monografia
Intelligenti si diventa
Trasmettere la CittĂ Sostenibile
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2011
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% CB-NO/TORINO n° 4 Anno 2011
TAO n.11/2011 www.taomag.it ISSN 2038-0860 DIRETTORE RESPONSABILE
CONSIGLIO OAT
Riccardo Bedrone
Riccardo Bedrone, presidente Maria Rosa Cena, vicepresidente Giorgio Giani, segretario Felice De Luca, tesoriere
DIRETTORE SCIENTIFICO
Liana Pastorin l.pastorin@awn.it REDAZIONE
Raffaella Bucci Emilia Garda Liana Pastorin Via Giolitti, 1 - 10123 Torino T +39 0115360513/4 - F +39 011537447 www.taomag.it redazione@taomag.it COMITATO SCIENTIFICO
Marcello Cini Mario Cucinella Philippe Potié Cyrille Simonnet
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Laura Rizzi CONSIGLIO FONDAZIONE OAT
Fabio Sorano
Carlo Novarino, presidente Sergio Cavallo, vicepresidente
Orta Water - Mobile Reservoir, 2007 Lucy + Orge Orta Courtesy: Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin Foto: Ela Bialkowska
GRAFICA
Periodico di informazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Torino Registrato presso il Tribunale di Torino con il n. 51 del 9 ottobre 2009 Iscritto al ROC con il n. 20341 del 2010
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Simona Castagnotti I materiali iconografici e le fotografie provengono dagli autori, salvo dove diversamente specificato. La Fondazione OAT è a disposizione degli aventi diritto per eventuali fonti iconografiche e fotografiche non identificate e si scusa per eventuali involontarie inesattezze e omissioni STAMPA
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Marco Giovanni Aimetti Roberto Albano Sergio Cavallo Pier Massimo Cinquetti Franco Francone Gabriella Gedda Elisabetta Mazzola Gennaro Napoli Carlo Novarino Giovanni Tobia Oggioni Marta Santolin
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CONSIGLIERI
Riccardo Bedrone Mario Carducci Giancarlo Faletti Emilia Garda Ivano Pomero DIRETTORE FONDAZIONE OAT
Eleonora Gerbotto Si ringraziano Maria Bucci per la collaborazione nella sezione Piattaforma Torino Smart City Raffaella Scalisi per la mediazione con le città partner di Torino Smart City
TAO 11 – INDICE 2 Contributors 4 Redazionale 5 Intelligenti si diventa EDITORIALE DI RICCARDO BEDRONE 6 Die Über-Stadt PAOLO BERTACCINI BONOLI 1 Città di un nuovo mondo ENZO ARGANTE 1 6 Orta Water LUCY + JORGE ORTA 1 22 Torino Smart City MAURO MARRAS 6 Via Cravero 1947-2016 FERRUCCIO DOGLIONE 2 28 La piattaforma Torino Smart City Quale piano strategico per Torino Smart City? PIER GIORGIO TURI Le forme di collaborazione tra pubblico e privato Management e strumenti economico-finanziari per la riqualificazione edilizia CARLO NOVARINO Il cantiere sostenibile PAOLO PERIS Il ruolo dei sistemi educativi ALDO GARBARINI Il ruolo della partecipazione GABRIELLA BIANCIARDI 8 Smart Building in Torino Smart City 3 9 Il ruolo del settore privato MASSIMO SETTIS 3 0 Il workshop 4 Refit the city Infrastruttura urbana reattiva e parametrica SMARToMETER Schools Grid in Smart City smART IN ACTION 6 Roundabout 4
CONTRIBUTORS ENZO ARGANTE
FERRUCCIO DOGLIONE
PAOLO BERTACCINI BONOLI
ALDO GARBARINI
GABRIELLA BIANCIARDI
MAURO MARRAS
Giornalista, conduce Ferryboat, in viaggio verso l’economia sociale su Radio 24/Il Sole 24 Ore. Direttore editoriale di Atlante Green, Venice International University. Presidente del Premio Areté alla Comunicazione Responsabile di Confindustria. Coordinatore del Meeting Internazionale Mobilità Sostenibile del Ministero dell’Ambiente. Direttore scientifico del Green Social Festival Bologna. Autore e protagonista della messa in scena di teatro civile Auto Critica, chi non si ferma è perduto sulla mobilità sostenibile.
Nato a Milano nel 1965, è studioso di formazione storica ed epistemologica. Laureato all’Università di Pavia, specialista in sistemi istituzionali federali, collabora con Gianluca Bocchi dal 2005 presso l’Università di Bergamo. Ha pubblicato Milano Città-Stato (1996) e la monografia Berlino nel secolo, il secolo in Berlino (1996). È ideatore ed editore della guida urbana PassMilano (19952003). Nel 2002 fonda il centro di ricerche e consulenza Territoria per progetti di cooperazione pubblico-privato.
Dirigente del Settore Tutela ambiente del Comune di Torino. Organizza e coordina iniziative di educazione ambientale in collaborazione con enti ed associazioni. È responsabile dell’Ufficio Biciclette e del servizio Bike Sharing - TO Bike. Coordina gli acquisti verdi della Città. Ha curato la redazione del Tape - Turin action plan for energy previsto dal Covenant of Mayors. È coordinatrice del Tavolo Tecnico del progetto Torino Smart City.
Laureato in Storia moderna all’Università di Torino, lavora dal 2002 nel settore del social housing, prima presso l’Agenzia Territoriale per la Casa della Provincia di Torino e poi presso Getica srl, società in house dello stesso ente, dove ha ricoperto ruoli di senior PM, fra cui l’incarico di responsabile della progettazione e gestione degli interventi su Fondi e Programmi dell’Unione europea e dello sviluppo di partnership stabili con altri enti europei di edilizia sociale.
Direttore della Divisione Servizi educativi del Comune di Torino, condirettore del filmfestival Sottodiciotto, formatore in corsi e master, è stato docente annuale della Scuola superiore per le Amministrazioni locali (SSPAL). È attualmente direttore della collana Pubblico Professioni Luoghi della cultura della Franco Angeli edizioni e co-autore di High tech High touch. Le nuove professioni culturali tra alta tecnologia e relazioni sociali (2003) e Grazie alla cultura (2011).
Giornalista presso l’Ufficio stampa della Giunta comunale di Torino, dove si occupa di materie come l’ambiente, il verde, l’urbanistica, la rigenerazione urbana, l’integrazione, ha curato la comunicazione del progetto Torino Smart City. Già direttore responsabile della rivista Informagiovani, da cinque anni coordina l’agenzia stampa quotidiana del Comune TorinoClick.
CARLO NOVARINO
MASSIMO SETTIS
LUCY + JORGE ORTA
PIER GIORGIO TURI
Architetto torinese, ha lavorato per 16 anni al comune di Nichelino e dal 2004 al 2009 si è occupato di edilizia pubblica per l’Agenzia Territoriale della Casa. È stato assessore all’urbanistica presso il comune di Moncalieri dal 1975 al 1985 e sindaco dal 1993 al 2002. Attualmente è consigliere dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Torino e presidente della Fondazione OAT.
Fondato nel 1991 da Lucy e Jorge Orta con base a Parigi, lo studio Orta, attraverso tecniche diverse (scultura, object trouvé, sartoria, pittura, …), strategie comunicative (come la performance), interventi ed eventi pubblici, tratta argomenti come la comunità e il tessuto sociale, l’edilizia e l’habitat, il nomadismo e la mobilità, lo sviluppo sostenibile, l’ecologia e il riciclaggio. Tra i progetti: Refuge Wear e Body Architecture, piccoli ambienti portatili a metà tra un abito e un’architettura; HortaRe cycling, la catena alimentare nel contesto locale e globale.
PAOLO PERIS
Nasce a Torino nel 1967. Il suo percorso lavorativo lo vede maturare nell’impresa di costruzioni di famiglia, dove l’impronta della tradizione da sessant’anni si coniuga a quella dell’innovazione. Persuaso che l’edilizia debba diventare parte integrante nella gestione responsabile del territorio, attraverso la partecipazione al Collegio Costruttori Edili - Ance Torino di cui è Vicepresidente con delega Tecnologia ed Innovazione.
Laureato in Chimica nel 1976, ha iniziato la sua attività come ricercatore presso il Centro Servizi Ecologici della Fiat Engineering. Ha poi ricoperto il ruolo di responsabile ambiente di Iveco, seguendo gli stabilimenti europei del gruppo negli aspetti di gestione e investimento ambientale. Dal 1988 opera all’Unione Industriale di Torino dove è responsabile dell’area Ambiente ed Energia. Dal 2002 è professore incaricato presso il Politecnico di Torino, ove tiene il corso di Progettazione Ambientale.
Architetto e urbanista. Per la Città di Torino ha curato la costituzione dell’Urban Center ed è coordinatore scientifico del Laboratorio Città Sostenibile. Dal 2000 collabora con l’Ordine degli Architetti di Torino sui temi della sostenibilità urbana. È relatore generale del progetto della Fondazione OAT Trasmettere la Città Sostenibile ed è membro del comitato di coordinamento scientifico di Biennale Democrazia. Attualmente collabora al progetto Torino Smart City per il quale ha curato il workshop internazionale di progettazione Smart Building in Torino Smart City.
Redazionale
In tempi di crisi ci si deve impegnare con maggior tenacia sul diritto alla casa, alla città, alla salute, all’istruzione, alla partecipazione alle decisioni politiche e si deve mettere in gioco la capacità di rintracciare le risorse economiche per migliorare la qualità della vita delle città, dove vive circa il 75% della popolazione europea. Dal 2006 a oggi, la Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Torino ha maturato una particolare sensibilità e una forte esperienza su questi temi (la collaborazione con Biennale Democrazia ne è testimonianza) e sui temi ambientali, realizzando occasioni per prefigurare trasformazioni ormai improcrastinabili di parti ampie di città. L’area nord di Torino ha offerto importanti opportunità di approfondimento, dalla zona fino a poco tempo fa occupata dalla discarica cittadina (le cosiddette basse di Stura) portata all’attenzione del Congresso Mondiale degli Architetti nel 2008, alla Barriera di Milano oggi catalogo di multietnicità, densità abitativa, frammentazione edilizia e sogni di riscatto. Il metodo di lavoro affinato dalla Fondazione OAT, condiviso con i numerosi partner e stakeholder locali sui diversi progetti affrontati, comprende workshop di progettazione a livello internazionale, focus di confronto interdisciplinare tra esperti, momenti pubblici di restituzione e di consegna dei risultati a beneficio di un auspicabile interesse e presa in carico da parte dell’amministrazione. L’intesa concettuale e la proficua collaborazione realizzatesi con la Città di Torino, il Politecnico, il Collegio Costruttori Edili, l’Unione Industriali e l’Ordine degli Architetti della provincia di Torino sul tema Smart Building e il coinvolgimento di aziende, progettisti ed esperti hanno consentito di porre le basi della piattaforma Torino Smart City, utili alla presentazione della candidatura della Città ai bandi europei. “Dopo i diritti tradizionali, quelli alla vita, alla libertà ed alla sicurezza, su cui si incontrano le tre correnti principali del nostro tempo, vengono i diritti della nuova generazione che nascono tutti dalle minacce alla vita, alla libertà, e alla sicurezza, provenienti dall’accrescimento del progresso tecnologico. Bastino i seguenti tre esempi che hanno riempito le riviste, i libri, le conversazioni, i congressi, le tavole rotonde di questi ultimi anni, e che quindi sono al centro del dibattito attuale. Primo: il diritto a vivere in un ambiente non inquinato, […]” (dall’intervista a Norberto Bobbio Che cos’è la democrazia? Fondazione Einaudi, Torino 28 febbraio 1985).
Intelligenti si diventa Editoriale di Riccardo Bedrone
“La necessità aguzza l’ingegno”, recita la tradizione popolare. E mai come nei tempi difficili, di crisi, si rivela saggia. A maggior ragione quando si parla di città, luogo prediletto di vita di gran parte della popolazione europea ma anche specchio e amplificatore dei fenomeni e dei cambiamenti che sono in corso per effetto della globalizzazione, dei movimenti migratori, dei problemi ambientali. Tanto che non si riconosce ossimoro più efficace, oggi, che ‘città sostenibile’. Ma le città sono anche il ‘motore dell’economia’, come ormai da tempo ha confermato l’Unione europea, facendole diventare le principali destinatarie dei suoi sempre più determinanti aiuti comunitari. Perché in questi contesti le problematiche degenerative sono molto più accentuate: l’inquinamento industriale e da gas di scarico, il degrado urbano, la congestione, la marginalizzazione sociale sono fenomeni sempre più difficili da governare per l’estensione e l’eterogeneità del loro tessuto e quindi per una minore flessibilità al cambiamento. Perciò, il futuro ‘sostenibile’ cui aspirano rende improcrastinabile un rilancio delle loro agglomerazioni in chiave di maggiore sensibilità e prevenzione. E sono soprattutto le ‘città medie’ a presentare il maggior potenziale da valorizzare: perché le dimensioni più ridotte le rendono maggiormente passibili di adattamenti e, pertanto, terreno fertile per esperimenti di sviluppo sostenibile in termini ambientali, economici e sociali, il cui modello ideale è quello della smart city a sei facce: economy, people, governance, mobility, environment e living. Il primo passo lo si è compiuto quattro anni or sono con il lancio del progetto European Smart Cities, un procedimento scientifico per la valutazione delle città europee di media grandezza, elaborato dal Politecnico di Vienna, l’Università di Lubiana e il Politecnico di Delft, per fornire criteri di classificazione della loro ‘intelligenza’ basati su quei sei indicatori. 70 sono state le città europee coinvolte nel confronto (non di più perché per molte altre mancavano elementi certi di valutazione). Ma mentre il dominio del nord Europa era prevedibile (nell’alta classifica ci sono Finlandia, Danimarca, Austria e Germania), ancora una volta si è dovuto constatare l’arretratezza del nostro Paese: le quattro classificate italiane, Trento, Trieste, Ancona e Perugia, peraltro città di grande vivibilità, si trovano tutte dopo il 45° posto. In ogni caso questo primo tentativo ha fatto emergere l’importanza di avviare più azioni intelligenti per riqualificare durevolmente i territori urbani in senso smart. E anche la Commissione europea ha lanciato il progetto Smart cities and communities per offrire soste-
gno all’adeguamento del patrimonio immobiliare pubblico e privato e alla riconversione delle reti energetiche. In una prima fase saranno esaminate e premiate le proposte volte ad azzerare le emissioni di gas serra, ma successivamente sarà necessario intervenire a supporto del trasporto pubblico e della mobilità sostenibile. La infelice posizione delle città italiane nelle classifiche di smartness europee mostra però quanto lavoro occorre compiere nel nostro Paese, tanto a livello nazionale che locale e sotto tutti i punti di vista, per guardare al futuro, all’eredità per le nuove generazioni, senza troppe preoccupazioni. Tra le candidate italiane vi sono Torino, Genova, Palermo, Catania e Bari. Per tutte, il percorso è già tracciato: investimenti nell’ambito delle energie rinnovabili, impianti per una mobilità funzionale e leggera, sostegno a progetti innovativi di ricerca e sviluppo, valorizzazione diffusa e integrata del patrimonio storico e naturale, maggiore trasparenza e minori sprechi nel governo urbano, collaborazione fattiva pubblico-privato (perché gli investimenti da fare saranno enormi e non basteranno certo le pur desiderabili risorse comunitarie). Una città intelligente diventa tale, nelle sei dimensioni che ne esprimono bene le sfaccettature, “quando, basandosi sulla combinazione tra i dati di fatto locali e le attività realizzate da parte dei politici, dell’economia e degli abitanti stessi, presenta uno sviluppo duraturo nel tempo”. La ancor misteriosa, per ora, smart city diventerà più facilmente chiara nei contesti urbani che già presentano un buon potenziale intrinseco. Poi ci vorrà un comportamento corretto e trasparente da parte di tutti gli operatori sul territorio, dagli amministratori al semplice cittadino. Per essere persuasivi, occorrerà evidenziare l’utilità di mettere insieme vantaggi individuali e collettivi, nella consapevolezza che il fine non è ‘solo economico’ ma sociale e che una città ricca non è quasi mai, solo per questo, intelligente. Come pure occorrerà prendere atto che la tecnologia senza processo di apprendimento non serve a nulla. Diventare smart vuol dire in realtà saper cogliere e divulgare soprattutto la grande opportunità culturale che si offre, nel delineare ipotesi di nuovo sviluppo del territorio. Vuol dire accettare di entrare in una competizione di tipo virtuoso. È utile, perciò, che i singoli sistemi locali possano dialogare direttamente con la Commissione europea, perché saranno maggiormente responsabilizzati e consci di far parte di un Paese, che è diverso dagli altri, con le sue peculiarità e i suoi tratti distintivi. Per noi, dunque, si tratterà di dare un’accezione ‘italiana’ all’intelligenza urbana.
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Die Über-Stadt La messa in pratica dell’intelligenza in ambiente urbano: una reinvenzione delle 'regole del gioco' sociale? Paolo Bertaccini Bonoli
Le città si apprestano a divenire ‘smart’. Quei villaggi-insediamenti di millenni addietro, quelle prime forme rudimentali di vita sedentaria, che segnarono il passaggio dal paleolitico dei nomadi cacciatori-raccoglitori al neolitico dei sedentari agricoltori-produttori (e sempre più, in seguito, dei guerrieri, dei sacerdoti, e dei burocrati!), si sono evoluti, via via nei secoli, sino alle odierne megalopoli e conurbazioni contemporanee. E queste ultime o saranno presto smart oppure diverranno con tutta probabilità sempre meno vivibili, finendo talvolta addirittura per non-essere. ‘Auto-trappole’ di una umanità che non sarà riuscita a vincere una sfida evolutiva, a schivare uno dei tanti inciampi del continuo adattamento agli eco-contesti. Il primo eco-contesto della storia, che ci siamo costruiti intorno, in piena autonomia, e che ora richiede di essere decostruito o ri-costruito, per non rischiare di finire nel vicolo quasi cieco dell’umanità di Nathan Never, descritta da Serra, Medda e Vigna, dove ogni catastrofe incombente è sempre scongiurata da nuove tecnologie e mai da mutamenti negli stili di vita degli esseri umani.
Ma, a dispetto di chi sembra essere scoraggiato o apocalittico, come quasi sempre è avvenuto nella storia umana sinora, è molto probabile che ce la potremo fare, almeno in parte. Proprio perché saremo costretti a divenire intelligenti nel nostro modo di ri-urbanizzarci. Fra estinguersi e intelligere, prevale di norma la seconda e, sia pure malvolentieri – perché ogni innovazione deve vincere le resistenze della pigrizia, della consuetudine, dei pregiudizi, degli interessi costituiti, della distribuzione ineguale di impegno e di ritorni individuali – finiremo comunque per vivere prima o poi assai meglio di ora nelle nostre città.
volgimento convinto degli abitanti, i quali accettino, suggeriscano e applichino nuove modalità del vivere quotidiano, in primis riducendo il consumo di energia e di inquinamento; ma non soltanto. In questo ragionamento sulle città intelligenti è richiesta con tutta evidenza una svolta culturale ed è fondamentale liberare il campo dai luoghi comuni che lo ‘inquinano’. Il primo common place è che tutte le città siano pre-smart all’incirca alla stessa maniera e, dunque, i loro abitanti. Non è così. In una cornice globale di una sfida condivisa, ogni città, ogni metropoli si trova oggi in luoghi e fasi della storia dell’urbanizzazione talmente diverse, che ciascuna è e sarà smart a modo proprio. Taluna è già Da smart a smart new-smart; talaltra sarebbe no-smart se si prefiggesse di divenirlo troppo a breve, Uno degli interrogativi che ci si pone è: perché si trova oggi in stadi evolutivi presono pronti i cittadini a comprendere, a maturi. Un altro interrogativo deve essere partecipare, ad affrontare la sfida di tra- però affrontato: cosa vi è di specificamente sformare le città in smart cities? Quanto urbano nella sfida più generale dell’econoè alto il rischio che resti un percorso solo mia e della società sostenibile? In che mitecnologico? sura, o con che logiche, lo smart delle città Pare infatti impossibile che le città rie- si correlerà con lo smart fuori di esse? scano a divenire ciò che i bandi europei Kinshasa, Buenos Aires, Los Angeles, auspicano e prefigurano, senza un coin- Mumbai, Hong Kong sono ‘corpi’, orga-
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nismi, comunità associate con intelligenze proprie, distinte e specifiche le une dalle altre, con buona pace, per fortuna, della temuta globalizzazione uniformante. Vi è per converso una specifica sfida europea verso la smart city: che fare delle nostre città medievali re-inurbate nelle metropoli? Questo è un terreno di lavoro abbastanza comune per noi europei e mediterranei: ma, certo, non si può paragonare Frankfurt am Main a Lisbona, Copenhagen a Istanbul, Gerusalemme a Edimburgo, per intenderci. Il secondo luogo comune da sfatare è che non si sia, noi abitanti urbani, già ‘smart’ anche nelle città contemporanee attuali. Le razionalità sono molteplici, sfaccettate, finanche affettive. Pure quelle che non paiono tali: la ragione ha ragioni che la ragione stessa e il cuore non possono comprendere, talvolta. I calcoli e i computi di convenienza ed efficacia da parte di ciascun individuo (ognuno dotato di sue specifiche consapevolezze, strumentazioni, escamotages, nella non banale arte del vivere-sopravvivere) generano comportamenti collettivi, che, a loro volta, retro-agiscono sui primi. Dinamiche che
possono, divenire infine sconvenienti, generare effetti quali-quantitativi perversi. Ma, su logiche smart sono comunque basate in origine e in seguito nei ‘gorghi’ in cui capita di ritrovarsi. Si tratta dunque di far prevalere, nel percorso verso le smart cities del futuro, determinate razionalità, intelligenze, calcoli di convenienza rispetto ad altri raziocini concorrenti, che rivelano la loro obsolescenza se i loro effetti si avvicinano alla formula lose-lose-lose (dove ‘tutti perdono’): in parte recuperati dal passato e riadattandoli, in parte sperimentandone di nuovi. Si tratterà dunque non di passare dalla stupidità all’intelligenza, ma dall’intelligenza all’intelligenza.
Pensare ciò che non si vede, per vedere davvero ciò che si vede Ogni studioso sociale ‘è di parte disciplinare’ e ogni ‘parte’ consente di vedere meglio il tutto. Antropologia, storia, filosofia, psicologia, pedagogia, etologia, linguistica, semiotica, diritto, geografia, economia, neuroscienze, fisiologia, medi-
cina, politologia, sociologia, humanities in genere: i saperi dell’uomo, le scienze del vivente volte alla sfida del capire che cosa sta succedendo. In questa sfida, è dalla trans-disciplinarietà che deriva una adeguata approssimazione a una visione ampia e profonda del reale. Da qui un ruolo di raccordo, di bussola, alla filosofia della scienza, e più specificamente alle epistemologie contemporanee (G.Bocchi/M. Ceruti, Origini di storie, Milano, 1996). È dunque questo il punto di osservazione principale per tentare, e riuscire a comprendere, prima o poi, in che modo gli abitanti urbani saranno in grado oppure no di generare le smart cities. Perché è solamente riflettendo a fondo e consapevolizzandoci su ciò che non vediamo, ma ci condiziona, fino a determinare anche inconsapevolmente i nostri comportamenti, che si potranno disinnescare o innescare vecchie e nuove dinamiche razional-emotive, intervenendo sui fattori critici reali. Questo avverrà ripensando le radici delle città, i suoi epistemi. Compito possibile, ma non banale di un’agenda di chi se lo prefigga, indipendentemente dal fatto di essere studiosi in
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senso più stretto, oppure operatori privati, public policy maker, stakeholder urbani interessati a misurarsi con esso. Sforzarsi di vedere davvero come quando si osserva un albero: l’albero è l’insieme del visibile e del non-visibile, il tronco, i rami, le foglie, i frutti e il suo apparato radicale nel suo contesto nutritivo. Una prospettiva epistemologica contemporanea – di pensiero della complessità di una physis dove l’uomo è nella natura, non fuori di essa – ci suggerisce che la riflessione sugli individui e sulla vita associata nelle città, si debba focalizzare in prima analisi su almeno tre punti chiave, ovvero la molteplicità, l’interazione individuo-contesto, la storia, su un ‘tranello della mente/psiche’, cioè la chimera della perfezione, e, infine, su un concetto forte quale la nozione di ‘regola’.
si smarriscono. Ci esprimiamo e ci emozioniamo in modi diversi, nelle numerose dimensioni del vivere associato: gli affetti, il lavoro, l’economia (il ‘far di conto’ sulle cose), il raccoglimento spirituale, lo studio (‘capire’ le cose), il riposo, la nutrizione, il loisir (‘evadere’ dalle cose), lo stupore (‘scoprire’ cose nuove) e molto altro. A seconda delle “circostanze di consumo” del sociale, si esprimono dunque tratti diversi della nostra personalità. Tutti momenti che s’intrecciano e si combinano ogni giorno in termini consuetudinari, ma con continue possibili variazioni sul tema. La città, l’eco-contesto urbano, è dispositivo enfatizzatore per antonomasia di questa molteplice personalità dell’individuo, poiché – chiamiamolo così – è un grande store di vetrine, di opportunità reali, di ‘miraggi’, di ‘contiguità’ difficili da gestire, di tentazioni. Per divenire new-smart, dunque, è davFra Mahagonny e miraggi vero importante che di ciò ci rendiamo di perfezione consapevoli, altrimenti il rischio di fuoriuscire dalla fisiologia della molteplicità e In primo luogo, è indispensabile tenere incagliarsi nella patologia dei disturbi psipresente che ciascun individuo della città chici, è molto alto. abitata, non è unico e indivisibile, bensì Insomma, se il destino decide che si deve molteplice, nella fisiologia, non nella pato- andare ad abitare a Las Vegas, Berlino, o logia. Siamo, in modo sano e naturale, più New York (le tante Mahagonny brechtiane persone che abitano – di buon accordo di oggi), bisogna essere molto preparati. – la stessa persona, lo stesso corpo. Sennò, adieu smart! Questo perché il seNel corso della medesima giornata, esse condo punto chiave è l’interazione indivisonnecchiano, si sovrappongono, si sus- duo-contesto. Siamo e diventiamo l’esito seguono, talvolta vanno in contrasto tem- dell’incontro fra noi e i mondi esterni con poraneo, o ne nascono di nuove; talune cui interagiamo. La città è a sua volta di-
spositivo per antonomasia del processo di “alienazione delle norme”: ci si assoggetta, più o meno liberamente, a regole che poi facilmente ci sopraffanno, di cui perdiamo il controllo per via della densità umana, della difficoltà delle procedure di modifica, dei tempi compressi e di molti altri fattori. L’universo urbano ci rende fatalmente poco padroni di ciò che ci succede intorno. Le città – in modo costitutivo – tendono ad agire sugli abitanti, molto più di quanto gli abitanti agiscano sulle città. Scegliamo – più o meno consapevolmente – di imprigionarci in un labirinto, in una centrifuga, dove i condizionamenti, i vincoli, ci sovrastano. Non si è in “piena governance di noi stessi”. Se così è, cosa significa essere smart dentro una lavatrice? Per fortuna, non mancano possibili maniglie, o pulsanti di un futuro cruscotto, dentro il dedalo urbano. Uno è più importante di altri: la storia. Ritornare alle origini della città in genere e delle singole città in specifico, è terapeutico e progettuale al tempo stesso. Che cosa significa allora urbanizzarsi? Comportarsi in modo urbano, essere ‘urbano’, in senso di composto, educato, non si dice più. Sono molto maleducati, ormai, gli urbani. E che cosa facevano (e fanno) le persone dentro una città? In alcuni casi imprendevano, innovavano, commerciavano, viaggiavano, assumevano rischi. In altri comandavano, facevano continui addestramenti militari, oppure studiavano e pregavano. Nell’Europa moderna vi erano
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gli abitanti del borgo, con il mercato, da cui i ‘borghesi’ e l’economia di mercato (impropriamente detta capitalismo) dello scambio (commercial-culturale). Le città, i singoli borghi e quartieri, nascono da un’anima, da un tratto culturale distintivo. Le conosciamo, queste anime di allora? E oggi, invece, quali sono? Non siamo in grado di dare una risposta troppo precisa, perché al passato non guardiamo più. Forse la città new-smart è una città densa di pilomat informativi/ evocativi sulla storia dei luoghi, degli edifici, degli abitanti, dei mondi lontani e vicini con cui si sono interconnessi. Hard disk delle nostre storie: non li attiveremmo quasi mai, resterebbero lì sotto l’asfalto (smart anch’esso), ma saremo consapevoli che ci sono. Una suggestione però l’abbiamo già. La città è stata per l’homo sapiens (smart, per l’appunto) una meravigliosa “fuga dalla natura”, quel luogo denso di insidie, minacce e pericoli, ma che infine è stata in larga parte domata. La città ne è il suo totem, la sua stele celebrativa. La smart city invece rappresenta un “ritorno alla natura”, un ri-andare ai boschi, alle selve, che non è il segno di una sconfitta, bensì la sublimazione di questo quasi-trionfo. Ma la storia è anche storia (ed etimologia) delle parole. Che cosa significa davvero smart? Come ogni vocabolo, vi è una vasta pluralità di significati. Un “insieme denso di insiemi densi”: abile, acuto, alla moda, aspro, attillato, brillante, bruciore,
dolore, intelligente, far male, lepido, elegante, stile spiritoso, persona spiritosa. Molteplice, molto urbana, questa parola. Ed eccoci al tranello della mente/psiche, forse la trappola principale di ogni processo di innovazione, di immaginazione, di progettazione. Ebbene, se si è smart, se si è in grado di intelligere, si è, fra altre cose, anche capaci di schivare questo tranello: i miraggi di Arcadia, del paradiso terrestre, della compiutezza armonica e cartesiana nelle faccende umane, dei non-luoghi di Utopia, delle Città del Sole. La città newsmart del futuro, sarà dunque composta da individui serenamente consapevoli. Non si tratterà di perseguire, in modo ideologico, le coerenze e le simmetrie fra gli umani, perché l’unica coerenza legittima sarà quella degli equilibri virtuosi fra incoerenze, fra incompiutezze, inizi, declini, spazi vuoti da riempire, interstizi, ingombri da liberare; equilibri mai definitivi da ri-negoziare quotidianamente fra gli abitanti. Perché il meglio, quasi sempre, è nemico del bene, perché la sfida verso la smart city implica che vadano costruiti, insieme o prima degli smart building, assetti intermedi fra approcci riduttivi e minimalisti (in fondo basta tornare a dare un po’ di buon senso al tutto, introdurre qualche dispositivo tecnologico, risolvere il traffico, e così via), e pulsioni catartiche, demiurgiche, onnipotenti-velleitarie (reinventare la città, pianificare nuove rivoluzioni urbane). L’unica vera certezza resta, però, che a fondamento dei, dietro ai, costrutti umani, ci siano sempre gli umani.
Verso quale Rule of Town? Lungo questo primissimo filo di un discorso possibile sulla intelligibilità delle smart-cities (capacità di comprenderle, capacità di inverarle), si ‘clicchi’ ora su due finestre ipertestuali dense di significati per gli smart human beings del futuro. Protagonista forse principale di una città new-smart sarà la pratica dello sport. La smart city del futuro, è, invero, una città di cittadini-atleti? Lo sport (nella sua ampia accezione contemporanea, di stili di vita sani, includendo ad esempio l’universo non competitivo del surfing, del trekking urbano, dell’orienteering nei parchi) è moto, movimento interiore e fisico, deambulazione concettuale, dinamismo culturale, che implica e comporta allenamenti. Sarà anche attraverso lo sport – che aiuterà i cittadini a essere in qualche misura atleti, predisposti alla ricerca di qualche prestazione (umana, emotiva, economica) che tenda alla qualità, talvolta alle eccellenze – che la città si doterà di una ‘tensione interiore’ permanente, che consenta di andare oltre la città di oggi, über die Stadt, verso la Über-Stadt, con un valicamento della metropoli da parte di atleti che eseguono gesti tecnici complessi e articolati, ossia smart; e di preservarla nel tempo. Al tempo stesso, i cittadini smart non potranno che essere atleti capaci di osservare e riflettere, ossia in grado di stare fermi spesso. La mobilità della smart town è anche la non mobilità
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di persone che pensano, soppesano, fruiscono della città sapendo sottrarsi ai vortici della mobilità schizofrenica. Il secondo ipertesto, invece, concerne le infrastrutture immateriali (per definizione non-visibili, dunque indagabili epistemologicamente) della vita associata: le tradizioni, i riti, le istituzioni, i modelli di rappresentanza, le procedure decisionali, le culture della famiglia, i rapporti centri-periferie, i sistemi incentivanti o dissuadenti, le logiche assistenziali, la relazione città-campagna, il trade-off pubblico-privato. In altre parole, le regole del gioco o di ingaggio (quando il rischio di litigio è elevato). Si tratta di una sfida concettuale di ri-progettazione delle convivenze, una sfida post-giuridica, ancor più alla luce della telematica. E siamo, infine, al concetto-forte della sfida: “le regole del gioco sociale”. La filosofia del diritto e della politica dicono da tempo che il concetto di sovranità è mutato; si continua a parlare di Stati, Nazioni, parlamenti, governi, codici civili, istituzioni famigliari, tribunali come se ancora esistessero; a manifestarsi è invece semplicemente la loro presenza, in quanto la loro essenza è ormai evaporata. Siamo già in un über-Welt, ‘oltre’ gli Stati, oltre le
Nazioni, oltre il potere e i costrutti sociali nei sensi in cui sono stati intesi sinora. Viviamo un’epoca di impegnativi sforzi individuali e collettivi, per ripensare la vita associata in tutte le sue articolazioni. In questa cornice, la domanda è: in che modo si genera il comportamento virtuoso in un’epoca dove il principio di autorità è stato di fatto sostituito, o almeno affiancato, da quello di autorevolezza? Dove l’orizzontalità dei processi prevale sui verticismi? Dove le strumentazioni, per imporre e sanzionare, sono talmente indebolite, che le formule vincenti sono quelle del convincere, dell’indurre, del negoziare? In che misura sono ancora necessarie le autorità costituite? E se lo sono molto meno, citando Piero Bassetti: “Come si rende conveniente il bene?” Per fare un esempio concreto di ciò che avviene già oggi di smart nelle città, Transparency International Italia sta eseguendo un progetto triennale per prevenire o contrastare la diffusione della corruzione, della frode e di altri reati economici affini nei settori della green economy, primo fra tutti le energie rinnovabili. Essa dunque indaga le cause profonde della corruzione per un verso e, per un altro, innovativamente prefigura co-
dici etici, whistleblowing (atteggiamento che in Italia viene vissuto come delazione, non come virtuosa collaborazione fra cittadini e giustizia), sinergie pubblico-privato, e altri ‘attrezzi’. Può una città smart essere densa, fisiologicamente di cittadini corrotti o corruttori, concussi o concussori? Densa di quotidiane tangenti e ‘mazzette’? Quali sono le regole newsmart che possono disinnescare queste pratiche? Vi sono interessi costituiti e costituendi dei quali è possibile non restarne ostaggi. Per dirla con Edmund Burke, “affinché il male prevalga è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione”. Il meccanismo della moneta buona che scaccia quella cattiva si basa sull’azione dei buoni, sui processi partecipativi. La smart city è, in quest’ottica, per tutti noi una sfida di ‘messa in pratica’ di ciò che già siamo o vogliamo diventare; per altra parte, di ‘messa in teoria’ di queste pratiche, altrimenti si sarà privi di bussola di pensiero. Senza orientamento, salvo casi fortunati, molta strada non si farà, anche se l’asfalto sarà green, o il volante smart.
PP. 6-7 Esercizi di autocoscienza, immagine digitale, Giorgia Vian, 2011
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Città di un mondo nuovo Storie di città che hanno avuto l’intuizione o – adesso – il privilegio delle risorse sufficienti per rimediare al colpo di sonno globale che le ha travolte rendendole caotiche, invivibili sul piano ambientale e sociale Enzo Argante
Curitiba è esempio in tutto il mondo nelle soluzioni urbanistiche. Eletta capitale americana della cultura nel 2003, è anche la capitale ecologica riconosciuta del Brasile in cui vivono circa 2,5 milioni di persone. Il cambiamento avvenne nel 1971, in piena dittatura fascista, quando l’architetto Jaime Lerner diventò sindaco della città e iniziò il suo mandato creando la prima isola pedonale del mondo! La seconda operazione fu la creazione di un sistema di trasporti rivoluzionario con strade principali riservate agli autobus e particolari rampe coperte da tubi trasparenti che portano il marciapiede sullo stesso piano dei mezzi pubblici. Praticamente inventò una straordinaria metropolitana a cielo aperto. Le autovie di Curitiba trasportano 20mila passeggeri all’ora (più di quanti viaggino sui mezzi pubblici di New York) e percorrono ogni giorno una distanza pari a 9 volte il giro del mondo. Ma Curitiba è un esempio su tanti fronti, una sorta di Smart City ante litteram: 160 km di piste ciclabili; 36 ospedali con 4500 posti letto, medicinali gratuiti e assistenza medica diffusa sul territorio; 24 linee telefoniche a disposizione dei cittadini per informazioni di ogni tipo (una fornisce ai cittadini più poveri i prezzi correnti di 222
prodotti di base); 30 biblioteche di quartiere con 7000 volumi ciascuno; 20 teatri, 74 musei e centri culturali; tutte le 120 scuole della città offrono corsi serali di formazione professionale per 10mila persone all’anno; il Telefono della solidarietà aiuta a raccogliere elettrodomestici e mobili usati
aquiloni correndo sul prato di un enorme serbatoio di acqua potabile che dà sul mare aperto. Chilometri di percorsi permettono di attraversare la città passando per sentieri immersi nella foresta tropicale, compresa nello spazio cittadino e rendono Singapore una delle città più verdi del continente. Ponti pedonali collegano le riserve naturali formando una rete di parchi, itinerari e zone verdi. La gestione dei rifiuti è decisamente originale, anche se discussa: Singapore ha creato un’enorme isola-discarica che soddisferà i bisogni del Paese fino al 2045. Dopo essere passati nei quattro inceneritori della città. L’isola è aperta al pubblico per escursioni e gite sportive! Singapore è un esempio unico al mondo di Paese che, basandosi su una precisa idea politica, economica e sociale, ha saltato tappe a passi da gigante e in meno di mezzo secolo è passata dal terzo al primo mondo. L’elemento architettonico è sicuramente ciò che salta per primo che vengono riparati dagli apprendisti ar- all’occhio. A Singapore si tirano su e giù tigiani e rivenduti a basso prezzo nei mer- palazzi come castelli di carte e la città è un cati o regalati. Curitiba è inoltre la città più perenne cantiere nel rispetto degli stanverde del mondo (55 mq per abitante). dard di sostenibilità ambientale stabiliti Anche Singapore vanta un suo primato. A dal Green Labelling Scheme. I costruttori due passi dal centro commerciale e finan- sono costretti all’eco-compatibilità: daziario della città, i ragazzini fanno volare gli gli impianti di aria condizionata centraliz-
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zati alla direttiva che impone di restituire al verde il 100% della superficie edificata collocando giardini pensili sui tetti o creando aree verdi comuni nell’edificio. Tangshan è il centro del più esteso esperimento di eco-città dell’intera Cina. A est del porto, uno dei più vasti della nazione, sta nascendo l’isola Caofeidian, che si estenderà per circa 370 kmq. La città nasce in una delle zone più inquinate del Paese e quindi dalla necessità di contrastare il degrado. Il master plan per Caofeidian è stato approvato alla fine del 2008 dalla provincia di Hebei e prevede la realizzazione di una laguna artificiale. Il progetto è dell’architetto italiano Pier Paolo Maggiora che ha realizzato uno strumento urbanistico, ecologico e innovativo, che ruota intorno a principi di progettazione sostenibile. La città sarà realizzata con le tecnologie e i materiali riciclati e riciclabili più avanzati che eliminano gli sprechi d’acqua e prevede un piano di mobilità sostenibile a impatto zero. Caofeidian non nasce nel nulla ma si inserisce in un contesto che interpreta la sua natura ecologica attraverso un progetto di difesa della costa e per l’approvvigionamento idrico ed energetico; impianti di desalinizzazione dell’acqua marina e per il miglio-
ramento dell’alcalinità del suolo; progetti per la protezione dell’ambiente per la bonifica delle acque marine. Per secoli il fiume è stato la vera arteria di Seul. A partire dagli anni ’50 il suo corso viene coperto da una strada, sostituita negli anni ’70 da una sopraelevata conge-
stionata da 180mila auto al giorno. Così il fiume scompare dalle mappe e dalle memorie. Nel 2002, con un atto di straordinario coraggio, gli amministratori della città decidono di abbatterla e di costruire nuove metropolitane modernissime in grado di rispondere alle esigenze di mobilità dei citta-
dini. È una rivoluzione lunga quasi 6 km che fa riaffiorare l’antico tracciato del fiume. Nel settembre del 2005, dopo appena 2 anni di lavoro – una vera inezia se si pensa alla portata delle opere – il cuore della città è modificato e ora i cittadini dispongono di uno spazio pubblico di grande qualità. Il problema della mobilità attanaglia molte città ed è gestito diversamente da caso a caso. Particolare è la situazione di Hong Kong, che si estende su un’area relativamente piccola di circa 1.100 kmq sulla quale abitano circa 7 milioni di persone, per una densità abitativa di 6349 ab/kmq. La densità di veicoli è la più alta tra le città asiatiche, raggiungendo la cifra impressionante di 285 vetture per km di strada. Ma la motorizzazione privata è l’eccezione piuttosto che la regola, essendoci solo 57 auto per 1000 abitanti. Attualmente oltre il 90% degli spostamenti quotidiani sono effettuati grazie al trasporto pubblico. Autobus e ferrovie spostano più di 7 milioni di passeggeri al giorno. La città è servita da una gran varietà di mezzi di trasporto: treni, autobus, minibus, taxi, traghetti e tram. La peculiarità di Hong Kong è la sua rete di para trasporto: piccoli autobus che sono utilissimi nello scoraggiare l’utilizzo dell’auto e nell’aumentare l’efficienza del parco veicoli.
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Ci sono infatti circa 4350 minibus pubblici a 16 posti. Questa modalità di trasporto, nata informalmente, venne legalizzata nel 1970. I veicoli sono di solito di proprietà individuale e riescono a trasportare circa 1,8 milioni di passeggeri al giorno, equivalenti al 16% del mercato del trasporto pubblico.
cura sia per il trasporto motorizzato che per quello non motorizzato. Gli indicatori chiave includono lo sviluppo del trasporto ciclabile, l’accessibilità delle stazioni della U-Bahn e della S-Bahn e l’incidentalità stradale riguardante gli utenti vulnerabili (pedoni e ciclisti). I dati sulla ciclabilità segnalano un sensibile incremento degli utenti negli anni recenti. Dal punto di vista ambientale, la politica dei trasporti si è appuntata sulle questioni dell’inquinamento acustico e atmosferico oltre che sull’uso equilibrato dello spazio stradale. L’incremento del servizio ferroviario di alta velocità per Lipsia e Amburgo ha consentito di ridurre il trasporto aereo con queste città migliorando il bilancio ambientale. Masdar City ci proietta nel futuro. Progettata da Norman Foster e costruita ex novo nei pressi di Abu Dhabi secondo l’architettura tipica delle medine arabe, ambisce ad essere, con i suoi 50 mila abitanti, la prima città al mondo a impatto zero. Uno dei tratti che distinguono invece Ber- Consumerà energia che al 90% arriverà lino da altre grandi città (ha raggiunto i 3,5 da una centrale fotovoltaica ampia 21 etmilioni di abitanti) è il basso tasso di moto- tari, costruita appena fuori città. Le strade rizzazione (317 auto per 1.000 abitanti nel saranno progettate in modo da favorire 2008). Dal punto di vista sociale la politica gli spostamenti a piedi e in bicicletta o dei trasporti si è focalizzata sull’offerta di con metropolitane automatiche e Persoopportunità di mobilità competitiva e si- nal Rapid Transit, lussuosi veicoli elettrici
a quattro posti senza conducente, indirizzati lungo piste disseminate di sensori magnetici e capaci di condurre i passeggeri alla stazione di arrivo. Ma come è possibile coinvolgere attivamente i cittadini nella trasformazione della città? Il crowdsourcing (le piattaforme
social–oriented) può, attraverso il coinvolgimento dei cittadini, migliorare la gestione e la qualità dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione. L’open government è un mercato che sta coinvolgendo gli imprenditori che credono nella forza propulsiva del social web, nella ca-
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pacità democratica dei cittadini e nella lungimiranza degli amministratori pubblici. New York dopo alcune esperienze di successo del passato, si sta affidando al crowdsourcing attraverso la piattaforma web Give a minute, nata lo scorso novembre e inizialmente usata nelle città di Chicago e Memphis. L’idea alla base di giveaminute.info è molto semplice: i cittadini sono invitati a rispondere a domande semplici e dirette relative ai servizi pubblici offerti, alla vita in città e a come migliorarla, postando idee, proposte e soluzioni direttamente sul sito, come in una bacheca virtuale. Un modo efficace di rafforzare il civic engagement e favorire il dialogo tra cittadinanza e pubblica amministrazione. Dopo Chicago (dove la call riguardava il miglioramento dei mezzi pubblici di trasporto) e Memphis (dove invece si chiedeva ai cittadini quale competenza avrebbero voluto sviluppare in maniera professionale), ora è il turno della città che non dorme mai. Il progetto, che fa parte del Planyc (il programma lanciato con la Giornata della terra 2007 che vuole trasformare New York nel campione americano dello sviluppo sostenibile), chiederà ai cittadini di contribuire con idee e soluzioni per rendere il proprio quartiere
più green. Le proposte, che potranno pervenire sul sito Give a minute, o via Facebook e Twitter, saranno poi visionate dai responsabili di progetto della Pubblica Amministrazione; le persone con idee e proposte simili saranno poi riunite in gruppi di lavoro orientati alla ricerca di
Sud Corea (3,6 milioni di abitanti) e punta entro il 2014 a fornire ai cittadini una serie di servizi, mobili e condivisi, diretti a migliorare la mobilità urbana, l’impatto delle distanze, la gestione dell’energia e le condizioni generali di sicurezza. I pilastri su cui si basa l’iniziativa sono il cloud e le tecnologie mobili: il primo fornisce l’infrastruttura, la potenza di calcolo, la dinamicità e la flessibilità necessarie per gestire una mole di dati così ingente e verso la quale stanno migrando le tecnologie dei partner Cisco in The Smarter City. Questo progetto mira a integrare tutti gli aspetti di gestione di una città, quali il traffico, la sicurezza o i servizi ai cittadini, all’interno di una infrastruttura ICT comune e a ottimizzare nel contempo gli interventi di manutenzione, grazie alla possibilità di conoscere il traffico in tempo reale o altri servizi (fatturazione, verifica consumi, ecc.) con il supporto delle tecnologie mobili. Ogni città ha un suo vissuto particolare al soluzioni fattibili. In seconda battuta, le quale è necessario rivolgere la massima idee potrebbero essere sostenute dalle attenzione per rispondere alle esigenze e risorse che la città stessa mette a dispo- ai desideri dei cittadini con modalità adesizione (creazione di comitati di quartiere, guate, semplici, a volte provocatorie. supporto tecnico nella realizzazione del Il professor Antanas Mockus, insegnante progetto, attività di fund raising). di matematica e filosofia a Bogotá, stava Busan è la seconda città più grande del cercando di parlare a una infuocata as-
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semblea di studenti che contestavano il sistema universitario presso l’aula magna dell’Università di una città dove agli incroci ci si sparava addosso per stabilire chi avesse la precedenza. Non riuscendoci, decise di calarsi i pantaloni e le mutande e di mostrare il sedere agli studenti che ammutolirono... Il professore venne espulso dall’università per comportamento disdicevole. Si arrabbiò e decise di presentarsi alle elezioni con un partito dal nome assurdo: Partito visionario. Le vinse. Bisognava far diminuire la criminalità che aveva proporzioni spaventose: nel corso del 1997 a Bogotá si registrano 4.500 omicidi, più di 12 morti al giorno, a fronte di una popolazione di poco più di 5 milioni di persone. Era fra le città più pericolose del mondo. Mockus cominciava dal traffico. Nessuno si fermava ai semafori. Il sindaco agì in modo inaspettato e stupefacente. Una mattina gli automobilisti di Bogotá trovarono i semafori presidiati da gruppi di clown che piangevano a spruzzo se non ci si fermava col rosso e danzavano e offrivano fiori se si rispettavano le precedenze. I clown utilizzavano cartoncini con disegnato sopra il pugno con il pollice in alto nel gesto di OK o verso il basso per la disapprovazione! Molti ini-
ziarono a imitarli. E ben presto si scoprì che i bogotesi temevano più le prese in giro dei clown e degli altri automobilisti delle multe dei vigili. Il traffico migliorò e nel giro di una settimana crollò il numero degli omicidi. Intanto Mockus raddoppia il numero dei mezzi pubblici e trasforma la
raccolta dell’immondizia in una risorsa per i più poveri: cibo, medicine e libri in cambio di rifiuti suddivisi. Così la macchina inefficiente di raccolta dell’immondizia, grazie a sistemi di riciclo e di valorizzazione, fornì lavoro per migliaia di persone attraverso una micro-organizzazione del servizio.
Alla fine degli anni ’90 Bogotá soffoca nel traffico con un sistema di trasporto pubblico vecchio, lento, inquinante. Al sindaco Peñalosa perviene una proposta giapponese per costruire autostrade urbane a pedaggio a due piani. Il sindaco rifiuta, rinuncia anche alla costruzione del metro e propone un sistema di autobus articolati in corsie riservate, denominato Transmilenio. Con la stessa cifra e in soli due anni costruisce una rete dieci volte più estesa. Nelle periferie dove non arriva, realizza spazi per parchi, piste ciclabili. Così le biciclette permettono a chiunque di arrivare in centro e partecipare alla vita urbana. È un mezzo miracolo. Enrique Peñalosa sostiene che nel suo Paese le piste ciclabili non sono una infrastruttura di trasporto, ma un monumento alla dignità umana.
P.11 Curitiba Ph Thomas Locke Hobbs Creative Commons P.12 Singapore Ph Chris Young 43 Creative Commons P.13 Hong Kong Ph dcmaster Creative Commons P.13 Berlino Ph Daniele Garella P.14 Masdar City Ph gwire Creative Commons P.14 New York Ph SheepGuardingLlama Creative Commons
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Orta Water Il pianeta è assetato, l’acqua è un bene primario dal cui diritto nessuno può essere escluso, eppure più di un miliardo di persone subisce passivamente la mancanza di accesso all’acqua potabile. Canoe e Api Piaggio trasformate in depuratori e trasportatori motorizzati, biciclette e carrelli da spingere a mano che possono arrivare ovunque. Acqua da prendere con secchi, bottiglie, taniche, borracce. Progresso o regresso? Futuro dei Paesi tecnologicamente avanzati e piaga della sopravvivenza di Paesi in via di sviluppo senza leggi di difesa ambientale. Problemi che da locali diventano universali. Lucy + Jorge Orta
Orta Water - Portable water fountain 2005 Struttura in acciaio, barile per l’acqua, 3 salvagenti serigrafati, tubo di rame, secchio, rubinetti, 33 bottiglie 180 x 190 x 50 cm / 10 kg Courtesy: GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Le Moulin – Foto: Gino Gabrielli
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Orta Water - Urban intervention unit 2005 APE 50 Piaggio, struttura d’acciaio, 15 salvagenti serigrafati, 9 secchi, 8 rubinetti 250 x 320 x 200 cm / 50 kg Courtesy: GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Le Moulin – Foto: Gino Gabrielli
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Orta Water - Mobile intervention unit 2005 Triciclo messicano per il trasporto, struttura di metallo, 5 lavandini, tubo di plastica, vetro, salvagente, 2 caraffe di vetro, 2 taniche 180 x 140 x 100 cm (tricycle) / 50 kg Courtesy: GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Le Moulin – Foto: Gino Gabrielli
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Orta Water - Fluvial intervention unit 2005 Canoa canadese in legno d’acero, struttura di acciaio, circuito idrico, guanti, 4 secchi, 4 casse, 4 bidoni per l’acqua, 2 taniche, 4 borracce, tubi e rubinetti in rame, audio mp3, casse acustiche, 24 bottiglie Orta Water 260 x 510 x 120 cm / 80 kg Courtesy: GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Le Moulin – Foto: Gino Gabrielli
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Orta Water - Urban Life Guard 2005 vari oggetti Orta Water, poliammide rivestito in alluminio, salvagente gonfiabile, PU rivestito di poliammide, fermagli, stoffa, serigrafia, stampa 180 x 270 x 290 cm Courtesy: GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Le Moulin – Collezione: E. Righi – Foto: Gino Gabrielli
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Torino Smart City Costruire una città intelligente significa coinvolgere la ricerca, l’impresa e il sistema città. La partecipazione al bando europeo Building con Monaco, Porto e Kaunas: le città si raccontano Mauro Marras
Disegnare il futuro di Torino: è l’ambizioso progetto che la Città ha condiviso con le migliori realtà sociali e produttive del territorio nel corso di una fitta serie di incontri pubblici. La concretezza dimostrata dalle istituzioni pubbliche e private nel fare squadra per valorizzare le risorse artistiche e culturali e farne il volano di un nuovo sviluppo economico, messa in campo negli ultimi dieci anni, ha avuto successo; lo stesso impegno ‘sodale’ ora si manifesta nel progetto Torino Smart City. I fondi che l’Unione Europea dovrebbe stanziare nei prossimi anni a favore delle città che intendono adottare tecnologie per l’efficientamento energetico sono solo uno stimolo e non lo scopo del progetto. Torino, con o senza fondi comunitari, vuole affrontare il suo futuro con una nuova visione che ponga la sostenibilità al centro del proprio modello di produzione e di consumo. Una città intelligente, attraverso l’innovazione tecnologica, riesce a spendere meno e meglio senza abbassare la quantità e la qualità dei servizi forniti a cittadini e imprese. Investe in innovazione per consumare e inquinare meno. Sostiene la mobilità dei cittadini con un’efficace rete
di trasporti che non impatta sull’ambiente e riduce la necessità dell’auto privata. Estende i diritti di cittadinanza attiva con il pieno accesso ai servizi pubblici e all’informazione, attingendo alle opportunità offerte dalla digitalizzazione degli sportelli. Torino Smart City vuole essere tutto questo. “Noi pensiamo che il vero orizzonte da raggiungere, quando si parla di Smart City – ha affermato l’assessore all’Ambiente della Città, Enzo Lavolta – sia quello di ridisegnare la città, anzi, l’area metropolitana perché è su questa scala territoriale che si possono cambiare le cose. L’obiettivo è definire un nuovo modello di sviluppo, sia sociale sia economico, credibile e fatto di interventi che siano in grado di incidere sulla vita della città”. Già un anno fa il Consiglio comunale approvava il Tape - Turin action plan for energy, un programma di riduzione delle emissioni di CO2 del 40% entro il 2020. Il piano è stato redatto dalla Città a seguito dell’adesione al Patto dei Sindaci, iniziativa della Commissione europea che anticipava l’intenzione dell’Ue di stimolare un cambio di mentalità nelle amministrazioni comunali in linea con le indicazioni del pacchetto clima-energia
20-20-20 adottato dall’Ue nel 2007. Indica i passi che la Città si è impegnata a compiere per raggiungere l’obiettivo di riduzione che è oggi al centro del progetto Torino Smart City. I filoni più importanti sono l’estensione del teleriscaldamento, il Piano urbano di mobilità sostenibile (Pums) e l’efficientamento energetico degli edifici, ma il documento contiene 51 diverse azioni nei settori edilizia e terziario, industria, trasporti, produzione locale di energia elettrica, pianificazione territoriale, acquisti pubblici ecologici e coinvolgimento degli stakeholder. Un manuale operativo, più che un breviario delle buone intenzioni. Torino Smart City non è solo 40% di riduzione di emissioni di CO2; è saper coinvolgere la ricerca, le industrie, le imprese e il sistema città nel suo complesso attraverso un nuovo modello di governance. Le prime tre call dell’Ue sono state pubblicate a luglio con scadenza 1 dicembre e la Città ha risposto con due importanti progetti in partnership con altre città europee. Torino Smart City concentra la sua attenzione sulle periferie: il focus del progetto sarà inizialmente su Torino Nord. In particolare su Barriera di Milano, dove è già in
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pieno svolgimento il progetto Urban Barriera (45 milioni di euro per interventi di rigenerazione urbana) e la Variante 200, che prevede nuove urbanizzazioni e la costruzione del primo tratto della linea 2 della metropolitana tra corso Vigevano e il Passante ferroviario. Ma anche il centro cittadino avrà una parte importante: è in corso di valutazione un piano di efficientamento energetico degli edifici al fine di sostenere, attraverso lo strumento della ESCo, la sostituzione degli impianti di riscaldamento obsoleti. L’apertura il 15 ottobre scorso della nuova centrale di cogenerazione Torino Nord è un ulteriore passo nell’estensione del teleriscaldamento a tutta la città: consente di riscaldare una volumetria di 18 milioni di metri cubi, corrispondenti a circa 180mila persone. Sono già avviate le procedure per l’estensione all’area Nord Est, che porterà il servizio ad altri 150mila abitanti. Torino è capofila del partenariato che ha risposto alla call Heating&Cooling che vede coinvolte Lione, Budapest, Monaco e Porto, e ha affidato il coordinamento scientifico al Politecnico. Obiettivo ambizioso di Torino Smart City è l’efficientamento energetico degli edi-
fici esistenti. Il recente workshop Smart Building in Torino Smart City promosso con Ordine e Fondazione Ordine degli Architetti, Politecnico, Ance Torino e Unione Industriale di Torino ha evidenziato le enormi potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. Le case popolari di via Cravero, in piena zona di trasformazione della Variante 200, sono al centro della partecipazione di Torino alla call Buiding, in partnership con Monaco e Porto: una riqualificazione energetica delle case Atc già cofinanziata con contributo regionale (Por-Fesr, Programmi operativi regionali). La partecipazione al bando europeo è coordinata da Environment Park. Anche sul fronte dei trasporti Torino si è data ambiziosi obiettivi. Il Pums contiene un pacchetto di proposte per un trasporto collettivo più competitivo e fruibile (intermodalità nei nodi di interscambio e in prossimità delle stazioni e del sistema tangenziale, nuove vie e corsie riservate, uffici e attività economiche con minori tempi di percorrenza) ponendosi l’obiettivo di raggiungere il 50% degli spostamenti realizzati utilizzando il trasporto pubblico. Nella stessa direzione si ‘muove’ – è il caso di dirlo – il progetto Tpm, Trasporto
pulito delle merci, che ipotizza una rete di hub merceologici per conferire le merci ai negozi con automezzi elettrici, recentemente concordato con le associazioni di categoria dei commercianti. Torino Smart City comporta un forte impegno di risorse economiche che dovranno pervenire, oltre che dai futuri bandi europei, da nuove formule di partnership tra pubblico e privato. In questo senso, la Pubblica Amministrazione deve porsi come facilitatore di processi di trasformazione che rendano interessante e conveniente l’investimento dei privati sul proprio territorio. L’Amministrazione deve anche individuare nuovi interlocutori offrendo, ad esempio, porzioni di territorio per sperimentare nuove soluzioni. L’obiettivo è di ridisegnare i rapporti con le realtà sociali, economiche e culturali, attraverso la definizione di nuove ‘regole d’ingaggio’. Per far questo, la Città potrà contare su uno strumento innovativo realizzato in collaborazione con Csi Piemonte: un ‘cruscotto’ on line che avrà il compito di essere un’interfaccia per tutti i soggetti che saranno coinvolti e di fare partecipi attivamente i cittadini nella trasformazione della loro città.
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Monaco L’adesione alla call europea per il miglioramento delle performance energetiche degli edifici, da parte della Città di Monaco insieme alle altre Città partner, ha come obiettivo quello di promuovere sistemi di risparmio energetico efficienti. Favorendo lo scambio reciproco di conoscenze tra i partner, la call permette un'efficiente pianificazione degli interventi, garantendone la loro implementazione. Al momento della redazione di questo articolo, c'è solo un primo concept per la call europea sul Building, che dovrà comunque essere verificato. Il bando europeo prevede che le candidature dimostrino in che modo realizzare i processi di rinnovamento degli edifici esistenti in una chiave di risparmio energetico e come tali processi possano essere replicati facilmente e velocemente. Inoltre è riposta grande attenzione da parte della Comunità europea all’informazione e alla sensibilizzazione della popolazione sui temi del risparmio energetico e della riduzione delle emissioni di CO2. La città di Monaco con i suoi partner intende mostrare come accelerare il processo di rinnovamento degli edifici, concentrando l’attenzione sulle modalità di individuazione delle soluzioni ideali per ogni singola proprietà, in funzione delle caratteristiche specifiche, attraverso uno strumento di analisi chiamato ‘Energy Efficiency Consultancy Tool’ (EeCo-Tool). Questo strumento potrebbe rappresentare un metodo nuovo e molto più veloce per raggiungere gli obiettivi dell’Europa nel 2020 rispetto al metodo classico senza strumenti ausiliari. L’EeCo-Tool potrebbe costituire un'applicazione innovativa in grado di offrire una prima indicazione per i proprietari per valutare la fattibilità del rinnovamento e
fornire una sintesi olistica per gli esperti. Questo tipo di software già esiste in linea di principio, ma manca uno strumento di assistenza della città che tenga in considerazione anche i vincoli e gli strumenti di finanziamento per ciascun caso specifico. L’ampiezza dell'attuale numero di opportunità e di agenzie di finanziamento e di tipologie di politiche, leggi e finanziamenti, rallenta la velocità del processo decisionale e quindi del rinnovamento degli edifici. Con questo strumento invece si troverà rapidamente e facilmente la soluzione più efficiente. Per avviare il processo di valutazione, il primo passo consiste nell’analisi delle informazioni essenziali di base, considerando le specificità dei singoli Paesi come i requisiti per l’ottenimento di sovvenzioni e i modelli di business e di finanziamento esistenti. Bisogna poi creare una mappatura degli edifici sostenibili delle città, ad esempio sintetizzando i dati provenienti dal settore pubblico e da aziende di pubblica utilità. È necessario inoltre illustrare la tipologia dell’edificio su cui si intende avviare la ristrutturazione, descrivendo la struttura di proprietà, e individuare gli attori operanti nel settore energetico, come corporazioni, sindacati,… Dopo l'analisi, inizia la fase di sintesi dei dati disponibili sulla struttura dell’edificio (l’involucro edilizio, l’infrastruttura energetica e la tecnologia costruttiva e gli assetti proprietari). Questi dati sono abbinati dando vita ad uno strumento che può aiutare l'utente finale e gli specialisti nel processo decisionale e nel trovare le migliori soluzioni per ogni progetto di ristrutturazione in tempi molto brevi, considerando anche il punto di vista finanziario. L’EeCo-Tool, nel proporre una soluzione, considera infatti variabili come i fondi disponibili, i regolamenti e le leggi, la categoria dell’edificio e le sue dimensioni e la possibilità di includere la fornitura di energia; la selezione viene effettuata sulla base dei seguenti parametri: la convenienza economica, in base al rapporto costo-efficienza, l’impatto sull’ambiente, in funzione del rapporto costo-riduzione di CO2 e il numero di kWh per mq rispar-
miati in un anno, generando una graduatoria tra le diverse opzioni di intervento. In questo modo lo strumento è in grado di indicare il business plan più adeguato allo specifico contesto. A seguire, un piccolo esempio e una panoramica riassuntiva dei dati necessari per la valutazione dell'efficienza energetica nei casi di ristrutturazioni.
L’involucro edilizio a. Criteri di selezione dei materiali: ´´ ´´
ciclo di vita sostenibilità
b. Uso intelligente dei materiali: ´´
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utilizzo di collettori solari per l'isolamento anteriore (passivo e attivo) vetri innovativi tetti ad alta efficienza energetica soffitti ad alta efficienza energetica
La tecnologia dell’edificio a. Ottimizzare la tecnologia esistente: ´´
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regolazione idraulica degli impianti di riscaldamento ottimizzazione dei sistemi di controllo
b. Rinnovamento della tecnologia: ´´ ´´ ´´
strumenti per sistemi di controllo pompe sistemi di riscaldamento e raffreddamento a biomassa, energia geotermica o tramite l’implementazione di centrali di riscaldamento con microgeneratori di corrente (micro-CHP) per produrre energia elettrica e calore per appartamenti e case di piccole dimensioni
c. Integrazione di tecnologie innovative: ´´ ´´
sistemi solari termici realizzazione di sistemi di cogenerazione
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La candidatura all’Unione europea deve prevedere anche lo sviluppo di modelli di business plan innovativi per le città, soprattutto per i quartieri con strutture di proprietà mista. Sulla base dei risultati della mappatura energetica degli edifici urbani e delle analisi condotte attraverso l’EeCo-Tool, nuove tecnologie e nuovi materiali possono essere implementati in modo più veloce e più efficiente nelle città europee, e nuovi modelli di business plan per il rinnovamento di edifici residenziali consentono di completare il processo di ristrutturazione, indicando le soluzioni di finanziamento più veloci e convenienti. L'obiettivo di questo progetto è l’alta replicabilità. Per garantire la diffusione e lo sviluppo del l’EeCo-Tool, consentendo quindi il raggiungimento dell’obiettivo della replicabilità imposto dalla call, sono significative le seguenti iniziative. Innanzitutto è fondamentale creare una piattaforma web, neutra e dinamica per lo scambio di informazioni tra tutti i partecipanti. Quindi bisogna implementare e promuovere l’EeCo-Tool, affinché, in futuro, le soluzioni possano essere trovate rapidamente e facilmente. Infine si intende raggruppare e connettere reti esistenti e coinvolgere i comitati di quartiere nella sensibilizzazione della popolazione, rispondendo alla seconda delle richieste europee. Inoltre la Città di Monaco ha aderito ad un progetto di lavoro sul tema della call Heating&Cooling insieme con le altre città partner e con Torino come capofila. Il progetto da presentare all'Unione europea dimostrerà come ottenere l'ottimizzazione delle reti esistenti di riscaldamento e raffreddamento e l’importanza dell'apertura al settore dell'energia geotermica. Si mostrerà anche l'efficienza del CHP (Combined Heat and Power), il sistema combinato di produzione di energia elettrica e calore e delle tecnologie di assorbimento significativo e durevole. La visualizzazione del flusso di energia attraverso il monitoraggio è utile per la creazione di consapevolezza e per la supervisione tecnica. Una denominazione esatta dell'oggetto e dei partner è ancora in fase di definizione.
Porto La città di Porto si trova sulla costa temperata del Nord del Portogallo, dove uno dei più grandi fiumi della penisola iberica, il Douro, incontra finalmente il mare. Abitata fin dalla preistoria, i margini scoscesi della foce del Douro sono diventati il centro di un'area metropolitana di quasi due milioni di persone. Lo stesso Comune ha una popolazione permanente di 300.000 persone, che ogni giorno raddoppia grazie all'afflusso di pendolari e visitatori tra cui un numero crescente di stranieri. Importante città industriale nel passato, ora rappresenta una centralità nel settore dell'istruzione, della cultura, del commercio e dei servizi. Porto ha abbracciato la sfida di reinventare se stessa come una smart city del futuro. Sta muovendo i primi passi nella direzione di un potenziamento della connettività, accelerando la diffusione delle tecnologie ICT (internet, wireless, ...) e attraverso la promozione di opzioni di mobilità pulita, veloce e moderna, tra cui una grande quota di autobus urbani alimentati a gas naturale e un nuovo sistema di metropolitana, che ha fortemente ridotto l'uso di carburanti per i trasporti. In quanto firmataria del Patto dei Sindaci, un'iniziativa a carattere volontario promossa dalle politiche europee, Porto ha adottato una strategia per la sostenibilità e promulgato un Piano di Azione per l'Energia Sostenibile (SEAP, Sustainable Energy Action Plan), già approvato dalla Commissione europea. Considerando la matrice energetica del 2004 di Porto come punto di partenza, SEAP riconosce la quasi totale assenza dell’industria in città, la prevalenza del patrimonio edilizio nella determinazione della domanda di energia e la preponderanza di energia elettrica come vettore energetico finale. Riconosce inoltre la pro-
fonda necessità di un processo di riqualificazione del patrimonio edilizio del centro storico (sito inserito nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Unesco) e in gran parte del centro storico. Di conseguenza, le caratteristiche principali del SEAP di Porto sono: approfittare dei programmi di ristrutturazione dell'edificio per migliorare il rendimento energetico e ridurre il fabbisogno energetico di calore, garantendo comfort attraverso sistemi passivi economicamente efficaci; eliminare gradualmente l'uso di energia elettrica per il riscaldamento passando al gas naturale, il combustibile fossile più pulito a disposizione per la transizione; creare una rete di distribuzione urbana basata sulla cogenerazione per fornire servizi di riscaldamento e raffreddamento per i principali edifici commerciali e istituzionali nel centro della città.
Kaunas La città di Kaunas sorge alla confluenza dei fiumi Neris e Nemunas in Lituania e nel XV secolo si sviluppò come città fluviale e commerciale, come luogo di transito dei commerci di ambra, pellicce, cereali, manufatti in legno e moltissime altre merci, destinate ai mercati dell’Europa centrale ed orientale. Ex capitale e importante centro culturale e artistico, dopo la seconda guerra mondiale ebbe anche un sviluppo di tipo industriale che determinò una trasformazione urbanistica radicale, con la creazione di enormi quartieri residenziali, dove si stabilirono le famiglie degli operai. Oggi è un vivace centro universitario, sede di alcuni dei più importanti atenei della Repubblica Baltica. La Città di Kaunas ha proposto, alla stregua del progetto torinese, la riqualificazione energetica di un quartiere di edilizia popolare, con l'utilizzo di fonti di energia alternativa e interventi di efficientamento degli edifici.
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Via Cravero 1947-2016
Ph © Simona Patria - Facciata in via Cravero, novembre 2011
Dalle case per i senzatetto allo smart district. Un quartiere edilizio anonimo, costruito in fretta, si riscatta Ferruccio Doglione
Chi percorre l’asse di via Sempione, che corre accanto alla trincea ferroviaria di scalo Vanchiglia, incontra via Cravero subito dopo il ‘curvone’ disegnato dai binari, quando si lasciano a destra il corso Regio Parco. Là si trova un complesso edilizio, omogeneo, riconoscibile, ma, rispetto ad altre zone popolari molto simili, scarsamente connotato. Senza un nome. Un’area dignitosa, ma sicuramente poco smart. Costruita a tempo di record nel 1947 da un’Amministrazione comunale ancora alle prese con l’urgenza di dare un tetto a chi l’aveva perduto sotto i bombardamenti, è rimasta tale e quale fino a oggi, appena toccata negli anni da parsimoniosi interventi di manutenzione. Undici palazzi di cinque piani in linea, puliti e ben tenuti, circondati da aiuole verdi, isolati dal resto della città dai binari di scalo Vanchiglia. E proprio qui, a due passi dal tracciato della futura linea 2 della metropolitana, si gioca un’importante scommessa: la trasformazione di un intero quartiere di edilizia popolare, costruito con standard energetici antiquati, in un moderno distretto nearly zero energy. Atc Torino, proprietaria dell’area, ha già progettato nel quartiere un intervento sistematico di riqualificazione energetica, grazie al Piano operativo regionale della Regione Piemonte, che permetterà di finanziare il 70% dei lavori (il 30% in autofinanziamento). La riqualificazione prevede l’isolamento del sottotetto, la sostituzione degli infissi esterni, la sostituzione degli impianti di riscaldamento attuali con l’allaccio a una rete locale di teleriscaldamento – realizzata con una ESCo, che servirà anche i vicini edifici di corso Taranto, garantendo importanti economie di scala –, l’installazione di nuovi impianti di acqua calda centralizzata, assistiti da pannelli solari
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termici e contabilizzatori di calore in tutti gli appartamenti. A seguito di questi interventi, si stima che il consumo energetico possa attestarsi intorno a 150 kWh/mq per anno. Ma per diventare uno smart district, serve altro: un lungo elenco di lavori, da realizzare in parte con i finanziamenti derivanti dalla partecipazione al bando Smart Building, nell’ambito del VII programma quadro, e in parte grazie alla cooperazione con altri soggetti pubblici e privati disposti a condividere questa sfida. L’ipotesi di intervento su cui Atc Torino sta lavorando, in collaborazione con gli esperti di Environment Park e del Politecnico di Torino, ha l’obiettivo di raggiungere un consumo finale del complesso di 30-50 kWh/mq per anno, considerato un valore realistico di nearly zero energy a condizioni di ‘costi ragionevoli’, come specificato dalla direttiva Europea EPBD (Energy Performance Buildings Directive). Le soluzioni tecniche individuate per la partecipazione al bando Smart Building ipotizzano di agire su tutti gli 11 edifici del complesso. Si prevede innanzitutto la realizzazione di una centrale a metano di integrazione al comparto del teleriscaldamento con un sistema a energie rinnovabili che utilizzi pompe di calore, impianti solari termici o fotovoltaici. Il sistema basato sull’uso di pompe di calore ad alta temperatura è in grado di fornire il delta termico tra il flusso di ritorno della rete oggi prevista (60°C) e la temperatura di mandata (90°C), pari a 30°C. In alternativa possono essere utilizzate pompe geotermiche orizzontali o verticali, oppure impianti aria-acqua (alimentate a CO2 ) ad alto rendimento o, ancora, l’oceano termico delle acque reflue fognarie
a garantire soprattutto un contenimento dei costi. La potenza stimata per questa tipologia di impianti è di 90-130 kW. L’integrazione attraverso impianti solari termici, a servizio e integrazione della pompe di calore, avviene attraverso l’installazione di pannelli sulle facciate verticali esposte a sud degli edifici. È allo studio l’uso di pannelli piani e di concentratori in grado di aumentare il contributo solare al riscaldamento. Per soddisfare i consumi elettrici delle pompe di calore e dell’impianto di integrazione, si può inoltre ricorrere a un impianto fotovoltaico opportunamente dimensionato: le falde a ovest del tetto consentono di installare una potenza di circa 100 kW. È possibile valutare anche l’uso di pannelli combinati fotovoltaico-termico, posizionati sulle facciate sud degli edifici. Grande attenzione è riservata all’isolamento dei fabbricati, per cui si prevede la cappottatura dell’involucro opaco degli 11 edifici, con polistirene dello spessore di 10 cm, e sono da individuare anche le giuste soluzioni per le pareti di affaccio su spazi non riscaldati. Un sistema informatico BIM (Building Intelligent Modeling) sarà il cuore del sistema di monitoraggio e gestione energetica del complesso oltre che della sua manutenzione, ipotizzando anche l’installazione di sistemi domotici di controllo dei consumi energetici. Si farà ovviamente ricorso a materiali maggiormente performanti e sostenibili, per cui, relativamente all’illuminazione degli spazi comuni degli edifici e delle aree esterne, si sostituiranno i corpi illuminanti e le lampade oggi in uso con un sistema a basso consumo e, in alcuni appartamenti e spazi comuni, saranno testati nuovi materiali edili innovativi, quali vernici termiche e intonaci in-
tegrati con PCM (Phase Change Materials). Il progetto prevede inoltre di sperimentare sistemi di stoccaggio elettrico e smart grid locale attraverso un sistema di accumulo locale dell’energia elettrica prodotta dal fotovoltaico in periodi di riduzione dei consumi e riutilizzo locale differito, ad esempio per l’illuminazione notturna; è allo studio l’uso di batterie o, in via sperimentale, di idrogeno. Lo stoccaggio potrebbe inoltre servire per alimentare veicoli elettrici. Tra gli interventi che si intendono adottare a favore degli inquilini, si possono annoverare la fornitura di lampade a risparmio energetico, il collegamento della lavatrice e lavastoviglie alla rete dell’acqua calda sanitaria alimentata a solare, l’uso di ciabatte per il controllo degli stand by, la sostituzione degli elettrodomestici con apparecchi a basso consumo energetico, nonché azioni di informazione e sostegno all’adozione di comportamenti energetici efficienti. Sarà inoltre messa in atto una campagna di sensibilizzazione sul riuso delle acque meteoriche per l’irrigazione degli spazi verdi e la realizzazione di compostiere di condominio per ottenere una riduzione dei rifiuti e dei consumi idrici. Sul versante dei costi, infine, va detto che il solo contributo del bando, stimabile fra i 700 e gli 800mila euro, non sarebbe in grado di coprire tutti gli interventi previsti. Per questo motivo, la sostenibilità economica potrà essere garantita anche attraverso il coinvolgimento di aziende private e in particolare di ESCo. Le imprese, individuate nel corso dei lavori previsti dal progetto, prenderanno in carico in tutto o in parte la realizzazione di alcune opere e impianti, a fronte del riconoscimento di quote di incentivi o di tariffe per l’uso dei servizi.
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La piattaforma Torino Smart City 6 tavoli di lavoro per discutere di smart carbon nella pianificazione e nel partenariato pubblico-privato, smart community nelle strategie di coinvolgimento della cittadinanza e del sistema educativo e smart retrofit negli strumenti economico-finanziari e nei cantieri a basso impatto ambientale
Quale piano strategico per Torino Smart City? Per delineare e sostenere una ‘visione’ integrata della città futura è inevitabile una pianificazione strategica di area vasta. Una città smart non è semplicemente la sommatoria di azioni smart. Pier Giorgio Turi Partecipanti Focus Carlo Alberto Barbieri - INU Istituto nazionale urbanistica, Riccardo Bedrone - OAT Ordine Architetti Torino, Marco Beltrami - IBM Smart City Unit, Roberto Bocca - World Economic Forum, Gianfranco Fiora - Provincia di Torino, Daniela Grognardi - Città di Torino, Pierpaolo Maza Unione dei Comuni Nord Est Torino, Rossella Panero - 5T (Torino, tecnologie, telematiche, trasporti, traffico), Ippolito Ostellino - Ente Parco Po tratto torinese/Cabina di Regia progetto Corona Verde, Federico Menaldo - Collegio Costruttori ANCE Torino, Elisabetta Ponte - GTT Gruppo torinese trasporti Coordinatore Pier Giorgio Turi, Fondazione OAT
Il Sindaco nella giornata di apertura dei lavori alle OGR, dibattendo sulla Torino vista attraverso la lente delle opportunità europee smart cities, osservava come la piattaforma Torino Smart City, se interpretata nella sua potenzialità di progetto culturale per uno sviluppo sostenibile della città, poteva rappresentare l’innesco per un aggiornamento del Piano strategico di Torino. Un’ipotesi di lavoro da condividere con le forze sociali, culturali ed economiche a partire dall’esperienza maturata con il Piano strategico Torino Internazionale che, con le due edizioni del
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2000 e del 2006, ha contrassegnato le politiche urbane dell’ultimo decennio. Nell’attuale situazione di crisi economica l’Europa si propone di avviare per il 2013-2020 una strategia di rilancio dei territori che armonizzi innovazione tecnologica, connessioni infrastrutturali, forme di coesione sociale e ambiziose politiche ambientali. In questa cornice si colloca l’azione proposta per le città, contraddistinta dallo slogan smart cities. Una sfida da affrontare in modo integrato, nella consapevolezza che una Smart City non può essere il risultato d’interventi settoriali e che la somma di singole azioni ritenute smart non producono necessariamente una città smart. Da qui la necessità di un piano strategico per delineare e sostenere una ‘visione’ integrata di Smart City, soprattutto perché i paradigmi che sosterranno il futuro sviluppo urbano non saranno più gli stessi che ci hanno sostenuto fino ad ora. Inoltre per Torino questo processo non può eludere un’altra condizione ‘strategica’: l’estensione di questa visione all’area metropolitana, un percorso in parte già avviato estendendo il tema ‘piattaforma smart’ all’Unione dei Comuni Nord-Est di Torino che raccoglie le amministrazioni di Borgaro, Caselle, San Benigno, San Mauro, Settimo e Volpiano. Si tratta di affrontare, in coerenza con un nuovo contesto, un tema di area vasta che può strutturarsi su due elementi che già oggi costituiscono un primo telaio infrastrutturale a scala metropolitana: il sistema per la mobilità e quello paesaggistico. Due sistemi che sono il filo conduttore di tavoli di lavoro istituzionali da tempo avviati: l’accordo sul Quadrante Nord-Est, l’asse di Corso
Marche e il masterplan di Corona Verde. Azioni di governance che, per natura e missione, possono rappresentare da subito primi nuclei operativi da connettere e dai quali trarre indicazioni di metodo e di contenuto verso un nuovo modello di co-pianificazione integrata d’area vasta e strategica. Se da un lato il piano strategico viene considerato uno strumento essenziale per raggiungere gli obiettivi richiesti da una Smart City, dall’altro è altrettanto necessario evitare che un approccio olistico risulti troppo complesso e lungo per cogliere le occasioni offerte dalla rapida evoluzione delle politiche economiche e sociali. L’invito è dunque quello di considerare la piattaforma Smart City come acceleratore di un piano strategico ma non esserne l’obiettivo. In questa visione il piano strategico rappresenta un processo dialogico con il quale definire per Torino cosa è smart, determinando un benchmarking di posizionamento internazionale per comprendere dove ci si colloca e dove si vuole arrivare in una visione condivisa. Un piano in grado di opzionare scelte operative, concrete, con tempi certi capaci di attrarre e rassicurare potenziali investitori, dove sia chiaro il coinvolgimento degli stakeholder e con una progettualità svincolata dalla sola volontà di partecipazione ai bandi europei. Una sfida complessa e densa di relazioni per la quale è fondamentale il ruolo della Pubblica Amministrazione chiamata ad una leadership forte ed autorevole, in primo luogo dei sindaci, ed al pieno coinvolgimento della sfera amministrativa, protagonista e non contrapposta, con la consapevolezza che in altre realtà dove
questa condizione non si è prodotta la sfida ‘smart’ non è decollata. Infine per Torino un piano strategico per la Smart City potrebbe assumere anche un altro significato: riavvicinare i tanti soggetti che hanno partecipato e partecipano al piano Torino Internazionale, per rilanciare strategie in un contesto mutato, con minori risorse che andranno necessariamente meglio orientate. Per procedere alla definizione di un piano strategico ‘smart’, è necessario partire dalle eccellenze che già esistono, mettendole in luce attraverso un approccio bottom-up. Un approccio che potrebbe essere facilitato da una delle dorsali proprie delle smart cities, l’ICT, costituendo, ad esempio, una piattaforma IT che coinvolga tutti i Comuni dell’area metropolitana in un progetto innovativo di Torino Città Cloud, dove condividere informazioni ed interagire con la Pubblica Amministrazione in una dinamica di public social network. Ma sono anche altri i fattori ritenuti indispensabili per uno smart planning: il coinvolgimento dei cittadini attraverso politiche partecipative di nuova generazione, la definizione di regole chiare e trasparenti per garantire la competizione come base per lo sviluppo territoriale, l’incentivare nuove forme di ingaggio tra pubblico e privato, stabilire i propri standard di qualità per misurare in un arco temporale definito efficienza ed efficacia delle azioni promosse, costruire modelli d’intervento e sviluppare soluzioni che siano esportabili e praticabili anche in altre realtà urbane. Lavorare ad un progetto di Smart City può essere la chiave giusta per costruire un nuovo piano strategico. Un piano che segni per Torino una discontinuità di ap-
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proccio ritenuta essenziale per affrontare con nuovi strumenti culturali un periodo di cambiamento. Una prospettiva nella quale sia possibile coniugare processi di innovazione con la necessità di efficienza e dove governance sia anche capacità di raccordare le risorse disponibili con i tanti progetti pilota diffusi sul territorio, per trasformarli in un grande progetto di ‘città intelligente’, un progetto forte e distintivo di una vera Torino Smart City.
pretare smart city come progetto strategico della città per i prossimi dieci anni. È proprio questa visione integrata e organica di lungo periodo che deve essere privilegiata e per la quale si devono intercettare i fondi per concretizzarla, consapevoli che la capacità di governance giocherà un ruolo fondamentale nella costruzione del progetto e nella gestione di ciò che sarà Torino Smart City. I tempi dettati dalla partecipazione ai bandi europei hanno però favorito l’ingaggio anticipato di Torino con i suoi interlocutori, così che oggi possiamo contare su una base importante per un progetto forse non troppo attraente ma decisivo. A scala nazionale il rischio è che le smart city diventino ‘alberi di Natale’ a cui sono state attaccate troppe decorazioni ovvero tecnologie integrate verticalmente, proprietarie e chiuse, proposte dalle aziende alla pubblica amministrazione come semVisione, governance e approccio neutro. Torino plici occasioni ripetute di finanziamento, sarà una città intelligente se saprà coniugare sviluppo sociale, collaborazione tra il pubblico ma dalle quali non uscirà certo una smart e il privato, individuazione di strumenti finanziari city. Bisogna invece costruire una piattaalternativi, ricerca di soluzioni tecnologiche. forma come luogo di ingaggio tra pubA cura della redazione blico e privato, che trascini le iniziative Partecipanti Focus Franco Anzioso - Centro Ricerche FIAT, Virginia tecnologiche incastrandole in un disegno Bombelli - esperto Concerto/Covenant of Mayors, più ampio da cui discenda la tecnologia Ferruccio Doglione - ATC Agenzia Territoriale come bene disponibile. per la Casa Torino, Eugenio Gastaldo - Collegio Costruttori ANCE Torino, Carlo Novarino La piattaforma è quindi costituita da tre liFondazione Ordine Architetti Torino, Roberto velli: la visione, la governance e l’approcPagani - Politecnico di Torino, Andrea Rolando cio neutro. Politecnico di Milano, Massimo Settis - Unione Industriale Torino La sfida si vince non tanto sulle applicazioni tecnologiche, l’e-government o Coordinatore Mario Calderini, Politecnico di Torino la sanità a distanza. Occorre invece immaginare un modello di sviluppo sociale Il tema smart city si pone sotto due profili: (in cui l’inclusione, l’integrazione e la fitta da un lato la volontà di rispondere ai bandi rete di relazioni sociali siano gli elementi nei tempi brevi stabiliti dalla commissione strutturanti) e definire le modalità della europea e dall’altro la decisione di inter- collaborazione tra il pubblico e il privato
Le forme di collaborazione tra pubblico e privato
e gli strumenti finanziari alternativi (per esempio la micro finanza) per sopperire all’attuale indisponibilità di risorse economiche. Un modello bottom-up che possa contare anche su capacità di ricerca e interdisciplinarietà. La scala geografica su cui operare potrebbe essere metropolitana, purché non intesa come semplice sommatoria di comuni. Dar rappresentanza istituzionale a un sistema territoriale è esigenza imprescindibile per una piattaforma intelligente di aiuto al governo. Il progetto strategico Smart City regge se è forte il sistema locale e con una leadership pubblico-privato autorevole in grado di compiere scelte e governarne gli effetti. Il nostro territorio presenta, rispetto ad altre realtà, una situazione ideale, poiché non solo la Città, ma anche la Provincia di Torino e la Regione Piemonte hanno aderito al Covenant of Mayors, base importante di stabilità politica per una smart city. Ogni azione di smart city deve quindi avere a mente la mappa di competenze a cui si rivolge, per cui occorre pensare al welfare oltre che al sostegno delle attività produttive. Concentrarsi sul diritto di cittadinanza è cruciale anche per la competitività del progetto; una replica di modelli di smart city mutuata da altri Paesi è inutile, perché il set di problemi da affrontare è molto diverso: non solo bike sharing, lavanderie comuni, pannelli solari, ecc. ma anche problemi di convergenza di povertà e (fortunatamente) di creatività. Il coordinamento sul problema delle risorse è un altro grande tema di governance. Nei prossimi 5 anni le uniche risorse pubbliche che avremo saranno di origine europea. Devono comunque essere studiati
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strumenti low budget per interventi di micro regolazione che generino risorse. Smart City ha bisogno infine di un approccio neutro, al di là del colore delle amministrazioni che presentano il dossier di candidatura, perché è anche un’occasione per ‘far parlare la città’, le persone e gli oggetti connessi (telefoni, carte di credito, …) o non connessi tra di loro (pali della luce, asfalto, …). La smart city è allora una raccolta di dati dalla città che vengono trasformati in applicazioni intelligenti, avendo cura però di farli gestire ad aziende coinvolte nella piattaforma. La tecnologia è già disponibile e un modello partecipativo, in una logica di bottom-up, consente di intendere i servizi ai cittadini come occasione di implementazione dei dati. Un applicativo per smartphone aiuterebbe a capire come sfruttare i servizi, riferiti alla localizzazione degli utenti che possono singolarmente contribuire all’integrazione di dati relativi per esempio alla mobilità (trasporto pubblico o privato). Bisogna stabilire le regole del passaggio del conferimento di risorse, di dati da un soggetto privato (per esempio l’operatore di telefonia mobile) all’infrastruttura pubblica attraverso una governance di processo. Smart City è un grande progetto olistico, integrato, organico ma difficilmente vendibile alle imprese e ai cittadini. Occorre individuare piloti di grande successo per riuscire a catturare credibilità politica, voglia ed energia dei cittadini. Se è importante avere un progetto olistico è anche fondamentale avere una struttura snella capace di seguire le direttive e di competere nel mondo della comunità europea. È tempo di mettere in comune non
solo i problemi ma anche le opportunità: materiali e immateriali, come la cultura, il paesaggio, e di stabilire con il sistema locale obiettivi credibili che devono essere condivisi a medio periodo dal sistema della formazione, della cultura, della produzione, della coesione sociale e della gestione politica avendo smart city come elemento strutturale che consente di governare i percorsi.
Management e strumenti economicofinanziari per la riqualificazione edilizia La riqualificazione e l’efficientamento del patrimonio edilizio esistente è una delle strategie cardine dell’asse europeo sullo smart building. Quali sono le prospettive, i nuovi modelli di intervento e come coinvolgere il sistema delle proprietà fondiarie così frammentato nelle nostre città. Carlo Novarino Partecipanti Focus Giuseppe Portolese - Città di Torino, Massimo Da Vià - Environment Park Polight, Alberto Sterza - Collegio Costruttori ANCE Torino, Ivano Verra - CNA Confederazione Nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, Giuseppina Bonetto - Intesa Sanpaolo, Ester Bozza - Unicredit, Dario Vineis e Loris Mauro Casa Clima, Giovanni Nuvoli - Regione Piemonte, Nazzareno Giorgi - AGenergia srl, Giorgio Grinfone - La Maison Verte e Ecojoule, Cristina Coscia - Politecnico di Torino Coordinatore Carlo Novarino, Fondazione OAT
Il tema della riqualificazione del patrimonio edilizio esistente nel senso di una maggiore efficienza e di una più estesa funzionalità ‘smart’ ha dimensioni straordinariamente complesse sia per i numeri che vengono messi in gioco che per le profonde interrelazioni che ne contraddistinguono l’essenza. Alcuni dati rilevati dall’Enea relativamente alla produzione in Italia di gas rilevanti agli effetti dell’effetto serra possono dare un’idea delle dimensioni: oltre un terzo della produzione di CO2 è da ascrivere al riscaldamento o raffrescamento del patrimonio edilizio esistente, un valore che supera, sia pure di poco, quanto prodotto dai trasporti e, per qualche lunghezza in più, dall’industria. Incidere sulle ‘efficienze’ dell’edificato è quindi una grande sfida che sta di fronte alla nostra società e riguarda direttamente il suo modo di organizzarsi fisico e relazionale, il suo funzionamento quotidiano, le sue abitudini consolidate ed investe con forza i termini di uso e di proprietà di tale patrimonio. Una sfida quindi che riguarda le nostre città e che investe il sistema del governo delle stesse, le strategie che presidiano le loro evoluzioni, le azioni dei grandi attori che producono e gestiscono i ‘servizi’ che le alimentano e quelle dei grandi e piccoli attori che ne rappresentano i consumatori; una sfida che investe aspetti economici, politici e sociali, culture e consuetudini consolidate, una sfida che investe il sistema pubblico inteso sia come principale (anche se non unico) attore del government che come produttore o consumatore di ‘servizi’ energeticamente significativi, che riguarda il sistema privato anche qui nell’accezione di operatore economico o
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attore politico ovvero di semplice utente. La complessità del tema e le dimensioni anche economiche che lo caratterizzano richiedono forme ‘innovative’ di governement del sistema coinvolto nei programmi di ‘efficientamento’ sia sotto il profilo della rappresentanza effettiva del territorio interessato che sotto il profilo della partecipazione reale al centro decisionale di tutti gli attori interessati, siano essi economici o sociali. La definizione degli obiettivi delle azioni di ‘efficientamento’, l’individuazione delle aree interessate e l’indicazione dei tempi delle trasformazioni, la ricerca e la messa a disposizione delle risorse necessarie, le linee del governo sociale delle trasformazioni e dei loro effetti sul sistema locale sono operazioni che richiedono, fin dall’avvio, la messa in campo di capacità di cooperazione istituzionale e di collaborazione progettuale e programmatoria che trascendono dagli schemi attuali di funzionamento dei nostri sistemi locali. Il tema della ‘governance’ di un’area complessa, nel nostro caso l’area metropolitana, si pone con tutta evidenza e si accompagna alla necessaria attività di ‘cooperazione paritetica’ con altri attori, il cui elenco è assai articolato: spazia infatti dalla finanza e dal credito per giungere agli attori sociali, include le grandi società che operano sul fronte dei servizi (energetici, delle reti e delle informazioni,…), gli operatori economici, tecnici e professionali del settore. Sono quindi necessarie una attenta programmazione degli interventi, una grande integrazione verticale perché siano, per aree geografiche ‘omogenee’ e limitate, esaustivi delle trasformazioni necessarie per ‘efficientare’ l’esistente. Le esperienze che sono state prese in con-
siderazione sconsigliano, infatti, la dilazione temporale degli interventi come, ad esempio, potrebbe avvenire con il passaggio a sistemi di distribuzione del calore di interi quartieri in assenza di interventi sul sistema di ‘isolamento’ dell’involucro interessato dalla nuova fonte energetica o di rinnovo dei serramenti o ancora senza introdurre sistemi di monitoraggio e di autoregolazione del comfort locale. Interventi complessi ed impegnativi sotto il profilo tecnico ed economico e che investono problemi di natura sociale: il grande frazionamento del patrimonio edilizio delle nostre città, la presenza di proprietari con ridotte disponibilità finanziarie, lo stesso orizzonte di incertezza che caratterizza molte parti della nostra società, sono ostacoli che, in assenza di sostegni ‘significativi’ di natura pubblica, oggi non ipotizzabili, possono essere affrontati solo in presenza di molteplici strumenti ciascuno dei quali può rivelarsi idoneo per risolvere una parte dei problemi. Un ruolo fondamentale è assicurato dal sistema del credito che deve essere partecipe del progetto ed attore delle azioni di trasformazione interpretando quindi il complesso delle operazioni stesse come ‘attività innovativa’ da sostenere nel suo insieme per gli effetti positivi (gli utili) che, a regime, offrirà, a partire, ad esempio, dalla riduzione dei costi energetici. La riduzione dei costi e la maggiore efficienza del sistema generano economie, anche cospicue, che possono essere capitalizzate a sostegno dei costi iniziali dell’intervento e costituire il ritorno economico degli investimenti. È, senza dubbio, un meccanismo complesso, possibile banco di prova di appo-
site Società di intervento (qualcosa come le STU con poteri e risorse ampliate) nelle quali la presenza di organismi pubblici o simili (enti pubblici, le Atc, le cooperative di abitazione, le rappresentanze sociali,…) e di enti o organismi privati (dagli operatori grandi e piccoli sino al sistema del credito) può offrire le necessarie garanzie ai privati cittadini coinvolti dalle operazioni, sia sul fronte del ‘valore’ dell’iniziativa anche sotto il profilo sociale sia in relazione a situazioni di obiettiva debolezza economica del soggetto coinvolto. Le Società di intervento diventano, in questa logica, centri di governo dei problemi ma anche luoghi di elaborazione di programmi e strategie per la soluzione dei tanti problemi e di ‘formazione’ di nuove capacità tecniche e professionali. Le esperienze maturate in Europa, sul fronte delle trasformazioni fisiche e funzionali di grandi parti di città insegnano che un processo anche complesso può coinvolgere positivamente una platea ampia ed articolata di proprietari se si basa su una estesa e capillare informazione, se coinvolge sulle scelte di fondo gli utenti, se è chiaro che il fine dell’operazione è a vantaggio di ciascuno e se, a fronte di impossibilità oggettive, vengono attuate soluzioni di sostegno reale e concreto. Naturalmente sono molti gli aspetti che meritano un ulteriore approfondimento e che aprono a logiche di provvedimenti specifici di carattere amministrativo o fiscale: tuttavia la sfida che è stata raccolta con l’avvio del programma europeo Smart Cities non può essere rinviata: sappiamo che solo vincendola potremo contribuire a ridurre in modo significativo l’aggressione che le nostre attività quotidiane generano nei confronti delle future generazioni.
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mata a gestire con attenzione le risorse del territorio; la componente ambientale e la sicurezza sono alla base di un cantiere ‘smart’, necessario affinché anche il risultato finale, l’edificio, risponda ai caratteri di sostenibilità. Il cantiere è la cerniera di comunicazione Sostenibilità, dunque, non vuol dire solo tra il territorio in trasformazione e chi lo abita. diffusione dell’energia geotermica o soLa gestione ottimale dei rifiuti, il principio del riuso, lare, ma anche gestione delle terre e rocce la possibilità di reperire i materiali a Km0 e la sicurezza sono alla base di un cantiere ‘smart’. da scavo, anch’esse risorse da non sprePaolo Peris care, vuol dire buone pratiche di cantiere, Partecipanti Focus mantenendo un ordine che consenta l’atPaolo Miglietta - Città di Torino, Massimo tenzione alla sicurezza, la gestione otGiuntoli - Ordine Architetti Torino, Ugo Clerici timale dei rifiuti, il principio del riuso, la Fondazione Ordine Ingegneri Torino, Andrea Talaia - CNA Confederazione Nazionale possibilità di reperire i materiali minimizdell’artigianato e della piccola e media impresa zando l’impatto ambientale del trasporto, Coordinatore e attuando così un principio di filiera corta Paolo Peris - Collegio Costruttori Edili ANCE Torino che incomincia ad essere patrimonio comune, pur nella consapevolezza che non La candidatura della città di Torino a è possibile, oggi, realizzare un edificio reSmart City è un’opportunità per ripensare almente a Km0. la visione della nostra città, un’occasione Ad ognuno di noi è successo di osservare per riprogettarne lo spazio al fine di ren- l’organizzazione di un cantiere apprezdere più facile la vita ai suoi abitanti, di zandone, o meno, l’ordine e la pulizia che migliorare l’esperienza abitativa sia all’in- presuppongono la sicurezza e la gestione terno degli edifici, sia fuori di essi. corretta delle diverse fasi di lavorazione. La progettazione di uno smart building of- Si tratta di elementi che non possono prefre la possibilità di riqualificare interi iso- scindere dal quadro normativo di riferilati, di introdurre servizi di prossimità per mento: a partire dall’attenzione all’uso dei le persone anziane, malate e di ausilio ai diversi materiali da costruzione fino alla bambini ed alle famiglie, consolidando un conseguente gestione dei rifiuti, sia per patto tra le generazioni in linea con una la raccolta, sia per lo smaltimento, il prodefinizione di sostenibilità, che unisce cesso di lavorazione si potrà dire ‘smart’ all’uso delle risorse di oggi la tutela delle solo se avremo procedure di gestione e di risorse per le generazioni future. autorizzazione chiare e semplici. Ma il tema della sostenibilità non investe Di grande interesse, da questo punto di solo la fase progettuale e il prodotto fi- vista, è stata l’esperienza della trasfornito, esso ha avviato una trasformazione mazione dei siti industriali del Parco della importante per le imprese di costruzione, Spina 3 di Torino, che ha coniugato la gein quanto riguarda tutto il processo edi- stione dei materiali inquinati e l’attenzione lizio, durante il quale l’impresa è chia- all’ambiente, attraverso un appalto ad of-
Il cantiere sostenibile
ferta tecnico-economica più vantaggiosa, che ha consentito di attuare sinergie con le imprese per trattare in modo ottimale i detriti inquinati nella trasformazione del parco. Dobbiamo essere consapevoli che la qualità del prodotto e l’attenzione alla filiera corta hanno oggi ancora un aggravio di costo e un’attenzione realistica alla sostenibilità richiede di sfuggire alla logica del massimo ribasso. Ma edificio ‘smart’ e cantiere ‘smart’ richiedono anche un’applicazione diffusa e rigorosa delle norme attraverso processi di controllo che siano, anch’essi, ‘smart’. Il cantiere è il luogo di relazione tra progettisti, imprese e controllori, siano essi interni o esterni all’amministrazione pubblica: un’applicazione ‘smart’ del controllo è quella della consulenza pro-attiva, che origina dal principio che anche i soggetti controllori sono, in una prima fase, parte del percorso sostenibile e possono migliorare la gestione dei processi e l’attenzione al miglior prodotto tecnologico, fornendo in primo luogo consulenza su come si può gestire e migliorare l’operatività. L’aspetto sanzionatorio è assolutamente necessario e deve intervenire in una seconda fase, ove la sorveglianza, svolta primariamente dalla pubblica amministrazione, verifichi la recidività dell’azione segnalata come pericolosa. È superfluo rilevare che, se i controlli non hanno diffusione capillare e l’azione sanzionatoria è svolta con il primario obiettivo di reperire risorse finanziarie, diviene incerta l’efficacia in termini di diffusione reale di una cultura della sostenibilità e della sicurezza. Un’ulteriore considerazione riguarda il ruolo del cantiere come cerniera di comu-
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nicazione tra un territorio che si trasforma e chi lo abita, tra chi vive la quotidianità del lavoro e chi abita e/o abiterà lo spazio. L’attenzione a questo aspetto è una forma di trasparenza e può incrementare l’interesse alla sostenibilità del cantiere e dell’edificio attraverso l’informazione sulle peculiarità del prodotto e del processo. Si può concretizzare sia con le informazioni stanziali, creando apposita cartellonistica sul posto, sia organizzando con periodicità alcuni momenti di apertura al pubblico, nel rispetto della sicurezza, in cui l’impresa e il progettista possano dialogare con la popolazione interessata. Si tratta di una forma di accompagnamento che può divenire formazione e approfondimento culturale sui temi del risparmio e della sostenibilità, con evidenti benefici sociali, sicché i costi del processo di comunicazione potrebbero essere semplicemente detratti dalla tassa di occupazione del suolo pubblico. Il workshop sul tema dello smart building, ha avuto un’importante valenza soprattutto di metodo, poiché è partito dall’idea che sia necessario acquisire diverse risorse di pensiero e conoscenza, attraverso un confronto tra tutti i soggetti promotori, insieme all’amministrazione comunale, con un necessario ruolo di sintesi ed organizzazione assunto dalla Fondazione dell’Ordine Architetti di Torino. Si è trattato di un confronto realmente libero da pregiudizi, che ha visto progettisti, architetti ed ingegneri, la ricerca universitaria insieme alle industrie e le imprese di costruzione, dialogare con le amministrazioni senza complessi di subordinazione, ma partecipanti dell’unico obiettivo che possa realmente dirsi ‘smart’: la gestione
sostenibile del territorio. Finito il workshop, deve iniziare la costruzione della Torino Smart City, partendo dalla definizione di poche e semplici regole che accompagneranno le iniziative pubbliche e private e che dovranno rendere realtà quello che ora è un’idea, un progetto. Si tratta di un percorso che ha visto la disponibilità di ogni ente promotore del workshop e delle amministrazioni pubbliche che hanno attivamente partecipato ai focus. Un primo obiettivo per il futuro potrà essere la definizione di un allegato energetico tipo, sottoscritto da tutti i comuni e le associazioni che sostengono il progetto Smart City; sarebbe solo il primo passo, ma sarebbe già un grande passo.
Il ruolo dei sistemi educativi L’attenzione ai temi ambientali e la diffusione di una cultura della sostenibilità, la promozione di una cittadinanza attiva e l’incentivazione all’auto-imprenditorialità. Perché la scuola non sia solo un edificio. Aldo Garbarini Partecipanti Focus Marcello Tamburini e Giuseppe Pipitone - Polo formativo IFTS “Energia & Ambiente Piemonte”, Marco Muzzarelli - ENGIM Piemonte, Umberto Magnoni - ITER, Isabella Quinto - Città di Torino, Anna Bonetto - Istituto Pininfarina, Domenico Chiesa - Forum Regionale per l'Educazione e la Scuola, Marina Bertiglia - Comitato Italia 150, Domenico Napoli - Fotorecuperi, Nunzia Del Vento - Dirigente Scolastico Coordinatore Aldo Garbarini - Città di Torino
Torino ha sempre dimostrato una particolare sensibilità nel coinvolgere il sistema educativo nelle trasformazioni ambientali, sociali e culturali del territorio: si è così formato un patrimonio di conoscenza ed esperienza che può contribuire significativamente alla definizione della piattaforma di Torino Smart City. È infatti possibile ragionare della scuola non solo come edificio, sul quale operare scelte in materia di efficienza energetica, ma anche come insieme di attività, processi educativi e formativi che possono fornire un importante contributo nel processo di costruzione di un nuovo modello di sviluppo di un’area vasta e metropolitana. D’altronde, sotto il profilo scolastico gli obiettivi di Smart City sono coerenti con il quadro delle competenze chiave richieste ai cittadini europei: ad esempio, la cittadinanza attiva e l’auto-imprenditorialità sono chiaramente declinati tra gli obiettivi formativi irrinunciabili. Il sistema educativo può svolgere questo ruolo anche sfruttando la propria diffusione sul territorio, sia per documentare l’esistente (per esempio le scuole con attività legate ad un uso corretto del proprio ambiente), sia per la diffusione di una cultura della sostenibilità. Lo stesso sistema della formazione professionale è stato chiamato, in Città e in Regione, ad interloquire con soggetti come aziende, università, centri di ricerca, utenti diversi dai quindicenni in età di obbligo scolastico, assumendo quindi il ruolo di nodo di una rete sempre più ampia in grado di contribuire alla riflessione sul modello di città che si vuole realizzare, non solo in termini di edifici a basso impatto, ma piuttosto nell’accezione del termine inglese
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environmental cioè ambientalmente accogliente. D’altronde, il tema della formazione professionale rimane centrale nel favorire una reale integrazione tra mondo dell’impresa e mondo della scuola. Rimane comunque importante ricordare che la centralità della scuola è l’aula, da intendere come l’aula laboratorio in cui si può ascoltare, essere ascoltati, poter cooperare tra pari e avere uno spazio per la propria identità. Il laboratorio va inoltre ripensato non solo come spazio per la didattica nelle scuole o nei centri di cultura, ma piuttosto come laboratorio di comunità: Il Laboratorio Città Sostenibile è in questa logica una esperienza della Città di Torino che punta a costruire una rete in cui diversi soggetti, a partire dalle scuole, si incontrano per riqualificare in modo diverso gli ambienti di vita. O come all’Istituto Pininfarina, dove gli spazi sono stati pensati affrontando le questioni connesse a sicurezza ed energia, finalizzando gli stessi al benessere di studenti, docenti e personale; ora, i laboratori sono diventati aperti anche nel pomeriggio e la stessa didattica ha tratto giovamento dalle innovazioni. Ragionando dunque sul processo ‘dalla città alla scuola’ si possono individuare tre temi: il primo è il confronto culturale attraverso cui mettere in relazione i saperi della città e quelli propri della scuola. Poi l’inclusione territoriale, perché, se una scuola fa veramente parte di un territorio, la città deve contare non solo sull’edificio ma anche sulle persone che ci vivono dentro (perché i ragazzi dai 14 ai 18 anni non possono essere messi in gioco affidandogli, ad esempio, la pulizia di una certa area, oppure, gli Istituti Tecnici della
Provincia occuparsi direttamente della manutenzione ordinaria, superati certi ostacoli burocratici?). Terzo tema, il raccordo con i tempi di vita: la scuola finisce ad una certa ora, dopo il ragazzo ha bisogno di un’esperienza diversa ugualmente socializzante. Ma c’è ovviamente anche un ‘dalla scuola alla città’: la città è un libro multimediale su cui si può studiare e fare scuola anche fuori di essa: la città è il luogo dove il sapere diventa problema e ciò è fondamentale se si vuole costruire reale conoscenza. È fondamentale immergere un sapere nel luogo in cui questo sapere esiste, e questo luogo è la città dove si vive e dove bisogna andare a collegare il tempo della storia e lo spazio geografico del mondo. A scuola si costruisce la città, gli insegnanti costruiscono il sapere futuro su cui verrà costruita la città: per questo, la responsabilità di formare i ragazzi non è solo limitata a trasferire saperi ‘morti’, ma piuttosto a trasferire saperi che si rinnovano e si attualizzano. Spesso, però, la scuola commette l’errore di pensare alla città, ai temi dell’energia, dell’ecologia, dell’ambiente facendo riferimento all’idea di educazione ambientale: aggiungendo così un’ulteriore disciplina. La vera educazione ambientale deve procedere solo attraverso un impianto curricolare che trasversalmente preveda una formazione culturale centrata su due elementi: l’assunzione di responsabilità verso tutto ciò che ci circonda e quindi anche verso l’ambiente; l’immersione in esperienze forti che abbiano senso perché tra i 14 e i 19 anni non deve esserci un’alternativa alla scuola e la scuola deve sapere fornire un’esperienza:
la qualità e l’esperienza che si fa a scuola è proprio quella che può garantire un percorso serio di educazione all’ambiente e alla sostenibilità. In conclusione, la scuola, anche in quanto struttura fisica, può essere intesa come strumento d’uso di una cittadinanza di prossimità, un luogo dove sperimentare un concetto di cittadinanza attiva che sappia partire in primis da chi usa la struttura e dove inventare modelli di co-gestione che permettano di intendere quella struttura non come un fortino che si chiude alle 16.30 e non può più essere usato. Perché la scuola è anche produttrice di saperi che si diffondono sul territorio circostante: il progetto Torino, città in gioco, ad esempio, ha coinvolto studenti delle scuole elementari e medie per un’analisi sui percorsi sicuri casa-scuola. Da queste attività sono nate suggestioni che riprese oggi possono aiutare a ripensare l’idea di mobilità sostenibile, almeno nell’ambito che circonda la scuola, in linea quindi con gli orientamenti di Smart City. Costruire relazioni tra le diverse parti può consentire di individuare le strade per rispondere in modo più efficace alle esigenze che emergono. Un patto educativo territoriale condiviso è forse a questo punto necessario: al di là delle specificità dei percorsi educativi e formativi, una città che vuole confrontarsi con la complessità di questi temi deve coinvolgere tutti i soggetti, compresi quelli privati, interessati a ragionare su un concetto di Smart City, perché si ragioni e si concordi un percorso formativo adeguato al nuovo. Il tema del patto educativo per una smart city può essere l’occasione per rimettersi in gioco.
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Il ruolo della partecipazione in Torino Smart City Scambio di informazioni, condivisione degli obiettivi, riappropriazione dello spazio pubblico come luogo di confronto e di incontro. La partecipazione è oggi più che mai un gioco di squadra tra la Città e i suoi abitanti. Gabriella Bianciardi Partecipanti Focus Irene Cassarino - Experientia, Elena Carmagnani - Urban Center Metropolitano, Daniela Ciaffi - Politecnico di Torino, Filippo Ricca - CSI Piemonte, Roberto Marsicano - Posytron Srl, Francesco Adorno Comitato Borgo Campidoglio, Emilio Delmastro - Pro Natura Torino Coordinatore Gabriella Bianciardi, Città di Torino
Costruire una Smart City è innanzitutto una sfida culturale con cui una città come Torino deve mostrare di essere capace di reinventarsi adottando nuovi modelli di governance che facilitino e incentivino la comunicazione e la collaborazione fra i diversi soggetti pubblici e privati, singoli e associati, che vivono, operano, investono, lavorano, studiano, si divertono e si spostano nel vasto territorio metropolitano. In questo complesso e sfidante processo di cambiamento, la partecipazione gioca un ruolo centrale e distinto rispetto alle mera consultazione: se infatti la consultazione serve per acquisire il parere dei cittadini, la partecipazione rappresenta un salto di qualità perché permette ai cittadini di condividere e contribuire alle decisioni o
a parte delle stesse, secondo regole prestabilite e condivise. Perché sia efficace tuttavia, presuppone una conoscenza della questio su cui si è chiamati a dare il proprio contributo. Diventa dunque indispensabile che la pubblica amministrazione metta in atto strategie comunicative per rendere facilmente accessibili i dati, le conoscenze e le informazioni di cui dispone anche avvalendosi degli strumenti messi a disposizione dalle nuove tecnologie e per rimodulare queste informazioni con termini che superino il tecnicismo e il ‘burocratese’, garantendo la comprensibilità e la condivisione tra un maggior numero di persone. Un secondo prerequisito della partecipazione è lo scambio: affinché si possa parlare di partecipazione si rende infatti necessario dare vita ad un reale dialogo tra visioni e opinioni superando la comunicazione solo unidirezionale. È necessario attivare e gestire flussi di comunicazione in un processo di integrazione e interazione bidirezionale tra amministratori e amministrati. Il concetto di partecipazione non può inoltre prescindere da una dimensione spaziale: partecipare alle scelte della collettività significa ‘riappropriarsi’ anche fisicamente dello spazio pubblico come luogo di confronto e di incontro. Non solo. Per garantire il pieno coinvolgimento nel processo decisionale è importante adottare strategie di contatto anche con lo spazio privato o non liberamente fruibile, per permettere a tutti i cittadini di partecipare anche quando vivono condizioni di difficoltà o ostacoli di accesso allo spazio pubblico, come ad esempio per chi vive in carcere, in case di cura, o soffre di una forma di disabilità. Lo spazio della parteci-
pazione deve essere inoltre giocato anche a livello sovra locale attraverso l’uso della rete che permette di comunicare e scambiare esperienze realizzate a livello globale. La gestione dello spazio pubblico assume un ruolo fondamentale nell’agevolare la condivisione degli obiettivi e delle trasformazioni urbane favorendo la nascita di una comunità coesa e radicata nel tessuto cittadino: sentirsi parte di una squadra e avere un ruolo da giocare è infatti un elemento chiave per il successo della partecipazione. Nelle scelte urbanistiche di ridisegno della città e dei quartieri che la compongono, è importante quindi garantire unitarietà di spazi e di tempi: diminuire i chilometri necessari per recarsi a scuola, al lavoro, a fare la spesa, ai servizi, oltre a determinare un minore consumo energetico per ‘trasportarsi’, consente anche di ridefinire il senso di appartenenza al proprio territorio, facilitando il processo di riappropriazione da parte dei cittadini degli spazi pubblici (piazze, giardini, vie, teatri, ecc.). Anche le nuove tecnologie possono aiutare a riscoprire lo spazio pubblico: anziché come ‘soluzione’ contro la paura (es. telecamere) che induce i cittadini a ‘barricarsi’ negli spazi privati, la tecnologia deve essere utilizzata per liberare gli spazi, allargarli, renderli fruibili, deve favorire l’incontro, la conoscenza, lo scambio. La tecnologia può aprire nuovi spazi pubblici con enormi potenzialità. Un esempio è la rete web, un nuovo spazio pubblico veloce e accessibile, in cui i cittadini si esprimono, assumono decisioni, organizzano movimenti e azioni. Una nuova governance del pubblico che si basi sulla partecipazione attiva dei cittadini non
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può non utilizzare questo prezioso spazio, che, per favorire e supportare la partecipazione, deve essere educato con diverse azioni: fornendo input, aggiornando dati, inserendo informazioni sul progetto Torino Smart City, sui singoli progetti e sui risultati raggiunti (ad esempio rendendo pubblici i dati sul risparmio energetico ottenuto applicando nuove tecnologie), attivando forum per raccogliere idee e suggerimenti e ricorrendo a serious game, per supportare e stimolare buone pratiche partecipate. Per dare avvio ad un reale processo di coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni che riguardano la collettività, si rende necessario individuare un quartiere laboratorio, cioè un segmento urbano in cui iniziare a sperimentare la partecipazione, capitalizzando le numerose esperienze già attuate da una città come Torino in questi ultimi anni. Per individuare che cosa decidere e come, è fondamentale conoscere in modo approfondito la storia e la realtà sociale e culturale del territorio e dei suoi abitanti, potendo così partire dai bisogni reali delle persone. La sperimentazione deve inoltre prevedere momenti intermedi e finali di verifica dei risultati raggiunti, dell’efficacia degli strumenti adottati (assemblee pubbliche, interviste, forum sulla rete, giornali di quartiere, ecc.), del livello di coinvolgimento e di motivazione mettendo in campo, da parte della pubblica amministrazione, professionalità capaci di rimettere in discussione e modificare in itinere il progetto. La sperimentazione nel quartiere laboratorio dovrà essere il punto di partenza per attivare altri processi di partecipazione attiva nei diversi quartieri della città.
Tuttavia, perché tutto questo possa diventare realtà, è fondamentale un cambiamento culturale nei soggetti coinvolti nella partecipazione. Da parte della pubblica amministrazione che guida il processo, il coinvolgimento dei cittadini nelle fasi di progettazione e di decisione deve essere percepito come ‘risorsa’ e non come ‘minaccia’. L’inevitabile allungamento dei tempi di progettazione e di decisione nei processi partecipati sono infatti recuperati nelle fasi di realizzazione poiché si eviteranno cambiamenti in corso d’opera. Anche la gestione e la manutenzione saranno più economiche in quanto un servizio, un’opera o un intervento fatti propri dalla cittadinanza possono essere più facilmente percepiti come un bene comune che i singoli sono invogliati a utilizzare al meglio a vantaggio della collettività. Un cambiamento culturale è richiesto anche ai cittadini in quanto partecipare richiede di superare l’autoreferenzialità e la passività, dedicare tempo e risorse.
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Smart Building in Torino Smart City Oltre 100 tra progettisti ed esperti internazionali sono stati chiamati a lavorare su 5 quartieri del quadrante Nord-Est di Torino. L’area, adottata su indicazione della Città di Torino, è inserita nei programmi urbanistici della Variante 200 e di rigenerazione Urban 3 – Barriera di Milano. Ciascuno dei 5 gruppi di progettazione ha operato su un isolato assegnato, agendo su due livelli: alla scala macro urbana, ridisegnando l’isolato e le sue relazioni con gli ambiti urbani limitrofi, e alla scala architettonica, riprogettando uno specifico edificio o un blocco di edifici attraverso interventi di retrofit avanzato. La scelta di operare a due differenti scale
deriva dalla necessità di inserire gli interventi di retrofit in una visione complessiva che consideri gli aspetti tecnologici, l’integrazione dell’edificio nell’ambiente urbano e il ruolo dell’utenza, raggiungendo maggiori risultati in termini di efficienza energetica, di ottimizzazione dell’uso delle risorse e di qualità dello spazio urbano. Le aree oggetto della progettazione sono state selezionate in modo da rappresentare differenti tipologie ricorrenti nel tessuto urbano torinese, e quindi potenzialmente replicabili su ampia scala: quattro degli isolati hanno destinazione d’uso a prevalenza residenziale, mentre uno è caratterizzato dalla presenza di un complesso scolastico.
Refit the city
Infrastruttura urbana reattiva e parametrica
SMARToMETER
Schools Grid in Smart City
smART IN ACTION
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Il ruolo del settore privato Massimo Settis Una delle idee-guida che ha caratterizzato fin dall’inizio la partecipazione della Città di Torino all’iniziativa Smart Cities è quella del coinvolgimento delle imprese del territorio. Tecnologie e servizi si possono acquistare sul mercato, ma, se il governo locale è capace di stimolare le intelligenze tecniche e organizzative del proprio tessuto imprenditoriale a diventare attori nel processo di cambiamento urbanistico, si innesca un circolo virtuoso il cui risultato può andare ben al di là del mero arricchimento di infrastrutture civili e tecnologiche. Naturalmente questo richiede al sistema economico qualità, ossia capacità di sviluppare innovazione sui temi avanzati della sostenibilità, e quantità, in termini di numero e varietà dimensionale delle imprese, ma a Torino, da questo punto di vista, i presupposti sulla carta c’erano tutti. La dimostrazione sul campo richiedeva però un’occasione concreta che si è aperta con il bando comunitario sulle costruzioni a consumi energetici quasi zero. In tempi molto rapidi si è così proceduto ad esplorare il sistema locale, chiedendo alle imprese di proporre prodotti o servizi attinenti al tema e già da
subito inseribili all’interno dei progetti che la Città avrebbe proposto in sede comunitaria. In altri termini, si trattava di verificare se le aziende del territorio stavano già investendo in nuovi prodotti capaci di intercettare la crescente domanda di sostenibilità energetica e ambientale. La risposta è andata al di là delle aspettative, e per il workshop di progettazione svoltosi a fine settembre alle Officine Grandi Riparazioni sono state selezionate una trentina di imprese con un ventaglio di proposte di prodotti e servizi di sorprendente ampiezza. Si passa infatti da esponenti tipici della Green Economy, come gli operatori nel campo delle energie rinnovabili, a imprese di settori del tutto tradizionali, come quelli della componentistica del veicolo o dell’elettrodomestico, che si sono dimostrate capaci di sfruttare il proprio know-how tecnologico per progettare e produrre nuovi oggetti che trovano applicazioni smart in un’ottica di sostenibilità. Il percorso di Smart Cities è ancora lungo, ma questo avvio promettente consente già di formulare alcune prime considerazioni. Il coinvolgimento degli operatori aziendali nel workshop a diretto con-
tatto con i progettisti si è rivelato, a detta di tutti i partecipanti, estremamente proficuo e arricchente, avendo consentito di integrare esperienze e culture anche molto diverse. A posteriori ciò non sorprende, perché la sostenibilità energetica e ambientale richiede di per sé un approccio estremamente orizzontale, ma ciò non di meno le imprese hanno percepito l’esperienza come molto innovativa. L’importanza della rete quale strumento di scambio di informazioni ed esperienze rappresenta un altro fattore chiave di successo dell’iniziativa. Molte imprese hanno potuto essere coinvolte in tempo reale perché già operano in reti, sia informative che di collaborazione e di condivisione di progetti. Reti nate da ambiti accademici, associativi o da altre forme di aggregazione come i Poli Tecnologici regionali. Infine anche il metodo snello e informale adottato dai partner organizzatori dell’evento si è rivelato decisivo, consentendo alle aziende un avvicinamento non burocratico all’iniziativa, fondamentale per coinvolgere quelle microimprese di recente costituzione che spesso sono latori delle idee più innovative.
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Refit the city Il masterplan prevede un ripensamento del quartiere per dare vita ad un borgo slow che offra la possibilità di vivere il mix completo delle funzioni urbane senza l’obbligo di spostarsi altrove: nuove regole di mobilità che consentano la circolazione solo dei mezzi privati dei residenti; anziché giardini ornamentali, giardini-orti organizzati dagli abitanti, per il consumo interno delle famiglie; un piccolo mercato e ristoranti a km0. I grandi palazzi su corso Novara, uno dei tanti anonimi ‘casermoni’ urbani che appesantiscono il profilo di Torino, da architettura-formicaio, pensata solo per la segregazione delle famiglie nei loro alloggi (circa 120 appartamenti per 10.000 mq), diventano uno smart building, rinno-
vato e ripensato per una smart community a basso consumo energetico e alta integrazione abitativa, attraverso l’introduzione di spazi comuni e funzioni collettive e l’adozione di nuove tecnologie che garantiscono maggiore comfort termicoacustico e risparmio energetico. L’edificio, proprio grazie alle sue dimensioni, offre un’efficace protezione dal rumore del traffico di corso Novara: l’adozione di una nuova regola urbanistica che garantisca un premio di cubatura del 30% sull’esistente, concesso dalla Città ai proprietari riuniti in una società di investimento collettiva in quote proporzionali, consentirebbe di rendere economicamente sostenibile il prolungamento della muraglia anti rumore fino al termine dell’isolato.
Ambito Montalciata/Pacini ovest - Variante 200 via Regaldi, c.so Novara, via Pacini Tutor Benedetto Camerana, studio Camerana&Partners Co-tutor Vincent Jeanson, Alberto Olmo Partecipanti Simone Barra, Lorenza Bianco, Serena Chiacchiari, Sara Cicinelli, Giulia Di Marco, Igor Flis, Davide Fransos, Alessio Gotta
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Infrastruttura urbana reattiva e parametrica In una Smart City è fondamentale che i cittadini siano consapevoli dell’impatto che il loro modo di vivere, lavorare e giocare produce sull’ambiente. L’informazione sulle performance ambientali e sui desideri degli individui è in grado di produrre coscienza collettiva, elemento fondamentale per favorire coesione sociale e senso di appartenenza alla comunità. Oggi, smartphone e personal computer conferiscono ai cittadini la capacità di interagire e comunicare bisogni e desideri. Insieme ai dati sui consumi e sulle emissioni ambientali, queste informazioni vengono rielaborate tramite processi parametrici, consentendo di pianificare sistemi urbani come i trasporti, l’energia e la gestione dello spa-
zio, rispondendo alle necessità dell’ambiente specifico locale. Il progetto prevede un sistema di agorà che registrano i dati ambientali di ogni quartiere e li comunicano negli spazi pubblici attraverso schermi interattivi. In questo modo si elabora un modello complesso che simula il contesto locale e permette ai cittadini di partecipare attivamente allo sviluppo della loro comunità, del loro quartiere, della loro città. Come le interconnessioni rizomatiche nelle radici degli alberi, ogni nodo della comunità è interconnesso a vari livelli: con il quartiere, con la città e anche a livello nazionale ed europeo, partecipando alla creazione di una rete smart parametrica ed altamente reattiva.
Ambito Pollone - Variante 200 via Pollone, via Bologna, c.so Novara Tutor Hugh Dutton, HDA Hugh Dutton Associés Co-tutor Francesco Cingolani, Gaëtan Kohler, Sebastien Parrault Partecipanti Federico Borello, Grazia Carioscia, Aurelio David, Andrea Fasano (ANCE), Matteo Mastroviti (ANCE), Chiara Rizzi, Giuseppe Roccasalva, Antonio Spinelli, Edoardo Trossero
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SMARToMETER Smart significa creare virtuosità tra economy, environment, energy e engagement. È necessario immaginare strumenti per misurare la smartness, in modo da premiare imprese e privati più attenti e supportare le decisioni delle amministrazioni. Si devono integrare ad esempio i processi di gestione del traffico con le ICT e gli intelligent driving systems, che consentono di telefonare alle nostre auto che arriveranno da parcheggi sotterranei automatizzati lontani da casa; favorire una separazione tra uso dell’auto e proprietà dell’auto; introdurre l’uso del Bim (Building information modeling) come piattaforma di gestione amministrativa post progetto per l’edilizia privata e per la raccolta in tempo reale di dati sui consumi e sulla perfor-
mance degli edifici; elaborare strategie di premialità volumetrica commisurata al livello di smartness degli interventi per incentivare le imprese a intervenire. La città densa consolidata può essere reinventata a partire anche da nuove funzioni per i cortili interni: una grande risorsa di spazi di relazione, riciclaggio, produzione energetica e alimentare, delle ‘comunità di vicinato energetico’ che coinvolgano gli abitanti di ogni isolato. Il retrofit degli edifici della città consolidata è spesso troppo aggressivo (e quindi costoso) verso le strutture e le tecnologie dell’esistente, ma si possono integrare sistemi di controllo domotico wi-fi, pannelli multifunzione con sensori ambientali, facciate intelligenti reattive.
Ambito Foroni via Scarlatti, via Santhià, via Candia, via Monte Rosa Tutor Riccardo Balbo, school of the Built Environment, University of Salford (UK) Co-tutor Alejandro Veliz, Francine Amsler Partecipanti Stefania Arvizzigno, Ana Bilan, Antonio Caputo, Giacomo Chiesa, Alessandra da Fieno, Ekaterina Kozhevnikova, Olga Krasheninnikova, Alberto Menozzi, Sara Povero (ANCE), Jiang Qingyu, Valeria Russi, Wang Ruxin, Irena Vojnovic
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Schools Grid in Smart City Il masterplan, orientato ad una forte connessione tra scuola e territorio, si basa su due livelli di progettazione: dalla scala territoriale (macro) a quella edilizia (micro), e si sviluppa su 3 assi di approfondimento: mobilità sostenibile, rete del verde e micro smart economy, con l’obiettivo di realizzare un polo scolastico diffuso in grado di condividere costi e risorse mediante la messa in rete delle scuole di quartiere. A scala macro il progetto prevede azioni di riduzione del traffico a favore di una mobilità ciclo-pedonale, con la realizzazione di due assi protetti che connettono scuole-biblioteche-palestre in un network fisico e informatico, l’introduzione di una navetta circolare a basse emissioni, la riqualificazione dell’incrocio tra via Tollegno e via Ternengo con la collocazione di un elemento fortemente simbolico a energia
solare, la dotazione di illuminazione a led, il ripristino della permeabilità del suolo e l’adozione di materiali eco-compatibili, la riqualificazione e rifunzionalizzazione del verde con il superamento della sua frammentarietà, la messa in rete di scuole e servizi a km0 che sfruttino le risorse umane locali. A scala micro si interviene con azioni di riqualificazione del cortile e apertura all’utenza esterna, la demolizione e ricostruzione della palestra per diversificarne l’offerta, l’aumento dell’efficienza energetica dell’edificio, l’utilizzo di coperture con pannelli fotovoltaici e solare termico e di serramenti ad alta efficienza, lo sfruttamento e il controllo della radiazione solare, il recupero di acqua piovana a fini irrigativi e di scarico, l’illuminazione con sensori di presenza.
Ambito Polo scolastico c.so Novara, via Bologna, via Ternengo, via Tollegno Tutor Roberto Fraternali, studio Fraternali Quattrocolo, e Laura Porporato, Archiloco Co-tutor Alessandra De Matteis, Paola Masuelli, Ugo Quattroccolo, Caterina Valenti Partecipanti Francesco Adorno, Simone Anile, Paolo Bonvicino (ANCE), Michela Delbosco, Raffaella Leonforte Bruno, Cristina Maccario, Ilaria Magistro, Valentina Marino, Marco Ragazzoni (ANCE)
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smART IN ACTION Il progetto ha assunto un’area della città di Torino con l’esclusiva presenza di edilizia sociale fortemente degradata: un villaggio urbano, poco interconnesso, molto endogeno, quasi svincolato dal più ampio contesto. Si è cercato di aprire il quartiere all’esterno, attraverso una mobilità attenta alla sostenibilità; sono stati svuotati i piani terra e inseriti servizi assenti nel quartiere; sono state progettate nuove abitazioni su un ultimo piano rialzato, attraverso una trasformazione della cubatura; sono state create residenze diversamente specializzate: abitazioni per anziani dotate di servizi comuni, alloggi per studenti, per utenze svantaggiate, con parziali trasformazioni delle attuali abitazioni. A livello di innovazione architettonica, le facciate sono state attrezzate con sistemi agganciati,
passivi, frangisole, che possano costituire una doppia pelle tecnologica per gli edifici. Il team ha poi agito con innovazioni a livello microurbano, realizzando sistemi di interconnessione tra gli edifici: una rete connettiva superiore che di volta, in volta diventa vetrata fotovoltaica captante, frangisole schermante, o serra che racchiude lo spazio urbano intermedio. Il tutto è finalizzato a realizzare un quartiere a energia fossile vicina allo zero, ossia zero consumi di energia convenzionale, con una forte componente di domotica, di elettronica, di sistemi di controllo. Speciali alberi artificiali all’interno nel quartiere, che forniscono illuminazione pubblica, banda wi-fi, segnaletica, collegamenti strutturali a terra, costituiscono la dorsale nervosa che lega e interconnette un quartiere che cambia volto.
Ambito Villaggio Regio Parco via Bologna, via Pergolesi, via Giovenale, via Gottardo Tutor Roberto Pagani, Politecnico di Torino Co-tutor Corrado Carbonaro, Roberto Giordano Partecipanti Enrico Arese, Caterina Arnò, Gabriele Caron (ANCE), Federico De Rosa (ANCE), Marina Gariboldi, Cristina Labianca, Benigna Leone, Vittorio Miori, Luciana Restuccia, Paolo Roccato, Tullia Rosso, Paola Saggese, Filippo Salvaggio, Cristina Troisi, Zhang Xiangning, Yang Xiaoshan
Intelligenti si diventa — 45
Enti promotori Città di Torino: Piero Fassino, sindaco Enzo Lavolta, assessore Politiche ambientali OAT Ordine degli Architetti di Torino: Riccardo Bedrone, presidente Fondazione OAT: Carlo Novarino, presidente Politecnico di Torino: Francesco Profumo, già rettore Unione Industriale di Torino: Gianfranco Carbonato, presidente Collegio Costruttori Edili - ANCE Torino: Alessandro Cherio, presidente Comitato Promotore Gabriella Bianciardi - Città di Torino Eleonora Gerbotto - Fondazione OAT Roberto Pagani - Politecnico di Torino Massimo Settis - Unione Industriale Paolo Peris - Collegio Costruttori Edili - ANCE Torino Coordinamento scientifico Pier Giorgio Turi Comitato Tecnico Maria Bucci (coordinamento) Enrico Gallo Lorenzo Savio Dossier di progetto a cura di Maria Bucci contributi di Maria Bucci Giacomo Chiesa Valentina Marino Lorenzo Savio Grafica e Web Design Simona Castagnotti
Organizzazione a cura della Fondazione OAT Direzione Eleonora Gerbotto Coordinamento Focus e logistica Raffaella Lecchi Serena Pastorino Ufficio Stampa e Relazioni Esterne Liana Pastorin Raffaella Bucci
Aziende main partner CasaClima Network Piemonte e Valle d'Aosta: Dario Vineis, presidente DE-GA: Giorgio Gallesio, amm. delegato Ecojoule Srl: Giuseppe Marinelli, amm. unico Finder SpA: Francesco Joly, relazioni esterne Fotorecuperi Srl: Domenico Napoli, responsabile
Referenti Environment Park SpA per i poli di innovazione Polight, Polibre e Polo ICT Davide Damosso Massimo Da Vià Daniela Di Fazio Stefano Dotta
La Maison Verte Srl: Giuseppe Marinelli, amm. unico Siemens Italia: Federico Golla, amm. delegato; Enzo Calabrese, city manager
Esperti internazionali Reinier Balkema, Eurocities Working Group Noise Dominique Mignot, Institut français des sciences et technologies des transports, de l’aménagement et des réseaux Cristina Pronello, Politecnico di Torino/Université Lumière Lyon 2 Henk Wolfert, Eurocities Working Group Noise
Esperti Città di Torino Divisione Urbanistica ed Edilizia privata Angelo Annichiarico, Settore Strategie di valorizzazione urbana Alberta Bellia, Settore Strategie di valorizzazione urbana Raffaella Ghiggia, Settore Strategie di valorizzazione urbana Antonella La Torella, Settore Permessi di costruire
Divisione Infrastrutture e Mobilità Patrizia Petrecca, Settore Urbanizzazioni Divisione Servizi tecnici per le grandi opere edilizie e verde pubblico Paolo Miglietta, Settore Grandi opere del verde Divisione Ambiente Enrico Gallo, Settore Ambiente e Territorio Federico Saporiti, Settore Ambiente e Territorio
ricerca e sviluppo
IBM Global Business Service: Marco Beltrami, Smart City Unit
Tecnici delle aziende main partner Casa Clima Network Piemonte e Valle d’Aosta: Silvia Brunello, Claudia Giordana, Luca Malavolta, Fabrizio Prato, Ivano Talmon Ecojoule Srl: Guido Bollino Finder SpA: Andrea Colombo Fotorecuperi Srl: Ivo Micozzi IBM Global Business Service: Paolo Gandolfo, Giuseppe Sturiale La Maison Verte Srl: Francesca Viola Siemens Italia: Gianluca Armarolli, Giantonino Cardano, Massimo Biffi, Raffaella Lanza, Erich Kroenberg, Carlo Maisano, Davide Pennati Si ringraziano Alessandra Cavone, Chiara Cortassa, Claudia Cugnasco, Fabio Ferrero, Marco Filippi, Mauro Marras, Amrita Massaia, Luciano Pia Si ringrazia Enzo Argante, giornalista Radio24, per il coordinamento della tavola rotonda in apertura del workshop
ROUNDABOUT Libri
Pratiche. Il territorio “è l’uso che se ne fa”
Progettazione ed efficienza energetica
Qualità urbana, stili di vita, salute
Franco Angeli, 2010 pp. 192 | € 21,00 ISBN: 9788856830316
Maggioli Editore, 2010 pp. 250 | € 58,00 ISBN: 9788838754322
Hoepli, 2009 pp. 398 | € 32,00 ISBN: 9788820343699
L'aumento della mobilità territoriale, ma soprattutto la diversificazione e la variabilità delle sue motivazioni (per cui si parla di mobilità, al plurale), tende a mettere in discussione l'abitudine di considerare la stanzialità come modalità tipica del rapporto tra società e territorio. Un ‘territorio’ non è più il luogo dove chi dice di ‘abitarci’ fa tutto quello che fa per vivere, entrando in relazione quasi solo con quelli che, come lui, dicono di ‘appartenere’ allo stesso territorio. Ormai per la maggior parte della gente il territorio in cui abita è l'insieme dei posti nei quali sceglie (in parte essendovi costretta) di fare quello che fa, avendo perciò a che fare con gli interlocutori che vi ritrova, e che non sono mai necessariamente gli stessi (che lo voglia, o non). Non è detto, quindi, che il territorio che “è l'uso che se ne fa" sia quello desiderato. Ma rinvia all'attivismo della gente che lo ‘costruisce’ nel tempo. Gli scritti di questa raccolta cercano di esplorare le possibilità della gente di farsi valere – e gli ‘impedimenti’, opposti dalle pratiche ‘tecniche’ e amministrative correnti, allo sviluppo di queste possibilità – rivisitando, in particolare, la distinzione tra politiche e pratiche.
Questo volume ha l’obiettivo di fornire le linee guida per pensare, progettare e costruire edifici ad elevata efficienza energetica. Dall’ambito del progetto architettonico, alle scelte fisico-tecniche ed impiantistiche, ai materiali, alle tecnologie, al recupero energetico, alle implicazioni economiche, le considerazioni espresse mirano ad illustrare una metodologia di approccio chiara e semplice. La selezione dei progetti illustrati rappresenta un esempio di ciò che può essere oggi architettonicamente realizzato in termini di efficienza energetica e sostenibilità, nel rispetto dell’ambiente, delle risorse naturali, delle persone. Architettura Energia è un centro ricerche della Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara dal carattere interdisciplinare che si occupa di servizi, ricerche e formazione in relazione all’efficienza energetica degli edifici e al rapporto esistente tra l’architettura e l’energia. Nasce dall’idea che la sostenibilità energetica dell’architettura abbia origine dall’interdisciplinarietà esistente tra progetto e costruzione, che semplicità ed essenzialità siano due componenti fondamentali per la sostenibilità, che l’energia è una risorsa per l’umanità.
Il concetto di salute adottato dall'OMS è ormai ampiamente condiviso: la salute non è più intesa semplicemente come assenza di malattia ma come benessere complessivo – biologico, mentale, sociale – e come qualità della vita degli essere umani. Le città, in particolare, costituiscono un punto di concentrazione delle criticità ambientali di maggior impatto sul benessere dell'uomo e diventano pertanto il luogo di sperimentazione di politiche che sappiano proporre un approccio integrato alla salute, al fine di creare e migliorare i contesti fisici e sociali della comunità. Alla luce della consapevolezza che le scelte riguardanti l'assetto fisico della città e del territorio possono incidere in modo significativo sul mantenimento della salute dei loro abitanti, le aree tematiche d'intervento che si ritengono determinanti per una città sana e sostenibile sono: il comportamento individuale e gli stili di vita; le condizioni del patrimonio abitativo; la dotazione e l'accessibilità dei servizi; la qualità delle risorse ambientali; la gestione degli spazi aperti pubblici; la mobilità urbana; il riequilibrio territoriale.
Pier Luigi Crosta è coordinatore del Dottorato di ricerca in Pianificazione territoriale e Politiche pubbliche del territorio alla Scuola di dottorato dell'Università IUAV di Venezia (dalla prima attivazione, nel 1990). Per Franco Angeli ha già pubblicato Politiche (1998) e la Politica del piano (1990, 1995) e ha curato Casi di politiche urbane (2009), La produzione sociale del piano (1984) e L'urbanista di parte (1973).
Andrea Rinaldi, architetto, ricercatore in Composizione architettonica e urbana, è direttore del Centro ricerche Architettura Energia. È docente in corsi di perfezionamento e formazione post laurea sul tema architettura ed energia. Socio del Laboratorio di architettura, struttura di progetti e ricerche nel campo della progettazione architettonica e della sostenibilità, ha al suo attivo numerosi progetti pubblicati, premi e concorsi di progettazione.
di Pier Luigi Crosta
a cura di Stefano Capolongo
a cura di Andrea Rinaldi
Stefano Capolongo, architetto e dottore di ricerca in Sanità pubblica, è professore associato titolare dei corsi di Igiene ambientale, Tecnologie per l'igiene edilizia e ambientale e Architettura sociale presso la Facoltà di Architettura e società del Politecnico di Milano. Docente presso le Scuole di specializzazione in Igiene e medicina preventiva delle Università degli Studi di Parma e di Milano. Svolge attività di ricerca ed è autore di numerose pubblicazioni scientifiche.
Libri
Costruire in altezza: una sfida per la sostenibilità
La terza rivoluzione industriale
Khrónopolis
EdicomEdizioni, 2010 pp. 208 | € 20,00 ISBN: 9788896386088
Mondadori, 2011 pp. 336 | € 20,00 ISBN: 9788804614203
Idea Books - Idearte, 2008 pp. 192 | € 25,00 ISBN: 978888033655
Gli edifici alti, proprio a causa del loro sviluppo verticale, presentano fenomeni e problemi generalmente poco significativi in altre tipologie edilizie. Una questione importante è quella che riguarda la sostenibilità dell’edificio, determinata in particolare dall’utilizzo dei materiali e dal fabbisogno energetico in fase di costruzione e di utilizzo. Fondamentale sotto questo punto di vista è il ruolo del service core, il nucleo che raggruppa gli ascensori, gli spazi di servizio e il core strutturale; si tratta di un elemento distintivo dei grattacieli moderni ma finora poco studiato. Il testo ripercorre l’evoluzione storica del service core, descrivendone le principali funzioni e riservando un’ampia parte all’analisi del ruolo strategico che questo riveste nel bilancio energetico del grattacielo, non solo in termini di consumi energetici ma anche di embodied energy. Aspetti, questi, che influenzano sempre più la costruzione e aprono la strada a grattacieli di nuova generazione con un minore impatto ambientale.
La nostra civiltà vive oggi un momento cruciale. L’esplosione demografica ed economica delle nuove economie unita alla scarsità e alla diminuzione delle energie fossili porterà in breve tempo, secondo gli ultimi studi, a un drammatico problema di sostenibilità della cosiddetta società industriale. Jeremy Rifkin intuì questa traiettoria già alcuni anni orsono, e cominciò a studiare un nuovo modello di economia sostenibile. Oggi, dopo la grande crisi economica, le sue analisi appaiono di un’attualità stringente. In questo saggio ci spiega come e perché la convergenza tra la comunicazione in rete e le energie rinnovabili potrà creare una potente infrastruttura, base di una Terza rivoluzione industriale che cambierà radicalmente la nostra società, le nostre attività economiche, il nostro modo di lavorare e di vivere le relazioni sociali. Una strada per il futuro che l’Unione europea sta cominciando a intraprendere e che gli Stati Uniti farebbero bene a considerare: un’opportunità straordinaria che il mondo intero deve cogliere per trasformarsi ed evitare un rapido declino.
“Vi siete mai chiesti se la forma della vostra città cambia in ragione dell’ora del giorno e del mezzo di trasporto utilizzato? Vi assicuro che è vero e provo a dimostrarlo in questo volume esaminando alcune grandi metropoli: Barcellona, Berlino, Bogotà, Istanbul, Johannesburg, Londra, Los Angeles, Città del Messico, Milano, New York, San Paolo e Tokyo. E chi non si è mai chiesto se la rapida crescita dei grandi agglomerati urbani possa trasformarsi in un incubo? Io credo possa trasformarsi in una speranza, se sapremo progettare città capaci di garantire a tutti i diritti essenziali della civiltà urbana, fra cui il diritto alla mobilità, sempre e dovunque”. Khrónopolis incarna questo ideale e rappresenta un modello di città che libera creatività e competenza di urbanisti, architetti, sociologi urbani in questa direzione. Una città dove sia più facile muoversi, più bello viverci. Il libro è arricchito da commenti, scritti e interviste di Andy Bow, Ricky Burdett, Norman Foster, Guido Martinotti e Renzo Piano.
di Jeremy Rifkin
di Fabio Casiroli
di Dario Trabucco
Dario Trabucco è architetto e dottore di ricerca in Tecnologia dell’architettura, insegna Tecnologia dell’architettura presso l’Università IUAV di Venezia. Si occupa delle tematiche relative agli aspetti tecnologici degli edifici alti e all’embodied energy del costruito.
Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends di Washington, insegna alla Wharton School of Finance and Commerce, dove tiene i corsi dell’Executive Education Program sul rapporto fra l’evoluzione della scienza e della tecnologia e lo sviluppo economico, l’ambiente e la cultura.
Fabio Casiroli è visiting professor per il corso di Pianificazione dei trasporti presso il DPA del Politecnico di Milano dal 1998. È membro del Comitato scientifico MO.VE. (Mobility Venice), del laboratorio di Macrourbanistica ed esperto del programma Urban Age South America della London School of Economics.
Libri
Senza architettura
L'autarchia verde
Tra Dedalo e Icaro
Laterza, Saggi Tascabili, 2011 pp. 144 | € 12,00 ISBN: 9788842096498
Jaca Book, 2011 pp. 352 | € 25,00 ISBN: 9788816409880
Editori Laterza, 2010 pp. 152 | € 12,00 ISBN: 9788842093220
“Il XXI secolo – ci spiegano gli antropologi, i sociologi, i filosofi – sarà un secolo caratterizzato dall'intensità dei flussi, dove agli ulteriori spostamenti di grandi masse di popolazione da un continente all'altro, da uno Stato all'altro, dalle campagne verso le coste e verso le città, si aggiungerà l'accesso alla mobilità turistica di qualche miliardo di cinesi, indiani, coreani, ecc. Da Bilbao in poi, anche i non addetti ai lavori capiscono le nuove potenzialità dell'architettura in questo scenario di competizione globale tra le città”. Ma nel nostro Paese la voglia di innovazione incontra sempre forti resistenze quando si tratta dei settori creativi più ‘tradizionali’: letteratura, cinema e architettura ‘contemporanea’. Soprattutto se per contemporanea si intende un'architettura che riflette lo spirito, la tecnologia, le disarmonie, i conflitti e le incertezze che caratterizzano il nostro tempo.
Lotta agli sprechi, risparmio energetico, riciclaggio totale dei rifiuti, tutela e valorizzazione del suolo naturalizzato e degli alberi, dieta povera di proteine e grassi animali, vestiti con tessuti naturali, bioedilizia, energie rinnovabili, mobilità sostenibile, città a misura di bicicletta, insomma tutto l’armamentario di quella che oggi è chiamata pomposamente green economy lo ritroviamo in parte realizzato, in parte progettato nella seconda metà degli anni Trenta, il periodo che il fascismo volle chiamare ‘autarchia’. In realtà, tutte le economie sviluppate risposero alla crisi del ’29 con forme diverse di protezionismo e di autarchia. Ma il ‘caso italiano’ ha caratteristiche uniche e di assoluto interesse, perché l'Italia, pressoché priva di combustibili fossili, dovette fare affidamento quasi esclusivamente sulle risorse dell’agricoltura e del sole; la stessa condizione che si prospetta in un prossimo futuro all’intero pianeta con l’esaurimento dei combustibili fossili. In sostanza si trattò di un involontario e obbligato esperimento di ‘economia verde’, costretta anticipatamente a fare i conti con i ‘limiti dello sviluppo’.
“Parlare di città è come parlare del mondo quotidiano e dei nostri progetti. La città desiderata riflette, dà forma e voce alla vita che vogliamo o che aspettiamo che essa offra e consenta”. In queste pagine, Giandomenico Amendola esamina dieci modelli: la città sostenibile, la città impresa, la città spettacolo, la città cosmopolita, la città alla carta, la città ubiqua, la città bella, la città sicura, la città amica, la città dei cittadini. Nessuna è perfetta, ma tutte assieme possono diventare le mille facce della metropoli del nuovo millennio e dare risposta alle domande e ai desideri della gente.
di Pippo Ciorra
Pippo Ciorra, ordinario di Composizione all'Università di Camerino, è curatore per l'architettura al MAXXI di Roma. È autore di saggi e pubblicazioni scientifiche, ha curato cataloghi e volumi, tra cui La metropoli dopo (con G. Mastrigli, Meltemi, 2002) e Musei. Next Generation (con D. Tchou, Electa, 2007).
di Marino Ruzzenenti
Marino Ruzzenetti, 62 anni, nato a Medole (Mn), vive a Brescia. In collaborazione con la Fondazione Luigi Micheletti di Brescia e con la rivista on line altroNovecento. Ambiente, tecnica e società, diretta da Giorgio Nebbia, si è occupato di storia contemporanea, con una particolare attenzione ai problemi ambientali. Ha pubblicato diversi interventi sulla rivista Medicina Democratica. È redattore del mensile Missione oggi. È autore di numerosi libri.
di Giandomenico Amendola
Giandomenico Amendola è ordinario di Sociologia urbana nella Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze ed è stato tra i primi a occuparsi del rapporto tra scienze sociali e progettazione.
La qualità della vita è nel futuro della città. Stiamo lavorando a soluzioni innovative per edifici intelligenti. Gli esiti del workshop su www.smartbuildingtorino.it
ENTI PROMOTORI
IN COLLABORAZIONE CON
NELL’AMBITO DI
MAIN PARTNER
TECH PARTNER technological solutions
PARTNER DOMUS AMICA S.R.L. | ENECOM ITALIA S.R.L. | ENERGRID S.P.A. | EUROPROJECT S.N.C. | G.T.C.A. S.R.L. | GHISALBA S.P.A. | GIELLEPLAST S.A.S. IMPER ITALIA S.P.A. | MINTEOS S.R.L. | REVIPLANT S.S. | SMART-E S.R.L. | TAURASIA Soc. Coop. | VASS Technologie S.R.L.
grafica simona castagnotti
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