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NOTIZIE DAI RIFUGI

Gazzettino | 1 settembre 2022

p. 3, edizione Belluno

«Pos nei rifugi senza connessione e si riversano altri costi sui gestori»

BELLUNO Stagione estiva che gira le sue ultime pagine. Tra obbligo di avere il Pos (termine inglese per point of sale), i costi dell'elettricità, le problematiche di mesi siccitosi non surrogati dalle ultime piogge. A pesare, tra l'altro, è lo sguardo in avanti, soprattutto per quei rifugisti che vivono contando anche sulla stagione invernale. A tirare la linea su luglio ed agosto, facendo il punto sulla situazione in quota, è Mario Fiorentini che, da presidente di Agrav (Associazione dei gestori di rifugi alpini del Veneto), coordina, per l'appunto, circa cinquanta gestori di rifugio nel Veneto, di cui più della metà sono situati in provincia di Belluno. Si tratta di zone senza copertura dove per effettuare un pagamento elettronico si aggiungono i costi del telefono satellitare, strumento indispensabile per il funzionamento del Rifugio. Come avete incassato le regole che, dal 30 giugno, prevedono il pagamento elettronico con carta di credito? «A proposito di rifugi serve un passo indietro per entrare nella questione: il problema non sta nella volontà o meno di usare il Pos, ma nella connessione, nella rete internet. Ci sono molti rifugi che non hanno collegamento». Avete provato a sollevare il problema? «La questione è nota, tant'è che questa situazione assurda è stata fatta presente a Roma, anche dal coordinamento nazionale sostenendo la necessità di esenzione per chi è privo di connessione internet. Lo stesso Club alpino italiano, a livello regionale, si era fatto avanti a suo tempo per sostenere la banda larga con il progetto Waves over mountains, volto ad incentivare l'accessibilità ai rifugi, dotandoli di linea telefonica VoIp, Pos per pagamento con bancomat, wifi gratuito». In sostanza? «Questo progetto è fallito. Scomparso, per problematiche a monte che non sono state risolte. Di fatto oggi la maggioranza dei rifugisti paga di tasca propria la connessione satellitare. Si tratta di costi aggiuntivi non da poco». Quindi, in rifugio, si accetta il pagamento con la carta? «Per forza. Al 95% degli stranieri si farebbe fatica a non offrire il servizio Pos. La maggioranza di loro, per abitudine, non gira con le banconote. E, comunque, chi percorre Alte Vie finisce i contanti dopo tre giorni. Anche la clientele italiana, inoltre, capisce che pagare con la carta è un sistema comodo». In questi due mesi qualche sanzione è arrivata? «Non mi risulta. Nessun gestore ha pagato multe. A dire il vero sarebbe proprio ridicolo. A tutt'oggi la nostra preoccupazione è un'altra». Si riferisce al caro bollette? «I costi energetici sono un problema. C'è chi, lungimirante, si sta affidando a sistemi autonomi, come prendere l'energia dal fotovoltaico. E d'estate, così, se la cava. Chi ha turbine ha bisogno di acqua, e quest'estate la portata dei torrenti è stata minima, per non dire insufficiente. I rifugisti più sotto pressione sono, però, quelli che hanno la fornitura dall'Enel: si trovano nella stessa barca delle altre attività commerciali. Inoltre vi è un' ulteriore preoccupazione: tocca, specialmente, i rifugi che tengono aperto durante la stagione invernale: vedranno le spese energetiche moltiplicarsi per cento». Intanto, a bloccare la siccità, per fortuna sono arrivati i temporali... «È un concetto difficile da far passare: va eliminata l'idea che, in montagna, il problema dell'approvvigionamento di acqua si risolva con una pioggia. L'acqua scende, se ne va a valle. Pensiamo alla posizione del Torrani o del Carducci, tanto per capire. Il vantaggio dalle recenti piogge lo ha chi aveva messo in atto strategie di accumulo, coloro che si sono dotati di cisterne, di contenitori che raccolgano l'acqua piovana. Perché, a tutt'oggi, è diventato difficile far conto su acqua che derivi da nevai e ghiacciai». Daniela De Donà

Corriere del Trentino | 1 settembre 2022

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Restyling del rifugio Pedrotti Legambiente boccia l’idea «Fari in montagna? Inutili» Baldracchi: occasione persa. Ma Mountain Wilderness dà l’ok

Marzia Zamattio

Trento Se il dibattito è acceso — anzi, accesissimo — sui social tra critiche e apprezzamenti al progetto vincitore per il restyling del rifugio Pedrotti alla Tosa, nelle Dolomiti di Brenta, anche fuori dal web le posizioni sono diverse. E vivaci. Con la presa di posizione di Italia nostra Trentino attraverso Manuela Baldracchi, presidente e architetta, che parla di «progetto scenografico, teatrale, superfluo e ridondante». E sulla definizione di faro, per il colore rosso acceso della parte nuova del tetto e della scala e per le luci visibili dai vari sentieri, sottolinea: «È una disambientazione, storicamente il faro è un elemento degli ambienti marini dove non ci sono sentieri in mare, ma in montagna esistono». Mentre piace a Franco Tessadri, già presidente di Mountain Wilderness, ora nel direttivo nazionale e nel consiglio centrale di Sat (promotrice del concorso): «È un buon progetto che si inserisce bene nel Parco Adamello Brenta con il 5% di aumento delle volumetrie, lo dico da ambientalista e da consigliere Sat». Un parere dunque positivo, per Tessadri dunque, esperto di montagna e di ambiente, quello sul progetto vincitore di Stefano Pasquali (capogruppo), Samantha Minozzi, Alberto Stancherlin e Andrea Moser, scelto tra 60 che avevano partecipato per il restyling parziale del rifugio che si trova a 2.491 metri di altitudine, punto di partenza per la via delle Brocchette e da anni gestito dalla famiglia Nicolini. E spiega: «Prima cosa mi piace anche considerando la delicatezza del luogo dove si trova visto che si inserisce all’interno del Parco Adamello Brenta, con un lieve aumento delle volumetrie, rispetto ad esempio a come sarà ampliato il rifugio Erdemolo che invece vedrà un raddoppio di cubatura». In questo caso, invece, conclude, «c’è stata un’ottima soluzione, sia dal mio punto di vista dell’ambiente, inserito bene, sia dal punto di vista architettonico poiché è contenuto nei limiti». Mentre sul colore rosso acceso, forse troppo, «parla di rendering poco realistici, più appariscenti rispetto ai colori reali». Dello stesso avviso l’attuale presidente nazionale di Mountain Wilderness, Adriana Giuliobello, che condivide la posizione di Tessadri: ««Un buon progetto che ben si integra nel contesto circostante». Mentre è proprio sull’ambiente e sull’impatto negativo che avrà il nuovo rifugio che si concentra il ragionamento dell’architetta Manuela Baldracchi, che parla di «una buona occasione persa», tra i progetti presentati anche meno impattanti, «nonostante il lodevole accompagnamento al concorso promosso dalla Sat», con incontri e dibattiti con i progettisti e gli amministratori per convergere verso il miglior risultato, «poi svanito al momento della decisione da parte dalla commissione». E leggendo la scelta attuata, la presidente di Italia Nostra parla di «volontà di portare in montagna la monumentalità: tutto deve essere plateale, visibile da lontano, perdendo sempre più quel rapporto armonico con l’ambiente alpino: come Italia Nostra ci aspettavamo un intervento diverso, devo dire, più congruo con la montagna». Tanto più, ricorda, che era uno dei pochi bandi dove serviva un restyling solo sul sottotetto, «non pensavamo a tanti stravolgimenti, invece la scelta è stata una soluzione teatrale». E proprio sulla teatralità si sofferma l’analisi della presidente dell’associazione ambientalista, soffermandosi sul «faro in montagna», che definisce «un elemento superfluo e ridondante, che crea inquinamento ambientale con quelle luci visibili da lontano». Inoltre, il lavoro di ristrutturazione della parte nuova che definisce «un rapporto di soffocamento tra la parte nuova e quella preesistente, anche per la scala che appesantisce e fa diventare il tutto un monolite volumetricamente e percettivamente pesante». Eppure, prosegue, «erano stati presentati altri progetti, che si inserivano con un rapporto di rispetto e armonia, mentre questa scelta mi pare di immagine». Eppure, conclude, non sono contraria a interventi di architettura contemporanea, gli architetti devono usare linguaggi del proprio tempo, ma sulle realtà preesistenti, sia edifici sia centri storici, servono rispetto e attenzione» .

Corriere del Trentino | 2 settembre 2022

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Il Sat e i primi 150 anni «Rifugi, la nuova strada è quella dei concorsi» La presidente Facchini: sì al confronto, ma non sui social

Trento Un compleanno che avrà come ricordo una targa. Ma è quasi un monumento ideale quello che la SAT si appresta ad erigere, festeggiando i suoi 150 anni di storia a Madonna di Campiglio, il luogo dove venne fondata il 2 settembre 1872. Andare oltre l’imponenza del monumento culturale, associativo e pionieristico che la SAT rappresenta, per spiccare un balzo nella modernità, non è facile. Non è facile rappresentare in egual misura due istanze, apparentemente distanti all’interno della SAT: il patrimonio di valori identitari che caratterizzano il sodalizio e l’esigenza di stare al passo con i tempi. Due sguardi diversi che in realtà, secondo Anna Facchini, la prima presidente donna, che sull’ equilibrio tra tradizione e modernità ha impostato tutto il suo operato, possono, anzi devono, imparare a reggersi l’un l’altro. Perché non è tanto la SAT, quanto il mondo ad essere profondamente cambiato. La vita di una realtà come la SAT (che potremmo ormai definire a ragion veduta un’istituzione) dipenderà, secondo l’attuale dirigenza, proprio dalla sua visione di lungo termine e dalla cifra innovativa che saprà introdurre e condividere. Presidente Facchini, comeè cambiato secondo lei l’approccio del satini alla montagna in questi ultimi anni? «Negli anni ‘60 del secolo scorso il sodalizio ha vissuto un tempo di grande espansione, con i pullman in gita straripanti di 150 partecipanti: un’occasione di socialità e amicizia soprattutto per i giovani. Oggi si va in montagna con la famiglia, o a piccoli gruppi ed

è soprattutto la pandemia ad aver imposto lo spartiacque tra un prima e un dopo. Oltre a ciò, la SAT si sta interrogando sulla frequentazione di massa di questi ultimi anni, i satini scelgono ormai itinerari poco frequentati e poco conosciuti, ma in generale ci chiediamo se il fenomeno sia ancora sostenibile e quali le possibili soluzioni. Di certo non si possono creare zone franche, anche per quanto riguarda la convivenza con bici ed e-bike, non possiamo certo guardarci in cagnesco tra bikers ed escursionisti. Però qualcosa sta venendo avanti, ci sono sezioni che organizzano corsi su come muoversi con le e-bike su strade forestali e sentieri nel rispetto di chi cammina. A tal proposito stiamo pensando di riproporre il convegno “Montagna e bici”». La svolta aziendalista con l’arrivo degli sponsor e la creazione di una srl sono forse gli aspetti innovativi che più hanno creato divisioni all’interno del corpo sociale, si supereranno? «Parlerei di assunzione di responsabilità, non di svolta aziendalista, la SAT non è solo gite, cultura, associazionismo, ha una struttura, 10 dipendenti, un patrimonio immobiliare da mantenere e i contributi pubblici non sono automatici, l’ente pubblico giustamente controlla le capacità gestionali, le quote associative e il contributo CAI non bastano e non sono mai bastate. Quindi se la coperta è corta a mio avviso il senso di responsabilità deve raddoppiare. La nostra idea è consegnare a chi verrà dopo di noi una realtà in grado di guardare al futuro con serenità e di questi tempi garantire un cammino sicuro sta diventando una sfida non da poco, sulla quale il Consiglio della SAT è molto impegnato, ma devo dire che sulle scelte c’è quasi sempre l’unanimità». Un altro ambito di enorme interesse sono i Rifugi, in Valsugana l’attesa per la ricostruzione del Rifugio Tonini per i satini locali da tempo sta sollevando mugugni che si sono spostati sui social. «L’ultimo via libera per il Tonini si è fermato al comune di Baselga di Pinè, ma sulle progettazioni la SAT sta percorrendo una strada nuova con i concorsi di progettazione, come per il Tonini così avverrà per il Pedrotti e il Ciampedie. La piattaforma è pubblica, si chiama “Concorrimi”, i progettisti sono anonimi e una giuria qualificata stila una classifica. Sarà solo durante una riunione pubblica che verrà comunicata la classifica e il nome del vincitore. Il primo Rifugio sul quale abbiamo completato la procedura è il Pedrotti. In generale la SAT è orientata verso un fortissimo impulso nei confronti della conservazione del patrimonio immobiliare dei Rifugi, ricorrendo anche ai prestiti bancari, come si fa nelle famiglie, programmando gli investimenti. Per quanto riguarda il dibattito interno ho presenziato a quasi tutte le assemblee annuali delle sezioni, non mi sono mai sottratta ad alcun tipo di chiarimento, ma mi tengo ai margini dei social, non li considero uno strumento utile ad un confronto». Un’estate difficile per la montagna quella che sta volgendo al termine quali sono i suoi riscontri? «Dati certi ancora non ne abbiamo, i flussi di settembre di solito hanno una loro valenza, le prime testimonianze che ho raccolto, così a volo radente, dai nostri gestori, parlano di presenze da record ma di una minore capacità di spesa rispetto agli anni precedenti. La difficoltà ha riguardato principalmente la carenza di acqua e qui sì il problema quest’anno si è manifestato in tutta la sua gravità, in qualche caso abbiamo dovuto intervenite con cisterne provvisorie che verranno rimosse a fine stagione, ma occorrerà analizzare il problema in prospettiva, perché è quella che spaventa di più e sulla quale ipotizzare soluzioni è complicato». Su quali fronti e con quali progetti è maggiormente impegnata la SAT nell’immediato futuro? «A fine anno diventerà operativa la “Spazio Alpino S.r.l. Benefit”, che avrà il compito di commercializzare libri, gadget e merchandising di vario genere. Il tutto è stato concepito come un’altra forma di finanziamento per SAT, in quanto socio unico della srl. Per quanto riguarda invece la vita interna dobbiamo introdurre alcune modifiche statutarie dovute all’entrata in vigore della legge sul terzo settore. Le modifiche riguardano l’assetto giuridico delle sezioni, le quali avranno la possibilità di diventare Aps (Associazioni di Promozione Sociale), come SAT Centrale, sempre rimanendo comunque affiliate alla SAT. Il passaggio potrebbe essere conveniente soprattutto per le sezioni con un consistente numero di soci, in quanto potrebbero usufruire dei benefici fiscali del terzo settore, essere titolari di un patrimonio immobiliare, fare convenzioni con la Provincia e ottenere la destinazione del 5x1000».

Corriere delle Alpi | 16 settembre 2022

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Rifugi, stagione finita: «Aperti a ottobre? I costi sono proibitivi»

BELLUNO I rifugi alpini chiudono, per la maggior parte, tra il 18 e il 20 settembre, la data canonica di conclusione della stagione estiva. Tanti di questi si erano ripromessi di destagionalizzare, cioè di prolungare sino a tutto il mese, alcuni di inoltrarsi anche in ottobre, come peraltro avevano fatto l'anno scorso. «Abbiamo dovuto rinunciare per i costi sempre più gravosi dell'elettricità e del riscaldamento», ammette Mario Fiorentini, gestore del "Città di Fiume" e presidente di Agrav. Ci sono strutture che hanno già spesso molto anticipatamente, a fine agosto, come il Dolomites sul Pelmo. Altre che, invece, proseguono, quali l'Auronzo; anche il Lavaredo, ma non oltre il 26. Altre ancora che arriveranno fino al 25, come il Mulaz. Ma il Coldai sul Civetta e il Vandelli al lago Sorapiss tra il 20 ed il 22. «Tener aperto ancora una o due settimane in più significa mangiarsi l'utile di un mese», specifica Fiorentini.A convincere gli operatori a smettere anzitempo è anche il meteo, che nelle ultime settimane è stato quanto meno ballerino e che ha tenuto lontano gli escursionisti di giornata. L'Alta Via nr. 1, dal lago di Braies a Belluno, passando per Cortina, forse non è mai stata frequentata come quest'estate. Lo è pure in questi giorni, ma per la gran parte di gruppi di stranieri, soprattutto anglosassoni, americani, canadesi,

inglesi, mai visti tanti, tutti richiamati dal fascino Unesco. «Ma il loro numero, seppur consistente, non ci permette di continuare l'attività che, con le temperature crollate, esige il riscaldamento».Tanti rifugi sono dotati del fotovoltaico, ma non nella misura di escludere il gas o la stessa elettricità. Quindi la sospensione dell'attività è doverosa. «Il problema è per il prossimo inverno. Ancora non ci sono i presupposti per aprire, come alcuni di noi vorrebbero. Pare che per gli impiantisti», conclude Fiorentini, «siano previste delle provvidenze, come ha anticipato il ministro Garavaglia. Ma anche gli operatori dell'accoglienza ne avrebbero diritto». --Fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’Adige | 20 settembre 2022

p. 19

Arredi e lavori nei rifugi: Provincia in aiuto della Sat

Rinnovato dalla Provincia di Trento (Servizio foreste) e dalla Sat (Società alpinisti tridentini) l'accordo di collaborazione per la valorizzazione della rete sentieristica alpinistica della Provincia. L'oggetto sono gli interventi manutentivi di sentieri con caratteristiche silvopastorali per i quali Sat chiederà la collaborazione al Servizio foreste. La convenzione, quindi, non riguarda gli interventi relativi ai sentieri alpinistici attrezzati e alle vie ferrate. La Sat comunica dove c'è necessità di manutenzione urgente, ed il Servizio foreste interviene con mezzi e personale propri nella manutenzione dei sentieri (manutenzione, comprese decesplugliamento, sfalcio, sramatura, e oper di contenimento, staccionate, passerelle, varianti ad hoc). La convenzione ha valenza triennale per il biennio 2022'23.La stessa Provincia, con il Servizio turismo e sport, ha concesso alla Sat un doppio contributo (prima tranche da 57.838,30, seconda da 17.190,90 euro: in totale ) per l'acquisto di arredi e attrezzature e lavori per i rifugi in proprietà. Ne beneficiano alcuni di classe 1: Vaiolet, Peller, Monzoni "Taramelli", Rosetta "Giovanni Pedrotti", Alpe Pozza "Vincenzo Lancia e Bocca di Trat "Nino Pernici". A loro va la prima tranche di contributo. L'altra va a tre rifugi in quota, di classe 4: sono il Vioz "Mantova", il Cima d'Asta "Ottone Brentari" (nella foto) ed il Carè Alto "Dante Ongari".

Alto Adige | 23 settembre 2022

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Nuovo rifugio passo Santner Il Team K prepara l'esposto

Bolzano La conca tra la vetta del Catinaccio e la Croda di Re Laurino è incastonata in uno dei panorami più iconici dell'Alto Adige, noto in tutto il mondo. La straordinaria bellezza del Catinaccio arrossato nell'enrosadira è forse l'immagine più celebre di tutte le Dolomiti, ritratta nel tempo in innumerevoli dipinti e fotografie. La recente mega-espansione del rifugio Santner è andata a violare un vero e proprio santuario naturale. «Come se non bastasse la giunta ha pensato pure di svendere il terreno ad un albergatore privato - aggiunge Paul Köllensperger -, la stessa Giunta che predica la sostenibilità nei suoi costosissimi convegni-vetrina». Su questo che definisce l'ennesimo esempio di "sistema Alto Adige", il Team K ha depositato un accesso atti e un'interrogazione e sta valutando se procedere con un esposto in Procura.La vicenda è tristemente nota, si spiega in una nota, «ma l'eco mediatica che l'ha riguardata alla fine di giugno è stata scarsa (e la cosa non stupisce, purtroppo), un fuoco di paglia durato qualche giorno». A passo Santner, «da un piccolo rifugio di montagna in legno, perfettamente inserito nel contesto, siamo passati a una nuova, enorme struttura dalla cubatura otto volte maggiore, visibile addirittura da Bolzano». Ma non basta: la giunta ha addirittura svenduto il terreno, un pezzo di quella famosa conca in mezzo al Catinaccio, ad un albergatore amico. Svp, ora basta!» La vendita di un pezzo delle Dolomiti, «Patrimonio Unesco e soprattutto patrimonio di tutti noi, è semplicemente inaccettabile», ma secondo il Team K ci sono pure gli estremi per parlare di reato. Per fare chiarezza, il Team K ha depositato un'interrogazione e una richiesta di accesso agli atti. «Mi chiedo come sia stato possibile vendere a dei privati un terreno in una location letteralmente unica al mondo. L'area su cui sorgeva il vecchio rifugio era patrimonio indisponibile, una proprietà di tutti e tale doveva rimanere, per motivi talmente ovvi che è sbalorditivo che Agenzia del Demanio, ufficio estimo e giunta provinciale abbiano preso le decisioni che sono sotto gli occhi di tutti. O è un motivo più che sufficiente il fatto che tra i nuovi proprietari ci sia un ex-consigliere comunale Svp?», sbotta Paul Köllensperger.Ridicola viene definita la motivazione alla cessione ("quest'area non viene usata a fini istituzionali") «e quantomeno sospetta la tempistica dell'operazione, con l'Agenzia Demanio provinciale che dichiara vendibile il terreno e solo due settimane dopo gli acquirenti presentano domanda di acquisto». Ma a lasciare davvero senza parole si prosegue, «è anche il prezzo di vendita di un terreno che dovrebbe essere di inestimabile valore: 27.450 euro complessivi. «La Svp regala un angolo di paradiso, un pezzo di Patrimonio dell'Unesco agli amici - così Köllensperger e a questo punto chiunque potrebbe chiedere di acquistare pezzi delle Dolomiti, dal momento che non vengono usate 'a fini

istituzionali'. L'interrogazione che abbiamo depositato ha dei toni volutamente provocatori, ma credo siano adeguati alla presunzione di poter disporre in modo così disinvolto di beni comuni del nostro territorio di così alto valore paesaggistico, simbolico e anche economico».

Alto Adige | 29 settembre 2022

p. 14, lettere

Dolomiti da proteggere Un pezzo di montagna è stato "svenduto"

Caro direttore, diceva il Principe De Curtis nella famosa lettera, "punto, punto e virgola...ma sì abbondiamo : DUE PUNTI ! " e devono aver pensato così anche in Giunta provinciale riguardo la concessione regalo del terreno intorno al rifugio Santner, VENDENDO un pezzo del Catinaccio patrimonio dell' UNESCO e permettendo l'aumento di cubatura di otto volte maggiore ad un albergatore ex consigliere provinciale del partito di raccolta di lingua tedesca in Alto Adige, con l'artificio che tale terreno, non rientra nei " fini istituzionali " del Progetto UNESCO! L'arroganza di tale scempio spero non sfugga ( si parla di soli 24000 euro pagati per un terreno protetto di interesse mondiale e quindi inalienabile) e sia oggetto di inchiesta e indagine degli organi a questo preposti. Mi viene in mente il Marchese del Grillo perché " lui era lui e noiartri ...eravamo..." Corro dal mio consulente in banca per vedere con 12375 euro cosa mi posso comperare casomai vendessero ancora qualche cosa con buona pace degli ambientalisti e delle istituzioni mondiali a tutela dei patrimoni ambientali Enrico Dalfiume

Ritengo però che sia tutto regolare, anche perché - per una bizzarria che si spiega solo con la volontà di tenersi le mani libere - in realtà non tutta l'area dolomitica altoatesina rientra nel patrimonio (e nel progetto) Unesco. E le deroghe - formalmente del tutto legittime - dunque non mancano. Sono peraltro certo di un fatto: qualora vi fosse qualcosa di illegittimo, la magistratura (che comunque legge con attenzione anche il giornale) o chi di dovere sarebbe già intervenuto. Poi c'è ovviamente l'estetica. Ma di questo si parlerà semmai quando la concessione si trasformerà in struttura ricettiva (fatico a parlare preventivamente di arroganza e di scempio, in tal senso). Vigileremo, comunque. Alberto Faustini

Corriere delle Alpi | 27 settembre 2022

p. 50

La vicentina Elena e Antonio il sardo anime da 21 anni del "Pian de Fontana"

Il personaggio Gianluca De Rosa Che storia strana è la vita. Le anime del rifugio Pian de Fontana di Longarone, che si appresta a festeggiare i trent'anni di attività, sono una vicentina e un sardo. Elena Zamberlan e Antonio Gavino Tedde si sono conosciuti a malga Ciapela, entrambi lavoratori stagionali. «Succedeva più di vent'anni fa, praticamente in un'altra vita», racconta sorridendo Elena, il cui passato lavorativo era concentrato tra le quattro mura di uno studio legale di Vicenza. «Alla sera, prima di uscire dall'ufficio, mi fermavo davanti alle finestre a guardare le montagne. È nata così la voglia, crescente, di avvicinarmi sempre di più a questo mondo. Ho iniziato studiando scienze forestali, ma a quei tempi non c'era posto per le donne. Ed allora mi sono cercata una strada alternativa, incrociando sulla mia strada la possibilità di gestire un rifugio».La scelta giusta, tanto che Elena, in collaborazione con il sardo Toni, gestisce per conto del Cai di Longarone il rifugio Pian de Fontana, di proprietà comunale, da ventuno anni. «I miei primi ventuno anni», sottolinea orgogliosamente Elena Zamberlan, «perché la mente è già proiettata ai prossimi venturo». La vita del rifugista è particolarmente faticosa? «Sì, lavoriamo h24, giorno e notte, sempre a disposizione dei clienti che, in caso di necessità, anche durante la notte, hanno solo te a cui ricorrere. Ancor di più qua, dove si arriva solo dopo più di due ore di camminata».Insieme a Toni, ha assunto la gestione del rifugio Pian de Fontana ventuno anni fa. Come amici, oltre che soci...«Lui si dedica alla cucina, da affermato chef quale è. Io faccio il resto», prosegue nel suo appassionato racconto Elena, «ci siamo conosciuti a malga Ciapela. Io alla prima esperienza in una struttura ricettiva di montagna, lui idem, visto che veniva dal mare della Sardegna. Abbiamo deciso di rischiare e così abbiamo iniziato a cercare una struttura da poter gestire in prima linea. Se siamo qui da ventuno anni, quel rischio alla fine si è rivelato la scelta più azzeccata della vita».Come si sviluppa la giornata dei rifugisti al Pian de Fontana?«Il nostro è un rifugio piccolo che per quanto riguarda la parte notte ha una sola,

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