Ticket per la montagna: sì o no? Dopo la provocazione lanciata non più di un mese tramite Il Gazzettino dal presidente di Federalberghi Belluno, Walter De Cassan, con la proposta di un pagamento simbolico di un euro per accedere all'intero sito Dolomiti Unesco, in Alto Adige si passa invece ai fatti. Dal 10 luglio si potrà arrivare in auto al lago di Braies soltanto prenotando il parcheggio on line. Il prezzo stabilito dalla provincia di Bolzano fino a esaurimento dei posti disponibili appare non proprio a buon mercato: 40 euro, ma attenzione, è compreso anche un buono per consumazioni di cibi e bevande nei locali limitrofi. Ma non è finita, in quanto questo potrebbe non essere l'unico provvedimento nella stessa regione alto atesina. Il piccolo comune di Sesto Pusteria, sotto i riflettori per le sue bellezze e anche perché paese del tennista numero uno al mondo Jannik Sinner, vede infatti un notevole traffico veicolare, e per questo l'amministrazione comunale pare stia monitorando l'accesso alla val Fiscalina che conduce ai piedi delle Tre Cime, e non escludendo a quanto pare ulteriori misure.
LA QUESTIONE
«La proposta che lanciai un mese fa del ticket - spiega Walter De Cassan - ebbe un risalto nazionale, e sono stato massacrato dai social, con l'accusa più feroce che noi pensiamo soltanto ai soldi. Evidentemente queste persone non si rendono conto che vivere quassù costa di più che vivere in pianura dove la vita è più comoda». «Oggi sono ancora di quel parere - le parole del capo degli albergatori -, perché se devi pagare per vedere una cosa bella questa la valorizzi maggiormente e la rispetti anche di più. L'idea la lanciai già dal 2012 ma per la sua attuazione serve una volontà politica in primis a livello comunale e provinciale, e poi un modello di gestione tutto da studiare. Il ticket al lago di Braies potrebbe essere una misura idonea per scoraggiare il turismo mordi e fuggi, anche se mi sembra eccessivo praticamente costringere un turista a spendere 20 euro in un bar o ristorante. Staremo a vedere a fine stagione se la cosa funzionerà o meno».
CINETURISMO
Il lago in questione è stato letteralmente preso d'assalto dai turisti anche per il successo della fiction Rai "Un Passo dal Cielo" che negli anni passati ha avuto come set proprio lo specchio d'acqua alto atesino, mentre si attende la trasmissione delle nuove puntate della serie tv, le cui riprese anche in quest'occasione sono state girate come da qualche anno a questa parte tra i boschi del Cadore e in particolare nel lago di Mosigo, in comune di San Vito. «Il ticket d'ingresso in questo lago - prosegue De Cassan - potrebbe essere un'idea visto il successo della fiction tv e di conseguenza il possibile aumento di afflusso turistico in tale luogo. Acquisterebbe valore il lago e anche tutta la località turistica e magari potrebbe accrescere anche le prenotazioni nelle strutture alberghiere. Attenzione però perché ciò che pago deve essermi restituito nei servizi accessori e infrastrutture di prim'ordine, come i parcheggi, i punti di ristoro o le aree pic nic».
«UN PROGETTO»
Siamo quindi a San Vito, e nella vicina Cortina si avvicina il periodo clou dell'estate, con il fenomeno dell'overtourism che potrebbe tornare con prepotenza a farsi sentire. «Nella Perla delle Dolomiti escludo la bontà dell'ipotesi del ticket d'ingresso - afferma De Cassan - dovremo invece iniziare a promuovere i luoghi delle Dolomiti poco conosciuti ma belli almeno quanto quelli più noti, ma servono progetti a medio e lungo termine con piste ciclabili degne di chiamarsi tali e non progetti basati dall'oggi al domani. Vedi gli esperimenti di chiusura a tempo dei passi dolomitici al traffico veicolare, come quella sperimentata sul Sella anni fa, che è stato un buco dell'acqua. Io lo dico dal 2003 che serve un progetto a più ampio spettro, allora potremmo seriamente considerare provvedimenti di questo tipo, altrimenti si fanno sperimentazioni che falliscono miseramente».
Claudio Fontanive
Gazzettino | 9 luglio 2024
p. 2, segue dalla prima – edizione Belluno
Gazzettino | 10 luglio 2024
p. 2, edizione Belluno
Gazzettino | 10 luglio 2024
p. 3, edizione Belluno
Gazzettino | 10 luglio 2024
p. 3, edizione Belluno
Tre Cime: 600mila turisti da gestire
La questione del ticket d'ingresso da imporre ai visitatori dei siti turistici più affollati, come sarà per il lago di Braies, dove la tariffa di accesso arriverà a 40 euro, non può non venire affiancata per un paragone e una riflessione anche alla più iconica delle destinazioni dolomitiche: secondo la stima del 2023 sono 600mila le persone che ogni anno visitano le Tre Cime di Lavaredo, pagando un biglietto d'ingresso se accedono dall'unica strada carrabile con il proprio veicolo personale. Trenta euro per un'automobile, venti per una moto e quarantacinque per un camper.
RIDUZIONE ORARIA
L'amministrazione comunale di Auronzo aveva già considerato l'idea di aumentare ulteriormente il prezzo del biglietto di accesso ai veicoli, cercando di favorire l'utilizzo dei mezzi pubblici, il noleggio delle biciclette e la salita a piedi, ma aveva deciso di optare per una soluzione più equilibrata e democratica: un cambiamento degli orari, capace di impedire le soste lunghe specialmente ai camper, che spesso si fermavano un giorno intero. Dalla durata di ventiquattr'ore, ora il biglietto d'ingresso ha una validità pari alla metà del tempo. Dopo dodici ore la tariffa raddoppia, o meglio, si rinnova. «Abbiamo considerato che, se un camper decide di fermarsi per la notte, deve salire di sera e scendere alla mattina presto, liberando posti per nuovi avventori in auto» spiega l'assessore al turismo Roberto Pais Bianco.
BUONO SPESA
Un biglietto maggiorato, come quello di Braies, con una "prevendita" integrata nel costo per il passaggio, potrebbe venire imposto al turista assieme alla tariffa ordinaria? Altri venti euro da sommare ai trenta dell'auto, da spendere nei rifugi? L'assessore al turismo Pais Bianco dice di no: «Di questi quaranta euro, venti sono per il parcheggio e venti sono una sorta di buono spesa - ricapitola Pais Bianco - Ecco: è una bella idea, nella teoria. Ma nella pratica succede che - come mi hanno anche segnalato diversi turisti che sono stati a Braies si finisce per avere un sacco di gente in coda in quei pochi punti convenzionati (che comunque dovranno mettersi a scorporare quei venti euro dagli scontrini). Già oggi i nostri rifugi sulle Tre Cime (Auronzo, Lavaredo, Locatelli) in piena stagione riescono a malapena a sopportare l'afflusso turistico, che arriva tutto assieme. Immaginiamo che coda produrrebbe alle casse l'aggiunta di quest'altra soluzione. Praticamente, quei venti euro per molti sarebbero buttati, perché non riuscirebbero mai neanche a entrare nei locali per fare l'ordine. E poi c'è ancora, giustamente, chi preferisce portarsi appresso il pranzo al sacco e mangiarselo seduto su una roccia».
QUALITÀ PREZZO
Secondo l'amministrazione comunale, un metodo del genere è da scartare anche per altri motivi di "correttezza": «Per far pagare di più, bisogna dare più servizi - spiega Pais Bianco - Noi avremmo bisogno di fare dei passaggi fondamentali lassù: primo tra tutti avere una linea telefonica che funzioni sempre e in ogni caso, anche col maltempo». Anche l'idea relativa all'ingresso su prenotazione lascia dei dubbi per questo stesso motivo: «Essendoci una sola corsia di salita, se anche uno prenotasse l'ingresso, al proprio turno troverebbe comunque una gran coda a salire. E a quel punto, se il turista avesse prenotato e pagato un prezzo elevato, non sarebbe giusto metterlo di fronte a un disservizio che per ora non possiamo risolvere».
NAVETTE
La criticità sulle Tre Cime riguarda anche il trasporto pubblico: fino all'anno scorso, le navette messe a disposizione da Dolomitibus avevano dei vantaggi: quando c'era coda venivano scortate dalla Polizia locale fino al parcheggio. Quest'anno però la manovra di
sorpasso non sarà più possibile, stando a quanto deciso dalle forze dell'ordine locali. Di conseguenza, c'è da aspettarsi un minor numero di corse al giorno e quindi un servizio meno capillare.
ANTICIPARE IL CASELLO
Un'altra soluzione di cui si era parlato in passato è quella di anticipare il casello delle Tre Cime a Misurina: un'operazione pressoché impossibile, considerando che si rischierebbe di intasare ulteriormente la principale via di comunicazione verso Dobbiaco.
DIVERSIFICAZIONE
Insomma, le teorie sono tante e se ne potrebbe parlare ancora a lungo, ma una soluzione pratica e immediata, per un sito Unesco che ogni anno diventa più affollato, non sembra esserci. Tanto meno si presterebbe, a quanto pare, quella adottata a Braies, con prenotazione e buono spesa quasi fosse un parco divertimenti. Così, il tentativo continua a essere quello di far capire ai turisti che, se alle Tre Cime c'è troppa coda, si può sempre optare per un altro itinerario, accontentandosi di vederle all'orizzonte. «È un problema "bello" - spiega Pais Bianco - nel senso che è un tema di abbondanza, ma anche profondo e radicato. Come amministrazione stiamo facendo del nostro meglio per trovare delle soluzioni. Differenziare? Certo, è ciò che proviamo a fare da tempo anche con gli altri enti impegnati nel turismo, ma bisogna essere realistici: i turisti vengono qui per loro, per le Tre Cime».
Braies, il modello che funziona: la prenotazione non ferma i turisti
Il sindaco: le nuove telecamere riducono le attese. Alfreider: eliminata la sosta selvaggia
BOLZANO
La nuova stagione degli accessi regolamentati dalla prenotazione obbligatoria online alla Valle di Braies ed al suo famoso lago è ripartita mercoledì 10 luglio con due giornate di splendido sole, prima della nuvolosità con abbondanti piogge che ha solo parzialmente frenato gli afflussi dei giorni precedenti. Fin dalla prima giornata di regolamentazione, tutti i maggiori responsabili istituzionali dei servizi della Provincia e delle Forze dell’ordine hanno avuto modo di aderire all’invito dell’assessore alla Mobilità Daniel Alfreider e del sindaco di Braies Friedrich Mittermair per constatare di persona come il sistema di controllo digitale degli accessi al Lago di Braies sia di nuovo attivo e funzionante e come la gestione della mobilità sia partita correttamente. E per tutto il finesettimana il parcheggio adiacente al lago è già tutto esaurito.
Com’è ormai ampiamente noto, il sistema di accesso calmierato alla vallata di Braies e all’altopiano di Prato Piazza è attivo dal 2022 ma la sua ottimizzazione e l’implementazione delle esperienze maturate è proseguita anche nei periodi a cavallo delle prime due stagioni estive e le novità e migliorie utili all’intero target dei visitatori, turisti o residenti in provincia o regione, ed anche ai residenti in valle come pure per il turismo locale e stanziale si sono susseguite anno dopo anno. Oggi, la tecnologia d’avanguardia applicata alla complessa problematica del traffico, offre soluzioni in grado di snellire, fluidificandoli al massimo, anche il gran numero di diversi tipi di afflussi. Ad illustrare le principali novità è lo stesso sindaco di Braies Friedrich Mittermair. «Il sistema di prenotazione viene costantemente migliorato, anche nei periodi “morti”. Rispetto al passato oggi le targhe dei veicoli delle cittadine e dei cittadini residenti in valle, oltre che delle imprese di Braies, sono rilevate automaticamente agli ingressi controllati ed in tal modo si evitano attese e problemi. Anche gli ospiti che pernottano in valle non devono più prenotare i loro accessi. Per loro lo fanno i gestori delle rispettive strutture ricettive», ha spiegato ancora il sindaco Mittermair mentre i possessori di AltoAdige Pass possono utilizzare gli autobus per il Lago di Braies senza prenotazione online e con posti riservati sulle navette.
Da parte sua l’assessore Alfreider ha affermato: «Insieme abbiamo potuto constatare come la gestione della mobilità sia funzionale ed efficace anche per la riduzione del traffico, che può essere gestito senza problemi. Fino a pochi anni fa ha proseguito Alfreider si parcheggiava ancora nei prati e nei boschi della Valle di Braies mentre oggi e per il futuro non sarà più cosi!». Alfreider ha anche sottolineato che: «L’accesso prenotabile permette di prevedere il numero dei visitatori, evita gli ingorghi e consente di vivere il lago in modo rilassante, mentre chi non ha precedentemente prenotato il proprio ingresso, può comunque raggiungere il lago in autobus, in bicicletta o a piedi». Sia il sindaco come pure l’assessore Alfreider hanno anche avuto parole d’elogio per la disponibilità dimostrata dalla popolazione residente. «È stato importante coinvolgere nei vari processi la comunità e le imprese - è stata l’opinione di entrambi - perchè ciò ha consentito uno sviluppo positivo anche per la soluzione di un problema di vivibilità alterata. Sono gli abitanti, ora i primi a beneficiare degli interventi mentre Braies potrà diventare un esempio anche per altre località e per misure analoghe».
Alto Adige | 24 luglio 2024
p. 30
Braies, con il tetto ai transiti migliaia di auto in meno ezio danieli
BRAIES
I primi dati delle auto in transito confermano l'alto gradimento per il traffico contingentato verso il lago di Braies: dal 10 luglio scorso, quando sono transitati per la valle del lago a Braies 8208 mezzi, il primo giorno del provvedimento i mezzi in transito erano passati a 5.910 mezzi con un calo notevole. Dal 10 luglio in poi il trend è stato costante con un calo progressivo che ha toccato 5336 auto il giorno 14 luglio. L'assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreider è soddisfatto: «È la conferma che verso il lago di Braies la flessione di auto e mezzi è un risultato che premia il nostro sforzo. Devo ringraziare il sindaco Friedrich Mittermair per la collaborazione che ha dato anche quest'anno, come pure le forze dell'ordine che si sono prestate per raggiungere l'obiettivo di salvaguardare una zona caratteristica delle Dolomiti, una zona che ha bisogno del nostro impegno per essere protetta dall'assalto degli automezzi. I dati di cui siamo per ora in possesso parlano chiaro: siamo passati dai 7.311 transiti dell'8 luglio agli 8.209 del giorno successivo ai 7.786 del 10 luglio quando il contingentamento è iniziato. Dall'11 luglio con 5.910 auto in transito, siamo passati a 4986 del giorno successivo fino a toccare quota 5.148 del 13 luglio e ai 5.366 transiti del 14 luglio. il trend è continuato nei giorni successivi e in questo fine settimana con soddisfazione di tutti perchè il rinnovo del Piano Braies, da noi fortemente voluto, ha dato e continua a dare ottimi risultati». È il caso di ricordare che fino al 10 settembre, la Valle di Braies è accessibile solo dalle 9.30 alle 16 con i mezzi pubblici, a piedi, in bicicletta o con la presentazione di un permesso di transito valido. Esiste una navetta per il Lago di Braies, ovvero le linee 439 e 442, per la quale è necessaria una prenotazione online con pagamento online. Alcuni posti sono sempre riservati ai titolari del Südtirol Pass, che possono salire a bordo anche senza la suddetta prenotazione online. Fanno eccezione i permessi di passaggio per gli ospiti di ristoranti, negozi e altri fornitori di servizi della Valle di Braies, nonché per gli ospiti in vacanza della Valle di Braies per tutta la durata del loro soggiorno. In questo contesto, anche quest'anno è attivo il sistema di barriere per veicoli autorizzati, che funziona tramite un lettore di targhe e richiede quindi la registrazione preventiva. Prima delle 9.30 e dopo le 16, la Valle di Braies può essere visitata senza restrizioni. Aggiunge l'assessore Alfreider: «Chi vuole recarsi a Prato Piazza, può usare la propria auto prima delle 9.30 e dopo le 16 a pagamento. I parcheggi di Ponticello e Prato Piazza possono essere prenotati online. Tuttavia, in questo caso è meno stressante prendere il bus pubblico della linea 443 da Monguelfo e Dobbiaco/ Villabassa; la prenotazione non è necessaria. Tutte le prenotazioni e i pagamenti per le navette e i parcheggi possono essere effettuati su www.prags.bz/ticket». C'erano state proteste perché i conducenti di questi bus pubblici non davano informazioni corrette e anche perchè le prenotazioni via internet non funzionavano. «Sappiamo di queste lamentele ed abbiano già deciso di correre ai ripari nel più breve tempo possibile».
Gazzettino | 26 luglio 2024
p. 12
Assalto alle Tre Cime
Auto e park pieni in un giovedì di luglio
MOBILITA’ SUI PASSI DOLOMITICI
Alto Adige | 3 luglio 2024
p. 19
COLLEGAMENTO MONTA PANA - SALTRIA
Alto Adige | 15 luglio 2024
p. 13
15 ANNI DI DOLOMITI A PATRIMONIO MONDIALE
La Usc di Ladins | 5 luglio 2024
p. 7, segue dalla prima
La Usc di Ladins | 5 luglio 2024
p. 7
SERRAI DI SOTTOGUDA: APERTURA PARZIALE E CONTINGENTATA
Gazzettino | 9 luglio 2024
p. 3, segue dalla prima – edizione Belluno
Gazzettino | 9 luglio 2024
p. 3, segue dalla prima – edizione Belluno
Gazzettino | 10 luglio 2024
p. 9, edizione Belluno
Serrai: attesa per la riapertura ma c'è chi dice no «Così, snaturati»
In attesa della grande riapertura dei Serrai di Sottoguda, con taglio del nastro il 29 luglio alle ore 12, arriva la voce di Maurizio De Cassan operatore turistico ed ex sindaco di Rocca Pietore, che quel luogo lo conosce bene. Una canyon di circa due chilometri di lunghezza, distrutto da Vaia e ricostruito con un'opera da 11 milioni di euro. «Personalmente dico che sono volute grandi teste pere partorire un topolino. Non posso dire altro che questo intervento lo boccio sia da ex amministratore che da operatore turistico, ma stando ai commenti non sono l'unico quei in val Pettorina che la pensa così», afferma l'ex sindaco che prosegue: «È un intervento che è andato a snaturare completamente quella che era la gola dei "Serrai" sia da un punto di vista ambientale che strutturale. Sono state realizzate opere che necessitano di manutenzione i cui costi poi andranno a ricadere ancora sul Comune. Ponti alti cinque metri che non hanno senso, sarebbe stato più sensato fare dei ponti levatoi che in presenza di allerta meteo potevano essere alzati per far defluire le acque. Si chiudeva a monte e a valle l'accesso ai Serrai e si alzavano i ponti è il gioco era fatto». «Una gola selvaggia addomesticata da un make up moderno - le sue parole - che ben si discosta dall'aspetto che aveva prima di Vaia. E questo mi dispiace tanto che potrei dire che piuttosto di vedere i "Serrai" ridotti in questa maniera avrei preferito che gli avessero lasciati come erano». Maurizio De Cassan ex sindaco di Rocca Pietore e consigliere del gruppo di minoranza nella passata legislatura è un fiume in piena nel sottolineare il suo no ai nuovi "Serrai". Una contrarietà che aveva sempre palesato convito che questo intervento avrebbe di fatto snaturalizzato questa forra, sottraendola alla sua arcaica natura. Non resta dunque che attendere il 29 luglio per vedere da vicino la messa in sicurezza della gola e il suo ripristino.
Sta di fatto che al di là dei pareri personali la riapertura di questo sito a quasi sei anni dalla sua distruzione e conseguente chiusura al pubblico si è fatta pressante e molti l'attendevano da tempo. E probabile che in tempi diversi l'accesso pedonale alla forra dei "Serrai" avrà un ticket, che era già in vigore fino dal 2012 ovvero da quando l'allora sindaco Andrea De Bernardin aveva voluto introdurlo. Tra le varie cose che ancora sottolinea De Cassan relative all'apertura dei "Serrai" a fine luglio sottolinea che: «Non mi è ancora chiaro come si intenda aprire i "Serrai" al pubblico e allo stesso tempo continuare a lavorare per completare gli ultimi lavori. Mi sembra una cosa un po' stridente, comunque se lo fanno avranno sicuramente trovato il sistema perché sia visitatori che maestranze impegnate nel cantiere possano disporre della sicurezza necessaria: gli uni per visitare la forra in assoluta sicurezza e gli altri di poter lavorare senza la paura di poter nuocere a nessuno».
Dario Fontanive
Corriere delle Alpi | 23 luglio 2024
p. 18
Riaprono i Serrai Una passerella lungo il canyon delle Dolomiti
Francesco Dal Mas
ROCCA PIETORE
Immaginatevi un canyon lungo, profondo. E laggiù, nelle sue viscere, l'acqua limpidissima del Pettorina, che scende dal ghiacciaio della Marmolada. E sull'acqua una pista che vola, sinuosa. Un'autentica opera d'arte. Pienamente accessibile ai bambini come agli anziani, a un atleta come a un disabile. Vola sul letto del torrente perché, se arriva la bufera, non finisce sott'acqua; non va a pezzi come è accaduto con la tempesta Vaia a fine ottobre, nel 2018.
Siamo ai Serrai di Sottoguda, dove la Regione Veneto ha speso più di 11 milioni (inizialmente erano 8) per la ricostruzione (quindi la messa in sicurezza) di un patrimonio naturalistico che la stessa Fondazione Unesco ha adottato per la sua unicità. Anche dal punto di vista culturale.
Mercoledì 31 luglio salirà a Rocca Pietore il presidente della Regione, Luca Zaia che, accompagnato dall'assessore regionale all'ambiente Gianpaolo Bottacin, inaugurerà – alle 12, a Sottoguda – l'opera di rigenerazione da oltre 8 milioni di euro.
In paese ci si chiede perché il cantiere venga inaugurato e aperto al pubblico, se in effetti non è stato ancora finito. «Il cantiere verrà concluso entro questa settimana», risponde l'ingegnere Gianvittore Vaccari, presidente della società "Veneto Acque" che ha coordinato i lavori. «Ciò che resta da fare sono gli eventuali interventi di completamento di cui si avrà contezza attraverso le verifiche con l'apertura alle visite del pubblico. E poi ci sono delle opere di corollario che, come in tanti altri cantieri, vengono completate col tempo». Il manifesto che annuncia la riapertura parla di "rinascita" dei Serrai di Sottoguda e afferma esplicitamente che "al termine dei lavori, le porte del cantiere si aprono per raccontare la ricostruzione". Accattivante l'invito a iscriversi alle visite. Sono infatti programmate e a numero chiuso. "Oggi è possibile vedere il risultato degli interventi di ripristino, posti in essere dal Commissario delegato, ed esplorare
in anteprima il nuovo percorso grazie all'iniziativa "Cantiere Aperto". Unisciti a noi per celebrare la rinascita dei Serrai ed ammirare nuovamente la maestosità della natura in questo sito al tempo stesso magnifico, severo e fragile".
Infatti si entrerà col casco in testa. Le pareti verticali di roccia sono state tutte bonificate, palmo a palmo ma le continue precipitazioni possono aver mosso qualche sasso. Le visite sono state calendarizzate fino a settembre e riprenderanno a primavera.
I serrai, dopo la Marmolada, costituiscono l'attrattività principale della Val Pettorina. Ma, diciamolo pure, di tutte le Dolomiti. Un patrimonio, si diceva, riconosciuto anche dalla Fondazione Dolomiti Unesco. Quando, subito dopo il disastro, ha deciso di partecipare alla progettazione, ha stanziato 200 mila euro per passare dalle parole ai fatti, tenendo a dire che il recupero sarebbe diventato l'occasione "per tutelarne il valore paesaggistico e geologico e per valorizzarne le qualità estetiche e scientifiche".
E proprio con questo spirito hanno lavorato alcuni dei più bei nomi delle costruzioni bellun esi: la capogruppo De Pra, Dolomiti Strade, Deon, Edicostruzioni, Tolot, Cadore Asfalti, Tonet. La ditta "Bertazzon Officine" si è occupata, con Om Service, della delicata installazione dell'infrastruttura in acciaio che sostiene la pista. Che è pedonale ma che in realtà può ricevere anche i mezzi di soccorso, fino a un camion dei vigili del fuoco.
La Fondazione Dolomiti Unesco ha risposto fin dal 2019 alla volontà del Comune di Rocca Pietore di promuovere soluzioni innovative attraverso un concorso di idee, che tenessero in considerazione l'ipotesi che eventi come quello di vaia potessero ripetersi ripetersi. Il cantiere è quindi intervenuto sulla funzionalità idraulica dell'alveo e la messa in sicurezza idrogeologica con soluzioni che riducono al minimo l'impatto e che risultano innovative dal punto di vista dell'adattamento ai cambiamenti climatici. Ha ripristinato di fatto un percorso accessibile a tutti, tenendo in considerazione anche i diversi tipi di disabilità, e fortemente integrato nel contesto paesaggistico della gola. Ha infine valorizzato le peculiarità geologiche, geomorfologiche, paesaggistiche, storico-documentali di una delle porte di accesso privilegiate al Patrimonio Unesco.
Corriere delle Alpi | 23 luglio 2024
p. 18
Un percorso di 2,5 chilometri Costruiti 6 ponti sul Pettorina
ROCCA PIETORE
Le Officine Bertazzon di Vidor sono state impegnate, su incarico della bellunese De Pra, nella realizzazione di una nuova passerella – della lunghezza di circa 350 metri – ancorata a sbalzo sulla roccia e nella messa in opera di sei ponti di 25 metri circa, che completano il percorso all'interno della valle andando ad attraversare il torrente Pettorina in altrettanti punti. «L'intero percorso è lungo circa 2,5 km», spiega Christian Signorotto, direttore tecnico e capogruppo commessa del progetto dei Serrai. «Oltre alla passerella, abbiamo realizzato tutti i parapetti metallici posizionati lungo il percorso con dei rivestimenti in lamiera dei muri che hanno funzione di terrapieno. Tutte le parti sono state costruire in acciaio corten, circa 400 tonnellate di materiale. È ovvio che nel corso del cantiere, molto delicato, abbiamo dovuto tenere in debito conto che operavamo nel contesto della Riserva Naturale della Marmolada, più precisamente dentro un gioiello naturale incastonato in una gola scavata dal corso del Torrente Pettorina nella roccia, con pareti alte oltre 100 metri. Cascate e ruscelli fanno da padroni in questo tempio naturale. Per cui la prima fase del cantiere, protrattosi per cinque anni, è stata la bonifica delle pareti da tutti i massi che potevano rappresentare un pericolo».
D'altra parte, ricorda Signorotto, avevamo alle spalle la dura realtà del disastro provocato dalla tempesta Vaia. L'alluvione di fine ottobre 2018 ha di fatto collassato il corso d'acqua lungo la gola, distruggendone le infrastrutture. Irrimediabili i danni alla strada che percorreva i Serrai, spazzati via ponti, argini e opere murarie. La ricostruzione è stata affidata dalla Regione Veneto alla società "Veneto Acque" che ha messo a bando l'opera. Il bando è stato vinto dall'Associazione Temporanea di Imprese bellunesi, coordinata dall'impresa De Pra.
Fabrizio Bertazzon con la sua azienda ha provveduto alla realizzazione dell'infrastruttura metallica che tiene sospesa la pista ciclopedonale ad altezza di sicurezza sul torrente Pettorina in modo che, se i cambiamenti climatici in corso provocassero altre emergenze della consistenza di Vaia, la strada non viene coinvolta e quindi non subisce danni.
L'affidamento dell'incarico di Direzione Lavori relativo all'intervento di ripristino e riqualifica generale del Serrai di Sottoguda è stato affidato all'ingegnere Fabio Muraro (direttore dei lavori); all'ingegnere Felice Gaiardo (direttore operativo – coordinatore del gruppo di lavoro ed esperto dei luoghi); all'architetto Francesco Riva (ispettore di cantiere – esperto paesaggista); all'ingegnere Gaspare Andreella (direttore operativo – esperto in idraulica fluviale).
Nell'intervento, realizzato in circa un anno e mezzo, è stata inserita una donazione artistica, sviluppata dallo scultore di Miane Valentino Moro. Tale opera è dedicata alla croce, posizionata vicino alla chiesetta prima che la tempesta Vaia la portasse via, e al fratello di Fabrizio Bertazzon, Pio, ungrande frequentatore della zona come sciatore alpinista e scalatore de i Serrai Sottoguda.
Fdm
BRENTA OPEN: I FESTEGGIAMENTI PER IL DECENNALE
Corriere del Trentino | 12 luglio 2024
p. 9
Montagne inclusive
Le Dolomiti fruibili a persone con disabilità per 40 chilometri di sentieri e ferrate. Parte «Brenta Open», itinerari fino al 21 luglio
La montagna unisce: non solo attraverso il paesaggio, ma diventando luogo di inclusione. È la scommessa (vinta) del progetto Brenta Open, l’evento dedicato allo sport e all’inclusività, che rende le Dolomiti, riconosciute patrimonio dell’umanità dall’Unesco, un bene realmente fruibile da tutti e tutte. Il decennale dell’iniziativa, da domani al 21 luglio, vedrà persone con disabilità percorrere la Via delle Normali delle Dolomiti di Brenta, mettendo al centro l’individuo e la sua forza di volontà.
La traversata delle Dolomiti di Brenta prevede un percorso che, snodandosi da nord a sud, porterà gli sportivi e musicisti con persone con disabilità a scalare le nove cime principali del gruppo dolomitico, tutte intorno o al di sopra dei 3.000 metri, pernottando ogni sera in un rifugio alpino o in un bivacco.
L’itinerario della nove giorni si estende per un totale di 40 chilometri, tra sentieri, pareti e vie ferrate e prevede come tappa finale l’incontro tra tre diverse cordate al rifugio Graffer.
«Il progetto vuole mettere al centro dell’esperienza il significato più profondo dell’essere umano, la volontà dell’individuo e il superamento delle barriere fisiche e mentali - spiega Manuel Zambanini, vicepresidente di Dolomiti Open - grazie anche all’esperienza meravigliosa della forza del gruppo».
L’esperienza inizierà con la salita al rifugio Cacciatore, domani, per proseguire poi con la traversata di cima Ambiez e il rifugio Agostini, domenica, la Via Migotti alla cima Tosa e la traversata al Crozzon di Brenta, con notte al bivacco Castiglioni (15 luglio) e la Via Normale alla Cima Tosa e sosta al rifugio Brentei (16 luglio). Si continuerà con la Via Normale alla Torre di Brenta e il rifugio Alimonta (17 luglio), la traversata di cima Brenta da sud a nord, con pernottamento al rifugio Tuckett (18 luglio) e la Via Normale alla cima Falkner, con notte al rifugio Graffer. Il 20 luglio, invece, da Madonna di Campiglio, l’escursione con le Guide Alpine e la salita in mountain bike e handbike con le Guide Bike, entrambe con meta il rifugio Graffer per incontrare le cordate.
A destinazione, la compagnia «S-Legati» metterà in scena uno spettacolo teatrale che, tra racconti e musica, celebra una storia di amicizia e alpinismo. Il 21 luglio, il rifugio ospiterà anche il laboratorio di teatro inclusivo e l’evento «Echi tra le Cime», che, grazie alla scalata delle cordate a cima Grostè e al Campaniletto dei Camosci, celebra la musica senza barriere. L’Apt Dolomiti Paganella, che ospita l’evento sul suo territorio, sta lavorando per rendere sempre più inclusivi i sentieri. «Tra i nuovi progetti, messi in atto anche grazie all’assegnazione del bando ministeriale Trentino per Tutti, stiamo creando nuovi percorsi accessibili sul territorio, sulla mappatura di itinerari adatti a tandem e handbike e su un calendario di gite inclusive durante l’estate», spiega Luca D’Angelo, direttore di Apt Dolomiti Paganella.
L’Adige | 14 luglio 2024
p. 31
PELMO D’ORO 2024
Corriere delle Alpi | 25 luglio 2024
p. 20
Corriere delle Alpi | 21 luglio 2024
p. 25
Appuntamento a Pedavena sabato 27 luglio
Il premio Pelmo d'oro 2024 sarà consegnato sabato 27 luglio, alle 10.15 nella sala degli Elefanti della Birreria Pedavena. La giuria, composta dalla Provincia, dalla Casa Comune e dal Consorzio Bim ha scelto per l'alpinismo in attività Alessandro Rudatis, per la carriera alpinistica Diego Dalla Rosa, per la cultura alpina don Sergio Sacco. Saranno consegnati poi il premio speciale Dolomiti Unesco a Matteo Righetto e il premio speciale Giuliano De Marchi a Pieranna Casanova. C'è anche un premio speciale Pelmo d'oro,
per Lisa Vittozzi. Oltre alla consueta scultura di Gianni Pezzei che rappresenta il Pelmo, saranno consegnate opere di Paolo Schenal. Ci sarà il coro Cai Belluno.
Corriere delle Alpi | 25 luglio 2024 p. 20
Corriere delle Alpi | 28 luglio 2024 p. 19
PIOLETS D’OR 2024 A SAN MARTINO DI CASTROZZA
Il T | 5 luglio 2024
p. 28
VINCOLI AURONZO E COMELICO: AGGIORNAMENTI
Corriere delle Alpi | 5 luglio 2024
p. 34
«Vincolo, lavori possibili» La maggioranza rassicura
Gianluca De Rosa / AURONZO
Cambiare un camino danneggiato senza impazzire tra pratiche e permessi? Si potrà. Installare dei pannelli fotovoltaici sul tetto di casa propria? Si potrà ugualmente, senza incappare nella burocrazia del vincolo ambientale.
La maggioranza del sindaco Dario Vecellio Galeno rassicura la popolazione sulla recente sentenza del Consigli di Stato, che ha riportato in vigore i vincoli paesaggistici su Auronzo e sui cinque Comuni del Comelico – Santo Stefano di Cadore, Comelico Superiore, Danta, San Nicolò Comelico e San Pietro di Cadore.
Una rassicurazione, quella della maggioranza, a favore della a popolazione residente, preoccupata dalle dinamiche stringenti che impone la macchina burocratica dei vincoli paesaggistici.
«Il vincolo che insisterà nei nostri territori ed in quelli del Comelico è il Dg-Abap numero 1676 del 05/12/2019 denominato "dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area alpina compresa tra il Comelico e la val d'Ansiei, Comuni di Auronzo, Danta, Santo Stefano,
San Pietro, San Nicolò e Comelico Superiore, ai sensi degli articoli 136 comma 1 lettere C e D, 138 comma 3 e 141 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42 codice dei beni culturali e del paesaggio"», sottolinea la maggioranza auronzana. «Ricordiamo a tal proposito come la sostituzione di un camino non è soggetta all'autorizzazione ambientale ai sensi del Dpr 31/2017 allegato A punto A2. Se l'intervento è una mera manutenzione ordinaria non prevede nemmeno la presentazione di pratica edilizia ma una semplice comunicazione di inizio lavori redatta direttamente dal privato». «Medesimo discorso, per quanto riguarda l'autorizzazione ambientale, si può fare per i pannelli fotovoltaici», spiega ancora la maggioranza del sindaco Dario Galeno Vecellio: «il Dpr 31/2017 allegato A punto A6 esclude dalla pratica ambientale anche l'installazione di pannelli solari, termici o fotovoltaici. Stessa cosa vale per la pratica edilizia: l'articolo 9 del Dl 17/2022 contiene semplificazioni per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili e riporta testualmente "l'installazione, con qualunque modalità, di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici è considerata intervento di manutenzione ordinaria e non è subordinata all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso (ad esclusione degli immobili di notevole interesse pubblico)». «I sindaci del Comelico», sottolinea la maggioranza auronzana riferendosi alla decisione del Consiglio di Stato, «hanno semplicemente preso atto della sentenza. Quando verrà aperto un tavolo di discussione allargato con la partecipazione dei rispettivi legali per capire quali siano i margini di manovra ed eventuali possibili soluzioni alternative saremo presenti».
MARMOLADA
Corriere delle Alpi | 2 luglio 2024
p. 10
Marmolada, due anni dal crollo «Sicurezza e riqualificazione»
Due anni dalla tragedia. Il 3 luglio 2022 un grande seracco si staccò dalle parti di Punta Rocca e a 300 km orari si fiondò a valle, per mezzo chilometro. Undici morti, sette feriti. Ora la Provincia di Trento sta perfezionando il monitoraggio costante del ghiacciaio. Una webcam con annessi rilevatori è stata installata sul Sass de Mus; un elicottero, munito di radar, va in perlustrazione. «Definito il piano di sicurezza, passeremo alla riqualificazione ambientale», conferma il presidente Fugatti. / PAGina 10 Ancora neve, in queste ore, sulla Marmolada. I crepacci sono coperti, l'ablazione del ghiacciaio è ancora lontana. Due anni fa, invece, lo scenario ai 3 mila metri era del tutto diverso. Alle 13.43 del 3 luglio, un grande seracco si è distaccato dalle parti di Punta Rocca e a 300 km orari si è fiondato a valle, per mezzo chilometro. Undici morti, sette feriti. Il Veneto ha pagato il tributo più pesante con Filippo Bari, 27 anni di Malo, Tommaso Carollo, 48 anni di Thiene, Paolo Dani, 52 anni di Valdagno, Nicolò Zavatta 22 anni di Barbarano Mossano (Vicenza), Davide Miotti di 51 anni e la moglie 44enne Erica Campagnaro di Cittadella, e i fidanzati di Asolo Gianmarco Gallina e Manuela Piran. Le altre vittime: Liliana Bertoldi, 54 anni, di Levico (Trentino) e i due cittadini della Repubblica Ceca Martin Onuda, 48 anni, e Dana Pavel di 46 anni. Domani pomeriggio, alle 18, nella chiesa del Sacro Cuore a Canazei, la messa di commemorazione. Ci sarà il presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, con il sindaco Giovanni Bernard. Domenica poi, alle 10 tempo permettendo, ai 3342 metri di Punta Penia, altra celebrazione con don Franco Torresani, alcuni famigliari e le vittime.
Due anni da una tragedia immensa, durante i quali si è guardato alla sicurezza. La Provincia di Trento sta perfezionando il monitoraggio costante del ghiacciaio. Una webcam con annessi rilevatori è stata installata sul Sass de Mus. Ripetutamente un elicottero, munito di radar, va in perlustrazione. «Definito il piano di sicurezza, passeremo a quello della riqualificazione ambientale del versante nord» conferma Fugatti. La Provincia ha stanziato 2 milioni e 110 mila euro per ripulire il ghiacciaio di quanto resta del rifugio Pian dei Fiacconi, distrutto da una slavina, e dei piloni dei vecchi impianti. Il Comune di Canazei e la Sat hanno allo studio la riapertura di alcuni sentieri. Il rifugio Ghiacciaio è stato chiuso e destinato a laboratorio scientifico e sede di un avamposto della Protezione civile. «Nuovi impianti di sci? La pista da Pian dei Fiacconi rimane nel programma di sviluppo di Canazei, ma il progettato impianto di risalita, da parte di investitori gardenesi, va ripensato, in zona più sicura» afferma il sindaco Bernard. Intanto, sulla parte veneta, la società Marmolada Srl sta insistendo per rigenerare il collegamento tra Sass del Mul e punta Serauta, in modo da trattenere gli sciatori in alta quota. Oggi, infatti, chi scende da Punta Rocca, per i 12 km di pista, la più lunga d'Europa, arriva a malga Ciapela e deve risalire con la funivia. Siccome da Trento non arrivano le autorizzazioni, la società ha fatto ricorso al Tar trentino per ottenere un risarcimento da 8 milioni e mezzo. Gli ambientalisti, con l'associazione Mountain Wilderness, di cui è presidente Gigi Casanova, sollecitano «meno impianti e più valorizzazione naturalistica, scientifico-glaciologica e naturalistica». "La Marmolada dell'Immaginario" è il loro piano di sviluppo, presentato ancora 6 anni fa. «È la montagna a comandare. Sempre. E servono attenzioni parti colari, premure e impegno, spesso anche sacrifici e dedizione verso i giganti di roccia – raccomanda Roberto Padrin, presidente della Provincia di Belluno e vicepresidente della Fondazione Dolomiti Unesco –. Servono soprattutto uomini e donne che sappiano prendersene cura, che se ne occupino attivamente, provvedendo alle sue necessità. Perché la montagna non è matrigna, non è un mostro cattivo ma parla una lingua tutta sua che va ascoltata e capita, ha tempi che vanno compresi e rispettati». Due anni dopo, rileggendo quella tragedia, afferma Padrin, «emerge che il cambiamento climatico non fa sconti. E non li fa a maggior ragione alla montagna, tanto imponente quanto fragile».
Corriere delle Alpi | 3 luglio 2024
p. 5
«La tragedia sulla Marmolada impone un cambio di paradigma»
A due anni dal crollo l’analisi del presidente Sat, Ferrari. Fugatti: «Il ricordo è vivo e forte»
Chiara Biasioli
Trento
Era il 3 il luglio di due anni fa, ore 13.45, quando avvenne il distacco di un grosso seracco sul ghiacciaio della Marmolada. Il crollo travolse diverse cordate di alpinisti, ferendone alcuni e portandone undici alla morte, di cui nove italiani e due turisti cechi. Un evento descritto dagli esperti come «imprevedibile» e un tipo di crollo «che la letteratura non aveva mai verificato», afferma Christian Casarotto, glaciologo del Muse, dovuto a un particolare contesto meteorologico che, comunque, va considerato all’interno del più generale contesto climatico attuale. Il distacco, spiega Casarotto, «è avvenuto in seguito a un evento meteorologico caratterizzato da temperature elevate, che hanno portato alla fusione non solo della parte superficiale del ghiacciaio, ma anche di parte di quella inferiore». Questo portò a un elevato accumulo di acqua intrappolata al di sotto del ghiacciaio, la quale «grazie alla forte pressione ha sollevato il ghiacciaio e causato il crollo», continua il glaciologo.
C’è stata, quindi, «una concausa di eventi», poiché le temperature elevate hanno causato la fusione, ma «se ci fosse stato un normale deflusso dell’acqua il ghiacciaio non sarebbe crollato», afferma Casarotto. Resta, in ogni caso, che quel particolare evento meteorologico va inserito nel contesto climatico in cui viviamo: «Il clima descrive il lungo periodo, non particolari avvenimenti come l’estate 2022 o le nevicate di quest’anno», spiega Casarotto, «a meno che essi non inizino a verificarsi con maggiore frequenza. Ed esso è caratterizzato dall’aumento delle temperature e precipitazioni nevose a quote sempre più elevate». La conseguenza è il continuo ritiro dei ghiacciai, da cui non è esente neanche la Marmolada. Le previsioni, dice Casarotto, vedono le montagne al di sotto dei 3500 metri prive di ghiacciai entro la fine del secolo, tranne qualche piccolo superstite a ridosso delle creste. Quindi, anche se le nevicate primaverili di quest’anno si unissero a un’estate mite e portassero a un bilancio positivo per il 2024, questo poco significherebbe per l’evoluzione nel lungo periodo. Un cambiamento di cui si è a conoscenza ormai da tempo, ma che in seguito alla tragedia sulla Marmolada è arrivato all’attenzione della popolazione, soprattutto in funzione delle conseguenze che comporta, sia per la società civile che per il mondo dell’alpinismo. «Il crollo ha costretto tutti a un cambio di paradigma nell’approccio alla montagna, riscoprendone rischi, pericoli e limiti», afferma il presidente della Sat Cristian Ferrari. L’evoluzione dei ghiacciai dovrà, infatti, portare a una maggiore attenzione nella loro frequentazione, soprattutto a causa dei mutamenti morfologici che il cambiamento implica. Per esempio, «si è notato un aumento delle aree crepacciate con forme circolari concentriche, ossia crepacci che si formano perché aumenta la fusione da sotto, alla base dei ghiacciai», spiega Casarotto. Questa fusione porta alla formazione di grotte il cui tetto può crollare, rendendo aree prima sicure ora non più frequentabili o solamente a fronte di una maggiore preparazione. «La montagna sta cambiando e insieme deve cambiare il modo con cui le persone si approcciano ad essa», ammonisce ancora il glaciologo.
E le conseguenze non si vedranno solo nell’alpinismo o nelle attività di montagna, poiché i ghiacciai rappresentano una risorsa che influenza anche la vita a valle. «Servirà fare i conti con una risorsa idrica in diminuzione», ricorda Casarotto, che influirà sul regime idraulico dei corsi d’acqua a fondo valle come sulla disponibilità idrica in montagna e nei rifugi. «Deve nascere una nuova consapevolezza di un mondo senza la risorsa glaciale», afferma Casarotto, per costruire un nuovo sistema sociale, economico e ambientale.
Serve riflettere velocemente, perché con l’aumento delle temperature aumenta anche la velocità dei cambiamenti, ambientali e dei ghiacciai: «A livello scientifico spingiamo per prendere decisioni rapide. È come inseguire un treno in corsa che sta correndo sempre più velocemente, e più si aspetta più sarà difficile mettersi al riparo con modelli nuovi e sostenibili», conclude Casarotto.
In occasione dell’anniversario della tragedia della Marmolada, per ricordare le vittime e per parlare di volontariato e di sicurezza in montagna, oggi a Trento e in altre città verrà proiettato il documentario «Marmolada 03.07.22», dedicato al racconto dei soccorritori intervenuti. Il presidente della Sat Ferrari ha ricordato, a proposito, i «valori dimostrati dalla gente di montagna, dai professionisti della montagna che in modo silenzioso e partecipe si sono caricati sulle spalle questa tragedia aiutando le famiglie a portarne il grande peso in tutta la lunga fase dei soccorsi».
Anche il presidente delle Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti ha ribadito il valore della memoria di quanto accaduto due anni fa. «Il ricordo di un evento così imprevedibile, che ha colpito non solo le famiglie direttamente coinvolte, ma l’intera provincia e il Paese, è vivo e forte nella nostra mente», ha detto, invitando a «lavorare insieme per rafforzare la nostra resilienza di fronte a eventi naturali, per proteggere le nostre comunità e preservare la memoria di chi non c’è più»
PARCO NATURALE DEL CADORE: IL PERCORSO
Corriere delle Alpi | 21 luglio 2024
p. 33
“Terreni per il Parco del Cadore”
PRUDENZA IN MONTAGNA: IL PROGETTO
Corriere del Trentino | 13 luglio 2024
p. 3
Rischi in montagna: «Si parla di prudenza, non di sicurezza» Trentino Marketing spiega la comunicazione
Daniele Cassaghi
Trento
«Non parliamo mai di “sicurezza”. Perché la sicurezza fa intendere il rischio zero. Per questo usiamo il termine “prudenza”». Può sembrare un dettaglio, ma per Trentino Marketing la differenza è sostanziale: la montagna non sarà mai a rischio zero, e quindi, nel comunicarla, bisogna evidenziare questo fatto. Lo spiega bene Valentina Cappio, la responsabile del settore Brand e Communication della società, all’indomani del video che ritrae una famiglia percorrere il sentiero «Bepi Zac» senza attrezzature adeguate e con un bambino in braccio.
«L’obiettivo che ci siamo posti è di educare chiunque fruisca della montagna a rispettare alcune norme di comportamento continua Cappio che vanno dall’usare l’attrezzatura giusta all’essere consapevoli del proprio grado di esperienza, a rivolgersi a figure esperte come le guide alpine». E sul video: «Certo che quando fai educazione, le cose non possono cambiare le cose da un giorno all’altro».
«La narrazione pericolosa è che la montagna sia un parco giochi dove si va senza cognizione di causa prosegue Dopo il Covid, con i flussi aumentati in maniera notevole, abbiamo visto una fruizione molto diversa, anche da parte di persone che non si erano mai approcciate alla montagna». Ed è stato quindi necessario cambiare il modo di comunicare i rischi. Cosa da fare ora «in modo più articolato, dettagliato e continuo nel tempo. Per arrivare a costruire il ricordo nelle persone». Non è quindi un caso se realtà come Sat, associazione Unesco, associazione rifugi e guide alpine utilizzano nei loro canali social lo stesso vocabolario di Trentino Marketing: è per far sì che la gente si ricordi più facilmente ciò che è opportuno fare. E per inciso, le parole giuste da utilizzare vengono stabilite in un tavolo tecnico a cadenza periodica tra Trentino Marketing e queste associazioni. Nessuno di loro parlerà di «sicurezza», tutti parleranno di «prudenza». E tutte le volte che comunicano delle attività da fare in alta quota ci sarà una frase che ricorda di valutare la propria competenza e di rivolgersi agli esperti.
L’equilibrio da mantenere è quello di rendere la montagna attrattiva nonostante i rischi. «Le due cose non sono in antitesi continua Cappio fa parte di uno storytelling onesto mostrare entrambe le cose: se c’è una tempesta, c’è una tempesta. E bisogna essere responsabili». Inoltre, è tramontata l’epoca delle cartoline e dell’effetto «wow». Oggi la comunicazione è mirata per settori demografici e di interesse. E richiede la partecipazione delle comunità locali: «Dare voce a chi vive il Trentino tutto l’anno fa sì che il racconto non sia astratto», conclude Cappio.
NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO
Corriere delle Alpi | 7 luglio 2024
p. 19
«Sensibilizzare i turisti sui rischi della montagna»
il focus
«Vediamo, sempre più persone che si avventurano tra le rocce e i sentieri senza un minimo di preparazione, senza tenere conto della presenza in quota di neve o ghiaccio. Tante volte, non riuscendo più ad andare avanti, chiamano i soccorsi». Arriva forte l'appello da parte di tutti gli operatori del soccorso – dal commissario straordinario dell'Ulss al presidente regionale del Soccorso alpino – di andare in montagna preparati, consapevoli dei propri limiti e, se del caso, pronti anche a rinunciare all'escursione in caso di condizioni ambientali o meteo avverse.
Il problema degli "improvvisati" della montagna sta diventando sempre più un tema caldo come evidenzia lo stesso Rodolfo Selenati, capo regionale del Cnsas, che chiede che vengano messe in atto delle strategie per responsabilizzare i frequentatori delle terre alte sui rischi per loro ma anche per chi poi è chiamato a soccorrerli. «Servirebbe pensare a delle pubblicità progresso, di forte impatto, come quelle ideate per gli incidenti stradali, ad esempio. Perchè noi gli allarmi e i consigli li diamo sempre, tutti gli anni, ma vediamo che non vengono tenuti in considerazione. E poi come si raggiungono gli stranieri che sempre di più affollano le nostre montagne?». Per il presidente veneto del Soccorso alpino è importante toccare le coscienze con immagini forti. «Forse così si rendono conto di cosa significa andare in montagna se non si è preparati e cosa rischiano i soccorritori per recuperare persone che non hanno fatto i conti con le loro energie o con l'ambiente che li circonda».
Importante l'assicurazione: «Quella a Dolomiti Emergency costa poco ma è importante». L'associazione presieduta da otto anni da Laura Menegus ha visto una crescita esponenziale degli iscritti passando da 9 mila a quasi 20.400.
I dati dell'Ulss danno ragione della preoccupazione del personale sanitario, visto l'aumento dei soccorsi tra l'estate 2023 e i primi sei mesi del 2024. Dal 20 giugno al 20 settembre 2023 sono arrivate al 118 ben 17.808 chiamate, con una media giornaliera di 191 telefonate e con punte che superavano addirittura quota 200. Trecentosettantasei le missioni dei due elicotteri, mentre gli accessi ai Pronto soccorso sono stati 28.475 con punte giornaliere che superavano i 300 accessi «quando la media di un giorno normale è di 240», ha precisato il commissario Dal Ben.
Da gennaio a giugno di quest'anno, invece, le chiamate alla centrale operativa sono state già 25.831, mentre le missioni dei mezzi di soccorso sono state 19.648 e quelle con l'elicottero 412. «Abbiamo visto che già da aprile sono iniziate le missioni dell'elicottero del Suem in montagna, con un aumento importante rispetto allo stesso periodo del 2023 e una preponderanza di interventi per infortuni di media gravità (47,8%), mentre quelli di bassa intensità sono stati pari 36,4%», ha precisato il commissario dell'Ulss. Anche gli accessi al Pronto soccorso nel primo semestre di quest'anno sono cresciuti del 4% (51.135), e la maggior parte di questi alla fine sono codici bianchi (50,5%), seguiti dai codic i verde (27,6%), giallo (10,2%) e arancione (10,3%). Le emergenze vere sono state l'1,4%. pda
Alto Adige | 10 luglio 2024
p. 18
Aiut Alpin: «Sempre più interventi per impreparazione e leggerezza»
antonella mattioli
BOLZANO
«Devo essere sincero: le immagini di un papà con la bimba in braccio e di una mamma con un bambino per mano, senza protezione, su una ferrata, non mi hanno stupito più di tanto. Per il semplice motivo che ormai se ne vedono di tutti i colori. La verità è che il turismo internazionale ha aumentato l'impreparazione e la leggerezza con cui molti - arrivando da altri mondi - affrontano la montagna». Hubert Moroder, direttore tecnico dell'Aiut Alpin Dolomites, commenta così il video, girato da un escursionista, pubblicato dal giornale online "Il Dolomiti" e rilanciato su diversi siti, in cui si vede la coppia sulla ferrata Bepi Zac, in Trentino. Fortunatamente, non ci sono stati incidenti, ma fa discutere la leggerezza - per usare un eufemismo - con cui si è affrontato un tracciato impegnativo senza attrezzatura, esponendo se stessi e i bambini ad un alto rischio. 1100 interventi all'anno«Noi facciamo in media - dice Moroder - circa 1100 interventi all'anno, equamente distribuiti tra estate ed inverno. In piena stagione arriviamo a farne anche 8-10 al giorno: in aumento incidenti in moto e in bici. Per il nostro equipaggio, lo stress è notevole. Certo, con la centrale del soccorso c'è sempre una valutazione attenta sulla necessità di inviare o meno l'elicottero, ma alla fine al di là di ogni tipo di considerazione, prevale la scelta di intervenire subito, per salvare chi è in pericolo. Magari anche perché è salito in scarpe da ginnastica e maglietta a tremila metri quando le previsioni meteo annunciavano l'arrivo di una perturbazione. Oppure, è partito per un'escursione di scialpinismo alle 4 di pomeriggio, non sapendo che un'ora dopo sarebbe arrivato il buio. C'è anche chi pur essendo molto allenato in palestra, non considera gli imprevistipioggia, freddo, neve, ghiaccio - di quando si è all'aperto e non è più in grado di andare né avanti né indietro». Moroder cita per tutti due casi recenti: «Nel gruppo del Sorapiss abbiamo recuperato due filippini finiti in un profondo canalone, perché sono usciti dal sentiero pensando di arrivare più facilmente al parcheggio. È stato un soccorso complicato, effettuato con un verricello da 70 metri. Sotto la cima del Boè invece si erano accampate con una tendina due ragazze germaniche impegnate in un trekking da Monaco a Venezia. Sono state sorprese da un violento temporale. Abbiamo cercato di raggiungerle nel cuore della notte, ma abbiamo dovuto rinunciare: troppo pericoloso. Le abbiamo soccorse il giorno successivo». Il costo dei soccorsi«Sono decine e decine i casi - dice Giorgio Gajer, presidente del Soccorso alpino Cnsas - dove dobbiamo, per legge, intervenire in qualsiasi condizione di tempo e a qualsiasi ora. Sono sempre i soccorritori che, rischiando a volte la vita, cercano di riportare a casa possibilmente vivi, tutti. Anche chi sale in ciabatte a tremila metri o senza attrezzatura sulle ferrate. Tanti ci chiedono perché lo facciamo». Piccolo particolare c'è anche un problema di costi: un minuto di elicottero costa 140 euro; un intervento ne dura in media 35, totale 4.900 euro. Tutto a carico del servizio sanitario nazionale se si è cittadini italiani; delle assicurazioni in caso di stranieri. Quando si riaccende la polemica, si dice che bisogna far pagare il conto a chi si è messo nei guai da solo. Di fatto però, non succede mai.
L’Adige | 11 luglio 2024
p. 10, segue dalla prima
L’Adige | 11 luglio 2024
p. 10, segue dalla prima
| 11 luglio 2024
p. 11, segue dalla prima
L’Adige
Gazzettino | 11 luglio 2024
p. 2, edizione Belluno
Corriere delle Alpi | 17 luglio 2024
p. 20
Alto Adige | 25 luglio 2024
Corriere delle Alpi | 27 luglio 2024 p. 30
L’Adige | 28 luglio 2024 p. 29
Gazzettino | 30 luglio 2024
p. 3, segue dalla prima
NOTIZIE DAI RIFUGI
Corriere delle Alpi | 2 luglio 2024
p. 27
Martini, il lungo addio al Berti «Per un po' sarò in rifugio»
Gianluca De Rosa
COMELICO SUPERIORE
«Io al mare? Mai». Dopo 46 anni, per Bruno Martini non è ancora arrivato il momento delle vacanze. L'addio al rifugio Berti sarà graduale, tanto che in questi giorni l'ormai ex storico gestore, che dopo tantissimi anni ha lasciato spazio a Franco Zandegiacomo Mistrotione, capo della stazione Cnsas di Auronzo, è impegnato all'ombra del Popera nel complesso processo di sistemazione della turbina che rifornisce la centrale idroelettrica, "motore" imprescindibile della struttura ricettiva andato in frantumi la scorsa estate sotto i colpi di una violenta frana.
«I clienti mi troveranno ancora per un saluto, che ricambierò sempre molto volentieri, ma questo non succederà tutti i giorni. Il rifugio ha nuovi gestori, è giusto che scelte e responsabilità siano loro», racconta Bruno Martini che nelle scorse ore, insieme alla moglie Rita che l'ha accompagnato nella lunga avventura del rifugio Berti, ha trovato il modo anche per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. «I ringraziamenti da fare per questi 46 anni sono tanti, dal Cai Padova proprietario della struttura al Cai Val Comelico fino alla Fondazione Dolomiti Unesco con la quale è nata una profonda amicizia. Un pensiero però lo rivolgiamo, oggi, anche a coloro che ci hanno ostacolato, mostrandoci ostilità. Nomi? Più che nomi e cognomi parlerei di amministrazioni. Non ho mai capito perché la nostra presenza quassù dava così tanto fastidio, ma ormai è acqua passata. Anzi, per qualcosa che inevitabilmente non è andato per il verso giusto ci sono tante altre cose che resteranno per sempre nel cassetto dei ricordi e delle emozioni. Su tutte l'aiuto delle persone care, quelle che non ci hanno mai fatto sentire sole, anche nelle difficoltà».
«Anche di fronte alla rottura della turbina della centrale idroelettrica», sottolinea Martini, «che per un rifugio significa chiudere tutto senza poter più garantire una quotidianità rispettosa della montagna circostante. L'aiuto non è mai mancato. E non sta mancando neanche adesso, anche se non siamo più noi i gestori».
Per Bruno Martini nessun rammarico o pentimento della scelta fatta. «Era il momento giusto per lasciare il rifugio», ribadisce, «le condizioni non erano più quelle ottimali per garantire un determinato servizio. La scorsa estate è stata molto difficile per me, un infortunio mi ha messo a dura prova. Le conseguenze sono state complicate. Anche la gestione di un rifugio non è più la stessa cosa di quarant'anni fa. Anzi, per meglio dire. Le difficoltà c'erano ieri come ci sono oggi. La differenza sta nel come le affronti. Ed affrontarle quando hai trent'anni non è la stessa cosa di quando ne hai più di settanta».
Presto spiegata, insomma, la decisione di riconsegnare le chiavi del rifugio Berti ai proprietari del Cai di Padova che hanno individuato nel capo della stazione Cnsas di Auronzo Franco Zandegiacomo Mistrotione il nuovo gestore. «Consigli da dare a Franco? Nessuno», risponde Bruno Martini, «ognuno è giusto che dia la sua impronta alla gestione di un rifugio. Noi abbiamo fatto la nostra parte. Il Vallon Popera, str aordinario ma al tempo stesso molto fragile, richiede rispetto ma anche grande impegno».
Alto Adige | 6 luglio 2024 p. 18
Rifugi, stretta sulla cubatura L'Hgv insorge e accusa il Cai
sara martinello bolzano
Giornata di lavori serrati in consiglio provinciale, ieri, per completare la discussione sulla legge omnibus. E che discussione. Infervorata sulla macellazione per uso domestico. Sostenuta quando si è trattato di edilizia agevolata e di ampliamento dei rifugi. Tra le novità, i sistemi di videosorveglianza degli edifici provinciali e un registro provinciale sanitario per raccogliere in modo sistematico (senza nomi) tutti i dati delle demenze. Così l'assessore Hubert Messner: «Esistono 200 forme di demenza. La prognosi è il raddoppio dei casi nel 2030. Raccogliere i dati epidemiologici è importante per la pianificazione, anche per le case di riposo».Il vincolo sulla casaCon la discussione in aula si sarebbe potuto portare a 20 anni (minimo, secondo l'emendamento di Franz Ploner del TeamK) il vincolo sociale sull'edilizia agevolata, abbassato a 10 anni nel 2016. Favorevole all'emendamento di Ploner, Sandro Repetto (Pd) ha domandato se poi gli uffici li abbiano verificati, gli effetti sul mercato dell'abbassamento a 10 anni. Waltraud Deeg (Svp) ha riconosciuto che ridurre il vincolo «è stato un errore». La stessa assessora Ulli Mair (Freiheitlichen) si è dichiarata favorevole alla proposta di Ploner. «Devo votare contro perché servirebbe una serie di norme transitorie», ha spiegato, ricordando che il prossimo autunno presenterà una legge sull'abitare e che nei comuni con emergenza casa «bisogna pensare a una quota di affitto».«Non chiamateli rifugi»«Non chiamateli rifugi», ammoniva qualche giorno fa Carlo Zanella, presidente del Cai, riferendosi ai rifugi «di lusso». La norma approvata ieri vincola gli ampliamenti che eccedono il 30% della cubatura al parere positivo della giunta, che a sua volta deve avere il benestare della Consulta per le attività alpinistiche. Brigitte Foppa (Verdi) e Paul Köllensperger (TeamK) avevano proposto di abbassare l'asticella al 15%. «Zanella ha ragione. I rifugi non devono essere snaturati», così Köllensperger. E Repetto: «Me lo ricordo, il rifugio Adamello con i letti alti così, la cucina, il legno. La montagna è quello».Interviene anche l'Hgv con il suo gruppo «Rifugi alpini», contrario alla novità del parere obbligatorio della giunta. Gli albergatori avevano già criticato le parole di Zanella. Per il presidente Manfred Pinzger, «la legge comporta un ulteriore onere burocratico, incertezza nella pianificazione e svantaggi per i piccoli rifugi alpini». E dato che si parla della Consulta, l'Hgv rilancia: «Per il gruppo Rifugi alpini è incomprensibile che associazioni private proprietarie di rifugi (Cai e Alpenverein, ndr) possano influenzare attraverso un parere tecnico le attività dei concorrenti».La macellazione nei masiAlla fine, il disegno di legge è stato approvato con i 18 voti della maggioranza, sebbene ancora una volta si sia resa evidente una frattura nella Svp tra l'ala contadina e l'ex assessore Arnold Schuler. Fa scuola l'articolo che, come definito in commissione, portava da 1 a 2 l'anno le unità bovine adulte (Uba) che ogni azienda agricola può macellare per autoconsumo.Schuler ha difeso la quota 1 nella sua vecchia norma: «Mi ero impegnato per una soluzione congiunta». «Ma il Bauernbund non è stato coinvolto nel gruppo di lavoro», ha replicato Josef Noggler (Svp). L'assessore Marco Galateo (FdI) ha dichiarato che avrebbe votato quanto deciso dalla commissione. Quindi dai consiglieri agricoltori, giacché mezza Svp si era astenuta. A nulla sono valsi i dati Astat portati da Franz Ploner («Una famiglia media consuma 200 chili di carne in un anno, quindi un bovino è sufficiente. Se si chiede una quantità maggiore, è per destinarla ad altro che il consumo in famiglia»). Né hanno avuto effetto le argomentazioni di Madeleine Rohrer (Verdi) sui mancati introiti per i 42 macelli comunali.
Alto Adige | 7 luglio 2024
p. 20
Corriere delle Alpi | 7 luglio 2024
p. 32
Pian de Fontana rinnovato: partita la stagione al rifugio
LONGARONE
Aperta la nuova stagione al rifugio Pian de Fontana che ha rinnovato il suo look grazie ad una serie di interventi di manutenzione messi in campo dal volontariato del Cai in sinergia con gli enti pubblici, interventi che hanno ridato nuovo smalto allo storico rifugio al cospetto del monte Talvena.
La struttura, di proprietà del Comune di Longarone con gestione a cura della sezione Cai, lo scorso anno ha festeggiato il suo trentennale e quest'anno ha visto completare alcuni lavori per la nuova terrazza esterna ma anche altri interventi di ammodernamento. Come da tradizione il Cai ha recentemente organizzato un ritrovo in quota al rifugio Pian de Fontana, al quale hanno partecipato soci e simpatizzanti, con la speciale partecipazione del coro Voci delle Dolomiti diretto da Michele Feltrin.
È stata quindi occasione anche per inaugurare la nuova terrazza esterna ricostruita dopo 28 anni con il rinnovo anche dei tavoli, pronti ora ad ospitare i numerosi frequentatori del rifugio che provengono anche da stati esteri anche fuori dall'Europa che vengono per il percorso dell'Alta via e in visita alle Dolomiti patrimonio Unesco.
L'opera esterna della terrazza, realizzata da falegnami zoldani, ha avuto un costo di 12 mila euro: l'80% della cifra è stata finanziata con un contributo del Parco nazionale Dolomiti Bellunesi e il resto con un cofinanziamento del Comune di Longarone.
«In questi anni abbiamo effettuato diversi interventi per migliorare il rifugio», spiega Antonio De Bona, presidente della sezione di Longarone del Club alpino italiano. «Questo è possibile grazie alla convenzione che abbiamo con il Parco e la collaborazione del Comune. La vecchia terrazza è stata demolita e rifatta con inserimento di nuovi tavoli e aumento dei posti a sedere grazie al restauro
di vecchie panche. Completati poi i lavori al pavimento interno e gli interventi all'impianto elettrico e della sicurezza anche questi possibili grazie agli accordi che abbiamo in essere con il Parco».
«Non ci stancheremo poi di ringraziare», dice De Bona, «le ditte e tutti coloro che si impegnano per dare una mano in varie forme per la cura del nostro territorio: non si contano infatti le decine di ore di volontariato dei soci e simpatizzanti Cai di manutenzione dei sentieri».
Alla cerimonia il Comune era rappresentato dal consigliere comunale Alberto Bortoluzzi, il Cai Longarone dal presidente Antonio De Bona, con lui i gestori del rifugio Elena Zamberlan e Antonio Tedde, presente anche il Parco con il presidente Ennio Vigne. «Con questo investimento», ha detto Vigne, «si testimonia ancora una volta l'attenzione dell'ente parco verso i rifugi e verso le sezioni Cai che si occupano della tutela dei territori di competenza, confermando l'impegno per una continua collaborazione allo scopo di investire risorse in modo efficace e puntuale». edc
Corriere delle Alpi | 18 luglio 2024
p. 31
L’Adige | 30 luglio 2024
p. 12, segue dalla prima
Corriere delle Alpi | 30 luglio 2024
p. 18, segue dalla prima
Al via la ricognizione dei bivacchi «Controlleremo la loro stabilità»
Francesco Dal Mas / BELLUNO I cambiamenti climatici stanno creando problemi ai bivacchi alpini? Grazie al progetto "Resalp – Resilienza Strutture Alpine", per la prima volta saranno indagate le condizioni di stabilità geo-idrologiche idrologiche dei 18 rifugi e 40 bivacchi italiani del Cai posti al di sopra dei 2.800 metri di altitudine.
Il progetto, finanziato dal Club Alpino Italiano, prevede, nell'arco dei prossimi due anni, un'opera di screening unica nel suo genere a livello alpino: un'approfondita analisi di tutte le strutture di alta quota del Cai finalizzata a identificare eventuali problemi di stabilità degli edifici o delle opere che sono a essi connessi.
Il progetto Resalp
I rilevamenti presso i bivacchi e i rifugi alpini ad alta quota saranno effettuati da un team composto da professionisti del settore (esperti, geologi e guide alpine) per le attività che riguardano i bivacchi che si trovano sopra i 2.800 metri di altitudine. Una particolare attenzione verrà riservata a quei processi riconducibili agli effetti del cambiamento climatico sulla stabilità del permafrost: il progetto "Resalp" nasce, infatti, dalla volontà del Club alpino italiano di mappare il territorio nel quale sono ubicate strutture, la cui stabilità potrebbe essere a rischio a causa della riduzione del permafrost (il suolo perennemente ghiacciato) provocata dall'aumento delle temperature. Oltre alla valenza operativa, questo screening avrà anche un importante ritorno in termini metodologici e scientifici, in quanto permetterà la raccolta di dati mai acquisiti prima d'ora – fornendo così conoscenze utili alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico– e potrà essere utilizzato come modello di riferimento per attività analoghe in altri settori delle Alpi o in aree potenzialmente interessate da processi di degradazione del permafrost.
Bivacchi ai raggi X
La ricognizione verrà realizzata in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpi). In provincia, a una quota superiore a quella indicata si trovano la Capanna Punta Penia, ai 3.432 metri della Marmolada, la cui titolarità è di un privato. C'è il Rifugio Torrani del Cai di Conegliano, che si trova ai 3 mila metri del monte Civetta (il progetto di ristrutturazione e ampliamento del Torrani è allo studio ormai dal 2017, ma il Cai ha difficoltà a trovare il finanziamento necessario perché si tratta di un'opera molto complessa e costosa, realizzabile solo attraverso l'utilizzo di un elicottero.
A quota 2922 si trova la Baracca degli Alpini, sulle Tofane, in comune di Cortina. Ha 7 posti letto ed è incastrato nella roccia. È stato inaugurato il 5 settembre 1982, è stato realizzato per iniziativa di un gruppo di dipendenti della Società di gestione della Funivia Tofana. Un altro bivacco indagato sarà il "Cosi", sull'Antelao, a quota 3111, in località Laste, comune di Calalzo. Appartiene al Cai di Padova: inaugurato il 9 settembre1956, è un prefabbricato realizzato da Redento Barcellan, prototipo del modello cosidetto "Antelao". Possibili controlli anche sul bivacco Dal Bianco, anche se non si trova a 2800 metri, ma 70 più sotto; è piazzato nel gruppo della Marmolada, vicino al Passo Ombretta, in comune di Rocca Pietore. È stato inaugurato il 15 settembre1968, in sostituzione del cosiddetto "rifugio capitano Berti", ricovero in caverna ai piedi della parete della Marmolada, già posizione di guerra durante il primo conflitto mondiale. Non è neppure da escludere un sopralluogo allo Slaataper, che si trova a 2600 metri ma che il Cai Veneto ha in programma di ristrutturare. Siamo sul Sorapiss, in località Alto Fondo de Ruseco, comune di San Vito. Proprietaria la sezione Cai 30 Ottobre di Trieste, è stato inaugurato il 21 agosto1966. Tornando sul Civetta, troviamo il bivacco Tomè, a quota 2860 metri, in Val dei Cantoni (Alleghe). Titolare è il Cai Agordo, 6 posti letto: l'inaugurazione è del 1970.
Gazzettino | 30 luglio 2024
p. 3, segue dalla prima
NOTIZIE DAI CLUB ALPINI ITALIANI
Corriere delle Alpi | 2 luglio 2024
p. 26
Corriere delle Alpi | 19 luglio 2024
p. 19
Cai, appello alla Regione «Le bici sui sentieri? Regolamento e controlli»
Francesco Dal Mas / Belluno
Il Cai del Veneto, ha scritto, ancora tempo fa alla Regione perché convochi un tavolo per regolamentare il flusso di cicloturisti sui sentieri alpini. Che, secondo regolamenti già esistenti – ricorda Renato Frigo, presidente regionale del Cai – sono vietati alle mountain bike e alle e-bike. Regolamenti, peraltro, che pochi, a suo avviso, rispettano. Anche perché non c'è vigilanza. E quindi non esistono sanzioni di sorta. La presidenza del Parco delle Dolomiti Bellunesi ha fatto bene, a parere di Frigo, a vietare alle due ruote determinati percorsi da riservare esclusivamente all'escursionismo. E appunto per questo auspica che intervenga una nuova disciplina regionale per regolamentare i percorsi in quota, con annessi i controlli per punire chi sgarra. «Al tavolo la Regione inviti il Cai, le altre associazioni di frequentazione della montagna, gli operatori dell'accoglienza, soprattutto le varie organizzazioni che promuovono il cicloturismo. E poi anche gli amministratori pubblici, dai sindaci ai presidenti delle Unioni Montane», sottolinea il presidente del Cai. In Veneto i sentieri di montagna, quelli alpini, sono lunghi 4 mila chilometri, 2.400 circa si trovano nella sola provincia di Belluno. Si tratta di itinerari manutentati soprattutto dai volontari del Cai, tanti dei circa 60 mila iscritti al Club. «Ebbene», si chiede Frigo, «già facciamo fatica a provvedere, ogni fine inverno, al ripristino di questi percorsi, spesso danneggiati dalla neve, dal maltempo; perché dovremmo ripassarli ogni mese, almeno quelli più frequentati dalle bici, in quanto dalle stesse vengono sconnessi? Senza, magari, ricevere nemmeno un grazie», si rammarica il numero uno del Cai Veneto.
Pierluigi Trevisan è il presidente provinciale della Fiab di Belluno. Si tratta della più autorevole delle associazioni che promuovono il cicloturismo. «Noi siamo perfettamente d'accordo con il presidente del parco delle Dolomiti. E lo siamo pertanto anche col presidente del Cai. Abbiamo talmente rispetto dei sentieri alpini che non promuoviamo nessuna gita in quota, ma soltanto lungo le ciclovie e semmai qualche pista forestale che sia praticabile, anche perché più sicura».
Trevisan, dunque, è pienamente d'accordo sull'opportunità, anzi sull'urgenza di vietare la bici lungo la rete sentieristica riservata a chi cammina. «Io vado spesso a camminare in montagna e mi dà terribilmente fastidio se devo fermarmi per lasciare il transito a chi sale o scende sulla due ruote. E magari in velocità tale che si fa male lui stesso, oltre all'escursionista che incrocia, come si è visto». Altra cosa sono le piste, i percorsi per il downhill, attrezzati appositamente – esemplifica il presidente Fiab – per l'uso da parte degli appassionati che vogliono provare determinate emozioni. La Fiab con Trevisan ribadisce un principio che sta a fondamento dell'approccio corretto con la montagna: il pedone, quindi il camminatore, deve essere tutelato, protetto al massimo, quindi gli dobbiamo portare rispetto anche lungo le stesse ciclovie. «Quando in pista incontriamo chi cammin a, dobbiamo essere noi ciclisti a frenare, a fermarci, non chi ci sta davanti e cammina tranquillamente», sottolinea Trevisan.
Anche il Cai ritiene doverosa la massima collaborazione con associazioni qual è la Fiab. Quindi nessuna norma – auspica Frigo – che non sia concordata. «Piuttosto dobbiamo promuovere un'educazione ecologica (e non solo) da parte anzitutto delle società che affittano le bici, soprattutto le e-bike, perché educhino a loro volta i clienti che il più delle volte si fiondano sui sentieri di montagna che magari non conoscono e succede l'incidente per cui devono mobilitarsi i soccorritori, l'elicottero compreso».