L'ATTESA FRAGILE

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di Pierino Martinelli

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gni minuto una donna nel mondo muore per cause legate alla gravidanza e al parto; ogni giorno duemila bambini; dal 1990 a oggi non ci sono stati progressi significativi nella riduzione della mortalità materna». A queste conclusioni è arrivato uno studio realizzato da Azione per la salute globale, un network di ong europee che stanno operando attivamente per cercare di raggiungere il 5° obiettivo di sviluppo del millennio. Se pensiamo che l’obiettivo era di «ridurre di tre quarti» questo dato, c’è da chiedersi: ma qualcuno sta facendo qualcosa ? Se in più di dieci anni non siamo riusciti a muovere significativamente questa cifra, che possibilità ci sono che ci riusciamo nei pochi anni da qui al 2015? Razionalmente, nessuna. Eppure l’impegno civile non manca, non mancano gli appelli delle istituzioni internazionali, non mancano gli sforzi delle

Gli Obiettivi del Millennio II

Salute materna

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Giovani protagonisti

organizzazioni non governative che a questo si dedicano. Proprio qui a Padova Medici con l’Africa Cuamm nei suoi sessant’anni di vita ha dedicato a questi obiettivi persone, testa e impegno e ha scelto proprio la salute materna come priorità per la sua attività dei prossimi anni. Mancano sicuramente le risorse economiche. Gli stati che si sono presi questo impegno non lo stanno per nulla rispettando. Affrontando la cosa in maniera molto semplicistica, quanto servirebbe? Lo studio citato stima come sufficiente per il raggiungimento degli obiettivi sanitari del millennio lo 0,1 per cento del Pil dei paesi industrializzati. Per l’Italia parliamo di 1,5 miliardi di euro. Una grossa cifra? Il costo di 15 dei 131 cacciabombardieri F35-Jsf che il governo italiano ha intenzione di acquistare, un tredicesimo del bilancio della difesa per il solo 2011, più o meno il costo stimato della guerra che stiamo portando avanti in Libia. (continua a pagina 2)

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Interviste e video

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LA DIFESA DEL POPOLO

WORLD SOCIAL AGENDA L’ATTESA FRAGILE

Donne e salute materna (continua da pagina 1) a visto che questo è l’obiettivo dove i progressi sono meno evidenti, perché sprecare risorse già scarse verso un risultato che sembra irraggiungibile? Cosa può unire l’esperienza di una gravidanza in un paese dell’Africa sub-sahariana, dove meno della metà delle donne ha la possibilità di partorire con l’assistenza di una persona con un minimo di formazione sanitaria, con l’iter di assistenza capillare, continuativa, specializzata, focalizzata fin forse all’eccesso che viene messo a disposizione, pur tra squilibri di luci e ombre, dal nostro sistema sanitario? Proviamo a chiederlo ai ragazzi e agli insegnanti che dall’autunno scorso si stanno mettendo in gioco rappresentando in molti modi le loro sensazioni su questo così indifeso stato di grazia che è rappresentato dalla maternità. Questa discontinuità unica e irripetibile, carica di aspettativa e tensione, che unisce ognuno di noi in maniera ancestrale con la propria origine e con l’aspirazione al futuro. Proviamo a chiederlo alle decine di donne, di ogni età ed estrazione, che hanno accettato di riprendere coscienza della propria maternità potenziale o effettiva, diretta o indiretta, recente o lontana. E di metterla in comune, raccontandola in un video. In tutti i suoi aspetti di gioia, di aspettativa, di timore, di paura e purtroppo a volte anche di morte. L’attesa fragile, l’hanno chiamata. Ognuna di loro ha dedicato risorse, tempo, passione e cuore. Perché ha capito che le energie spese per il raggiungimento di questo obiettivo sono non solo la risposta a un imperativo etico che interroga le nostre coscienze, ma anche il miglior investimento possibile, vista la stretta correlazione esistente a tutte le latitudini fra la salute della madre e del nascituro e il benessere globale della società. Dove la donna, pur essendo spesso penalizzata nell’accesso all’assistenza sanitaria, continua a essere un elemento chiave della salute complessiva della famiglia – in particolare dei figli – e un fattore essenziale per l’economia e la coesione sociale. Perché ha capito che la consapevolezza di avere a disposizione un sistema sanitario che provvede un livello di assistenza alla maternità fra i migliori al mondo non ci deve far dimenticare i suoi lati grigi, come l’eccessiva medicalizzazione o lo sproporzionato ricorso al parto cesareo, ma prima di tutto ci fa sentire – su un piano ancora più intimo e coinvolgente – l’ingiustizia del divario esistente fra queste storie di donne che, in un’altra parte del mondo, esprimono lo stesso stupore e meraviglia di fronte all’esperienza della loro maternità, della loro attesa fragile.

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Pierino Martinelli direttore generale Fondazione Fontana

OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO PER SCONFIGGERE LA POVERTÀ ESTREMA ENTRO IL 2015

Grandi risultati raggiunti, ma la meta è ancora lontana D

alla lotta a povertà e malnutrizione, al diritto all’istruzione; dalla valorizzazione della donna alla protezione dei bambini; dall’accesso alla salute, al rispetto per l’ambiente. Gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium development goals, in inglese, da cui

l’acronimo Mdg; vedi riquadro in basso), fissati dalle Nazioni Unite nel settembre del 2000 e firmati dai leader di quasi tutti i paesi del mondo, rappresentano il più grande e completo impegno internazionale per sconfiggere la povertà estrema. «Noi riconosciamo che, oltre alle nostre personali responsabilità verso

Madreterra di Filippo Gui, 3E liceo Modigliani.

le rispettive società di appartenenza, condividiamo una responsabilità collettiva nell’affermare i principi della dignità umana, dell’uguaglianza e dell’equità a livello globale. In qualità di leader, pertanto, abbiamo un dovere verso tutti i popoli del pianeta, specialmente quelli più vulnerabili e, in particolare, verso i bambini del mondo intero, ai quali appartiene il futuro». Così fu espressamente indicato nel preambolo della Dichiarazione del Millennio, frutto del lavoro congiunto dei 191 capo di stato e di governo presenti. Un vero e proprio patto mondiale, tra paesi ricchi e paesi poveri, con risultati concreti da raggiungere entro il 2015. Siamo già a due terzi del cammino, la data ultima per il rispetto degli impegni presi è dietro l’angolo. Grandi risultati sono stati raggiunti, il numero di persone costrette a vivere con meno di due dollari al giorno, ovvero sotto la soglia di povertà, è sensibilmente diminuito. Sempre più bambini possono oggi sedere sui banchi di scuola e molte più madri riescono a partorire in condizioni sicure. Profilassi e vaccinazione non sono più una chimera in buona parte dell’Africa sub sahariana. Eppure, resta ancora molto da fare. Se, come riportano i

dati Fao, per la prima volta negli ultimi 10 anni, meno di un miliardo di persone soffre la fame, ogni sei secondi un bambino muore per cause legate alla denutrizione e meno della metà della popolazione dei paesi in via di sviluppo ha accesso a strutture igienico-sanitarie. Resta la sensazione che i progressi raggiunti sugli obiettivi siano in buona parte dovuti ai processi di crescita interna dei neo colossi Cina, India e Brasile, anziché a quel partenariato globale per lo sviluppo indicato nell’obiettivo numero otto. «Se gli obiettivi non dovessero essere raggiunti sarebbe un inaccettabile fallimento morale e pratico – secondo le parole del segretario generale Onu Ban Kimoon – Le minacce nel mondo (instabilità, violenza, malattie epidemiche, degrado ambientale e crescita di popolazioni in fuga) si moltiplicheranno». Nel constatare che la meta è ancora lontana e su pressione della società civile, il 2010 ha visto un nuovo summit mondiale, sempre a New York, per fare il punto della situazione. Si è ragionato sui risultati ottenuti e sui fallimenti incontrati, per concludere con un rinnovato sforzo nella lotta alla povertà, nella consapevolezza che siamo ormai entrati nella fase dell’“adesso o mai più”. La società civile chiede che alle parole seguano i fatti. Con poco impegno e promesse sinora non mantenute, si è comunque raggiunto tanto. Immaginiamoci dunque quanto si sarebbe potuto fare se ognuno dei grandi della terra avesse tenuto fede alla parola data. Siamo ancora in tempo. Si tratta, in fin dei conti, di scrivere la storia. le pagine da 2 a 4 sono di Andrea Dalla Palma

F O N D A Z I O N E F O N TA N A E W O R L D S O C I A L A G E N D A Fondazione Fontana a Fondazione Fontana onlus nasce nel 1998 per perseguire finalità di solidarietà sociale, e in particolare per realizzare progetti di pace, cooperazione, solidarietà internazionale e educazione alla mondialità. Promuove la cultura della solidarietà sia a livello nazionale che internazionale, con un approccio dal basso. La comunità viene coinvolta sin dall’ideazione dei progetti, con l’obiettivo di valorizzare le risorse del territorio, creando e promuovendo reti e collaborazioni tra i diversi attori locali. Le quattro principali aree di attività della Fondazione Fontana sono: la cooperazione internazionale – attraverso il sostegno a partner locali in Kenya (St. Martin Csa), Ecuador (Asa), Bosnia (Adl Prijedor); l’educazione in Italia – educazione allo sviluppo e formazione, attraverso i progetti World social agenda, Partecipazione e Territori e Atlante on line; l’informazione – con il portale Unimondo, www.unimondo.org; il microcredito e la

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micro finanza – investendo almeno il 30 per cento del proprio patrimonio in programmi di microcredito. La Fondazione Fontana ha la sua sede principale in Veneto, a Padova, e una sede distaccata in Trentino Alto Adige, a Trento. Per ulteriori informazioni: Padova - via Orologio 3, 049-8079391; Trento - via Herrsching 24 a Ravina, 0461-390092; www.fondazionefontana.org e info@fondazionefontana.org World Social Agenda Il progetto è realizzato da Fondazione Fontana onlus con il contributo di: Comune di Padova, Ufficio Scolastico Territoriale di Padova, Farmacie comunali di Padova, Federazione Veneta delle Banche di Credito Cooperativo, Banca Popolare Etica, Banca Padovana, Banca dei colli Euganei, Banca di Credito Cooperativo Sant’Elena. Il patrocinio è del Comune di Padova e dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Padova.

Hanno collaborato: associazione Amici dei Popoli, Caritas diocesana di Padova, Casa Famiglia In-con-tra, cooperativa sociale i D.a.d.i, associazione Fare, Fondazione Ivo De Carneri onlus, Medici con l’Africa Cuamm, Mpx, Progetto Giovani-punto video Toselli, Saint Martin Csa-Kenya, Zelda srl, Officina Francavilla. Si ringraziano: Maria Elisa Antonioli, Giovannella Baggio, Valeria Confalonieri Silvia Ferri, Lia Lombardi, Elisa Manacorda, Marianna Martinoni, Patrizia Morganti, Giuliana Musso, Giulio Mozzi, Filippo Tognazzo, Annamaria Tormene e Marco Zuin. Le scuole secondarie di secondo grado che partecipano al progetto sono: Liceo A. Cornaro, Liceo E. Curiel, Liceo Duca D’Aosta, liceo G. Galilei, Iti Leonardo Da Vinci, Iis Mattei, Liceo A. Modigliani, Iis E. U. Ruzza, Ips G. Valle. Info: www.worldsocialagenda.org


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WORLD SOCIAL AGENDA Q U I N T O O B I E T T I V O : M I G L I O R A R E L A S A L U T E M AT E R N A

È un diritto minacciato Ancora troppe le donne che muoiono di parto A sinistra, mappa che deforma i paesi rispetto al numero di donne morte per motivi legati al parto e alla gravidanza; in basso, numero della ostetriche che lavorano in un certo territorio in proporzione con il totale (www.world mapper.org).

idurre di tre quarti, dal 1990 al 2015, il tasso di mortalità materna; rendere possibile, entro il 2015, l’accesso universale ai sistemi di salute riproduttiva. Questo è quanto si prefigge di raggiungere il quinto Obiettivo di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite: migliorare la salute materna. Non solo di donne stiamo parlando. E nemmeno solo di salute. Certo, l’argomento in questione ha come protagonista primario quell’universo femminile in buona parte del mondo (o forse in tutto?) ancora bistrattato e offeso; ben venga quindi un obiettivo che inviti a rispettare il più intimo dei diritti della donna: quello a essere madre. O il diritto a non esserlo, se questa è la propria scelta personale. Ma la salute materna comprende anche dell’altro. Comprende, naturalmente, la vita del nascituro, la sua sopravvivenza e la sua crescita sana e con esse il futuro di un’intera comunità. Comprende, la salute materna, una società più equa, dove non solo all’uomo sia concesso di godere appieno delle proprie forze, di disporre del proprio fisico. Forse risiede proprio in questo il significato più autentico del concetto di sviluppo: una parità di diritti tra uomo e donna (e questo ce lo ricorda anche l’obiettivo numero 3: promuovere la parità di genere) che parta dal rispetto del proprio corpo, dalla sua libera e autonoma disposizione e che si trasmetta da madre in figlio, a partire dal concepimento. Uno sviluppo, quindi, tra generi e tra generazioni. A oggi, il diritto alla salute materna è un diritto minacciato. Secondo l’Undp, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, nei paesi del Sud del mondo una donna muore ogni minuto per cause legate alla gravidanza o al parto; significa più di mille donne al giorno. Milioni sono le partorienti che ogni anno rimangono vittime di gravi malattie e disabilità, anche permanenti. Infermità fisiche che si ripercuotono nella sfera psicologica e comportano conseguenze durature di tipo sociale ed economico. Nonostante alcuni recenti progressi, il quinto è l’obiettivo più lontano dall’essere raggiunto. Se nei paesi più sviluppati il tasso di mortalità materna (si intende la morte di una donna nel corso di una gravidanza o entro i 42 giorni che seguono la fine di una gravidanza) è molto basso, ovvero 15 donne ogni 100 mila nascite, nei paesi più poveri la realtà è assai diversa. L’Unfpa, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, ha reso noto che il 99 per cento delle donne che muoiono dando alla luce riguarda proprio queste zone del pianeta. Africa sub sahariana e Asia meridionale presentano i dati più drammatici. L’India da sola registra il 22 per cento dei decessi mondiali. In paesi come il Burkina Faso e il Niger una donna su sette è a

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rischio di mortalità materna. Per rendere un’idea del divario, nella repubblica d’Irlanda il rischio è di una ogni 47.600. Certo, in Africa, Asia e America Latina si partorisce più che nell’indaffarato mondo industrializzato, ma non è questa l’origine del divario. Assenza di personale sanitario (medici, infermieri, ostetriche, levatrici) specializzato e sufficientemente formato, mancanza di strutture adeguate, carenze igieniche, scarsa educazione riguardo la sfera sessuale e riproduttiva, alimentazione scorretta, gravidanze precoci e indesiderate, aborti in condizioni non sicure, presenza di altre malattie come l’Hiv sono tra le principali cause di mortalità e disabilità pre e post parto. Va da sè come nei contesti più umili, il circolo vizioso della povertà aumenti il rischio, laddove non ci sono le risorse né l’educazione per ricorrere alle dovute cure mediche e per condurre una vita sana. Ma non è tutto: sessualità e condizione della donna sono largamente influenzate dal contesto socio-culturale di riferimento. Esistono situazioni in cui alla donna è proibita qualsiasi partecipazione alla vita pubblica e il recarsi in un centro medico è considerato una di queste; da altre parti, i matrimoni forzati e combinati obbligano a diventare presto donna chi in realtà è ancora una bambina; in situazioni di conflitto, le violenze sessuali aumentano i casi di gravidanze indesiderate; in buona parte del Sud del mondo, non esiste coscienza sull’importanza del ricorso ai contraccettivi; in taluni paesi, le donne appartenenti a minoranze etniche non riconosciute sono prive di documenti e come tali non hanno alcun diritto d’accesso ai sistemi sanitari locali. Vale la pena citare il caso delle donne Karen, minoranza etnica non riconosciuta in Myanmar, che verso la fine della gravidanza varcano il confine con la Thailandia e qui cercano di farsi arrestare, per partorire assistite dal personale medico penitenziario. Sono casi che testimoniano come il rispetto della salute materna parta dal riconoscimento dei diritti umani fondamentali. Le cause dei decessi legati a gravidanza o parto possono essere ricondotti a due categorie: cause ostetriche dirette e indirette. Le prime, responsabili dei due terzi delle morti, sono complicazioni insorte durante la gravidanza, il travaglio o nei momenti successivi al parto. Tra le

principali vi sono l’emorragia, la sepsi, l’eclampsia, il travaglio prolungato o interrotto. Cause indirette sono considerate invece quelle patologie preesistenti alla gravidanza, come l’Hiv, la malaria, le malattie cardiovascolari. Va considerato, però, che la grande maggioranza delle morti e delle invalidità potrebbe essere evitata mediante un più ampio accesso ai sistemi di salute riproduttiva (sia in fase prenatale che durante il parto) e una maggiore educazione. Da qui l’esigenza di un impegno concreto di tutta la comunità internazionale, attraverso la definizione del Quinto Obiettivo di Sviluppo del Millennio, non solo per trasferire fondi e risorse, ma anche per favorire programmi di educazione sessuale per le famiglie e corsi di formazione per il personale medico. Non a caso, l’attuale segretario generale delle Nazioni Unite Ban Kimoon ha parlato della pianificazione familiare come «componente fondamentale della salute riproduttiva. Ma i sistemi di pianificazione familiare non sono accessibili soprattutto alle popolazioni povere e emarginate che hanno maggior necessità di avere informazioni e servizi adeguati». La prevenzione di gravidanze indesiderate ridurrebbe, da sola, un quarto delle morti materne. Le basi per il raggiungimento dell’obiettivo sono state poste nel 1994, quando, durante la storica Conferenza de Il Cairo sulla popolazione, la comunità internazionale ha per la prima volta riconosciuto ufficialmente l’importanza del rispetto dei diritti della donna, ivi compreso quello alla procreazione, quale condizione imprescindibile per lo sviluppo. Decisioni riguardanti il sesso, la fertilità, la procreazione, non possono essere frutto di violenza o coercizione. Un anno più tardi, la Conferenza mondiale di Pechino sulle donne riafferma l’impegno a «far progredire gli obiettivi di uguaglianza, sviluppo e pace per tutte le donne, in qualsiasi luogo e nell’interesse dell’intera umanità… ascoltando la voce delle donne di tutto il mondo e riconoscendone la diversità, i ruoli e le condizioni di vita». Nel 2015 saranno passati 20 anni da quell’importante conferenza. Sarà il termine ultimo per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. A oggi, meno della metà delle donne che vivono nel Sud del mondo può godere di un’adeguata assistenza prenatale: in Asia un parto su due ha ancora luogo senza la supervisione di personale qualificato e nell’Africa sub sahariana appena una coppia su quattro dispone di misure di contraccezione. Sono numeri che testimoniano quanto ci sia ancora da fare. Nel 2015 si festeggerà anche il 60° anniversario delle Nazioni Unite: una ragione in più per cercare di non perdere faccia e credibilità.

SALUTE, GENERE, DIVERSITÀ ◆ Patrizia Morganti medico ginecologo dell’ospedale di Treviglio (Brescia) con esperienza di monitoraggio sulla maternità nel Sud del mondo La maggior parte delle donne che muore a causa di una gravidanza muore al momento del parto. Questo ci porterebbe a pensare che la soluzione potrebbe essere far partorire tutte in ospedale, ma nei paesi poveri succede raramente. Se ci chiediamo che cosa possiamo fare per evitare questo dobbiamo dire che la risposta è complessa e “multipla”, nel senso che non si tratta di una risposta meramente medica o di politica sanitaria, ma di qualche cosa che investe tutta la società. Le donne nel Sud del mondo muoiono perché sono distanti dalle strutture sanitarie, perché non riescono a raggiungerle in tempo, perché spesso non sono in grado di riconoscere i segni di allarme, perché fanno tanti figli e spesso non li vorrebbero, ma anche perché sono povere, non hanno istruzione, non hanno potere. Dove nel mondo si è cercato di avvicinare le donne alle strutture sanitarie si è fallito, mentre dove si è cercato di avvicinare le strutture alle donne, con sale parto periferiche e con ostetriche addestrate, le cose sono migliorate. E se cercheremo, localmente, di aumentare la disponibilità di ostetriche diffuse sul territorio, forse le cose miglioreranno. La chiave di volta sarà innalzare lo status sociale delle donne, cercare di valorizzare il loro ruolo all’interno della società. Perché la donna è il pilastro della famiglia, e se muore la donna muoiono anche i suoi figli. La maternità è una scelta (con il diritto di rifiutarla) o un diritto (un figlio a ogni costo)? Maternità significa parlare di vita, e prima di parlare di maternità c’è da chiedersi che cosa vuole dire vita nella nostra società. Quale maternità in quale cultura? Siamo così sicuri che le nostre risposte culturali siano quelle giuste? E se pensiamo che non lo siano del tutto, che cosa siamo disposti a pagare per cercare di migliorare la vita nostra e delle altre donne del mondo? ◆ Lia Lombardi sociologa, docente di sociologia della medicina e di politica sociale all’università degli studi di Milano A partire dalla considerazione che gravidanza e parto sono eventi unici, irripetibili, in quella terra di confine che è la nascita, ogni donna ripercorre le tappe

della sua vita, della sua storia personale, della sua condizione sociale. Ma fra tante diversità, vi sono nascite ancora “più diverse”: sono quelle della migrazione in cui s’incrociano culture, transizioni, progetti e disagi. Le difficoltà date dalla migrazione si ripercuotono sulla maternità, sviluppando spesso con questa un rapporto problematico e conflittuale, da cui derivano la difficoltà di gestire sessualità e procreazione, il frequente ricorso all’aborto, il rimandare a tempo indeterminato la realizzazione del progetto genitoriale, la dolorosa separazione dai figli lasciati in patria e l’attesa del ricongiungimento. ◆ Valeria Confalonieri medico, si occupa di giornalismo scientifico e di temi sanitari nei paesi poveri. Collabora con la Fondazione Ivo De Carneri onlus Più di mille ogni giorno. Questo il numero di donne che muoiono per cause prevenibili collegate a gravidanza e parto, riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel 2008 i decessi sono stati 358 mila, quasi tutti nei paesi poveri (99 per cento), oltre la metà nell’Africa sub sahariana e un terzo nell’Asia del sud. Il confronto con i paesi ricchi sottolinea ulteriormente la gravità del quadro: la mortalità materna in questi ultimi è 14 su 100 mila nascite mentre in quelli poveri sale a 290 per 100 mila, con ampie differenze fra e all’interno dei paesi. Fra il 1990 e il 2008 vi è stata una riduzione della mortalità materna del 2,3 per cento ogni anno, ma per raggiungere la meta fissata per il 2015 tale numero deve salire al 5,5 per cento. ◆ Giovannella Baggio direttore uoc di medicina generale e presidente del Centro studi nazionale su salute e medicina di genere La medicina di genere non è la medicina che studia le malattie che colpiscono prevalentemente le donne rispetto agli uomini, è la scienza che studia l’influenza del sesso (accezione biologica) e del genere (accezione sociale) sulla fisiologia, fisiopatologia e clinica di tutte le malattie per giungere a decisioni terapeutiche basate sull’evidenza sia nell’uomo che nella donna. La maggior parte della ricerca che sta alla base delle azioni mediche è stata invece finora condotta sull’uomo e le azioni mediche vengono quotidianamente traslate alla donna in molti casi senza prove, quasi che l’uomo sia considerato il riferimento normale!


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C A M P A G N A

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M I L L E N N I O

Tutti impegnati nella lotta alla povertà “No excuse-niente scuse” è lo slogan rivolto a 50 paesi in 4 continenti

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uando, nel settembre del 2000, 191 capi di stato e di governo si riunirono a New York, nelle parole degli stessi governanti e degli organi di stampa si parlò di patto storico. Per la prima volta nella storia, infatti, si riconobbe una responsabilità collettiva, Nord e Sud assieme, nei confronti di quei due miliardi di persone vittime di povertà, malattie, violenze e diritti negati. Una responsabilità collettiva cui, con dichiarazione scritta e giurata, ci si impegnò a rispondere con uno sforzo collettivo. Non assistenzialismo, quindi, ma un’azione globale con cui ai paesi più ricchi fu richiesto di aumentare l’aiuto pubblico allo sviluppo – sino allo 0,7 del proprio prodotto interno lordo – di migliorare la qualità degli aiuti stessi, di investire in servizi sociali di base, di promuovere la cancellazione del debito, di adottare regole commerciali internazionali eque. Ai paesi poveri si domandò, parallelamente, di avviare riforme a livello locale, investire in governance, aumentare la lotta alla corruzione e incanalare gli aiuti ricevuti per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Quella che uscì dalle stanze del Palazzo di vetro fu una dichiarazione di guerra alla povertà estrema e alla fame, con un esercito compatto e impegnato in solido. Ma, a distanza di oltre dieci anni dalla Dichiarazione, ben poche cartucce di aiuto e solidarietà sono state utilizzate. L’Italia, per rimanere a casa nostra, destina a oggi lo 0,16 per cento del proprio Pil agli aiuti allo sviluppo. Un’inezia. Vale a dire circa 50 volte meno di quanto ufficialmente promesso. E se all’Italia spetta l’imbarazzante primato di fanalino di coda europeo nella lotta alla povertà, ben pochi altri paesi possono vantarsi di aver rispettato appieno gli impegni. Affinché quello di New York non rimanga un summit fatto di belle parole, brindisi e strette di mano, ma si traduca in un impegno concreto con risultati altrettanto concreti, nel 2002 fu lanciata dall’allora segretario generale Onu Kofi Annan, la Campagna del Millennio.

Aborth, Martina Varotto, 2B liceo Modigliani.

◆ E ora eccola qui, in un paesaggio roccioso di colline brulle, con una casa sua, un marito suo, in procinto di raggiungere la meta agognata, unica e definitiva: la maternità. Che piacere pensare a questo bambino, il suo bambino, il loro bambino. Che gioia sapere che il suo amore per questa creatura aveva già reso insignificante ogni altro sentimento provato sino a quel momento, sapere che non avrebbe più avuto bisogno di giocare con i ciottoli. (…) Quando Mariam pensava al bambino, sentiva il cuore gonfiarsi. Si gonfiava, si gonfiava sino a che tutti i lutti, tutto il dolore, tutta la solitudine e la mortificazione della sua vita svanivano. Ecco perché Dio l’aveva portata qui, dall’altra parte del paese. da Mille splendidi soli di Khaled Hosseini Presente in oltre 50 paesi in quattro continenti, con lo slogan “No excuse” (niente scuse), la campagna responsabilizza tanto i singoli

In dipendens, Jessica Tadio, Annalisa Ghiro, Martina Romito, istituto Valle

governi quanto la società civile al rispetto degli impegni presi. Ogni paese, ogni comunità locale, ogni singolo cittadino

deve fare la sua parte. I governanti attraverso l’attuazione di quanto stabilito dalla Dichiarazione, le comunità locali mediante

◆ Franca il lunedì è andata al consultorio. Ha detto: «Dovrei abortire». «Dovrebbe? Perché?» le hanno chiesto. Lei ha spiegato. «Mi licenziano se no». Lo ha detto all’assistente sociale, alla ginecologa. Poi lo ha detto al coordinatore chiamato subito a sentire questa storia. «Lui mi ha spiegato che il titolare non può licenziarmi e che la lettera in bianco che ho firmato non vale niente, che lo devo denunciare se insiste e che se insiste ancora gli facciamo causa e comunque il lavoro non lo perdo. Proprio così, ha detto: “Facciamo”. Poi mi ha fatto parlare con un esperto di leggi, uno del sindacato. Hanno detto che ci pensano loro, adesso. Ci parlano loro col titolare. Se capisce subito bene, altrimenti lo portiamo in tribunale, hanno detto. Io non ho più paura. A mio marito gli ho già detto che è tutto a posto anche se non è proprio vero. Andrà a posto. Io però questo bambino lo tengo». da Malamore - Franca di Concita de Gregorio (i testi letterari citati fanno parte del reading teatrale “La linea curva dell’amore”) stili di vita sostenibili e responsabili, i singoli cittadini con azioni di pressione e sensibilizzazione affinché non si allenti l’impegno nella lotta alla povertà. Le varie campagne agiscono localmente, secondo le singole esigenze e in partnership con le realtà di riferimento. In Italia, la Campagna del Millennio lavora a fianco delle istituzioni locali, delle associazioni, dei media, dei singoli cittadini per

aumentare la presa di coscienza sull’importanza degli otto obiettivi, attraverso appelli, eventi culturali, manifestazioni, comunicati ufficiali e altre azioni di pressione nei confronti del governo. Uno sforzo costante che culmina annualmente con un grande raduno di piazza: lo “Stand up!”. Ognuno è invitato a partecipare, per lasciare il proprio segno nella lotta alla povertà estrema e alla fame.

DOSSIER WORLD SOCIAL AGENDA Questo amore è x sempre, Jasmine Ravazzolo, Alberto Crivello, Enrico Nale, Giulia Beccaro, istituto Valle.

■ La homepage del progetto World social agenda di quest’anno è http://www.worldsocialagenda.org/2011 -salute-materna e contiene un completo dossier di approfondimento. I materiali raccolti nel dossier sono il risultato di un lavoro di ricerca che ha preceduto l’avvio del progetto e, senza la pretesa di essere completamente esaustivi, danno un quadro quanto più completo possibile degli argomenti relativi al Quinto Obiettivo del Millennio. Il dossier della Wsa è organizzato in sette capitoli: si va dalla spiegazione degli Obiettivi alla salute di genere, dalla salute materna in Italia (cap. 5) allo specifico legame tra

immigrazione e salute materna (cap. 6). Ogni capitolo contiene documenti, link, video, film, bibliografia, spettacoli teatrali. I materiali sono in italiano e in inglese. Guarda anche: * 8 di Autori vari (2008) * Maternal Mortality: a Woman a Minute a cura di Amnesty international (2010) * Il primo respiro di Giselle De Maistre (2007) * No woman no cry di Christy Turlington (2010) * Juno di Jason Reitman (2007) * The snapper di Stephen Frears (1993)

* Per non dimenticarti di Mariantonia Avati (2005) Leggi anche: * L’agricoltore e il ginecologo di Michel Odent (2006) * Il fattore X di Letizia Gabaglio e Elisa Manacorda (2010) * Tutto per una ragazza di Nick Hornby (2008). * L’isola sotto il mare di Isabel Allende (2009) * L’ora del tramonto di Thrity Umrigar (2006) Tratti dal dossier scaricabile alla pagina http://www.worldsocial agenda.org/Dossier/


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WORLD SOCIAL AGENDA WORLD SOCIAL AGENDA

Anche il 5° Obiettivo è entrato in classe A nche quest’anno Fondazione Fontana lavora per approfondire gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite: ogni anno un obiettivo che affianca le scuole di Padova e provincia in un percorso di letture, laboratori, produzione video e immagini. Francesca Benciolini e Lucia Gennaro, referenti del progetto per la Fondazione Fontana onlus di Padova, spiegano come nasce il percorso e in cosa consiste. Cos’è World Social Agenda? «World Social Agenda (Wsa) è il progetto con cui Fondazione Fontana entra da oltre dieci anni nelle scuole di Padova e provincia. L’obiettivo è fornire strumenti che aiutino a leggere le dinamiche che attraversano le diverse culture e a capire le relazioni tra esse, nella convinzione che solo in una logica di conoscenza e ascolto reciproco possa esserci l’incontro, momento di crescita per tutti. Dall’anno scolastico 2007-2008 la World Social Agenda si dedica agli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio sottoscritti dall’Onu nel 2000, approfondendone uno ogni anno. La scelta è di ripercorrerli dall’ultimo al primo, partendo cioè dall’ottavo obiettivo – creare un partenariato globale per lo sviluppo – che indica il metodo di lavoro generale. E così, dopo aver parlato di partenariato e collaborazione tra i popoli (obiettivo 8), di ambiente (obiettivo 7) e di grandi malattie (obiettivo 6), si è impegnata nell’ultimo anno scolastico sul quinto Obiettivo di Sviluppo del Millennio: migliorare la salute materna». Come si è sviluppato il percorso quest’anno? «Il percorso è stato molto

articolato e appassionante. Si è partiti con la ricerca approfondita e sistematica di documenti, articoli, siti, film in tutti quegli ambiti che potessero in qualche modo far comprendere il tema della salute materna nella sua complessità. Per questo si è allargato l’orizzonte alla salute di genere, alla maternità nelle diverse età, alle esperienze di maternità in diversi contesti culturali oltre che, ovviamente, alle problematiche legate alla salute intesa come risultato dei determinanti che la rendono possibile, quali la sanità ma anche la società, l’ambiente, il contesto politico ed economico in cui una persona vive. La ricerca è confluita in un dossier diviso per aree tematiche (vedi box nella pagina a fianco) e disponibile online all’interno del quale è possibile trovare strumenti di approfondimento culturale, dati e indicatori, una sitografia, una filmografia e molti altri stimoli per chi volesse comprendere meglio la complessità del quinto Obiettivo di Sviluppo del Millennio». Poi? «Una seconda importante tappa del percorso è stato il corso di formazione organizzato con il patrocinio dell’Ufficio scolastico territoriale per tutti gli insegnanti che hanno aderito al progetto. Si è trattato di tre incontri che grazie all’aiuto di esperti hanno permesso di approfondire lo stato del quinto obiettivo, il senso della salute di genere, la maternità in contesto multiculturale». In che modo sono state coinvolte lo scuole? «Per le scuole primarie e secondarie di primo grado il progetto Wsa ha previsto dei laboratori diversificati per fasce d’età preparati ad hoc dagli educatori delle realtà del territorio con cui Fondazione

Mamm’Emilia di Erri de Luca In te sono stato albume, uovo, pesce, le ere sconfinate della terra ho attraversato nella tua placenta, fuori di te sono contato a giorni. In te sono passato da cellula a scheletro un milione di volte mi sono ingrandito, fuori di te l’accrescimento è stato immensamente meno. Sono sgusciato dalla tua pienezza senza lasciarti vuota perché il vuoto l’ho portato con me. Sono venuto nudo, mi hai coperto così ho imparato nudità e pudore il latte e la sua assenza. Mi hai messo in bocca tutte le parole a cucchiaini, tranne una: mamma. Quella l’inventa il figlio sbattendo le due labbra quella l’insegna il figlio.

La costellazione della maternità, Christopher Bottin, 4D liceo Modigliani.

L’ A T T E S A F R A G I L E

Video e mostra: le prossime date

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opo il 19 maggio l’appuntamento con L’Attesa fragile continuerà con una mostra che porterà la riflessione sulla salute materna a Padova e provincia. Il video con le interviste sulla maternità sarà accompagnato dalle quasi 100 opere del liceo artistico Modigliani e dai lavori fotografici dell’istituto Valle che verranno esposti a rotazione nelle diverse postazioni messe a disposizione da enti pubblici e privati. Le prossime date: 20 maggio in serata all’auditorium del centro Altinate-San Gaetano a Padova, a cura del Liceo Duca D’Aosta; 23-28 maggio all’Iis E. Ruzza, via Sanmicheli a Padova; 24 maggio- 16 giugno alle librerie Feltrinelli di Padova; 3-8 giugno all’Iis S. Mattei, via Traverso a Conselve. Le date successive saranno pubblicate sul sito www.worldsocialagenda.org/2011-salute-materna e su Facebook.

Fontana lavora in questo progetto: Amici dei popoli, Casa famiglia In-con-tra, Caritas diocesana di Padova, cooperativa I Dadi e l’associazione Fare. Novanta le classi che vi hanno partecipato per un totale di circa 1.800 studenti. Per le

Maternità in adozione, Lisa Albertoni, 4A liceo Modigliani.

scuole secondarie di secondo grado la proposta è stata più complessa in quanto divisa in un momento formativo ed informativo e in uno di elaborazione dei contenuti. La prima fase, curata da Fondazione Fontana in collaborazione con lo scrittore

Giulio Mozzi e il regista Marco Zuin, ha condotto i ragazzi di 15 classi di varie scuole del Padovano nel mondo della maternità e della salute materna attraverso tre incontri in classe, l’intervista di ciascuno studente a una mamma e un reading teatrale, “La linea curva dell’amore” a cura di Filippo Tognazzo e dell’Officina Francavilla. La seconda fase, resa possibile anche grazie alla ulteriore collaborazione con Silvia Ferri di Fondazione March e di Luca Ferraris del Punto Video Toselli del Progetto Giovani di Padova, ha visto i ragazzi impegnarsi in elaborati di vario genere volti a tradurre in immagini video, fotografiche e pittoriche quanto maturato nel corso degli incontri e dei successivi approfondimenti compiuti con gli insegnanti. Proprio a partire dalle interviste fatte dagli studenti alle loro mamme, nonne, zie ed amiche si è sviluppato il progetto video, volto a

restituire al territorio di Padova e provincia uno spunto di riflessione sulla maternità. Un centinaio le storie raccolte dalla voce delle dirette interessate che diventeranno presto un video che, insieme alle opere pittoriche dei ragazzi, racconterà alla città attese e desideri, paure e gioie, difficoltà e conquiste di questa “fragile attesa”». Come verrà fatto conoscere questo lavoro? «Per il lancio di questo lavoro abbiamo pensato alla serata del 19 maggio quando l’attrice Giuliana Musso presenterà il suo spettacolo Nati in casa, ancora un momento di riflessione e approfondimento sulla salute materna offerto al mondo della scuola e alla cittadinanza secondo l’indicazione che ci viene dall’Onu che riconosce alla società civile il ruolo di rendere responsabili e mobilitare le comunità intorno a questo tema».


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Percorsi di responsabilità verso la salute delle donne F ornire strumenti per comprendere il quinto Obiettivo di Sviluppo del Millennio – migliorare la salute materna – e offrire stimoli per interrogarsi sulla salute di genere, sui rapporti tra diritti umani e salute e tra salute e cultura: questi gli obiettivi principali della proposta che Fondazione Fontana, nell’ambito dell’edizione 2010-2011 della World Social Agenda, ha rivolto agli alunni di primarie e secondarie di primo e secondo grado di Padova e provincia. Attraverso laboratori e percorsi ad hoc sono stati raggiunti circa 1.800 alunni di 90 classi delle scuole primarie e secondarie di primo grado; 15 le classi delle secondarie di secondo grado, per un totale di circa 300 alunni, che hanno preso parte al progetto.

◆ SCUOLA PRIMARIA Benedetta frequenta la terza alla scuola primaria Edmondo De Amicis di Casalserugo e con i suoi compagni di classe ha partecipato al laboratorio “Gli aiutamamme”, curato dall’associazione Amici dei Popoli. «Abbiamo imparato – spiega Benedetta – quali sono le cose che fanno bene e male alle donne in gravidanza. Il riposo, l’aiuto degli altri, non lavorare... fanno bene alle donne che aspettano un bambino; mentre fumare, fare troppo sport, stare troppo da sole, non riposarsi, lo smog... fanno male». Attraverso un gioco di carte, Benedetta e i suoi compagni hanno potuto conoscere la storia di una donna e gli ostacoli che può incontrare, quando aspetta un bambino. «Di fronte ai problemi ci siamo impegnati a trovare delle soluzioni.

Mamme sotto tiro, Irene Bordin, 2B liceo Modigliani.

Abbiamo così seguito tutta la gravidanza della donna e, quando è nato il bambino, abbiamo scelto noi il nome. Quest’attività mi è particolarmente piaciuta, perché ci ha permesso di attivarci per risolvere i problemi della donna». Ma cosa fa un “aiutamamme”? «Se vede una donna incinta che porta le borse della spesa – continua Benedetta – la aiuta; se ne incontra una in tram, le lascia il posto; se vede che fa la fila, va a prenderle una sedia. Quando, durante il laboratorio, ci è stato chiesto di rappresentare ciò che fa bene alle donne che aspettano un bambino, io ho disegnato una donna sul divano, una che butta l’immondizia e un’altra che sistema uno scaffale. Ho voluto rappresentare l’aiuto». Benedetta e i suoi compagni, così come gli altri alunni del primo ciclo delle primarie di Padova e provincia che hanno partecipato al percorso sul quinto obiettivo, sono ufficialmente “aiutamamme”... con tanto di cartellino di riconoscimento. ◆ SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

“Che genere di salute?” è il titolo del percorso proposto agli alunni delle secondarie di primo grado dalla cooperativa I Dadi e dall’associazione Fare. «Il laboratorio è iniziato con alcune domande “di riscaldamento” (così le hanno chiamate gli educatori) – spiega Chiara, che frequenta la seconda alla scuola Falconetto di Padova – Ci è stato chiesto se volevamo essere maschi o femmine e perché. Io ho risposto che c’è più vantaggio nell’essere femmina, perché puoi avere un bambino. Altre domande sono state: hai mai toccato la pancia di una donna incinta? Muoiono prima gli uomini o le donne? Sono uguali i

farmaci per gli uomini e le donne? A quest’ultima domanda io avevo risposto “sì” e poi mi è stato spiegato che ci sono delle differenze». La classe di Chiara è stata coinvolta in un’attività di “costruzione” della storia di alcune persone di diverse nazionalità: «A me è capitata una storia abbastanza normale di una persona che ha potuto studiare, trovarsi un lavoro e avere tante opportunità – continua Chiara – Sono rimasta colpita da altre storie: donne che muoiono di parto o adolescenti incinte che, dopo la nascita del loro bambino, lo devono portare con sé al lavoro, perché non hanno nessuno a cui affidarlo». Alla classe sono stati poi presentati gli otto Obiettivi del millennio, soffermandosi sul quinto e su qual è la situazione della salute materna nel mondo. «Ci sono state mostrate alcune cartine geografiche, che rappresentavano la diversa situazione dei paesi rispetto alla presenza di ostetriche oppure al numero di adolescenti incinte o di donne che muoiono di parto. Mi è rimasta particolarmente impressa l’India, perché si trovava quasi sempre in una situazione di svantaggio». La sintesi del laboratorio è, per Chiara, nell’sms che ha scritto insieme ad alcuni compagni e che è rivolto a migliorare la salute materna: “se aiuti una mamma, salvi due vite in una”. «Questo percorso mi è servito a conoscere le cause per cui mamme e bambini possono morire – sottolinea Chiara – Sono rimasta colpita dal fatto che, nel mondo, ci sono donne incinte che non possono pagarsi le medicine; e che le donne devono andare a piedi a partorire, perché le ostetriche non possono raggiungerle a casa. Di fronte a queste situazioni è

◆ Quando la testa del bambino si affacciò, la mia madrina la prese delicatamente e aiutò il resto del corpo a uscire. Mi consegnò il neonato e annunciò alla madre che era un maschietto, ma lei non volle nemmeno vederlo, girò la faccia verso la parete e chiuse gli occhi, estenuata. Io lo strinsi contro il petto, tenendolo saldamente, perché era ricoperto di un liquido scivoloso. Ebbi la certezza assoluta che mi sarebbe toccato voler bene a quel bambino come se fosse mio. Mi misi a piangere. da L’isola sotto il mare di Isabel Allende

fondamentale conoscere e interrogarsi sui determinanti della salute, cioè su ciò che è essenziale per la vita: soldi per acquistare i farmaci, alimentazione adeguata, interventi politici, avere un lavoro, socializzare...». Ma come continuare questo lavoro cominciato in classe? «Aiutando le donne incinte, quando le incontriamo, e contribuendo a sostenere, anche economicamente, chi aiuta le mamme». ◆ SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

La proposta per gli studenti delle superiori era così articolata: due interventi sul quinto obiettivo curati da Fondazione Fontana e dallo scrittore Giulio Mozzi; un reading teatrale, “La linea curva dell’amore” con Filippo Tognazzo e l’Officina Francavilla e un ultimo incontro per avviare la fase operativa del progetto. «Dopo gli incontri introduttivi – spiega Chiara, che frequenta la seconda al liceo Duca D’Aosta – ci è stato proposto di intervistare le nostre madri o altre donne che hanno vissuto una gravidanza. Io ho ascoltato mia mamma e mi ha colpito, in particolare, un aspetto del suo racconto: quando le si sono rotte le acque era sola e ha avuto paura. Durante tutta la gravidanza, e anche dopo, aveva sempre avuto qualcuno al suo fianco. Ma nel momento clou si è trovata da sola, tanto da non saper cosa fare e aver paura di chiedere aiuto. Alla fine del suo racconto mi ha detto: “Ho temuto di perderti. Ciò che ho provato in quel momento e il dolore del parto sono poi stati ripagati dalla gioia di averti tra le braccia”». Il lavoro di Chiara, così come quello degli altri studenti delle superiori che hanno partecipato al progetto, è stato raccolto da Marco Zuin e Giulio Mozzi e verrà utilizzato per realizzare un documentario sulla salute materna dal titolo L’attesa fragile, che sarà

accompagnato da una mostra con le opere realizzate dagli studenti degli istituti d’arte e licei artistici coinvolti. In mano a Zuin e Mozzi ci sono anche i video realizzati da Chiara e dalle sue compagne e una serie di immagini su aspetti del tema che le hanno colpite. «Abbiamo parlato molto del parto cesareo, tanto che tutti i nostri video sono su questo tema e abbiamo anche scritto il testo di una canzone. Non riuscivamo a credere che potessero esserci medici che, nel mondo, praticano il cesareo per risparmiare tempo». Particolarmente toccante è stato, per Chiara, lo spettacolo “La linea curva dell’amore”: «I testi scelti da Filippo Tognazzo, tratti da opere letterarie di autori italiani e stranieri, mi hanno permesso di cogliere tanti aspetti della maternità. Mi hanno profondamente emozionato le canzoni scritte ed eseguite dall’Officina Francavilla, perché raccontavano di storie vere: la ragazza adolescente che si prostituisce in rete, la donna di un paese del Sud del mondo che si affida alla stregoneria per partorire, quanto conta il sesso del nascituro in certi paesi, le lungaggini burocratiche per l’adozione di un bambino in Italia, le famiglie con difficoltà economiche, la tutela delle madri in ambito lavorativo... Queste esperienze le conosciamo tutti, più o meno, ma non ci rendiamo conto delle difficoltà che affronta una donna in gravidanza». Dopo gli incontri, la classe di Chiara si è ritrovata più volte a parlare di quanto era emerso: «Abbiamo condiviso ciò che ciascuna aveva raccolto nelle interviste sulla maternità. È emersa tutta la bellezza dell’esperienza, ma anche le paure che l’accompagnano. Io spero di poterla vivere, perchè è la cosa più bella che possa capitare a una donna, e di incontrare medici competenti».


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Uguaglianza, Annamaria Piran, 2E liceo Modigliani.

◆ All’inizio i bimbi prendevano il latte direttamente dal mio seno (…) si avvicinavano a me con circospezione e poi succhiavano. Un ragazzino, Azamat, vedendomi porgere il seno ai bambini, si è rivolto alla nonna: «Nonna, dammi il latte!». «Che latte? Alla mia età?!». L’uomo di guardia di fronte a noi, seduto sul detonatore, si accorse dei nostri movimenti. Sembrava un lupo. Quando vide che allattavo i bambini, mi puntò contro il mitra. Non avevo paura di morire. Solo che mi uccidesse di fronte ai miei figli. da Proibito parlare di Anna Politkovskaja

Partner

◆ UN’EDUCATRICE Casa famiglia In-con-tra e Caritas diocesana di Padova hanno progettato e realizzato il percorso per il secondo ciclo della scuola primaria (quarta e quinta). «Prima della progettazione vera è propria Fondazione Fontana ha proposto un percorso di formazione per chi conduce i laboratori della Wsa (vedi box qui sotto): ci è servito per conoscere lo stato del quinto obiettivo, il meno raggiunto, e capire come affrontare il tema della salute materna e di

genere con bambini e ragazzi – spiega Sabrina Silvestri, educatrice di Casa famiglia In-con-tra (che accoglie gestanti e mamme con bambini) – Su questa base è nata la proposta de “Il salvapancione nel regno di Wun Sao”. Ai ragazzi è stato presentato un regno fantastico in cui c’è particolare attenzione alla gravidanza. Di fronte a questa situazione il re si chiede: è utile? Su questa domanda interpella i saggi, che sono rappresentati dai ragazzi di quarta e quinta elementare, su aspetti positivi

Hanno ideato e condotto i laboratori: ◆ Associazione Amici dei popoli * www.amicideipopoli.org ◆ Caritas diocesana di Padova * www.caritaspadova.it ◆ Casa famiglia In-con-tra * casaincontra@libero.it ◆ Cooperativa sociale I Dadi * www.idadi.org ◆ Associazione Fare * www.fare-pd.org Il materiale relativo ai percorsi scolastici è disponibile sul sito www.worldsocialagenda.org/2011-salute-

materna

Il parto in mondi diversi, Alessandro Immordino, 2B, liceo Modigliani.

e faticosi della gravidanza. Questo spunto ci ha permesso di ascoltare le esperienze dei ragazzi. Ci siamo accorti che sanno tutto! Delle morti bianche, degli aborti, delle mamme morte di parto o subito dopo... Sanno se queste esperienze sono capitate nella loro famiglia. Che abbiamo coinvolto, attraverso gli insegnanti, perché il bambino si sentisse protetto e tutelato rispetto a questi temi delicati e potesse affrontarli senza paura. Lo strumento del gioco ci è servito in questo senso». Il re Wun Sao si scontra con la regina madre, che conferma la validità della gravidanza e istituisce un nuovo mestiere: il salvapancione. «I bambini hanno così dato vita, con materiale di riciclo, a vari tipi di salvapancioni – continua Silvestri – Hanno creato oggetti tridimensionali o loro stessi si sono travestiti. Qualcuno ha pensato a un salvagente da far indossare alle donne incinte, per sostenere la loro schiena affaticata; altri si sono inventati medici clown per far ridere le donne al momento del parto; altri ancora hanno ideato salvapancioni che portano le borse della spesa, che danno consigli via e-mail, che collaborano con i medici. Qualcuno ha pensato anche a una sorta di promozione: se aspetti due gemelli, ti costa meno». Dal mondo fantasioso del re Wun Sao i bambini sono passati ai determinanti della salute e alla situazione della maternità nel mondo: «Attraverso dati, immagini, suoni e racconti hanno scoperto, ad esempio, che ogni anno muoiono 500 mila donne a livello globale. Questo e altri spunti ci hanno permesso di parlare dell’accesso alla salute e dell’importanza che ognuno faccia la sua parte. Ecco perché a ogni bambino è stato riconosciuto lo status di salvapancione nella realtà di ogni giorno. Alle classi, inoltre, sono state segnalate delle organizzazioni, decise con Fondazione Fontana, che

a Padova e nel mondo hanno progetti per sostenere la salute materna. A queste realtà le classi possono rivolgersi per approfondire l’argomento o per sostenere i progetti». ◆ UN’INSEGNANTE Il progetto della Wsa prevede, oltre alle attività con gli studenti, incontri di formazione per gli insegnanti. «Sono una parte qualificante del progetto e non l’ultima tra le ragioni per cui ho deciso di prendervi parte da ormai quattro anni – spiega Viviana Benetazzo, docente al liceo Curiel – Sono occasioni per approfondire argomenti di notevole valore culturale e formativo, anche se non sempre direttamente collegati con le discipline d’insegnamento. Consentono di allargare i propri orizzonti attraverso il confronto tra noi e con esperti dell’argomento e danno accesso a fonti attendibili d’informazione. Quest’anno in particolare ho trovato interessante l’approccio alla medicina di genere e all’insieme di fattori che contribuiscono al benessere e alla salute delle donne in Italia e nel mondo, non solo come madri». Ci sono aspetti, in tema di salute materna, sui quali, secondo Viviana Benetazzo, è necessario puntare con forza. «Nel mondo ogni minuto una donna muore per cause legate alla gravidanza e al parto; inoltre, circa 10-15 milioni di donne hanno complicazioni gravi che causano loro danni e talvolta disabilità permanente: il 99 per cento di queste donne vive nei paesi in via di sviluppo. Molto è il lavoro da fare in termini di informazione, formazione, sostegno e promozione di una maternità consapevole, nel rispetto delle diverse culture. Da questo punto di vista il nostro paese è uno tra i più “sicuri” al mondo. In Italia si va talvolta incontro al problema opposto, la gravidanza subisce un eccesso di medicalizzazione. Oggi da noi molte donne vorrebbero “riappropriarsi” della

Senza titolo, Melania Benetazzo, 3E liceo Modigliani.

gravidanza e del parto, che sentono troppo “delegati” al personale medico. Un aspetto particolare è quello della gravidanza in età giovanile che, pur non essendo quantitativamente molto elevata, circa lo 0,45 per cento del totale dei nati, interessa i nostri allievi, che seguono programmi come Sixteen and pregnant su Mtv». Agli studenti delle secondarie di secondo grado andrebbe lanciato, secondo la docente, questo messaggio: «Che la gravidanza e il parto sono esperienze fondamentali per la vita di una donna e della sua comunità; che presentano dei rischi e richiedono consapevolezza e responsabilità, che solo con questa consapevolezza si potrà farne un’esperienza positiva e veramente felice. Che i problemi delle donne e dei bambini nelle parti meno “fortunate” del nostro mondo devono essere i nostri e i nostri diritti sono i loro». Viviana Benetazzo ha lavorato al progetto della Wsa con ragazze e ragazzi di una seconda liceo «che hanno riflettuto sull’esperienza delle proprie madri e affrontato il tema della salute materna con un occhio di riguardo soprattutto alla tutela della salute e del benessere dei bambini. Spesso, ragazzi che rispondono con difficoltà e

poca partecipazione alle materie curricolari hanno dimostrato particolare interesse, acume e creatività nell’affrontare un percorso che offriva stimoli su questioni in cui sentivano di potersi mettere in gioco con modalità meno scolastiche». Ma come continuare questo lavoro, perché l’impegno sugli Obiettivi del Millennio non vada perso? «Un limite di questo lavoro è che ogni anno si affronta un singolo obiettivo con una classe diversa, per cui i ragazzi avranno sempre una prospettiva parziale sugli obiettivi. Via via che ci si avvicina al 2015 e che il loro raggiungimento appare sempre meno probabile per quella data, alcuni ragazzi (spesso i più “anticonformisti”) sottolineano inoltre il carattere velleitario delle dichiarazioni di principio. Ritengo comunque che non ci sia il rischio che il lavoro vada perso: si apre per i ragazzi una prospettiva, una finestra sulla realtà; si abituano a pensare, ragionare, sentire al di là della loro dimensione individuale. Quando si getta un seme, non si sa mai quanto frutto darà, ma si ha fiducia nell’intelligenza, nella curiosità e nella sensibilità dei ragazzi». Patrizia Parodi


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L’attesa fragile raccontata dalle donne Testimonianze raccolte dagli autori e dagli studenti delle superiori di Padova n documentario per raccontare, attraverso la voce diretta delle donne, l’esperienza della maternità. Questo il senso de L’Attesa fragile di Marco Zuin e Giulio Mozzi, prodotto da Fondazione Fontana. Com’è nata l’idea del documentario? «L’idea di raccontare la maternità attraverso un video è nata a settembre 2010 ragionando con Fondazione Fontana – spiega MARCO ZUIN, regista e montatore – Il mio ruolo, nella World Social Agenda, è quello di coinvolgere i ragazzi delle scuole superiori nell’ideazione di un cortometraggio o di un breve spot centrato sull’obiettivo del millennio (i video realizzati sono consultabili sul canale Youtube Worldsocialagenda). Quest’anno, accanto al lavoro in classe, il progetto è diventato più ambizioso e punta alla realizzazione di un video collettivo con il contributo concreto di tutti gli studenti delle superiori di Padova coinvolte. Oltre 300 ragazzi, dai 14 ai 19 anni, hanno lavorato con le proprie famiglie e intervistato madri, sorelle, zie e nonne, invitandole a raccontare la loro esperienza della maternità. A oggi sono più di 300 le testimonianze scritte messe insieme dagli studenti. Siamo partiti da queste per selezionare le storie che compariranno nel film». Protagoniste sono le donne: come sono state raccolte le loro voci? «Più che le donne saranno protagoniste le loro storie. Oltre 100 testimonianze raccolte in poco più di un mese, usando come set non solo le classi ma anche luoghi pubblici, come la libreria Feltrinelli di Padova. Grazie a questo risultato riusciremo

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Mentre ci raccontava tutto questo, la hanno cercato di raccontare il a comporre un racconto ampio ed proprio venire al mondo come signora non parlava mai di sé: solo eterogeneo, che comprende un’epica. E mi par giusto». del figlio. Allora le abbiamo esperienze sincere e non sempre È possibile tracciare, partendo domandato: “Ma, signora, questa facili da raccontare davanti alla dalle voci raccolte, un’identikit situazione era molto pericolosa telecamera. Dalle meraviglie della della maternità oggi? anche per lei; non ci ha pensato?”. gravidanza alla mancanza (o «Abbiamo visto alcuni temi La signora è sbalordita. Ci ha detto: eccesso) di medicalizzazione, dalla comparire più spesso. Il tema del “Non ci ho pensato”. Se qualcosa di necessità di istruzione dolore: rifiutato da alcune (“Siamo all’alimentazione, dalla determinante impressionante abbiamo visto, è nel Duemila, dobbiamo ancora stato questo. La signora non era un del lavoro fino a quella sociale». caso isolato. Spesso abbiamo dovuto soffrire come bestie? Datemi Cosa nascerà da tutto il forzare le donne, perché ci parlassero l’epidurale!”), da altre quasi materiale raccolto? rivendicato proprio come simbolo dei rischi e pericoli loro; e non solo «La prima tappa del progetto è di quelli dei figli che hanno generato essenziale della propria animalità; e, un’installazione della durata di 15 analogamente, il tema della scelta tra o non sono riuscite a generare. minuti, nella quale saranno montati la maggiore o minore Questa “spensieratezza”, o questo brevi interventi di donne su “medicalizzazione” del proprio gravidanza e parto. Il video-box sarà disinteresse di sé, o questa percorso. C’è chi sceglie di evitare le dedizione, la si chiami come si posizionato in punti strategici della ecografie “ornamentali”, di non vuole, è la cosa che meno ci città – scuole, banche, uffici postali, sapere in anticipo il sesso della aspettavamo e quella che, ora, in un centri commerciali – con l’obiettivo creatura, o anche – combattendo di entrare a contatto diretto, pubblico certo senso ci pare la più ovvia. Nei racconti raccolti e scritti dagli contro qualche ostacolo burocratico e individuale, con i cittadini. Il studenti, invece, la cosa che si sente – di partorire in casa, con la risultato complessivo del progetto di più è l’avventura. Quasi tutti i levatrice; e chi esige non solo di sarà un documentario di circa 50 ragazzi hanno raccolto e scritto la partorire in ospedale, ma anche di minuti, che realizzerò assieme a storia della propria gravidanza e partorire in un grande ospedale... Tra Giulio Mozzi. Sarà pronto a della propria nascita. Quasi tutti i due estremi, una quantità di settembre. Vogliamo creare una sfumature. A tutte storia in cui le voci delle dispiace, ad esempio, il donne possano diventare 1 9 M A G G I O A L L’ M P X parto cesareo, quando non un’unica esperienza, se ne veda l’assoluta come se fosse una necessità. Importante il testimonianza raccontata tema dell’informazione, Giovedì 19 maggio da un’unica donna con che molte ritengono di alle 20.30 all’Mpx di via Bonporti 22 a Padova, volti diversi». aver ricevuto spettacolo teatrale Nati in casa Cosa è emerso dai adeguatamente, ma non di Giuliana Musso e Massimo Somaglino. racconti delle donne? tutte. E si vede – si vede «Una signora ci ha molto bene – che se la * presentazione del video L’Attesa fragile raccontato una storia struttura sanitaria non sa di Marco Zuin e Giulio Mozzi molto triste – spiega offrire adeguate * esposizione delle opere GIULIO MOZZI, scrittore informazioni, le persone – Il bambino che porta in degli studenti delle scuole secondarie di II grado con più capacità di fare da grembo muore. Lei se ne sole sono quelle con più accorge. Non lo sente più. La serata è a ingresso libero fino a esaurimento risorse economiche e I medici le dicono: “Ma dei posti disponibili e previo ritiro dell’invito non si preoccupi, alla biglietteria dell’Mpx nei seguenti orari: dal lunedì culturali. C’è ancora un residuo di classismo, signora”. Una settimana al giovedì 18-22.30, da venerdì a domenica 16-22.30. insomma, nella sanità. dopo si decidono a Info: www.worldsocialagenda.org e Chiaro che se ci prenderla sul serio, e ad edu@fondazionefontana.org oppure 049-8079391. guardiamo indietro di agire di conseguenza.

Spettacolo conclusivo della Wsa

qualche decennio, oggi è un paradiso». È proprio fragile la maternità? «È fragile perché, banalmente, il corpo corre dei rischi; “naturali” quanto si vuole, ma pur sempre dei rischi. È fragile perché ancora poco tutelata, ma direi anche poco autotutelata; abbiamo sentito tante donne dire con fierezza: “Sono andata a lavorare fino all’ultimo giorno, sono tornata al lavoro prestissimo”. La sensazione mia – tutta da controllare: stiamo riguardando le interviste – è che ci sia stata un po’ di introiezione di modelli maschili. È fragile perché se così tante donne ci hanno parlato del rapporto con le strutture sanitarie come di burocratico, e magari un po’ alienante, se non addirittura rischioso, vuol dire che dobbiamo fare ancora molta strada. Ed è fragile – per quello che posso capirne da maschio – perché la quantità di emozioni in gioco è enorme, e talvolta vacillante. Sembra quasi che la forza emotiva necessaria a fare un figlio (e a fare di una donna una madre) possa anche voltarsi in forza di autodistruzione». Che messaggio si vuole lanciare con il video? «Non vogliamo raccontare nulla di universale, ma senz’altro lasciare un segno – sottolinea Marco Zuin – La nostra indagine è un piccolo spaccato di esperienze vissute. Sentire il vissuto attraverso i volti e le voci delle donne potrà aiutare a saperne di più, a riconoscersi e a condividere… e forse le future mamme potranno sentirsi meno sole». «Solo questo: prestiamo attenzione alla maternità – conclude Giulio Mozzi – non diamo per scontato che sia solo una questione sanitaria, e già risolta. Per il resto, parlano le donne».


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