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NOTIZIE DAI RIFUGI

oscillano tra i 1.000 ed i 1.500 euro. Abbinati ai trasferimenti in elicottero, pranzi e cene in rifugi di prima fascia oltre a tour esperienziali ad alta quota che d'inverno si concentrano in discese sci ai piedi anche in versione "extreme" . Un volo turistico sulle principali attrazioni dolomitiche parte da una cifra intorno ai 150 euro a persona per un minimo di un quarto d'ora. Nello speciale listino prezzi figura anche la possibilità di noleggio di un elicottero intero, ad una cifra che parte dai 650/700 euro.«Non c'è allo stato attuale delle cose una meta maggiormente preferita rispetto all'altra», prosegue Casanova, «chi paga intende godersi a pieno le bellezze dolomitiche. Tre Cime, Tofane o Marmolada o altro: non fa differenza; in barba al rispetto delle Dolomiti Unesco».A proposito di Tre Cime, il no ai voli turistici per una volta mette d'accordo bellunesi ed altoatesini. È di pochi giorni fa la lamentela, formale, firmata dai protezionisti del Dachverband che hanno chiesto regole certe con tanto di sanzioni e limitazioni per i voli turistici.«Disturbano uomini ed animali», ha detto il presidente Klauspeter Dissinger, «l'utilità dei siti di atterraggio sopra i 1.500 metri d'altezza deve essere chiarita e possibilmente limitata ai servizi di salvataggio ed approvvigionamento». --Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 1 maggio 2022

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Rubato un fossile davanti al rifugio

ERTO E CASSO Stupore e indignazione nei confronti dell'ignoto escursionista che a colpi di martello ha staccato una splendida ammonite da una parete rocciosa di Erto. La famiglia Corona, che gestisce il rifugio di cava Buscada, si è accorta del furto del fossile. Si tratta di un esemplare di conchiglia preistorica a faccia vista, incastonata nella pietra lungo il sentiero che porta al ricovero alpino. «Complimenti all'incivile che ha voluto rubare un patrimonio che appartiene a tutti e che avevamo ripulito e messo in evidenza a beneficio delle future generazioni», hanno scritto sui social i titolari dell'alpeggio. Sino agli anni Settanta la cava di Buscada è stata un sito di coltivazione di una pregiatissima e rara venatura di marmo rosso. Da qualche anno i Corona l'hanno recuperata, salvando anche le attrezzature che testimoniano come si operasse nel Novecento in una miniera a cielo aperto. --f.f.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 20 maggio 2022

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Rifugi, la commissione paritetica verrà istituzionalizzata

Bolzano L'assessore provinciale al patrimonio, Massimo Bessone, nella cui competenza rientra anche la gestione di ventisei rifugi alpini di proprietà provinciale, ha presentato alla giunta provinciale una proposta di legge, atta ad istituzionalizzare la commissione paritetica sui rifugi, nella quale collaborano le organizzazioni alpinistiche locali Club Alpino Italiano Cai Alto Adige e Alpenverein Südtirol Avs.Nell'ambito della gestione ordinaria e straordinaria dei rifugi provinciali e per gli interventi di ristrutturazione e ampliamento degli stessi la Ripartizione patrimonio e la Ripartizione edilizia della Provincia si confrontano con regolarità assieme al Cai Alto Adige ed all'Avs."Ci avvaliamo già da anni dell'esperienza e della competenza delle due associazioni alpinistiche più rappresentative del nostro territorio per tutti gli interventi che andiamo ad eseguire sui nostri rifugi. Il supporto da parte delle associazioni altoatesine è fondamentale per poter operare. Con la proposta presentata andiamo ad istituzionalizzare la commissione paritetica, valorizzando l'ottima collaborazione con il Cai e l'Alpenverein", dichiara l'assessore Massimo Bessone.La commissione ha il compito di fornire consulenza alla Provincia e coadiuvare gli uffici provinciali competenti, dando valutazioni sui lavori di manutenzione e/o ricostruzione dei rifugi, sulle priorità degli stessi e sulle scelte tecniche da adottare.Della commissione paritetica fanno attualmente parte il direttore della Ripartizione patrimonio, Daniel Bedin, il direttore dell'Ufficio geologia e prove materiali, Volkmar Mair, il vicepresidente del Cai, Claudio Sartori, e il presidente dell'Alpenverein, Georg Simeoni. La commissione, ricorda ancora l'assessore Bessone, resta in carica per quattro anni e i componenti non percepiscono indennità.

Corriere delle Alpi | 22 maggio 2022

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Ezio, anima del "Bianchet" da undici anni «La passione alla base del nostro successo»

Il personaggio Fabrizio Ruffini Undici anni di lavoro per far rinascere un importante presidio sulla Schiara. Il rifugio Bianchet è posto in alta Val Vescovà, nella radura del Pian de i Gat, alle pendici del massiccio del Coro, cinto da una magnifica foresta di abeti. È una tappa lungo l'Alta Via delle Dolomiti n. 1 e buona base di partenza per escursioni e ascensioni alpinistiche di ogni grado di difficoltà. La stagione partirà ufficialmente il 26 maggio e il rifugio rimarrà aperto ininterrottamente fino all'ultimo weekend di settembre, ma c'è di più: «Tempo permettendo, saremo anche aperti tutti i weekend di maggio e ottobre», fa sapere l'ormai storico gestore Ezio Fedeli. Fedeli, originario di Torrebelvicino, vicino a Schio, è infatti a capo del rifugio assieme alla compagna originaria di Claut da ben 11 anni: «Penso di essere vicino al record di resistenza tra i gestori di questo rifugio», ironizza, «in 11 anni ne ho viste di cotte e di crude. Quando siamo arrivati la prima volta abbiamo trovato un disastro, il rifugio era quasi inutilizzabile e c'è stato bisogno di tanto lavoro per rimetterlo in sesto». Secondo quanto riportato dagli abitanti dei paesi vicini, infatti, le due precedenti gestioni non si erano occupate molto della cura dell'immobile e dell'accoglienza; così, poco a poco, la gente aveva smesso di frequentare il Bianchet: «Quando lo abbiamo preso in mano ci siamo occupati di disinfettare, pulire e abbellire gli ambienti interni ed esterni con fiori e anche di curare il prato e il bosco vicini», continua Fedeli, «non sarebbe compito mio lo sfalcio del prato, però trovo che sia bello dare la possibilità ai passanti di potersi sdraiare al sole e godere della bellezza del posto». La mossa di Fedeli è risultata vincente fin da subito, dato che anche i clienti dei paesi limitrofi hanno ripreso a frequentare il rifugio: «Hanno riconosciuto l'impegno e apprezzato le novità portate dalla nostra gestione, tanto che in questi anni il numero di passaggi è cresciuto», sottolinea il gestore, «ora offriamo un servizio di cucina a mezzogiorno e anche alla sera per i turisti che decidono di fermarsi a dormire. Offriamo piatti semplici, quello che riusciamo a fare, ma cerchiamo di essere genuini e di venire sempre incontro alle esigenze della gente».A differenza degli altri rifugi in zona, il Bianchet vanta una comoda strada sterrata che i gestori possono utilizzare per trasportare i materiali e rifornire il rifugio con jeep e quad. «Ogni tanto qualcuno mi chiede se può arrivare in corriera o se posso chiamare un taxi», dice sorridendo il simpatico gestore, «ovviamente è una strada che possiamo utilizzare solo noi, ma è comoda anche per le manutenzioni. Per esempio è stata molto utile dopo Vaia, quando c'è stato bisogno di portare a termine importanti lavori di sgombero prima di poter riaprire le porte del rifugio ai turisti». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 22 maggio 2022

p. 31

I clienti? Soprattutto stranieri «Ma per dormire vanno in città»

Curiosità La struttura è dedicata a Furio Bianchet (1911-1969), carismatico presidente del Cai di Belluno nei periodi 1952-1958 e 1963-1968 che, oltre ad essere stato un ottimo alpinista, si spese molto nella valorizzazione delle Dolomiti bellunesi e dell'area Nevegal-Col Visentín. A Bianchet, inoltre, si deve l'ideazione, nel 1938, della Trans-Civetta.La particolarità del rifugio è che la quasi totalità dei suoi clienti sono stranieri: «Di italiani ne vediamo pochissimi», conferma Fedeli, «il grosso infatti sono turisti austriaci o tedeschi che partono dal lago di Braies, mentre gli italiani normalmente fanno un'uscita in giornata e su un tratto limitato del percorso».Questo implica la necessità di padroneggiare le lingue: «Fortunatamente la mia compagna parla un po' di inglese e perfettamente in tedesco», racconta Fedeli, «io invece mi sono auto relegato in cucina e sono felice di occuparmi del cibo prima che del rapporto con i clienti». Il rifugio è una delle mete classiche lungo l'Alta Via numero 1 e del gruppo della Schiara, anche se non gode dei flussi di altri rifugi vicini, questo perché non si è mai riusciti a pubblicizzare l'Alta Via in senso inverso, ovvero da Belluno vero il lago di Braies. «Quando i turisti non intendono fare le ferrate, normalmente passano dal nostro rifugio», spiega Fedeli, «però non è così frequente che si fermino per la notte, perché ci troviamo nell'ultimo tratto dell'Alta Via per chi va verso Belluno, normalmente chi ci arriva è stanco morto, non ha più soldi e spesso ha sottovalutato i 180 km totali del percorso e fatto male i conti sui tempi. Quindi quasi tutti preferiscono fare un ultimo sforzo e arrivare a Belluno, dove trovano un bed and breakfast e il treno per il ritorno. Purtroppo non siamo mai stati capaci di far capire alla gente che è possibile anche partire da Belluno; abbiamo provato a coinvolgere le agenzie turistiche, ma per il momento non c'è nessuno che procede nel senso opposto a quello classico. È anche vero che a Braies non c'è quasi nessun servizio e anche i trasporti diventano difficili per rientrare». Va detto che anche chi dovesse scegliere di puntare direttamente al Bianchet come meta

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