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Incontro con la storia: I bambini di Svevia di Romina Casagrande

FRANCESCO PETERLANA Studente VB PT

Ventunesimo secolo, epoca di profondi cambiamenti: la progressiva digitalizzazione e l’incessante avanzamento tecnologico contribuiscono a sospingere costantemente la nostra società verso un futuro che si paventa radicalmente diverso dalla situazione a cui siamo abituati. Gli effetti che però questi processi oramai irreversibili esercitano sulla nostra quotidianità non sono da considerarsi del tutto positivi. Come effetto collaterale infatti, essi stanno per esempio comportando una rapida estinzione, che rischia persino di passare quasi inosservata. Mi riferisco all’inesorabile quanto tangibile regressione che ha visto la Letteratura come sfortunata protagonista. Utilizzando quella che potrebbe apparire come un’iperbole, posso affermare infatti che, ad oggi, questa forma d’arte è in grave pericolo. Non avendo né lo spazio né le conoscenze necessarie per approfondire adeguatamente il fenomeno, peraltro ampiamente trattato da numerosi studiosi e letterati, mi limiterò semplicemente ad illustrare il valido progetto che la mia professoressa di Italiano propone con cadenza annuale per far fronte a questa greve problematica. Tutti gli anni infatti, viene concessa a noi studenti la possibilità di conoscere meglio un determinato autore precedentemente individuato. L’approfondimento non si limita solamente alla lettura di una delle sue produzioni letterarie, ma permette di conoscere fisicamente lo scrittore, provando così ad eliminare quel concetto di astrazione che vincola la lettura di un libro. Da studente, nel corso del Triennio sono potuto entrare in contatto con diverse opere e con altrettanti autori. Nonostante il rapporto con questi testi non sia sempre stato idilliaco, quanto piuttosto di odio/amore, devo riconoscere ammirato che il grandissimo punto a favore di questo progetto risiede proprio nella possibilità di incontrare fisicamente l’autrice o l’autore del romanzo. In virtù di alunno di un Istituto Tecnico e per inclinazione personale, ho spesso avuto la tendenza a considerare erroneamente le opere letterarie come produzioni fini a sé stesse, completamente distaccate dalla realtà delle cose e pertanto sono sempre stato più portato a reputarle come prive di scopo o da mettere in secondo piano rispetto ad elaborati più concreti, tangibili e di riflesso con maggiori risvolti pratici. Avere la possibilità di conoscere gli autori dei romanzi, poter comprendere come siano anch’essi persone fisiche, essere in grado di apprezzare ed apprendere tutte le storie che si celano dietro ad una precisa opera, sono aspetti che indubbiamente hanno effetti positivi sulla considerazione generale che qualcuno può nutrire per la Letteratura intesa, in senso lato, come forma d’arte. Scrivere in effetti non è un “semplice” insieme pleonastico di artifizi stilistici fini a sé stessi, quanto piuttosto una nobile forma di espressione del proprio personale pensiero, una via efficace per dipingere la realtà delle cose, per esternare emozioni e sentimenti. Così è stato anche quest’anno: la professoressa Zanetti ha deciso di farci conoscere l’autrice Romina Casagrande, che con il suo ultimo romanzo “I bambini di Svevia” ci ha permesso di toccare con mano, in maniera più o meno figurata, un gravissimo problema sociale che ha afflitto le zone dell’arco alpino ed in particolare quelle della nostra Regione. La vicenda, che ha come protagonisti appunto dei fanciulli costretti al duro lavoro agreste in un disperato tentativo di rifuggire dalla miseria, tratta appunto di lavoro minorile, di sfruttamento, di soprusi e fortunatamente anche di riscatti. In questo racconto si parla quindi di una vita difficile e

problematica: attraverso una trama complessa e articolata, viene fornito al lettore un vero e proprio spaccato su due società (o meglio tra due sfaccettature della medesima) così vicine nel tempo, ma allo stesso modo così diverse nei modi di fare e nei costumi. Presentando i personaggi e proseguendo nel racconto sono proposti spunti, analogie, similitudini tra passato e presente, quasi con un figurato augurio che in un futuro la situazione possa migliorare. Le storie dei personaggi si fondono armoniosamente con un ambiente circostante variopinto, ricco, mobile, a tratti nitido e ad altri sapientemente soffuso, sfocato. In ogni caso, non mi soffermerei tanto sul contenuto del testo, quanto piuttosto sugli spunti di riflessione che la lettura dello stesso può generare. Parlando più da futuro cittadino che si affaccia alla porta della Società che da studente alla fine di un ciclo, posso affermare che ho davvero apprezzato e ammirato la riflessione a cui la lettura del romanzo ha condotto la nostra classe, ma sono sicuro che situazioni medesime siano successe parimenti anche nelle altre sezioni. Riuscire a realizzare che vi è una sorta di nesso tangibile tra le piaghe sociali che hanno caratterizzato la nostra Regione fino a pochi decenni fa e quelle che sono proprie oggigiorno di alcuni Stati del Terzo Mondo è stato senza dubbio un traguardo importante, ad ennesima riprova del fatto che la Letteratura non è fine a sé stessa, quanto piuttosto un valido strumento che ci può permettere di sviluppare un pensiero critico che tenga in considerazione la maggior parte delle discriminanti che caratterizzano la società odierna. Nel corso dell’incontro avvenuto tramite Meet il 13 aprile 2021, la stessa autrice si è spesa nel migliore dei modi possibili, aprendosi al dialogo, fornendo spunti ed incitando a pensare, ad agire in maniera ordinatamente curiosa. Dal punto di vista invece strettamente personale, sento di dover ammettere che ho apprezzato il romanzo ed in maniera particolare il modo di pensare dell’autrice; la vicenda infatti si è rivelata un improbabile inno alla vita, vita in grado di penetrare ovunque, vita in grado di superare ogni barriera, vita in grado di abbattere qualsivoglia limite imposto dall’uomo e soprattutto occasione in grado di presentare molteplici possibilità di redenzione; non è mai troppo tardi infatti per poter tentare di cambiare la propria posizione ed Edna, la protagonista, in questo caso ne è la prova lampante. A sostegno di ciò, vorrei citare una frase di Fedor Dostoevskij, il quale scrisse una volta: “Vado fra gli uomini, ignoro il domani, ma sento che comincia una nuova vita”. Con questa sorta di augurio a tutti, studenti, professori e personale scolastico, voglio concludere il mio breve resoconto e i miei ben più lunghi cinque anni trascorsi in questa Scuola. Abbiate sempre il coraggio di cambiare!

Foto dell’incontro con la scrittrice Romina Casagrande

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