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RIFUGIO SANTNER: LA POLEMICA

Alto Adige | 5 Marzo 2023 p. 22

«Stop alla svendita del Catinaccio»: diecimila firme

Il prestito delle racchette da squash al Palasport di via Resia 39 è momentaneamente sospeso. Lo annuncia il Comune. Si prega di accedere ai campi muniti di propria attrezzatura. Per prenotare la struttura - aperta a privati, associazioni e scuole e dotata di 6 campi da squash - è necessario prenotare sul sito del Comnune (Spid). bolzano. Dopo le prese di posizione nettissime espresse in pratica dalla totalità delle associazioni protezionistiche dell'Alto Adige e considerando l'ampio dibattito a livello (inter)nazionale sull'argomento, c'era da aspettarsi che una petizione per salvaguardare non solo il Catinaccio ma le intere Dolomiti dall'assalto indiscriminato potesse avere successo. E così, puntualmente, è stato.Come rende noto il consigliere provinciale Paul Köllensperger, «la battaglia contro l'assalto alle nostre montagne è giunta a un momento importante». La petizione online lanciata dal consigliere del Team K sulla piattaforma change.org ha superato il traguardo delle 10 mila sottoscrizioni in pochi giorni. «Grazie a tutte, a tutti; questo dimostra come i cittadini siano pronti a difendere insieme a noi le nostre montagne, mentre la giunta provinciale bocciando il nostro disegno di legge ha dimostrato che vuole tenersi le mani libere per poter svendere le nostre montagne ai loro amici» commenta soddisfatto Köllensperger.Sono tante, tantissime le firme apposte alla petizione creata per sostenere gli esposti del Team K alla Procura della Repubblica e alla Corte dei conti sulla controversa cessione di terreno demaniale alla società proprietaria del rifugio passo Santner, sotto la vetta del Catinaccio: «Diecimila firme in pochi giorni... Noi stessi non ci aspettavamo un successo così clamoroso. Purtroppo il disegno di legge che avevamo portato in Consiglio provinciale proprio per evitare nuove cessioni di terreni demaniali in aree protette nel frattempo è già stato respinto dalla Svp, cosa che non stupisce affatto in effetti. Ma la partita è ancora lunga e per giocarla al meglio chiediamo a chi ha a cuore il futuro delle nostre montagne di sostenere la petizione, firmandola e condividendola». La si trova digitando www.change.org/savethedolomites, conclude Paul Köllensperger.

Corriere dell’Alto Adige | 5 Marzo 2023 p. 2

Santner, già superate le 10mila firme Successo per la petizione online del Team K contro l’ampliamento del rifugio sul Catinaccio Il consigliere Köllensperger: «I cittadini difendono le Dolomiti, al contrario della Provincia»

Enzo Coco ,Francesco Mariucci

BOLZANO

Diecimila firme in pochi giorni. A prescindere da come la si pensi sull’impatto visivo e ambientale del Rifugio Santner, la petizione lanciata dal Team K sul portale online «change.org» sta avendo un impatto enorme: «Direi pure inaspettato. Ma va benissimo così, significa che è una cosa sentita» commenta il presidente del Cai altoatesino Carlo Alberto Zanella. L’associazione alpinistica italiana, insieme all’Alpenverein, è da sempre in prima linea contro il restyling e il conseguente aumento di cubatura del rifugio che domina il Catinaccio e tanto divide l’opinione pubblica. «Un obbrobrio» lo definisce Zanella senza troppi giri di parole.

La battaglia delle associazioni è stata raccolta politicamente dal Team K: il partito guidato da Paul Köllensperger ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Bolzano e alla Corte dei conti in merito al terreno che la Provincia ha ceduto alla società proprietaria del rifugio. Parallelamente, è stata lanciata la petizione online: «Aiutaci a fermare la (s)vendita delle Dolomiti» è l’appello che ad oggi conta oltre 10.300 sottoscrizioni: «La recente mega-espansione del rifugio Santner ha sfregiato questo paesaggio da favola: da un piccolo rifugio di montagna in legno, perfettamente inserito nel contesto, si è passati a una nuova, enorme struttura metallica a tre piani dalla cubatura, otto volte maggiore, visibile addirittura da Bolzano. E tutto questo denunciano i promotori della petizione in un’area che fa parte di un parco naturale provinciale, sito Natura 2000, inserita nella prestigiosa lista dei beni patrimonio dell’umanità dell’Unesco».

Il Team K crede che ci siano gli estremi per un intervento della magistratura, sia di quella ordinaria che di quella contabile, soprattutto alla luce del prezzo pagato per il fondo di 900 metri quadrati su cui sorge il rifugio: «Solo 27 mila euro, cioè la metà del costo di un garage in città a Bolzano. Praticamente un regalo» rilancia Köllensperger. Il consigliere provinciale non rinuncia alla stilettata nei confronti dell’esecutivo: «I cittadini hanno dimostrato di essere pronti a difendere le Dolomiti, al contrario della Svp e della giunta. Inoltre, la Volkspartei ha bocciato il nostro disegno di legge che vietava la svendita del nostro patrimonio naturalistico in futuro. Probabilmente vuole tenersi le mani libere per poter svendere le nostre montagne ai loro amici». Fonti della Provincia però difendono l’operato degli uffici competenti. A Palazzo Widmann insomma, si respira una certa sicurezza che tutto si chiuderà con un nulla di fatto perché non ci sarebbero irregolarità. E c’è chi vede nella mossa del Team K solo la voglia di farsi un po’ di pubblicità politica alle spalle dei funzionari provinciali. Intanto però c’è un altro dato interessante: la stragrande maggioranza delle oltre 10mila firme raccolte viene da italiani non residenti in Alto Adige. Segno che il tema è sentito in tutto il mondo ambientalista: «È importante dare spazio a questi temi, anche perché questo rischia di essere un precedente. Ci sono altri casi simili: penso alla funivia di Tires, o alle proposte del Veneto che vuol fare i collegamenti tra Cortina e Arabba. Tutto in sfregio alle direttive di Natura 2000» conclude Zanella.

Le oltre diecimila firme sono accompagnate anche da numerosi commenti indignati che compaiono sul sito di change.org. Tra questi ce n’è uno, a firma di Michele Porcu, che bene li riassume tutti: «È un precedente gravissimo. Il turismo, dopo aver deturpato le valli, ora sta snaturando le cime. Non si è imparato nulla dallo scempio delle coste e delle isole, iniziato molto prima di quanto avvenuto in montagna. Posti meravigliosi trasformati in orribili supermercati del turismo facile. Senza rispetto, senza sensibilità, senza visione. I rifugi conclude il firmatario della petizione non devono essere trasformati in alberghi sempre più grandi. Le zone protette, e da proteggere, devono rimanere pubbliche».

Alto Adige | 23 Marzo 2023 p. 23

La petizione 50 mila firme su Passo Santner

La petizione su Passo Santner ha sfondato il muro delle 50mila firme. Successo per la raccolta firme creata per sostenere gli esposti del Team K alla Procura della Repubblica e alla Corte dei conti sulla controversa cessione di terreno demaniale alla società proprietaria del rifugio Passo Santner, sotto la vetta del Catinaccio. «Una valanga di consensi che non ci aspettavamo, un successo di partecipazione dal basso che fa ben sperare per il futuro», commenta il TeamK, «Purtroppo il disegno di legge che avevamo portato in consiglio provinciale proprio per evitare nuove cessioni di terreni demaniali in aree protette nel frattempo è già stato respinto dalla Svp "perché troppo restrittivo". Evidentemente vogliono tenersi le mani libere»

Notizie Dai Rifugi

Corriere delle Alpi | 4 Marzo 2023 p. 27

Il rifugio Pian de Fontana assegnato al Club alpino

Longarone

Il rifugio Pian de Fontana resterà per altri sei anni in gestione al Club alpino italiano.Lo ha deciso il Comune, a cui appartiene il rifugio che quest'anno celebra il trentennale della costruzione, approvando il contratto di locazione con la sezione longaronese del Cai.Il precedente contratto di affitto era infatti scaduto e alla fine dello scorso anno il Cai di Longarone aveva formalizzato al Comune l'interesse a continuare a portare avanti la gestione del rifugio, inaugurato il 10 luglio del 1993 e per il quale si pensa già da mesi ad una iniziativa celebrativa dell'anniversario.Per l'area tecnica del Comune, che ha portato avanti l'iter per l'assegnazione, è significativo il fatto che il Cai abbia nel proprio statuto, oltre alla diffusione della pratica dell'escursionismo, anche la promozione della conoscenza del territorio montano e del suo patrimonio rurale.Ci sono anche aspetti pratici legati al futuro del rifugio che hanno fatto propendere per l'affidamento al Club alpino: l'operazione permette infatti di accedere a dei contributi, nello specifico al bando stabile pro rifugi del Cai.Il rifugio è stato dunque affidato al Club alpino con un contratto di locazione di sei anni, rinnovabile per altri sei, con un canone annuo di 1.500 euro. Il Cai dovrà provvedere alla manutenzione ordinaria, allo sfalcio delle aree attorno al rifugio, nonché a pagare i tributi e le tasse per le utenze.Nell'autunno scorso Comune e Parco hanno effettuato un sopralluogo congiunto al rifugio, per valutare possibilità di miglioramento della struttura accedendo a contributi. © RIPRODUZIONE

Riservata

Gazzettino | 6 Marzo 2023 p. 8, segue dalla prima

Regole contro Cai: il rifugio Città di Fiume è nostro

Cauto ottimismo: Massimiliano Menegus "Paulin", presidente della Regola Generale o Granda di San Vito di Cadore, è soddisfatto, ma non esulta, per l'esito dell'incontro avvenuto nei giorni scorsi in Curia Mercatorum, il Centro di mediazione ed arbitrato, associazione riconosciuta dalla Camera di Commercio di Belluno, dove si è segnato un punto a favore dell'antico Ente.

LA RICHIESTA

Regola contro il Cai per il rifugio Città di Fiume. «Non intendiamo cacciarli», precisa la Regola, vogliamo solo tornare in possesso del nostro bene. E mostra cauto ottimismo Massimiliano Menegus "Paulin", presidente della Regola Generale o Granda di San Vito di Cadore, dopo l'incontro in Curia Mercatorum, il Centro di mediazione ed arbitrato, associazione riconosciuta dalla Camera di Commercio di Belluno, dove si è segnato un punto a favore dell'antico Ente. La Regola si era rivolta a loro per risolvere una controversia relativa al contratto costitutivo del diritto di superficie in favore del Cai Sezione città di Fiume.

La Regola si era rivolta a loro per risolvere, attraverso una procedura di mediazione, una controversia relativa al contratto costitutivo del diritto di superficie in favore del Cai Sezione città di Fiume. La questione si trascina da tempo, prima di lui altri presidenti si erano impegnati per arrivare alla soluzione del problema e tornare in pieno possesso dell'antico bene rappresentato dal rifugio Città di Fiume che è stato costruito recuperando l'ex malga Dorona.

LA QUESTIONE

Quando nel 1964, anno di apertura del rifugio, il comune di San Vito siglò il contratto con il Club Alpino Italiano di Fiume concesse il diritto di superficie a tempo indeterminato, «contro ogni logica e contro la legge, ma anche contro i nostri regolamenti», precisa il presidente Menegus. A creare l'inghippo diventato nel tempo controversia il fatto che all'epoca le Regole non si erano ancora ricostituite tanto che il loro patrimonio era stato affidato per la gestione alla pubblica amministrazione. Ma la questione non poteva non tornare alla ribalta quando, negli anni 90' con il riconoscimento quali organizzazioni sociali dotate di personalità giuridica privata, disciplinate dallo Statuto e dagli antichi Laudi, ma anche dalle tradizionali consuetudini orali e di vita inerenti l'uso e l'amministrazione del patrimonio di proprietà collettiva della famiglie originarie, si decise di riportare a casa quella proprietà.

GLI INCONTRI

In forma amichevole la Regola ha tentato più volte di trovare l'accordo, vari gli incontri che si sono succeduti con il Cai di Fiume, «ma non c'è stato nulla da fare -assicura Menegus- e così abbiamo avviato la mediazione fra il Cai di Fiume e il comune di San Vito che aveva siglato quel contratto».

ALL'ORIZZONTE

Di positivo c'è che le parti hanno aderito e che la prossima seduta è stata fissata il 22 marzo. «Noi vogliamo solo tornare in possesso del nostro patrimonio -aggiunge Menegus- averne la piena disponibilità. La Regola non intende cacciare il Cai dal rifugio Città di Fiume, anzi, siamo contenti che ci siano loro, ma il bene deve essere della Regola, sul contratto la parola "indeterminato" deve essere sostituita da "determinato"».

IL GIOIELLO

Il rifugio Città di Fiume si trova a quota 1918 metri sulle pendici del Pelmo. Il Club Alpino Fiumano nasce il 12 gennaio 1885 per merito dell'architetto viennese Ferdinand Brodbeck. Nel 2012 è stata riconosciuta quale "Sezione particolare del Cai". Non ha una sede fisica stabile che di volta in volta viene stabilita al domicilio del presidente di turno.

Giuditta Bolzonello

L’Adige | 20 Marzo 2023 p. 8, segue dalla prima

Rifugi al lavoro per l'«anticipo»

Stagione estiva più lunga ugo merlo

Le scarse precipitazioni nevose in quota potrebbero favorire l'anticipo dell'apertura della stagione dei rifugi. Sembra una buona notizia, ma resta un dato: due anni così «secchi» rischiano di portare alla carenza d'acqua per le strutture in quota. La Sat lavora per aumentare lo stoccaggio, ampliando le vasche di accumulo. E il «Città di Trento» al Mandron è costretto a ricorrere ad un generatore: il lago Scuro è troppo basso, la centralina non funziona.A PAGINA 8

L’ inverno che stiamo per lasciarci alle spalle è il secondo consecutivo con poche precipitazioni. Poca pioggia e neve hanno ridotto i fiumi e i laghi a livelli mai visti in questo periodo. Le scarse precipitazioni nevose in quota potrebbero favorire l’inizio della stagione alpinistica e l’apertura dei rifugi anticipandola. La montagna è per la verità frequentata tutto l’anno e nelle ultime stagioni il meteo favorevole spinge alle escursioni in quota, non solo sci alpinistiche, già da maggio. L’apertura anticipata è un’ipotesi che gli appassionati possono salutare con entusiasmo, ma resta un dato: due anni di scarse precipitazioni, soprattutto nevose in montagna, pone dei problemi. I rifugisti del Trentino sono preoccupati. La paura vera è che si ripeta la primavera 2022, avara di pioggia. Dovesse capitare, il rischio concreto è quello di non avere acqua abbastanza per tutta la stagione dal 20 giugno al 20 settembre. Al Passo Principe il rifugio a 2600 metri all’omonimo valico nel Gruppo del Catinaccio, Sergio Rosi dice: «Noi saliamo da un mese nei fine settimana e la situazione neve è scarsa ad oggi. Per quest’estate noi saremo condizionati dai lavori di ristrutturazione per cui saremo aperti solo nei mesi di luglio e agosto». Ma sarà possibile aprire prima della data classica, data la poca neve? «Dipende dal meteo di aprile e maggio. Se il meteo sarà purtroppo come lo scorso anno, asciutto, sì. Ricordo che a fine maggio quassù è arrivata ancora neve e ha fatto molto freddo».Al rifugio «Città di Trento» al Mandron, che si trova alla quota di 2449 metri nel Gruppo dell’Adamello, al cospetto di uno dei più grandi ghiacciai delle Alpi, Davide Galazzini ha aperto per gli sci alpinisti dal primo marzo la struttura della Sat. Il Mandron è stato ristrutturato lo scorso anno ed è particolarmente confortevole, ma ha un problema legato alle scarse precipitazioni nevose nel 2022 e in questo 2023. «Siamo aperti – dice Galazzini – per lo sci alpinismo, dal primo di marzo fino a maggio, ma non siamo più rifugio fossil free, perché la nostra centralina idroelettrica non funziona. Il lago Scuro è più basso di 15 metri e alla nostra turbina non arriva più acqua. Stiamo usando un generatore ausiliario». Con meno neve la stagione potrebbe iniziare prima? «Sarà da valutare bene da zona a zona. Ma noi al massimo possiamo anticipare di una settimana». Franco Nicolini, è il gestore del Pedrotti alla Tosa, ai 2499 poco sotto la Bocca di Brenta in attesa di importanti lavori di ristrutturazione. «Il problema – dice Nicolini – è legato all’acqua che non c’è data la poca neve caduta negli ultimi inverni. Abbiamo la speranza che in aprile e maggio arrivi quale bella precipitazione abbondante. Al Pedrotti non penso di aprire prima, anzi. Si dovrà ragionare sulle risorse idriche scarse se la situazione non cambia. Magari farà anche freddo, la variabilità del meteo in quota ci consiglia prudenza ed è meglio mantenere la data tradizionale del 20 giugno. Piuttosto sarebbe utile allungare un po’ la stagione a fine settembre primi di ottobre, ma ci vuole l’acqua. Ricordo inoltre che a settembre al Pedrotti, negli anni passati, abbiamo avuto anche qualche nevicata».Alberto Angeli gestore dei rifugi Tuckett e Sella ai 2271 metri della Vedretta di Brenta inferiore dice: «Noi saliamo sempre ai primi di giugno. Ora è difficile fare previsioni. Siamo anche legati dall’apertura degli impianti del Grostè che sarà dal 17 giugno al 24 settembre. C’è poi da garantire un certo standard legato al personale, non puoi andare su in due in un rifugio come il Tuckett». La crisi idrica in Brenta si sente più che in Adamello e in Cevedale. «Il campanello d’allarme suona già da anni, noi nel Brenta abbiamo maggiori fragilità, la Sat sta studiando di aumentare lo stoccaggio di acqua ampliando le vasche di accumulo».

Notizie Dal Soccorso Alpino

Gazzettino | 14 Marzo 2023 p. 11, edizione Belluno

Gita al rifugio Vandelli con scarpe ginniche e felpa Salvate con l'elicottero

Impreparate ad affrontare un itinerario innevato, e senza essere dotate dell'equipaggiamento adatto alla stagione invernale, per quanto sia mite quest'anno, calzando scarpe da ginnastica e coperte solamente da una felpa, si sono trovate in difficoltà, hanno chiamato i soccorsi, sono state raggiunte dall'elicottero e portate a valle, infreddolite e spaventate, ma illese. Questa volta è accaduto a Cortina d'Ampezzo, a due turiste del Belgio, che ieri in tarda mattinata hanno intrapreso il sentiero 215, che porta dal passo Tre Croci al rifugio Vandelli, al lago del Sorapis. Lungo quell'itinerario si avventurano, nelle belle giornate d'estate, frotte di escursionisti, contati sino a tremila al giorno. D'inverno non c'è molta gente, anche perché non si vede proprio nulla, dell'incantevole laghetto, con l'inusuale colore azzurro, ora coperto da neve e ghiaccio. Eppure le due turiste belghe hanno voluto provarci lo stesso, attratte dalla spettacolarità delle immagini che vengono postate sui social. Hanno camminato sino ad arrivare al tratto un po' esposto, quando si sono arrese e hanno allertato i soccorritori.

Il Soccorso

Alle 14 è decollato l'elicottero della centrale Suem di Pieve di Cadore, che le ha raggiunte, dove erano incapaci di proseguire o di ritornare sui propri passi, a causa della neve. Le due trentenni, che indossavano abbigliamento e calzature non appropriati, si erano fermate in corrispondenza del tratto attrezzato, a circa 1.900 metri di quota. Dopo averle individuate, con un verricello sono stati sbarcati medico e tecnico di elisoccorso, che hanno verificato le loro condizioni di salute, per poi prepararle al recupero sul velivolo, che è avvenuto con la stessa modalità, sono state issate con il verricello. L'eliambulanza le ha poi lasciate al passo Tre Croci. Era stata allertata ed era pronta a intervenire una squadra del Sagf, il soccorso alpino della Guardia di finanza, che ha due stazioni, con personale specializzato, una a Cortina, l'altra ad Auronzo di Cadore.

Corriere delle Alpi | 29 Marzo 2023 p. 21

Il Cnsas: «Ancora tanti pericoli in montagna Fare attenzione anche dove c'è poca neve»

Il focus

«Sono tra i giorni più pericolosi per le uscite in montagna, specialmente sui versanti che presentano ancora tracce di neve». Per Alex Barattin, capo del Soccorso alpino non ci sono dubbi: «Occorre la massima prudenza», sottolinea, «uscire nelle prime ore della mattina, magari portandosi appresso i ramponcini, e rientrare ben prima di mezzogiorno. In quota c'è davvero tanta neve ventata e, quindi, ancora più pericolosa».La tragedia che ha colpito Gabriele Costantini e Solveiga Kemzuraite, veneziano lui e lituana lei, ha lasciato il segno. Sono stati travolti da una valanga in Valle Aurina in condizioni che inducono a una profonda riflessione. Percorrendo un sentiero quasi privo di neve, i due escursionisti hanno attraversato un canalone ed è qui che sono stati traditi da una massa di neve instabile, piazzata a monte. La valanga si è staccata molto più in alto e li ha trascinati a valle addirittura per 300 metri. I loro corpi non sono stati trovati sepolti dalla neve. Gabriele e Solveiga sono morti per le gravi lesioni riportate. «Anche se in quota non c'è tanta neve, il pericolo valanghe è sempre presente. Possiamo infatti trovare lastroni da vento molto pericolosi», spiega Barattin. «Anche cinque centimetri di neve depositati dal vento in un canalone, possono essere pericolosi. Bisogna quindi avere un occhio molto attento e non sottovalutare le condizioni attuali. Di notte gela, alla mattina c'è un forte irradiamento e quindi le condizioni cambiano in modo radicale in poche ore».Il ghiaccio in particolare impone di avere un'attrezzatura adeguata. Le catenelle possono andare bene sulle strade silvopastorali, sui sentieri invece bisogna avere i ramponi. E magari anche la piccozza, nonché - se si va sulla neve - anche l'Arva e la pala. «Quando faccio formazione», esemplifica il delegato di Cnsas, «ricordo che una stanza di cinque metri per cinque, come può essere la nostra cucina di casa, se ci metto dentro venti centimetri di neve tutta in un angolo, sono cinque metri cubi. Se gli diamo un peso medio di 240 chili al metro cubo, vuol dire che c'è un peso di 12 quintali sull'angolo della casa. È come il peso di una macchina sopra di me. Si pensi, a questo punto, a un versante che si stacca. Questo per significare che tante volte non ci rendiamo conto del peso della neve».In questi giorni la neve, dopo la più recente precipitazione, si sta assestando. Nelle ultime due settimane i soccorsi in quota, per la verità, sono diminuiti di numero, non per questo c'è meno gente in montagna. Probabilmente quella che rimane è più consapevole dei rischi presenti. «Ma andiamo verso le classiche gite fuori porta di Pasqua e pertanto», consiglia ancora Barattin, «è saggio raddoppiare l'attenzione».Per la verità, ci sono valli che sembrano essere ancora in pieno inverno. Come la Val Salatis, sopra l'Alpago. È qui che c'è stata un'esercitazione condivisa tra il Bellunese e il Friuli. «Sembrava, appunto, di essere nel pieno della stagione invernale», ammette Barattin. Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

Notizie Dalle Associazioni Alpinistiche

Alto Adige | 16 Marzo 2023 p. 34

«Montagna da salvare», ecco i progetti nel mirino massimiliano bona

DOLOMITI

« La nostra montagna è in pericolo»: a lanciare il grido d'allarme è il presidente del Cai Alto Adige Carlo Alberto Zanella che teme gli sviluppi di una lunga serie di progetti in una fase più o meno avanzata: si spazia dalle strade agli impianti, ma il rischio è sempre quello di deturpare zone in larga misura incontaminate. Restando ai casi più eclatanti possiamo spaziare da malga Lahner in Valle Aurina, dove si sta premendo per realizzare una stradina di collegamento nonostante le forti perplessità degli stessi uffici provinciali competenti, al rifacimento dell'impianto di risalita forcella Sassolungo; senza dimenticare Passo Montecroce - Padola nel Comelico o Monte Cavallo - Fleres in Alta val d'Isarco. «Vogliamo e dobbiamo farci sentire, anche con il contributo degli amici dell'Avs, con cui condividiamo parecchie battaglie». I progetti nel mirino.Lo stesso Zanella, quasi a sottolineare l'importanza di questa crociata a tutela della nostra montagna e del nostro ambiente alpino, ci ha fornito un elenco dettagliato di progetti nel mirino. «Sui quali stiamo vigilando senza se e senza ma. E siamo pronti a iniziare o proseguire con una raccolta di firme». Ecco l'elenco: allargamento sentiero malga Lahner a Predoi, valle Aurina; nuovi impianti Klein Gitschberg; collegamento Passo Montecroce - Padola in Comelico ; rifacimento impianto risalita forcella Sassolungo; trenino collegamento Pian Cunfin Saltria (Alpe di Siusi ); collegamento Monte Cavallo Fleres; Collegamento Tarres ( Laces) e val Ultimo; progetto collegamento Arabba Falzarego Cortina Civetta; collegamento Sesto e Austria.©RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 16 Marzo 2023 p. 15

Sei milioni ai comuni di confine con il Friuli Risorse per viabilità e risparmio energetico

BELLUNO

Sono 22 i milioni di euro che il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli ha posto in distribuzione per i Comuni veneti di confine col Friuli Venezia Giulia e per quelli piemontesi attigui la Valle d'Aosta. Si tratta dell'annualità 2022, mentre per il 2023 lo stesso Calderoli aveva annunciato nei giorni scorsi un primo stanziamento di 5 milioni. Per i 27 Comuni delle province di Belluno, Treviso e Venezia sono, dunque, in arrivo 13 milioni e 363 mila euro, pari a 477 mila euro a testa. Mentre il comune di Longarone ne piglierà 954mila, quindi il doppio, a seguito della fusione con Castellavazzo. L'UTILIZZO DEI FONDI«Che cosa faremo? Longaronerisponde il sindaco Roberto Padrin - ha in programma la riqualificazione di piazza 9 ottobre, che è in condizioni precarie. Non solo, rigenereremo il palazzo delle ex Poste, davanti alla stazione ferroviaria, dove ricaveremo un Centro informativo, dei servizi pubblici ed anche un balcone panoramico sulla diga del Vajont». I Comuni bellunesi interessati sono dodici: Santo Stefano di Cadore, Vigo di Cadore, Lorenzago, Domegge di Cadore, Pieve di Cadore, Perarolo di Cadore, Ospitale di Cadore, Longarone, Soverzene, Alpago, Chies D'Alpago, Tambre. La cosa interessa anche otto comuni della Marca trevigiana e sette del Veneziano. «Con i fondi in arrivodice Alberto Peterle, sindaco di Alpago - finalmente sistemeremo la strada Pieve-Plois. Adesso non ci resta che attendere le annualità del prossimo triennio. Per il momento il ministro ha previsto 5 milioni, ma l'attesa è che si arrivi quanto meno ai 22 milioni del 2022».

IL FONDO LETTAÈ il fondo Letta di cui stiamo parlando istituito con decreto-legge 2 luglio 2007, convertito con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127. I fondi assegnati «saranno presto in erogazione», assicura il ministro Calderoli. «Si tratta precisamente di 22 milioni di oltre792 mila euro destinati alla valorizzazione e promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale. Sono risorse preziose che potranno essere impegnate per il finanziamento di progetti per lo sviluppo economico e l'integrazione, in favore dei Comuni di confine». Per Calderoli, l'erogazione dei contributi a sostegno di queste aree vicine a territori con Statuto speciale, e per questo più attrattivi, «è una misura che guarda agli interessi dei cittadini di quelle aree e che dev'essere preservata. Il nostro lavoro va esattamente in questa direzione». IL PRESIDENTE DI ASSCO«Il presidente dell'associazione dei Comuni di Confine (Assco), Roberto Campagna, spiega che nei precedenti bandi «le opere finanziabili andavano dagli interventi infrastrutturali relativi a valorizzazione e la salvaguardia dell'ambiente, per passare alle ristrutturazioni e ricostruzioni edilizie di edifici pubblici. Non manca un capitolo dedicato al risparmio energetico. Particolarmente significativo l'ambito di miglioramento della viabilità comunale e intercomunale, compresa la realizzazione di piste ciclabili, sentieri e parchi giochi». L'ASSESSORE BOTTACINI Comuni bellunesi hanno investito le somme ricevute in questi anni (ma con alcune interruzioni) in piste ciclopedonali, sistemazione di strade, riqualificazione di scuole, opere di sicurezza idraulica. Il Fondo Letta è stato voluto dopo l'avvio del Fondo per i Comuni confinanti col Trentino Alto Adige, sia veneti che lombardi. Sappada, all'epoca, era alle prese col movimento scissionista, che poi l'ha portata in Friuli Venezia Giulia. La voglia di Friuli prendeva corpo in altri paesi, da Santo Stefano a Lorenzago fino a Tambre. «Questi sono fondi importanti che arrivano nei nostri territori e che hanno lo scopo di mitigare, almeno nelle aree di confine, le differenze tra le regioni a statuto speciale e la nostra che per ora è a statuto ordinario - puntualizza l'assessore regionale Giampaolo Bottacin che ha affrontato la problematica da presidente della Provincia -. Ovvio che questo è un regime transitorio in attesa dell'autonomia richiesta dai veneti con referendum. Su questo fronte, già abbiamo portato a casa l'autonomia sul fronte dell'idroelettrico ma sono ben 23 la materie che abbiamo richiesto. Una partita fondamentale per il nostro futuro». -- Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 19 Marzo 2023 p. 21

Cai e Avs, alleanza contro le lobby «Continui attacchi alla montagna»

BOLZANO

Insieme contano più di 80 mila soci, ma politicamente, per ammissione dei loro stessi presidenti, contano poco niente. La Provincia spesso non li ascolta, accusano, le lobby economiche sono molto più potenti di loro. Insomma, Cai Alto Adige e Alpenverein Südtirol, uniti in un comune sentire e agire inimmaginabile soltanto pochi anni fa, lottano contro i mulini a vento. Ma non si arrendono, anzi. E di gente che dà loro retta sulla tutela dell'alta quota ce n'è, eccome. Basti pensare alla petizione lanciata dal Team K per fermare la svendita delle Dolomiti e salvare le montagne da ulteriori scempi come il nuovo rifugio Santner: sta a 49 mila firme. Georg Simeoni (Avs) e Carlo Alberto Zanella (Cai) ne hanno parlato col direttore Alberto Faustini e i giornalisti dell'Alto Adige durante una delle usuali riunioni quotidiane di redazione.Accerchiati«Ultimamente non sappiamo più da che parte girarci», ha ammesso Zanella. «Attacchi continui, la cosa ci spaventa». Il fondovalle «ormai è antropizzato oltre ogni limite, di sfruttabile e quindi da parte nostra difendibile ormai rimane solo l'alta quota, sempre più aggredita». L'atmosfera che si respira è che, per via del riscaldamento globale, si tenti si portare lo sci sempre più in alto. «La nostra posizione però - condivisa con Cai nazionale e Club alpini austriaco e germanico - è chiara: siamo contrari ad un ulteriore sviluppo», gli fa eco Simeoni.Il problema in Alto Adige, accusano, è la pressione delle lobby del turismo e dell'economia. «Da parte nostra - così Simeoni - possiamo contare solo sul volontariato, dall'altra ci sono i quattrini...» La questione vera, «è che le Dolomiti si stanno sviluppando come un lunapark, troppe installazioni».I grandi numeri non bastanoL'Avs, considerando i numeri, è una potenza: 76 mila soci, molto più della Svp. Sommandoci i 6.400 soci Cai, si sfonda quota 80 mila. Ed entrambi i sodalizi sono in crescita. Simeoni però spiega: «Siamo un'associazione del tempo libero, non ci sono di mezzo interessi economici o politici».

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