Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Maggio 2024

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R A S S E G N A S T A M P A

MAGGIO 2024

Fondazione Dolomiti Dolomites Dolomiten Dolomitis

OVERTOURISM E GESTIONE DEI FLUSSI

Corriere delle Alpi | 1 maggio 2024

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Lorenzi boccia l'idea di Messner: no al ticket a Cortina

Paola Dall'Anese / cortina

Il sindaco Gianluca Lorenzi rinvia al mittente l'idea di chiudere strade e sentieri superaffollati e di introdurre un ticket, sulla scorta di quanto sta accadendo a Venezia, per i turisti che vogliono entrare a Cortina in determinate giornate.

La provocazione è arrivata dal grande alpinista Reinhold Messner in un'intervista al nostro giornale. «Avrei delle perplessità», esordisce Lorenzi, sollecitato a rispondere su questo tema, «perchè non è sicuramente facile attuare delle iniziative del genere sulle nostre montagne».

Per il sindaco, «prima di tutto è fondamentale capire come si fa a controllare la zona che si intende chiudere all'accesso o entro cui si intende limitare la fruibilità da parte dei turisti».

Per Lorenzi «la fragilità della montagna va gestita in maniera diversa rispetto alle proposte arrivate da Messner. Ritengo che non si possa precludere l'accesso a chi viene qui, perché non si può chiudere e basta».

Se si vuole fare qualcosa per salvaguardare la fragilità delle montagne, per il sindaco «è necessario studiare un progetto ampio che comprenda anche le modalità di gestione di queste chiusure e dell'eventuale ticket da pagare. Sono convinto che, se si vogliono fare delle iniziative di questo tipo, serve un piano condiviso con tutti gli attori coinvolti in questo aspetto. Solo dopo aver steso il progetto e capito cosa si vuole e come si vuole realizzarlo, allora si può entrare nel merito».

Il sindaco di Cortina, quindi, dice un "no" convinto a questa idea. «Servono dati certi alla mano per poter agire. Fino a quando non li ho in mano, non posso essere d'accordo con la proposta che arriva da Messner. Ripeto, prima di fare qualcosa, è necessario analizzare sotto ogni singolo aspetto pro e contro per riuscire a capire bene la situazione. Finchè non ho in mano questi elementi sono pienamente contrario a questa idea».

Corriere delle Alpi | 1 maggio 2024 p. 18

Si muovono le Regole: «Parcheggi e divieti contro l'overtourism»

L'intervista

Marina Menardi

Messner punta il dito contro il sovraffollamento turistico nelle Dolomiti. Ma a Cortina c'è già chi sta provando a regolamentare come può i flussi legati al turismo: le Regole d'Ampezzo.

Il re degli Ottomila, in una intervista rilasciata al Corriere delle Alpi – oltre a criticare la gestione delle Olimpiadi, poiché non tiene conto delle Dolomiti Patrimonio Unesco («Non mi sembra che se ne tenga conto in modo dovuto nel dibattito olimpico. Si parla solo di sport. E di infrastrutture», ha sottolineato) – ha lanciato l'allarme per le conseguenze derivanti dall'overtourism invasivo. Per Messner sarebbe opportuno che anche le stazioni di montagna, Cortina compresa, cominciassero a pensare alla possibilità di emettere un ticket d'ingresso nelle località o lungo i sentieri più noti e frequentati. Come appena sperimentato a Venezia.

Le Regole d'Ampezzo, ente di diritto privato fondato sulla proprietà collettiva unica e indivisibile e proprietaria della maggiori parte dei boschi e pascoli del territorio ampezzano, ci stanno già provando. Ce lo spiega Stefano Gaspari "Mul", il presidente in carica da un anno e appena rieletto per il prossimo triennio.

Presidente Gaspari, cosa stanno facendo le Regole d'Ampezzo per gestire i flussi di accesso alle nostre montagne?

«Lo scorso anno abbiamo fatto un primo esperimento, mettendo il parcheggio a pagamento in località Sant'Hubertus, il punto di partenza per chi desidera andare a Malga Ra Stua e alle cascate di Fanes. Dopo aver ricavato 115 posti auto, abbiamo messo una persona a servizio delle Regole a chiedere una tariffa giornaliera a coloro che desideravano parcheggiare in questo spazio, che si trova sul tornante della Statale 51 di Alemagna, tra Fiames e Ospitale, sempre molto frequentato in stagione. La cosa funziona, c'è più ordine e meno gente che parcheggia selvaggiamente. Non mancano, comunque, gli automobilisti che lasciano la propria vettura ai bordi della Statale, ma quella non è area di nostra competenza. Aggiungo che per salire a malga Ra Stua ci sono ormai da molti anni le navette che partono da Fiames, in prossimità della casa delle Regole». Come Regole, avete in programma altre iniziative per la prossima stagione estiva? «Sì, ci sarà la chiusura h 24, dal 1° luglio a metà settembre (finora questa strada era chiusa per fascia oraria e solo per il mese di agosto), della strada che da Cianzopè porta al rifugio 5 Torri. Potranno passare solo gli ospiti dei rifugi dell'area delle 5 Torri e i mezzi delle forze dell'ordine e di soccorso. A Cianzopè non si potrà più transitare per raggiungere le 5 Torri, ma nemmeno parcheggiare. Le auto potranno essere lasciate poco più su, nel parcheggio di Ru Bianco».

Chi vorrà raggiungere le 5 Torri dovrà salire a piedi?

«No, non lasciamo la gente a piedi. Anche lì, come per recarsi a malga Ra Stua, ci saranno alcune navette che faranno il servizio di trasporto per le persone, senza dimenticare che da Bain de Dones c'è la seggiovia. Chiudiamo le strade solo dove ci sono delle alternative, dalle navette a un impianto a fune».

Ma perché intervenite proprio sulle 5 Torri?

«Nel caso delle 5 Torri, lo facciamo soprattutto perché gli scorsi anni c'erano molti camper o furgoni che salivano quando la strada era transitabile e poi campeggiavano liberamente nella zona, lasciando spesso i rifiuti a terra. In ogni caso, nel Parco non si può campeggiare, per evitare ciò i nostri guardia parco girano continuamente a controllare. Nelle aree al di fuori del Parco, dovrebbero essere i vigili urbani a girare per controllare».

Il sito per eccellenza simbolo dell'overtourism in montagna a Cortina è il sentiero che porta al rifugio Vandelli e al lago di Sorapis. Si riesce a far qualcosa per dare un po' più di ordine a questo bellissimo sito?

«Dovremmo riuscire innanzitutto a far sì che le auto non parcheggino ai lati della strada statale. Abbiamo chiesto ad Anas di spostare la recinzione a filo dell'asfalto per evitare il parcheggio selvaggio. In questo modo la gente potrebbe parcheggiare nel grande spazio a Rio Gere, oppure sotto Son Zuogo, dove c'è un'area che è in parte delle Regole e in parte del Comune. Circa due mesi fa abbiamo suggerito al Comune di attrezzare quell'area, visto che da lì in pochi minuti si sale al Tre Croci a piedi per poi andare al Vandelli. Noi diamo i suggerimenti, ma quando ci sono altri enti di mezzo, è difficile arrivare a un risultato. Sul territorio di nostra competenza riusciamo a fare, negli altri casi, invece, anche le piccole cose diventano complicate». Tornando alle dichiarazioni di Messner, è possibile introdurre un ticket in montagna? «È difficile far pagare un ticket in montagna. A Venezia è più facile, vi sono pochi accessi e la cosa è più facile da gestire. Per quanto riguarda il terreno regoliero, abbiamo una trentina di accessi all'area del Parco da noi gestito e altri siti: come si fa a far pagare?».

Corriere delle Alpi | 1 maggio 2024

p. 19

Dolomiti insolite e per quattro stagioni Dmo spinge i turisti sull'intero territorio

L'intervista

Francesco Dal Mas

Chiudere strade e sentieri superaffollati, magari imponendo dei pedaggi, come suggerisce il grande alpinista Reinhold Messner sull'esempio di Venezia? No, meglio diversificare per ampliare l'offerta: da Cortina a tutte le Dolomiti Bellunesi. In termini di territorio, quindi, ma anche di tempi, quindi passando da due a quattro stagioni. È la rassicurazione che Emanuela De Zanna, presidente della Dmo, partecipa a Messner, peraltro dicendo di condividere la sua preoccupazione per i segnali di un pericoloso overtourism.

Presidente, meglio non copiare Venezia?

«Non ritengo che ricorrendo a pedaggi, a ticket, a misure di questo tipo si riesca a risolvere un problema che è più generale, più complesso delle code in strada, verso Cortina o in direzione dei passi, oppure lungo itinerari che portano a siti iconici. Messner ha ragione a porre il tema dell'eccesso di arrivi e presenze in determinati territori, contrariamente ad altri. Ma la soluzione non può essere meramente sanzionatoria. L'esigenza, anzi l'urgenza che abbiamo è di far conoscere le Dolomiti Bellunesi al mondo».

Perché, sono sconosciute? Cortina sta registrando un flusso di visitatori da tutto il mondo. Così pure i siti cosiddetti iconici. «Appunto, Cortina, Tre Cime, Lago Sorapis, il giro dei passi. Ma le Dolomiti bellunesi sono molto altro, che si fa fatica a conoscere. Mentre da ogni parte del mondo si ha puntuale conoscenza delle Dolomiti Trentine o dell'Alto Adige. E questo perché i vicini hanno saputo comunicare meglio i loro territori, anche se magari non sono più eccellenti dei nostri. Quindi dobbiamo allargare la visione del nostro territorio».

Come dire che non c'è solo Cortina. Ma, guarda caso, l'evento olimpico sta promuovendo di fatto soltanto la conca ampezzana. «Ecco, infatti, che stiamo correggendo il tiro, con le campagne promozionali che abbiamo promosso. Cito per tutte "Fuori dai luoghi comuni", che sta diffondendo in tutti i continenti immagini di contesti dolomitici, sempre bellunesi, di straordinaria attrattività. Presto vedremo anche i risultati».

Un'attrattività, però, sempre limitata alle due stagioni, invernale ed estiva.

«Invece no, comprendiamo tutte e quattro le stagioni. Perché le Dolomiti bellunesi significano non solo paesaggio, ma anche cultura, storia, enogastronomia. Tutti elementi incorniciati da ambienti di rara bellezza. Lo testimoniano le Alte Vie, ad esempio, che non si limitano alle due più "trafficate", ma sono 8 e ognuna presenta elementi per i più diversi interessi».

Dolomiti, quindi, da visitare tutto l'anno.

«Certo che si, tenendo conto delle valli, evidentemente, oltre che delle altre quote. Ecco, dunque, che il turismo ci offrirà una vera sostenibilità sociale ed economica, oltre che ambientale. È evidente che l'overtourism, oggi tale perché concentrato in periodi contenuti dell'anno, si dilata su 12 mesi e in un territorio più ampio. Quindi non occorreranno ticket».

Magari servirà un'organizzazione diversa, più appropriata dei trasporti e di altri servizi. Si pensi ai collegamenti del Tpl che coprono l'intero territorio solo in pochi mesi dell'anno.

«È evidente che si dovrà provvedere. Ma siamo certi che la Provincia, della quale è a servizio la Dmo, non mancherà di fare il suo dovere al riguardo. L'azione promozionale che noi stiamo promuovendo l'ha voluta, infatti, proprio Palazzo Piloni. E siccome prima

abbiamo parlato di Olimpiadi, ecco, il nostro contributo di comunicazione riguarda sia questa fase pre-olimpica, ma soprattutto quella post Giochi, quando i flussi turistici, si spera, saranno ancora più consistenti». Si pone anche l'esigenza di una nuova cultura. «Esattamente, la cultura dell'operare in rete. Ciò che ancora oggi manca. Non dappertutto, per la verità. Ma in alcuni contesti si lavora ancora pensando esclusivamente al proprio ambito. "Fuori dai luoghi comuni", la nuova campagna social, va oltre i confini. Per sua natura».

Messner pone anche un problema di influencer che propongono un turismo massivo, concentrato sull'iconicità dei siti più noti. «Anche noi abbiamo i nostri creators. Ma fanno una promozione virtuosa, verso i luoghi meno conosciuti ma suggestivi. E attrattativi».

Alto Adige | 11 maggio 2024

p. 29

Braies, Fiscalina e Tre Cime: tornano i limiti estivi alle auto

ezio danieli dolomiti Muoversi all'interno delle Dolomiti patrimonio Unesco in modo ecologico e rilassato. Tracciando questo obiettivo, i responsabili di Provincia e Comuni e le associazioni turistiche hanno rilanciato in vista dell'estate alcune restrizioni per i siti a maggior affluenza turistica, restrizioni nel segno della mobilità sostenibile.E i siti al centro dell'attenzione sono i siti pusteresi già protagonisti di interventi le scorse estati: la Valle di Braies, la Val Fiscalina e l'area delle Tre Cime.Accessi estivi alla Valle di Braies. Cominciamo da Braies: dal 10 luglio al 10 settembre la valle sarà di nuovo accessibile dalle 9.30 alle 16 solo con i mezzi pubblici, a piedi, in bicicletta o con la presentazione di un permesso di transito. Ci saranno navette per il lago, i mezzi delle linee 439 e 442, da prenotare e pagare online. Alcuni posti sono riservati ai titolari di Alto Adige Pass, che possono salire sulle navette anche senza prenotazione online. Fanno eccezione i permessi per gli ospiti di ristoranti, negozi e altri fornitori di servizi nella Valle di Braies e per gli ospiti in vacanza nella valle per tutta la durata del loro soggiorno. In questo contesto, anche quest'anno sarà attivo il sistema di barriere per il controllo dei veicoli autorizzati, che funziona tramite un lettore di targhe e richiede quindi la registrazione preventiva della targa. Prima delle 9.30 e dopo le 16, la Valle di Braies può essere visitata senza restrizioni. I parcheggi di Ponticello e Prato Piazza potranno essere prenotati online e, infine, si può utilizzare l'autobus della linea 443 da Monguelfo e Dobbiaco/ Villabassa. In Val Fiscalina. Nella zona di Sesto, la Val Fiscalina sarà raggiungibile dal 9 giugno al 13 ottobre con il Val Fiscalina Shuttle 440 (da Sesto), a piedi o in bicicletta. Per chi viaggia in auto, le chiusure sono previste dalle ore 9 alle ore 16. Per chi arriva da fuori Sesto, è consigliabile prendere l'autobus della linea 446 da Dobbiaco - San Candido, con la possibilità di cambiare e prendere il bus navetta alla stazione a valle della funivia del Monte Elmo a Sesto. Verso le Tre Cime. Per la zona delle Tre Cime di Lavaredo, dal 1° giugno al 13 ottobre, in alternativa alla strada a pedaggio, sarà disponibile un bus navetta da Dobbiaco al rifugio Auronzo. Anche in questo caso sono necessari prenotazione e pagamento online . I biglietti rimanenti, se disponibili, possono essere acquistati alla stazione degli autobus e dei treni di Dobbiaco. Obiettivo: mobilità sostenibile. Non utilizzare la propria auto e pianificare con largo anticipo la visita sono i due obiettivi perseguiti dai nuovi interventi estivi di limitazione degli accessi in auto ad alcuni dei siti più popolari nelle Dolomiti. L'assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreider, presentando i nuovi piani estivi, ha evidenziato come "le varie misure hanno una caratteristica comune: sono tutte finalizzate a migliorare la qualità della vita della popolazione nelle rispettive aree, migliorando al contempo l'esperienza di vacanza degli ospiti e contribuendo alla tutela della natura e dell'ambiente. Per questo motivo, l'uso del trasporto pubblico viene generalmente preferito e promosso".

Corriere delle Alpi | 12 maggio 2024 p. 28

Tre Cime, si sale dal 25 maggio E usare i bus converrà di più App dedicata ai camperisti per pagare

Il Dolomiti | 19 maggio 2024

https://www.ildolomiti.it/altra-montagna/attualit%C3%A0/2024/overtourism-tra-potenzialit%C3%A0-e-numerosi-rischi-una-dinamicache-si-ripercuote-anche-sulle-montagne-influenzando-ambiente-e-societ%C3%A0

OVERTOURISM,

TRA POTENZIALITÀ

E (NUMEROSI) RISCHI: UNA DINAMICA CHE SI RIPERCUOTE ANCHE SULLE MONTAGNE INFLUENZANDO

AMBIENTE E SOCIETÀ

Sentieri che diventano imbuti e un'estrema fatica a transitare. L'overtourism è una minaccia per l'ambiente e può essere un rischio per la stessa incolumità degli escursionisti. Inizia a emergere più di un interrogativo sul turismo di massa. L'introduzione del ticket a Venezia, gli studi sulla capacità di carico dei territori in Trentino, le limitazioni al lago di Braies in Alto Adige. Ma non è solo l'Italia a valutare un intervento per gestire i flussi. Sentieri che diventano imbuti e un'estrema fatica a transitare. L'overtourism è una minaccia per l'ambiente e può essere un rischio per la stessa incolumità degli escursionisti. Inizia a emergere più di un interrogativo sul turismo di massa. L'introduzione del ticket a Venezia, gli studi sulla capacità di carico dei territori in Trentino, le limitazioni al lago di Braies in Alto Adige. Ma non è solo l'Italia a valutare un intervento per gestire i flussi. Diversificare e internazionalizzare sono le chiavi del successo di una destinazione, ma c'è anche un prezzo da pagare: serpentoni di persone, escursionisti impreparati e la conseguente crescita delle chiamate ai soccorritori. La crescita dell'economia e l'accessibilità dei trasporti ha aumentato la raggiungibilità dei luoghi. Il turismo, di massa, contribuisce a stimolare un territorio, anche sul fronte dei servizi e delle infrastrutture ma, soprattutto nell'era dei social e degli spostamenti motivati da un selfie per un pugno di like, il rischio è quello della sovraesposizione e dell'eccessivo carico per una destinazione: la qualità della vita di un residente si abbassa, l'esperienza di un ospite peggiora e c'è un eccessivo sfruttamento delle risorse ambientali e culturali.

Una gestione delle attività che cambia anche per quegli aspetti che restano dietro le quinte: risorse idriche con una domanda in fortissima crescita e rifiuti da smaltire. Una modifica che riguarda anche il tessuto economico con la possibilità di abbandonare dei settori per virare verso quelli a uso e consumo dei turisti.

Il turismo come salvezza, ma l'overtourism come fenomeno da arginare, ci sono soprattutto da gestire i flussi. In Cina c'è il recente esempio del monte Yandang (1.150 metri) con decine di turisti sono rimasti bloccati per più di un’ora su una parete a strapiombo, aggrappati a una corda lungo un percorso attrezzato, a causa della fila.

In Giappone la riapertura delle frontiere mondiali dopo le restrizioni di Covid, abbinata al basso valore dello yen, ha portato a un movimento senza precedenti con problemi: la gestione dei freerider a Hokkaido e delle Alpi Giapponesi con criticità sul fronte sicurezza. Eclatante il caso del monte Fuji, Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco dal 2013, relativamente accessibile. L'iscrizione del vulcano nella lista è stata accompagnata dalla raccomandazione di tenere sotto controllo i potenziali flussi ma i visitatori nell'ultimo decennio è raddoppiato con un picco, nel 2019, di 5,1 milioni di turisti. Un afflusso enorme che è diventato un problema anche a Fujikawaguchiko, da cui si può vedere il monte. L'amministrazione ha deciso di costruire una barriera per coprire, almeno in parte, la vista per l'eccessivo passaggio di persone solo per una foto.

Da anni i residenti di Fujikawaguchiko si lamentano per la maleducazione dei turisti tra violazione delle norme del traffico e conseguenti incidenti e immondizie lasciate ovunque, in particolare lungo i sentieri. Negli ultimi tempi molte città giapponesi hanno adottato misure per gestire il turismo di massa, come Kyoto con il divieto di entrare nei vicoli privati del quartiere di Gion.

L'aumento dei turisti ha aperto un dibattito in Islanda sui rischi e i benefici del turismo per la cultura e le tradizioni locali. Casi simili a Venezia, così come sulle Dolomiti o sull'Everest. C'è un cambiamento di percezione verso il turismo. A Barcellona già negli anni '70 si è iniziato a parlare del fenomeno di overtourism e c'è un recente studio di quattro anni fa. In Italia non mancano tentativi e studi, da Braies a Molveno, da Perugia a Venezia. Una dinamica non semplice da gestire e da valutare a fronte dei numeri globali: circa 1,4 miliardi di arrivi internazionali nel 2018, in crescita rispetto ai 25 milioni del 1950 e ai 903 milioni del 2007. La previsione dell'Organizzazione mondiale del turismo? Arrivi internazionali a 1,8 miliardi nel 2030.

Il Dolomiti | 19 maggio 2024

https://www.ildolomiti.it/altra-montagna/ambiente/2024/c%C3%A8-un-sovraffollamento-impattante-ma-anche-zone-in-abbandonoper-poco-turismo-la-fondazione-unesco-e-lovertourism-sulle-dolomiti-svilisce-il-viaggio-solo-per-un-selfie

"C'È UN SOVRAFFOLLAMENTO IMPATTANTE MA ANCHE ZONE IN ABBANDONO PER POCO TURISMO", LA FONDAZIONE UNESCO E L'OVERTOURISM SULLE DOLOMITI: "SVILISCE IL VIAGGIO SOLO PER UN SELFIE"

L'inserimento di un sito nell'elenco del patrimonio Unesco è garanzia di salvaguardia ma si trasforma anche in un veicolo promozionale eccezionale. Paradossalmente tutte le aree che rientrano in questa lista finiscono sotto pressione: "Non ci sono segnali in questo senso e non c'è un'estensione tale dei livelli di sovraffollamento da compromettere il mantenimento dell'inserimento nella Lista" Code di escursionisti sui sentieri e traffico intenso sulle strade. Dal lago di Braies alla val di Fassa, dal Sellaronda a Cortina c'è un problema del sovraffollamento turistico su tutti i passi durante la stagione estiva. Ci sono situazioni ormai ai limiti e le Dolomiti non sfuggono alla dinamica dell'overtourism. Un turismo, sempre più spesso, mordi e fuggi, un turismo dei like sui social. Un fattore comune a tante zone che soffrono e sperimentano questa nuova dinamica, che bisogna ricordare come sia una dimensione globale, è la presenza della Fondazione Dolomiti Unesco. "E' importante premettere che non abbiamo incarichi di gestione, la responsabilità effettiva è degli enti locali", commenta Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco. "Il nostro ruolo è di sviluppare un confronto e una concertazione per trovare soluzioni comuni. Non abbiamo la possibilità di imporre misure concrete ma possiamo sensibilizzare e sollecitare le dovute iniziative per salvaguardare il territorio".

Il 26 giugno 2009 le Dolomiti sono state iscritte nella Lista del patrimonio mondiale per la loro bellezza e unicità paesaggistica e per l’importanza scientifica a livello geologico e geomorfologico. L’inserimento delle Dolomiti nella World Heritage List costituisce un riconoscimento straordinario, ma implica anche un forte impegno e una responsabilità in merito alla protezione e allo sviluppo sostenibile della regione.

"Valutiamo costantemente la situazione sul territorio", aggiunge Nemela. "Le analisi e i monitoraggi sono diretti così come indiretti, tramite gli enti Parco per esempio. Sono stati casi di overtourism sempre più diffusi in aree del Trentino e dell'Alto Adige, ma anche Tre Cime di Lavaredo e Cortina d'Ampezzo".

La definizione di overtourism è complessa perché coinvolge anche la percezione personale. E il trend è molto altalenante e discontinuo che si basa sui picchi e, soprattutto in montagna, è legato al meteo. Non è l'unica contraddizione per situazioni di forti pressioni che insistono su un ambiente e un territorio fragilissimo, messo ancora più a dura prova dopo la pandemia Covid con la "riscoperta" delle terre alte. "Il sovraffollamento è impattante ma non uniforme perché ci sono anche dinamiche di abbandono e zone dismesse a causa di un flusso di turismo poco elevate nonostante una zona di pregio", aggiunge Nemela. "Noi cerchiamo di condividere i dati per trovare misure gestionali ad hoc e localizzate ma che possano rappresentare una forma di strategia comunitaria. Solo un approccio condiviso infatti consente di gestire questo fenomeno".

La condivisione delle informazioni e una strategia di mobilità sovraprovinciale può consentire di trovare una strada per diluire le presenze, dirottare i flussi e mantenere un livello tanto accettabile quanto sostenibile nell'esperienza di una destinazione "Molto spesso le persone sono le stesse, si è sviluppato un turismo mordi e fuggi, in particolare dopo la pandemia Covid", evidenzia la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco. "Per esempio, un turista può visitare in poche ore Cortina, Tre Cime di Lavaredo e compiere anche il giro del Sellaronda. E' un'attività altamente impattante, che non consente di comprendere il valore del territorio. Oltre alle ripercussioni ambientali, in questo modo non ci sono nemmeno le ricadute economiche sugli esercizi locali".

La crisi climatica e la riflessione sugli aspetti più negativi del turismo di massa possono trasformarsi in un'opportunità per implementare un nuovo modello di approccio alle terre alte. "C'è una consapevolezza del problema, la coda e il sovraffollamento non sempre sono positivi soprattutto perché vengono messi a dura prova anche i servizi. La programmazione del futuro intende tenere conto di questa dinamica e la Fondazione intende supportare gli enti locali e fornire una piattaforma di confronto. Le soluzioni però non sono semplici mentre la criticità acquista sempre di più urgenza".

Il turismo, di massa, contribuisce a stimolare un territorio, anche sul fronte dei servizi e delle infrastrutture ma, soprattutto nell'era dei social e degli spostamenti motivati da un selfie per un pugno di like, il rischio è quello della sovraesposizione e dell'eccessivo carico per una destinazione.

"La comunicazione riveste un ruolo importante", continua Nemela. "Le imprese professionali, comprese le Aziende per il turismo, sono attente. Il problema talvolta è la comunicazione sui social, che spesso non dà informazioni corrette o si avvale di personaggi che tendono a banalizzare il paesaggio. Le terre alte rappresentano valori e dispiace vedere un visitatore che si mette in viaggio magari solo per un'immagine, svilisce la montagna e non ha consapevolezza delle ripercussioni".

L'overtourism può, nel lungo periodo, mettere a rischio il riconoscimento Unesco? "Non ci sono segnali in questo senso e non c'è un'estensione tale dei livelli di sovraffollamento da compromettere il mantenimento dell'inserimento nella Lista dei beni del Patrimonio Mondiale. Si lavora con attenzione per trovare le soluzioni e, per quanto di nostra competenza, cerchiamo di facilitare il dialogo tra gli enti perché la solidarietà tra aree è fondamentale: il sistema deve muoversi nella sua interezza".

L'inserimento di un sito nell'elenco del patrimonio Unesco è garanzia di salvaguardia ma si trasforma anche in un veicolo promozionale eccezionale. Non solo le Dolomiti, ma paradossalmente tutte le aree che rientrano in questa lista finiscono sotto pressione. Il risultato che si ottiene è di una sovraesposizione e di flussi in deciso aumento. "E' una grande visibilità ma anche un'elevatissima responsabilità. La capacità di trovare un equilibrio non è negoziabile e le esperienze dei vari territori devono essere messe a fattor comune per un beneficio della comunità", conclude Nemela.

Gazzettino | 21 maggio 2024

p. 3, edizione Belluno

Il T | 26 maggio 2024
p. 8
Troppi turisti, il Trentino tra i peggiori
Gazzettino | 27 maggio 2024
p. 2, edizione Belluno

«Ticket d'ingresso? Irrealizzabile»

IL DIBATTITO

BELLUNO

Un ticket d'ingresso per ammirare un'alba sulla Marmolada, per concedersi un selfie con vista sul lago di Misurina o per fare shopping in corso Italia a Cortina? Per qualcuno, come il presidente di Federalbeghi Walter De Cassan, potrebbe essere un'idea da estendere a tutti i visitatori del perimetro delle Dolomiti Patrimonio dell'Unesco. Un modo per sostenere concretamente il concetto di mobilità alternativa al caotico traffico veicolare sui passi e per promuovere uno sviluppo sostenibile del territorio dolomitico. Ma se la soluzione, sperimentata da questa primavera in alcune giornate a Venezia, è applicabile in un territorio circoscritto come quello lagunare, molti interrogativi si pongono in uno più esteso come quello dolomitico. «Quella del ticket di un euro - afferma la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco, Mara Nemela - potrebbe essere un'ottima idea ma difficilmente applicabile perché il perimetro Unesco si sviluppa cinque provincie e servirebbe un coordinamento, avendo tanti punti di accesso».

LA QUESTIONE

«Abbiamo considerato che uno dei problemi del patrimonio mondiale Unesco è la pressione turistica - ricorda Nemela -. Fin dagli albori la Fondazione ha valutato la possibilità di ticket per governare i flussi. Ma va detto che difficilmente le persone si fanno dissuadere di andare da qualche parte per l'istituzione di qualche tipo di tassa». E la direttrice prosegue: «Bisognerebbe trovare un modo di contingentare i flussi». È proprio questo il rebus. «Sappiamo - sottolinea Nemela - che sistemi di accesso regolamentati, come bus navette, possono aiutare per ridurre la pressione turistica e dall'altro permettere al turista un esperienza di visita di qualità. La Fondazione ha sempre cercato di favorire un dialogo su questi sistemi e probabilmente sono la giusta soluzione. Siamo contenti che se ne parli, ma al tempo stesso siamo consci che la situazione dolomitica è più complessa».

IL TREND

Dai numeri elaborati dal sociologo bellunese, Diego Cason, del periodo pre-covid anno 2019 se a Venezia il numero di visitatori per abitante è stato di 23 al giorno (quando il massimo ammesso per le destinazioni urbane non dovrebbe superare i 6,3 arrivi per abitante) a Cortina d'Ampezzo nell'estate 2019 c'erano 9,2 (luglio) e 8,9 (agosto) arrivi per abitante. «Ciò significa che nei mesi di luglio ed agosto a Cortina d'Ampezzo siamo ben oltre il limite sostenibile», aveva spiegato Cason.

LO STUDIO

La Fondazione Dolomiti Unesco e il dipartimento di economia dell'università Ca' Foscari di Venezia avevano incaricato Jan Van Der Borg di effettuare uno studio sui flussi relativi al lago di Braies (Trentino Alto Adige) e alle Tre Cime in Lavaredo. Lo studio è stato condotto utilizzando i dati del 2018 e hanno evidenziato come i flussi soprattutto in determinati periodi dell'anno hanno abbondantemente superato i limiti che i luoghi impongono in sintesi ci sono state circa 17.400 persone al giorno al lago di Braies e oltre 13.500 alle Tre cime. Si consideri che le capacità di carico consigliate per Braies sono di circa 1500 persone al giorno e per le Tre cime circa 2700 persone al giorno. Dati che riguardano solo gli esercizi turistici alberghieri ed extra alberghieri: non ci sono informazioni sul flusso di escursionisti che più o meno è pari a un quarto di quello dei turisti ma che aumenta in modo esponenziale nei periodi di picco di stagione.

L'EMERGENZA

Se l'opzione ticket non è percorribile l'unico modo per governare il fenomeno in alcuni periodi potrebbe essere impedire l'accesso delle automobili private in quota nei luoghi in cui vi sono fenomeni di overtourism. Da svariati anni si parla anche di chiusura o limitazione oraria del traffico veicolare sui passi dolomitici, specie su quelli maggiormente trafficati, come i quattro intorno a massiccio del Sella. Proprio sul valico che prende il nome da quest'ultimo massiccio si è sperimentato nelle passate stagioni una chiusura temporanea a ore, mentre lo scorso anno era stato promosso un movimento con esperti e studiosi del turismo dolomitico dal nome "Car is Over". Ora, a ridosso della stagione, il tema torna alla ribalta. «Riguardo la chiusura dei passi - prosegue Mara Nemela - la Fondazione non è coinvolta nello studio di tali misure in quanto non rientrano nel patrimonio Unesco. Sappiamo che ci si sta muovendo da tempo a vari livelli per soluzioni, ma non è automatico mettere delle misure restrittive. Non è la nostra materia, ma sappiamo che si sta lavorando per trovare appigli amministrativi e giuridici per questa misura (la chiusura ndr) che a oggi non sono quindi praticabili se non in maniera specifica, come per manifestazioni o attività sporadiche».

Claudio Fontanive

Gazzettino | 27 maggio 2024

p. 3, edizione Belluno

Da Fondazione Dolomiti UNESCO: «sono luoghi di promozione della cultura della montagna»

Ostriche e champagne a 2000 e oltre metri? In alcuni casi la tendenza pare questa, ma i rifugi alpini sono nati in origine per dare supporto ad alpinisti ed escursionisti bisognosi di trascorrere la notte e rifocillarsi specie in caso di condizioni meteo avverse, e anche attualmente sono generalmente di proprietà del Cai oppure dell'Ana. Con lo sviluppo turistico degli ultimi anni molte strutture, specie quelle collocate lungo le piste da sci, sono diventate ambienti di lusso, ma ci si chiede in questi casi se sia corretto o meno definirli "rifugi". Il Comici, nella vicina Val Gardena sul noto giro del Sellaronda, pare invertire la tendenza, mettendo ben in evidenza l'insegna "ristorante".

AL LAVORO

«Stiamo lavorando con campagne di comunicazione sui rifugi - afferma la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco Mara Nemelain quanto l'utente necessita una corretta informazione, mirando a favorire da parte dell'escursionista una maggior consapevolezza in relazione al rispetto e integrità dell'ambiente, e segue la scia di ciò che è stato fatto in questi anni nella narrazione social di Vivereinrifugio». La campagna social, già da inizio luglio e fino a metà ottobre, sarà on line e in presenza con dieci appuntamenti in rifugio nel territorio Dolomiti Unesco fra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige: le due tappe finali nel Bellunese, il 27 settembre al rifugio Biella nel Parco naturale delle Dolomiti d'Ampezzo e il 12 ottobre al Rifugio Città di Fiume alle pendici del Pelmo. «Bisogna tornare a vedere il rifugio come luogo di incontro - prosegue Nemela - per ricordare che questo non è una struttura ricettiva ma un luogo di promozione culturale della montagna e del senso del limite. È un'esperienza per favorire la corretta consapevolezza dei turisti in quanto spesso i rifugi vengono visti nelle aspettative con i comfort dell'hotel, anziché come un presidio. Ci saranno varie tavole rotonde e dibattiti con autorevoli personaggi, per tornare a vedere il rifugio come luogo di incontro per ricordare che questo è luogo di promozione culturale della montagna, e per comprendere che quando ci si muove in natura serve sempre una certa dose di prudenza per chi si mette sul sentiero, non di azzardo magari per farsi un selfie».

LA STAGIONE

Una foto se la sono meritata eccome invece Emma Menardi assieme al marito Juan Cisterna, che da quattro anni gestiscono il rifugio Nuvolau, posto sulla sommità dell'omonimo monte, in comune di Cortina d'Ampezzo. Ebbene nonostante sia primavera inoltrata, ai 2575 metri della struttura c'era, fino a qualche giorno fa, circa due metri di neve. Ma la data di apertura è stata da tempo fissata per il 15 giugno prossimo, e allora la coppia dal fine settimana scorso ha dovuto necessariamente recarsi nei locali per spalare la neve e per compiere le manutenzioni necessarie all'apertura delle porte agli escursionisti. La coppia, ciaspole ai piedi, e quasi quotidianamente si sta sobbarcando una camminata nella neve di circa 3 ore all'andata e quasi altrettante al ritorno, partendo dalla località Bai de Dones. «È l'unico modo per raggiungere la struttura - racconta Emma - in quanto l'impianto di risalita che conduce al rifugio Scoiattoli aprirà a giugno e la seggiovia Fedare a luglio, ma ce la facciamo ed è normale in montagna. Ci fermiamo magari a dormire una notte in rifugio per scendere a valle il giorno dopo, e dai prossimi giorni attendiamo i nostri otto collaboratori che arriveranno alla spicciolata in vista della stagione estiva. Confidiamo che con l'innalzamento delle temperature la neve cali rapidamente». Questo un semplice ma efficace esempio di "vita da rifugio".

C.F.

Gazzettino | 27 maggio 2024

p. 9

Dolomiti come Venezia? Il ticket d'ingresso piace ma trova anche ostacoli

IL DIBATTITO

BELLUNO

Il turismo della montagna vola, e in vista dell'imminente avvio della stagione estiva, spunta l'idea di introdurre un ticket d'ingresso in tutto il territorio delle Dolomiti Unesco. Insomma, pagare per ammirare un'alba sulla Marmolada, per concedersi un selfie con vista sul lago di Misurina o per fare shopping in corso Italia a Cortina d'Ampezzo? Fra fine maggio e inizio giugno circa il 70% degli alberghi nelle Dolomiti Bellunesi aprirà le porte agli ospiti. E se le prenotazioni per la prossima stagione estiva sembrano promettenti, il presidente di Federalberghi Belluno, Walter De Cassan, lancia una proposta che sta facendo parecchio discutere: «Seguire l'esempio di Venezia potrebbe non essere una cattiva idea. Per entrare negli immensi parchi americani si paga una tassa, e si potrebbe istituirne una in tutta la zona Dolomiti Unesco, magari anche soltanto di un euro, i cui proventi vadano a finanziare la mobilità, la promozione e tutta una serie di iniziative volte a valorizzare questo territorio». La categoria di albergatori giudica iniqua la decisione di individuare l'esercizio ricettivo come unico punto di prelievo della tassa di soggiorno. Secondo Federalberghi sarebbe più corretto finanziare le funzioni svolte dagli enti locali in campo turistico con modalità diverse ad esempio l'istituzione di una city tax o in questo caso "Dolomiti tax". Che servirebbe anche per contrastare il fenomeno dell'overtourism nei periodi di alta stagione. Era già stata presa in considerazione in passato.

LA FONDAZIONE

«Quella del ticket di un euro - afferma la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco, Mara Nemela - potrebbe essere un'ottima idea, ma difficilmente applicabile perché il perimetro Unesco si sviluppa su cinque provincie e servirebbe un coordinamento, avendo tanti punti di accesso. Abbiamo considerato che uno dei problemi del patrimonio mondiale Unesco è la pressione turistica, ma difficilmente le persone si fanno dissuadere di andare da qualche parte per l'istituzione di qualche tipo di tassa». E la direttrice prosegue: «Bisognerebbe trovare un modo di contingentare i flussi». È proprio questo il rebus. «Sappiamo che sistemi di accesso regolamentati, come bus navette, possono aiutare per ridurre la pressione turistica e dall'altro permettere al turista un esperienza di visita di qualità. La Fondazione ha sempre cercato di favorire un dialogo su questi sistemi e probabilmente sono la giusta soluzione».

IL TREND

I numeri elaborati dal sociologo bellunese, Diego Cason, risalgono al periodo pre-covid del 2019 «perché ci permettono di valutare i flussi normali e non quelli ancora influenzati dagli eventi Covid. E se a Venezia il numero di visitatori per abitante è stato di 23 al giorno (quando il massimo ammesso per le destinazioni urbane non dovrebbe superare i 6,3 arrivi per abitante) a Cortina d'Ampezzo nell'estate 2019 c'erano 9,2 (luglio) e 8,9 (agosto) arrivi per abitante. «Ciò significa che nei mesi di luglio ed agosto a Cortina d'Ampezzo siamo ben oltre il limite sostenibile», spiega Cason. E uno studio di Fomdazione Dolomiti Unesco del 2018 sui flussi relativi alle Tre cime in Lavaredo ha determinato come in alcuni periodi dell'anno si registrano anche 13.500 persone al giorno, quando la capacità di carico massimo consigliato è di 2700.

I PASSI

Se l'opzione ticket è difficilmente percorribile l'unico modo per governare il fenomeno in alcuni periodi potrebbe essere impedire l'accesso delle automobili private in quota nei luoghi in cui vi sono fenomeni di overtourism. Da svariati anni si parla anche di chiusura o limitazione oraria del traffico veicolare sui passi dolomitici.

Claudio Fontanive

PASSI DOLOMITICI: GLI AGGIORNAMENTI

Corriere delle Alpi | 6 maggio 2024

p. 18, segue dalla prima

Ancora due anni fa le Province di Bolzano e di Trento e la Regione Veneto annunciavano che dal 2024 si sarebbe saliti sui Passi Pordoi, Sella, Gardena e Campolongo «solo prenotando online». Alla vigilia dell'estate, nessuna iniziativa di questo tipo è stata programmata: «Per fortuna», sospira di sollievo Osvaldo Finazzer, due alberghi sul Pordoi, fondatore del Comitato di operatori turistici che da anni si batte contro la chiusura dei valichi. «Purtroppo si è rinunciato anche alle limitatissime sperimentazioni di sospensione oraria del traffico intraprese a suo tempo», protesta, per contro, Luigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness. «Sì, per la prossima estate non sono state programmate azioni particolari, ma il 16 maggio», anticipa il sindaco di Livinallongo, Leandro Grones, «i pubblici amministratori dei Comuni ladini sono stati convocati dall'assessore provinciale altoatesino Daniel Alfreider per importanti comunicazioni. In quella sede approfondiremo anche questa particolare problematica. Magari a partire dall'analisi dei tanti dati, raccolti in più anni, dalle videocamere che controllano i transiti nei paesi di valle e sui passi». Piano di mobilità

"Dolomiti low emission zone" si chiamava (e si chiama) il progetto nato nell'ottobre 2022 dall'accordo tra le Province interessate, la Regione Veneto e i ministeri delle Infrastrutture e dell'Innovazione Tecnologica. Un progetto da 30 milioni di euro che avrebbe dovuto basarsi su cinque principali azioni previste dal Piano di Mobilità Sostenibile: la regolamentazione del traffico con un sistema digitale e innovativo; la creazione e digitalizzazione di aree di parcheggio di interscambio; il rafforzamento del trasporto pubblico locale; l'incentivazione della mobilità attiva e integrazione della mobilità a fune; il miglioramento della qualità della vita e dell'esperienza turistica. La georeferenziazione dei livelli di traffico è in atto. Ma per realizzare piste ciclabili e parcheggi di interscambio a valle, dove prendere poi navette per salire ai passi, è evidente che i 30 milioni non sono sufficienti.

Problema parcheggi

«I parcheggi, a valle, grossomodo ci sono: si tratterà semmai di strutturarli per renderli fruibili attraverso una prenotazione», puntualizza Grones. «Qualcosa si è già fatto anche in quota. Certo, manca appunto la strutturazione strumentale. Manca pure la tabellonistica. Ma, soprattutto, mancano le risorse. Intanto è importante che abbiamo il controllo del traffico. Di certo», assicura il sindaco, «non si andrà alla chiusura dei passi, come chiedono gli amici ambientalisti per alcune ore al giorno, perché la sperimentazione messa in atto negli anni passati ha dato esiti negativi».

L'assessore Daniel Alfreider, della vicina Val Badia, che tiene le redini del coordinamento delle Province e della Regione Veneto per i passi, conferma che per evitare la sosta selvaggia sui valichi si continuerà con l'implementazione delle barriere che impediranno agli automobilisti di lasciare i mezzi pericolosamente ai lati della strada. E che per quanto riguarda le piste ciclabili. Ne sono in programma anche verso il Valparola, lungo la strada che poi scende al Falzarego e a Cortina.

DUE ORE DI CHIUSURA

L'anno scorso si è costituito anche un comitato scientifico nell'ambito del progetto «Car is over – Chiusura dei Passi dolomitici estate 2023». L'obiettivo è sollecitare misure più severe di contenimento del traffico (come peraltro richiesto pure recentemente dalla Fondazione Dolomiti Unesco). Del Comitato fanno parte, tra gli altri, Michil Costa (presidente della maratona dles Dolomites), Luigi Casanova (neo presidente di Mountain Wilderness), Diego Cason (sociologo del turismo e della pianificazione territoriale).

«L'anno scorso elaborammo una proposta di regolamentazione del passaggio di veicoli sui passi intorno al gruppo Sella che mantiene la sua attualità», fa notare Luigi Casanova. «Due ore di chiusura al traffico possono sembrare poche, ma in realtà hanno un potere

simbolico molto istruttivo. Nel concreto si propone una chiusura tutti i giorni dalle 10 alle 12, domenica e festivi inclusi, nel periodo da metà giugno a metà settembre. Almeno discutiamone».

Corriere delle Alpi | 6 maggio 2024

p. 18

Alto Adige | 23 maggio 2024

p. 30

«Passi, pedaggio e tetto alle auto» badia/gardena

Mettere un tetto alle auto sui Passi dolomitici: a chiederlo, questa volta, sono gli albergatori della val Badia e della val Gardena che tornano a parlare di pedaggio e danno un mandato chiaro in tal senso - anche dopo le recenti modifiche al Codice della Stradaall'assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreider. Dall'oggi al domani non accadrà sicuramente molto ma nel medio periodo potrebbe finalmente succedere qualcosa di importante, anche dal punto di vista ambientale e del turismo sostenibile (si pensi alle bici). Chiesto anche uno stop incondizionato agli eventi sui Passi per auto e moto in modo tale da ridurre emissioni e rumori. L'incontro a Corvara.L'invito è stato dei due presidenti mandamentali dell'Unione Albergatori e Pubblici Esercenti (Hgv), Nils Demetz per la Val Gardena e Michael Costamoling per la Val Badia. La richiesta è stata quella di lavorare per un contingentamento unito ad un pedaggio. Oltre a ciò è stato chiesto alla giunta provinciale di non autorizzare più eventi per veicoli o moto sui Passi. I gardenesi: «Diamo un segnale chiaro a Roma».«Per molti anni il traffico sui Passi delle Dolomiti è stato un problema che ha preoccupato molte persone nelle nostre valli e per il quale sono state sviluppate numerose misure di gestione nel tentativo di risolverlo (senza risultati apprezzabili finora ndr). Per movimentare la questione e per dare un segnale chiaro a Roma è importante che entrambe le valli si schierino per la stessa soluzione», sottolinea il presidente mandamentale gardenese Nils Demetz. I badioti: «Traffico cresciuto in modo esponenziale: vanno tutelate anche le bici».Secondo il presidente mandamentale badiota Michael Costamoling si tratta di proteggere la natura da una parte e il territorio - con i residenti - dall'altra. «Il traffico ha continuato ad aumentare negli ultimi anni. Serve un contingentamento affinché sia di nuovo possibile esplorare i passi dolomitici in sicurezza anche in bicicletta godendosi i panorami e una natura davvero mozzafiato», spiega Costamoling. La Provincia: «Creati i prerequisiti per trattare a Roma».L'assessore provinciale Daniel Alfreider ha ringraziato gli albergatori per l'impegno comune. «Accolgo con soddisfazione il fatto che i Comuni e gli albergatori della Val Gardena e della Val Badia abbiano approvato una posizione chiara e agiscano d'intesa. Unie le forze ci dà più potere contrattuale per qundo

andremo a trattare con i ministeri a Roma sui prerequisiti legali per decongestionare il traffico sui Passi», conclude l'assessore provinciale badiota. MAX.BO.©RIPRODUZIONE RISERVATA

CRISI CLIMATICA: GLI EFFETTI SULLE DOLOMITI

Corriere delle Alpi | 3 maggio 2024

p. 19

Ista mette la neve in frigorifero «Teli protettivi per conservarla»

La stagione dello sci 2023-2024 si è conclusa ufficialmente il primo maggio, con le ultime sciate sul Col Gallina e sul Faloria. E sapete quando riaprirà? Il 1° novembre, almeno sul Col Gallina, grazie alla neve risparmiata in questi giorni e conservata per tutta l'estate. Di fatto, però, la stagione sciistica continuerà. Sempre sullo stesso colle, il Gallina appunto, grazie al mezzo metro di neve abbondante, ma anche all'audacia della società Ista. «A metà maggio ospitiamo un corso per il Collegio regionale dei maestri di sci», annuncia il presidente Alberto Dimai, «e nel frattempo accogliamo numerosi sci club che ci hanno chiesto di prolungare gli allenamenti, considerando le condizioni ottimali di innevamento e di tenuta delle piste».

Non si illudano gli appassionati della discesa, la pista è off limits per coloro che non sono iscritti agli sci club che, tra l'altro, si assumono l'onere e la responsabilità dell'attività che svolgono.

Ma Dimai va legittimamente orgoglioso per un'altra importante novità. Che è un piccolo, grande sogno che coltivava da anni: essere il primo, come Ista, ad aprire la ski area e l'ultimo a chiuderla. «Veniamo da una stagione record, con 173 giorni di attività, compresi quelli in cui i coraggiosi si sono fiondati in pista anche col maltempo, ovviamente compatibile. Bene, intendiamo andare oltre: con lo snowfarming. Conserveremo la neve ereditata da questo fine stagione davvero abbondante. La accumuleremo in particolari siti protetti, che ricopriremo con materiali isolanti, dei teli di naylon, in modo da evitare che fonda nel corso dei mesi più caldi».

Si badi, in alcune stazioni, all'estero, usano anche la segatura o il cippato di legno per isolarla dal caldo estivo. Sul Col Gallina si preferiscono i teli ritenuti più protettivi. Bene, con i primi freddi d'autunno, nell'ultima decade di ottobre si provvederà a riportare la neve in pista, in modo – ed ecco la seconda novità – di poter aprire la stagione già per la festività dei santi, quindi dal primo novembre, dunque con un mese d'anticipo sul tradizionale inizio di stagione.

La domanda di neve e di sci, infatti, è ogni stagione più forte. L'11 novembre scorso, quando Dimai aprì i cancelli, c'era la folla di sciatori in attesa. Il 1° maggio, quando li ha chiusi, c'erano ben 10 linee occupate da altrettanti sci club. Ed è per questo che si continuerà l'attività. Tenendo conto – avverte Sonia Menardi, la portavoce di Ista – che saremo pronti l'8 giugno per l'apertura estiva; prima era auspicato, ma la neve in quota impedirà sino a fine mese di preparare le piste per le mountain bike. E proprio la coltre bianca non consentirà alla Funivia del Lagazuoi di aprire il 25 maggio, come aveva programmato, bensì il 1° giugno, così come faranno anche le 5 Torri. In ogni caso, siamo in piena destagionalizzazione.

Gazzettino | 3 maggio 2024

p. 2, edizione Belluno

Il T | 16 maggio 2024

p. 8

«Marmolada, il ghiacciaio sta morendo»

Il glaciologo Bondesan: «Perso il 90% della superficie, tra 15 anni scomparirà»

Simone Casciano

Non si arresta la lunga agonia del ghiacciaio della Marmolada, un costante arretramento che potrebbe portare alla sua definitiva scomparsa nei prossimi 15 anni. È questa la stima fatta da Aldino Bondesan, glaciologo dell'Università di Padova e membro del Comitato glaciologico italiano, ragionando sullo stato di salute del ghiacciaio della Marmolada, le cui condizioni critiche causarono il tragico crollo del 3 luglio 2022 che provocò la morte di 11 alpinisti e il ferimento di altri sette.

Un fronte che si ritira

«Pensando alla Marmolada nel giro di 15 anni rimarrà molto poco. Resteranno delle placche. Il ghiacciaio per come lo conosciamo ha perso il 90 per cento di superficie in 100 anni. La maggior parte di ciò che si è perso si è perso negli ultimi 30 anni» spiega Aldino

Bondesan. Per il glaciologo non c'è dubbio su chi sia il responsabile di questa lenta morte del ghiacciaio: il riscaldamento climatico. «I cambiamenti climatici in atto stanno alterando la dinamica dei ghiacciai. Il riscaldamento climatico sta facendo cambiare la conformazione dei ghiacciai e il permafrost sta fondendo con modalità progressive. In costante accelerazione. Fattori che stanno generando dissesti in quota. Tutti i ghiacciai delle Alpi sono in arretramento importante, con una accelerazione progressiva. L'elemento comune a tutti i ghiacciai è l'aumento delle temperature. Tant'è che negli ultimi 10 anni abbiamo registrato il raddoppio dei collassi dei ghiacciai. Non dobbiamo soffermarci sugli eventi istantanei o peggio ancora sulle sensazioni ma dobbiamo rifarci ai valori dei parametri climatici misurati. Si misurano in tutto il mondo e sono coerenti tra loro».

Estate senza restrizioni

Intanto sembra che l'estate non prevederà una zona rossa sulla Marmolada. A quanto si apprende, i rilievi radar eseguiti dalla Protezione civile del Trentino sulla Regina delle Dolomiti non hanno dato esiti allarmanti. Dopo la tragedia del 2022, il monitoraggio si è susseguito a ritmo incessante per verificare la stabilità della calotta a monte. Le tre rilevazioni, eseguite con il «Ground penetrating» radar in dotazione al Dipartimento di ingegneria e scienza dell'informazione dell'Università di Trento, non hanno rilevato al momento la presenza di accumuli di acqua nella sotto-superficie del ghiacciaio. Ma, osserva Bondesan, «ci vorrebbe la sfera di cristallo per poter dire che il crollo non succederà più. Le caratteristiche del ghiacciaio della Marmolada non hanno dato alcun segnale di movimento perché è un ghiacciaio freddo, anche se questa affermazione può sembrare bizzarra. Mi spiego meglio: quando la temperatura della calotta è mediamente -17 gradi, il ghiaccio non si deforma ma collassa di colpo». Il glaciologo si è occupato delle indagini seguite al crollo arrivando a capire cosa fosse successo. «C'è stata una convergenza di condizioni critiche legate in primis alla temperatura elevata, in particolare a quelle precedenti al distacco con +4 gradi rispetto alla media. In pratica erano stati superati tutti i record della serie storica che ha determinato una riduzione del ghiacciaio e una elevatissima produzione di acqua. Un fenomeno che si era verificato anche in passato, come hanno dimostrato le rilevazioni satellitari. In questo caso però abbiamo avuto un carico idraulico importante: la pressione dell'acqua ha provocato lo scollamento della parte basale del ghiacciaio determinandone una sorta di galleggiamento. Inoltre, nella parte bassa mancava il sostegno. Fattori che messi assieme hanno contribuito a superare la soglia critica di questo lembo di ghiaccio. Il crollo ha percorso 2,5 chilometri distribuendo ghiaccio, acqua e detriti».

Corriere delle Alpi | 17 maggio 2024

p. 3

Mercalli: «Eventi causati dal surriscaldamento L'acqua evapora di più e si scarica con violenza»

L'INTERVISTA

Sergio Frigo Era tutto previsto. Se c'è una cosa che Luca Mercalli rifiuta recisamente sono i discorsi sull'imprevedibilità del clima. «Le previsioni sono sempre più attendibili – dice il meteorologo e climatologo - e anche questa volta gli allarmi dei giorni scorsi sulle precipitazioni intense in arrivo ci hanno aiutato a evitare il peggio. Se poi analizziamo gli scenari legati al cambiamento climatico, quello che sta accadendo è ancor più chiaro ed era largamente prevedibile, essendo strettamente correlato al riscaldamento dei mari».

Ci illustra il meccanismo di queste bombe d'acqua che si sono abbattute sul Nord? «Ecco, chiamiamoli nubifragi o piogge violente piuttosto che bombe d'acqua. In sostanza il riscaldamento delle temperature, più intenso che altrove proprio nel bacino mediterraneo, provoca una maggior evaporazione dell'acqua, e questa una volta salita per forza deve scendere sotto forma di pioggia, e lo fa con un'intensità direttamente proporzionale alla quantità di liquido evaporato».

Ma perché quest'anno abbiamo una primavera così fredda e piovosa, mentre negli anni scorsi erano state particolarmente calde e secche? «Dipende dalla conformazione delle correnti e dagli anticicloni: se c'è un anticiclone stabilizzato sopra le nostre regioni, come nel 2022, è chiaro che l'acqua evaporata va a scaricarsi altrove, altrimenti cade da noi, come avviene quest'anno. Ricordo peraltro che il lungo periodo di siccità tra il ‘22 e il ‘23 si chiuse lo scorso anno proprio in questi giorni con le due alluvioni in Emilia Romagna, con 17 morti e svariati miliardi di danni».

Ma eventi estremi come questi ci sono sempre stati, si dice…«Beh, per la verità dopo l'Emilia nel 2023 abbiamo avuto i nubifragi del 24 luglio in Lombardia, con grandinate gigantesche e chicchi di dimensioni mai viste in Europa, e poi ancora in Toscana a novembre. Eventi estremi ci sono sempre stati, è vero, ma mai con l'intensità e la frequenza degli ultimi anni, in concomitanza proprio col riscaldamento climatico. Fa una bella differenza, anche sul versante del danno economico, se nubifragi come questi si verificano una volta ogni dieci anni, oppure tre volte l'anno».

Nel Veneto a limitare i danni sono stati i nuovi bacini di contenimento dei fiumi e il Mose a Venezia. Cosa ne pensa?

«Sono opere che sicuramente danno una mano, ma se aumenta l'intensità e la frequenza dei fenomeni sono destinate a saturarsi rapidamente, come si è visto a Milano. Ricordiamo che il livello del mare a causa dello scioglimento dei ghiacci e dell'aumento di temperatura dell'acqua cresce ormai di 4,6 millimetri ogni anno».

Cosa possiamo aspettarci dunque per il futuro? «Purtroppo possiamo aspettarci solo che i fenomeni si intensifichino, visto che sul fronte del contenimento delle emissioni delle sostanze che alterano il clima non stiamo facendo niente di significativo. Ricordo che nonostante gli allarmi sollevati dagli scienziati ormai da decenni il 2023 è stato l'anno più caldo di sempre, e con aprile siamo all'undicesimo mese consecutivo di superamento del record di caldo: con buona pace di chi – con un po' di provincialismo - si lamenta del freddo di queste settimane, avendo presente solo la temperatura del proprio comune e ignorando completamente i dati raccolti in tutto il pianeta dai satelliti».

Come sono invece le previsioni meteo a breve termine nelle nostre regioni? «Nel Nord Italia l'instabilità si protrarrà fino a fine mese, con piogge a macchia di leopardo, ma non violente come in questi giorni, in alternanza a sprazzi di sereno. Con l'arrivo di giugno invece entreremo nel clima estivo a tutti gli effetti, e le previsioni – seppure con un'attendibilità più modesta – ci dicono che sarà di nuovo una stagione molto calda: allora rimpiangeremo il fresco di questi giorni".

Corriere delle Alpi | 28 maggio 2024

p. 16

Muri di neve in quota La risorsa idrica è doppia rispetto all'anno scorso

Francesco Dal Mas / BELLUNO

Mai vista, negli ultimi anni, tanta neve come in questi giorni sulle Dolomiti. E per fine settimana potrebbero arrivarne altri 30, addirittura 40 centimetri alle quote più alte. A ieri, prima delle ultime intemperanze meteo, l'Arpav rilevava la presenza di 230 centimetri di neve ai 2592 metri di Ra Valles, quindi alle spalle di Cortina. Sui Monti Alti di Ornella, a quota 2227, 84; sulle Pale di San Martino, a 2580 metri, 133 centimetri.

La Marmolada è incappucciata di bianco come non lo è mai stata. Aurelio Soraruf, titolare di Capanna Punta Penia, a 3342 metri della vetta, precisa che è impossibile calcolare l'altezza del manto nevoso, perché basta una raffica di vento per spazzarne via anche mezzo metro. «Ma so, da riscontri fotografici», informa, «che il rifugio è coperto, quindi possiamo calcolare che in questo momento sulla cima ci siano tre metri e mezzo di neve, in alcuni punti anche cinque di neve ventata. Flavio Tolin, responsabile delle stazioni meterologiche associazione Meteo Triveneto e ideatore del progetto www.marmoladameteo.it., riferisce che di fatto è coperta pure la grande croce installata sul punto più alto del massiccio. Chi sale, ormai da una decina di giorni, al Sass Pordoi, con la funivia dall'omonimo passo, non riesce a proseguire per il Piz Boè, perché a tremila metri c'è ancora un muro: di neve, ovviamente. «Le condizioni di innevamento medio della nostra montagna sono oltre la norma», ammette l'Arpav, «come per buona parte delle Alpi; per la stazione di Ra Vales, per cui si dispone di una serie storica sufficientemente lunga, il valore attuale si configura come evento raro». E, si badi, nei prossimi giorni saranno possibili alcuni rovesci, con la neve relegata alle cime dolomitiche più elevate (oggi in ogni caso al massimo localmente 10/20 cm attorno ai 3000 metri); poi possibili nuovi fenomeni tra giovedì e venerdì, ancora da quantificare, con limite in lieve abbassamento, fin verso i 2500 metri.

Riserve abbondanti, dunque, per la prossima estate, con il Veneto lontano, anzi lontanissimo dalla siccità. Già a fine aprile la sommatoria di neve al suolo, dal 1° di ottobre, quando ha inizio l'anno idrologico, era superiore alla media degli ultimi 15 anni in tutte le stazioni delle Dolomiti (61 cm di media), mentre nelle Prealpi si trovava nella media. La risorsa idrica nivale al 30 aprile veniva calcolata in 131-142 milioni di metri cubi nel bacino del Piave, in 120-123 nel bacino del Cordevole e in 98-114 nel bacino del Brenta. L'anno scorso, alla medesima data, la disponibilità nivale risultava di 61-80 nel bacino del Piave, di 53-72 nel bacino del Cordevole e a di 43-45 nel bacino del Brenta.

Quest'anno, dunque, la disponibilità sarà più che doppia rispetto alle estati precedenti, considerata l'aggiunta delle precipitazioni di maggio. Ma si rivelerà sufficiente per dissetarci tutta l'estate e magari anche per ripristinare un po' di manto glaciale, sulla Marmolada piuttosto che sul Sorapis o sull'Antelao? Un esperto come Franco Secchieri, componente del Comitato glaciologico italiano, ha qualche dubbio: «La neve buona, che si conserva, è quella che cade d'inverno e che per la sua struttura cristallina ha la capacità di opporsi all'onda termica; ha una densità tale che può arrivare fino al nevato e, in parte, incrementare la massa glaciale. Un metro cubo di neve estiva, invece, impiega molto meno tempo a sciogliersi. Ecco, perché, è sì importantissima la risorsa nivale di questo fine maggio alle alte quote, ma con qualche botta di caldo, come le estati scorse, potrebbe liquefarsi anzitempo. Quindi – conclude Secchieri – i bilanci si tirano a fine stagione. Specie per i ghiacciai, tenuto conto, in questo caso, dell'andamento del processo di ablazione». Camillo De Pellegrin, sindaco di Val di Zoldo, è anche presidente del Consiglio di Bacino del Bim. «Non possiamo che essere soddisfatti della grande quantità di neve, e quindi di acqua che abbiamo accumulato, ma questo non ci libera da un gravissimo interrogativo: se con questi repentini cambiamenti climatici arriva una botta di caldo, la neve finisce in acqua che si fionda verso il mare, quindi rischiamo di rimanere ancora una volta al secco. Il problema è che non siamo nelle condizioni di banchizzarla, di conservarla in qualche serbatoio, insomma non disponiamo di strutture di contenimento».

Corriere delle Alpi | 28 maggio 2024

p. 16

Dolomiti contro Appennini «Sono stati due inverni diversi»

Il punto

Dopo due anni di deficit, le risorse nivali tornano, dunque, in positivo. Lo certifica anche la Fondazione Cima. Lo Snow Water Equivalent, indicatore che definisce l'acqua contenuta nella neve, è salito a livello nazionale dal +1% di aprile al +42% di maggio. E tanto di più sulle Dolomiti.

«Ricordiamo anche che, quando si parla di neve, i protagonisti principali sono sempre gli stessi: le precipitazioni e le temperature. Sulle Alpi, le ultime settimane sono state fresche e umide, e questo ha portato a dati di SWE in positivo (+44%)», fa notare Francesco Avanzi, ricercatore di Cima. «La situazione, però, si mantiene radicalmente diversa sugli Appennini. È come vi fossero stati due inverni, uno per le Alpi ricco di precipitazioni, e uno per gli Appennini, molto avaro di neve», commenta Avanzi. «Non possiamo quindi parlare di "siccità italiana": il nostro è un paese complicato dal punto di vista climatico, nel quale si possono verificare situazioni locali anche opposte tra loro».

L'altro aspetto che è importante evidenziare a conclusione di quest'inverno è che comunque continua a osservarsi un forte deficit di neve alle quote sotto 1800 metri, sia sulle Alpi sia sugli Appennini. La neve è riuscita a essere abbondante solo sulle Alpi e solo al di sopra dei 2000 metri, dove lo zero termico stagionale non è stato ancora superato in maniera significativa. In altre parole, al di sotto di determinate quote le temperature sono state troppo elevate e, anche a fronte di precipitazioni abbondanti, hanno portato a una fusione precoce della neve. La Fondazione Cima prende in considerazione anche la prospettiva.

«Nel nord della penisola abbiamo una riserva idrica nivale significativa per questo periodo dell'anno. Le temperature moderate delle ultime settimane hanno anche aiutato a preservare la neve, evitando fusioni precoci. Ma sono proprio queste le variabili da monitorare: è importante che le temperature non salgano troppo e troppo in fretta, perché per essere utile la neve deve fondere fino alla tarda primavera», conclude Avanzi. «Se confrontiamo le precipitazioni di aprile con l'evaporazione (legata alla temperatura), vediamo che la risorsa idrica superficiale inizia già a essere in deficit ora».

OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI

Gazzettino | 1 maggio 2024

p. 9, edizione Belluno

Corriere delle Alpi | 15 maggio 2024

p. 16

Parte l'operazione trasparenza: «Monitoreremo quei 5,7 miliardi»

Francesco Dal Mas

PIEVE DI CADORE

Olimpiadi trasparenti, legali, rendicontabili. Lo chiedono – al Governo, alla Fondazione Milano Cortina, a Simico, al Cio e al Coni, alle regioni e ai Comuni – ben venti associazioni che ieri si sono incontrate a Pieve di Cadore per denunciare, insieme a don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che il percorso verso Milano e verso Cortina 2026 è quanto meno "troppo opaco".

Le organizzazioni appartengono al firmamento dell'ambientalismo e dell'alpinismo: Cai, Wwf Italia, Italia Nostra, Legambiente, Mountain Wilderness Italia e Cipra Italia, oltre a Libera. A loro si sono unite sigle che rappresentano le comunità territoriali e locali: Società Alpinisti Tridentini , Alpenverein Südtirol, Federazione "Heimatpflegeverband Südtirol", Dachverband für Natur- und Umweltschutz in Südtirol, Plattform Pro Pustertal , Protect Our Winters Italia, PFAS.land - Informazione e azione contro i crimini ambientali, Gruppo Promotore Parco delle Marmarole Antelao Sorapiss - oggi Parco del Cadore, Peraltrestrade Dolomiti, Gruppo di Acquisto Solidale "El Ceston", Associazione culturale Gruppo d'acquisto solidale "Il Tarlo", Umweltring Pustertal. "Open Olympics 2026" si chiama la campagna di trasparenza. Ieri mattina, al Cosmo di Pieve, Gigi Casanova, presidente di MW, si è presentato con le bozze di un prossimo volume in cui vengono fatti i conti in tasca ai promotori. Oltre cinque miliardi e 720 milioni di euro. Un miliardo e 600 milioni per la realizzazione dei Giochi e altri quattro miliardi e 120 milioni per le opere connesse (il 68% assorbite da 45 opere stradali per un costo che supera i due miliardi e 816 milioni di euro totali). La Lombardia da sola assorbe circa la metà delle opere (il 52%) e relativi costi (47%); il Veneto ospita 13 opere (16% del totale) dal costo complessivamente superiore (il

33% dei costi totali); le opere che si terranno sul territorio di Bolzano (14) sono più di quelle dell'intero Veneto. Questi numeri è stato spiegato, «non hanno la pretesa di essere un resoconto puntuale e completo delle opere connesse ai Giochi, altrimenti cadrebbe il senso della richiesta di trasparenza e conoscibilità» mossa tramite la petizione Open Olympics, «visto che non esiste un elenco unico istituzionale che informi su questo. Del resto non spetta a noi, società civile, fornire un elenco delle opere e del loro costo. In più, molte opere saranno subappaltate, rendendo ancora più difficile il lavoro di reperimento dati. Il nostro scopo e far suonare un allarme: stiamo parlando di una mole enorme di risorse e di progettazioni, in grado di cambiare il volto dei territori per come lo conosciamo oggi».

Portando il benvenuto di Pieve, la sindaca Sindi Manushi è stata di una severità unica. Ha detto che «i giochi sono stati imposti dall'alto»; che «sono passati sulla testa delle comunità locali e della stessa provincia»; che «di trasparenza ce n'è stata poca». Da qui un forte appello alla "responsabilità", soprattutto per vigilare, per controllare, perché – ha affermato ancora il sindaco – «abbiamo già segnali che ci preoccupano: l'inter esse di Fondi di investimento, di aziende, di agenzie».

Dopo il benvenuto ai convegnisti e in particolare a don Ciotti da parte del vicepresidente della Magnifica Comunità del Cadore, Emanuele D'Andrea («don Luigi è uno dei figli migliori della nostra comunità»), Elisa Orlando ha letto il testo della petizione e ha raccontato il percorso territoriale da parte del presidio di Libera Cadore. Hanno quindi preso la parola, moderati da Marina Menardi, Giovanna Ceiner e Josef Oberhofer (in rappresentanza del coordinamento delle realtà territoriali) e Leonardo Ferrante (Libera nazionale). Ceiner ha detto chiaro e tondo che il territorio e la provincia «non hanno chiesto le Olimpiadi, ma le hanno subite». Da chi?

Dal presidente Zaia, ha specificato, ricordando che a suo tempo è stata respinta la proposta del referendum. Passando in rassegna i punti di maggiore attrito, ha ricordato che tante opere a Cortina insistono su siti franosi, quindi pericolosi. E ha denunciato ancora una volta che non si è passati attraverso la Via e la Valutazione ambientale strategica. Nella successiva tavola rotonda, moderata da Gian Antonio Stella, hanno portato il loro contributo Gaetano Benedetto, presidente del Centro studi WWF Vanda Bonardo e presidente nazionale Cipra Italia, Luigi Casanova, presidente nazionale Mountain Wilderness, Enrico Fontana, membro della segretaria nazionale, responsabile dell'Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente, Adriano Marchini, presidente del consiglio regionale Italia Nostra, Manlio Pellizon, vice presidente generale Cai centrale. «Come Club alpino italiano abbiamo aderito con convinzione alla campagna Open Olympics 2026, per la nostra peculiarità e sensibilità rispetto al tema dell'ambiente», ha rimarcato Manlio Pellizon. «In particolare, siamo interessati al tema della trasparenza delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 per quanto riguarda l'utilizzo dei finanziamenti e allo stesso tempo all'impatto sulle popolazioni di montagna». La mattinata è stata conclusa da don Ciotti. Nel pomeriggio, nella Casa Colonia delle Alpi - Associazione Calantina si è tenuto un laboratorio di monitoraggio civico, aperto alla cittadinanza e a tutte le realtà territoriali interessate.

Corriere delle Alpi | 15 maggio 2024 p. 16

Rivendicato il diritto di sapere «Vogliamo fare la nostra parte»

«Vogliamo assicurarci che nessuna di queste risorse – i 5 miliardi e 720 milioni delle Olimpiadi e Paralimpiadi invernali –, siano esse dedicate alle infrastrutture o alla realizzazione dei Giochi, si disperda in opacità o inefficienza, scoraggiando qualunque volontà di infiltrazione criminale, di stampo mafioso o corruttivo, e garantendo contemporaneamente che vengano evitate spese non utili».

Lo chiedono le 20 associazioni nella petizione che rivolgono ai soggetti promotori dei Giochi, ma anche ai responsabili dei tanti investimenti: Anas, Terna, Autostrade Brennero, Ferrovie dello Stato, A22.

Nella petizione si rivendica «il rispetto integrale del "diritto di sapere", perché», si spiega, «è lo strumento primario che, come società civile, abbiamo per fare la nostra parte, oltre che un diritto umano fondamentale sancito dalla Carta dei diritti dell'unione europea e dalle normative nazionali».

Si sollecita, pertanto, un nuovo sistema di rendicontazione, perché quello attuale, da parte dei diversi soggetti impegnati nei cantieri e nella progettazione, «seppur coerente con il dettato normativo relativo, non è sufficiente per l'esercizio del nostro diritto di sapere». E infatti «siamo molto lontani da un sistema effettivo di trasparenza che si coniughi anche con il principio di fruibilità, degno di un'opera come i Giochi Olimpici e Paralimpici».

Quindi – dicono le associazioni – «concretamente, chiediamo che si realizzi un "Portale unico della trasparenza dei Giochi invernali Milano Cortina 2026", disponibile sulla piattaforma della Fondazione e/o della SIMICO S.p.A. e di Anas S.pA., che ci metta in grado sia di comprendere, opera per opera, i passaggi e l'iter delle stesse e le spese relative all'organizzazione e promozione dei Giochi». Il portale dovrà essere alimentato da dati disaggregati, resi disponibili in formato aperto, completi e continuamente aggiornati, da parte di tutte le stazioni appaltanti coinvolte, quindi essere multi-fonte. Bisognerà organizzare i dati (e restituire corrispondenti infografiche) non secondo logiche burocratiche di lettura, ma attorno a cinque direttrici:. "perché" (motivazione della scelta di costruire l'opera o di realizzare l'attività/il servizio/il bene; "quando" (tempistica dell'opera/servizio/bene nelle sue diverse fasi); "come" (tipologia di appalto e rendiconto delle sue diverse fasi); "dove" (luoghi e spazi in cui l'opera/il servizio/il bene è/sarà realizzata/o, con relativi dati sull'impatto ambientale); "chi" (dati sulla stazione appaltante e sui soggetti privati coinvolti, incluso un dettaglio sui subappalti). «Un portale di questo tipo eleverebbe l'Italia a primo promotore del diritto di sapere e del governo aperto e darebbe pieno compimento a quei valori di lealtà, trasparenza e legalità che lo sport rappresenta», concludono le associazioni.

Il T | 21 maggio 2024

p. 40

Olimpiadi 2026, i costi nel mirino di «Report»

val di fiemme

Sono otto le offerte pervenute all'Apac per la realizzazione del padiglione Musto, nell'ambito dei lavori per la realizzazione del Villaggio Olimpico di Predazzo (50,3 milioni la spesa complessiva). L'intervento (7,2 milioni), prevede l'adeguamento sismico della struttura principalmente tramite la riduzione nel numero dei piani sopra terra, la rimodulazione degli spazi interni al fine di ottimizzare gli spazi dedicati alla palestra e all'auditorium, la realizzazione di 7 nuovi alloggi e di uno spazio dedicato al futuro simulatore dell'elicottero. Spetterà ora ad una commissione valutare le offerte.

L'apertura delle offerte arriva proprio all'indomani della puntata che la trasmissione di Rai Tre, «Report», ha dedicato ai giochi a cinque cerchi.

Nel mirino del programma d'inchiesta sono finiti soprattutto i costi delle opere di Milano Cortina 2026, lievitati nel corso degli anni (da cui il titolo della puntata «Sforo Olimpico»). Sotto accusa c'è anche l'impatto ambientale degli interventi, soprattutto la pista da bob di Cortina, appaltata al fotofinish (ad un certo punto le gare sembravano destinata all'estero, ad Innsbruck) e oggetto di una valanga di critiche per l'oblio cui sarà destinata dopo i giochi a cinque cerchi, così come accaduto per Pragelato in occasione di Torino 2006.

L'inchiesta di «Report» non ha risparmiato neppure la val di Fiemme, sede delle gare di sci nordico a Tesero e di salto nell'impianto di Stalimen, a Predazzo. In sostanza, il programma ha sottolineato come in fase di candidatura sia Tesero che Predazzo si siano presentate come sedi di fatto già pronte per ospitare le gare e con una spesa presunta rispettivamente di 8 e 8,7 milioni. Conti che nel primo caso sono saliti a 19, nel secondo addirittura a 41. Silvia Vaia, consigliera comunale delegata dell'amministrazione di Tesero per i giochi olimpici, non si è sottratta alle domande: «Su 19 milioni, 15 arrivano dalla Provincia autonoma di Trento, il resto attraverso un decreto governativo», ha detto a «Report». Aggiungendo: «Si tratta di investimenti importanti con legacy che vanno bel oltre le Olimpiadi». In sostanza: si tratta di tanti soldi i cui benefici saranno prolungati nel tempo e non solo per il breve periodo dei giochi. Un passaggio anche sulla nuova pista da skiroll, contestata da Luigi Casanova (presidente onorario di Mountain Wilderness) perché insiste su un'area agricola di pregio.

Poi è toccato ai trampolini di Stalimen. Anche qui «Report» ha sottolineato come nella candidatura non era prevista la demolizione e ricostruzione, come effettivamente sta avvenendo: «Si tratta di una struttura nata nel 1990 e che aveva necessità di manutenzione. Poi il Covid ha fatto lievitare i costi e la necessità di mettere a norma l'impianto ha portato alla ricostruzione», ha spiegato Paolo Boninsegna, attuale assessore ai lavori pubblici di Predazzo e candidato sindaco per il post-Bosin. Lo stesso Boninsegna non ha nascosto la preoccupazione per la tempistica: i test-event, infatti, sono previsti per gennaio 2025.

Altro argomento caldo è quello del Villaggio Olimpico che sorgerà dove ora si trova la scuola della Finanza a Predazzo: «Non solo il costo è passato dagli 11 milioni iniziali a 41 (in realtà 50,3 ndr), ma i padiglioni verranno costruiti alla confluenza del Travignolo con l'Avisio, in un'area ad alto rischio idrogeologico», la critica mossa da Casanova. Il Brt (Bud Rapid Transit) è il terzo, importante progetto previsto nelle valli dell'Avisio per Milano-Cortina 2026, con la realizzazione di un sistema di trasporto su gomma basato principalmente sull'utilizzo di mezzi elettrici. Si è parlato di terza corsia (la cui costruzione, per altro, rappresenta un grande punto di domanda vista la vicinanza temporale dei giochi) e della realizzazione dei parcheggi: «Utilizzeranno ettari di prato per realizzarli, asfaltandoli - ha detto Pierangelo Giacomuzzi, del Gruppo Info Brt - un bene prezioso in mezzo alle Alpi, non siamo in pianura Padana. Per le Olimpiadi possiamo usare posteggi modulari, smontabili a fine manifestazione e dal costo di gran lunga inferiore», ha concluso.

Alto Adige | 21 maggio 2024

p. 19

Olimpiadi, costi lievitati a 280 milioni

Alfreider: «Un malinteso mediatico»

Bolzano

«C'è un malinteso mediatico: nessuno ha mai sostenuto che le opere sarebbero servite unicamente alle Olimpiadi. C'è una legacy, e un valore aggiunto per il territorio oltre che un'accelerazione per altre strutture, dalla stazione di San Giacomo al progetto della val di Riga, fino al raddoppio della galleria del Virgolo». A dirlo è Daniel Alfreider, che da assessore alle Infrastrutture snocciola tutte le opere olimpiche altoatesine, dopo il servizio di Report - la trasmissione di inchiesta di Rai 3 - intitolato «Sforo olimpico». Un'inchiesta che si dipana tra Veneto, Trentino, Alto Adige e Lombardia, i territori dei Giochi Milano-Cortina 2026.In Alto Adige, le Olimpiadi costeranno 290 milioni di euro secondo il Dpcm dello scorso 8 settembre, 280 in base alle cifre in mano ad Alfreider: «Centosessantacinque milioni (di cui 25 per le opere sportive) verranno dal Fondo infrastrutture e 115 dalla Provincia, fino al 2027, sempre comprensivi della quota opere sportive (di nuovo 25 milioni di euro)».C'è la circonvallazione di Perca. Costo 134,5 milioni di euro Iva esclusa, secondo il Dpcm, contro gli iniziali 78 milioni. Sarà completata entro il novembre del 2026.Quindi il piano per l'eliminazione dei passaggi a livello, a cominciare da quello di Dobbiaco, centrale per raggiungere Cortina. Era previsto un sottopasso, ma dopo i rilievi dei geologi si è optato

L’Adige | 22 maggio 2024

p. 3, segue dalla prima

Le ombre su Milano-Cortina '26

Tre indagati per corruzione

francesca brunati igor greganti MILANO

L'ombra delle mazzette sugli appalti per i servizi digitali per Milano-Cortina 2026. È l'ipotesi dell'indagine della Procura di Milano che ha portato i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria ad effettuare perquisizioni, acquisizioni e ispezioni informatiche nelle sedi della Fondazione del comitato organizzatore e della società umbra Vetrya, poi Quibyt, e di Deloitte. Una vicenda per la quale, al momento, sono indagati per corruzione e turbativa d'asta l'ex amministratore delegato della stessa Fondazione Vincenzo Novari, l'ex dirigente Massimiliano Zuco e il rappresentante legale delle due società con sede a Orvieto Luca Tomassini. «L'indagine non è mai motivo di soddisfazione e orgoglio, ma nemmeno di preoccupazione» ha sottolineato il ministro dello Sport Andrea Abodi, mentre il Pd chiede al governo di riferire in Parlamento. «C'è la massima disponibilità nel fornire tutte le carte - ha aggiunto il presidente del Coni e della Fondazione Milano-Cortina Giovanni Malagò - ma penso che ancora una volta lo sport in termini di immagine sia vittima di tutto questo». L'inchiesta è nata da quella su una presunta maxi truffa sui servizi di telefonia e si riferisce agli anni 2020-2021. Secondo la ricostruzione, per «favorire l'affidamento delle gare relative al cosiddetto ecosistema digitale» alla Vetrya, l'ex ad e l'ex dirigente avrebbero ricevuto «somme di denaro e altre utilità», come «la Smart» in uso a Zuco, pagata «direttamente da Tomassini tramite Vetrya fin dal novembre 2019», per via delle sue «cortesie», si legge nei messaggi WhatsApp acquisiti durante l'inchiesta, fatte «ultimamente». Nel lungo decreto di perquisizione, che descrive anche quello che sembra un tentativo di pilotare la scelta del logo della manifestazione, si ricostruisce quanto è venuto a galla nei primi accertamenti e che ora sarà sviluppato con l'analisi del materiale raccolto, compresi i flussi finanziari degli indagati. Oltre al denaro, tra le «utilità» in cambio dei 3 affidamenti per un valore di quasi un milione e 900 mila euro, vinti anche da Quibyt (la srl creata sempre da Tomassini e subentrata nel novembre a Vetrya finita in liquidazione), gli inquirenti indicano pure i posti di lavoro. Da un lato, l'assunzione in Fondazione di «personale dipendente che (...) appare come parte di una cerchia di soggetti conosciuti da Novari», nominato nel 2019 (e Ad fino al 2022) con il via libera dell'allora ministro Vincenzo Spadafora, «nell'ambito di suoi precedenti incarichi dirigenziali in H3G». Dall'altro, l'intervento di Tomassini su Novari per «consentire» la nomina nel «comitato organizzatore» di Zuco come «direttore tecnico dei servizi digitali», con un «compenso complessivo» che oltrepassa gli 857mila euro tra il 2020 e il 2022 e «con assegnazione» dell'auto acquistata dalla società umbra. Per lui, inoltre, si cerca «di avere un importo» da trasferirgli, come si legge in una mail interna, in quanto, scrivono i pm, «era sempre attivo in interlocuzioni» con l'imprenditore che lo avrebbe piazzato, «in palese violazione degli elementari criteri di trasparenza e imparzialità nell'aggiudicazione di gare pubbliche». A testimonianza di un «contesto di 'opacità» ci sarebbero anche gli «interessi di carattere personale» di Zuco, «non altrimenti giustificabili nell'esercizio delle sue funzioni all'interno di Fondazione». Avrebbe infatti insistito «con Tomassini affinché uno dei due loghi di Milano-Cortina 2026, oggetto di un vero e proprio "televoto" pubblico gestito - a livello tecnologico - sempre da Vetrya, avesse la meglio sull'altro (in violazione dell'idea stessa di una "giuria popolare" alla quale era deputata, in via esclusiva, la scelta)». Con l'operazione, pubblico ministero e Fiamme Gialle hanno intenzione di fare verifiche sulle «procedure adottate per la scelta dei fornitori e degli sponsor tecnologici nonché per l'assunzione di dipendenti della Fondazione». Tra questi anche Deloitte (non indagata), subentrata lo scorso mese come sponsor tecnico.

22 per un ponte. «Un obbrobrio» per l'ex assessore Hans Schmieder, che a Report ha annunciato le dimissioni dal consiglio comunale. Alfreider protesta: «Abbiamo dato incarico di fare il disegno migliore. E pedoni e ciclisti avranno un passaggio sicuro verso San Candido». La terza opera è la circonvallazione di Dobbiaco (pronta nell'ottobre 2026). La consigliera Greta Serani protesta per un progetto che il Comune ancora non ha visto. I costi, segnala il servizio, sono lievitati da 13 a 35 milioni di euro (33 secondo l'assessore). La replica: «Il progetto deve essere rifatto ex novo, dato che il tracciato proposto passava sotto il Parco naturale Tre Cime, che è patrimonio Unesco».Le altre opere sono i due incroci di Rasun-Anterselva e Valdaora (si sta completando la progettazione esecutiva), il ponte di Anterselva da ricostruire (appaltato), i due tratti di strada da Valparola a Cortina (i lavori iniziano in questi giorni), l'allargamento della strada tra Chienes e San Lorenzo con opere di rinaturalizzazione.Infine, lo stadio del biathlon di Anterselva. Report cita il dossier di candidatura: si prevedeva una spesa di 5 milioni di euro. «Oggi sono circa 52», nota il consigliere Svp Alexander Messner. Secondo lui, il poligono sotterraneo «non serve». Alfreider controbatte: «Anterselva è una realtà fenomenale, costruita dal nulla e oggi nota in tutto il mondo. Si è proposto un investimento ulteriore per renderlo più competitivo tutto l'anno e nei prossimi 2030 anni».«Non ci siamo inventati le opere, erano già previste da decenni», ribadisce. Lo diceva anche il presidente Arno Kompatscher la settimana scorsa, dopo la lettera delle 20 associazioni promotrici della campagna Open Olympics. Così Alfreider: «Ad Anterselva ci si arriva già: la strada che realizziamo è una legacy, un lascito sul territorio, perciò va bene se una parte delle opere sarà completata dopo l'evento del febbraio 2026. Abbiamo partecipato con l'idea chiara di migliorare l'esistente, con pragmatismo e nel modo più ecosostenibile possibile». S.M.

Corriere delle Alpi | 22 maggio 2024

p. 3

Malagò agli ambientalisti «Siamo aperti al confronto agiamo con trasparenza» la polemica

Francesco Dal Mas

«Un saluto sportivo. Firmato Giovanni Malagò». Così di suo pugno, il presidente della Fondazione Milano Cortina, e capo del Coni, firma una lettera inviata alle 20 associazioni ambientaliste che a Pieve di Cadore avevano sottoscritto il manifesto sulla trasparenza dei Giochi. Associazioni che avevano sollecitato, fra l'altro, l'attivazione da parte dei gestori dell'evento olimpico di una piattaforma digitale dove tutti i cittadini possano verificare in maniera semplice, giorno dopo giorno, l'avanzare (o meno) dei cantieri. Anche perché – si era detto a Pieve di Cadore, i Giochi costano al contribuente non meno di 5 miliardi e 600 milioni di euro. Ebbene, proprio sul punto il presidente Malagò ha promesso che porterà la proposta all'esame dei soggetti coinvolti. Una lettera, quella di Malagò, dallo spirito conciliante, ecumenico, di segno diametralmente opposto al tono – molto duro – usato nella prima risposta di Simico, alla quale peraltro ha fatto seguito immediatamente il report sulle opere olimpiche. «Gentilissimi, anzitutto, mi è cosa gradita ringraziarvi per averci coinvolto sul tema in oggetto» scrive a Libera, Cai, Legambiente, Wwf, Italia Nostra, Mountain Wilderness e alle altre organizzazioni il presidente di Mico. «L'approccio della fondazione Milano-Cortina 2026 è da sempre basato sul dialogo e sul confronto tra le parti. Il tavolo di lavoro, avviato nel gennaio del 2021, è stato l'ambiente ideale in cui scambiare opinioni, approfondire il confronto e valutare anche posizioni diverse. Ma da quel tavolo, per varie ragioni, nel settembre del 2023, le associazioni si sono alzate, abbandonandolo. Ma quel tavolo rimane aperto – assicura Malagò –: per quanto attiene al comitato organizzatore, tale strumento continua ad essere un luogo ideale di trasparenza e di dibattito». La candidatura Milano Cortina aveva vinto la corsa ai Giochi invernali del 2026 soprattutto per il presupposto della sostenibilità. E, immediatamente dopo, per quello della trasparenza. Obiettivi che, fino ad oggi, sarebbero mancati, secondo il mondo ambientalista. «Il tema della trasparenza è per noi centrale – ribadisce autorevolmente nella lettera il presidente della Fondazione – e rappresenta uno dei pilastri su cui si fonda l'intera esperienza che porterà il nostro Paese, nel 2026, ad ospitare e accogliere il mondo nel più grande evento sportivo. Come già rilevato dalle stesse Associazioni, il comitato organizzatore, per quanto di propria competenza, ha scelto di rendere accessibili i propri documenti societari più importanti: i bilanci d'esercizio approvati dal consiglio di amministrazione, il rapporto di sostenibilità, impatto e legacy e il rimando ai rispettivi siti regionali con la pubblicazione della procedura Vas. Ciò che però ci sembra emerga dalle mail giunte a vario titolo dalle diverse associazioni non è un vero e proprio invito alla trasparenza, quanto piuttosto la richiesta di uno strumento di monitoraggio che permetta di aggregare i molti dati che – per loro stessa ammissione – le associazioni affermano di aver già individua to sui portali web di tutti gli enti coinvolti». Ed ecco l'impegno conseguente della Fondazione. «Vi confermo che il comitato organizzatore si farà parte diligente portando la vostra richiesta all'attenzione dei propri soci e stakeholder – assicura al riguardo Malagò –. Desidero infine precisare una differenza sostanziale che auspico possa nuovamente chiarire il ruolo della Fondazione: il comitato organizzatore dei prossimi Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali del 2026 è una fondazione di diritto privato, costituita il 9 dicembre 2019, e svolge tutte le attività di organizzazione, promozione e comunicazione degli eventi sportivi e culturali relativi ai Giochi del 2026. Non si occupa di interventi infrastrutturali che, come correttamente rilevato, afferiscono principalmente all'impegno di enti pubblici. Vi prego di considerare questa mia mail come inviata a tutti gli enti firmatari della vostra iniziativa per vostro tramite». La fondazione non ha inviato la lettera ai media. ha però lasciato questa opportunità alle singole organizzazioni.

E immediata è arrivata la replica delle associazioni: «Il presidente Malagò sostiene il dovere della trasparenza? Bene, sta alla fondazione dimostrarlo, in modo aperto. Fino a oggi la trasparenza è stata inadeguata e non risponde alle normative delle direttive europee, alla Convenzione di Aarhus e alle leggi nazionali». La risposta è firmata da Luigi Casanova, neopresidente nazionale di Moountain Wilderness, uno delle 20 organizzazioni ritrovatesi a Pieve di Cadore. «Il presidente afferma che il tavolo abbandonato dalle associazioni ambientaliste il 14 settembre rimane aperto. Non specifica che tale tavolo è stato abbandonato in quanto presentava un confronto solo frontale: le richieste delle associazioni non sono mai state affrontate – argomenta Casanova – Una su tutte, la Vas, Valutazione ambientale strategica: un dovere da assolvere, scritto nel dossier di candidatura, un dovere di rispetto verso le norme europee in materia ambientale (2001), un dovere di rispetto della legge nazionale (2006)». Casanova rileva poi che Malagò ancora una volta divide il suo ruolo nella Fondazione da quello di Simico. «Se le Olimpiadi stanno prendendo la piega mediatica raccolta da Torino 2006 (cioè negativa) è perché Simico, quindi tutta l'organizzazione olimpica, si è inchinata alla politica che ha imposto opere che esulano dall'evento. Infatti saranno terminate quasi tutte dopo il 2030, a eccezione di quelle sportive. Simico è il braccio operativo della Fondazione e a oggi ha agito, grazie alle complicità di Comuni e Regioni, in modo per nulla trasparente».

L’Adige | 23 maggio 2024

p. 16, segue dalla pima

La Provincia aiuterà Cortina per eventuali deficit di gestione

La Provincia di Trento - insieme a quella di Bolzano e ad altri sei enti - si è impegnata (sulla base di una lettera d'intenti firmata nel 2019) a collaborare con la Regione Veneto e il Comune di Cortina d'Ampezzo per la gestione post olimpica della pista da bob «Eugenio Monti» per gli esercizi compresi fra il 2027 ed il 2046, contribuendo al mantenimento con un importo annuo che verrà determinato congiuntamente in un Tavolo che sarà costituito ad hoc «per garantire la continuità dell'utilizzo sportivo dell'impianto».L'accordo di programma sottoscritto dalle due Province, come riporta la delibera approvata dalla giunta regionale del Veneto il 14 maggio scorso, prevede che a questo scopo saranno usate «apposite risorse nell'ambito del Fondo Comuni confinanti», ovvero il fondo finanziato con risorse statali nell'ambito degli accordi finanziari siglati a suo tempo con lo Stato. Tra gli altri impegni presi dal Trentino c'è anche quello di «garantire la copertura di un eventuale deficit nella gestione economica dell'impianto stesso». È chiaro infatti - e questo fu il motivo dell'esclusione di Miola di Piné come sede di un nuovo impianto olimpico per il pattinaggio velocità - che la pista da bob di Cortina, su cui molto si è discusso, è una struttura costosa dal punto di vista della manutenzione (si calcola 1 milione di euro all'anno) ed è destinata - passate le Olimpiadi invernali del 2026 - ad essere poco usata visto che il bob, lo slittino e lo skeleton, sono attività sportive con poche decine di atleti praticanti.L'accordo preso con il Veneto, però, prevede anche che la Provincia di Trento si impegni a «far diventare l'impianto un impianto di riferimento europeo per le Federazioni Nazionali e Internazionali che non dispongono di piste proprie per le attività di allenamento pre-competizioni e durante le pause delle competizioni stesse» a «diffondere la pratica» degli «sport del bob, dello skeleton e dello slittino» e a «garantire una programmazione congiunta relativa alla realizzazione dell'opera mediante la predisposizione di un piano economico finanziario che preveda sia il ricorso a strumenti di finanziamento pubblico per interventi infrastrutturali strategici, sia il ricorso a investimenti privati che si pongono in linea con la legacy che la realizzazione della venue intende perseguire».Gli altri soggetti che si impegnano a "tenere in vita" la pista da bob e slittino per vent'anni dopo i Giochi 2026 sono la Provincia di Belluno, la Fondazione Cortina, la Federazione Italiana Sport Invernali (Fisi) e la Federazione Sport Invernali Paralimpici (Fisip). Nel Piano complessivo delle opere olimpiche si è previsto per la pista da bob «Eugenio Monti» un costo totale di 118,424 milioni di euro, di cui 81,6 milioni per la realizzazione delle opere. La copertura di tali oneri è, per la quota di 117,484 milioni di euro, a carico di risorse statali e, per 470 mila euro, a carico del Comune di Cortina d'Ampezzo e della Provincia di Belluno per ciascun ente.La nuova pista sarà realizzata dalla Pizzarotti, unica azienda ad aver risposto al bando a febbraio, e l'opera dovrà essere pronta entro marzo 2025.Lo stanziamento di tutti questi soldi per la pista da bob di Cortina ha suscitato negli scorsi mesi molte polemiche, anche alla luce dell'esperienza della fine ingloriosa della pista di Cesana Torinese, che dopo le Olimpiadi del 2006 è stata abbandonata. E su esposto di Italia Nostra nel febbraio scorso la Procura di Belluno ha aperto un fascicolo contro ignoti relativo alla demolizione della vecchia pista olimpica di bob di Cortina per poter procedere alla costruzione di quella nuova.

Corriere delle Alpi | 26 maggio 2024

p. 18

I soldi per il bob Trento e Bolzano si smarcano ma spunta un patto

«Se e quando verrà presentato un progetto a favore della pista da bob di Cortina, lo stesso sarà istruito e gestito come tutti gli altri progetti d'intervento e, se risponderà ai requisiti, finalità e ambiti della legge d'intesa istitutiva del Fondo Comuni Confinanti potrà essere sottoposto alle valutazioni e approvazioni conseguenti con il parere favorevole del Trentino». Sembra possibilista, ma ha i toni della smentita, la posizione della Provincia Autonoma di Trento circa l'utilizzo del Fondo Comuni Confinanti per la gestione post olimpica della pista da bob.

È quanto si legge in una nota pubblicata due giorni fa, ma nella stessa nota Trento precisa anche che: «Allo stato attuale la Provincia di Trento non ha adottato nessuno schema di accordo ufficiale» e smentisce categoricamente l'ipotesi di poter contribuire economicamente alla gestione della nuova pista da bob, né tanto meno a coprirne eventuali deficit in concorso con altri soggetti.

Una puntualizzazione che coinvolge anche la vicina Provincia Autonoma di Bolzano: «Nessuna risorsa delle due Province è destinata a sostenere l'impianto di bob di Cortina d'Ampezzo».

Mentre in provincia di Belluno cresce la preoccupazione per l'accordo che potrebbe prelevare risorse dai fondi destinati allo sviluppo socio economico del territorio, dunque, oltre confine emergono paletti importanti.

L'assemblea dei sindaci bellunesi, però, non sarà convocata prima delle elezioni europee e quindi bisognerà aspettare metà giugno prima di capire come andrà a finire.

Nel frattempo però, grazie alla consigliera regionale veneta Cristina Guarda (Europa Verde) riemerge dagli archivi un documento del 2019 che la dice lunga su come si sia arrivati a questo punto e sul fatto che l'intenzione di utilizzare i soldi del Fondo Comuni Confinanti ci fosse fin dall'inizio. E con il benestare sia di Trento che di Bolzano.

Si tratta di una lettera di intenti inviata al presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Thomas Bach, dalle Province Autonome di Trento e Bolzano, dalla Regione Veneto e dal Comune di Cortina, datata 29 marzo 2019 e concentrata proprio sulla pista da bob di Cortina. La lettera contiene essenzialmente l'impegno da parte della quattro istituzioni «al fine di garantire la sostenibilità economica nel periodo successivo ai Giochi» con un accordo pluriennale a quattro che mira alla piena accessibilità della sede come centro di riferimento per le attività di bob e slittino delle Dolomiti, ma va anche oltre affermando: «L'intenzione comune di finanziare la pista da bob olimpica Eugenio Monti mediante le risorse finanziarie del Fondo Comuni Confinanti che viene alimentato annualmente con 80 milioni di euro». Prima delle firme in calce dei presidenti Zaia, Kompatscher e Fugatti e del sindaco Ghedina, la lettera si conclude

assicurando l'impegno delle parti a: «Garantire la copertura di qualsiasi deficit possa verificarsi nella gestione economica della struttura sportiva».

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Corriere delle Alpi | 26 maggio 2024 p. 18

Corriere delle Alpi | 26 maggio 2024

p. 7, edizione Belluno

Gazzettino | 26 maggio 2024

p. 11, edizione Belluno

COLLEGAMENTO SALTRIA – MONTE PANA

Alto Adige | 4 maggio 2024

p. 30

Monte Pana, Comuni divisi

Ora si pensa al referendum

Ezio Danieli

Val Gardena

Il progetto di collegare Saltria a Monte Pana rischia di innescare un braccio di ferro fra i Comuni della Gardena, le cui posizioni in merito al collegamento, sia esso con un trenino o potenziando l'attuale sistema di trasporto, sono divergenti, Resta, come possibile soluzione, un referendum popolare che possa coinvolgere i residenti dei diversi comuni chiamati a una scelta. Come previsto dal Masterplan Gherdëina Vision 2014, i Comuni di Castelrotto e di Santa Cristina hanno avviato un gruppo di lavoro che coinvolge tutti i Comuni della Val Gardena per la valutazione di tutte le soluzioni possibili per un eventuale collegamento tra Saltria e Monte Pana. Il gruppo si è già riunito e ha esaminato sei varianti di progetto proposte dalla società Groeden Seiseralm Express.Due sono i Comuni fermamente contrari a un progetto di collegamento: Ortisei e Selva. Gli altri (Santa Cristina, Castelrotto e Laion) sono tutto sommato favorevoli. Attualmente il collegamento con autobus porta a Monte Pana circa 600 persone al giorno; un nuovo impianto potrebbe arrivare a portarne il doppio all'ora. "Nei Plans de Cunfin si trovano le fonti di acqua potabile del nostro Comune - osserva il sindaco di Ortisei Tobia Moroder - fonti che soprattutto considerati cambiamenti climatici e alla sempre più precaria disponibilità di acqua anche in Alto Adige, vanno protette. Si tenga conto che quella è una zona caratteristica dal punto di vista ambientale e che merita la nostra attenzione per essere salvaguardata. Già nel 2019 il consiglio comunale si era espresso contro qualunque tipo di nuovo collegamento".Contrario, come detto, è anche il Comune di Selva Gardena. Più possibilista la posizione di Santa Cristina, dove peraltro la popolazione resta divisa: sono favorevoli in particolare i gruppi economici, una petizione ha raccolto in poco tempo molte firme di contrari.A Castelrotto la posizione viene ricordata dalla sindaca Cristina Pallanch: "Siamo favorevoli a un nuovo collegamento, visto che quello esistente non risponde più alle esigenze locali. Aspettiamo comunque l'esito degli incontri con il gruppo di lavoro. Un primo colloquio già c'è stato ed entro un paio di mesi potrò essere più precisa". Posizione simile per Laion, il cui territorio sarebbe solo sfiorato da un progetto che dopo tanti anni di discussioni rischia di provocare una frattura fra i Comuni gardenesi. Sarà un referendum popolare la soluzione?

Alto Adige | 5 maggio 2024

p. 30

«Stop a nuovi impianti nell'area del Sassolungo»

ezio danieli val gardena

I Comuni gardenesi restano divisi in merito all'idea di realizzare un nuovo collegamento fra Saltria e Monte Pana: se Santa Cristina e Castelrotto sono d'accordo, Ortisei e Selva hanno ribadito il loro no, mentre Laion ha una posizione defilata. Nella discussione irrompono ora i Verdi con un'interrogazione dei consiglieri provinciali Madeleine Rohrer, Brigitte Foppa e Zeno Oberkofler. "Abbiamo davvero bisogno di un altro impianto di risalita sotto il Sassolungo? Non dovremmo invece preservare la natura unica del nostro mondo montano?", si chiede Rohrer rivolgendosi al gruppo di lavoro istituito dai Comuni di S. Cristina e Castelrotto per esaminare varie opzioni per collegare l'Alpe di Siusi alla Val Gardena."Ma di cosa si occupa effettivamente il gruppo di lavoro? Chi sta esaminando cosa?", continuano le domande dei Verdi, che poi sottolineano: "Il gruppo di lavoro sta effettivamente esaminando varie opzioni per il collegamento, ma non se non sia meglio non costruire affatto una nuova funivia". E pongono altre questioni: "Saranno consultati gli abitanti dei cinque comuni interessati? O devono sperare che gli esperti di turismo abbiano in mente anche i loro interessi e la conservazione della natura? In Alto Adige abbiamo già avuto abbastanza esperienze negative in questo senso, La meravigliosa natura intorno al Sassolungo ha bisogno di essere protetta. Non ha bisogno di altre funivie. Il Sassolungo deve diventare un parco naturale".Rohrer, Oberkofler e Foppa nell'interrogazione chiedono poi se "il masterplan Gardena preveda il coinvolgimento della popolazione dell'intera valle". Un'altra osservazione che viene fatta riguarda la composizione del gruppo di lavoro, sottolineando che "il compito del gruppo di lavoro, a cui partecipano tre rappresentanti (senza diritto di voto) dei proponenti (del progetto, ndr) è quello di esaminare il progetto di collegamento tra Saltria e Monte Pana. Qual è la posizione della giunta provinciale su questo?". "I Comuni di Santa Cristina e Castelrotto - è un'altra osservazione con specifiche domande proposta dai Verdi - hanno stabilito dieci criteri per l'esame del progetto e fra questi la protezione del clima non è menzionata: il governo provinciale chiederà una verifica climatica del progetto? A quali condizioni il governo provinciale fornirà un contributo finanziario per il progetto di collegamento Saltria - Monte Pana? A quanto ammonta l'eventuale contributo finanziario per il collegamento?"La Val Gardena si è candidata per i Campionati mondiali di Sci del 2029, ricordano ancora i Verdi, che chiedono: "È possibile realizzare un'opera prima di questo grande evento?". Segue la

richiesta di conoscere "a quali condizioni è possibile indire un referendum nei Comuni interessati a favore o contro il nuovo collegamento?". E si tratta della stessa richiesta fatta dai Comuni gardenesi (Ortisei e Selva soprattutto) che hanno già espresso il loro parere contrario al collegamento ipotizzato e che sollecitano il coinvolgimento della popolazione della valle.

Alto Adige | 7 maggio 2024

p. 30

PRUDENZA VERSUS SICUREZZA IN MONTAGNA

Alto Adige | 15 maggio 2024

p. 30

Montagna, salire in quota ma solo in sicurezza

Stefano Zanotti

Dolomiti

L'Associazione degli Accompagnatori di media montagna dell'Alto Adige cresce e i temi relativi alla sua evoluzione sono stati al centro della recente assemblea.A cominciare dalla decisione del nuovo direttivo, guidato dalla presidente Imma Morandell, per cui d'ora in poi saranno ammessi come membri effettivi solo coloro che sono iscritti all'apposito registro delle guide alpine e sciistiche dell'Alto Adige.Un cambio storico, illustrato in modo dettagliato durante la partecipata assemblea generale e quindi approvato all'unanimità. Un cambio all'insegna della crescita comune di tutti coloro che operano in montagna e della sicurezza per quanti desiderano godere in modo autentico della montagna. «Sono fermamente convinta che in questo modo si metterà fine alle polemiche e alle controversie che purtroppo si sono ripetute in passato, causando danni alla nostra categoria - ha sottolineato Morandell aprendo l'assemblea - Oggi vogliamo guidarvi lungo il percorso che abbiamo intensamente perseguito negli ultimi cinque mesi».Di recente, la collaborazione con le Guide alpine e sciistiche dell'Alto Adige ha registrato un nuovo inizio, confermato positivamente dal vice presidente Bernhard Mock, che ha presenziato all'incontro. Gli obiettivi che entrambe le categorie vogliono promuovere per tutti gli iscritti all'albo sono, tra l'altro, la tutela dell'attività e una regolamentazione chiara e soddisfacente del mondo del turismo sulla neve. Inoltre, sono state presentate iniziative e vantaggi che l'associazione vorrebbe attuare nei prossimi mesi e anni.«Dovrebbe esserci cooperazione e non contrapposizione -ha aggiunto Morandell - Competenze e compiti sono definiti in modo chiaro e puntuale e saranno osservati da guide alpine e sciistiche e dagli accompagnatori di media montagna dell'Alto Adige».Attività e formazione. È stato poi presentato il programma delle attività. Il pomeriggio prima della riunione plenaria si è svolto un incontro formativo con visita al Centro meteorologico provinciale per conoscere meglio il lavoro dei meteorologi e confrontarsi con loro. In seguito, è stato visitato anche il Centro di emergenza provinciale per capire meglio meccanismi e sistemi operativi e di intervento.Spirito di collaborazione. Parole di elogio sono giunte da diversi ospiti d'onore, tra cui la presidente delle Guide turistiche e degli Accompagnatori turistici Petra Überbacher e il direttore generale dell'Avs Cristian Olivo.Morandell ha quindi ringraziato tutti i membri del consiglio per il loro impegno, il loro sostegno e la collaborazione: «Solo così possiamo lavorare con motivazione e impegno per il futuro delle guide escursionistiche in Alto Adige».Il nuovo direttivo.Infine, l'assemblea generale ha eletto per acclamazione due nuovi membri del consiglio direttivo: Sybille Astrid Mack

e Martin Martinelli affiancheranno la presidente Imma Morandell Sinn, il vice presidente Manfred Calliari e i consiglieri Christl Dissertori, Günther Vettori e Patrick Stuflesser.©RIPRODUZIONE RISERVATA

DOLOMITI MOUNTAIN SCHOOL 2024

Messaggero Veneto | 31 maggio 2024

p. 29, edizione Udine

Mountain school

Si parla di sicurezza in un incontro

Dopo la presentazione del programma avvenuta il 12 aprile presso l'Università degli Studi di Udine, è in arrivo la prima tappa dell'ottava edizione della Dolomiti Mountain school. Questo percorso è nato per favorire lo sviluppo di una cultura del paesaggio e una riflessione sui metodi e gli strumenti di governance e gestione dell'ambiente e del territorio, in particolare quello del Bene Dolomiti Unesco. Stavolta ci si confronterà sul tema della sicurezza in montagna che, come dice il titolo dell'incontro, "comincia prima di salire" . L'evento si svolgerà oggi, venerdì, dalle 9.30 alle 18, nell'Auditorium comunale di Prato Carnico in frazione Pieria. La giornata inizierà con i saluti di Pierpaolo Zanchetta, del Servizio biodiversità della Regione, cui seguirà la presentazione del programma, a cura di Gianpaolo Carbonetto, giornalista e studioso di culture della montagna e coordinatore della Dolomiti Mountain School. Seguiranno interventi da parte di esperti in vari campi, fra loro Marika Freschi e Ivan Da Rios, gestori del Rifugio Pordenone di Cimolais.

NOTIZIE DAI RIFUGI

Il T | 1 maggio 2024

p. 28

«Rifugi, presidio sociale»

Molto più di una semplice professione, gestire un rifugio è una vocazione che richiede competenza, dedizione e passione. Un ruolo che si sta evolvendo in risposta alle nuove sfide ambientali, culturali e turistiche poste da un nuovo modo di vivere la montagna. Questo il tema dell'incontro I gestori dei rifugi del Trentino, Profilo, competenze e aspettative, che si è svolto a Palazzo Roccabruna nell'ambito del Trento Film Festival. Durante l'evento sono stati illustrati i risultati di una ricerca condotta dalla Provincia in collaborazione con SAT, Trentino School of management e Associazione dei gestori. «Si parla dei rifugi come osservatorio privilegiato dei cambiamenti e delle dinamiche che interessano la montagna. I rifugi sono presidio della montagna, un luogo culturale e sociale», ha spiegato Alessio Bertò dell'ufficio interventi tecnici. E.E.

Gazzettino | 6 maggio 2024

p. 8, edizione Belluno

Corriere delle Alpi | 8 maggio 2024

p. 16

La telemedicina sbarca in nove rifugi In quota il soccorso sanitario è assicurato

Telemedicina ad alta quota. Da giugno nove rifugi saranno dotati del kit di soccorso che permetterà di trasmettere i dati relativi ai parametri vitali di un turista colto da malore o infortunato direttamente alla centrale operativa del Suem 118 di Pieve di Cadore. I rifugi

Dopo la sperimentazione partita al rifugio Faloria a gennaio, altre otto strutture alpine hanno aderito all'invito dell'Ulss. «Sono stati gli stessi gestori», precisa Cristina Barbarino, a capo del Suem 118 in attesa della designazione del nuovo primario, «a chiederci di essere formati per intervenire in caso di necessità. Spesso un rifugista si trova ad affrontare situazioni di emergenza, sapere cosa fare è fondamentale per salvare delle vite e attendere l'arrivo dei soccorsi». Ecco i rifugi del Cai che hanno aderito: Galassi, Lavaredo, Mulaz, Nuvolau, Scarpa, Tissi, Vandelli e Venezia. Si tratta di rifugi operativi solo d'estate, a differenza del Faloria, che è aperto anche in inverno.

«In una giornata tipica di luglio sui sentieri vicini al nostro rifugio passano in media 7 mila turisti, la metà entra nei nostri locali», sottolinea Daniele Pais, che insieme alla famiglia gestisce il rifugio Vandelli. «Abbiamo aderito a questo progetto perchè, vista l'affluenza, è necessario che il rifugista possa essere assistito da un esperto in caso di bisogno. «Ogni anno», prosegue Pais, «chiamiamo almeno una volta al giorno il Suem per malori o infortuni, infortuni causati perlopiù da abbigliamento non adatto alla montagna».

il kit di soccorso

Ieri i rifugisti che hanno aderito al progetto – insieme a personale del Soccorso alpino e dei soccorritori in pista della Guardia di Finanza – hanno seguito il corso di formazione per l'utilizzo del kit di soccorso, che è costituito da uno zaino contenente un pulsossimetro, un rilevatore di pressione sanguigna, un elettrocardiografo e una bodycam. «Quest'ultimo apparecchio», dice Barbarino, «indossabile o posizionabile stabilmente su qualsiasi superficie, consente la trasmissione delle immagini acquisite dalla camera stess in tempo reale, utilizzando una rete wifi, se disponibile, o una rete telefonica di qualsiasi operatore disponibile».

Come funziona

Se in un rifugio una persona si sente male, il gestore chiamerà il 118, attivando la bodycam. Tramite l'aiuto del personale della centrale Suem, utilizzerà i dispositivi per rilevare alcuni dei parametri vitali che saranno trasmessi direttamente alla centrale. Toccherà ai responsabili del Suem deciderà quale mezzo di soccorso inviare e in quale ospedale trasferire il paziente. Queste operazioni potranno essere svolte anche dai volontari del Soccorso alpino o dai soccorritori delle Fiamme gialle in pista. «La bodycam permetterà anche la geolocalizzazione del paziente, cosa importante per un intervento tempestivo e puntuale», conclude Barbarino. «Si tratta del primo passo per rendere sicuri i rifugi», ha sottolineato il commissario straordinario Giuseppe Dal Ben, annunciando che «questi dispositivi saranno poi assegnati anche ad altri rifugi e non solo».

Rifugi sani e sicuri

Il progetto "Rifugi sani e sicuri", finanziato con i Fondi dei comuni confinanti, intende migliorare le condizioni dei rifugi anche in vista delle Olimpiadi. «Il percorso prevede tre momenti: il miglioramento della qualità igienico-sanitaria dei rifugi, dall'acqua al cibo, il potenziamento della sicurezza sanitaria e la promozione della salute», sono le parole del direttore del Dipartimento di Prevenzione Sandro Cinquetti. «Entro giugno assegneremo bollini di qualità ai rifugi che abbiano superato le nostre verifiche. Entro il 2026 ci piacerebbe aver riconosciuto la qualità del servizio ad una quarantina di rifugi».

Corriere delle Alpi | 21 maggio 2024

p. 29

Alto Adige | 24 maggio 2024

p. 22

Verdi: attenti all'ampliamento dei rifugi

Nell'ultima parte della "legge omnibus" della giunta provinciale, che sarà trattata il prossimo lunedì dalla terza Commissione legislativa, si parla anche dei rifugi. «Molte cittadine e cittadini della nostra provincia desiderano che queste strutture tradizionali del mondo alpino

rimangano tali. Che vengano trasformate silenziosamente o anche in grande stile in hotel è qualcosa che vogliono in pochi», commenta la rappresentante verde nella Commissione legislativa, Brigitte Foppa. Nella omnibus è prevista una modifica che riguarda l'ampliamento dei rifugi. Per la costruzione di nuovi rifugi e per gli ampliamenti a partire dal 30% del volume, dovrà essere presentato, oltre al nulla osta della giunta provinciale e il parere della commissione per la tutela del paesaggio, anche il parere della consulta per le attività alpinistiche. «Sembra che per quest'ultimo si sia lottato a lungo», dice Foppa, «Bene che entri a far parte della legge, ma la soglia del 30% per il coinvolgimento della consulta è troppo alta».

Corriere delle Alpi | 27 maggio 2024

p. 15

Sentiero 493 sepolto da un'enorme frana Distrutta la strada per il rifugio Venezia

Paola Dall'Anese / vodo

Una frana di vaste dimensioni è caduta nella notte tra venerdì e sabato sul sentiero 493, quello che da Zoppè di Cadore porta al rifugio Venezia e a malga Rutorto, nel comune di Vodo di Cadore. La strada, di proprietà della Regola Granda di Vodo e utilizzata anche dai mezzi a motore, risulta interrotta prima della località Le Piazzole e non può essere percorsa nemmeno a piedi.

Complice le piogge battenti dei giorni scorsi e la presenza di acque sotterrane, il terreno imbevuto di acqua ha ceduto sotto il suo peso scivolando sul sentiero e portandosi dietro decine di alberi.

È toccato a Daniele Talamini, presidente della Regola Granda, informare dell'accaduto i sindaci di Zoppè di Cadore e di Vodo, la Protezione civile, e i servizi forestali di Belluno «i quali però hanno evidenziato che non si tratta di un problema di loro competenza», precisa Talamini.

Nei prossimi giorni saranno eseguiti dei sopralluoghi da parte di personale forestale e di geologi per capire la stabilità del versante, il tipo di intervento da realizzare e quantificarne i costi.

La frana

«La frana , tra i 60 e i 90mila metri cubi di materiale e con un fronte di 500 metri, parte circa 400 metri a monte della strada distrutta e si estende per i sottostanti 400 metri. Purtroppo il terreno è ancora in movimento, visto che in quella zona ci sono acque sotterrane. Ci sono poi decine e decine di alberi abbattuti che ancora stanno schiantandosi», precisa Talamini, che è stato sul posto ed evidenzia come, «la frana ha praticamente distrutto il tratto della strada regoliera. Vista la situazione, il transito per Malga Rutorto, per il rifugio Venezia e per le prese dell'acquedotto comunale di Zoppè è impedito», allarga le braccia il presidente della Regola.

Malga Rutorto

Ad accorgersi della frana è stato il malgaro che in questi giorni sta sostandosi verso Malga Rutorto, anch'esso di proprietà della Regola, con gli animali destinati alla monticazione.

L'uomo, che stava portando alla malga 16 cavalli, si è trovato di fronte all'enorme smottamento ed è stato costretto a cambiare strada. «I cavalli», spiega Talamini, «siamo riusciti a farli arrivare alla malga, ma presumibilmente dovremo rinunciare alla monticazione delle mucche per evitare un grande disagio al malgaro stesso».

Pascoli e malga, infatti, sono affittati a una azienda agricola dell'Agordino e il malgaro deve salire a piedi da Zoppè attraverso la strada cosiddetta "del formai" «che si incrocia circa a metà del tragitto del sentiero Cai 493 che scenda dalla località Le Piazole. Con ogni probabilità l'unico collegamento pedonale per l'estate sarà la strada che da località Sagui a Zoppè sale fino a malga Rutorto e poi da lì alle vasche dell'acquedotto del comunee al rifugio Venezia», conclude il presidente della Regola Granda.

Il rifugio Venezia

«Non siamo preoccupati», precisa Barbara Feltrin, che gestisce il rifugio Venezia, struttura che aprirà per la stagione estiva il 15 giugno. «Altre volte abbiamo dovuto fare i conti con i dissesti – prima con Vaia, poi con altre frane – per cui non ci spaventiamo. Sto pensando», spiega Feltrin, «a come organizzare il trasporto di tutte le vettovaglie al rifugio: credo che sarò costretta a chiedere l'intervento dell'elicottero. Sarà un po' scomodo, ma ce la faremo».

Feltrin evidenzia che per i turisti che vorranno salire al rifugio non ci saranno particolari problemi: «Potranno prendere il sentiero a Sagui, che poi si raccorda con la strada al di là della frana. Si tratta di circa cinque chilometri di sentiero che si percorre in un'ora e mezzo a piedi».

Il sindaco di Zoppè

Il sindaco Paolo Simonetti sta seguendo attentamente la situazione, visto che questa frana impedisce di raggiungere agilmente le prese dell'acquedotto del suo comune. Se ci saranno problemi all'acquedotto, il personale comunale sarà costretto ad arrivare sul posto con gli elicotteri. «Viste le dimensioni della frana, credo che la situazione non si risolverà in breve tempo», allarga le braccia Simonetti. «Anche perché ora non ci sono strade alternative, visto che la carrareccia che scendeva a San Vito ora non è più accessibile».

Il sindaco evidenzia poi che il costo dell'intervento non sarà indifferente, perchè molto è il lavoro da fare.

«Dopo aver appurato la stabilità del pendio, si dovranno tagliare tutti gli alberi e portarli via, poi si interverrà per asportare il materiale terroso. Speriamo di non dover fare anche dei canali di convoglio delle acque sotterranee, perchè i costi lieviterebbero e noi come Regola non abbiamo tutte queste risorse. Si consideri», conclude il presidente Talamini, «che avevamo previsto di destinare quest'anno una parte del nostro budget per fornire di bagno e di cucina la malga Rutorto. Credo che anche quest'anno dovremo rinviare l'intervento».

Gazzettino | 29 maggio 2024

p. 10, edizione Belluno

NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE

GUIDE ALPINE E ACCOMPAGNATORI DI MEDIA MONTAGNA

L’Adige | 26 maggio 2024

p. 23

“Tuteliamo il nostro lavoro”

Francesca Cristoforetti

Il presidente uscente Gianni Canale è stato riconfermato al vertice delle Guide alpine per i prossimi tre anni. Questo quanto deciso ieri nella sala polifunzionale della Cantina di Lavis, dove si è svolta l'assemblea ordinaria ed elettiva del collegio Guide alpine del Trentino. Dove non solo sono state tirate le somme, ma si è guardato anche al futuro. A fianco dell'esperto, classe 1981 di Ragoli, sono stati confermati i membri del consiglio direttivo: Simone Banal, Tommaso Cardelli, Massimo Faletti, Rocco Romagna e Simone Elmi e dall'Accompagnatrice di Media Montagna Maria Assunta Stolcis. Ad attenderli una serie di sfide nel prossimo triennio. In primis, «la tutela della categoria nel controllo dell'esercizio "abusivo" della nostra attività al pari di altri ordini professionali», ci tiene a precisare il presidente appena rieletto. «Dobbiamo preservare i nostri spazi, dato che alcune figure "sforano" dal loro ambito, in particolare nel mondo dell'outdoor». L'obiettivo principale sembra essere soltanto uno su questo fronte: «Il nostro scopo - sottolinea Canale - rimane quello di dimostrare alle persone che vivono il territorio, dai turisti ai fruitori della montagna, agli albergatori che il territorio lo conosciamo bene e lo vogliamo valorizzare al meglio. Vogliamo essere un presidio dell'ambiente montano. Non solo per insegnare le buone norme e il giusto atteggiamento da tenere in montagna ma riuscire a far capire come rispettare l'ambiente nel migliore dei modi. Perché il nostro contributo vuole essere quello di accompagnare gli escursionisti e alpinisti, principianti e non, in un percorso di consapevolezza per conoscere i pericoli, oltre che le loro capacità alle quote più alte in maniera autonoma e con maggiori competenze e bagaglio "culturale" alle spalle». Altro grande scoglio che si vuole affrontare è la "barriera" linguistica. «Avendo a che fare con una

clientela anche straniera, vogliamo cercare di migliorare le nostre conoscenze della lingua inglese e di quella tedesca per riuscire ad avere una comunicazione ancora più efficace con i turisti che vengono da fuori». I numeri delle guide alpine nella provincia rimangono importanti. «Nell'ultimo decennio circa, abbiamo ogni anno una decina di candidati che superano le prove attitudinali e che frequentano i corsi per diventare aspriranti guide (e poi guide). Cosa che garantisce dunque un ricambio generazionale. Ricordiamo che il Trentino presenta il collegio più numeroso in tutta Italia con 240 tra guide alpine, aspiranti guide e altrettanti accompagnatori di media montagna iscritti nel 2024». A essere aumentata sensibilmente durante l'ultimo mandato anche la sinergia con il soccorso alpino, Sat, Dolomiti Unesco, l'associazione Rifugi del Trentino e Trentino Marketing. «Portiamo avanti un progetto per diffondere consapevolezza e prudenza. Dobbiamo tener presente che i frequentatori della montagna - e chi si approccia per la prima volta - sono in aumento. È importante informarsi e affidarsi a dei professionisti del settore».

NOTIZIE DAI PARCHI

L’Adige | 7 maggio 2024

p. 29

NOTIZIE DAI CLUB ALPINI

L’Adige | 8 maggio 2024

p. 13

La Sat ha scelto il presidente: è il glaciologo Cristian Ferrari

FABRIZIO FRANCHI

Quattro ore e mezza estenuanti con ben dieci votazioni. È stato un parto difficile quello di lunedì sera alla Sat, con il consiglio chiamato a eleggere il nuovo presidente (al posto di Anna Facchini) e la nuova giunta. Alla fine di questa fatica è stato eletto il nuovo leader: è Cristian Ferrari, glaciologo, nel segno della continuità con Anna Facchini. Peraltro anche Iole Manica che si contrapponeva a Ferrari era legata alla presidente uscente ed era nel segno della continuità, ma le sfumature tra i due li hanno portati su posizioni diverse. Al termine, dopo ore di discussione e tante fumate nere, sempre alla presenza della presidente uscente che ha guidato i lavori, c'è stata la votazione risolutiva: 9 voti per Ferrari e 7 per Manica. Sbloccata la pedina del presidente della Società alpinisti tridentini, tutto si è sistemato sulla scacchiera, instradandosi con l'elezione dei vice, Cinzia Fedrizzi e il giovane valsuganotto Riccardo Giacomelli. Come segretario si è riproposto ed è stato confermato l'ex magistrato Carlo Ancona. In giunta entrano anche Franco Tessadri, Alessandro Rossi e Massimiliano Corradini.Come si può capire, in realtà Ferrari non ha la maggioranza del consiglio, avendo ottenuto 9 voti su 19 consiglieri. L'impasse si era prodotta durante la serata tra lui e Manica e non si riusciva a trovare una soluzione. Ci ha provato Mauro Mazzola a offrirsi come terza soluzione, ma non ha trovato i consensi necessari, segno forse anche che i dissidenti interni non sono riusciti a coagulare il malessere strisciante contro la presidente uscente e il suo gruppo, contestata per quella che ormai è definita da tutti come "gestione aziendalista". Un dissenso che esiste, ma che non riesce a trovare una sponda organizzata. Mazzola ha provato a presentarsi, lunedì sera davanti ai consiglieri, come figura di mediazione, una terza via la sua, una proposta attorno al quale a suo dire si sarebbe potuto ricostruire un'unità, ma che intendeva discutere tuttavia delle criticità ereditate dalla gestione uscente.Una proposta che non poteva essere accettata per diversi motivi dall'area Facchini. E così Mazzola alla fine ha lasciato il consiglio centrale insieme all'alpinista primierotto Johnny Zagonel e a Matteo Motter, pur dichiarando che l'abbandono non era dovuto a motivi politici. Questo comunque ha permesso di abbassare l'asticella necessaria per i voti della presidenza, mentre Ancona faceva una sorta di mozione del cuore rivendicando la linea della continuità. I risultati finali ci dicono che Ferrari non ha ottenuto la maggioranza e ora dovrà lavorare con forza per fare ripartire la Sat, riappacificando le diverse anime interne. Una riappacificazione che tuttavia ieri sera era stata smarrita nelle infinite discussioni. È riuscito a proporre i due vice, Fedrizzi e Giacomelli che hanno ottenuto i voti necessari, ma poi per evitare scontri e ulteriori problemi ha lasciato libertà di voto per gli altri tre membri della giunta. Ferrari, nel tentativo di ricucire la frattura che si è creata, comunque ha dichiarato di voler coinvolgere nel lavoro tutti e 19 i consiglieri. Ora lo attende un lavoro di bilanciamento e di sistemazione organizzativa con la nomina delle singole commissioni interne, tra le quali quelle sui sentieri e sui rifugi, perché dentro la Sat ci sono sentimenti diversi sul destino dei rifugi e sulle modalità di scelta dei rifugisti. Insomma, la Sat è in mezzo al guado e Ferrari deve decidere che cosa fare: andare avanti sulla linea tracciata da Facchini, cioè una linea "imprenditoriale" oppure tenere conto del malessere e della richiesta di attenzione di chi invoca un ritorno alla tradizione. Insomma, che montagna vuole la Sat, che visione ha del rapporto con la montagna Ferrari, colui che saràla guida della società per i prossimi tre anni?

L’Adige | 9 maggio 2024

p. 10

La Sat supera le tensioni

Ferrari: lavoremo in cordata

fabrizio franchi

Passerella ieri per la nuova giunta della Sat, schierata al completo nella sede di via Manci in favore di telecamere e giornalisti. Il nuovo presidente Cristian Ferrari si è presentato, affiancato dai due vicepresidenti Cinzia Fedrizzi e Riccardo Giacomelli e con il resto della giunta: il segretario Carlo Ancona e gli altri membri, Franco Tessadri, Alessandro Rossi e Massimiliano Corradini.Nello spazio di montagna Sat erano arrivati tanti satini, tra gli altri la probivira Edda Agostini in silenzio ad ascoltare e soprattutto la presidente uscente Anna Facchini a cui Ferrari ha reso omaggio, ricambiato in un intervento inconsueto che segnala la presenza ancora viva della ex leader Sat. Le tensioni di lunedì notte sono calate, il messaggio diffuso da tutti è che "ora si supera il momento e ci si ricompatta e si torna al lavoro". Ferrari, con calma olimpica, come se le divisioni interne non lo avessero toccato ha detto con chiarezza: «Lavoreremo in cordata, tutto il consiglio lo farà. In cordata qualcuno va un po' di là, qualcun altro da un'altra parte, ma la direzione è unica. E come in montagna cammineremo con passo svelto, ma tutti insieme senza lasciare indietro nessuno».L'ex magistrato Carlo Ancona ha cercato di spiegare ai giornalisti che quello che era successo lunedì sera era acqua fresca rispetto alle divisioni del passato. Tuttavia il consiglio di lunedì qualche scoria l'ha lasciata e qualche residuo dovremo ancora scoprirlo. Infatti nelle lunghe discussioni - e nelle votazioni per la presidenza - si erano creati tre gruppi: Iole Manica con otto voti, Cristian Ferrari con 6 e un gruppo di cinque schede bianche dichiarato e identificato in Mauro Mazzola, Johnny Zagonel, Matteo Motter, Alessandro Rossi e Massimiliano Corradini, che mettevano in discussione la direzione "imprenditoriale" della Sat. Alla fine, dopo l'invito ad andarsene dalla riunione, fatto da Anna Facchini ai dissidenti per permettere l'elezione del presidente in modo da abbassare il quorum, se ne sono andati in tre, Mazzola, Zagonel e Motter. Rossi e Corradini sono rimasti e hanno votato Ferrari. A loro si è aggiunto nell'urna un voto dei sostenitori di Manica che è passato con Ferrari. Il tutto benedetto da Anna Facchini, che evidentemente ha lasciato Manica per sostenere Ferrari. Morale: Manica solo sette voti nell'urna. Ferrari nove. E questo lascerà qualche amarezza. Mazzola dal canto suo ha detto che non si tirerà indietro, ma continuerà la sua battaglia, in particolare sui bivacchi e i rifugi per recuperare i valori della montagna per chi la montagna la vive e la frequenta. Ferrari ha esortato tutti a fare cordata e a «tenere e rinnovare sinergie con gli altri attori che operano nel mondo della montagna», come le Guide alpine, il Soccorso alpino, gli ordini professionali, gli istituti di cultura e l'Università. La linea è quella del ricompattamento e del lavoro. Cinzia Fedrizzi ha insistito: «Bisogna dare risposte a tutte le sezioni». Giacomelli ha fatto appello ai

giovani e all'attenzione al turismo lento. Rossi ha insistito sul benessere dei soci Sat. Tessadri pensa a un consiglio che sia sempre più preparato. Corradini invita a una operazione ascolto delle sezioni e ha fatto un siparietto con Ancona, accusandolo di essere logorroico. No, la pace in Sat deve essere ritrovata, ma come sempre i satini, gente di montagna, torneranno a camminare anche se il sentiero è impervio.

Alto Adige | 12 maggio 2024

p. 25

Corriere delle Alpi | 14 maggio 2024

p. 17

I riflettori del Cai sulla sicurezza «Tirati a lucido sentieri e ferrate»

Francesco Dal Mas / BELLUNO

Grazie al sito Dolomiti Unesco, gli escursionisti arrivano da tutto il mondo, quindi la sicurezza in quota va perseguita a più livelli. Ecco perché il progetto Regione-Cai pensato inizialmente per le Alte Vie alpine è stato poi ampliato alla sentieristica, alle ferrate, alle piste forestali, ai bivacchi, ai rifugi, alla telemedicina. Con un investimento iniziale di un milione e mezzo di euro, messi a disposizione in gran parte dal Fondo per i Comuni di confine.

«Siamo partiti dal considerare inizialmente il turismo d'alta quota nei territori di confine con le province di Trento e di Bolzano», racconta Renato Frigo, presidente regionale del Cai, «e il primo stanziamento, di 450 mila euro, lo abbiamo destinato alla manutenzione straordinaria delle ferrate, che nei due anni di Covid, con il fermo-escursionismo, erano state un po' abbandonate».

Nessun supplemento di acciaio o di ferro in quota; già sono sufficienti i percorsi attrezzati. Ma le risorse sono state concentrate in una puntuale messa in sicurezza di scale, funi, chiodi. «Le ferrate sono la grande attrattiva degli escursionisti soprattutto stranieri. Come ben sanno le guide alpine, accade spesso che queste ultime ricevano la prenotazione dal turista d'oltre oceano o asiatico che dopo due giorni a Venezia, si fionda a quota 2 mila e oltre per provare l'emozione di una ferrata».

Ed ecco le ferrate coinvolte: Berti Antonio e Marmol sullo Schiara, Stella alpina nell'Agordino, Vandelli sul Sorapis, RaGusela in Val Boite, tratti attrezzati della strada Sanmarchi, la Roghel, la D'Ambros, la Ferrata del Camoscio sul Monte Palombino, la mazzetta a forcella Ambata in Comelico. E ancora: la via normale al Civetta e il rifacimento della variante Alleghesi al rifugio Torrani, sempre sul Civetta.

Non solo ferrate: 50 mila euro sono stati adoperati per nuovi impianti per la banda larga satellitare nei rifugi e nelle malghe, con il potenziamento del segnale Wi-Fi in quelli esistenti seguendo lo standard già collaudato con il progetto di eccellenza per i territori delle Dolomiti Unesco. Altri 250 mila euro sono stati impiegati per la sistemazione di alcune strade silvo-pastorali, magari quelle che facilitano l'accesso ai rifugi alpini (in questi casi il Bianchet, il Venezia e il Vazzoler), costretti altrimenti a farsi il rifornimento con l'elicottero. La terza voce di investimento sono stati i sentieri alpini. Il Veneto vanta più di 4 mila chilometri in capo al Cai, più della metà si trovano nel Bellunese. «Proprio in queste settimane centinaia di volontari delle nostre sezioni», racconta Frigo, «stanno operando in quota per visionare i percorsi e provvedere alla manutenzione, perché le precipitazioni nevose abbondanti possono aver creato qualche smottamento. Là dove ci sono problemi importanti, vengono fatti intervenire i servizi delle Unioni montane, a cui è stata affidata una cifra di oltre 170 mila euro.

Sempre dal Fondo per i Comuni confinanti, sono stati ritagliati 250 mila euro per il recupero energetico di alcuni rifugi e in taluni casi si è provveduto alla sistemazi one delle cucine. «Sono stati fatti dei bandi da 40 mila euro e si è contribuito o è stato pagato l'intero importo dell'intervento per 6/7 rifugi» specifica Frigo. Inoltre sono stati rinnovati bivacchi che si trovavano in condizioni di estrema precarietà (il nuovo Sperti sullo Schiara, il Fanton sulle Marmarole, il Tiziano sempre sulle Marmarole, il Cosi sull'Antelao) e si è intervenuti allo scopo con contributi per 30 mila euro a 4 strutture».

Per la riqualificazione strutturale dei rifugi alpini sono stati investiti 93 mila euro: si tratta – spiega Frigo - di interventi per il risparmio energetico attraverso l'ammodernamento delle dotazioni strumentali, dei sistemi di riscaldamento, l'installazione di strumenti di sfruttamento delle energie rinnovabili (vento, sole, acqua), di economia dei consumi con gli impianti di illuminazione a Led e di gestione differenziata dei rifiuti.

Sicurezza in alta montagna significa soprattutto la garanzia dell'assistenza sanitaria. Da qui, appunto, l'attenzione per la telemedicina a zainetto. La Regione si è avvalsa dell'Ulss di Belluno per l'acquisto di una decina di zainetti. Il kit in dotazione a rifugi selezionati dal Cai (Galassi, Lavaredo, Scarpa, Mulaz, Tissi, Vandelli, Nuvolau, Venezia), è composto da una bodycam, un pulsossimetro, un misuratore della pressione arteriosa e un elettrocardiografo. I parametri rilevati arrivano direttamente al sistema di Centrale Suem, dove il personale attiva la miglior rete di soccorso possibile e centralizza il paziente nel presidio più adatto».

Di questo progetto – aggiunge Frigo – dobbiamo essere grati al dottor Trillò, primario del Suem, e alla Direttrice Carraro e al suo successore Dal Ben.

DOLOMITI IN TV

Gazzettino | 15 maggio 2024

p. 10, edizione Belluno

Corriere delle Alpi | 19 maggio 2024

p. 29

Federer e Nadal a Cortina per Louis Vuitton Sotto la neve sul Lagazuoi

la sorpresa

Rivali sui campi da tennis, amici nella vita. Federer e Nadal, per gli appassionati semplicemente Fedal. Insieme, stavolta, a Cortina, per una campagna di Louis Vuitton sul Lagazuoi. Sotto una bufera di neve, i due campionissimi qualche tempo fa sono saliti con la funivia da passo Falzarego fino ai 2.752 metri del rifugio ampezzano.

Giaccone pesante, specie per Nadal che è abituato a ben altri climi nella sua Mallorca (gli è scappata una risata nell'intervista pubblicata sul sito della Maison riguardo alle condizioni meteo della giornata), scarponi ai piedi, grandi sorrisi e abbracci fra i due e con la celebre fotografa Annie Leibovitz, che li ha immortalati per la campagna Core Values (le foto qui sopra sono tratte dal video diffuso da Louis Vuitton e dal profilo Instagram della Maison e dei due atleti). Vestiti come due alpinisti, Federer e Nadal si sono avventurati anche in una breve camminata sulla neve. Roger e Rafa, icone globali dello sport non solo per quello che hanno fatto sui campi da tennis, ma per i valori che hanno saputo trasmettere durante tutta la carriera, si sono poi raccontati in una lunga intervista, sotto una nevicata. Hanno parlato dell'importanza di avere accanto la famiglia, il team, di come per loro fosse un'occasione «unica, speciale» essere sulle Dolomiti bellunesi per la campagna di Louis Vuitton. Rafa il primo incontro con Roger se lo ricorda bene (era il 2003, era junior allora), Federer ricorda il primo match giocato dal rivale sulla terra di Montecarlo. Evidentemente lo impressionò. La storia racconterà le loro epiche battaglie. Le fotografie di Annie Leibovitz la loro toccata e fuga sulle Dolomiti.

Corriere delle Alpi | 22 maggio 2024

p. 28

Un passo dal cielo, primo ciak Cast al lago di Mosigo a giugno

Stefano De Barba / san vito

Il primo ciak dell'ottava stagione di Un passo dal cielo è stato battuto. Non in riva al lago di Mosigo, per il momento, ma a Formello, in provincia di Roma, negli studi della casa di produzione Lux Vide.

Riprese in interni, dunque, per avviare la lavorazione della nuova stagione della fortunata serie televisiva, lavorazione che dal 3 giugno si trasferirà a San Vito di Cadore nel commissariato ricostruito allo chalet del lago.

In attesa del "silenzio, si gira" a San Vito, i preparativi sono già partiti: da lunedì la produzione ha a disposizione il capannone comunale in località La Scura come base per le attività collegate alle riprese.

Il primo ciak a Formello, intanto, ha visto schierati i protagonisti di questa stagione: erano infatti presenti sul set i protagonisti Giusy Buscemi, Enrico Ianniello e Gianmarco Pozzoli, oltre ai registi di questa stagione, Alexis Sweet e Laszlo Barbo, reduci dal successo di Viola come il mare

Non è mancato all'inizio delle riprese di "Un passo dal cielo 8 " l'amministratore delegato della Lux Vide, Luca Bernabei. «È una serie che amo molto, una storia che fa sognare la gente», ha sottolineato durante la visita sul set per augurare buon lavoro al cast e ai tecnici di produzione, « anche per i luoghi in cui la giriamo e la sfida di tutti noi è quella di fare sempre meglio».

I luoghi citati da Bernabei sono naturalmente le Dolomiti, che fanno da scenografia alle avventure dei protagonisti, Manuela e Vincenzo Nappi: dal lago di Mosigo con lo chalet trasformato in commissariato di polizia, appunto, fino alle Cinque Torri di Cortina dove verrà nuovamente allestita la casetta in legno (che non esiste nella realtà) in cui sono ambientati molti momenti delle vicende raccontate dalla serie.

Le ricadute promozionali per il territorio di San Vito e non solo sono importanti e per questo anche l'amministrazione comunale – retta dal commissario prefettizio Antonio Russo – è scesa in campo per dare una mano alla produzione, mettendo a disposizione gli spazi dell'ente locale necessari a depositare le attrezzature e a gestire i servizi collegati alle riprese.

«Le passate stagioni della serie televisiva girate a San Vito di Cadore hanno registrato particolare successo e comportato l'implementazione dell'affluenza turistica», sottolinea il commissario nella delibera con cui è stato dato il via libera all'operazione.

Il Comune, dunque, ha autorizzato la società di produzione televisiva romana ad utilizzare il capannone di proprietà comunale in località La Scura da adibire ad attrezzeria. Non solo: l'atto del commissario riserva alla produzione una parte del parcheggio attiguo ai campi da tennis per collocarvi la cucina mobile e una stanza all'interno degli spogliatoi da adibire a magazzino-dispensa.

Gli spazi comunali sono stati messi a disposizione della troupe da lunedì e rimarranno assegnati alla Lux Vide fino al 12 luglio, quando dunque si prevede siano concluse le riprese a San Vito.

Anche se le riprese per il momento sono iniziate a Formello, una parte degli addetti sono già in Cadore per i primi preparativi. Da inizio giugno gli attori alloggeranno principalmente tra gli hotel Marcora e Ladinia mentre sarà l'ex Pio X, oggi Th Park Hotel Des Dolomites a Borca, ad ospitare gran parte del personale tecnico. La serie televisiva andrà in onda su Rai Uno nella primavera dell'anno prossimo.

delle Alpi | 24 maggio 2024

Corriere

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