazione del turismo, un giusto equilibrio». Da giugno la struttura sul Neva riprenderà l'attività. (D.M)


Gazzettino | 25 Febbraio 2021

p. 35, segue dalla prima, edizione Belluno Rifugi scambiati per hotel a 4 stelle: parte la campagna per “educare” i turisti I rifugi montani guardano avanti, alla bella stagione. I gestori non dimenticano però l'estate dello scorso anno, con un'affluenza senza precedenti e qualche criticità. I responsabili delle 66 strutture in quota disseminate sulle Dolomiti Unesco si sono così rivolti all'omonima Fondazione, chiedendo un cambio di passo: nel mirino i turisti della domenica, chi a oltre 2mila metri di altitudine chiede lo spritz con il ghiaccio o sta sotto la doccia, con un enorme consumo di acqua, per oltre un'ora. IL PROPOSITO Un'estate 2021 di rifugi aperti, funzionanti e frequentati nel rispetto delle norme anti-Covid 19: è ciò che tutti gli operatori della montagna si augurano. Ma quale tipo di frequentazione? «I mesi caldi del 2020 - spiegano dalla Fondazione Dolomiti Unesco, che fa capo ad aree nelle province di Belluno, Trento, Bolzano, Pordenone e Udine - avevano portato sotto i riflettori il difficile rapporto nei confronti dell'ingente flusso turistico poco avvezzo alle cime, al rispetto dell'ambiente montano e delle norme di comportamento in zone impervie. La Fondazione realizzerà per questo una campagna comunicativa, richiesta dai rifugisti e incentrata in particolare sull'utilizzo


responsabile dell'acqua». Gli eccessi, l'anno scorso, non mancarono. «C'era chi cantava la Montanara sotto la doccia impiegandoci quasi un'ora - viene spiegato - O chi chiedeva al gestore di rifugio una spremuta di arance fresche o uno spritz con ghiaccio e oliva. C'era chi voleva affrontare i sentieri con i sandali ai piedi e chi chiedeva se a 2700 metri si poteva arrivare in auto. Ma quando ai gestori dei 66 rifugi del Patrimonio Mondiale è stato chiesto quale sia il tema su cui incentrare una campagna comunicativa per stimolare una maggiore consapevolezza, non hanno avuto dubbi: l'acqua. L'utilizzo responsabile della risorsa idrica, viste le difficoltà di approvvigionamento in quota, è il concetto più difficile da far comprendere a quanti si aspettano che un rifugio eroghi servizi simili a quelli di un albergo o di un ristorante. E così, ci si trova a dover spiegare che in montagna può capitare di rinunciare alla doccia dopo una giornata passata a faticare su sentieri e ferrate. Conoscere la variabilità cui è soggetto il riempimento delle vasche in assenza di acquedotto, i costi di gestione e manutenzione, i miracoli quotidiani cui è costretto il gestore per garantire la ristorazione e i pernottamenti, appare sempre più indispensabile per formare gli escursionisti, consentendo loro, peraltro, di calarsi pienamente nel contesto montano e quindi di godere maggiormente dell'unicità dell'esperienza che li vede protagonisti». IL PROBLEMA La campagna della Fondazione Dolomiti Unesco non riguarderà solo le norme di comportamento, ma anche le cause profonde della necessità di risparmiare la risorsa idrica. «L'aumento delle temperature nell'ultimo secolo, tutt'ora in corso - viene sottolineato - ha importanti ripercussioni sulla criosfera, cioè l'insieme delle zone innevate e ghiacciate della Terra, spesso l'unico serbatoio naturale di acqua in alta quota. I ghiacciai arretrano a una velocità tale da poter prevedere la loro totale scomparsa, sotto i 3500 metri, entro il 2050. Molti rifugi dolomitici di quote medio-alte si trovano inoltre in aree carsiche, molto diffuse tra i massicci carbonatici del Patrimonio Mondiale Unesco. Conoscere anche questi aspetti del Patrimonio è un modo per viverlo e rispettarlo al meglio». Raffaella Gabrieli © riproduzione riservata

TGR Trentino | 25 Febbraio 2021 Acqua, nei rifugi impariamo a non sprecarla https://www.rainews.it/tgr/trento/articoli/2021/02/tnt-campagna-fondazione-dolomiti-unesco-acqua-nei-rifugi-no-spreco-83b963e5a864-41e7-a6c6-d0d553bbe210.html?wt_mc=2.social.fb.redtgrtaatn_tnt-campagna-fondazione-dolomiti-unesco-acqua-nei-rifugi-nospreco.&wt&fbclid=IwAR32VkB2lhlNQjkt5fvmmj-y5goDv67BsVxtGhdfL1XmQ40mLClz7P_XGJo LA PROPOSTA La Fondazione Dolomiti Unesco realizzerà una campagna comunicativa, richiesta espressamente dai rifugisti, e incentrata in particolare sull'utilizzo responsabile dell'acqua. L'utilizzo responsabile della risorsa idrica, viste le difficoltà di approvvigionamento in quota, è il concetto più difficile da far comprendere a quanti si aspettano che un rifugio eroghi servizi simili a quelli di un albergo o di un ristorante. DOVE E PERCHE' E così - dal Brenta ai Monfalconi, dalle Dolomiti di Sesto alle Vette Feltrine, nei 66 i rifugi che offrono all'escursionista ristoro e ospitalità - ci si trova a dove spiegare che in montagna può capitare di rinunciare alla doccia dopo una giornata passata a faticare su sentieri e ferrate. Conoscere la variabilità cui è soggetto il riempimento delle vasche in assenza di acquedotto, i costi di gestione e manutenzione, i "miracoli" quotidiani cui è costretto il gestore per garantire la ristorazione e i pernottamenti, appare sempre più indispensabile per formare gli escursionisti, consentendo loro, peraltro, di calarsi pienamente nel contesto montano e quindi di godere maggiormente dell'unicità dell'esperienza che li vede protagonisti. I CONTENUTI DELLA CAMPAGNA La campagna della Fondazione Dolomiti Unesco non riguarderà solo le norme di comportamento, ma anche le cause profonde della necessità di risparmiare acqua. I ghiacciai arretrano a una velocità tale da poter prevedere la loro totale scomparsa, sotto i 3.500 metri, entro il 2050. Molti rifugi dolomitici di quote medio-alte si trovano inoltre in aree carsiche, settori per loro natura poveri di risorse idriche superficiali. Conoscere anche questi aspetti del Patrimonio è un modo per viverlo e rispettarlo al meglio.


BANDO DIRETTORE FONDAZIONE DOLOMITI UNESCO: LE REAZIONI Corriere del Veneto | 14 Febbraio 2021 p. 15, edizione Treviso-Belluno «Dolomiti Unesco», ricorsi per i candidati Belluno «Una questione di principio. Non può essere Bolzano a decidere per tutti e limitare il diritto di molti italiani a partecipare». Il parlamentare di Forza Italia, Dario Bond, non molla. Per lui l’inserimento dell’obbligo di conoscere il tedesco scritto e parlato come requisito necessario nel bando (appena scaduto) per il ruolo di direttore della Fondazione «Dolomiti Unesco» non ha ragion d’essere. «Mi sono studiato una decina di bandi simili — tuona Bond — e ovunque, come requisiti necessari, sono inserite la conoscenza della lingua inglese e della lingua del Paese dove ha sede il proponente. Nel nostro caso parliamo della Fondazione “Dolomiti Unesco” che ha sede di rappresentanza a Belluno e operativa a Cortina. Quindi il bilinguismo non c’entra nulla». Bond non intende fermarsi. «Secondo me e qualche legale a cui mi sono rivolto si prefigura una discriminazione nei confronti dei cittadini italiani — aggiunge — Invito i candidati che si sentissero penalizzati ingiustamente per non essere magari fini conoscitori del tedesco a fare ricorso al Tar: mi impegno a seguirli e mettere a disposizione consulenze legali». E c’è l’azione politica. «La prossima settimana andrò alla sede romana della Fondazione Unesco — conclude — Porterò all’attenzione del segretario generale questo bando discriminatorio». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere del Veneto | 14 Febbraio 2021 p. 15, edizione Treviso-Belluno D’Emilia: «Fondazione, giusto sapere il tedesco» Non si placano le polemiche sul bando per il nuovo direttore della Fondazione Dolomiti Unesco, nel quale è indicato, come requisito necessario, la conoscenza del tedesco. Il deputato forzista Dario Bond, che per primo ha sollevato la questione, annuncerà oggi alcune «proposte alternative». Sul tema interviene anche l’assessore al turismo del Comune di Belluno (socio sostenitore della Fonda-zione), Yuki D’Emilia. «Credo che attaccare il bando per la richiesta della conoscenza della lingua tedesca sia stato poco corretto nei confronti dei tanti professio-nisti ed esperti che, per motivi di studio o di lavoro, quella lingua la conoscono e la parlano - le parole di D’Emilia -. Stiamo parlando di una realtà che è nel cuore delle Dolomiti, delle Alpi e dell’Europa, che non deve parlare solo dentro i confini del suo territorio, ma soprattutto aprirsi all’esterno, e la conoscen-za delle lingue è fonda-mentale. Fosse per me, anzi, avrei inserito come requisito anche la cono-scenza del francese: nel nostro piccolo, vediamo l’importanza della cono-scenza delle lingue con il progetto Alps 2030, che coinvolge tre ragazze bellunesi, ma anche slove-ni con i quali si parla inglese, ragazzi di Chamo-nix che parlano francese e del Liechtenstein, dove la lingua ufficiale è il tede-sco». Per D’Emilia ci sono anche aspetti tecnici. «Nel precedente bando la cono-scenza del tedesco costi-tuiva titolo preferenziale, ma nel corso dell’attività della direttrice Morandini, che ricordiamo essere trentina, si è rilevato quanto importante fosse dialogare con le istituzioni estere anche nella loro lingua madre. Non dimentichiamo poi i progetti transfrontalieri, come Interreg Italia -Austria, dove la conoscenza del tedesco è fondamentale per un costante confronto con i partner di progetto».

MOBILITA’ Alto Adige | 2 Febbraio 2021 p. 8 Alto Adige, il futuro si gioca sulla sua raggiungibilità


Bolzano La raggiungibilità rappresenta uno dei fattori decisivi per la competitività dell'Alto Adige e del mantenimento di posti di lavoro e reddito. E la Camera di commercio dedica a questo tema un capitolo prioritario del programma di attività 2021. «La raggiungibilità di una regione, insieme a una rete di trasporti ben funzionante è la premessa di base per permettere alle aziende locali di essere competitive. Le chiusure dei confini a causa della pandemia da Coronavirus mostrano in modo ancora più evidente quanto le attività economiche dipendano dalla raggiungibilità», afferma il presidente dell'ente camerale, Michl Ebner. La raggiungibilità di una regione si evince dalla somma delle diverse infrastrutture di trasporto, tra cui strade, ferrovia, aeroporto, che garantiscono collegamenti nazionali ed internazionali per il trasporto di persone e merci. A ciò si aggiunge la raggiungibilità digitale con l'aiuto di connessioni dati efficienti. Lo sviluppo economico dell'Alto Adige è influenzato positivamente dalla posizione della provincia sull'asse del Brennero. L'autostrada e la ferrovia sono particolarmente importanti per il trasporto di persone e merci. Per quanto riguarda il trasporto di persone è necessario aumentare l'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici da parte di turisti e residenti. La Camera di commercio di Bolzano si impegna però anche a favore del miglioramento della rete stradale capillare lontano dai principali assi di traffico. Nell'ambito del trasporto merci devono essere realizzate le premesse per fare in modo che questo venga spostato sempre più su rotaia e venga garantito anche in futuro l'accesso ai mercati. Inoltre, vi è la necessità di un piano comune tra Paesi per il corridoio del Brennero che tenga in considerazione entrambi i metodi di trasporto, su strada e rotaia, e li utilizzi al meglio. In futuro la digitalizzazione avrà un ruolo centrale per l'ottimizzazione dei flussi di traffico, cosa che richiede una raggiungibilità adeguata e digitale. In questo senso in Alto Adige va ampliata ancora di più una connessione dati veloce: oltre alle linee principali è decisivo anche il cosiddetto ultimo miglio, ossia il collegamento tra i punti di interscambio e i singoli edifici. Ciò contribuisce a garantire posti di lavoro decentrati e acquisisce un'importanza aggiuntiva grazie al modello lavorativo dello smart working.«Un centro economico attrattivo guadagna punti soprattutto quando è raggiungibile a livello internazionale. Un'impresa sceglie il luogo in cui insediarsi anche sulla base della sua raggiungibilità», chiude il segretario dell'ente camerale, Alfred Aberer.

Alto Adige | 18 Febbraio 2021 p. 32 San Cassiano-Cortina, strada più sicura san cassiano Mobilità ancora più efficiente e sostenibile e qualità di vita in val Pusteria: sono gli obiettivi che si è posta la Provincia in relazione ai progetti infrastrutturali da realizzare in preparazione per le Olimpiadi invernali 2026. A tal fine il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) garantisce alla Provincia un finanziamento di circa 82 milioni di euro. La scorsa settimana la Giunta provinciale aveva approvato le caratteristiche tecniche per 5 dei 7 progetti principali e ne ha avviato la fase di attuazione. Questa settimana su proposta dell'assessore alla mobilità Daniel Alfreider sono state approvate le caratteristiche tecniche per il lotto 1 e il lotto 2 del collegamento stradale tra San Cassiano e Cortina attraverso i passi Valparola e Falzarego. «Con l'approvazione dei dettagli tecnici può essere avviata la progettazione anche per quest'opera sovraregionale. Entro il 2026 tutti i progetti dovranno essere completati», fa presente l'assessore Alfreider. Strada provinciale più sicura.«Con i due lotti d'intervento sulla strada provinciale tra San Cassiano e Cortina attraverso il passo di Valparola puntiamo a rendere più sicuro il transito migliorando complessivamente la raggiungibilità della val Badia». L'investimento per l'opera che interessa un tratto stradale di circa 3 chilometri, sarà di circa 5,21 milioni. I lavori si concentreranno su vari punti della strada provinciale (Sp 27) nel tratto fra Armentarola e il passo di Valparola. L'intervento più rilevante riguarda la messa in sicurezza della strada che attraversa un versante soggetto a continue frane sopra l'abitato di Armentarola per mezzo dello spostamento del tracciato verso valle e la costruzione di un vallo con massi ciclopici sull'attuale sedime stradale. In alcuni tratti è necessario un sostegno della parte di carreggiata di valle con muri di sostegno e micropali. In parte è prevista la completa ricostruzione dei muri, in parte la realizzazione ex novo. Sarà, inoltre, rifatto il sistema di smaltimento delle acque superficiali e il rifacimento dei drenaggi. In alcuni tratti della strada sarà consolidata la sovrastruttura stradale e rifatto il manto stradale. Infine saranno sostituite le barriere stradali e la segnaletica.©RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 19 Febbraio 2021 p. 5, edizione Belluno «Viabilità per Cortina, una tragedia» CORTINA


«La viabilità per arrivare a Cortina, onestamente, è una tragedia». I Mondiali di sci non sono ancora finiti ed è già ora di tracciare un bilancio che, secondo il numero uno della Federazione italiana sport invernali, Flavio Roda, non può trascendere dalla questione infrastrutturale. Quasi a mettere le mani avanti, guardando all'appuntamento olimpico del 2026. «Non può succedere che in occasione di un grande evento come questo ci sia una viabilità in queste condizioni. In questo periodo è pure peggio del normale. Non può succedere, bisogna avere molta attenzione. Il successo del Mondiale è a tutto tondo, sappiamo che qui è funzionale ma dev'essere a tutto tondo». Le parole, pronunciate nel corso della conferenza di ieri mattina per valutare le ricadute sulle aziende del Mondiale, suonano ben più di un campanello d'allarme per questa provincia. Questa settimana Anas ha infatti innestato la retromarcia dopo l'annuncio fatto proprio a Cortina il giorno precedente alla cerimonia d'apertura della competizione iridata. In quell'occasione il numero uno Claudio Andrea Gemme parlava di 2022, o inizio 2023, nel caso di imprevisti, per terminare le opere. Le quattro varianti per la Conca, ha ribadito in una nota Anas, saranno invece pronte «nel 2024». Addio dunque all'illusione (durata poco più di dieci giorni) di vederle pronte già il prossimo anno. UN PASSO AVANTI Quello di Roda è quindi un monito in vista dell'appuntamento a cinque cerchi in agenda nel 2026 che, a differenza di quello iridato, avverrà con il pubblico. Un concetto messo in chiaro da Carlo Mornati, segretario generale Comitato olimpico nazionale italiano, che ha sottolineato come l'Italia non avrebbe avuto i Giochi invernali del 2026 «se non ci fossero stati questi Mondiali 2021». Per provarci con altre parole: se ai Mondiali l'impatto sulla viabilità è stato attutito dall'assenza di pubblico, alle Olimpiadi non sarà così. GLI INDUSTRIALI Quanto i grandi eventi (e le opere viarie per raggiungerli) siano importanti per la montagna lo ha detto anche Lorraine Berton, presidente degli industriali della provincia di Belluno. «Per la montagna questi eventi non rappresentano solo una questione di legacy (eredità ndr) ma soprattutto di sopravvivenza. La differenza è tra la vita e la morte». I TIMORI Della necessità di tenere alta la guardia sul territorio ha parlato il presidente della Provincia Roberto Padrin che si è soffermato sul protocollo siglato dalla prefettura di Belluno che ha già portato a due interdittive antimafia per altrettante aziende. PROGRAMMA Nei prossimi quattro anni la 51 di Alemagna deve quindi radicalmente cambiare aspetto: alle quattro varianti di Tai, Cortina, Valle e San Vito, si dovranno aggiungere anche le circonvallazioni di Cortina e Longarone. «Bisognerà correre per essere pronti per l'appuntamento, utilizzando al meglio la struttura commissariale che va nominata al più presto» ha ribadito Padrin. Andrea Zambenedetti

Corriere delle Alpi | 22 Febbraio 2021 p. 18 Traffico da incubo sull'Alemagna «Anas bocciata, si cambi subito» L'odissea Tre ore e mezza per fare i 61 km tra Cortina e Longarone. Tutti in coda lungo l'Alemagna, che ha mostrato tutti i suoi limiti nella domenica di chiusura dei mondiali di Cortina. Traffico bloccato a Tai, ma alle 19 il tappo era salito a Valle e alle 20.45 a Vodo. Un'odissea che si ripete ad ogni fine settimana, ma chi ieri era in colonna giura che neanche nei week end del passato, con gli impianti aperti, si è mai trovato in una condizione simile.A tenere il piede destro piantato sul freno c'erano anche il presidente della Provincia, Roberto Padrin, e tre suoi consiglieri. In due macchine diverse, e i secondi, che sono partiti da Cortina alle 17.20, ci hanno messo tre ore e mezza per arrivare a Longarone. «Anas aveva promesso che avrebbe sistemato la viabilità per i mondiali. Ora i mondiali sono finiti e siamo tutti in coda», denuncia Massimo Bortoluzzi, in auto con i colleghi Danilo De Toni e Franco De Bon. «Già abbiamo fatto una figuraccia mondiale per le buche sulla strada, ora questo. È evidente che c'è qualcosa che non va». I tre consiglieri chiedono un cambio di marcia, deciso e urgente. Ad Anas e al governo: «Serve un commissario straordinario sul modello del ponte Morandi», aggiungono. «Se ci dovesse essere un'emergenza in questo momento cosa succederebbe? Come farebbe a passare un'ambulanza?». Pensano ai residenti fra Longarone e Cortina. «Non è più tollerabile», conclude Bortoluzzi. «Spero che tutti i vertici delle istituzioni si rendano conto di come vivono le persone nei paesi lungo l'Alemagna. Le Olimpiadi sono domani, e per fare le varianti servono tempi lunghi. Devono ancora essere fatti i progetti esecutivi e le gare. E la variante di Longarone sarà pronta?», si chiede. I tempi sono strettissimi, e il cambio di marcia deve avvenire subito. «Nel frattempo si comincino a valutare soluzioni alternative, ad esempio usare gli impianti di risalita come mezzo di trasporto», aggiunge De Toni. «E se manca qualche impianto per collegare le valli, lo si realizzi». Soluzioni necessarie per un territorio che attende risposte, da anni.Padrin è partito da Cortina qualche minuto prima dei colleghi. È stata la sua fortuna perché per lui il viaggio è durato "solo" due ore e 10 minuti. «Ho impiegato una cinquantina di minuti per arrivare al Ponte Cadore. Dopo Tai ho dovuto fermarmi», racconta. «Si andava avanti a passo d'uomo. Ho visto molti automobilisti prendere la scorciatoia per la Cavalera, ma poi erano in coda all'uscita da Perarolo». L'accesso alla Cavalera poco dopo è stato


bloccato dalle forze dell'ordine. «All'ingresso delle gallerie c'erano i movieri dell'Anas e lungo il percorso ho visto molte pattuglie della Polizia», continua Padrin. «Ma non è bastato ad evitare i disagi di sempre». C'è un unico modo, conclude Padrin, per evitare i pomeriggi domenicali d'inferno sulla 51: «Realizzare la variante di Longarone». Ma se non c'è ancora una bozza di progetto, si riuscirà a fare l'infrastruttura prima delle Olimpiadi? «È un miracolo, ma ci dobbiamo impegnare tutti a farlo diventare realtà, o sarà l'ennesima sconfitta».F.D.M. e A.F.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 22 Febbraio 2021 p. 22 «In treno da Monaco fino a Venezia e tunnel per collegare le nostre valli» L'intervista Francesco Dal Mas «Il rischio che per le Olimpiadi si ripeta, sul piano infrastrutturale, quanto è accaduto per i Mondiali (e cioè ben poco) è molto forte quindi abbiamo deciso, come Confindustria, di avvalerci dell'Università di Padova, e in particolare dalla Facoltà di ingegneria, per studiare che cosa si può fare subito e che cosa si potrà fare in prospettiva, entro il 2040». Chi parla è Francesco De Bettin, fondatore, insieme ai fratelli, di Dba Group, una holding indipendente specializzata nell'erogazione di servizi di consulenza, architettura, ingegneria, project management e soluzioni Ict. Sarà lui a coordinare il gruppo nel quale si associano anche le Associazioni industriali di Trento e di Bolzano. E in un prossimo futuro pure quelle di Pordenone e Udine. Si tratta della medesima area delle Dolomiti Unesco.Il vostro si risolve in un atto di sfiducia nei confronti di chi ha gestito la preparazione infrastrutturale (non sportiva) dei Mondiali.«Al di là della buona volontà delle persone, ci troviamo con le quattro varianti che probabilmente non saranno pronte prima dei Giochi del 2026 (e dovevano già essere una realtà) e con le circonvallazioni di Cortina e di Longarone che, se va bene, avranno piantato solo i cantieri».In questi ultimi giorni si è già anticipato che l'esperienza del Ponte Morandi non dovrà essere ripetibile.«E allora sarà meglio fermarci. Ma noi abbiamo fiducia in Draghi, tanto che ci prepariamo a individuare un master plan di interventi per tutta l'area dolomitica».Con il proseguimento dell'autostrada A27 come priorità indiscutibile?«Nessuna autostrada vecchia maniera. Poniamo il tema del collegamento diretto tra il porto di Venezia e Monaco, passando per Belluno. Il corridoio potrebbe essere ferroviario, potenziando ciò che esiste già e completandolo nei tratti mancanti. Sarà l'Università a spiegarci la soluzione economicamente più compatibile. E, soprattutto, più sostenibile sul piano ambientale».La provincia non ha tanto bisogno di essere attraversata verticalmente, col rischio magari di essere bypassata, ha bensì la necessità di collegamenti intervallivi?«È proprio quello che abbiamo chiesto alla Facoltà di Ingegneria di studiare. Riteniamo, ad esempio, che Cortina possa essere raggiunta non solo dall'Alemagna, destinata a diventare un collo di bottiglia, ma anche dall'Agordino, magari con un piccolo tunnel sotto le montagne di Selva di Cadore. Così come riteniamo che l'intasatissima Val di Fassa possa prestare turisti alla Valle del Biois solo se si facilitasse il collegamento con un tunnel».Che dire, allora, della Val Pusteria che, pur allungando la stagionalità, non sa dove sistemare i villeggianti?«Appunto, il Comelico potrebbe essere una valle di sfogo, ma è evidente che non può restare il passo di Monte Croce come unico passaggio. È troppo problematico. Insomma noi oggi abbiamo troppi vasi comunicanti che tra loro non comunicano, non si parlano. E questo è anche un gap sul piano economico. Senza comunicazioni non ci sarà sviluppo nelle nostre valli. Continuerà lo spopolamento».Non si offenderà se le diciamo che il vostro rischia di essere un "libro dei sogni", forse irraggiungibile.«Io stesso l'ho definito tale. Ma questa provincia si sta immiserendo perché non è più capace di sognare. Aveva l'opportunità di farlo con i Mondiali di sci e sul piano infrastrutturale è stata una cocente delusione. Il Governo Draghi sembra voglia ripuntare sul turismo, come asse portante dell'economia. Quindi dobbiamo attrezzarci per tempo. Senza dimenticare il comparto industriale, il manifatturiero, che ha dimostrato di tenere in provincia».Fa riferimento a tante aziende metalmeccaniche in forte ripresa?«Senz'altro sì, ma sono sicuro che si riprenderà anche l'occhialeria».Quali tempi vi siete dati con il Dipartimento di Ingegneria di Padova?«Entro giugno disporremo dei primi studi su ciò che si dovrebbe fare entro il 2026. Per la fine dell'anno ci forniranno i temi fino al 2040. Da non dimenticare, che questi sono gli anni, per l'Unione europea, di revisione, di aggiornamento dei grandi corridoi, delle cosiddette "ten". Quindi è il momento giusto».Dica la verità. Quando si proietta sul corridoio multimodale Venezia Monaco non può che pensare all'autostrada? «E invece no. Io sono sostenitore, anche per il mestiere che faccio, dell'alta capacità ferroviaria se non dell'alta velocità per cose e persone. Venezia dovrà diventare il porto di Monaco sull'Adriatico».Obiezione. Intorno al 2026 sarà attivo il tunnel del Brennero, con arrivo a Verona. Dall'altra parte c'è Tarvisio, con la ferrovia Pontebbana non ancora del tutto sfruttata. È proponibile un terzo corridoio verso nord?«È indispensabile per non restare nella marginalità, come Bellunese. E anche Bolzano e Trento hanno necessità di alleggerirsi. C'è chi sostiene che sarebbe già molto arrivare a Lienz. Ma le nostre occhialerie, la nostra manifattura ha l'urgenza di arrivare nel cuore dell'Europa, in Germania, e da qui ramificarsi. L'autostrada tradizionale troverebbe ostacoli, in altri paesi. Dobbiamo proporre soluzioni innovative, che possano essere condivise con Austria e Germania».Quindi un corridoio del tutto nuovo, in ferrovia...«E in galleria, con collegamenti locali».Ha visto però quanta fatica solo ad immaginare di riportare il treno fra Calalzo e Cortina. «Sì, ma perché no per Auronzo?» .Ah, ci risiamo.«C'è tutto il Comelico che necessita di un collegamento».Mi scusi, ma questo libro dei sogni con che cosa


lo finanziamo?«Cominciamo col recovery plan. Lo sa che Belluno è stata esclusa. Mi auguro che il Governo Draghi ci ripensi».E che magari garantisca davvero poteri commissariali ai commissari.«Appunto. Sono inspiegabili due tre anni per un parere di compatibilità ambientale. Ripeto, due, tre anni. Ma questi tecnici-burocrati che cosa fanno, lavorano veramente. E poi la politica dev'essere più incisiva. Mio padre mi spiegava della necessità di una circonvallazione a Longarone quando mi portava a scuola a Vittorio Veneto, generazioni fa».Quindi?«Ci vuole un super commissario che possa commissariare tutti». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

BELLUNO, TRENTO E BOLZANO, UN PATTO PER LA VIABILITÀ Gazzettino | 16 Febbraio 2021 p. 5, edizione Belluno Belluno, Trento e Bolzano, un patto per la viabilità BELLUNO Ragionare assieme per Trento, Bolzano e Belluno potrebbe sembrare una sfida olimpica ma non lo è. Anzi è già realtà. A fare il primo passo gli industriali delle tre province con i loro numeri uno: Maria Lorraine Berton ed i colleghi Federico Giudiceandrea (Assoimprenditori Alto Adige) e Fausto Manzana (Confindustria Trento) che hanno assegnato al Dipartimento di Ingeneria Civile dell'Università di Padova direttore Carlo Pellegrino - uno studio preliminare che definisca lo stato attuale e gli scenari pre e post Olimpiadi del sistema delle infrastrutture di trasporto di interesse per le province sulle quali insiste il Patrimonio Unesco. Un area geografica indivisibile, che ricade in tre diverse aree amministrative che devono però dialogare e cooperare per una visione e una progettualità condivisa. GLI OBIETTIVI E IL TEMPO Due gli orizzonti temporali: quello del 2026, anno delle Olimpiadi, e quello di più lungo periodo, almeno trentennale. Lo scopo è gettare la basi per la definizione di una programmazione che tenga conto delle esigenze straordinarie dettate dall'appuntamento olimpico e che tracci anche una visione di più lungo termine dello sviluppo infrastrutturale, con un occhio di riguardo a sostenibilità e generazioni future. Un'alleanza che Lorraine Berton definisce così: «Una vera e propria task-force attraverso cui vogliamo rendere ancora più incisiva la nostra azione sul fronte delle infrastrutture materiali e immateriali necessarie all'intera area dolomitica. Per farlo, stiamo mettendo le basi a una grande piattaforma comune. Se davvero vogliamo essere efficaci dobbiamo guardare al territorio nel suo complesso, superando i confini amministrativi e confrontandoci alla pari, soprattutto se parliamo di programmazione». Obiettivi questi che sono condivisi sia a Bolzano sia a Trento. IL PIANO «Quella che si è costituita è una vera e propria task-force afferma Lorraine Berton, presidente degli industriali bellunesi . Vogliamo rendere ancora più incisiva la nostra azione sul fronte delle infrastrutture materiali e immateriali necessarie all'intera area dolomitica. Per farlo, stiamo mettendo le basi a una grande piattaforma comune. Se davvero vogliamo essere efficaci dobbiamo guardare al territorio nel suo complesso, superando i confini amministrativi e confrontandoci alla pari, soprattutto se parliamo di programmazione». CONTRIBUTO DIRETTO «Intendiamo dare un contributo diretto assumendo un ruolo propositivo e preparando le nostre realtà alle sfide future aggiunge il presidente di Assoimprenditori Alto Adige Giudiceandrea . Lo studio offrirà un'interpretazione coordinata di fenomeni che sono volano di sviluppo dell'economia dei territori montani interessati: se sapremo gestirli in maniera corretta, saranno un'opportunità per promuovere in modo sostenibile i nostri territori». IL CONTRIBUTO TRENTINO «È un impegno che desideriamo perseguire non solo nell'interesse delle comunità che oggi abitano il territorio dolomitico, ma anche per le generazioni che verranno, nei confronti delle quali abbiamo una grande responsabilità dichiara Manzana, presidente di Confindustria Trento . Lo sviluppo infrastrutturale di questa parte di territorio, anche ma non solo in vista delle Olimpiadi 2026, dovrà essere immaginato e realizzato tenendo bene a mente che si tratta di un'eredità che lasciamo a chi verrà dopo di noi». SVILUPPO OMOGENEO Insomma capire la situazione attuale prima di pianificare i passi successivi diventa fondamentale. Farlo in accordo con i vicini di casa questa volta non rappresenta un valore aggiunto ma il punto di partenza per guardare con maggiore serenità verso l'appuntamento a cinque cerchi. Giovanni Santin © riproduzione riservata


Corriere del Veneto | 16 Febbraio 2021 p. 10, edizione Treviso - Belluno Dolomiti, trasporto tra Giochi e i prossimi tre decenni Belluno Ora pensiamo alle Olimpiadi invernali del 2026. Ma poi anche alla necessità di uscire dall’isolamento. Con una visione a lungo termine dello sviluppo infrastrutturale, un occhio alla sostenibilità e uno all’economia. Ci crede Confindustria Belluno, che assieme alle consorelle di Trento e Bolzano ha affidato all’Università di Padova uno studio che definisca lo stato attuale e gli scenari pre e post Olimpiadi delle infrastrutture di trasporto. Con due orizzonti temporali: quello del 2026, anno delle Olimpiadi e quello di più lungo periodo, almeno trentennale. Il contratto attraverso il quale Confindustria Belluno Dolomiti, Assoimprenditori Alto Adige e Confindustria Trento commissionano la ricerca al Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale-Icea dell’Università degli Studi di Padova è stato siglato dai presidenti delle tre associazioni Maria Lorraine Berton, Federico Giudiceandrea, Fausto Manzana, e dal direttore del dipartimento, Carlo Pellegrino . Intanto il consigliere provinciale delegato ai Trasporti, Dario Scopel, plaude all’elettrificazione della linea ferroviaria Conegliano-Belluno e al ritorno del collegamento diretto con Venezia. «Ma ora servono rassicurazioni sui tempi di percorrenza — ammonisce Scopel — Mesi fa era stato sollevato il problema che il viaggio Belluno-Venezia potrebbe avere la stessa durata di oggi con i treni diesel. Noi dovremo lavorare per un’integrazione dei sistemi di trasporto che garantisca una mobilità sostenibile e funzionale alla montagna. E in prospettiva dobbiamo raggiungere lo sbocco a nord fondamentale per la manifattura bellunese». (M.G.)

Alto Adige | 17 Febbraio 2021 p. 7 Area dolomitica, gli imprenditori e la sostenibilità Bolzano Gettare la basi per la definizione di una programmazione che tenga conto delle esigenze straordinarie dettate dall'appuntamento di Milano Cortina 2026 e che però tracci una visione di più lungo termine dello sviluppo infrastrutturale delle Dolomiti, con un occhio di riguardo alla sostenibilità e alle generazioni future.È con questo obiettivo che le Associazioni degli industriali delle province di Belluno, Bolzano e Trento hanno deciso di affidare all'Università di Padova uno studio preliminare che definisca lo stato attuale e gli scenari pre e post Olimpiadi del sistema delle infrastrutture di trasporto di interesse per le province sulle quali insiste il Patrimonio Unesco: un insieme indivisibile, che ricade in tre diverse aree amministrative che devono però dialogare e cooperare per una visione e una progettualità condivisa. Con due orizzonti temporali: quello del 2026, anno delle Olimpiadi, e quello di più lungo periodo, almeno trentennale.Il contratto attraverso il quale Confindustria Belluno Dolomiti, Assoimprenditori Alto Adige e Confindustria Trento commissionano la ricerca al Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale - Icea dell'Università degli Studi di Padova è stato siglato dai presidenti delle tre associazioni Maria Lorraine Berton, Federico Giudiceandrea, Fausto Manzana, e dal direttore del dipartimento, Carlo Pellegrino.«Intendiamo dare un contributo diretto assumendo un ruolo propositivo e preparando le nostre realtà alle sfide future. - così il presidente di Assoimprenditori Alto Adige Giudiceandrea - Lo studio offrirà un'interpretazione coordinata di fenomeni che sono volano di sviluppo dell'economia dei territori montani interessati: se sapremo gestirli in maniera corretta, saranno un'opportunità per promuovere in modo sostenibile i nostri territori».

Corriere del Trentino | 17 Febbraio 2021 p. 7 Infrastrutture Dolomiti: patto tra gli industriali per affidare uno studio all’Università di Padova Gettare la basi per la definizione di una programmazione che tenga conto delle esigenze straordinarie dettate dall’appuntamento di Milano Cortina 2026 e che tracci allo stesso tempo una visione (almeno) trentennale dello sviluppo infrastrutturale delle Dolomiti, con un occhio di riguardo alla sostenibilità e alle generazioni future. È con questo obiettivo che le Associazioni degli industriali delle province di Belluno, Bolzano e Trento hanno deciso di affidare all’Università di Padova uno studio preliminare che definisca lo stato attuale e gli scenari pre e post Olimpiadi del sistema delle infrastrutture di trasporto di interesse per i territori sui quali insiste il Patrimonio


Unesco. Una task force messa nero su bianco in un contratto siglato tra i presidenti di Confindustria Belluno Dolomiti, Assoimprenditori Alto Adige e Confindustria Trento e il direttore del Dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale (Icea) dell’Università degli Studi di Padova, a cui è stata commissionata la ricerca.

MONDIALI 2021: GLI AGGIORNAMENTI Gazzettino | 6 Febbraio 2021 p. 2, edizione Belluno Zaia: «Con il Mondiale i grandi investimenti» «Tra pochissime ore si accenderanno i riflettori sul più grande evento sportivo dell'era Covid commenta Luca Zaia, presidente della Regione Veneto i Mondiali puntano a diventare il simbolo della ripartenza della montagna Veneta, ma anche dello sci. Un evento che si traduce anche in investimenti, soprattutto infrastrutturali. In Ampezzo sono arrivati quasi 100 milioni di euro, di cui 40 di finanziamento statale, impiegati per investimenti duraturi che riqualificando l'esistente contribuiranno anche al rilancio di tutta la montagna veneta. Assieme alle infrastrutture di gara e alle opere funzionali ai Mondiali, sono state realizzate di opere complementari che avranno una ricaduta diretta e tangibile sulle Dolomiti». A poche ore dalla cerimonia d'apertura, intanto, a destare preoccupazione è soprattutto il meteo. Già dal pomeriggio di oggi previste le prime precipitazioni. C'è l'incognita meteo che grava sull'avvio dei Mondiali di sci alpino di Cortina. Le previsioni, particolarmente curate proprio per fornire a organizzatori e squadre le migliori indicazioni possibili, danno precipitazioni modeste e locali già per questo pomeriggio, più intense nella giornata di domenica, che si prolungheranno sino alla mattinata di lunedì, seppure deboli. Soprattutto ci saranno alte temperature, per cui oggi nevicherà a 1800/2000 metri, con neve bagnata, pesante. Sotto quella quota ci sarà pioggia. Le condizioni miglioreranno di poco domenica, con la quota della neve fra 1300 e 1600 metri. Questo potrà creare fastidi a chi assiste alla cerimonia di apertura dei Mondiali, allo spettacolo allestito nel piazzale della stazione, ma suscita forte apprensione nei responsabili della pista, negli uomini che dovranno sobbarcarsi un lavoro improbo, come già accaduto durante l'ultima nevicata. La pista dovrà essere perfetta già lunedì mattina, per la disputa della prima gara in calendario, la combinata femminile. Il calendario incalza, con due gare nella giornata di martedì 9, i due supergigante, per le donne e per gli uomini: dovranno quindi essere pronte sia l'Olympia delle Tofane, sia la Vertigine. La valanga scesa oggi sulla statale di Alemagna, chiusa a Carbonin, conferma l'influenza del clima sul manto nevoso. L'ATTESA DEL GOVERNATORE L'attesa per l'avvio dei Mondiali coinvolge tutti, a Venezia come a Cortina: «Tra pochissime ore si accenderanno i riflettori sul più grande evento sportivo dell'era Covid: i Mondiali di sci di Cortina; in sicurezza e con tutti gli accorgimenti per prevenire il contagio commenta Luca Zaia, presidente della Regione Veneto è una kermesse che punta a diventare il simbolo della ripartenza della montagna Veneta, ma anche dello sci, dopo il via libera del Cts. Dimostrerà, al contempo, la capacità del sistema paese di mettere insieme energie ed esperienze, che lasceranno una eredità di spessore sull'intero tessuto economico e produttivo Veneto. Oggi, al cancelletto di partenza si presenta una squadra compatta, che ha tutte le carte in regola per disputare questa gara, il preludio delle Olimpiadi del 2026». LE INFRASTRUTTURE Zaia entra dunque nel concreto: «È un evento che si traduce anche in investimenti, soprattutto infrastrutturali. In Ampezzo sono arrivati quasi 100 milioni di euro, di cui 40 di finanziamento statale, impiegati per investimenti duraturi che riqualificando l'esistente contribuiranno anche al rilancio di tutta la montagna veneta. Assieme alle infrastrutture di gara e alle opere funzionali ai Mondiali, sono state realizzate opere complementari che avranno una ricaduta diretta e tangibile sulle Dolomiti e sulla comunità locale, per sostenere un turismo più attento all'ambiente e rispettoso di questa terra». VERSO I GIOCHI 2026 Zaia guarda avanti, agli anni che verranno, così intensi, verso le Olimpiadi 2026: «L'impegno della Regione e di tutti gli attori coinvolti in questo evento non si esaurisce con il taglio del nastro di domenica. Sono già programmati interventi di Livello 4, che il commissario di governo Valerio Toniolo si impegnerà ad attivare non appena saranno terminati gli studi di fattibilità». Oggi la Regione Veneto sarà a Cortina con la vice presidente Elisa De Berti, che presenterà la sala operativa, studiata per monitorare la mobilità durante i Mondiali, nella collaborazione fra Concessioni autostradali venete, Veneto Strade e Anas. CONTO ALLA ROVESCIA C'è attesa per la cerimonia di apertura dei Mondiali, che sarà trasmessa in diretta da RaiDue domani alle 18. Durerà un'ora e un quarto; sarà uno spettacolo prettamente televisivo, poiché il pubblico non potrà assistere, per le prescrizioni anti Covid-19. Sarà l'immagine di questi Mondiali, evento mediatico, a cui guarda tutto il mondo, perché altri dovranno adeguarsi, nel prossimo futuro, a


cominciare dalle Olimpiadi estive di Tokyo. Eppure ci sarà spazio per la realtà locale, per l'identità di una comunità ben radicata alla sua terra. ARTISTI DI CASA Fra cantanti e artisti, a intervallare i discorsi delle autorità, suonerà il Corpo musicale di Cortina, che quest'anno festeggia 160 anni dalla fondazione. Si esibiranno i ballerini dell'associazione Danza e dintorni, che vestiranno l'abito della festa della tradizione ladina ampezzana. Ieri ci sono state le prove generali, fra emozione e soddisfazione. Non potranno esserci gli atleti, ma ci sarà un omaggio a Venezia, con il suo Carnevale, e a Verona, con la sua storia e la tradizione culturale, che accoglierà la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi invernali 2026. Marco Dibona

Gazzettino | 7 Febbraio 2021 p. 3, edizione Belluno Il governatore Zaia «Oggi inizia la discesa verso le Olimpiadi» Dai Campionati del mondo di sci alpino di questo 2021 alle Olimpiadi e Paralimpiadi invernali 2026: è il percorso che sta compiendo la montagna veneta, coinvolta nel volgere di pochi anni in due eventi di rilevanza planetaria. A 100 milioni di euro di investimenti per i Mondiali si aggiungeranno 325 milioni di euro, nel Veneto, da impiegare nei cinque anni a venire. Tutto ciò non accade per caso, secondo Luca Zaia, presidente della Regione Veneto; è invece un segno tangibile che in questa terra si sa investire bene. «Se i Mondiali di Cortina sono il nostro biglietto di presentazione, con le Olimpiadi 2026 dimostreremo, a 70 anni dall'edizione dei Giochi olimpici invernali di Cortina 1956, la capacità del sistema Veneto di trasformare le opportunità in certezze. Soprattutto in un momento storico difficile e complesso come quello che stiamo attraversando, la gratificazione più grande sarà attestare al mondo intero che la nostra regione ha saputo trasformare un progetto sportivo in un investimento, per il rilancio sostenibile dell'intera montagna veneta». CAPACITÀ DI AZIONE Il presidente Zaia ribadisce questa grande capacità di azione dei Veneti e lo fa nel giorno della cerimonia di apertura dei Mondiali sulle Dolomiti d'Ampezzo, ai quali parteciperanno più di seicento atleti di 70 nazioni. Lo fa nel momento in cui si prospetta l'avvio della stagione dello sci, che potrà avvenire dal prossimo 15 febbraio, e si rivolge anche alle comunità locali, in sofferenza a causa del perdurare della pandemia che ha compromesso la stagione sciistica invernale. «Le risorse economiche destinate agli investimenti per i Mondiali di Cortina sono una solida base di partenza per il prossimo evento planetario, le Olimpiadi e Paralimpiadi invernali Milano Cortina 2026 sottolinea Zaia oggi ci presentiamo al mondo con una immagine ancora più moderna delle Dolomiti, dove sport e turismo si fondono, con impianti di risalita, viabilità e infrastrutture progettati rispettando un ambiente fragile, che lasciano spazio però ad una rivitalizzazione urbana ragionata. Penso alle opere già compiute al traguardo di Rumerlo, sotto la Tofana, in località Gilardon, agli interventi sulle piste Vertigine, Olympia, Druscié A e B, sulla nuova pista Lino Lacedelli alle Cinque Torri, ai bypass di attraversamento nella nuova finish area in prossimità dell'impianto funiviario Freccia nel Cielo, alle due nuove cabinovie Cortina - Col Druscié e Son dei Prade-Bai de Dones; al sistema di protezione anti valanghe sulla Tofana e alla riqualificazione della piscina comunale di Guargné». LE RISORSE Zaia aggiunge: «Non ci sono dubbi sul fatto che sappiamo utilizzare i finanziamenti, pubblici e privati, messi a disposizione per i grandi progetti sportivi. E se, ai 100 milioni di investimento destinati ai Mondiali di Cortina, aggiungiamo i 527 milioni che spettano all'intera area dolomitica in vista dei Giochi olimpici, di cui 325 sono solo per il Veneto, sono certo che potremo realizzare altri sogni». Ma non è finita, perché si sta lavorando per ottenere altri sostegni finanziari: «Per le Olimpiadi 2026 avremo a disposizione un'ulteriore quota statale, approvata con la legge di bilancio 2021, che indirizza a Veneto, Lombardia e province autonome di Bolzano e Trento un altro finanziamento complessivo di 145 milioni di euro. Non dimentichiamo che anche nel bilancio di previsione regionale sono stati accantonati 14,2 milioni di euro, come fondo di garanzia per il grande evento a cinque cerchi, senza poi contare l'assegno da 900 milioni di dollari che il Comitato olimpico internazionale staccherà per il Coni italiano e che avrà una ricaduta anche sul nostro territorio, sotto forma di investimenti». M.Dib.

Corriere del Veneto | 12 Febbraio 2021 p. 4 Il «modello operativo» l’eredità dei Mondiali editoriale di Giuseppe Pierro*


U na partenza in salita, per «colpa» del meteo: la neve è arrivata anche la mattina di domenica, giorno dell’inaugurazione, complicando il lavoro già duro di preparazione delle piste. E il Covid...La crisi di governo... Eppure i Mondiali sono partiti, e questa è già una prima vittoria perché l’Italia ha confermato di essere capace di organizzare un grande evento internazionale anche durante la pandemia, inventandosi nuove formule e riuscendo a connettere spettatori e media nei cinque continenti. Quello che mi sembra importante sottolineare è che Cortina 2021 si è accreditata come un «modello operativo», che lascerà il segno. Di questo siamo orgogliosi, come del crescente interesse intorno all’appuntamento. Il governo ha creduto infatti in questo evento, da sempre: il sostegno è stato trasversale. Sono state destinati fondi ed energie, perché fosse massima la visibilità mondiale di Cortina 2021 e dello sport che ospita, lo sci, con i suoi straordinari atleti. In queste settimane il Mondiale sarà uno potente volano dell’immagine del nostro Paese, delle sue bellezze e professionalità. C’è un elemento in particolare da ricordare: sostenendo Cortina 2021, il governo ha voluto lasciare anche un’eredità al territorio e all’Italia, pensando sì alle prossime Olimpiadi 2026, ma non solo: in gioco c’è il futuro di aziende, giovani, sportivi e dell’economia in generale. Questi Campionati del mondo, gestiti con determinazione e in piena trasparenza sono un esempio virtuoso dell’Italia che vince quando fa sistema, superando lontananze politiche, facendo lavoro di squadra e investendo sul futuro, come ci chiede l’Europa con il Next generation Eu e come ha voluto fin dall’inizio il Dipartimento per lo sport e il ministro Vincenzo Spadafora. Cortina e le sue montagne sono già cambiate. I Mondiali saranno un moltiplicatore per il smade in Italy». Saranno il primo step verso Milano-Cortina 2026. E un esempio da seguire. * Capo del Dipartimento per lo sportdella Presidenza del Consiglio dei ministri

Gazzettino | 23 Febbraio 2021 p. 5, edizione Belluno «L'immagine delle nostre montagne nelle case di 500 milioni di persone» CORTINA D'AMPEZZO A bocce ferme, concluso il Mondiale di sci di Cortina, l'assessore regionale veneto Federico Caner tratteggia un bilancio: «Per l'organizzazione dell'evento il Veneto e Fondazione Cortina 2021 hanno dimostrato una straordinaria capacità organizzativa. Dare vita a un evento di questa portata in piena pandemia non era un'impresa facile ma ce l'abbiamo fatta. Siamo arrivati fino in fondo grazie a un grande lavoro di squadra che ha visto il coinvolgimento di centinaia di persone tra operatori, volontari e protezione civile. Resta la soddisfazione di aver portato l'immagine delle montagne venete in tutto il mondo; restano i complimenti della stampa estera per l'organizzazione e l'esperienza fatta sul campo, di una competizione mondiale. Un test importante in vista delle Olimpiadi MilanoCortina 2026». SOSTEGNI IMPORTANTI I Mondiali hanno ricevuto sostegni importanti: «Cortina 2021 si è tradotto prima di tutto in investimenti infrastrutturali conferma Caner - sul territorio ampezzano sono arrivati quasi 100 milioni di euro, di cui 40 di finanziamento statale, per investimenti duraturi, che contribuiranno al rilancio di tutta la montagna veneta. Un primo passo verso il grande evento delle Olimpiadi, per cui sono già previsti il tunnel di collegamento dei versanti Tofana e Faloria e un nuovo impianto di risalita con annesso parcheggio; il recupero funzionale dello stadio Olimpico per ospitare il curling; un intervento di adeguamento del collegamento fra la statale 51 e Pian da Lago per migliorare la sicurezza e la fluidità della circolazione; l'ampliamento del bacino idrico di Vervei. Ho visto il funzionamento della situation room. Da parte di Cav, Anas e Veneto Strade è stato fatto un lavoro importante di coordinamento e monitoraggio. La viabilità per la montagna rappresenta sempre un nodo, che però stiamo affrontando con pugno duro, grazie al lavoro della vice presidente Elisa de Berti». GRANDE AUDIENCE TV Sull'assenza del pubblico, commenta: «Tutti avremmo voluto che questo evento potesse essere vissuto, prima ancora che dai turisti stranieri, dai nostri veneti. Ma anche se Cortina 2021 è stato a porte chiuse, l'hanno visto in televisione oltre 500 milioni di persone, da tutto il mondo, oltre ai contatti in digitale». IL FUTURO L'assessore valuta quindi il futuro della montagna veneta: «Per la montagna veneta il lockdown bianco rappresenta una perdita stimata intorno a 900 milioni di euro. Si può uscirne con il piano vaccinale. Più vaccini faremo e più saremo in grado di creare le condizioni per la ripartenza turistica del Veneto. Non solo per la montagna, ma anche per il futuro del turismo veneto, deve esserci una stagione nuova, prima di tutto nel lavoro che viene svolto tra Governo e Regioni. Quanto è accaduto con gli impianti di risalita non dovrà più ripetersi. Per fare questo è necessario che le decisioni arrivino con tempestività e siano comunicate con largo anticipo. Servono capacità decisionale e immediatezza nella comunicazione. Il turismo montano ripartirà e noi, proprio grazie al lavoro che stiamo svolgendo oggi per effetto di questi grandi eventi, saremo pronti a sostenerlo più e meglio di prima». M.Dib.


Gazzettino | 23 Febbraio 2021 p. 6, edizione Belluno «Il covid ha evitato una figuraccia» Se ci fossero stati anche i turisti migliaia di migliaia da tutto il mondo sarebbero ancora lì, appena sotto Tai di Cadore, in attesa che la fila di auto riprenda a muoversi. IL PIANO CHE NON DECOLLA Sull'Alemagna c'è un progetto da 170 milioni di euro firmato da Anas. All'interno anche le 4 varianti di Cortina, Tai, Valle e San Vito di Cadore. Dovevano essere pronte per quest'anno. Invece, lo saranno per il 2024 (forse) in ritardo di 3 anni. Non è casuale che Anas l'abbia definito Piano straordinario per il potenziamento e il miglioramento della viabilità in vista dei mondiali 2021 a Cortina d'Ampezzo. Il termine erano i mondiali. Invece così non è stato. PROBLEMA CRONICO «La coda c'è sempre spiega il presidente della Camera di Commercio Mario Pozza Anche nei giorni in cui non c'è turismo. Sono stato diverse volte in montagna per motivi istituzionali e sono rimasto sempre bloccato». Una volta perché dovevano collegare un cavo, un'altra perché il cantiere stringeva la strada ed era stato istituito il senso unico alternato. Un'altra ancora c'era una frana: «Non dico che sia una via crucis ma quasi. Sicuramente una situazione imbarazzante da terzo mondo. Con la tecnologia che c'è al giorno d'oggi non è possibile che si blocchi tutto per un cavetto». A testimoniare, domenica pomeriggio, l'attesa infinita sull'Alemagna c'era anche il consigliere provinciale Massimo Bortoluzzi. «Bellissima giornata a Cortina, montagne spettacolari, cerimonia di chiusura dei Mondiali da favola. Ritorno da incubo» ha commentato sui Social. I primi rallentamenti già a San Vito di Cadore. Macchine ingessate a Tai. «Non è possibile impiegare ore per percorrere pochi chilometri ha continuato Bortoluzzi Se dovesse esserci necessità di far passare un'ambulanza per un'emergenza, come si farebbe? Pretendiamo una viabilità diversa, funzionale ed efficace. Non chiediamo nient'altro che un sacrosanto diritto alla mobilità, che per la montagna è vitale». LO STUDIO In questo contesto c'è qualcuno che sta cercando di capire l'impatto della viabilità ridotta sulle aziende e sul territorio. «Con Uniontrasporti stiamo facendo uno studio sulle opere ferme per capire l'impatto sull'economia» confida Mario Pozza. Uniontrasporti è una società promossa da Unioncamere e dalle Camere di Commercio per sostenere lo sviluppo del sistema dei trasporti, della logistica e delle infrastrutture. Il focus di cui parla Pozza prende in considerazione Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Veneto. L'obiettivo principale è fotografare le opere in essere. Qual è l'impatto economico della loro mancata realizzazione? E quale potrebbe essere invece il beneficio per i territori? Il caso del Brennero, il blocco stradale costante tra San Donà e Portogruaro, ma anche il Bellunese e le sue problematiche: «In primis il prolungamento dell'autostrada A27 che aspettiamo da anni e poi l'Alemagna». Conclude Pozza: «Mercoledì (domani per chi legge, ndr) avremo un altro incontro. Nel frattempo mi sono sentito con il sindacato per pianificare un ulteriore intervento di sensibilizzazione delle forze politiche ed economiche per la realizzazione delle opere nel Bellunese». Davide Piol © riproduzione riservata

Corriere delle Alpi | 24 Febbraio 2021 p. 9 Messner: «Cortina gran bello spot Sarà un'estate piena di turisti» LA RIFLESSIONE Gli impianti di risalita sono chiusi, ma in montagna c'è traffico. Di auto e di escursionisti. E non solo il sabato o la domenica. In questo strano inverno, segnato dal Covid, cresce il numero dei ciaspolatori (magari neofiti), degli appassionati di sci alpinismo e di chi, più semplicemente, passeggia: salgono verso i rifugi alpini, soprattutto là dove sanno che possono trovare ristoro. Ha deciso di aprire, da domenica scorsa, anche il "Chiggiato", un vero e proprio "nido d'aquila" ai piedi delle Marmarole. Per Reinhold Messner, il "re degli ottomila", che da una dozzina d'anni conduce il "Museo tra le nuvole" del Monte Rite è una diretta conseguenza non solo dei ripetuti lockdown, della prigionia in casa, ma, da qualche giorno, anche dei Mondiali di Cortina.effetto mondialiI Mondiali di Cortina? «Sì, Cortina ha fatto un figurone, ha richiamato l'attenzione della montagna mondiale sulle Dolomiti, in tempi in cui la maggior parte dei visitatori poteva solo sognare ad occhi aperti. Ecco il risultato. Chi può muoversi nell'ambito regionale, lo farà sempre più massicciamente verso ogni parte delle Dolomiti, cercando, per quanto possibile, la bellezza pura. Proprio così si spiega la presenza, che voi chiamate "invasione", nei siti più diversi di queste montagne». Le severe norme anti Covid bloccano Messner in casa, anzi nel


castello alla periferia di Bolzano. Dice di sognare anche lui "la mia montagna", il Monte Rite, dove pure ieri c'erano gruppi di ciaspolatori che si sono portati in quota, godendo dell'immensità del panorama. «Il rifugio è aperto?», si informa Messner. È apertissimo, purtroppo è chiuso solo il Museo Messner. «Un peccato. Per il prossimo inverno ci farò un pensiero. Mai, però - ammette l'alpinista -, avrei immaginato un flusso così importante di visitatori in alta montagna, magari con due metri di neve. E, si badi - ricorda ancora Messner - per salire al Rite ci vogliono due ore di faticosa camminata. Ma vedrete che questo fenomeno continuerà per tutta la primavera e si ingigantirà quest'estate». da tutta europaMessner è convinto, infatti, che non solo l'Italia ma anche "tutta Europa", abbia voglia di aria pulita, di ossigenazione, soprattutto di montagna. «Preparate un'accoglienza che sia all'altezza - dice - e per questo organizzatevi per bene, in modo da garantire anche nei mesi prossimi le misure di sicurezza che finora avete rispettato e fatto rispettare». Se il sabato e la domenica si rivedono in quota gruppi di amici, intere famiglie, tanti giovani e giovanissimi, durante la settimana la presenza è soprattutto dei "giovani pensionati", che sono numerosi sia sul Rite, appunto verso L'Averau, lungo la salita del Lagazuoi, sugli altipiani sopra Falcade ma anche sul Nevegal e ancora una volta in Cansiglio.montagna sicura«Quando si è costretti in "carcere", magari per un lungo periodo, è davvero tanta la voglia di libertà che ci cattura - sottolinea Messner con un chiaro riferimento alle restrizioni dettate dal Covid -. Peccato soltanto che qualcuno a Roma non l'abbia capito. La montagna è sicura, l'aveva detto ancora prima dell'estate 2020 il vertice dell'Istituto Superiore della Sanità. È sicuro l'escursionismo, è sicuro lo sci. Non vedo perché non sia stato autorizzato almeno qualche impianto ad aprire, ovviamente con le massime condizioni di sicurezza: la prenotazione, il contingentamento, il distanziamento e ogni altra precauzione». L'augurio è che il 5 marzo lo sci venga autorizzato, almeno parzialmente, nell'ambito dei contesti provinciali e regionali previsti dal Dpcm.Cortina uno spot, da Cortina anche un monito. Le due ore e mezza in coda sull'Alemagna fino a Longarone, imprigionati in macchina, domenica sera è una questione da affrontare con decisione. «È un problema da risolvere immediatamente - conclude - perché quanto si è verificato nei recenti fine settimana, è destinato a ripetersi almeno sino alla fine della prossima estate». -- francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 24 Febbraio 2021 p. 9 Zaia esalta Cortina 2021: lo sport porta indotto CORTINA «Il Veneto, con tutte le restrizioni dettate dall'emergenza sanitaria, ha dimostrato la capacità del sistema pubblico-privato, e del volontariato, di saper fare squadra». Lo dice il Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, facendo un primo bilancio dei mondiali di sci di Cortina, un'occasione di grande prestigio e visibilità per le Dolomiti, destinazione che nonostante le evidenti difficoltà economiche causate dalla pandemia, ha regalato al mondo intero un'immagine di ski area moderna, che ha l'ambizione di fare da traino per tutto il turismo montano offrendo neve e sport a sciatori in inverno e a ciclisti ed escursionisti in estate. «Nella "bolla" di Cortina abbiamo ospitato un evento che rimarrà nella storia dello sci internazionale e in un contesto quasi surreale - ricorda - senza il pubblico delle grandi occasioni, lo spettacolo non è mancato. Oltre alle linee guida sportive c'erano dei severi protocolli sanitari da rispettare, per garantire la salute e la sicurezza di atleti e addetti ai lavori provenienti da 71 nazioni. Oltre 23mila tamponi in quindici giorni sono la dimostrazione dell'efficienza della sanità Veneta, sempre in prima linea contro il coronavirus». Lo sport può essere un volano ed un acceleratore per la ripartenza post-Covid, sostiene il Governatore. «Non possiamo certamente parlare di numeri confortanti, ma l'indotto creato è sicuramente incoraggiante e fa intendere che, con condizioni sicuramente differenti, tra cinque anni, le Olimpiadi potranno veramente segnare una nuova era per la nostra montagna». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 25 Febbraio 2021 p. 29 «Quando la neve si scioglierà si vedranno le ferite al territorio» l'intervento Non è tutto oro quel che luccica. O per lo meno non per tutti. I Mondiali di sci, se da un lato sono stati un grande successo di immagine, dall'altro vanno valutati mettendo sulla bilancia i costi e i benefici. Lo fa Roberta De Zanna, commerciante di Cortina, da sempre impegnata in campagne in difesa dell'ambiente e del territorio, che ha diffuso ieri un suo intervento. «Al di là di ogni retorica trionfalistica, anche un piccolo commerciante sa bene che un bilancio è fatto di entrate e uscite, di costi e benefici e si può decretare la sua positività solo se questi ultimi superano i primi», dice. «Ora, se i benefici sono stati sbandierati in ogni dove, poco trapela sui costi, e non mi riferisco solo ai costi in euro, ma anche a tutti quegli aspetti che l'organizzazione di un grande evento porta


inevitabilmente con sé». Al primo posto per De Zanna vi sono i costi ambientali. «Alle immagini patinate delle piste innevate fanno da contraltare le immagini della cementificazione e degli interventi massicci che sono stati realizzati ai piedi delle Tofane. Sappiamo tutti che quando la neve si scioglierà riemergeranno le ferite impresse senza andar troppo per il sottile ad un territorio fragile e sapere che tutto questo è stato compensato con un allevamento di pesci nella laguna di Venezia mi sa un po' di presa in giro», spiega. E aggiunge la perdita di autonomia nelle decisioni che riguardano il territorio di Cortina. «Sui giornali si legge continuamente che "Zaia decide il tracciato della variante di Cortina", "Zaia vuole la pista da bob" "Zaia stanzia 100 milioni di euro per i collegamenti sciistici": sembra quasi che il Comune di Cortina sia commissariato da Venezia».Altro costo è, secondo De Zanna, «la condizione di abbandono in cui è stato lasciato il paese da quando tutte le energie dell'amministrazione si sono concentrate sui Mondiali. Basta fare un giro per il paese per vedere quante sono le situazioni di degrado. Della famosa legacy dei Mondiali, le cose più interessanti per la popolazione come la piscina, la palestra, la pista ciclabile sono di là da venire e chissà per quanto aspetteremo ancora».Vi è poi la questione della viabilità, sollevata nei giorni scorsi anche, trs le altre, dal presidente della Fisi, Flavio Roda, e dal presidente della Camera di Commercio, Mario Pozza. «Che dire dei lavori dell'Anas sotto l'etichetta Mondiali 2021 che tanti disagi hanno causato alla viabilità? Cos'hanno portato oltre ad una rotonda a Borca degna di Los Angeles e una lunga sequela di orrendi pali neri in barba alla tutela paesaggistica e che pare siano costati 26 milioni di euro?». De Zanna si riferisce al progetto "Smart Road" inserito nel Piano per i Mondiali. «Mi auguro davvero che saremo in tanti a non "chinar la testa" davanti a progetti scellerati come quello dei collegamenti sciistici tra Cortina-Arabba-Civetta che andrebbero a devastare le poche zone rimaste ancora integre nelle Dolomiti Patrimonio Unesco». --Marina Menardi© RIPRODUZIONE RISERVATA

OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI Gazzettino | 2 Febbraio 2021 p. 12, edizione Belluno “Ora Cortina è pronta ad affrontare ogni sfida. Anche le Olimpiadi” «L'infortunio di Sofia Goggia è stata un'ulteriore tegola su questo Mondiale. Dobbiamo superare anche questa». Valerio Toniolo, 46 anni, è il Commissario governativo chiamato a gestire le fasi 3 e 4 delle opere sportive per i Mondiali di Cortina 2021 che iniziano domenica (lunedì la prima gara). È stato nominato lo scorso luglio dal ministro allo sport Vincenzo Spadafora. Ci siete riusciti, ormai questo Mondiale è avviato, inizia la discesa? «Per dire che ce l'abbiamo fatta dobbiamo aspettare il 22 ma dopo quello che abbiamo passato in questi mesi, direi che ci siamo. Solo per citare gli ultimi giorni: abbiamo avuto una crisi di governo e l'infortunio di Sofia Goggia». Le cose si erano messe male ad un certo punto. «È stato come portare a casa un Mondiale nel Mondiale, la dimostrazione che le difficoltà hanno reso più coesa l'organizzazione». Il primo obiettivo è stato che i Mondiali si disputassero. Il secondo invece? «Proiettarci verso le Olimpiadi. Lasciare un terreno fertile per far cresce il sogno olimpico. Speriamo che questo avvenga anche nei risultati sportivi». Il suo nome è collegato alle opere sportive ma la struttura commissariale si occupa anche di altro. Di cosa esattamente? «Svolge una funzione importante di coordinamento sulle opere propedeutiche, ed è collante con governo e istituzioni per la realizzazione della manifestazione, senza perdere il ruolo centrale sulle opere e sulle piste ma anche il coordinamento rispetto alle diverse anime, dalla Federazione sciistica italiana agli stakeholder. Unire, condividere e sviluppare nuove attività. Abbiamo portato avanti il documentario su Cortina che andrà in onda sulle reti Rai, contribuito alla cerimonia inaugurale, penso anche al segnale lanciato da Cortina con il video mapping (le immagini proiettate sugli edifici ndr)». Lo scorso autunno era stato chiesto alla Fis di rinviare al 2022, quanto è stato importante proseguire a lavorare su tre scenari (rinvio al 2022, 2021 con pubblico o senza pubblico)? «Questa è la dimostrazione che l'Italia può farcela e può ripartire anche durante la pandemia, con un ruolo internazionale. Il Piano A per noi è rimasto il Piano A: un Mondiale di alto livello. Senza trascurare la necessità di garantire la sicurezza. Le bolle hanno funzionato molto bene in altri sport e abbiamo deciso di adottarle». Che eredità lascerà questo Mondiale alle Olimpiadi? «L'Italia, il Veneto, la provincia di Belluno, il Comune di Cortina, il ministero dello sport, la federazione, hanno dimostrato che quando si fa squadra si vince. A prescindere dal risultato sportivo. Un'eredità significativa. Cortina è pronta ad affrontare ogni sfida». Qual è l'opera di cui va più orgoglioso?


«Io ho lavorato più sul livello tre e quattro che sulle fasi precedenti alle quali ha lavorato il commissario Santandrea. Penso alla piscina, un complesso intervento di recupero, e al collegamento Son dei Prades- Bai de Dones un'opera su una problematica sentita a Cortina che è la congestione e il collegamento delle valli». Senta commissario, nella fase quattro dei lavori si è parlato di un tunnel che collega Faloria e Tofana passando sotto il centro. Idea destinata a rimanere sulla carta? «Del tunnel esiste un progetto che è già nel masterplan regionale. La volontà della Regione e del governo è forte, sono i privati che devono mettersi d'accordo e realizzare un progetto unico tra impiantisti e parcheggi. Noi cerchiamo di farli dialogare. L'impianto dei privati, la cabinovia, è stata presentata anche in Regione. I privati stanno andando avanti». Sul fronte ambientale ci sono state diverse contestazioni, cosa rispondete a chi dice che l'impatto di un grande evento è eccessivo per la fragilità del territorio? «Il tema ambientale è ben chiaro. Io giro in auto elettrica, sono fortemente a favore dell'ambiente e credo sia necessario dire le cose come stanno. Non c'è alternativa alle opere sostenibili e al dialogo costante con le anime che hanno a cuore l'ambiente, non credo ci sia cattiva volontà né da un lato né dall'altro». Parliamo della struttura. Nell'Italia ingolfata dalla burocrazia questa volta le opere sportive ci sono per tempo. Il modello commissariale ha funzionato? «Tutto è migliorabile ma si è rivelato efficace. La vera forza è la capacità di mettere a terra i progetti, le convenzioni con Anas, privati e enti locali, una struttura che si coordina con le altre organizzazioni: una buona eredità per l'Agenzia olimpica». Torniamo alle opere. Se sono pronte quelle sportive, di cui lei è commissario, non si può dire altrettanto per quelle viarie. «Anas con noi ha lavorato bene. Bisogna anche dire che tanto è stato fatto e in prossimità dei Mondiali tantissimo si è realizzato, è evidente che la struttura Anas non è quella del Commissario 2021, ci auguriamo che attraverso l'Agenzia alcuni meccanismi che hanno bloccato queste attività possano essere più velocemente risolti. La viabilità è una priorità su cui dovrà lavorare l'Agenzia olimpica, auspichiamo nasca in tempi brevi per poter collaborare». Insomma, basta partire? «Siamo già partiti, adesso bisogna correre». Andrea Zambenedetti

Alto Adige | 10 Febbraio 2021 p. 34 Olimpiadi 2026, 5 grandi opere per la Pusteria pusteria. Primo passo verso la realizzazione di cinque progetti infrastrutturali per i Giochi Olimpici 2026. La giunta provinciale ha approvato ieri i dettagli tecnici. La progettazione può quindi partire. In totale sono previsti investimenti per oltre 50 degli 82 milioni previsti.Fondi e dati tecnici dei cinque progetti.I dettagli tecnici sono già stati messi nero su bianco per l'ampliamento della strada d'accesso dalla strada statale della Val Pusteria all'autostrada del Brennero A22 a Varna fino al nodo Naz-Sciaves con un nuovo ponte stradale sulla val di Riga (16 milioni di euro). Fissate anche le specifiche tecniche per la costruzione di due rotatorie alle intersezioni tra la strada statale della Val Pusteria e la strada statale per Valdaora e la strada statale per Anterselva (15 milioni di euro). La Giunta provinciale ha inoltre approvato le caratteristiche tecniche per un nuovo collegamento della strada statale della Val Pusteria e della strada statale per Cortina alla stazione ferroviaria di Dobbiaco (13 milioni di euro) e per l'allargamento della strada statale nel tratto tra Chienes e il nuovo ingresso della Val Badia a San Lorenzo di Sebato (10 milioni di euro). Infine sono state definite anche le caratteristiche tecniche per la demolizione e la ricostruzione del ponte sul torrente Anterselva sopra Anterselva val di Mezzo (2,3 milioni di euro).Stanziamenti importanti per la mobilità ma anche per le imprese.«Ora possiamo utilizzare questi fondi aggiuntivi per progetti fondamentali già previsti per la rete dei trasporti e migliorare così a lungo termine la qualità della vita nei paesi della Val Pusteria, realizzando anche altri progetti in tutta la provincia grazie ai fondi aggiuntivi», sottolinea l'assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreider, che si è particolarmente speso per ottenere i fondi da Roma. «Oltre ai benefici per la mobilità e la qualità della vita, l'implementazione porta anche contratti per i progettisti, per l'economia locale e assicura posti di lavoro: ne abbiamo bisogno soprattutto in tempi come questi" sottolinea Alfreider. "La progettazione delle 5 opere approvate dalla Giunta provinciale può iniziare immediatamente», aggiunge l'assessore provinciale alla mobilità.Cinque obiettivi essenziali per tutti i progetti di infrastrutture olimpiche.Saranno realizzati un totale di sette progetti per infrastrutture essenziali. Inoltre, ci sono altri progetti complementari. «Vogliamo raggiungere 5 obiettivi principali, vale a dire migliori collegamenti con le stazioni ferroviarie e i centri di mobilità intermodali, migliori collegamenti transfrontalieri con il Tirolo orientale, Belluno e l'autostrada del Brennero, un flusso di traffico complessivamente migliore sull'asse principale, vie di circolazione ancora più sicure e una buona raggiungibilità per le imprese in futuro», spiega Alfreider. La Provincia sta lavorando per una mobilità ancora più efficiente e sostenibile in Val Pusteria per le Olimpiadi del 2026. Le risorse arriveranno dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti


(MIT) di Roma. Dalla scorsa settimana è stato ufficializzato il finanziamento di circa 82 milioni di euro per i progetti infrastrutturali in preparazione per i giochi olimpici invernali 2026.©RIPRODUZIONE RISERVATA

STAGIONE INVERNALE 2020/2021 Corriere del Trentino | 2 Febbraio 2021 p. 3 Funivie piene al 50%, al rifugio solo seduti: ecco lo sci post-Covid TRENTO Il conto alla rovescia dovrebbe partire proprio in queste ore: il condizionale — dopo cinque date promesse e poi spostate — rimane naturalmente d’obbligo. Ma se la curva dei contagi continuerà a calare e si ridurrà la pressione ospedaliera, tra due settimane (il 15 febbraio) gli impianti da sci potrebbero rimettersi in funzione. Seguendo alla lettera quelle linee guida elaborate dalle Regioni, modificate dal comitato tecnico scientifico, ratificate nuovamente dai territori e ora in attesa del via libera definitivo dei tecnici. Un documento sezionato in ogni dettaglio, quello che da metà febbraio dovrebbe stabilire come ci muoveremo sulle piste da sci. Che fissa non solo le misure anti-contagio sugli impianti, ma anche le limitazioni negli spostamenti verso le piste, le regole da usare nei rifugi e i protocolli da mettere in atto nel caso vengano riscontrate positività tra gli utenti e tra il personale. Il punto di partenza è sempre lo stesso: mascherina, igienizzazione e distanziamento. Le parole chiave che dominano la nostra quotidianità saranno dunque alla base anche dei nostri momenti di svago sulla neve. Tenendo presente che rispetto agli inverni scorsi sulle piste ci sarà comunque meno gente. E non solo per l’assenza degli stranieri (e anche dei residenti delle altre regioni, se Roma non toglierà il divieto di spostamento oltre i propri confini). Ma anche per il limite massimo di presenze imposto dalle linee guida: in sostanza, verrà fissato un tetto massimo di skipass giornalieri vendibili, che consideri anche degli abbonamenti, in modo da evitare assembramenti (un limite che per i comprensori a cavallo tra due regioni dovrà essere concordato). Definito il numero contingentato, i gestori degli impianti dovranno in primo luogo nominare un referente Covid. E poi organizzare l’attività. A partire dai movimenti degli sciatori all’arrivo nelle varie località: se, di fatto, l’auspicio è che la responsabilità prevalga nelle azioni individuali (assicurando il rispetto delle regole), si dovranno comunque creare percorsi per garantire il distanziamento di almeno un metro verso le biglietterie e gli impianti (prevedendo se possibile percorsi differenziati in ingresso e uscita), favorendo le prevendite online (che vanno fortemente raccomandate) e le soluzioni digitali come le app per smartphone. Un distanziamento che sarà rigido: verrà applicato infatti anche ai nuclei familiari, bambini piccoli esclusi (una eccezione verrà fatta anche per coloro che hanno bisogno di assistenza). Le novità dovranno essere segnalate in modo evidente e comunicate agli utenti in ogni area del carosello, dal parcheggio alle stazioni di partenza e arrivo. Ovviamente la mascherina sarà d’obbligo, anche per il personale, che dovrà igienizzarsi le mani ad ogni scambio di oggetti, dal biglietto ai soldi. Sugli impianti, poi, ci si regolerà in base alle caratteristiche dei mezzi: le seggiovie, che sono aperte, potranno viaggiare con una capienza al 100% (e uso di mascherina), percentuale che scenderà al 50% se verrà chiusa la cupola paravento. Le cabinovie e le funivie avranno invece capienza al 50% con uso obbligatorio della mascherina. Non solo: nelle cabinovie e nelle funivie dovrà essere previsto un ricambio d’aria con l’apertura dei finestrini. E negli ambienti al chiuso (anche durante il trasporto), non si potranno consumare alimenti o bevande, ma nemmeno fumare. E per mangiare in quota? Vietati, naturalmente, gi après ski che eravamo abituati a vedere, con musica e affollamenti. Nei rifugi e nei locali in quota, in sostanza, saranno applicate le regole di bar e ristoranti del fondovalle. Vale a dire: servizio solo alle persone sedute e tetto massimo fissato per ogni locale. Raggiunto questo numero, non si potrà più entrare (per questo la sollecitazione è quella di spingere sull’applicazione di sistemi di prenotazione). E visto che le giornate, d’ora in avanti, si allungheranno e le temperature diventeranno più miti, il suggerimento è di prediligere il servizio all’aperto. Ma se la massima attenzione andrà posta sui clienti, altrettanta cura nel rispetto delle regole dovrà essere assicurata anche tra il personale che lavora nelle località sciistiche. Anche per loro il distanziamento e l’uso delle mascherine — oltre all’igienizzazione — saranno il punto fermo delle giornate di lavoro. In questo senso, i gestori dovranno garantire guanti monouso, mascherine, disinfettanti per mani e per le superfici, carta monouso e un kit con mascherine Ffp2, occhiali e protezioni facciali per trattare eventuali casi di positività, tra il personale o tra i clienti. Nel caso di contagi tra il personale, le aree frequentate dal soggetto a rischio dovranno essere disinfettate.


L’Adige | 6 Febbraio 2021 p. 12 Dolomiti Superski a mezzo servizio Consorzio a scavalco, dovrà tenere chiusa la parte altoatesina Aderendo al flash mob lanciato da sciare magazine molte località turistiche invernali dell'arco alpino hanno ieri fanno suonare le campane per chiede l'attenzione del governo. Gli operatori sono convinti che la riapertura degli impianti dopo il 15 febbraio, che in Trentino diventa il 17, non basterà per salvare una stagione drammatica. Difficoltà aggiuntive le vivono poi quei consorzi che operano in zone transfrontaliere o a cavallo tra regioni. È il caso del Dolomiti Superski, il cui consiglio di amministrazione ieri ha deciso di rimettere in funzione gli impianti di risalita anche con l'Alto Adige in panchina a causa del lockdown provinciale, anche se limitatamente alle zone trentine. In Francia gli impianti sono chiusi almeno per tutto febbraio e non c'è ancora un'ipotesi di apertura. In Svizzera, invece, sono aperti, ma le attuali norme sull'ingresso in terra elvetica - secondo il sito Viaggiare sicuri della Farnesina - prevedono la quarantena di 10 giorni per chi ha soggiornato o transitato per più di 24 ore in uno Stato o una regione considerata ad alto rischio di contagio. E per l'Italia, dal primo febbraio, sono considerati ad alto rischio Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna.

Gazzettino | 6 Febbraio 2021 p. 3, edizione Belluno Urlo di dolore agordino in un grande flash mob «Ci siamo anche noi» FALCADE Ieri da Falcade ad Arabba, passando per Auronzo, tutto il mondo del turismo e anche del commercio si è mobilitato in un importante flash-mob che aveva come slogan Per chi suona la montagna. Un'altra mobilitazione tranquilla, senza eccessi, per dire però ci siamo anche noi. Noi che siamo una parte fondamentale del mondo economico che sostiene la montagna, una parte importante del mondo imprenditoriale che dà lavoro nelle varie stagioni a migliaia di persone. Un sentimento condiviso da tanti che hanno voluto riunirsi ancora tutti assieme per cercare di sensibilizzare e far capire le difficoltà che questo primario settore economico sta attraversando in una delle stagioni turistiche più imprevedibili. Non solo sono chiusi gli alberghi e anche gli impianti ma anche gli altri esercizi non hanno lavorato e tutto l'indotto soffre. Anche un'attività come quella di un panificio che pure non ha subìto stop, in situazioni simili boccheggia e guarda perplesso il futuro. «Non è facile nemmeno per noi che possiamo lavorare - conferma Nicola Zanvettor del Panificio Restel di Caviola -. È vero, lavoriamo, ma i numeri che facciamo sono infinitamente molto ma molto più bassi di un inverno normale. Pensiamo che sono chiusi alberghi, ristoranti, bar, pizzerie e rifugi. Tutti ambienti che ogni giorno ci facevano, in stagione, ordinativi importanti. Ora invece ci dobbiamo accontentare di vendere il pane per il fabbisogno del paese o poco più. Parliamo di una quantità molto ma molto limitata. Ma intanto le tasse e le spese vive corrono e noi fatichiamo veramente a farvi fronte». UNA VALLE UNITA Ieri in piazza Papa Luciani a Canale la protesta è stata vissuta in prima fila dai cittadini dei vari paesi della valle del Biois. Operatori turistici, commercianti, qualche artigiano, maestri di sci e varie altre categorie per ribadire siamo qui anche noi della montagna che ha voglia di lavorare e di tornare a iniziare a costruire. Con loro anche i sindaci di Canale Flavio Colcergnan, di Falcade Michele Costa e di Vallada Fabio Luchetta, affiancati dal presidente della Promofalcade Antonella Schena in rappresentanza di tutte le componenti economiche della valle che operano nel turismo. Con loro anche il parroco di Canale e Vallada, don Vito De Vido, che non ha voluto far mancare il suo sostegno ai presenti nel suonare le campane della chiesa. IN PRIMA FILA Non è mancato l'urlo di dolore anche ad Arabba, stazione turistica invernale d'eccellenza agordina, una di quelle che lavorano di più in inverno nell'area dolomitica. Anche qui l'appuntamento con il flash mob per chi suona la Montagna ha visto una buona partecipazione di rappresentanti dei vari settori che operano nel turismo. Operatori turistici, impiantisti, maestri di sci, ristoratori. Insomma tutta quella componente che è in sofferenza e che intravvede nel 15 febbraio la possibilità di ripartire cercando di salvare una stagione già ampiamente compromessa. Anche ad Arabba a sostenere i rappresentati di questo settore economico primario c'era il sindaco, Leandro Grones, a sua volta da sempre coinvolto essendo un operatore turistico. Conoscendo e toccando con mano le attuali problematiche, proprio il sindaco Grones, in un accorato discorso, sottolinea come il turismo di montagna non può e non deve essere dimenticato. È necessario ricominciare a lavorare per poter dare ossigeno a questa importante economia. Un segnale positivo secondo Grones - arriva dai Mondiali di sci di Cortina, per tanti un'opportunità che potrebbe rappresentare un'iniezione di ottimismo. C'è la voglia di archiviare come un pesante incidente di percorso questa stagione, per concentrarsi sui tanti progetti importanti che stanno attendendo le montagne dell'Agordino.


Dario Fontanive

Corriere del Veneto | 12 Febbraio 2021 p. 4 Sci, Veneto e Trentino a braccetto Il Nordest riapre le piste dal 17 VENEZIA Piste da sci riaperte al pubblico da mercoledì prossimo. Veneto e Trentino hanno trattato sulla riapertura degli impianti e, alla fine, hanno deciso di andare a braccetto. Skipass attivi dal 17 febbraio, dunque: due giorni dopo la scadenza del decreto Conte che vieta le discese ai non agonisti; altrettanti dopo le ripartenze in Lombardia e Piemonte, che hanno scelto San Valentino per riaprire le danze sulle nevi. In ogni caso, sul doppio slalom parallelo tra Nordest e Nordovest incombe la possibile decisione del Governo (per gli affari correnti il Conte Bis è ancora vivente, i tempi di Mario Draghi paiono più lunghi) di prolungare oltre il 15 febbraio il divieto di spostamento fra le regioni, che bene certo non può fare ai bilanci già in profondo rosso degli impianti di risalita e del sistema neve tutto. L’ordinanza di Luca Zaia dovrebbe arrivare entro sera. «La stiamo preparando - ha detto ieri il governatore - ma non sarà un’ordinanza innovativa rispetto a quello che già è stato previsto con le linee guida approvate dalla conferenza Stato-regioni e vagliate dal comitato tecnico scientifico». Il presidente del Veneto sta lavorando a un provvedimento che sia semplicemente «veicolo per l’applicazione sul territorio regionale» delle regole vidimate dai tecnici: «Anche perché - ha aggiunto - rispetto al passato, oggi non sono possibili forzature né in un senso né nell’altro. I limiti di azione vengono stabiliti e condivisi a livello nazionale». Se così stanno le cose, i contenuti dovrebbero ricalcare quelli riassunti dal governatore Attilio Fontana nel presentare l’ordinanza lombarda: «Seggiovie al 100%, funivie e cabinovie con capienza ridotta al 50%, obbligatorio l’uso della mascherina. Per evitare assembramenti è previsto un numero giornaliero limitato di skipass, definito in base alla capienza dei comprensori». L’ordinanza trentina serva a chiarire l’ultimo punto: prevede per gli impianti un tetto del 30% rispetto alla portata massima; per le stazioni con due impianti portata complessiva fissata al 50%. Sulla ripartenza il 17 hanno trattato gli assessori al Turismo: Federico Caner per il Veneto, Roberto Failoni per il Trentino. Ai gestori degli impianti la data sta bene: «Siamo in attesa - dice Renzo Minella, presidente di Anef per il Veneto -. Sappiamo del dialogo in corso per ripartire insieme e attendiamo l’ordinanza». Resta il «nodo» dello spostamento fra regioni. Il Governo, d’accordo con buona parte dei presidenti di regione incontrati ieri, starebbe valutando una proroga al 5 marzo. «L’orientamento della Conferenza delle Regioni ha detto il presidente, Stefano Bonacini - è di chiedere» l’allungamento dello stop, anche tra regioni gialle. Zaia, sul punto, è stato netto: «Sulla riapertura dei confini, al momento, non c’è alcuna decisione. Ne ho parlato coi colleghi e attendo di sapere che cosa deciderà il comitato tecnico scientifico. La mia opinione è che tra aree gialle si potrebbe aprire, visto che all’interno di queste già oggi si circola liberamente». E Minella come valuta l’ipotesi? «Sarebbe una’apertura limitata...». Comunque possibile, conti alla mano? «I nostri conti sono già in rosso. Apriamo in perdita per dare ossigeno alla filiera, ai tanti che lavorano nel settore. Poi, lo scriva, confidiamo nei ristori». I governatori, a proposito, hanno chiesto di riaprire anche cinema e teatri (capienza al 30% dei posti a sedere), palestre e scuole di danza. Atri che i ristori li attendono, eccome...

Gazzettino | 15 Febbraio 2021 p. 5, edizione Belluno Gli operatori sono disperati, adesso servono ristori BELLUNO «Gli operatori hanno ragione ad essere arrabbiati - taglia corto l'assessore Regionale, Gianpaolo Bottacin - le regole devono essere definite in maniera chiara e per tempo, altrimenti questo genera danni. Mi auguro ci sia un cambio di modalità con il nuovo governo. La Regione aveva fatto un'ordinanza che permetteva di riaprire lo sci. È vero: le linee guida erano già state condivise. Non avevamo indicazioni, per questo avevamo deciso di riaprire. Non ci siamo inventati niente. Bisognerebbe capire perché il governo ha deciso di adeguarsi alla richiesta del Cts, la Regione non ha a disposizione quei documenti». UN PASSO INDIETRO Sono le 19 quando i telefonini cominciano a suonare. Il (riconfermato) ministro alla Salute Roberto Speranza annuncia che firmerà un ordinanza che rinvierà l'apertura degli impianti di risalita al 5 di marzo. Dopo l'anticipazione del Comitato tecnico scientifico che ieri mattina aveva spiegato che non c'erano i requisiti per riaprire la stagione tutti aspettavano che il governo prendesse posizione. Per la provincia di Belluno, con il turismo che ha già detto addio ad un miliardo di euro durante l'ultimo anno (la stima è di Federalberghi), è


l'ennesima doccia fredda. «Una tripla beffa» commenta il presidente della Provincia, Roberto Padrin. «Questa stagione rischia di essere tutta da buttare. Le regole vanno però rispettate, il covid è qui ed è presente. I numeri sono al momento abbastanza controllabili ma basta poco perché ripartano i contagi. La situazione, già critica, rischia di diventare ancora più complicata con le famiglie che vivono di turismo invernale che andranno in difficoltà». GLI ALBERGATORI «Era immaginabile, ce lo aspettavamo - spiega Walter De Cassan, Federalberghi - la riapertura degli impianti non avrebbe comunque risollevato le sorti della stagione ormai compromessa. Non è questione di essere delusi, vedo che abbiamo un nuovo governo ma le decisioni rimangono le stesse è chiaro che non dipenda dall'esecutivo. Ciò che è certo è che il settore ha pagato un prezzo altissimo a questa crisi e che ora diventa tutto più difficile». I COMMERCIANTI «Credo proprio che la stagione, purtroppo, sia stata irrimediabilmente pregiudicata - ha spiegato il presidente di Confcommercio, Paolo Doglioni - sarebbe come aprire le spiagge a novembre. A questo punto dobbiamo impegnarci per i ristori per questo mondo che sta soffrendo in questo modo enorme. Ci sono dei costi fissi che gli impiantisti devono sostenere, per fare andare gli impianti con un numero di persone ridotto, che già porterebbe ad un deficit. Poi c'è il mondo che gira attorno allo sci: gli alberghi, i rifugi: una stagione già pregiudicata. Mi auguro ci siano ristori adeguati per far stare in piedi le aziende che già avevano subito una batosta disastrosa all'inizio dello scorso anno: una stagione che aveva messo in forte difficoltà tutto il sistema. Insomma, la stagione è andata, cosa posso chiedere io per i miei associati?». La risposta la dà lo stesso Doglioni: «Ristori. Questa è gente che sta soffrendo. E non solo gli operatori, ma tutti i dipendenti che lavorano in questi posti, pensate agli stagionali che non hanno neppure gli indennizzi». IMPIANTISTI «Siamo delusi - spiega Sergio Pra, presidente di Alleghe Funivie - c'era entusiasmo, ci avevamo lavorato intensamente. Potevano dircelo prima, non è che le cose vengono fuori oggi, alle 19. Devono avere rispetto delle attività e della gente che lavora. Parlo dell'organizzazione centrale, non certo della Regione. Sapevano che c'era questa situazione. Prima dei ristori chiediamo il rispetto. Siamo i sacrificabili in Italia, il turismo è la parte sacrificabile. Questo lo capisco ma serve rispetto». Andrea Zambenedetti © riproduzione riservata

Gazzettino | 15 Febbraio 2021 p. 5, edizione Belluno Minella: «Anche quando si potrà aprire non è detto che tutti decidano di farlo» BELLUNO «Questo tira e molla ci ha messo in forte difficoltà - spiega Renzo Minella di Anef Veneto - parlo per me, ma a questo punto non è scontato che il 5 marzo si riesca a riaprire. Non è una doccia fredda ma è un'illusione durata una giornata. Per noi una riapertura avrebbe voluto dire lavorare comunque in perdita. Ora c'è il tema legato agli indennizzi e ai ristori. Concentriamoci su quello. Noi come Anef avevamo concordato ogni passo con la Regione, con il Cts, con il governo. Con Caner e Lanzarin avevamo fatto tutto quello che si poteva fare: la volontà c'era. Dopo l'ordinanza gli operatori si erano rimessi al lavoro immaginando di poter riaprire il 17: la volontà di partire c'era. Sapevamo che sarebbe stata una prova». STAGIONE MAI DECOLLATA Già l'assenza del Natale aveva chiarito che quest'anno sarebbe stata durissima. «Il mancato fatturato di Natale, i turisti stranieri mai arrivati, sapevamo che sarebbe stata complicata e che partire avrebbe elevato la perdita subita. Ora è chiaro che tutto diventa più difficile. Se la stagione fosse partita il 17 avrebbero aperto tutti gli impianti in provincia di Belluno dando una risposta alla filiera». Il circo bianco in questi mesi di pandemia aveva continuato a lavorare per farsi trovare pronto ad una riapertura. Inizialmente slittata a Natale, poi all'Epifania ed ora il nuovo rinvio che rischia di mettere la parola fine alla stagione più travagliata che lo sci abbia mai vissuto. AMORE PER LA MONTAGNA La gente però ama la montagna e anche ieri ha dimostrato di non perdere occasione per passare delle ore all'aria aperta. Sulle strade della provincia il traffico è stato sostenuto fin dalle prime ore del mattino. A Longarone i primi rallentamenti in direzione Cadore e Cortina già alle 9.30. Pochi minuti dopo la situazione era già così complicata che sul passo Staulanza, tra lo Zoldano e l'Agordino, le auto parcheggiate sul versante di Pescul costringevano gli altri automobilisti a procedere a senso unico alternato. Alle 11 le due corsie della bretella di Pian di Vedoia procedevano a passo d'uomo. Con il passare delle ore altri disagi sono stati segnalati sul passo Valles, sempre a causa del parcheggio selvaggio. Qualche difficoltà anche tra San Vito e Acquabona per chi era diretto a Cortina con i filtraggi per i Mondiali di sci. Non è andata meglio in Agordino con il traffico intenso tra Alleghe e Falcade. Poche ore dopo la situazione si è ribaltata e a metà pomeriggio venivano già segnalate le code in discesa. A scendere dallo Zoldano, a Tai verso Belluno, più in giù verso Longarone e in Agordino con i rallentamenti tra la Stanga e l'imbocco della Galleria dei Castei. Alle 21 il traffico era ancora


sostenuto in Cadore tanto che anche chi ha provato tracciati alternativi si è trovato in coda. Senza lo sci, praticamente una domenica estiva

Corriere dell’Alto Adige | 16 Febbraio 2021 p. 3 Il turismo ora punta solo sull’estate: «La stagione è finita aprire non ha senso» BOLZANO Il mondo del turismo non ne può più: dopo il passaggio in fascia arancione prima dell’Alto Adige e poi del Trentino — elemento che ha di fatto tagliato le gambe a una stagione invernale mai partita (accompagnato dal blocco dello sci imposto anche a livello nazionale dal ministro Roberto Speranza) — e con le nuvole nere di possibili lockdown in arrivo, gli operatori del settore danno sfogo a tutta la loro preoccupazione. Ormai si guarda già all’estate anche se i timori sono tanti. In Alto Adige ne sono tutti praticamente certi: l’ultima mazzata di Speranza, il giorno dopo la sua riconferma al Dicastero della Salute, finirà probabilmente con l’affossare definitivamente ogni barlume di stagione sciistica. I conti sono presto fatti. Con la Provincia in lockdown fino a fine mese e con i dati sui contagi ancora alti, l’allentamento delle misure rischia di arrivare non prima del 10 marzo. Due, massimo tre settimane visto che la maggior parte delle stazioni sciistiche chiude intorno all’ultima settimana di marzo. Neppure sul Plan de Corones, uno dei rari centri sciistici che da sempre gode di una stagione sciistica allungata (sul versante di Brunico) fino al 20/25 aprile, si fa più esercizio di ottimismo: «Prenderemo quello che verrà — conferma il direttore marketing dello Skirama Andrea Del Frari — ma il tempo delle illusioni è ormai finito! Noi continuiamo ad essere pronti, lo siamo da novembre, e nell’eventualità di un ok da Roma o da Bolzano, metteremo in funzione gli impianti. Non tutti ovviamente, solo quelli principali utili a coprire il fabbisogno ed il servizio alle piste. Ma abbiamo imparato la lezione romana delle speranze e dei rinvii e non ci scommettiamo più!». L’inverno, quindi, ormai è andato e, se riserverà ancora qualcosa, saranno briciole. La linea del Plan de Corones è anche quella, più genericamente, di Dolomiti Superki: «Puntavamo con entusiasmo sulle riaperture di Veneto, Trentino e Lombardia — continua Del Frari — anche come volano da cui averne benefici anche noi in fase di nostra ripartenza. Ma quest’ennesimo blocco ci suggerisce conclusioni tutt’altro che positive». A tutto ciò si aggiunge anche il problema dei collaudi annuali degli impianti a fune. Un impegno non indifferente, soprattutto per i piccoli impiantisti. Ad oggi gli impianti sono tutti collaudati per la stagione invernale che non c’è stata. Ma una loro messa in funzione, anche per poco, implica comunque la ripetizione della procedura. Questo è un ulteriore motivo per mettere in anticipo la parola fine a questa travagliata stagione. Se Atene piange, Sparta non ride. Anche gli albergatori e con essi l’Hgv, l’associazione altoatesina di categoria, guarda ormai all’estate, anche se con molti punti interrogativi. A sollevarli è il vicepresidente provinciale e Obmann pusterese Thomas Walch: «La decisione del ministro Speranza è pesante per tutti, figuriamoci per noi. Vorrei dire che ci speriamo ancora, ma non sarebbe la verità. Penso proprio che, anche se si riaprisse a marzo, la stagione invernale possiamo considerarla persa. Il brutto però, è che guardare alla primavera ed all’estate non ci tranquillizza. Anzi. Con una situazione di contagi come quella che stiamo vivendo in Alto Adige, e con gli errori che sono stati anche commessi, la domanda che ci poniamo fin d’ora è: quale e quanta clientela ci darà fiducia? Torneranno gli stranieri? L’unica via d’uscita, secondo noi sta nelle vaccinazioni. Ma anche in quest’ottica i piani vanno a rilento». In Trentino l’umore non è migliore con gli albergatori che chiedono alla Provincia di attivare subito un’unità di crisi. «C’è disagio, frustrazione, sconforto. Serve un’unità di crisi» sintetizza Marco Fontanari, presidente dell’associazione ristoratori trentini. «La stagione è finita, il posticipo al 5 marzo deciso da Speranza è un’offesa» dice netta anche Valeria Ghezzi, presidente dell’Anef (l’associazione degli esercenti funiviari). «Ora servono indennizzi nella quantità corretta» completa il ragionamento Luca Guadagnini, presidente degli impiantisti di Confindustria. Che conta i danni delle spese fisse sostenute per un’attività diventata «fantasma». E guarda con timore alla crisi di liquidità del settore: «Non so se tutte le società riusciranno a sostenere questa situazione» ammette.

COLLEGAMENTO COMELICO – PUSTERIA Gazzettino | 11 Febbraio 2021 p. 13, edizione Belluno Padola-Sesto, impantanati progetto e 40 milioni di euro


Sotto l'abbondante neve di questo inverno dormono i fondi destinati al Comune di Comelico Superiore, confinante con la provincia di Bolzano, per la realizzazione degli impianti di collegamento tra Padola e Passo Monta Croce e per le infrastrutture connesse in zona Valgrande. Il deputato Roger De Menech sottolinea con rammarico la mancata attuazione di questo progetto, che avrebbe tutte le carte in regola per essere attuato, ma che per le osservazioni e le resistenze della Soprintendenza ai beni ambientali di Venezia, rischia di arenarsi nei meandri della burocrazia e di perdere il cofinanziamento già promesso dalla società pusterese Drei Zinnen. Circa 40 milioni di euro fermi da anni di cui 25 dai Fondi di confine. L'INVESTITORE SENFTER L'obiettivo di Franz Senfter, l'ex magnate dei salumi ora imprenditore turistico, è da anni l'inserimento del Comelico nel circuito sciistico di Croda Rossa, Sesto, San Candido, Versciaco, con prospettiva di arrivare fino a Sillian nel Tirolo austriaco. Per questo Senfter ha acquistato negli scorsi anni gli impianti di risalita, skilift e seggiovia, di Padola e gestito con la società Drei Zinnen, che opera sul comprensorio di Sesto e San Candido, l'attività dello sci da discesa di Padola. IMMAGINE DELUDENTE Per provare un primo collegamento tra Monte Croce e Padola, la società Drei Zinnen negli scorsi anni aveva organizzato uno ski bus che offriva agli sciatori la possibilità di risalire da Padola e Valgrande fino al passo, realizzando anche una pista di discesa da Monte Croce e Valgrande sul tracciato della vecchia strada forestale. Nel primo anno di questo esperimento era ancora aperto il bar delle Terme delle Dolomiti di Valgrande e molti sciatori trovavano in questo locale un punto di ristoro. Poi le Terme hanno chiuso e anche l'esperimento dello ski bus ha subito il fermo della stagione senza attività di sci alpino. Le piste non battute di Padola sono l'immagine deludente di quello che sembra un destino negativo per il futuro turistico di Comelico Superiore. LA SOPRINTENDENZA Il Comune sta facendo la sua parte, interloquendo costantemente con la Regione Veneto, ora per ottenere il parere positivo della Vas, poi per concordare con la Soprintendenza il via libera al progetto esecutivo degli impianti di risalita da Valgrande a Collesei, ma la forte spinta popolare per chiedere attenzione verso la montagna trascurata, culminata nella grande manifestazione del 1 giugno 2019 con la marcia da Candide a Padola a cui parteciparono oltre 2000 persone, sembra aver lasciato il posto ad una rassegnata accettazione degli eventi, dal fermo dei finanziamenti per i Comuni di confine, alle limitazioni delle attività turistiche dovute al corona virus, alla beffa delle abbondanti nevicate con le piste non battute. La prospettiva dell'approvazione dei progetti per il collegamento Padola-Monte Croce potrebbe rinverdire le speranze di un comprensorio che attende più che mai una nuova primavera. Lucio Eicher Clere

HOTEL A 5 STELLE SUL GIAU Gazzettino | 26 Febbraio 2021 p. 12, edizione Belluno «Hotel a 5 stelle sul nostro Giau: diteci cosa ne pensate» Un hotel 5 stelle sul Giau: il progetto è in cantiere e il Comune di Colle chiama a raccolta la comunità, per condividerlo. L'incontro domani alle ore 20,30 nei locali della ex scuola elementare di Colle. E solo se la cittadinanza approverà si andrà avanti: «Non sarà un'opera calata dall'alto». L'APPUNTAMENTO «Tutta la popolazione è invitata a partecipare», si legge nei volantini che annunciano la serata di domani. L'amministrazione comunale del sindaco Paolo Frena presenterà alla popolazione lo studio di fattibilità per la realizzazione di un Hotel a cinque stelle Luxury nell'area dell'ex Hotel Enrosadira. L'incontro avverrà nel rispetto delle normative anti Covid. Sarà possibile seguire la diretta on line inviando una mail a: sindaco.slucia@agordino.bl.it entro le ore 18 di sabato 27 febbraio. IL PRIMO PASSO Dopo anni che si sente parlare di questa importante struttura ricettiva, che dovrebbe sorgere nella zona del passo Giau, si arriva al primo passo ufficiale e concreto. L'assemblea pubblica convocata dall'Amministrazione comunale di Colle serve non solo per condividere lo studio di fattibilità, ma anche iniziare ad avere il sentore della reazione che potrebbe sollevare l'opera tra la comunità collese. L'incontro è fondamentale quindi: l'amministrazione comunale del sindaco Paolo Frena ha voluto farlo subito al fine di evitare voli pindarici e fughe in avanti prima di aver consultato e sentito il parere dei propri cittadini. Perché saranno gli abitanti che dovranno accogliere sul loro territorio la struttura ricettiva di lusso. IL PROGETTO


«Noi come amministrazione comunale - spiega il sindaco di Colle Paolo Frena - vogliamo fare le cose con consapevolezza cercando di valutare e condividere con la popolazione i pro e i contro che possono nascere nel momento in cui sorgerà questa struttura ricettiva. Se da più parti ci viene chiesto da tempo di poterci muovere verso un maggior sviluppo turistico dell'area Giau, dall'altra abbiamo la consapevolezza che muoverci all'interno di questa area richiede consapevolezza, sensibilità, e una buona dose di conoscenza dei vari fattori tra cui quello ambientale, al fine di non stravolgere con strutture impattanti quello che è uno dei nostri beni maggiori ovvero l'ambiente e il paesaggio». «Non è nostra intenzione - prosegue il primo cittadino - che venga realizzato in questa zona una cattedrale nel deserto, slegata da tutto. Lo vogliamo evitare. Il progetto è diverso. Questa struttura deve far parte di un contesto che si leghi a quello che sono i servizi, le varie altre infrastrutture turistiche del paese ed anche con il tessuto sociale della comunità che lo ospita. Insomma non vogliamo che sia, se sarà deciso di realizzarla, una struttura ricettiva fine a se stessa e slegata al territorio». I PARERI È possibile pensare ad uno sviluppo turistico di una zona come il Giau non impattante? Una domanda alla quale il sindaco Frena risponde senza dubbi. Si dice certo che esista questa formula che tiene presente e ben saldamente la zona in cui si opera, tanto è vero che non ci ha pensato su un solo minuto per coinvolgere la Soprintendenza competente e un buon numero di esperti per valutare attentamente questo studio di fattibilità la cui possibile realizzazione dovrà passare quasi sicuramente per accettazione popolare. Serve il via libera dei cittadini, perché troppe strutture nel passato, in molte altre realtà sono state calate quasi a forza, senza tenere presente il consenso popolare o meno. Questo oggi per il sindaco Frena è inaccettabile.

FONDAZIONE ANGELINI: I PRIMI 30 ANNI Corriere delle Alpi | 27 Febbraio 2021 p. 22 La Fondazione Angelini festeggia i trent'anni tra studi e conferenze l'anniversarioLa Fondazione Giovanni Angelini compie trent'anni. Si tratta di un anniversario significativo anche per il Comune di Belluno, che per statuto della Fondazione vede il sindaco del comune capoluogo presidente della stessa. «Si celebra quest'anno un'importante ricorrenza», commenta il sindaco Jacopo Massaro, «il trentennale della Fondazione Angelini che in questi anni ha lavorato per la creazione, la crescita e la diffusione della cultura della montagna sotto tutti i suoi aspetti, da quello ambientale a quello culturale e identitario. I risultati di questa attività sono sotto gli occhi di tutti: da un lato, c'è un risvolto locale, ossia l'aver mantenuto e coltivato il rapporto con il mondo della ricerca e dell'università, aspetto ancor più importante per un territorio periferico come la montagna; dall'altro, c'è stata una grande capacità di esportare la cultura della montagna e il sapersi relazionare con essa, e di promuovere l'identità e la cultura montana anche a livello internazionale. La Fondazione Angelini è una colonna portante del nostro territorio», prosegue Massaro nel suo intervento che celebra il trentennale della Fondazione, «ed è un'istituzione alla quale siamo molto legati; anche in anni di grandi difficoltà - basti pensare a quelli segnati dalla tempesta Vaia o questo lungo periodo di emergenza Covid - è riuscita a lavorare molto e bene. L'augurio è quindi quello di proseguire lo splendido lavoro fatto finora ancora per tanti anni, e il Comune di Belluno sarà sempre al suo fianco». Nonostante l'emergenza sanitaria ancora in atto, la Fondazione Angelini sta lavorando ad un ricco calendario di appuntamenti che sarà presto ufficializzato: «Nel corso del 2021 celebreremo l'anniversario con diversi appuntamenti, alcuni dei quali saranno ospitati nella città di Belluno», annuncia Ester Cason Angelini, direttrice della Fondazione. «Abbiamo già in calendario un'iniziativa a fine giugno a Palazzo Fulcis per presentare gli esiti del progetto sugli scultori Valentino e Caterina Panciera Besarel, con la presentazione di filmati e di una webApp. Il 18 settembre si terrà poi un convegno dedicato al centenario della nascita di Giovan Battista Pellegrini, che vedrà radunati allievi e linguisti di fama europea occupati nei diversi ambiti di ricerca in cui lo studioso si è cimentato pubblicando quasi 1000 contributi; non va dimenticato poi come si debba proprio a Pellegrini lo studio etimologico che identifica la città di Belluno come "Beldunum", rocca/città splendente. Ci saranno infine altre iniziative, ai primi di settembre, durante le quali verranno esposti gli esiti delle ricerche su "La Montagna Viva, dalla tempesta Vaia a nuove opportunità di sviluppo", "Le ferite del paesaggio montano, dalla Grande Guerra a Vaia" e il progetto di Medicina e Montagna». --© RIPRODUZIONE RISERVATA


NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO Corriere delle Alpi | 21 Febbraio 2021 p. 18 Lastre di ghiaccio anche sui percorsi facili Il Soccorso alpino: «Prudenza e ramponi» l'allarme Alessia Forzin Le giornate si allungano, aumenta l'irraggiamento solare e salgono le temperature. Tre ingredienti pericolosissimi per i frequentatori della montagna. La neve, caduta in grosse quantità quest'anno, di giorno si scioglie, ma la notte le temperature scendono ancora sotto lo zero e si formano lastre di ghiaccio insidiose. Da qui l'avvertimento del Soccorso alpino: nei prossimi giorni bisognerà stare molto attenti, sulle Prealpi ma anche sulle Dolomiti, avere con sé l'attrezzatura adeguata e non rinunciare a tornare indietro non appena si percepisce un potenziale rischio.«Le scivolate sul ghiaccio sono quasi sempre dolori», fa sapere il Soccorso alpino in una nota. «Prestiamo attenzione quando ci muoviamo in inverno, anche sui sentieri più familiari».L'attrezzatura«In questo momento di cambio di stagione, con le temperature che si sono alzate e l'aumentato irraggiamento solare, la neve si scioglie anche a quote elevate», spiega il delegato provinciale del Cnsas Dolomiti Bellunesi, Alex Barattin. «La mattina alcuni pendii diventano lastre di vetro, sulle quali si fatica a salire anche con i ramponi».Diventa allora indispensabile avere l'attrezzatura adeguata. «Anche con le pelli di foca bisogna fare attenzione», continua Barattin. «Ad esempio usare i rampa, che vanno messi sotto lo scarpone da sci. Le catenelle non vanno usate per l'alpinismo, ma solo sui tratti di avvicinamento». Parole che suonano come un avvertimento, perché nei giorni scorsi il Cnsas si è trovato impegnato a soccorrere molte persone in difficoltà.Occhio alle pendenzePer evitare dolorosi scivoloni, continua il Cnsas, bisogna indossare catenelle/ramponcino e dispositivi similari, adattabili a tutte le calzature, solo su strade pianeggianti o con lieve pendenza. In tutti gli altri tipi di terreno vanno usati esclusivamente ramponi, abbinati agli opportuni scarponi, ben fissati e bloccati. A quote elevate, su percorsi più impegnativi, è d'obbligo conoscere le tecniche alpinistiche e la movimentazione in ambiente invernale e ghiacciato, con l'uso abbinato di piccozza e ramponi.Le insidieAnche il terreno spoglio può essere congelato. Terra ed erba in questo periodo possono trasformarsi in marmo. E il ghiaccio può nascondersi anche sotto uno strato di foglie. Le grandi differenze di temperatura tra il giorno e la notte causano lo scioglimento e il successivo, immediato, ricongelamento della neve, spesso trasportata dal vento, che si trasforma in lisce lastre di ghiaccio. Sentieri apparentemente innocui possono diventare scivoli pericolosi. InformarsiÈ quindi fondamentale, conclude il Soccorso alpino, anche informarsi preventivamente sullo stato dei percorsi, e usare prudenza anche sugli itinerari più semplici e familiari. «Sui siti del Cai, delle guide alpine e altri specializzati si trovano informazioni dettagliate sui percorsi», conclude Barattin. «Ed è sempre preferibile fare anche una telefonata. Cai, guide alpine, noi del Cnsas o i rifugisti possono dare tutte le informazioni necessarie. Per le prossime settimane bisognerà essere veramente prudenti». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

NOTIZIE DAI PARCHI L’Adige | 1 Febbraio 2021 p. 30 Parco, giorni di nomine strembo Intanto, delineato il programma per il 2021 giuliano beltrami STREMBOIl Comitato di gestione del Parco naturale Adamello Brenta si riunirà per la prima volta nella nuova composizione questa settimana. All'ordine del giorno per i 29 rappresentanti di Comuni, Asuc, Regole e associazioni varie, la nomina del presidente e della giunta dell'ente, composta da 6 membri del comitato. Nell'ultima seduta presieduta da Joseph Masè , il 21 dicembre, il Comitato di gestione ha approvato il Piano triennale 2021/2023 delle attività, nel quale sono previsti per il 2021 «progetti da completare per legge oppure per impegni assunti e già finanziati».


Tra questi, proseguiranno gli interventi previsti dal protocollo d'intesa per la valorizzazione della Val di Tovel: rifacimento di passerelle fatiscenti dislocate sul sentiero del giro lago e sui sentieri didattici delle Glare e Segherie, nonché la progettazione della ristrutturazione e dell'allestimento della Casa del Parco "Lago Rosso" con l'appalto delle relative opere. Parecchi i progetti finanziati con fondi del Piano di sviluppo rurale da portare in fondo: spostamento della Casa del Parco "Fauna" da Villa Debiasi alla località Pracul in Val Daone; realizzazione del sentiero didattico in Val di Breguzzo e di un piccolo museo a Malga Trivena; progettazione della segnaletica di confine e delle riserve del Parco. Attività con il pubblico. Si concluderà il progetto sulla memoria del paesaggio, in collaborazione con la Fondazione Museo storico del Trentino, attraverso la realizzazione di puntate televisive e di un documentario con interviste a personaggi locali. Proseguiranno inoltre le collaborazioni con le biblioteche comunali nel progetto Natura e Cultura che in primavera porterà alla distribuzione nelle scuole di un album di figurine per bambini. Nel 2021 verrà riproposta, inevitabilmente in versione telematica, la rassegna "I martedì del Parco", conversazioni su temi ambientali con una particolare attenzione al coinvolgimento di soggetti locali, sia in veste di moderatori che di relatori. Si prevede di consolidare la partnership con le strutture turistiche certificate "Qualità Parco – CETS" e di realizzare progetti di comunicazione con due marchi di prestigio: uno internazionale (Audi) e uno con le radici piantate nel territorio locale (Surgiva) in virtù di convenzioni confermate nel 2020. Un capitolo qualificante riguarda la ricerca scientifica. «Proseguirà – si legge nel Piano - il progetto pluriennale "BioMiti", che dal 2018 raccoglie informazioni sugli elementi che compongono l'ecosistema delle Dolomiti di Brenta, in collaborazione con i ricercatori dell'Università di Sassari, con la sezione di Zoologia degli Invertebrati e Idrobiologia del MUSE e con le Università di Pavia e di Padova. E' inoltre previsto l'adeguamento del Piano faunistico alle nuove normative ed alle emergenze rilevate dalla ricerca scientifica».

Corriere del Trentino | 11 Febbraio 2021 p. 6 «Adamello Brenta, no a Ferrazza: finora scarso contributo al parco» Ambientalisti critici: «Ora serve un cambio di marcia» TRENTO Il parere negativo era già stato messo in chiaro durante la riunione del comitato di gestione della scorsa settimana. E ieri le associazioni ambientaliste hanno ribadito il concetto: il nuovo presidente del Parco naturale Adamello Brenta non convince. E non solo perché il sindaco di Bocenago è un cacciatore: a impensierire tutte le sigle ambientaliste (Legambiente, Enpa di Rovereto, Lac, Lav, Mountain Wilderness, Lipu, Pan-Eppaa e Wwf) è il fatto che Ferrazza «in passato ha offerto uno scarso contributo alla gestione del parco». Un appunto già mosso dal presidente uscente Joseph Masè, che aveva notato come il sindaco di Bocenago non fosse mai stato presente alle riunioni del comitato di gestione. Non solo: gli ambientalisti ribadiscono la perplessità sulla presentazione di un solo candidato alla presidenza di un parco che rappresenta un territorio vasto «dislocato su tre valli» e che «dovrebbe essere l’immagine portante della nostra provincia». In ogni caso, ora si guarda alle prossime sfide. Con alcuni temi sui quali le sigle ambientaliste promettono intransigenza. Primo fra tutti, la conservazione. «Considerando che in un parco naturale non si dovrebbe cacciare, si propone di chiudere la caccia a tutte le specie di uccelli, in particolare ai galliformi alpini a forte rischio di estinzione, e alla lepre». C’è poi la questione dei grandi eventi in quota: «Chi ama i parchi non può condividere quanto accaduto nel 2020 con alcuni grandi eventi che nulla hanno a che fare con la logica di conservazione di un’area protetta». Quindi: «No a deroghe per i cosiddetti grandi eventi salvo che non vengano compiuti in prossimità dei centri abitati». Serve inoltre, secondo gli ambientalisti, «una massiccia e corretta informazione sulla presenza nel parco dell’orso e ora anche del lupo, per evitare spiacevoli incidenti e comportamenti inadeguati». E va ripristinata «la figura del guardia parco, che una discutibile scelta politica ha malauguratamente soppresso lasciando il parco senza vigilanza».

EDITORIALI E INTERVISTE L’Adige | 10 Febbraio 2021 p. 39, segue dalla prima La grande occasione delle ferrovie


Il Trentino del futuro di ANNIBALE SALSA Con una decisione del 23 dicembre 2020 l'Unione Europea ha dichiarato il 2021 «Anno europeo delle ferrovie». L'obiettivo dichiarato è incrementare la quota di passeggeri e merci trasportati su ferrovia, sottolinearne la dimensione europea e transfrontaliera, promuovere la riattivazione di servizi ferroviari notturni nei territori dell'Unione. Tale obiettivo passa attraverso alcune punti di forza propri del trasporto su rotaia, giustamente ritenuto un modo di trasporto sostenibile, innovativo, interconnesso, intermodale, sicuro e conveniente. Nell'anno del Covid-19 alcuni Paesi europei - fra cui l'Austria, l'Olanda, la Francia, la Svizzera - hanno ripristinato alcuni servizi notturni su scala europea al fine di riavvicinare all'uso del treno quei cittadini europei che si spostavano sulle medie distanze del vecchio continente preferibilmente in aereo, mezzo decisamente più inquinante e sempre meno competitivo difronte alle nuove infrastrutture ferroviarie ad elevata capacità. Una drastica riduzione dei tempi di percorrenza attraverso le Alpi si è ottenuta, nell'ultimo anno, sulla relazione Milano-Zurigo grazie all'apertura della galleria di base del Monte Ceneri in aggiunta alla precedente del San Gottardo. Quando sarà completato il "terzo valico" fra Genova e Milano, il corridoio ferroviario del Reno verso Rotterdam permetterà il trasferimento su rotaia degli automezzi pesanti riducendo drasticamente l'inquinamento atmosferico nelle valli alpine. Grande beneficio riceverà la valle dell'Adige dall'apertura della galleria di base del Brennero, in particolare il Trentino, dove l'Autobrennero ha ormai raggiunto livelli di saturazione preoccupanti. Proprio in ragione della rivoluzione che innescherà la linea del Brennero, si porrà il problema di una riqualificazione delle linee che, staccandosi dall'asse centrale atesino, dovranno servire più comodamente e rapidamente le valli laterali. Senza riandare con la memoria a progetti faraonici, pur lungimiranti, come il "Metroland" - il quale aveva uno storico padre nobile nell'ingegnere trentino Emanuele Lanzerotti, autore di una relazione tecnica pubblicata nel 1919 - la questione dovrà essere affrontata, pur con le necessarie priorità. Tuttavia non più rinviabile dovrà essere la diramazione verso il Garda, da Rovereto e Mori ad Arco e Riva, mediante la realizzazione di un'infrastruttura non più di tipo leggero (ferrovia turistica) ma con gli standard propri della rete ferroviaria ordinaria. La vecchia linea a scartamento ridotto Mori-Arco-Riva (MAR), da tempo dismessa, non avrebbe certamente rappresentato una soluzione idonea. La raggiungibilità dell'Alto Garda trentino rappresenta, oggi, una priorità assoluta in quanto consentirebbe di attestare i treni internazionali provenienti da oltre Brennero direttamente sulle sponde del lago. I molti turisti germanici potrebbero raggiungere il Bénaco senza intasare la strada e gli spazi cittadini di Riva con invadenti e inquinanti auto e pullman. Sarebbe una soluzione tecnica simile a quella adottata per l'alto Lago Maggiore in territorio svizzero. Una soluzione, quest'ultima, in grado di portare direttamente i molti turisti provenienti dalla Svizzera interna sulla sponda settentrionale del Verbano fino a Locarno, analoga per ubicazione a Riva del Garda. Da tempo mi capita di sottolineare il forte parallelismo esistente fra Trentino e Ticino in ragione della conformazione orografica dei due territori con appendici territoriali nel "sommolaco". I giorni scorsi, su questo giornale, si è tornati ad affrontare l'argomento relativo al progetto di fattibilità della ferrovia Rovereto-Mori-Riva dopo la firma della convenzione fra Provincia e Rete Ferroviaria Italiana (Rfi). Per quanto concerne le altre deviazioni ferroviarie trentine rispetto all'asse centrale, la linea della Valsugana riveste un'importanza strategica in quanto, prima della recente attestazione dei treni a Bassano con "rottura di carico" (cambio treno) per chi prosegue oltre, molti convogli si spingevano fino a Venezia essendo il collegamento più diretto fra Trento e la città lagunare. L'elettrificazione è certamente il presupposto necessario al suo rilancio oltre, ovviamente, alla rettifica di alcuni stretti raggi di curvatura. Nel contesto del cosiddetto "ring dolomitico", progettato in funzione delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina, la costruzione di una bretella fra Primolano e Feltre assumerebbe un'importanza straordinaria per i collegamenti non soltanto con il feltrino e il bellunese, ma anche con l'area trentina del Primiero. Una velocizzazione dei tempi di percorrenza si impone anche per la storica "Vaca nònesa", una gloriosa linea sopravvissuta agli anni della marginalizzazione delle ferrovie e delle tranvie secondarie. Essa ha il grande vantaggio di assicurare collegamenti alternativi alla gomma lungo le lunghe valli del fiume Noce, in val di Non e in val di Sole. In quest'ottica, un prolungamento verso Fucine e Cògolo si imporrebbe come naturale completamento dell'infrastruttura in area trentina, se vogliamo prescindere dalla possibilità di un collegamento trans-vallivo e trans-regionale o, addirittura, transalpino verso Edolo, Tirano e Coira con la ferrovia del Bernina patrimonio Unesco. Una questione ancora aperta alla discussione riguarda la progettata ferrovia delle valli dell'Avisio - la Transdolomites - che potrebbe velocizzare i collegamenti con le valli Cembra, Fiemme e Fassa da e verso Trento nella prospettiva di relazioni dolomitiche sempre più sostenibili in termini di qualità ambientale e paesaggistica. L'anno europeo delle ferrovie potrebbe rappresentare, pertanto, un'occasione straordinaria per l'avvio e il rilancio di un sistema di trasporto, quello su ferro, che da alcuni anni sta vivendo una nuova giovinezza a livello europeo.


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