Autori: all’entrata del museo “Rinaldo Zardini” a
I Liceo Linguistico e delle Scienze Umane di La Villa Cosi Nicole Aniceta
Locher Alessia
Pizzinini Lucia
Erlacher Noemi
Mersa Iris
Sintoni Jacinta
Giuliano Elena
Miribung Martina
Winkler Miriam
Palfrader Marlene
Insegnante: Maldonado Mattia
Indice
Introduzione .............................................................................. 4 Cultura e leggende delle Dolomiti .............................................. 8 “Re Laurino e il suo roseto� .................................................. 10 Geologia delle Dolomiti ............................................................ 12 Esperimento ............................................................................. 16 Conclusione ............................................................................. 21 Pensiero personale ................................................................ 22 Immagini ................................................................................. 25 Introduzione .......................................................................... 25 Cultura e leggende delle Dolomiti........................................... 26 Geologia delle Dolomiti ......................................................... 28 Esperimento .......................................................................... 29
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Introduzione Noi alunne del Liceo Linguistico e delle Scienze Umane di La Villa, un paese situato in Val Badia in provincia di Bolzano, abbiamo partecipato al progetto “The#FossilSeaChallenge”. Questo concorso è organizzato dall'UNESCO ed è stato indetto quest’anno, anno scolastico 2018-2019, per la seconda volta. L'argomento da trattare era la relazione tra le Dolomiti e il fuoco. Al concorso hanno potuto partecipare tutte le scuole delle regioni dolomitiche. L’obiettivo di questo progetto è di conoscere meglio le nostre montagne e il magnifico paesaggio intorno a noi. Il nostro lavoro s’intitola “Dolomiti nere come il fuoco: su vulcani e vita nella Val Badia”. Con questo lavoro abbiamo provato a mettere in risalto quale sia la relazione tra le nostre montagne e il fuoco, lavorando soprattutto sulla tematica dell’attività vulcanica durante il periodo del triassico. Per portare a termine il nostro progetto abbiamo lavorato a scuola durante le ore di scienze naturali, ottenendo così dei buoni risultati. Siamo anche andate a visitare il museo paleontologico “Rinaldo Zardini” di Cortina, dove abbiamo potuto ammirare rocce e fossili. Infine, per concludere il progetto, abbiamo fatto un esperimento attraverso il quale abbiamo provato a scoprire se l’ossigeno ha un influsso sulla crescita degli organismi unicellulari.
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Ciò che abbiamo imparato durante lo svolgimento di questo progetto, abbiamo provato a riassumerlo in questo libro. Ma come sono fatte e che cos’hanno di così particolare le nostre Dolomiti? Pendii scoscesi, laghi di montagna, prati, boschi, la fauna e la flora caratterizzano le nostre montagne. Le Dolomiti fanno parte del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO e pertanto ci sono tanti turisti che vengono ad ammirarle. Le Dolomiti si trovano a nord-est dell’Italia, tra il confine austriaco e la pianura veneta. Si trovano nelle regioni del Veneto, del Trentino-Alto Adige e del Friuli, più precisamente nelle province di Belluno, Trento, Bolzano, Udine e Pordenone. Queste montagne contengono un carbonato di calcio e magnesio, che è una composizione mineralogica particolare. Simili rocce si trovano anche altrove, ma il paesaggio dolomitico è molto particolare anche per via della cultura dei suoi abitanti. Difatti le Dolomiti sono la patria dei ladini e dei friulani. I ladini sono distribuiti in 5 valli: Val Badia, Val Gardena, Val di Fassa, Ampezzo e Livinallongo. In tutto ci sono pressappoco 30.000 abitanti che parlano e scrivono il ladino. In Trentino-Alto Adige il ladino è riconosciuto come lingua ufficiale e viene pertanto anche insegnato nelle scuole paritetiche accanto alla lingua italiana e al tedesco. Ancora al giorno d’oggi in queste valli sopravvivono antiche
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tradizioni e i riti religiosi, come le processioni, vengono celebrati come un tempo. La cultura dei popoli dolomitici è ricca di leggende. Tante generazioni
prima
di
noi
hanno
tramandato
le
leggende,
raccontandosele la sera in una stube calda, o dopo una dura giornata di lavoro intorno a un fuoco in montagna. I nostri antenati si spiegavano con queste storie i fenomeni naturali che non erano in grado di capire, come per esempio l’enrosadira: quel rossore tipico delle montagne al crepuscolo. Le leggende più conosciute sono senz’altro il ciclo epico del Regno di Fanes con le leggende di Dolasilla e Luianta (Fig. 1). Ma anche quelle del Catinaccio con la storia di Re Laurino o la leggenda della Croda Rossa e di Moltina. In queste storie si incontrano personaggi inventati come ganes 1 , salvans 2 e animali di ogni tipo. Tanti sono ancora i posti che ricordano queste leggende. Le Dolomiti sono suddivise in 9 gruppi: Pelmo e Croda da Lago, Marmolada, Pale di S.Martino e di S.Lucano insieme alle Dolomiti di Belluno, Dolomiti friulane, Dolomiti settentrionali, il gruppo
Puez-Odle,
il
gruppo
Sciliar-Catinaccio-Latemar,
il
Bletterbach, e le dolomiti del Brenta. Durante le ore di scuola abbiamo parlato molto della geologia delle Dolomiti. Abbiamo anche parlato di vulcani e di come l’attività vulcanica potrebbe aver influenzato il contenuto d’ossigeno 1
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Ninfe dei boschi Figure mitologiche, abitanti dei boschi
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nell’acqua del mare. Questa infatti è anche stato il quesito del nostro esperimento: “L’ossigeno ha un influsso sulla crescita degli animali?” Ci siamo cimentate tante ore con questo esperimento cercando di arrivare passo dopo passo a una conclusione. Il libro che abbiamo scritto è suddiviso in più parti. Nei prossimi capitoli descriveremo più precisamente le nostre ricerche, quello che abbiamo imparato sulle leggende e la cultura delle Dolomiti, la geologia del nostro territorio e l’esperimento che abbiamo fatto.
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Cultura e leggende delle Dolomiti Quando le regioni delle Dolomiti non facevano ancora parte dell’Impero Romano, erano popolate dai Reti. La lingua retica e il latino volgare, parlato da funzionari e soldati romani, con il tempo si sono mischiati ed evoluti. Nacque una nuova lingua: il ladino. Si parlava il ladino dal Danubio, a nord, fino al Lago di Garda, a sud; dal Passo San Gottardo, a ovest, fino a Trieste, a est. Al giorno d’oggi si parlano ancora delle varianti di ladino nel Canton Grigione, nella Ladinia (Val Badia, Val Gardena, Val di Fassa, Ampezzo e Livinallongo) e nel Friuli. Qui da noi in Alto Adige il ladino viene riconosciuto come una delle tre lingue principali e lo parla all’incirca il 4% degli abitanti. In Val Badia e in Val Gardena la maggior parte della popolazione parla ladino (Fig. 2). La storia di come le Dolomiti sono diventate famose in tutto il mondo ha inizio nel XVIII secolo. A quei tempi, anche Deodat de Dolomieu passò per la Valle dell’Adige. Era un nobile francese e un geologo, e fu il primo a studiare le caratteristiche della dolomia. Questa scoperta scientifica ha avuto un effetto molto positivo sul turismo nelle nostre terre. I primi turisti che arrivarono erano persone benestanti che venivano qui per fare alpinismo. In tempi passati soltanto le persone più ricche potevano permettersi certi viaggi. La gente del posto aveva invece paura di salire sulle montagne, perché
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credeva fossero abitate da fantasmi e diavoli. I turisti non conoscevano però la zona e serviva quindi della gente che mostrasse loro le strade: nacque così il lavoro della guida alpina. Con il tempo le nostre valli si modernizzarono e vennero costruiti impianti di risalita. Da allora il turismo crebbe sempre più. Oggi l’economia locale si basa principalmente sul turismo estivo e invernale. D’estate la gente viene per fare escursionismo in montagna e per l’aria fresca, e d’ inverno per sciare. Col tempo, a causa del turismo, anche la nostra cultura è cambiata. Prima di questa ondata economica, le persone vivevano in modo molto semplice, soprattutto quelle che abitavano nelle valli montane delle Dolomiti. L’economia si basava difatti su un duro lavoro da contadino. Per questo ancora oggigiorno molte tradizioni mantengono uno stretto legame tra natura e agricoltura. Un’usanza che viene rispettata ogni anno è la transumanza, quando mucche e cavalli che pascolano tutta l’estate sulle malghe vengono addobbate con ghirlande e riportate in valle. Altre usanze hanno invece origine nella religione cristiana, come per esempio la festa del Sacro Cuore di Gesù. Ci sono anche tante leggende sorte per spiegare fenomeni naturali che nel passato le persone non riuscivano a spiegare scientificamente. Come già detto, per molto tempo gli abitanti della Ladinia non hanno avuto il coraggio di andare a esplorare le montagne, per paura e per rispetto verso gli spiriti che ci abitavano. A quei tempi le leggende venivano solamente raccontate a voce, ma 9
non molto tempo fa sono state messe per iscritto. Non si è voluto infatti che andassero dimenticate, per via delle preziose informazioni che contengono su come la gente viveva. Oggigiorno non ci sono più leggende, dato che la scienza ci spiega quasi tutto, ma le vecchie storie vengono ancora raccontate dai nonni ai bambini. Molte leggende delle Dolomiti sono state raccolte in un libro da Karl Felix Wolf e pubblicate per la prima volta nel 1905. Quello che segue è un esempio di come si cercò di dare una spiegazione al fatto che le montagne al crepuscolo si tingano di rosa, ciò che in ladino si chiama inrosadöra. La leggenda si riferisce al Catinaccio (Fig. 3), montagna situata nei pressi di Bolzano, dove Re Laurino, stando alla leggenda, possedeva un giardino pieno di rose3.
“Re Laurino e il suo roseto” Laurino era un re e regnava sul popolo degli gnomi. Possedeva due armi magiche: una cintura che gli dava la forza di 12 persone, e un mantello che lo rendeva invisibile. La leggenda racconta che si innamorò della principessa Similde e che la rapì, portandola nel suo giardino di rose. Quando il promesso sposo di Similde lo venne a sapere, si mise in marcia con i suoi uomini e inseguirono Re Laurino nel roseto. Allora Laurino si allacciò la sua cintura e si mise a combattere. Poco dopo indossò anche il suo mantello magico, ma gli avversari riuscirono ad individuare i 3
Il nome tedesco della montagna è appunto Rosengarten, ovvero roseto.
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movimenti del re, tradito dallo spostamento delle rose, e lo presero così in prigionia. Tempo dopo, Re Laurino riuscì ad evadere e ritornò nel suo giardino. Era molto arrabbiato con le sue rose e lanciò una maledizione sul suo giardino: nessuno avrebbe mai più potuto vedere le sue rose, né di giorno né di notte. Però si dimenticò dell’alba e del tramonto. Pertanto, ancora oggi le possiamo vedere in questi due momenti della giornata mentre il Catinaccio si tinge di rosso. Scientificamente la spiegazione è tutt’altra. Alla sera e al mattino le montagne sono illuminate dal sole. Il colore rosso è il risultato dell’interazione della luce e dei componenti della roccia. Al tramonto e all’alba, per raggiungere la superficie terrestre, i raggi solari devono percorrere una maggiore distanza e attraversare un maggiore strato d’aria rispetto ad altre ore del giorno. Questo perché l’angolo che il sole forma con la terra è maggiore. A causa del maggiore percorso che i raggi effettuano attraverso l’atmosfera, cambia lo spettro di luce e il colore che vediamo non è più prevalentemente blu, ma rosso (Fig. 4). In aggiunta, anche la dolomite può avere di per sé sfumature rosa.
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Geologia delle Dolomiti Qui da noi, nelle Dolomiti, la mattina e la sera le montagne diventano rosse. Tanti anni fa, le persone si spiegavano questo fenomeno tramite delle leggende. S’immaginavano che ci fosse fuoco all’interno delle montagne. Al giorno d’oggi si sa, che il colore rossastro dipende dall’irradiazione solare e dal tipo di roccia. Le montagne diventano particolarmente rosse all’alba e al tramonto e a volte
assumono
addirittura
un
colore
rosso-fuoco.
Sorprendentemente però, nella Val Badia, non è il colore rosso a essere il colore del fuoco, bensì i colori nero e marrone. Con ciò s’intende, che le rocce vulcaniche che possiamo trovare qui nei dintorni sono nere o marroni. Durante il periodo triassico, infatti, nelle Dolomiti c’erano dei vulcani. Tempo fa, in quelle che ora sono le nostre zone, il paesaggio era come quello delle isole tropicali. È possibile essere a conoscenza di questi fatti, grazie ai sedimenti dai quali le nostre montagne sono composte. Si possono trovare fossili di organismi marini addirittura sulle cime delle montagne! In più, alcune montagne come il Sasso Piatto e il Latemar (Fig. 5), conservano ancora la scarpata della piattaforma carbonatica. Le nostre montagne sono isole costruite da organismi che poi, con il tempo, hanno subito un processo di dolomitizzazione. La dolomia si forma in acque ricche di Sali
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minerali. Ancora oggigiorno si forma per esempio nel nord Africa o in lagune atlantiche, come le Bahamas, dove l’acqua è bassa e ricca di Sali. Dunque la dolomia si può trovare anche in altri posti, tuttavia le nostre Dolomiti sono uniche grazie alle informazioni geologiche che conservano e alla cultura della popolazione che ci vive. A metà del Triassico c’è perfino un’età geologica che ha preso il nome di “Ladinico”. Qui infatti si parla il ladino. Se una conchiglia, il cui guscio è composto da un carbonato di calcio, si trova in un’acqua ricca di Sali ed entra in contatto con del magnesio, si potrebbero lentamente formare dei cristalli di dolomite. La formula della dolomite è CaMg(Co3)2, ovvero carbonato di calcio e magnesio. Il cristallo di dolomite ha una struttura sempre uguale, come ogni cristallo, però la roccia, dolomia, non ha sempre la stessa struttura poiché le rocce consistono di un insieme di cristalli e di minerali. La dolomia è una roccia carbonatica. Essa fu scoperta nel 1789 dal geologo francese Dolomieu che notò per primo la differenza tra calcare e dolomia: la dolomia non reagisce con l’acido cloridrico, il calcare invece sì. Non tutte le montagne nelle Dolomiti sono costituite da dolomia. Le Dolomiti sono formate da più strati, composti a loro volta da diversi sedimenti: alcuni di questi sono stati prodotti dall’erosione del territorio precedente dovuta agli agenti atmosferici (rocce terrigene), altri sono stati formati dall’attività biologica (rocce
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carbonatiche); inoltre ci sono anche alcuni strati formati da rocce vulcaniche. La fine del Permiano, il Triassico, il Giurassico e l’inizio del Cretaceo sono stati i periodi più importanti per lo sviluppo delle Dolomiti. Durante questi periodi si sono infatti formati e depositati i sedimenti che compongono le Dolomiti. Le Dolomiti sono poi emerse dal mare intorno ai 15-20 milioni di anni fa. 250 milioni di anni fa, durante il periodo Triassico, molte regioni del Mediterraneo, dal nord Africa fino alla Spagna, dalla Grecia fino all’Italia, sono state interessate da una forte attività vulcanica. Nelle Dolomiti, il vulcanismo è stato particolarmente intenso. Si può dire che la nostra regione sia stata la più importante regione vulcanica di tutta l’Europa. Importante notare però, che durante il periodo Triassico le Dolomiti non c’erano ancora. Al tempo c’era solo un grosso blocco di terra, l’enorme continente Pangea. Le Dolomiti si trovano precisamente lì, dove termina la placca africana. Circa 233 milioni di anni fa, verso la fine del Ladinico, la regione dolomitica fu influenzata da importanti avvenimenti geologici. Si sono formate delle faglie nella crosta terrestre e attraverso queste, il magma ha attraversato la crosta e ha raggiunto la superficie. Il magma è una roccia fusa bollente, che esce dalle profondità del mantello terrestre. Se il magma si raffredda nelle profondità terrestri, si forma roccia magmatica intrusiva, se invece il
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magma si raffredda durante un’eruzione vulcanica, si forma una roccia magmatica effusiva. Alla fine di questo periodo di attività vulcanica si sono formati degli strati sedimentari molto caratteristici (Fig. 6). Questi strati si chiamano “Strati di San Cassiano” e prendono il nome da un paese della Val Badia. Questi strati consistono di prodotti vulcanici, come polvere e sassi che sono stati eruttati durante l’attività vulcanica, e da sedimenti prodotti dall’erosione della superficie delle isole allora esistenti. In questi strati sono stati trovati fossili molto piccoli (diversi tipi di bivalvi, gasteropodi, cefalopodi, ricci di mare, coralli et cetera; Fig. 7). Una teoria sostiene che a causa della forte attività vulcanica del Triassico centrale, tanti organismi che vivevano allora nelle acque tropicali modificarono la loro attività. Secondo questa teoria, l’attività vulcanica ha influenzato la crescita degli esseri viventi, diminuendo il contenuto d’ossigeno nelle acque del mare. Per questo motivo gli organismi, non ricevendo abbastanza ossigeno, non poterono crescere e rimasero piccoli. Ed è così che negli Strati di San Cassiano sono stati trovati dei fossili particolarmente piccoli. Per testare questa teoria abbiamo fatto un esperimento. Invece di molluschi abbiamo utilizzato dei protisti. Di più nel prossimo capitolo.
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Esperimento Negli Strati di San Cassiano si trovano fossili molto piccoli. Per spiegarne il motivo ci sono alcune teorie e una di queste afferma che gli organismi sono rimasti piccoli in quanto il contenuto d’ossigeno nell’acqua è stato ridotto dall’attività vulcanica. Noi abbiamo voluto verificare questa teoria, cercando di capire se l’ossigeno può avere un effetto sullo sviluppo degli organismi acquatici. Per eseguire un esperimento bisogna avere un’ipotesi, ovvero una possibile risposta. La nostra ipotesi era che il contenuto dell’ossigeno nell’acqua potesse avere un influsso sulla crescita degli organismi. Per controllare la correttezza della nostra ipotesi, abbiamo eseguito un esperimento. Visto che il tempo a disposizione era poco e abbiamo dovuto svolgere l’esperimento in pochi giorni, abbiamo lavorato utilizzando protisti, organismi unicellulari. Abbiamo utilizzato parameci, dato che si trovano facilmente e presentano un ciclo biologico molto breve. I parameci erano ideali per il nostro esperimento anche perché hanno bisogno di ossigeno per sopravvivere. Per ottenere i parameci abbiamo preparato infusi di fieno. Per gli infusi di fieno abbiamo utilizzato dei vasetti di vetro da 50 ml e li abbiamo riempiti con fieno e 30 ml di acqua. Dopodiché li
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abbiamo lasciati riposare per 5 giorni, così che gli organismi unicellulari potessero svilupparsi. Ognuna delle 10 alunne della nostra classe ha preparato 3 infusi. Quanti più dati si hanno, tanto più significativo può risultare l’esito dell’esperimento. Dopo aver lasciato riposare gli infusi per 5 giorni, abbiamo estratto con una siringa 10 ml del contenuto da ogni vasetto. Le siringhe sono poi state agitate energicamente in modo che gli organismi contenuti si suddividessero omogeneamente nel liquido. Per scoprire se l’ossigeno abbia un influsso sulla crescita dei parameci o meno, abbiamo preparato per ogni infuso un gruppo sperimentale e un gruppo di controllo. Questo significa che il contenuto di ogni vasetto è stato utilizzato per preparare sia il gruppo di controllo sia il gruppo sperimentale. 2 ml del contenuto della siringa sono stati così utilizzati per la produzione del gruppo sperimentale e altri 2 ml per il gruppo di controllo. I gruppi di controllo e sperimentali sono stati coltivati in provette di vetro da 10 ml. Per chiudere le provette abbiamo costruito dei tappi di plastilina. Questi erano tutti della stessa grandezza e riducevano il volume delle provette a 7 ml. Le provette sono state chiuse con i tappi per evitare che entrasse altro ossigeno e che potesse così influenzare la nostra manipolazione. Dopodiché abbiamo fatto un buco nei tappi per far passare l’ago di una siringa. Attraverso questa
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siringa è stata somministrata la manipolazione. Le siringhe sono state fissate ai tappi per tutta la durata dell’esperimento (Fig. 8). In ogni siringa c’erano 4 ml di liquido. Nei gruppi sperimentali il contenuto di ossigeno dell’acqua è stato manipolato, iniettando regolarmente nelle provette una soluzione acquosa arricchita con ossigeno. Mentre nei gruppi di controllo veniva iniettata acqua pura. Per manipolare il contenuto dell’ossigeno nell’acqua abbiamo utilizzato il prodotto ©SERA O2 plus, che viene utilizzato anche per l’ossigenazione negli acquari. Ci siamo attenuti alle istruzioni del prodotto e abbiamo preparato 5 l di soluzione con 0.25 g di prodotto. La manipolazione è durata 4 giorni. Questa consisteva nell’iniettare ogni giorno 1 ml di liquido nelle provette. La manipolazione veniva somministrata ogni giorno alla stessa ora. Il 5° giorno abbiamo agitato le provette, prelevato una goccia di infuso con una pipetta e contato gli organismi attraverso l’utilizzo di un microscopio. Dopo la manipolazione gli animali sono stati contati in tutti i campioni in modo da poter stimare eventuali differenze di crescita tra la colonia del gruppo di controllo e del gruppo sperimentale. Secondo le nostre aspettative ci dovevano essere più organismi nel gruppo sperimentale, ovvero quello che ha ricevuto un maggiore apporto di ossigeno. Per contare gli organismi abbiamo utilizzato una griglia millimetrata trasparente al posto del vetrino coprioggetto e l’abbiamo posata sul vetrino; la griglia era grande 1cm per 1cm. Con un 18
pennarello abbiamo segnato quattro quadrati da 1mm² sulla griglia millimetrata. Abbiamo marcato i quadrati in quanto è più facile contare gli organismi in un’area limitata. In aggiunta, in questo modo anche l’area utilizzata per la raccolta dei dati è stata standardizzata. Il numero degli organismi per mm² dei quattro quadrati è poi stato sommato e diviso per quattro. Così abbiamo ottenuto una media di organismi per mm² per gruppo e quindi due dati per infuso, un valore per il gruppo di controllo e uno per il gruppo sperimentale. Questi due valori sono poi stati confrontati a coppie. Il nostro obiettivo era ottenere un campione di 30 coppie di dati. Agitare bene le provette è stata un’azione cruciale per il nostro esperimento. Se gli animali non fossero stati distribuiti omogeneamente nei campioni, il risultato del confronto tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo avrebbe potuto non dipendere dal trattamento e dunque risultare falsato. Alla fine dell’esperimento abbiamo fatto un test statistico sui nostri dati per scoprire se le colonie di organismi unicellulari che avevano ricevuto più ossigeno erano cresciute più di quelle che avevano ricevuto meno ossigeno. In media c’erano 2.15±2.66 organismi per mm² nel gruppo sperimentale e 1.23±1.37 organismi per mm² nel gruppo di controllo (Fig. 9). Il risultato del nostro esperimento ci dice pertanto che l’ossigeno non sembra veramente avere avuto un influsso sulla crescita degli organismi (Wilcoxon signed rank for paired data, V=157.5, p-value=0.052). Questo non significa però che l’ossigeno non abbia generalmente un influsso 19
sulla crescita degli organismi. I valori che abbiamo ottenuto dal test statistico ci indicano una differenza di crescita quasi significante. Il nostro risultato potrebbe quindi dipendere dal fatto che avevamo pochi dati, infatti a causa di problemi tecnici è stato possibile comparare soltanto 20 coppie di dati, o dalla breve durata del trattamento, o da una sbagliata concentrazione d’ossigeno nel trattamento.
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Conclusione Il colore del fuoco nelle nostre Dolomiti non è il rosso, ma il nero. Questo perché le pietre vulcaniche che si possono trovare in Val Badia sono principalmente scure: nere e marroni. La formazione delle Dolomiti è cominciata 250 milioni di anni fa, nei periodi del Triassico, Giurassico e Cretaceo, grazie a organismi e sedimenti. In principio tutti i continenti erano raggruppati assieme ma dopo tanti, tanti anni si sono lentamente divisi. Le Dolomiti sono così importanti per noi, perché ci danno informazioni geologiche molto importanti proprio riguardo a questo periodo: quando i continenti hanno incominciato a separarsi. Le Dolomiti ci raccontano anche come si presentava la vita sul mondo tanto tempo fa. La prima ricerca sulla dolomia è stata fatta nel XVIII secolo dal geologo francese Dolomieu. La particolarità di questa roccia è che, a differenza delle altre rocce carbonatiche, non reagisce con l’acido cloridrico (HCI). La Dolomia non si forma ovunque, ma solo nelle acque ricche di Sali. Le Dolomiti sono conosciute in tutto il mondo, perché dal 2009 fanno parte del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Il territorio nelle Dolomiti è ricco di leggende, che sono state tramandate di generazione in generazione fino ai nostri tempi. In queste storie troviamo personaggi inventati: come ganes, salvans, ma 21
anche tanti animali. Tanti sono ancora oggi i posti che ricordano queste leggende. Durante le ore di scuola abbiamo anche parlato molto del rapporto tra la crescita degli animali e l’ossigeno, e ci siamo impegnate a realizzare il nostro esperimento per finire così il nostro lavoro. Il risultato che ci aspettavamo dal nostro esperimento era che l’ossigeno avesse un influsso sulla crescita degli animali, ma non è andata precisamente così. Con questo progetto siamo state in grado di conoscere meglio le nostre Dolomiti. Adesso che abbiamo arricchito il nostro sapere riguardo le nostre contrade e montagne, possiamo ammirarle di più e pensare a ciò che abbiamo imparato ogni volta che le guardiamo.
Pensiero personale NICOLE: “Mi è molto piaciuto lavorare in gruppo e imparare di tutto. Sarebbe bello lavorare così più spesso.” IRIS: “Molto interessante e divertente lavorare in gruppo con le mie compagne, e abbiamo imparato a conoscere meglio le Dolomiti.”
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LUCIA: “Anche per me è stato molto interessante, anche poter cambiare per una volta il modo di fare lezione. Peccato che venga fatto raramente.” NOEMI: “È stato molto interessante lavorare con le mie compagne di classe e imparare a conoscere meglio le Dolomiti.” MIRIAM: “Abbiamo raccolto un sacco di informazioni interessanti che abbiamo potuto elaborare tramite il progetto. Anche a me è piaciuto molto lavorare in gruppo e lo rifarei ancora.” ELENA: “Abbiamo imparato a conoscere meglio il nostro territorio e le Dolomiti. Con questo progetto ho veramente imparato a conoscerle meglio e mi è davvero piaciuto.” JACINTA: “Molto divertente lavorare in gruppo e anche molto interessante.” MARLENE: “Lavorare in gruppo è stato molto interessante. Con questo progetto ho cominciato ad osservare di più le Dolomiti, alle quali prima magari non prestavo neanche attenzione.” MARTINA: “Sapere che una volta le Dolomiti erano una barriera corallina è davvero interessante e penso di aver arricchito il mio
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sapere sulla geologia di casa. Il progetto è stato molto interessante ed è stato molto bello lavorare in gruppo.” ALESSIA: “È stato molto interessante conoscere meglio le Dolomiti e lavorare in gruppo. Anch’ io lo rifarei.”
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Immagini
Introduzione
Questa è la scuola superiore di La Villa, un piccolo paese nella Val Badia nella provincia autonoma di Bolzano. Fonte: www.ll-itc-laila.it
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Figura 1: Lago di Braies e Sas dla Porta, in riferimento al Regno del Fanes. Secondo la leggenda, Luianta e il popolo di Fanes risorgeranno dal lago quando sentiranno suonare le trombe d’ argento. Fonte: www.zingrate.com
Cultura e leggende delle Dolomiti
Figura 2: Queste sono le Vallate Ladine. 26
Figura 3: Il gruppo del Cantinaccio al tramonto. Fonte: www.wikipedia.org
Figura 4: La sera il cielo si tinge di rosso.
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Geologia delle Dolomiti
Figura 5: La scarpata del Latemar. Fonte: www.wikipedia.org
Figure 6-7 : Strati di San Cassiano e fossili di bivalvi rinvenuti negli strati cassiani; collezione del museo “Rinaldo Zardini�. Fonte: www.wikipedia.org 28
Esperimento
Figura 8: Fasi della preparazione delle provette.
Figura 9: Nel boxplot possiamo vedere la differenza di protisti per mm² tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo.
Autoren: am Eingang des Museums “Rinaldo Zardini� I. Klasse des Sprachen- und sozialwissenschaftlichen
Gymnasiums Stern Cosi Nicole Aniceta
Locher Alessia
Pizzinini Lucia
Erlacher Noemi
Mersa Iris
Sintoni Jacinta
Giuliano Elena
Miribung Martina
Winkler Miriam
Palfrader Marlene
Lehrer: Maldonado Mattia
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Inhaltsverzeichniss
Introduziun: ......................................................................................4 Kultur und Sagen in den Dolomiten ...............................................7 „König Laurin und sein Rosengarten“ ..........................................9 Geologie der Dolomiten ..................................................................12 Experiment ......................................................................................16 Conclujiun .......................................................................................21 Minunga personala: .....................................................................22 Bilder................................................................................................24 Einleitung .....................................................................................24 Kultur und Sagen in den Dolomiten .............................................25 Geologie der Dolomiten ...............................................................27 Experiment....................................................................................28
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Introduziun: Nos scolares dl lizeum linguistich y dles sciënzes umanes de La Ila, paisc dla Val Badia tla provinzia de Balsan, un tut pert al proiet ''The#FossilSeaChallenge''. Chësc concurs vëgn metü a jí dal’UNESCO chësc ann, ann de scora 2018-2019, por le secundo iade. L’argomënt da traté ê la relaziun danter les Dolomites y le füch. Al concurs ál podü tó pert dötes les scores dles regiuns dolomitiches. L’obietif de chësc proiet é da conësce damí nostes munts y la contrada incër nos ia. Nosc laur á inom “Dolomites fosces sciöche le füch: sura vulcans y vita tla Val Badia”. Te chësc unse porvé da mostré ci relaziun che nostes munts á cun le füch lauran suradöt fora la tematica dl’ativité vulcanica tratan le triassich. Por rové nosc proiet, unse lauré tartan l’ann de scora tles ores de sciënzes naturales, rovan insciö a de bogn resultac. Sun ince jüdes a ti ciaré al museum paleontologich de Cortina “Rinaldo Zardini”, olache i un podü odëi peres y corëc. Por stlü jö le proiet, unse spo fat n esperimënt tres chël che i un porvé da ciafé fora sce l’ossigen á n influs sura le crësce di tiers unizelulars. Ciche nos un imparé tratan chësc proiet, unse porvé da mëte adöm te chësc liber.
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Mo co éres pa fates y ci á pa tan de particolar nostes Dolomites? Frignuns, lec da munt, pra, bosć, la fauna y la flora caraterisëia nostes munts. Les Dolomites fej pert dl Patrimone Mondial dl´UNESCO y porchël él tröc turisć che vëgn adalerch a ti ciaré. Ares é tl nord-est dla Talia, danter le confin austriach a nord y la planöra veneta a süd; tles regiuns dl Venet, dl Trentin-Südtirol y dl Friul, plü avisa tles provinzies de Belun, Trënt, Balsan, Udin y Pordenun. Ara se trata de crëps che contëgn carbonat dopl de cialc y magnesium, che é na composiziun mineralogica particolara. De te peres ciafon bëgn ince invalgó d’ater mo la contrada dolomitica é dër particolara ince a gauja dla cultura de sü abitanc. Les Dolomites é teco le daciasa di ladins y di furlans. I ladins é da ciafé te 5 valades: Val Badia, Val Gherdëna, Fascia, Ampëz y Fodom. Indöt él plü o manco 30.000 abitanc che baia y scrí le ladin. Te Südtirol é le ladin reconesciü sciöche lingaz ofizial y vëgn porchël ince insigné tles scores paritetiches adöm al talian y al todësch. Aldedaincö vëgnel ciamó zelebré prozesciuns y recordé vedles usanzes sciöche ares ê plüdadî. La cultura dla jënt che vir tles Dolomites é rica de liëndes. Tröpes generaziuns dan da nos se cuntâ inant les liëndes a usc, da sëra te stüa bona cialda, o do da n de de laur incër n füch sön munt. 5
Cun chëstes stories se spligâ nüsc antenac i fenomens dla natöra che ai ne ê nia bogn da se splighé, sciöche por ejëmpl l’inrosadöra: chël rossié di crëps tipich dl danterores. Les liëndes plü conesciüdes é zënzater le cërtl de Fanes cun les stories de Dolasila y Luianta (Bild 1). Mo ince le Ciadinac cun la storia de Re Laurin o la Croda Cöcena cun la storia de Moltina. Te chëstes stories vëgnel dant personaji inventá sciöche ganes, salvans y tiers de vigni vers. Tröc é ciamó i posć che recorda chëstes liëndes. Les Dolomites é partides ite te 9 grups: chël dl Pelm y dla Croda da Lago, chël dla Marmolada, chël dles Pales de S.Martin y de S.Lucan cun lapró les Dolomites de Belun, chël dles Dolomites friulanes, chël dles Dolomites setentrionales, le grup Pöz-Odles, le grup dl Sciliar-Ciadinac-Latemar, le Bletterbach, y les Dolomites dl Brenta. Tartan les ores de scora unse baié tröp sura la geologia dles Dolomites. Al é gnü baié ince de vulcans y de sciöche l’ativité vulcanica podess avëi albü n influs sön le contignü de ossigen tl’ega dl mer. Chësta é spo stada la domanda de nosc esperimënt: á mo l’ossigen n influs sura le crësce di tiers? Cun chësc esperimënt se unse dé jö tröpes ores porvan da rové vare por vare a na conclujiun. Le liber che nos un scrit é partí sö te plü perts. Ti proscimi capitui sarál na descriziun plü tlera de ciche nos un inrescí y ci che i un imparé sura les liëndes y la cultura tles Dolomites, sura la geologia de nüsc raiuns, y sura l’esperimënt che i un fat.
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Kultur und Sagen in den Dolomiten
Als die Dolomitenregionen noch nicht Teil des Römischen Reiches waren, waren diese vom Volk der Räter bewohnt. Die rätische Sprache und das Volkslatein der römischen Beamten und Soldaten haben sich dann langsam vermischt und sich dann allmählich entwickelt. Eine neue Sprache entstand: das Ladinische. Man sprach Ladinisch von der Donau im Norden bis zum Gardasee im Süden, vom St. Gotthard Pass im Westen bis Triest im Osten. Heute spricht man noch Varianten davon in Graubünden, Ladinien (Gadertal, Grödnertal, Fassatal, Ampezzo und Buchenstein) und im Friaul. Hier bei uns, in Südtirol, wird das Ladinische als eine der drei Landessprachen anerkannt. Rund 4% der Bevölkerung in Südtirol spricht es. Im Gadertal und im Grödnertal sprechen die meisten Menschen Ladinisch (Bild 2). Die Geschichte, wie die Dolomiten weltweit so berühmt geworden sind, fängt im 18. Jahrhundert an. Damals wanderte auch Deodat de Dolomieu durch das Etschtal. Er war ein französischer Adliger und Geologe, und hat als Erster die Eigenschaften des Dolomitgesteins erforscht. Damals hat diese wissenschaftliche Entdeckung einen positiven Einfluss auf den Tourismus in unserer Heimat gehabt. Die ersten Touristen die hier bei uns ankamen, waren reiche Leute, die zum Bergsteigen hierherkamen. In früheren Zeiten
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konnten sich nur die reichsten Leute solche Reisen leisten. Die Leute, die in unseren Heimattälern wohnten, hatten hingegen Angst vor den Bergen. Sie dachten, dass diese das Haus der Geister und des Teufels waren. Die Touristen, die hier ankamen, kannten aber die Umgebung nicht und brauchten deshalb jemanden, der ihnen die Wanderwege zeigen konnte; die Arbeit der Bergführer kam zustande. Mit der Zeit wurden unsere Täler immer moderner und viele Skilifte wurden gebaut. Der Tourismus ist seitdem immer mehr gewachsen. Die Menschen, die heute hier leben, beschäftigen sich mit dem Tourismus, hauptsächlich im Sommer und im Winter. Im Sommer kommen die Menschen, um auf die Berge zu steigen oder um die frische Luft zu genießen, und in Winter um Ski zu fahren. Im Laufe der Zeit, infolge des touristischen Wachstums, hat sich unsere Kultur sehr verändert. Vor dem Aufkommen des Tourismus, lebten die Menschen sehr einfach, insbesondere diejenigen die die Bergtäler der Dolomiten bewohnten. Die Wirtschaft
beruhte
nämlich
auf
einer
anstrengenden
Berglandwirtschaft. Deswegen besteht noch heute bei den meisten Bräuchen ein enger Zusammenhang zur Natur und zur Feldarbeit. Ein Brauch, den man jedes Jahr einhält, ist der Almabtrieb, wo Kühe und Pferde, die den ganzen Sommer auf der Alm waren, mit großen Kränzen geschmückt wieder ins Tal zurückgeführt werden. Viele andere Bräuche stammen von der christlichen Religion ab, wie zum Beispiel das Herz-Jesu-Feuer.
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Es
gibt
auch
verschiedene
Legenden,
die
die
Naturphänomene zu erklären versuchen, da die Menschen in älteren Zeiten sie nicht wissenschaftlich erklären konnten. Wie früher schon erwähnt, haben die Einwohner Ladiniens lange Zeit nicht den Mut gehabt, vor Angst und Respekt vor den Geistern, die dort lebten, die Landschaften in den Bergen zu erforschen. In früheren Zeiten wurden diese Legenden nur mündlich weitererzählt, aber vor nicht allzulanger Zeit wurden sie aufgeschrieben. Man wollte sie wegen der vielen Informationen, die sie beinhalten darüber, wie die Menschen früher lebten, nicht vergessen. Heutzutage gibt es keine neuen Legenden, da die Wissenschaft meistens schon alles erklärt; aber die alten Geschichten werden noch den Kindern von den Großeltern erzählt. Die meisten Dolomitensagen wurden von Karl Felix Wolff gesammelt und erstmals 1905 veröffentlicht. Das folgende ist ein Beispiel, wie man versucht hat, die rosarötliche Färbung der Berge in der Dämmerung, inrosadöra auf Ladinisch, zu erklären. Diese Legende bezieht sich auf den Rosengarten (Bild 3), einen Berg neben Bozen, wo, laut Legende, König Laurin einen Garten voller Rosen besaß.
„König Laurin und sein Rosengarten“ Laurin war ein König und herrschte über ein Volk von Zwergen. Er besaß zwei Zauberwaffen: einen Gürtel, der ihm die Kraft von zwölf Menschen gab, und eine Tarnkappe, die ihn 9
unsichtbar machte. Die Legende erzählt, dass er sich in eine Prinzessin namens Similde verliebt hatte und diese in seinen Rosengarten entführte. Sobald Simildes Verlobter das herausfand, ging er mit seinen Männern zum Rosengarten. Laurin band sich seinen Gürtel um und zog in den Kampf. Nach kurzer Zeit, setzte er auch die Tarnkappe auf aber seine Gegner konnten die Bewegungen des Königs anhand der Bewegungen der Rosen ahnen und nahmen ihn gefangen. Nach einiger Zeit konnte König Laurin fliehen und kehrte zu seinem Garten zurück. Er war mit seinen Rosen sehr wütend und belegte seinen Rosengarten mit einem Fluch: Niemand sollte jemals wieder seine Rosen sehen können, weder bei Tag noch bei Nacht. Er hatte dabei aber die Morgendämmerung und den Sonnenuntergang vergessen. So können wir heutzutage während dieser Tageszeiten seine Rosen noch sehen und deswegen färbt sich der Rosengarten, bei diesen Tageszeiten, rosarot. Wissenschaftlich ist die Erklärung ganz anders. Am Abend und am Morgen sind die Berge von der Sonne belichtet. Die rote Farbe stammt von der Interaktion des Lichtes und des Stoffes ab. Bei Sonnenaufgang und Sonnenuntergang müssen die Sonnenstrahlen eine weitere Strecke zurücklegen und eine größere Menge Luft durchstrahlen, als zu anderen Tageszeiten, um auf die Erdoberfläche einzustrahlen. Dies geschieht, da der Winkel, den die Sonne mit der Erde erzeugt, größer ist. Durch diese größere Strecke, die das Licht durchstrahlt, ändert sich das Farbspektrum und die Farbe, die wir
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sehen, ist nicht mehr vorwiegend blau, sondern rot (Bild 4). DolomitMineralen kÜnnen aber dazu auch rosarÜtlich gefärbt sein.
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Geologie der Dolomiten
Hier bei uns, in den Dolomiten, werden die Berge am Abend und am Morgen rot. Früher haben sich die Menschen dieses Phänomen mit Hilfe von Legenden erklärt. Man glaubte, dass es Feuer im Berg gab. Heutzutage weiß man, dass die rote Farbe von der Sonnenstrahlung und von der Gesteinsart abhängt. Besonders rot können unsere Berge bei Sonnenaufgang und bei Sonnenuntergang werden; manchmal bekommen sie sogar eine feuerrote Farbe. Erstaunlicherweise aber, ist hier im Gadertal nicht Rot, die Farbe des Feuers, aber Schwarz und Braun. Damit gemeint ist, dass die vulkanischen Gesteine, die wir hier finden können, alle schwarz oder braun sind. Während der Trias gab es in den Dolomiten nämlich, noch mal erstaunlicherweise, Vulkane. Einst sah die Umgebung hier bei uns so aus, wie auf den tropischen Inseln. Man weiß das, Dank den Sedimenten aus welchen unsere Berge bestehen. Man kann sogar auf Bergspitzen Fossilien von Meerestieren finden! Dazu ist bei manchen Bergen, der Sockel der Karbonatplattformen noch zu sehen, wie auf dem Flachkofel und dem Latemar (Bild 5). Unsere Berge sind Inseln, die von Tieren gebaut wurden und dann mit der Zeit einen Dolomitisationsprozess durchgegangen sind. Dolomit bildet sich in Gewässern, die reich an Salz sind. Es bildet sich auch heute noch, z.B. in Nordafrika oder in
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atlantische Lagunen, wie die Bahamas, wo das Wasser niedrig und salzreich ist. Dolomit-Gestein existiert somit auch anderswo, aber unsere Dolomiten sind etwas Einzigartiges, wegen der geologischen Informationen, die sie beinhalten und wegen der Kultur des Volkes, das in den Dolomiten lebt. In der Mitte der Trias gibt es sogar ein geologisches Alter, der „Ladinium“ genannt wurde. Hier bei uns spricht man nämlich Ladinisch. Wenn sich eine Muschel, wessen Außengehäuse aus einem Kalzium-Karbonat besteht, in einem besonders salzigen Wasser befindet und mit Magnesium in Kontakt kommt, können sich langsam Dolomit-Mineralien bilden. Die Formel der Dolomit ist CaMg(Co3)2, das ist ein Kalzium-Magnesium-Karbonat. Wenn Dolomit als Kristall vorkommt, hat er immer eine ganz bestimmte Struktur, wie bei jedem Kristall. Wenn er hingegen als Gestein vorkommt,
dann
nicht,
denn
Gesteine
bestehen
aus
einer
Zusammensetzung von Kristallen und Mineralien. Dolomit ist ein Karbonat-Gestein und wurde im Jahr 1789 vom französischen Geologen Dolomieu entdeckt. Als Erster erkannte er den Unterschied zwischen Kalkstein und Dolomit-Gestein: Dolomit reagiert mit Salzsäure (HCl) nicht, Kalkstein schon. Nicht alle Berge in den Dolomiten bestehen aus Dolomit. Insgesamt bestehen die Dolomiten aus verschiedenen Schichten von unterschiedlichen Sedimenten: Einige wurden durch Erosion und Verwitterung der vorherigen Landschaft produziert (klastische Sedimentgesteine),
andere
durch 13
biologische
Aktivität
(karbonatische Gesteine); und es gibt auch Schichten, die aus vulkanischen Gesteinen bestehen. Für die Dolomiten waren das Ende des Perms, die Trias, der Jura und der Beginn der Kreide die wichtigsten geologischen Perioden. Während dieser Zeitalter sind nämlich die Sedimente, die die Dolomiten bilden, entstanden und abgelagert worden. Die Dolomiten sind dann vor ungefähr 15-20 Millionen Jahren wieder aus dem Meer aufgetaucht. Vor
250
Millionen
Jahren
(Trias)
waren
viele
Mittelmeerregionen, von Nordafrika bis Spanien, Griechenland und Italien, vom Vulkanismus interessiert. In den Dolomiten war der Vulkanismus aber besonders intensiv. Man kann sagen, dass unsere Region die wichtigste Vulkanregion von ganz Europa war. Wohlgemerkt: in der Trias gab es noch keine Dolomiten. Zu dieser Zeit gab es nur eine einzige Landmasse, den Riesenkontinent Pangäa. Die Dolomiten befinden sich genau dort, wo die afrikanische Platte endet. Vor ungefähr 233 Millionen Jahren (Ende des Ladiniums) wurde die Dolomitenregion von sehr wichtigen geologischen Ereignissen interessiert. Es bildeten sich Verwerfungen in der Erdkruste und durch diese konnte das Magma die Kruste durchbrechen und an die Oberfläche quillen. Magma ist glühendes Gestein, das aus der Tiefe des Erdmantels aufsteigt. Kühlt sich eine Magmamasse im Erdinneren ab, entstehen Tiefengesteine, kühlt sich das Magma durch Vulkaneruptionen ab, so entsteht vulkanisches 14
Gestein. Gegen Ende dieser Vulkanaktivität haben sich ganz charakteristische Sedimentschichten gebildet (Bild 6). Diese heißen „Kassianer Schichten“, und wurden so nach dem Namen eines Gadertaler
Dorfes
genannt.
Diese
Schichten
bestehen
aus
vulkanischen Produkten, wie Staub, Steinen und so weiter, die bei Eruptionen freigeworden sind und aus Sedimenten, die durch Verwitterung der damaligen Inselnoberflächen entstanden sind. Dazu hat man in diesen Schichten sehr kleine Fossilien gefunden (verschiedene Arten von Muscheln, Gastropoden, Kopffüßer, Seeigeln, Korallen usw.; Bild 7). Eine Theorie besagt, dass als Ergebnis der großen Vulkanaktivität der Mittel-Trias, die vielen Organismen, die in den tropischen Gewässern lebten, ihre Aktivität modifizierten. Laut dieser Theorie hatte die vulkanische Aktivität einen Einfluss auf das Wachstum
der
Lebewesen,
da
der
Sauerstoffgehalt
des
Meereswassers beeinflusst wurde und zwar wurde er geringer. Organismen bekamen somit nicht genügend Sauerstoff, konnten also nicht wachsen und blieben klein. Deswegen hat man dann kleine Fossilien in den Kassianer Schichten gefunden. Um diese Theorie zu belegen haben wir ein Experiment durchgeführt. Anstatt Mollusken, haben wir diese Theorie mit Protisten getestet, aber mehr dazu kommt im nächsten Kapitel.
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Experiment In den Kassianer Schichten findet man sehr kleine Fossilien. Um den Grund dafür zu erklären, gibt es verschiedene Theorien und eine davon behauptet, dass Organismen klein geblieben sind, da der Sauerstoffgehalt des Wassers durch die Vulkanaktivität verringert wurde. Wir wollten diese Theorie überprüfen um herauszufinden, ob die Sauerstoffkonzentration einen Einfluss auf das Wachstum der Lebewesen im Wasser hat. Um ein Experiment durchzuführen ist es wichtig, eine Hypothese, eine mögliche Antwort, zu haben. Unsere Hypothese war, dass der Sauerstoffgehalt des Wassers einen Einfluss auf das Wachstum von Wasserorganismen haben kann. Um unsere Hypothese zu testen, haben wir ein Experiment durchgeführt. Da wir nicht viel Zeit hatten und unser Experiment in wenigen Tagen durchführen mussten, haben wir mit Protisten, Einzellern, gearbeitet. Wir haben Pantoffeltierchen benutzt, weil sie leicht zu finden sind und weil sich diese Tierchen schnell vermehren können. Die Pantoffeltierchen waren auch für unser Experiment ideal, da sie zum Leben Sauerstoff brauchen. Um Pantoffeltierchen zu erhalten, haben wir Heuaufgüsse erstellt. Wir haben 50 ml große Gläser mit Heu und 30 ml Wasser
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gefüllt. Anschließend haben wir sie fünf Tage lang ruhen lassen, damit sich die Einzeller entwickeln konnten. Jede der 10 Schülerinnen unserer Klasse hatte 3 Heuaufgüsse vorbereitet. Insgesamt hatten wir 30 Heuaufgüsse. Je mehr Daten man zur Verfügung hat, desto aussagekräftiger ist das Experiment. Nachdem die Heuaufgüsse fünf Tage geruht hatten, haben wir mit einer Spritze jeweils 10 ml davon entnommen. Die Spritze wurde gut geschüttelt, um die Einzeller gleichmäßig zu verteilen. Um herauszufinden, ob Sauerstoff einen Einfluss auf das Wachstum unserer Pantoffeltierchen hatte, haben wir pro Heuaufguss eine Versuchs- und eine Kontrollgruppe erstellt. Das heißt, dass der Inhalt eines jeden Heuaufgusses benutzt wurde um eine Kontrollgruppe und die entsprechende Versuchsgruppe vorzubereiten. 2 ml des Spritzeninhaltes
wurden
somit
für
die
Erstellung
einer
Versuchsgruppe und 2 ml für die Erstellung seiner Kontrollgruppe benutzt. Die 2 ml Heuaufgusses wurden in Reagenzgläser gespritzt, da die Versuchs- und Kontrollgruppen in Reagenzgläser gezüchtet wurden. Wir haben 10 ml große Reagenzgläser benutzt. Mit Plastilin haben wir Stöpsel gemacht. Diese waren alle gleich groß und reduzierten das Volumen der Reagenzgläser auf 7 ml. Wir haben Stöpsel hergestellt, damit kein Sauerstoff in die Proben eindringen konnte, denn das hätte unsere Manipulation beeinflusst. Danach haben wir ein Loch durch die Stöpsel gemacht, um die Nadel einer Spritze einzuführen. Durch diese Spritze wurde die Manipulation 17
durchgeführt. Die Spritzen blieben für die ganze Dauer des Experimentes auf den Stöpseln befestigt (Bild 8). In jeder Spritze gab es 4 ml Flüssigkeit. Bei den Versuchsgruppen manipuliert,
wurde
wobei
eine
der
Sauerstoffgehalt
mit
Sauerstoff
des
bereicherte
Wassers Lösung
regelmäßig in die Proben gespritzt wurde. Kontrollgruppen bekamen hingegen reines Wasser. Um den Sauerstoffgehalt des Wassers zu manipulieren, haben wir das Produkt ©Sera O2 plus benutzt. Dies wird in Aquarien für Sauerstoffversorgung eingesetzt. Wir haben uns an den vorgegebenen Anweisungen gehalten und 5 l Lösung mit 0.25g vorbereitet. Die Manipulation dauerte 4 Tage und bestand aus einer täglichen Injektion von 1 ml Flüssigkeit in die Reagenzgläser. Jeden Tag wurde die Injektion zur gleichen Zeit gemacht. Am 5. Tag haben wir dann die Reagenzgläser geschüttelt, ein Tröpfchen des Aufgusses mit einer Pipette aufgesaugt und die Einzeller mithilfe eines Mikroskops gezählt. Tierchen wurden nach der Manipulation in allen Proben gezählt, um eine eventuelle Differenz in Koloniewachstum zwischen Versuchs- und Kontrollgruppen festzustellen. Wir haben erwartet, dass die Versuchsgruppe, also jene mit einer größeren Sauerstoffzufuhr, zahlenmäßig stärker wäre. Um die Tiere zu zählen haben wir anstatt des Deckglases ein durchsichtiges 1cm2 großes Millimetergitter auf den Objektträger gestellt. Auf dem Millimetergitter haben wir mit einem Filzstift vier 1mm2 groß Quadrate markiert. Wir haben das gemacht, damit wir 18
leichter die Tiere zählen konnten, da die Zone begrenzt war. Somit war auch dann die Fläche, die für die Datensammlung benutzt wurde, standardisiert. Die Anzahl an Organismen pro mm2 der vier Quadrate wurde dann addiert und durch vier dividiert. Somit haben wir einen Durchschnittswert pro Gruppe und zwei Werte pro Heuaufguss, einen Wert für die Kontroll- und einen für die Versuchsgruppe, erhalten. Diese Werte wurden dann in Paare verglichen. Unser Ziel war, eine Stichprobe von 30 Datenpaaren zu erhalten. Das vorherige Schütteln der Reagenzgläser war ein sehr wichtiger Punkt für unser Experiment. Wären die Lebewesen nicht gut verteilt gewesen, hätte das Ergebnis des Vergleiches zwischen Versuchs- und Kontrollgruppen möglicherweise nicht von der Manipulation abhängen können und wäre somit gefälscht gewesen. Am Ende unseres Experimentes haben wir einen statistischen Test auf unsere Daten gemacht, um zu wissen, ob Einzellerkolonien, die mehr Sauerstoff zur Verfügung hatten, mehr gewachsen sind als diejenigen, die weniger Sauerstoff zu Verfügung hatten. Im Durchschnitt gab es 2.15±2.66 Tierchen pro mm2 in der Versuchsgruppe
und
1.23±1.37
Tierchen
pro
mm2
in
der
Kontrollgruppe (Bild 9). Bei unserem Experiment haben wir somit herausbekommen, dass Sauerstoff nicht wirklich einen Einfluss auf das Wachstum der Lebewesen zu haben scheint (Wilcoxon signed rank test for paired data, V=157.5, p-value=0.052). Das heißt aber nicht, dass Sauerstoff generell keinen Einfluss auf das Wachstum der Lebewesen hat. Die Werte, die wir durch den statistischen Test 19
erhalten
haben,
weisen
einen
fast
signifikanten
Wachstumsunterschied auf. Es kรถnnte deswegen sein, dass unsere Daten zu wenig waren (wegen technischer Probleme konnten wir leider nur mehr 20 Datenpaare vergleichen), dass die Behandlung zu kurz war, oder dass die Sauerstoffkonzentration der Behandlung nicht richtig war.
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Conclujiun
Le corú dl füch tles Dolomites chiló da nos ne é nia le cöce, mo le fosch. Chësc dijunse, deache les peres vulcaniches che an pó ciafé te nosta Val Badia é scialdi scüres: fosces y rosses. Les Dolomites é gnüdes formades da tiers y sedimënc tla perioda dl Triassich, Iurassich y dla Crëda, pian ia dan da 250 miliuns de agn. Impröma ê düc i continënc tacá adöm, mo do da tröc, tröc agn se ái spo bel plan despartí. Les Dolomites é tan imporantes por nos ciodíche ares se dá informaziuns geologiches dër importantes propi sura chësc tëmp, olache i continënc á metü man da se despartí. Lapró se cunta insciö les Dolomites sciöche al ê la vita sön le monn plüdadî. Sura la dolomia él gnü inrescí por le pröm iade tl 18. secul dal geologh franzesc Dolomieu. Chësta pera, a desfarënzia dles atres peres carbonatiches, ne reagësc nia cun le aje cloridrich (HCl). La dolomia ne se forma nia indlunch, mo ma te eghes che contëgn tröp se. Les Dolomites é indlunch conesciüdes, ciodiche dal 2009 fejeres pert dl Patrimone Mondial dl´UNESCO. Le teritore dles Dolomites é rich de liëndes, portades inant a usc da familia en familia cina a nos. Te chëstes stories vëgnel dant personaji inventá: sciöche ganes, salvans mo ince dër tröc tiers. Tröc é ciamó i posć da aldedaincö che recorda chëstes liëndes.
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I un ince baié tröp sura i tiers y l’ossigen tartan scora, y se un dër porvé da fá garaté nosc esperimënt rovan insciö ala fin de nosc laur. La cossa che se aspetân pro nosc esperimënt ê che l’ossigen ess albü n influs sön le crësce di tiers, mo ara ne é nia avisa jüda insciö. Cun chësc proiet sunse stades bones da conësce damí nostes munts. Sëgn che i conesciun deplü la contrada y i crëps incër nos ia podunse les amiré deplü y ponsé do a ciche i un imparé vigni iade che i ti ciarun.
Minunga personala: NICOLE: “Al me á salpü dër bel da lauré te grup y imparé de vigni sort. Al foss bel da le fá plü gonot.” IRIS: “Dër interessant y da rí lauré te grup cun les atres, i un imparé da conësce damí nostes Dolomites.” LUCIA: “Ince a me, me ál salpü dër interessant, ince n iade da mudé jö manira da fá leziun. Sciode che al vëgn fat dër dainré.” NOEMI: “Al me á salpü dër interessant lauré cun mies compagnes y imparé da conësce les Dolomites.”
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MIRIAM: “I un odü n gröm de informaziuns interessantes che i un podü lauré sö tres le proiet. Ince a me, me ál salpü dër bel da lauré te grup y i le fajess ciamó n iade.” ELENA: “I un imparé da conësce damí nosc paesaje cun lapró les Dolomites. Cun chësc proiet ái veramënter imparé da les conësce damí y al me á ince propi salpü bel.” JACINTA: “Dër da rí da lauré te grup y ince interessant.” MARLENE: “Laoré te grup é sté dër interessant. Cun chësc proiet ái metü man da ti ciaré deplü ales Dolomites, a chëres che magari denant ne ti ciarâi gnanca.” MARTINA: “Savëi che n iade ê les Dolomites na bariera de corai é bëgn interessant y i crëi che i á arichí mi savëi sura la geologia chiló da nos. Le proiet é sté dër interessant y al é sté bel da lauré te grup.” ALESSIA: “Al me á salpü interessant da conësce damí les Dolomites y da lauré te grup. Ince iö le fajess ciamó n iade.”
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Bilder
Einleitung
ChĂŤsta ĂŠ la scora alta de La Ila, en pic paisc dla Val Badia tla provinzia autonoma de Balsan. Funt: www.ll-itc-laila.it
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Bild 1: Lech de Braies y Sas dla Porta, referimënt ala liënda dl rëgn de Fanes. Dodí dla liënda, la prinzëssa Luianta y süa jënt resuriará dal lech canche ai aldiará sonan le trumbatës d’arjënt. Funt: www.zingrate.com
Kultur und Sagen in den Dolomiten
Bild 2: Die ladinischen Täler.
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Bild 3: Die Rosengarten-Gruppe beim Sonnenuntergang. Quelle: www.wikipedia.org
Bild 4: Abends wird der Himmel rot.
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Geologie der Dolomiten
Bild 5: Der Sockel der Karbonatplattformen; Latemar. Quelle: www.wikipedia.org
Bilder 6-7: Kassianer Schichten un deren Muschelnfossilien; Sammlung des Museums “Rinaldo Zardini�. Quelle: www.wikipedia.org 27
Experiment
Bild 8: Schritte der Vorbereitung der Reagenzgläser.
Bild 9: Im Boxplot kĂśnnen wir die unterschiedliche Anzahl an
Protisten pro mm2 zwischen Versuchs- und Kontrollgruppe sehen. 28
„Als ich auf den Boden schaute, sah ich überall Muscheln, Ammoniten und viele andere Fossilien um mich herum. Es kam mir vor, auf einem Meeresstrand zu sein. Alle Fossilien waren so gut erhalten, als ob sie jemand sorgfältig aufbewahrt hätte. Koralle und Schwämme schienen gerade von einem tropischen Meer entsprungen zu sein…“ Rinaldo Zardini
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