6 minute read
ARCHITETTURA MONTANA
Corriere del Trentino | 19 Marzo 2023 p. 3
Strutture di montagna gli architetti rilanciano «Unire modernità e rispetto del luogo»
Trento
«Il tema della progettazione in alta quota di rifugi e bivacchi è simbolico. Un tema strategico». Il presidente dell’ordine degli architetti, Marco Giovanazzi, ne è convinto: affrontare la questione degli interventi in montagna, in Trentino, vuol dire «rapportarsi con la nostra storia e il nostro ambiente». Del resto, ognuno di noi, tra i suoi ricordi, custodisce l’immagine di una salita a un rifugio. E ognuno ricorda la fatica, la soddisfazione. Un rapporto talmente stretto, quello con le terre alte e le sue strutture, che ogni trasformazione viene accolta da dibattiti spesso aspri. Come quello che si era scatenato sui disegni del nuovo rifugio Tonini sull’altopiano di Piné (poi archiviato), ma anche come il confronto seguito alla proclamazione del vincitore del concorso di progettazione del rifugio Pedrotti alla Tosa. «Ci sono sensibilità diverse anche all’interno dello stesso ordine degli architetti» spiega Giovanazzi.
E proprio per stimolare questo dibattito, l’ordine ha dedicato alla progettazione in quota l’ultimo numero della sua rivista (diretta da Davide Fusari). Analizzando l’architettura di rifugi e bivacchi da tutti i punti di vista: da quello dei professionisti fino a quello di Trentino Marketing, passando per la Società degli alpinisti tridentini e la Fondazione Dolomiti Unesco.
La premessa, fissata dal presidente, torna sul valore della montagna. Accostandolo al mondo dell’architettura: «Il tema della progettazione e realizzazione dei rifugi riflette Giovanazzi è uno dei più affascinanti per l’architettura contemporanea». Rispetto alla progettazione urbana o in altri territori, infatti, in questo caso «ci si trova a lavorare prosegue Giovanazzi in un ambiente delicato. Come in una cristalleria». Dove il rischio, reale, è di rompere qualcosa ad ogni movimento troppo brusco o sbagliato. «Per questo aggiunge il presidente è necessario capire come approcciarsi».
E gli approcci all’architettura di montagna, in questi anni, si sono divisi in due diverse visioni. «La prima predilige un approccio tradizionalista, come se le linee antiche fossero le uniche a poter esprimere e definire il paesaggio». La seconda visione guarda invece più al moderno. Ed è all’interno di questa prospettiva che si riconosce il presidente degli architetti. «Per quanto ci riguarda avverte rivendichiamo il diritto di ogni epoca a tracciare il proprio segno». Ma non a tutti i costi, sia ben chiaro: «Bisogna fare attenzione a non cadere nella tentazione opposta». Ossia quella di creare delle forme tutte uguali, trasformando il rifugio in una struttura che potrebbe appartenere alla montagna, ma anche, indistintamente, alla città. «La memoria e la storia del luogo devono sempre essere rispettati» osserva Giovanazzi. In questo contesto si muove la linea portata avanti dall’ordine degli architetti. Che guarda al concorso di progettazione «per stimolare il dibattito». «Attraverso questo strumento dice il presidente si dà la possibilità a più voci di mostrarsi». Come è successo per il concorso di progettazione del rifugio Pedrotti alla Tosa, per il quale sono arrivate ben 61 proposte diverse. E sulle cui soluzioni si è aperto un dibattito online che ha coinvolto il progetto vincitore, ma anche alcuni altri disegni. «Per questo annuncia Giovanazzi con la Sat stiamo organizzando una mostra alle Gallerie di Piedicastello». Una esposizione che svelerà tutti i progetti presentati, dando la possibilità ai cittadini di ammirarli e valutarli. «È molto interessante vedere le sensibilità diverse che emergono dal confronto sui diversi progetti» spiega il presidente. Che interpreta anche i toni accesi che spesso accompagnano la presentazione dei disegni delle nuove strutture in quota: «I rifugi sono luoghi che appartengono alla memoria collettiva, per questo diventano temi caldi. E mettono a confronto le due visioni contrapposte rispetto allo sviluppo della montagna: c’è chi è a favore di una montagna che sia wilderness, chi invece considera il fatto che le Alpi rappresentano un territorio antropizzato».
Da parte sua, il presidente torna sulla sua posizione: «Il segno che si lascia deve essere rispettoso. A volte anche nel vicino Alto Adige sono andati oltre il limite. E in questi casi il rischio del resort ad alta quota è alto». Il rifugio, conclude Giovanazzi, «deve rimanere un rifugio. Confortevole, seguendo anche i tempi. Ma non può diventare qualcosa di diverso». E così i bivacchi: «Per i tre bivacchi delle Fiamme Gialle abbiamo avuto 174 partecipanti al concorso di progettazione. Un risultato importante, segno che anche una istituzione storica si apre a questa nuova strada. Vedremo i risultati».
Corriere del Trentino | 19 Marzo 2023 p. 3
Progetti nelle terre alte, confronto aperto tra professionisti, Sat e Trentino marketing
A invocare un confronto aperto è Mara Nemela: «Sul tema della trasformazione dei rifugi è importante, urgente e necessario aprire un dibattito aperto, trasparente, che coinvolga più territori e più soggetti». Nell’ultimo numero della rivista dell’ordine degli architetti, dedicata interamente all’architettura di rifugi e bivacchi e alla progettazione in quota, la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco mette nero su bianco un auspicio che emerge da tutti gli interventi pubblicati, a partire dall’editoriale di Davide Fusari e Marco Piccolroaz. «L’ordine degli architetti si legge ha cercato e continua a cercare di animare sul proprio territorio di competenza un dibattito sul tema del progettare e costruire in alta quota che metta al centro la qualità degli esiti e dei loro strumenti sollecitando un dialogo tra le parti sociali coinvolte».
Parti che, nella rivista, trovano già una propria voce. Come quella della Fondazione Dolomiti Unesco. Ma anche come quella della Provincia, attraverso il direttore dell’Ufficio interventi tecnici, patrimonio alpinistico e termale del Servizio turismo e sport Alessio Bertò, il quale riporta il risultato di una indagine sul campo rivolta ai gestori dei rifugi. «Dai questionari scrive Bertò emerge che i gestori ritengono prioritario investire in interventi relativi all’approvvigionamento e al risparmio idrico ed energetico, sulla connettività dei dati e sull’adeguamento delle strutture per soddisfare le esigenze degli ospiti».
A tracciare la propria visione è anche l’amministratore delegato di Trentino Marketing Maurizio Rossini. «La montagna avverte Rossini non è solo un panorama, ma un luogo dove esprimere i propri sogni e desideri di vita e questo va insegnato anche ai ragazzi. Costruire il futuro è questo, con l’obiettivo di attrarre persone che potrebbero arricchire le nostre comunità. Anche il progettare un rifugio si inserisce in questo nuovo racconto, specialmente se le soluzioni introdotte vanno della direzione di una maggiore sostenibilità della struttura».
BOSTRICO: UN AGGIORNAMENTO
Corriere delle Alpi | 22 Marzo 2023 p. 20
«Il bostrico prolifera anche in inverno Così caldo e siccità uccidono i boschi»
Marcella Corrà BELLUNO
Boschi sotto attacco. Prima Vaia poi il bostrico, il coleottero che in 6-7 settimane riesce a uccidere un abete rosso. La tempesta Vaia ha distrutto 38.200 ettari di bosco e 16,5 milioni di metri cubi di legname. Due anni dopo, è arrivato il famigerato bostrico, presente da sempre nei nostri boschi, che ha cominciato ad attaccare gli alberi, sia quelli caduti che quelli rimasti in piedi: un milione di metri cubi nel 2021, 5 milioni nel 2022.E in futuro? «Purtroppo non c'è stata l'inversione di tendenza che ci aspettavamo» ha spiegato ieri Massimo Faccoli, docente all'università di Padova, nell'incontro organizzato dai Carabinieri forestali in occasione della Giornata internazionale delle foreste, seguita oggi dalla Giornata internazionale dell'acqua. La conferenza si è tenuta in prefettura, davanti ad autorità ed esperti, con la partecipazione dell'ente Parco Dolomiti Bellunesi. Ad ascoltare la relazione del professor Faccoli, c'erano anche gli studenti dell'Agrario di Feltre e del Galilei - Tiziano di Belluno.Prima di ora non si era mai vista una infestazione così grave. Basta un dato per farlo capire: in ogni trappola piazzata nei boschi per monitorare la diffusione del bostrico, in genere si trovano 5mila insetti. Nel 2022 si è passati a 25mila con picchi anche di 80mila. Di norma dopo 4-5 anni l'infestazione regredisce. «Ma questa volta non sta accadendo perché i boschi sono stati colpiti da una nuova fase di stress, la grande siccità del 2022 che continua anche adesso. Le alte temperature e la mancanza di gelate invernali hanno consentito al bostrico di resistere nel terreno e sono comparse una seconda e anche una terza generazione di insetti». Il drammatico quadro del Bellunese e del Nord est italiano non è però il solo in Europa. «In Germania, ad esempio, in pochi anni sono andati persi 178 milioni di metri cubi di abete rosso, che sta scomparendo in tutta la Baviera. E nel 2022 la Francia ha perso 20 milioni di metri cubi di alberi».C'è qualcosa che si può fare? «Tenere sotto controllo il fenomeno anche usando il satellite», ha detto l'esperto. «Eliminare gli alberi che sono infestati (non quelli già secchi, non serve), tagliare gli abeti vecchi che sono più deboli, impiantare foreste miste.Collegato da Roma, ad ascoltare i saluti delle autorità (tra cui il generale Pennacchini, comandante dei Carabinieri forestali del Veneto) e dei relatori (il tenente colonnello Stella, il presidente dell'Ordine degli agronomi e forestali di Belluno Martini Barzolai, il dirigente regionale Fontanive), c'era il senatore Luca De Carlo, che ha parlato di cambiamento climatico e riscaldamento globale: «La soluzione per contrastarli non è la decrescita, che non può mai essere felice, ma la valorizzazione anche economica del lavoro degli agricoltori, custodi del patrimonio ambientale e naturale. L'agricoltura è un pilastro per quanto riguarda il contenimento di CO2», ha evidenziato De Carlo. «Non è in pericolo la sopravvivenza della Terra, che nei millenni si è sempre adattata ai cambiamenti che l'hanno colpita, ma la permanenza dell'uomo su questo pianeta: per questo bisogna trovare strumenti innovativi per affrontare le nuove sfide con innovazione, capacità scientifica e modernità. Le foreste quindi vanno viste come una grande opportunità offerta dalla capacità di catturare la CO2».Un ammonimento alle amministrazioni e alle comunità bellunesi è arrivato da Martini Barzolai: «Nella gestione dei boschi, stop all'intervento delle multinazionali che fanno tagli estesi, usando metodi impropri. Basta sostenere la costruzione di impianti di risalita che non si mantengono dal punto di vista economico e che portano ad un spreco d'acqua, altra risorsa che scarseggia». © RIPRODUZIONE