Il giornale della Fondazione per l'architettura / Torino 2016

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PERIODICO DELLA FONDAZIONE PER L’ARCHITETTURA / TORINO

QUALITÀ È INVESTIRE SUL PROGETTO

L’INNOVAZIONE È NEL METODO

La Fondazione per l'architettura sempre più si caratterizza per un lavoro di servizio agli architetti e di voce narrante verso l'opinione pubblica e le istituzioni sul valore collettivo di una attenta fase progettuale: è l'impronta che durante tutto questo mandato abbiamo voluto dare al nostro lavoro. È certamente un percorso difficile ma riscontri positivi ne abbiamo, forse timidi ed è per questo che noi non ci accontentiamo e proseguiamo ad investire in questa direzione, sapendo di lavorare in una congiuntura economica negativa molto complessa che non ci aiuta. Parlare all'opinione pubblica (a volte anche agli architetti) di qualità presenta oggi esiti incerti, la paura del futuro è presente in tutti, pesa moltissimo nelle scelte quotidiane anche degli amministratori pubblici e privati. Tutti sono concentrati alla sostanza dei risultati, ma è un inganno se si sottovaluta che la qualità dell’esito, in ogni attività umana, è funzione dell'investimento fatto nella fase progettuale. Un buon progetto ed un buon progettista, per ciò che riguarda l'architettura, la città, il territorio fanno la differenza, sono un investimento e lo sono non solo per l'oggetto stesso ma per quanto in quei luoghi si farà: abitare, lavorare, godere del tempo libero. Una opinione pubblica consapevole, genera domanda di qualità e lavoro per molti non solo gli architetti, ma soprattutto comprende e torna a rispettare il valore del lavoro intellettuale degli architetti. Un valore aggiunto che si esplicita nella capacità di saper interpretare le esigenze, delineare le soluzioni, scegliere e guidare gli attori del processo restituendo nei fatti l'investimento iniziale. Per ciò che riguarda gli architetti è necessario che si inverta la tendenza a relegarli in aree tecnocratiche della professione, cosa che accade solamente in Italia e in nessun altro Paese del mondo. Spesso si dice che ciò accade per l'eccessivo numero di architetti in Italia, per la crisi e c'è del vero, ma io inizio a pensare che questa sia anche una comoda giustificazione. Non esiste altro Paese al mondo che abbia un così ampio patrimonio anche storico di edifici, città ed ambiente da tutelare, conservare, rinnovare, trasformare: gli architetti sono un patrimonio di intelligenze e capacità che va usato e rispettato per ciò che sa fare. È un interesse collettivo come un bene primario. Ci va un cambio di passo, la Fondazione in questo è impegnata ed è anche il mio impegno.

Nella comunicazione della Fondazione per l’architettura / Torino spesso ci siamo soffermati sulla descrizione minuziosa di tutti i progetti costruiti nel passato ed in programma nel prossimo futuro, dei risultati ottenuti e degli obiettivi ancora da raggiungere. Più raramente invece abbiamo descritto le metodologie di lavoro e i linguaggi adottati che tuttavia sono importanti per comprendere la natura sperimentale di molte nostre iniziative. Una chiave di lettura diversa dunque per ricordare la mission della Fondazione: promuovere la qualità dell'architettura, della città e del territorio, dialogando con architetti, cittadini, istituzioni e aziende. Approcci disciplinari e contenuti innovativi per cercare di raccontare diversamente il tema dell’architettura affrontando la difficile sfida di comunicare anche con i non addetti ai lavori. Strategie multiple e linguaggi differenti per sviluppare riflessioni con diverse scale di complessità e approfondimento. Vorrei soffermarmi in particolare sul dialogo tra le discipline. L’architettura è un valore prezioso per chiunque viva uno spazio privato o pubblico, quindi chiunque, anche i non architetti, devono poter comprendere chi parla di architettura e devono poterne parlare, devono saper leggere l'ambiente costruito e agire di conseguenza. È riduttivo comunicare l’architettura attraverso un unico linguaggio, accademico e tecnico. La fondazione ritiene fondamentale approcciarsi all’architettura attraverso il dialogo tra saperi diversi. Parlare di architettura per mezzo di altre discipline, come ad esempio l’arte, la musica, l’economia. Mescolare contenuti e linguaggi per essere divulgativi e raggiungere pubblici diversi. Semplificare senza banalizzare. Al tempo stesso non dimentichiamo il valore dell'approfondimento scientifico. Quest’ultimo anno in particolare le iniziative della Fondazione hanno voluto riportare al centro del dibattito il progetto architettonico, il progetto di qualità. I cicli di incontri Interior Club, Looking Around e Happy Hour con il progetto sono nati con l'intento di proporre contenuti di alto profilo e favorire il confronto aperto e costruttivo, alla pari tra professionisti anche internazionali. Il dibattito sull’architettura talvolta rischia di scivolare sulla contrapposizione tra questioni di principio e posizioni intellettuali, noi desideriamo invece riportare l'attenzione sulla qualità del progetto per gettare le basi per una qualificazione della figura dell’architetto e per una diffusa consapevolezza del valore sociale della professione.

Giorgio Giani Presidente Fondazione per l’architettura / Torino

Eleonora Gerbotto Direttore Fondazione per l’architettura / Torino


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Architettura in città LAB 2016 © foto Edoardo Piva

FARE RETE CON GLI OPERATORI CULTURALI PERMETTE DI UNIRE LE FORZE

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ARCHITETTURA IN CITTÀ Il festival, nato nel 2011 dalla volontà della Fondazione e dell’Ordine degli Architetti di promuovere nel calendario estivo della città di Torino un evento di carattere divulgativo dedicato all’architettura, si basa su due principi fondamentali: una struttura a rete in cui numerosi partner con il loro linguaggio e le loro iniziative contribuiscono alla definizione del programma e la disseminazione degli appuntamenti sul territorio con una sede principale e diversi satelliti. Nel 2016 il festival si è svolto sotto forma di laboratorio di idee con l’intento di ridisegnare il futuro dell’iniziativa attraverso il confronto con esperienze e operatori culturali. In particolare si è ascoltato il racconto del Fuorisalone, di Super e di Club to Club.


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SUPER

Il festival (lento) delle periferie a Milano

SCHEDA

FUORISALONE

Un format applicabile su diversi territori e contesti Per Fuorisalone intendiamo l’insieme degli eventi distribuiti in diverse zone di Milano che avvengono in corrispondenza del Salone Internazionale del Mobile, in scena nei padiglioni di Rho Fiera. Ogni anno, nel mese di aprile, Fuorisalone e Salone definiscono la Milano Design Week, l’appuntamento più importante al mondo per design addicted. Il Fuorisalone non è un evento fieristico, non ha un’organizzazione centrale e non è gestito da alcun organo istituzionale: è nato spontaneamente nei primi anni ’80 dalla volontà di aziende attive nel settore dell’arredamento e del design industriale. Attualmente vede un’espansione a molti settori affini, tra cui automotive, tecnologia, telecomunicazioni, arte, moda e food. Nell’edizione del 2016 ci sono stati 1.200 eventi in 5 giorni con un transito in città di 500mila persone e un giro d’affari di oltre 140milioni di euro. Noi abbiamo iniziato a raccontare 16 anni fa questo insieme di iniziative con il progetto Fuorisalone.it che via via è cresciuto in modo spontaneo e abbiamo dato vita ad una piattaforma per mettere a sistema i diversi soggetti. Successivamente si sono poi sviluppati servizi per dare risposte a chi era già parte della rete e a chi voleva proporre iniziative all’interno. Ancora oggi non ha una cabina di regia, anche se per partecipare al Fuorisalone è comunque necessario garantire un certo livello qualitativo. Si tratta di un format che può essere scalabile su diversi territori e contesti: su reti corte a livello di quartiere e distretto valorizzando e promuovendo le risorse locali e i suoi luoghi; su reti lunghe a livello di aziende e istituzioni nel mondo, per avere una visibilità internazionale. Ed è un modello replicabile in altre città, con attori differenti che partecipano al processo di produzione di valore con il proprio know-how. Gli eventi sono proposti da soggetti commerciali che lavorano in modo autonomo ma che poi fanno squadra con l’obiettivo di valorizzare Milano: il design infatti diventa la leva competitiva per il territorio, la città il palcoscenico degli eventi e le imprese sono i protagonisti della rete di comunicazione. Un’operazione che nasce da operatori privati, ma con conseguenze positive sulla produzione culturale della città, attraverso l’unione di più forze e la valorizzazione delle sinergie. Paolo Casati Founder e creative director di Fuorisalone.it e Brera Design District

Festival. Periferie. Quante volte sentiamo, leggiamo, diciamo queste due parole. Parole che sono diventati brand. Parole che ritmano i nostri percorsi professionali, spesso anche i nostri fine settimana. Le avevamo nelle orecchie e nella testa anche noi, ma forse, inconsciamente, sentivamo il bisogno di “liberarle”, e per questo abbiamo deciso di fondare “Super”, un Festival lento delle periferie. Volevamo – io e una decina di persone dalle competenze e dalle passioni diverse ed eterogenee che con me lo hanno fondato – riscoprire gli spazi della città che comunemente sono connotati come “periferici”, attraversandoli concretamente e fuori da ogni stereotipo, respirando l’aria e le esperienze che la popolavano. Prima di parlare, di periferie, volevamo incontrare chi in quegli spazi vive, chi li cambia attraverso azioni ed esperimenti concreti: associazioni, manifestazioni, recupero e invenzione dello spazio pubblico. Abbiamo cominciato dalla nostra città, Milano, che un paio di sabati al mese, da oltre un anno, visitiamo dopo aver preso contatti o dopo esserci lasciati contattare da chi sul territorio opera, lontano dai riflettori ma dentro alla vita delle persone. Bibliotecari, commercianti innovativi, piccoli imprenditori, operatori sociali, skaters, musicisti, artigiani, artisti, cittadini che agiscono il cambiamento o la conservazione di tante cose che vanno salvate. Abbiamo ormai attraversato la città, anzi l’abbiamo circondata, e non abbiamo intenzione di fermarci. Finiti i tour di Super produrremo un libro, un lungo diario di viaggio. Poi ognuno di noi, del gruppo, diventerà curatore di un progetto affine alle proprie competenze affrontando temi quali il teatro, la danza, il lavoro, l’artigianato, lo sport, lo spazio urbano, il design in una sorta di laboratorio aperto che sappia coinvolgere le comunità incontrate nei tour. Un archivio on line in costante sviluppo, racconterà lo stato dei lavori in atto. Alla fine del percorso, tra un annetto, metteremo un punto e lo faremo con una festa, tempo finale del nostro festival lento delle periferie. Sarà un momento per mettere in scena i progetti ormai conclusi, e per confrontarci con realtà italiane e straniere. Sarà anche l’occasione per liberare lo spazio del festival dall’angusta corona dell’evento che arriva, “fa il botto” e sparisce dagli spazi e dalla memoria di quasi tutti. Noi preferiamo considerare “Super” un inizio permanente: perché dopo le periferie di Milano, dopotutto, ci sarà sempre una città da scoprire, che continua a cambiare come chi la popola. Vale per Milano, naturalmente, e non solo. www.iosonosuper.com

Federica Verona Presidente associazione culturale Tumb Tumb, promotrice del festival

EDIZIONE 2016 6 LUGLIO

7 LUGLIO

ore 9.00 - 16.00 Laboratorio di idee su Architettura in Città — ore 17.00 - 20.00 Tour Inserimenti contemporanei nel centro storico — ore 18.00 - 22.00 Open Studio Apertura pubblica di 27 studi professionali torinesi

ore 18.00 - 20.00 Performance Architetti, istruzioni per l’uso. Dialoghi teatrali semiseri

MAGAZINE


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Spettacolo teatrale Architetti, istruzioni per l'uso © Edoardo Piva

ARCHITETTI, ISTRUZIONI PER L’USO. DIALOGHI TEATRALI SEMISERI Una performance, promossa dalla Fondazione e dall’Ordine, che mette a confronto due attori (Davide Barbato e Chiara Cardea) e due curatori di architettura (Nina Bassoli e Davide Tommaso Ferrando) per sviluppare una riflessione sul rapporto tra architetto e cittadino attraverso il codice espressivo del teatro.

Il funambolo Chi vive di teatro affronta quotidianamente proverbiali questioni che lo riguardano. Le spinose domande sulla sua utilità e il suo ruolo sono legittime e inevitabili, soprattutto in un presente dove è innegabile che altri linguaggi e altri strumenti assolvano con maggiore facilità e immediatezza alle esigenze dello spettacolo. Raccontare, emozionare, stupire, provocare: nell’affollamento mediatico che ciascuno sperimenta quotidianamente, queste funzioni, abbandonando il luogo privilegiato della condivisione, sembrano essersi spostate con fredda disinvoltura in uno streaming continuo e solitario di storie, suoni e immagini, nello spazio assordante di una sovrastimolazione costante dalla quale noi stessi, ognuno per sé, esigiamo di essere incessantemente stupefatti e sedotti. Domande inevitabili, quindi, con risposte inevitabili. Senza andare a cercarla troppo lontano, l’identità del teatro è proprio qua: qualsiasi genere pratichi, qualsiasi poetica segua, qualsiasi tema affronti, non c’è teatrante che non indichi nel tempo del presente e nello spazio della presenza il nucleo di senso della scena. Qui, ora e davanti a qualcuno in carne ed ossa. Succede solo a teatro. Se il ragionamento che costruiamo qua è sul dialogo e lo scambio tra le discipline, e nello specifico tra teatro e architettura, la

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premessa non porta fuori tema. Anzi, ribadirne la potenzialità di condivisione e scambio aiuta a capire quanto la pratica della scena disponga proficuamente a un’apertura dello sguardo e a una flessibilità del progetto. Il teatro è un linguaggio dalla precisa grammatica, ma al contempo disponibile a molte traduzioni. È un dispositivo sempre favorevole ad accogliere forme espressive differenti, adattandosi nel contempo a spazi e tempi del tutto eterogenei. Su un palco, per strada, in pochi minuti o per intere giornate, l’atto performativo ha bisogno, per realizzarsi, solo di uno spazio e di un tempo, di un attore e di uno spettatore. Il teatro è un catalizzatore; offre una ritualità condivisa che grazie alla pratica della presenza e dell’ascolto può offrire inediti strumenti di avvicinamento alle discipline con le quali si trova a dialogare, restandone a sua volta, inevitabilmente, arricchito. Nello spettacolo "Architetti: istruzioni per l’uso", per esempio, prodotto a luglio 2016 per il festival Architettura in Città, il linguaggio della scena accoglieva nella sua drammaturgia la nomenclatura precisa dell’architettura, i tempi e i modi della conferenza, le tecniche dell’audiovisivo, in una scrittura scenica articolata e adatta ad affrontare un tema arduo come la funzione dell’architetto nella contemporaneità,

SI PUÒ PARLARE DI ARCHITETTURA ATTRAVERSO IL LINGUAGGIO DI ALTRE DISCIPLINE

senza risultarne snaturata o compromessa, ma anzi trovando materiale fertile per una messinscena allusiva, simbolica, divertente, e quindi del tutto teatrale. Altri progetti, in costruzione, riguardano la possibilità di usare il teatro come strumento per far vivere le architetture fisiche da prospettive inedite, usando viceversa lo spazio architettonico come materiale creativo per la scrittura scenica. Sono dialoghi complessi, certo, nei quali si scontrano processi operativi inevitabilmente divergenti, soprattutto rispetto alle modalità di comunicazione col pubblico; ma sono anche dialoghi che raccontano la necessità e la possibilità di sperimentare strumenti differenti, senz’altro preziosi per quegli operatori culturali (non solo d’ambito teatrale o architettonico) che vogliano creare inediti, reali, fertili terreni di condivisione e scoperta.

Davide Barbato Regista


Tour Inserimenti contemporanei nel centro storico © Edoardo Piva

I CITTADINI SONO I FRUITORI DELL’ARCHITETTURA

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Un percorso alla scoperta della Torino contemporanea Nel 2016 lo studio associato Comunicarch, che con il progetto To(ur)arch è partner torinese del Network Internazionale Guiding Architects, ha curato per la Fondazione per l’architettura una serie di itinerari a piedi e in bicicletta dedicati alle trasformazioni urbane di Torino e alle architetture più recenti per far conoscere i progetti che hanno cambiato Torino negli ultimi dieci anni. Si è partiti il 6 luglio con un percorso all’interno delle nuove architetture del Quadrilatero romano, iniziando da un intervento “fuori le mura”, Casa Hollywood (Luciano Pia, 2014), vecchio teatro popolare e poi cinema, oggi ristrutturato ad uso residenziale e commerciale. Ci si è poi spostati nel cuore della Torino romana, all’isolato Santo Stefano, sin dalla conclusione del secondo conflitto mondiale fortemente compromesso e degradato, che dal 2006 su progetto di Isolarchitetti e Franco Fusari è stato ricostruito per ospitare un albergo, un collegio universitario e un parcheggio interrato multipiano. Con una breve passeggiata si è giunti alla Casa del Senato (Studio De Ferrari, 2012), un intervento di ricucitura tra preesistenza medievale e inserto anni ’50 sull’angolo tra largo IV Marzo e via Conte Verde e infine al Palazzo della luce (Emprin Jaeger, 2016), l’ex sede dell’Enel riconvertita in eleganti alloggi con tetti giardino.

ITINERARI All’interno della rassegna internazionale Biennale Creare Paesaggi che si è svolta dal 13 al 16 ottobre sono stati organizzati quattro tour nel verde urbano.

15 OTTOBRE Parco Peccei, Parco Dora: dall’industria al verde — I giardini della Reggia e gli interventi di Corona Verde a Venaria

Il 24 settembre invece si è andati alla scoperta di alcune strutture ereditate dal passato industriale di Torino recentemente riconvertite in residenze o uffici e di architetture che rappresentano nuovi modi di abitare. Le tappe, tutte concentrate nel quartiere Aurora, ben rappresentano le trasformazioni urbane e sociali che stanno interessando questa zona della città: Basic Village (Baietto, Battiato, Bianco, 2000), il primo intervento di riqualificazione che ha trasformato l’ex Maglificio Calzificio Torinese nell’attuale sede della società BasicNet; ex Ceat, l’ex stabilimento di pneumatici di corso Regio Parco convertito nel 2006 dallo Studio Rolla e da Vittorio Neirotti in un complesso residenziale; Parma 33 (BSA architetti associati, Giacosa Palitto architetti), un edificio per abitazioni realizzato nel 2010 grazie a Volumi, un programma di rinnovamento urbano proposto per trasformare edifici anonimi in opere d’arte; ex Tobler (Franco Cucchiarati), un edificio dell’inizio del XX secolo che ha ospitato una fabbrica di proiettili e poi di cioccolato (lo svizzero Tobler), riconvertito in un complesso di 75 unità abitative di diverse dimensioni con giardino comune; Residenza temporanea Luoghi Comuni (Fagnoni&Associati, GPA Ingegneri), una struttura, di proprietà del Comune di Torino e realizzata in seguito a un concorso bandito dalla Compagnia di San

16 OTTOBRE Il parco naturale di Stupinigi — Giardino di Villa Laghi. Parco naturale La Mandria

Paolo, ristrutturata nel 2013 per sperimentare nuove soluzioni abitative che garantiscano a chi vive condizioni sociali difficili l’uso di appartamenti e locali comuni a canone calmierato. L’ultimo itinerario si è svolto il 22 Ottobre. In sella alla bicicletta siamo andati a conoscere le nuove sedi di Lavazza e Reale Mutua. Il nuovo centro direzionale Lavazza, che su progetto di Cino Zucchi Architetti sta ridisegnando l’isolato dell’ex Centrale Enel è ancora in cantiere e siamo stati accompagnati nella visita dall’architetto Stefano Rousset, responsabile della sicurezza. La sede degli uffici operativi del gruppo Reale Mutua, su progetto di Artecna con la direzione artistica delle facciate di Paolo Iotti e Marco Pavarani, è un esempio di rinnovamento di un importante pezzo di centro storico attraverso un processo di demolizione e ricostruzione.

Cristiana Chiorino Studio associato Comunicarch

BIENNALE DEMOCRAZIA 2017 Partner della rassegna sin dal 2009, la Fondazione nel 2017 parteciperà alla quinta edizione di Biennale Democrazia che avrà luogo a Torino da mercoledì 29 marzo a domenica 2 aprile, con il titolo "Uscite d’emergenza". La progettazione delle periferie urbane, l’emergenza abitativa e le periferie culturali, indagate in collaborazione con la Scuola Holden, saranno le questioni al centro della proposta della Fondazione.

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LOOKING AROUND

INTERIOR CLUB

Il ciclo di incontri nato nel 2015 per parlare di buone pratiche progettuali ospita architetti provenienti da altri contesti europei e non solo. Looking Around vuole essere un invito ad estendere lo sguardo, ad ampliare l'orizzonte di riferimento, a guardare a luoghi in cui al lavoro dell'architetto è ancora assegnata la potenza di immaginare il futuro e di saperlo progettare.

Ad un primo bilancio a valle dei cinque incontri svoltisi durante l’anno, sembra che la sfida lanciata dalla Fondazione per l’architettura / Torino attraverso una formula piuttosto inedita abbia colto nel segno. Il ciclo di appuntamenti di Interior Club ha infatti rappresentato un’occasione per confrontarsi in un clima informale con i propri colleghi su problemi ordinari legati all’esercizio di una pratica – quella del progetto d’interni – che costituisce la voce principale tra le occupazioni di un libero professionista. Cercare poi di presentare un’esperienza guardandola, di volta in volta, da una particolare angolatura rappresentata da uno specifico problema (vincoli dimensionali, normativi, economici, imposti dalla committenza o da preesistenze – intese anche come oggetti rispetto ai quali non prescindere), ha favorito il confronto tra istanze simili. Ne è emerso il significativo affresco di una condizione professionale, piuttosto comune, alla ricerca di un equilibrio tra idee e aspirazioni da un lato e possibilità e contesti dall’altro. Il tono delle discussioni è riuscito quasi sempre a mantenersi al di sopra del livello della sterile polemica o della facile lamentatio. Una sorta di psicoterapia di gruppo — per fortuna raramente sfociata in psicodramma, sebbene i pretesti abbondassero — come occasione per riflettere a posteriori sull’occasione rappresentata da un singolo lavoro e sulla “morale” che ne è conseguita. In altre parole, una lezione operativa per arricchire la propria “cassetta degli attrezzi”. Last but not least, due ulteriori considerazioni, tra loro correlate. Da un lato, l’obbligo di “esporsi”, ovvero confrontarsi con i colleghi, vincendo remore e diffidenze, vivendo il dibattito non come critica degli esiti bensì come analisi delle procedure. Dall’altro lato, l’obbligo di “presentarsi”, ovvero lavorare sulle modalità di organizzazione di un racconto. Negli anni recenti, quello dell’immagine e dell’efficace comunicazione sono infatti aspetti imprescindibili per il buon posizionamento del professionista rispetto agli altri attori della filiera edilizia e rispetto alla committenza.

Un’occasione per aprire il dibattito locale ad esperienze internazionali

Gli incontri del 2016 1° MARZO – ANNE LACATON, LACATON & VASSAL (FRANCIA) Nel 1987 ha fondato a Parigi con Jean-Philippe Vassal lo studio Lacaton & Vassal. L’attività del duo spazia tra il disegno di luoghi commerciali, educativi, culturali e residenziali; ciò che unifica in modo trasversale la loro pratica è un linguaggio architettonico basato sul ricorso a sistemi a basso costo, attraverso un riuso intelligente dell’esistente che si fonda sull’uso di materiali di recupero e sulla valorizzazione della qualità dello spazio.

4 MAGGIO – XAVIER ROS MAJÓ, HARQUITECTES (SPAGNA) Ha fondato nel 2000 lo studio Harquitectes di Sabadell, Barcellona, con David Lorente Ibáñez, Josep Ricart Ulldemolins e Roger Tudó Galí. La cura per il rapporto tra ambienti interni ed esterni che permette di leggere gli uni come le estensioni degli altri, la contrapposizione di elementi nuovi e strutture preesistenti e il ricorso a soluzioni innovative in risposta alle esigenze dell’abitare contemporaneo sono tra i tratti distintivi del collettivo.

11 OTTOBRE – REINIER DE GRAAF, STUDIO OMA (OLANDA)

Luca Gibello Direttore de Il Giornale dell’Architettura

FRAC, centro d'arte contemporanea della regione settentrionale, Dunkerque, France di Anne Lacaton & Jean Philippe Vassal © Philippe Ruault

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Progetto Casa 1014, Granollers, Barcellona, Spagna, 2014 di Harquitectes © Adrià Goula

Timmerhuis, Rotterdam (NL) di Reinier De Graaf OMA/AMO © Ekaterina Izmestieva / Strelka Institute

Direttore di AMO, la divisione di ricerca dello studio OMA, fondato da Rem Koolhaas, di cui fa parte dal 1996, è responsabile di progetti edilizi e masterplan in Europa, Russia e Medio Oriente; tra questi il nuovo Timmerhuis a Rotterdam, G-Star Headquarters ad Amsterdam, De Rotterdam e le torri residenziali Norra Tornen a Stoccolma. Con AMO si concentra sul settore della riduzione dei consumi energetici: Zeekracht, un masterplan strategico per il mare del Nord per il rifornimento di energia a livello internazionale, e The Energy Report, un programma per il rinnovamento dell’energia pubblicato con il WWF.

Un percorso di formazione tra pari per discutere di interior design


IL PROGETTO È AL CENTRO

Progetto Casa del Senato © Studio De Ferrari Architetti

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SCHEDA

HAPPY HOUR CON IL PROGETTO Come si passa dall’idea iniziale alla realizzazione finale

Un ciclo di incontri formativi durante i quali alcuni architetti condividono le esperienze, le vicende e le peripezie affrontate per la realizzazione di alcune opere architettoniche significative: il primo contatto con la committenza, la progettazione, le relazioni con l’area tecnica dell’amministrazione pubblica, l’ottenimento delle autorizzazioni, la gestione del cantiere, i rapporti con le imprese esecutrici fino ad arrivare alla consegna. Il tutto in un clima di acceso dibattito tra l’autore del progetto, i due controrelatori e il pubblico in sala.

Il primo incontro del 2017

28 SETTEMBRE CASA DEL SENATO —

16 NOVEMBRE SOCIAL HOUSING ROMEA —

25 GENNAIO CITTADELLA DEL CINEMA —

Un edificio residenziale situato in largo IV Marzo a Torino. L’opera, a firma dello Studio De Ferrari Architetti e conclusa nel 2012, crea attraverso un linguaggio contemporaneo una struttura tra la porzione di edificio storico e quello moderno adiacente.

Realizzato nel 2015 a Ravenna e disegnato da Picco Architetti, Gamberini architect, Studio Ingegneria Gattavecchia e Studio Rivizzigno, il progetto racchiude gli alloggi di social housing in due edifici distinti mentre all’esterno conta parcheggi, viali e spazi verdi che nel complesso ricuciono il tessuto urbano esistente, avvicinando il quartiere Anic al parco di Teodorico, recentemente oggetto di riqualificazione.

Il recupero ad opera dello studio Baietto, Battiato Bianco dell’ex Colongo, un edificio industriale di inizio Novecento, ha portato alla nascita di un centro servizi per il cinema; l’intervento ha colto i valori dell’esistente non solo attraverso il restauro, ma con addizioni e trasformazioni, sperimentando nuove spazialità e volumetrie all’interno dell’antico edificio.

Social Housing Romea, Ravenna, 2015 di Picco Architetti, Gamberini Architect, Studio Ingegneria Gattavecchia, Studio Rivizzigno © Michele Buda

Cittadella del Cinema, Torino, 2009 di Studio Baietto Battiato Bianco © Edoardo Piva

Casa del Senato, Torino, 2012 di Studio De Ferrari Architetti © Studio De Ferrari Architetti

Gli incontri del 2016

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L’ARCHITETTO È UN MESTIERE DALLE TANTE FACCE Il paesaggio come strategia di rigenerazione della città

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anche come luogo di osservazione e fruizione della natura. È straordinario osservare come viene affidato proprio al progetto di paesaggio il ruolo di preservazione della memoria dei luoghi e soprattutto dei fatti che hanno caratterizzato quel territorio, nella ricerca di bellezza e di armonia, affermando con ciò una forte idea di pace. L’infrastruttura verde è inoltre elemento di rigenerazione urbana. Nella progettazione paesaggistica per l’area di Expo 2015, nel contesto caotico della periferia milanese e in particolare nella progettazione del bosco dell’anello esterno, ho avuto modo di constatare come la forza della natura sia capace di riqualificare i luoghi, riconnettere aree separate, mitigare l’invasività delle infrastrutture. Il bosco di Expo è come una porta aperta verso il territorio limitrofo, l’inizio di una rigenerazione che speriamo possa espandersi come un virus benefico. Ma l’esperienza del paesaggio di Expo invita anche a riflettere sullo stretto rapporto tra natura e agricoltura e città. Credo che le città del futuro saranno caratterizzate da paesaggi differenti. Città con paesaggi non più solo urbani, non solo agricoli o naturali ma con tutti e tre questi elementi insieme. Per concludere, una riflessione: se guardiamo le città italiane, raramente troviamo una strategia, una visione sul progetto di paesaggio complessiva e connessa. Se vogliamo incidere positivamente sulla realtà è quanto mai necessario renderci conto della straordinaria forza che ha il progetto di paesaggio e di quanti e quali valori può essere portatore. Il progetto di paesaggio può e deve dare risposte concrete ed essenziali e deve pertanto essere considerato come aspetto strutturale della pianificazione.

Benedetto Selleri Studio PAN Associati

CREARE PAESAGGI “Parchi urbani e metropolitani” è il titolo dell’edizione 2016 della rassegna biennale internazionale promossa dalla Fondazione per l’architettura / Torino insieme a Regione Piemonte e Parco del Po e Collina torinese - Riserva MaB UNESCO CollinaPo. Un calendario di 4 giorni (dal 13 al 16 ottobre) in cui si sono susseguiti 3 convegni e 4 itinerari tra i parchi di Torino e provincia.

Masterplan di Jinshan Marina: il parco lineare centrale © PAN Associati

Credo nella necessità di portare la natura nella città. È una questione fondamentale che deriva dalla condizione di vita dell’uomo di oggi. Viviamo un fenomeno di espansione insediativa senza precedenti, con città senza più confini da cui abbiamo espulso la natura, pur sapendo che luoghi senza natura non sono accoglienti, sono difficili da comprendere e quindi difficili da vivere. Restituire la natura in città, nelle sue molteplici forme, è dunque oggi di fondamentale importanza, perché l’incontro con la natura è l’incontro con la vita. Portare la natura nella città significa concepire il verde urbano non come semplice arredo ma come vera e propria infrastruttura strategica: un’infrastruttura verde, portatrice di servizi ecosistemici, che penetra nelle aree urbane portando bellezza, rendendole più resilienti, attenuando l’isola di calore e l’inquinamento, migliorando la qualità relazionale dei luoghi e facilitando i processi di coesione sociale e la qualità della vita in generale. In una visione moderna di città l’infrastruttura verde guida l’organizzazione spaziale. Ho avuto possibilità di confrontarmi con questo tema nel masterplan di Jinshan Marina, nell’area metropolitana di Shanghai: un progetto esteso su oltre 700 ettari, per la realizzazione di un ampio distretto a prevalente vocazione turistico ricreativa. In un contesto urbano in cui ogni ambito di progetto è definito con caratteri specifici, il sistema del paesaggio diviene l’elemento d’unione, che interconnette i vari quartieri, che definisce i luoghi privilegiati della vita sociale, comportando anche quei benefici ambientali fondamentali per il futuro delle metropoli. Il progetto di paesaggio può anche ricucire le ferite di una comunità. È questa la scelta che ha ispirato il progetto di Vicenza dove a compensare la realizzazione di una grande base militare americana posta su metà del sedime dell’ex aeroporto dal Molin, realizzeremo un parco dedicato alla Pace. Un parco a scala metropolitana di oltre 65 ettari, di cui mi trovo a coordinare la progettazione, concepito come luogo di convivialità ed eventi, ma


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protegge dal sole. Per arricchire questo racconto di episodi ho fatto due lampioncini, poi dieci e poi quaranta, fino al punto che ho costituito una fondazione per farne cento e sperimentare questa esperienza così diversa dalle altre su larga scala e farne un modello alternativo all’illuminazione pubblica, ovvero una “luce collettiva” Foroba Yelen. Per raccontare la ricchezza di questa esperienza vissuta nei villaggi ho costruito una messa in scena con la struttura della favola viaggio-iniziazione-ritorno in cui, come Alice, lascio degli oggetti riportandone altri: il lampioncino mobile, la teiera in alluminio del Mali, lo sgabello di ferro trovato a Milano, la torcia elettrica anni ʼ80 Sovietica. E mi piace pensare che noi architetti in fondo prendiamo una cosa da un luogo o da un’epoca e sappiamo depositarla in altri. Il linguaggio teatrale e letterario mi ha aiutato a dialogare con contesti lontani dall’architettura come quello delle agenzie di sviluppo, dei musei di etnografia, del settore dell’ecologia e dell’energia, fino alle persone comuni. Questo percorso ha dato al mio lavoro la forma di una Fondazione ed ora riesco a dare una risposta più credibile alla fatidica domanda “Cosa stai facendo?”: “Sto affrontando i temi della contemporaneità”.

FOROBA YELEN La Fondazione partecipa dal 2015 al Tavolo del Design della Città di Torino. In questa cornice si inserisce la performance di Matteo Ferroni “Foroba Yelen. Trasformare l’ombra dell’albero in luce” presentata il 5 novembre 2016 a Operae, il festival del design indipendente, e il 6 novembre in occasione di Dance Salvario, il block party di Club to Club.

Matteo Ferroni Architetto e designer

Foroba Yelen Luce collettiva per il Mali

Alla domanda “Che progetto stai facendo adesso?” ho risposto sempre con difficoltà. Come potrei essere preso sul serio se dicessi “sto lavorando sulla luna” oppure “sto studiando un lampione dell’800 di Barcellona”! Eppure il progetto di luce per il Mali "Foroba Yelen" è nato così… Quando nel 2010 ho iniziato a soggiornare e dormire nei villaggi africani avevo ben chiaro che volevo affrontare il tema luce-energia come fenomeno culturale invece che come sfida tecnologica, ma non avevo né un cliente, né una scadenza, né un obiettivo da compiere. Però sapevo già che la Luna sorge ad Est ogni giorno un’ora più tardi, che il lampione art nouveau vicino casa mia nella città vecchia di Barcellona con le sue tre piccole fontane alla base illuminava un’attività più che uno spazio e che Duchamp aveva scoperto che la bicicletta opportunamente ruotata portava forza, leggerezza ed equilibrio. Invece quello che non sapevo è che negli anni ʼ60 il Mali aveva scelto l’opzione del Marxismo Scientifico per portare tecnologia ed istruzione nel mondo rurale e che quindi tra i villaggi erano state costruite tante strutture collettive che univano la comunità. Mulini, orti comunitari, scuole primarie, dispensari e parchi di vaccinazione sono di fatto beni collettivi che con gli anni sono diventati il centro della vita sociale e del lavoro. Alla fine è come se quello che ho portato e quello che ho trovato si fossero intrecciati in una specie di narrazione in cui il motore a scoppio del mulino risuona nel villaggio ogni mattina come la campana di una chiesa che chiama le gente, l’orto comunitario è un giardino dell’Eden opera collettiva del lavoro quotidiano delle donne ed i lampioncini mobili offrono riparo dall’oscurità alle persone dedite al lavoro ed al culto come l’ombra di un albero le

Foroba Yelen, Operae 2016 © Jana Sebestova

La luce come un trapano dell’oscurità

IL DESIGN TORINESE TRA GLI ANNI '50 E '70 La Fondazione ha promosso nel 2016 insieme al Circolo della Stampa un ciclo formativo dedicato al disegno e alla produzione degli arredi a Torino.

26 MAGGIO L’atelier per l’arredamento Bonetto e le aziende torinesi Colli e Cristal Art, presenti durante le due esposizioni Eurodomus realizzate a Torino con la regia di Gio Ponti.

9 GIUGNO L’architetto Sergio Jaretti e i progetti disegnati con il collettivo di Anonima Design e realizzati da Bonetto, come i mobili della serie Aggregabili piegabili come degli origami.

16 GIUGNO Il design delle sedie e la seduta realizzata dalla ditta Colli per la gioielleria Fasano di Torino, su progetto di Aldo Morbelli.

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TAO Un giardino condiviso per San Mauro

I PROGETTI PER L'AREA PRAGRANDA “Alla Pragranda ci sono anch’io! Progettiamo e curiamo il nuovo parco”, promosso dalla Città di San Mauro in collaborazione con la Fondazione per l’Architettura / Torino nell’ambito del programma IN.F.E.A. della Provincia di Torino. “Giardino Pragranda: un community garden per San Mauro”, promosso dalla Città di San Mauro Torinese, insieme a: Fondazione per l’Architettura / Torino, Slow Food Italia e Cooperativa Il Punto, con il sostegno della Compagnia di San Paolo.

I CITTADINI SONO INTERLOCUTORI ATTIVI SUI PROGETTI 10

Intervento progettuale sul cortile della Scuola d’Infanzia Via Garessio, Torino © Laboratorio Città Sostenibile di Iter

Esperienza di progettazione partecipata, San Mauro © Maria Bucci

La Pragranda è un’area verde di circa 35.000 metri quadrati situata nel Comune di San Mauro Torinese sulla quale l’Amministrazione prevede di realizzare un parco pubblico con il coinvolgimento della comunità locale. L’idea è di creare un “giardino condiviso” intorno a cui si raccolga una comunità, costituita da singoli cittadini, scuole e associazioni, che condivida l’obiettivo di migliorare la propria città attraverso la progettazione e la gestione del nuovo parco: presupposto questo per realizzare uno spazio urbano realmente vissuto e che si preservi nel tempo. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, l’Amministrazione ha promosso, in collaborazione con diversi soggetti, progetti pensati per favorire forme di cittadinanza attiva e di cura del bene pubblico. Il progetto “Alla Pragranda ci sono anch’io! Progettiamo e curiamo il nuovo parco” ha coinvolto le scuole in un percorso che ha portato bambini e ragazzi ad osservare l’area per individuare quali funzioni inserire nel nuovo parco. Le attività si sono concluse nel 2015 con la realizzazione di un orto didattico che ha previsto la partecipazione attiva delle scuole. Il progetto “Giardino Pragranda: un community garden per San Mauro”, concluso nel 2016, ha consentito di estendere la partecipazione anche alla comunità adulta. Sono state sviluppate differenti azioni: focus group durante i quali rappresentanti delle associazioni del territorio, cittadini, esperti e tecnici dell’Amministrazione hanno proposto soluzioni per la realizzazione e la gestione condivisa del nuovo parco; manifestazioni pubbliche, come la proiezione di film all’aperto, attività ludico-sportive e laboratori artistici, per mettere in pratica le proposte emerse durante i focus group e quindi sperimentare le potenzialità dell’area.

Il progetto ha raggiunto due risultati: la realizzazione di un “masterplan” e la sottoscrizione informale di un “patto di collaborazione” tra cittadini e amministrazione locale. Il masterplan sintetizza una proposta di trasformazione fisica dell’area costruita attraverso le attività di progettazione partecipata che hanno coinvolto adulti, bambini e ragazzi. Il patto di collaborazione esprime la disponibilità ad avviare un processo condiviso con il quale definire azioni ed iniziative che aumentino la capacità dell’area Pragranda di attrarre attenzione, curiosità, flussi di persone e creatività. I risultati raggiunti hanno permesso di consolidare la rete di soggetti che hanno lavorato sull’idea di creare un giardino condiviso. Ciò ha consentito ai partner di proporre nuove attività, per rafforzare la comunità che si è creata intorno all’area Pragranda, e di porre le basi per i primi interventi di realizzazione del parco. In questa prospettiva si collocano i progetti “Tutti insieme alla Pragranda” e “Dai, piantala qui!!!”. Il primo, già finanziato dalla Compagnia di San Paolo, prevede la realizzazione, a partire dal 2017, di laboratori di educazione alimentare, ambientale, di attività ludiche ed artistiche in continuità con quanto realizzato fino ad oggi. Il secondo, in attesa di finanziamento, è finalizzato alla realizzazione della piantumazione di una prima porzione dell’area per dare un segnale concreto della volontà di procedere sul percorso intrapreso.

Maria Bucci Architetto, coordinatore del progetto per Fondazione per l'architettura / Torino


11 FESTIVAL DELL'EDUCAZIONE 2016

InSEDIAmenti ludici, Biennale Democrazia 2013 © Lorenzo Passoni

La presenza della Fondazione al festival si inserisce nel quadro di una collaborazione con la Città di Torino attraverso il Laboratorio Città Sostenibile di ITER nella promozione di percorsi di progettazione partecipata nelle scuole.

Young Adult City, la città salvata dai ragazzini Gli ‘young adults’ sono il futuro prossimo, quasi immediato, e rappresentano tuttavia la fascia di età più umiliata e temuta e ignorata dall’intero corpo sociale: per i genitori non sono più dolci come i bambini e non ancora responsabili come adulti, per gli insegnanti sono spesso un problema, per le aziende sono un obiettivo da centrare, per le autorità possono costituire a volte un piccolo disturbo — o schiamazzo — alla quiete pubblica. Per tutti gli altri, semplicemente, l’età fra i 10 e i 16 anni è un tunnel di ghiaccio sociologico. Non produce, impara poco, reagisce soltanto. Si tratta di una fase in cui passare, e la maggior parte dei costi psichici e sociali futuri nasce proprio da questo gelo e questa assenza di dialogo. La costruzione di un amore spezza le vene delle mani, ma le mani degli young adults sono troppo delicate per essere spezzate e troppo indelicate per non esserlo. Un’intera età in scatola, un’intera frazione di cittadinanza — futuri elettori, ma ancora ‘sospesi nel tempo dell’irresponsabilità’. È urgente ripristinare la costruzione di questo amore per i più giovani, per i cuccioli, su cui si fonda integralmente l’esperienza animale e civile della nostra specie, e occorre farlo con i mezzi del progetto: del disegno sociale, della previsione e della preferenza. Si tratta di un amore messo tra parentesi perchè gli young adults sono refrattari a ogni dialogo: preferiscono i monologhi. C’è una musica per gli young adults. C’è una forma di intrattenimento per gli young adults. C’è una narrativa per gli young adults. È ora che ci sia

25 novembre Lo spazio nelle scuole innovative. La scuola secondo noi Una tavola rotonda che prende le mosse da due esperienze di coinvolgimento della comunità scolastica, una avviata dalla Fondazione Agnelli e dalla Compagnia di San Paolo e l’altra dalla rete delle Fondazioni degli Ordini degli Architetti intitolata “Le Fondazioni degli Architetti incontrano le Scuole”. 26 novembre La città dei giovani adulti Un confronto sulle strategie da adottare per rendere gli adolescenti i veri protagonisti delle trasformazioni della città, ponendoli al centro della progettazione degli spazi urbani.

anche un’urbanistica per gli young adults, ed è quello che si può sintetizzare in questa visione accennata: fare della ‘Soft City’ a Padova una ‘Young Adult City’ — pensata per rigenerare, per ri-occupare, per ri-vivere, e per ravvivare il dialogo con i genitori, che in quell’area della città spesso lavorano tutto il giorno, e alla sera non hanno voglia di capire i loro figli. Si tratta di un progetto che prevede un numero relativamente basso di interventi architettonici e urbanistici. Si tratta di un progetto intonato a un’idea di ecologia integrale della vita pubblica urbana. Si tratta di un progetto in cui l’uso degli spazi è prioritario rispetto alle forme, ma le forme non sono prioritarie rispetto all’uso. Si tratta di una città del dialogo con una parte debole e insieme fortissima della nostra società: il futuro di un’intera città. L’idea è di generare — non costruire — a Padova la prima porzione di città dedicata ai cuccioli riottosi che scriveranno il nostro futuro: a identificarne i talenti, a lasciar sfogare le inquietudini, a occupare lo spazio rendendolo bello con i propri spiriti inquieti e cromatici e musicali.

InSEDIAmenti ludici, Biennale Democrazia 2013 © Lorenzo Passoni Gianluigi Ricuperati Scrittore e direttore Domus Academy

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LA QUALITÀ DELL’ARCHITETTO DEVE ESSERE PROMOSSA E VALORIZZATA La comunità degli architetti torinesi

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Nella visione comune il termine “architetto” definisce colui che prepara i progetti per la costruzione o il restauro di edifici e ne dirige o amministra l'esecuzione. Si tratta di una descrizione molto limitata che non rende giustizia del carattere multidisciplinare della figura dell’architetto, un vero e proprio caleidoscopio di competenze da spendere nella società civile. La mancanza di consapevolezza sul ruolo della nostra categoria stupisce soprattutto poiché, a differenza di altri professionisti, l’architetto è spesso a contatto diretto col cittadino e il risultato del suo operato è sotto gli occhi di tutti. La scelta lungimirante dell’Ordine di Torino di dare vita ad una Fondazione già nel 2002 andava proprio nella direzione di comunicare con efficacia le attività dell’architetto e far conoscere ai cittadini la qualità del loro operato. Attraverso la Fondazione è stato così sviluppato un progetto molto significativo, il premio Architetture Rivelate, che assolve a entrambe

le necessità: da un lato, selezionando le opere, valorizza il lavoro della nostra comunità, dall’altro apponendo una targa sugli edifici premiati diffonde consapevolezza sulla qualità in architettura e su quei progetti che contribuiscono alla qualità dell’ambiente costruito di cui si fruisce quotidianamente. Al tempo stesso l’Ordine si impegna nella valorizzazione del lavoro della comunità torinese attraverso il dialogo con le istituzioni e il mondo imprenditoriale: Occasioni Urbane è un ciclo di incontri voluto dall’attuale Consiglio per promuovere una riflessione su alcuni casi di attualità, talvolta al centro della cronaca cittadina, in altri casi non più all’ordine del giorno. Esempi concreti che consentono di avvicinarsi a interrogativi e temi di scala e interesse più vasti con l’intento di riportare il progetto al centro della discussione sulle scelte urbane. Inoltre l’Ordine è molto attivo nella promozione di concorsi di architettura, attività che persegue anche attraverso la Fondazione: a

FORMAZIONE

EVENTI SUL TERRITORIO

La proposta spazia da temi di carattere tecnico a iniziative dedicate alla cultura del progetto e varia per modalità di fruizione e tipologia: ai tradizionali corsi frontali si affiancano seminari formativi di breve durata, workshop di progettazione e attività da frequentare a distanza, alternando iniziative a pagamento e gratuite.

La Fondazione cura un fitto calendario di appuntamenti volto a promuovere la figura dell’architetto e a diffondere consapevolezza sulla qualità dell’architettura. Alcuni di questi sono organizzati per conto dell’Ordine: il ciclo Occasioni Urbane, il Forum internazionale della Sicurezza e il Forum degli Architetti a Restructura.

fianco di un’azione rivolta alla Pubblica Amministrazione affinché vengano pubblicati bandi anche per incarichi di piccole dimensioni, sosteniamo i soggetti privati affinché il concorso diventi soluzione privilegiata per la scelta di un architetto, nella convinzione che questo sia uno strumento essenziale per premiare la qualità dei professionisti. Entrambi gli enti, Ordine e Fondazione, sono e dovranno essere sempre più uno strumento di opportunità per la categoria e di garanzia verso la società civile.

Massimo Giuntoli Presidente Ordine Architetti PPC Torino


13 Torino fa scuola. Nuovi spazi all’apprendimento Rinnovare la scuola italiana significa anche intervenire sugli edifici scolastici che ogni giorno ospitano dieci milioni di allievi e insegnanti in tutto il Paese. Lavorare sulle tante emergenze è certo la cosa più urgente ma non basta: bisogna sapere guardare avanti immaginando come vogliamo che sia la scuola italiana dei prossimi 20-30 anni. Questo comporta ripensare gli ambienti di apprendimento affinché rispondano alle esigenze di una didattica nuova e del benessere dei ragazzi e degli adulti che vivono e lavorano negli spazi della scuola. Il progetto “Torino fa scuola” è un percorso che, partendo dai contenuti pedagogici, conduce alla realizzazione di nuovi spazi. Gli enti promotori Compagnia di San Paolo e Fondazione Agnelli, in collaborazione con la Città di Torino e la Fondazione per la scuola, hanno disegnato un tracciato che si concretizzerà in un intervento di profonda riqualificazione di due scuole pubbliche in Torino – le medie Enrico Fermi e Giovanni Pascoli. L’obiettivo è certamente quello di contribuire al miglioramento del sistema scolastico locale, al tempo stesso è chiara l’ambizione più ampia del progetto di “fare scuola” offrendo idee e un modello di riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico replicabile in tutto il Paese.

È un lavoro sulla pedagogia? O un lavoro sull’architettura? In realtà il lavoro sugli ambienti di apprendimento è ideale punto di intersezione tra la prospettiva architettonica (centrata sulle componenti spaziali del lavoro formativo) e la prospettiva pedagogica (orientata sulle sue componenti didattiche), partendo da un’idea di scuola: • innovativa: le scuole realizzate oggi ospiteranno gli studenti e gli insegnanti dei prossimi 30/40 anni e dovranno rispondere alle nuove esigenze didattiche; • condivisa: progettare con chi vive e lavora negli spazi per trovare soluzioni realmente utili e sostenibili; • replicabile: Torino fa scuola è un terreno di sperimentazione di processi e idee per tutto il patrimonio scolastico italiano. Consapevoli dell’importanza di un processo ben impostato, “Torino fa scuola” è partito dal coinvolgimento della comunità scolastica, accompagnandola nel percorso anche culturalmente. Il concetto pedagogico, frutto di questo lavoro congiunto, ha costituito il punto di partenza per la costruzione del passo successivo: il concorso di architettura, visto

come momento di riflessione e di dibattito tecnico. Si arriva, infine, ad una realizzazione tramite condivisione e consapevolezza. Il concorso di progettazione, svolto in collaborazione con la Fondazione per l’architettura / Torino sulla piattaforma Concorrimi, prevede due fasi di selezione (nella prima il concorso d’idee e nella seconda la redazione del progetto preliminare) e ha il vantaggio di essere aperto e accessibile a tutti. Il concorso è considerato uno dei passaggi cruciali di questo processo, visto come una grande opportunità a più livelli: per stimolare la riflessione dei professionisti sugli edifici scolastici, per coinvolgere un gran numero di progettisti (anche giovani), per garantire idee di qualità alle realizzazioni.

Raffaella Valente Fondazione Agnelli

La Fondazione per l'architettura sostiene gli enti banditori nella promozione dei concorsi di idee e di progettazione attraverso un gruppo di programmatori, figura chiave nella redazione e gestione dei bandi. Nel 2017 è prevista la collaborazione con il Comune di Novello, il Comune di Caluso e la Regione Piemonte, oltre a Compagnia di San Paolo e Fondazione Agnelli.

Scuola Fermi © Francesca Cirilli

Scuola Pascoli © Davide Bozzalla

CONCORSI DI ARCHITETTURA

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Trampolino di Pragelato © Serena Pastorino

TAO

Una montagna di sguardi Un workshop internazionale di progettazione sui temi del paesaggio e dell’architettura che avrà luogo in due località montane nel mese di maggio 2017 con l’obiettivo di riportare l’attenzione sulla montagna, tema trascurato negli ultimi anni in favore di questioni urbane più stringenti (si pensi ad esempio alla riqualificazione delle periferie). Il processo di creazione della città metropolitana policentrica ha monopolizzato il dibattito architettonico degli ultimi anni, tralasciando le relazioni che i centri urbani del torinese ancora detengono con i territori dell’arco alpino per ragioni legate alla storia, ma anche allo sviluppo economico. I Giochi Olimpici Invernali del 2006 hanno rappresentato il momento in cui questo rapporto sembrava potersi riaffermare concretamente e mantenere nel tempo, ma sono state solo un singolo episodio al quale non sono state affiancate buone pratiche. Oltre ad un discorso di natura relazionale e sistemico, la situazione di isolamento dei territori alpini si riflette drammaticamente sulla pratica architettonica: a differenza

di quanto accade in altri contesti alpini (svizzeri, austriaci e altoatesini), dove la cultura del progetto architettonico è espressione del tempo in cui viviamo, nella maggior parte dei nostri interventi si riprendono elementi e stilemi del passato senza una loro necessaria rilettura critica attraverso la combinazione di materiali caratteristici e tecnologie costruttive innovative. Per queste ragioni la scelta di proporre come contesti sui quali operare attraverso un workshop è ricaduta da un lato sul sito Olimpico del salto con gli sci di Pragelato e dall’altro sul centro storico del Comune di Venaus. In entrambi i luoghi, attraverso la presenza di tutor di rilevanza internazionali che da anni operano in contesti analoghi, i partecipanti si troveranno a proporre visioni innovative ed inedite del futuro dei due territori caratterizzati l’uno da un’importante eredità olimpica (e la sua riconversione), l’altro dalle potenzialità di valorizzazione legate al patrimonio architettonico ed alla collocazione geografica strategica. Tra gli obiettivi dell’iniziativa — realizzata grazie alla Compagnia di San Paolo che ne

è principale sostenitore — vi è sicuramente quello di stimolare il dibattito sui temi precedentemente esposti, permettendo il confronto tra attori locali e professionisti esterni. Il workshop avrà la finalità di riattivare i territori, studiando strategie che possano potenziare il tessuto economico-produttivo e sociale partendo proprio dall’analisi attenta dal patrimonio edilizio esistente attraverso una pratica progettuale capace di cogliere tutte le istanze presenti ed inespresse, in un’ottica di sostenibilità. L’esperienza rappresenterà uno strumento utile a supporto delle amministrazioni e degli Enti per cogliere progettualità capaci di innescare virtuosi processi di sviluppo locale.

Fabio Vignolo Architetto, membro del gruppo di coordinamento per Fondazione per l'architettura / Torino

WORKSHOP

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COLLABORARE CON LE ISTITUZIONI SIGNIFICA PRENDERE PARTE ALLO SVILUPPO DEL TERRITORIO

Dal 10 al 14 maggio 2017 si terrà il workshop di progettazione “Una montagna di sguardi”, rivolto a architetti, studenti e tecnici per proporre nuove visioni per il futuro del sito olimpico dello stadio del trampolino di Pragelato e del centro storico del Comune di Venaus. La Compagnia di San Paolo è il principale sostenitore dell’iniziativa.


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LE AZIENDE SONO UN PARTNER FONDAMENTALE

IL RAPPORTO CON LE IMPRESE A fianco degli oltre 50 incontri formativi organizzati con le aziende, nel 2016 sono stati curati 3 workshop di progettazione: Progettare il verde e gli arredi esterni e Office design, in collaborazione con Oikos Margaria, RBC (Rete Business Commerciale) e IAAD, finalizzati alla definizione di una proposta progettuale su un caso studio concreto, e Star(t) Point, insieme a Sikkens AkzoNobel e Paratissima, per la realizzazione dello spazio di ingresso della manifestazione fieristica.

Star(t) Point a Paratissima, Torino, 2016 di Marina Locandieri, Raffaele Miassot e Matteo Panciatici (distribuzione planimetrica) e Osvaldo Laurini, Luisa Laudi ed Elisa Dellarossa (grafica) © Jana Sebestova

L’innovazione è cambiamento: un approccio nuovo al rapporto tra mondo professionale ed aziende Cambiare il rapporto di collaborazione lineare tra enti ed aziende è possibile ed auspicabile, per allontanarsi da una semplice logica in cui l’azienda interviene con una sponsorizzazione a progetto concluso. Un cambiamento concreto e del tutto naturale è quello che si è sviluppato tra Sikkens e la Fondazione per l’Architettura / Torino grazie a una stretta collaborazione che dura da oltre sei anni, resa possibile dalla volontà di creare progetti di qualità, non finalizzati alla sola divulgazione di un marchio ma indirizzati alla sua crescita in termini qualitativi. Vedendo i frutti di questa intensa collaborazione, viene naturale chiedersi: oggi quale ruolo dovrebbero avere le aziende in rapporto con il mondo professionale? Quali sono gli strumenti per innovarsi e creare nuovi assetti di lavoro e progettualità? Dovremmo parlare di connessione, di capacità di ascolto, di rete, di valorizzazione del tessuto locale, di indagine, ma soprattutto di valori e rapporti umani. Senza la condivisione di questi valori non sarebbe stato possibile costruire le fondamenta di una relazione così stretta tra un soggetto culturale e uno commerciale:

da una parte il gruppo di lavoro della Fondazione per l’architettura / Torino, propositivo e attento a quello che accade sul territorio, e dall’altra Sikkens con la curiosità e la volontà di supportare iniziative sul territorio torinese, sperimentando con successo formule progettuali innovative. Oggi questa modalità di operare dovrebbe essere più diffusa in modo da abbracciare anche forme partecipate più strutturate ed interattive e definire così rapporti sostenibili, in una visione più ampia del termine. Un rapporto sostenibile genera iniziative e progetti sostenibili. Qualche esempio? Il festival Architettura in Città, Interior Club, Paratissima: progetti concreti che negli anni hanno prodotto una fitta rete di relazioni costruttive, solidali e sempre più vitali. Un intenso scambio che ha permesso l’apertura anche verso interlocutori esterni, diventati partner in altre iniziative. Essere promotori di questo cambiamento è una grande responsabilità. Un cambiamento necessario e tutt’altro che facile. Le aziende che vorranno sperimentare questi modelli di condivisione, dovranno comprendere la trasformazione in

atto e dovranno essere disposte a rinnovare il proprio modello di business. Oggi non è più sufficiente parlare di prodotto, la community richiede progetti esperienziali che generano cultura e valori ben precisi. Quei valori che hanno fatto di Sikkens un promotore attento e un’azienda di successo: il rispetto degli impegni, la passione per l’eccellenza, la condivisione per raggiugere degli obiettivi comuni e l’attenzione per le persone. Valori che affiancano la ricerca e la sostenibilità dei prodotti immessi sul mercato. Solo così sarà possibile riavvicinarsi alle persone e riuscire a soddisfare un mercato sempre più complesso, esigente e virtuale.

Francesco Pezzo Sikkens AkzoNobel

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Referenti scientifici singoli progetti

In copertina Fondazione Telethon (Asunción, Paraguay) di Gabinete de Arquitectura. Foto di Leonardo Finotti. Lo studio, guidato da Solano Benitez, ospite della Fondazione per l’edizione 2015 di Looking Around, è stato indicato come il miglior partecipante alla 15° mostra REPORTING FROM THE FRONT curata da Alejandro Aravena per la Biennale di Venezia. Lo studio ha ricevuto il Leone d'oro dalla Giuria Internazionale con la seguente motivazione: "per aver messo insieme materiali primari, semplicità strutturale e lavoro non qualificato, per portare la qualità dell’architettura a comunità che ne erano escluse".

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